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La strega e il capitano, Sciascia, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Trama e riassunto del libro.

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016
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Caricato il 24/03/2016

erika.gerolimini
erika.gerolimini 🇮🇹

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Scarica La strega e il capitano, Sciascia e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! La strega e il capitano Periodicamente sento il bisogno di tornare ai miei autori prediletti e tra questi, naturalmente, a Leonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989). Per fortuna la bibliografia dello scrittore è tanto vasta da offrirmi ancora la possibilità di riscoprire qualche chicca dimenticata. In questo caso si tratta di un breve racconto storico dedicato ad un processo per stregoneria dei primi anni del Seicento, La strega e il capitano, pubblicato nel 1986 ma scritto l’anno prima in concomitanza col bicentenario della nascita di Alessandro Manzoni, autore amato da Sciascia e tra le fonti della vicenda trattata. Tra il dicembre 1616 e il febbraio 1617 ebbe luogo, nel milanese, un processo per stregoneria che vedeva imputata una donna di nome Caterina Medici. Accusata di vari malefici, poi rea confessa nella folle illusione di aver salva la vita, Caterina fu torturata, strangolata e bruciata. Un autore come Sciascia non poteva certamente restare indifferente di fronte alla storia di Caterina, emblema della negazione dei valori di ragione e diritto. Raccogliendo dunque le eredità illuministiche di Pietro Verri e di Alessandro Manzoni, più volte testualmente citati, e recuperando gli atti e le testimonianze dell’epoca del processo, Sciascia ripercorre gli eventi di quei mesi con lucidità e indignazione. Al tempo stesso ci regala un ritratto a tutto tondo della povera Caterina, la cui unica colpa, come nel caso di tante altre “streghe” in quell’età buia, era quella di possedere un minimo di cultura e una forte sensualità mentre tutto questo, alle donne, era negato. La critica dell’autore siciliano colpisce l’insipienza e la cattiva fede delle autorità laiche e religiose e smaschera manzonianamente i meccanismi della superstizione popolare (che coinvolge anche non poche persone colte e per altri versi addirittura benemerite, come il protofisico Ludovico Settala); ma non risparmia neppure il Manzoni, che nei Promessi Sposi e nella Colonna infame aveva citato il processo a Caterina glissando però sui nomi di alcuni maggiorenti coinvolti con vergogna e grave responsabilità nella vicenda (come il senatore Melzi). Il breve volumetto, che merita di stare accanto alla Scomparsa di Majorana e aiPugnalatori per l’accuratezza della ricostruzione storica e per l’abilità sempre innegabile del narratore, lascia, alla vigilia della morte dell’autore, un ennesimo monito contro fanatismo e oscurantismo. Un messaggio che purtroppo si rivela ancora oggi, mutatis mutandis, tristemente attuale. TITOLO: La strega e il capitano AUTORE: Leonardo Sciascia è nato l’8 gennaio 1921. Vive tra Racalmuto e Palermo. Tra le sue opere narrative, Le parrocchie di Regalpetra (1956), Gli zii di Sicilia (1958), Il giorno della civetta (1961), Il consiglio d’Egitto (1963), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), La scomparsa di Majorana (1975), Candido (1977); tra quelle teatrali,L’onorevole (1966), Recitazione della controversia liparitana (1970); tra quelle saggistiche, La corda pazza (1970), L’affaire Moro (1978), Nero su nero (1979). Nell’85 ha pubblicatoOcchio di capra e Cronachette (premio Bagutta 1986). GENERE: Romanzo storico/sociale TRAMA: Ci troviamo a Milano, a cavallo tra il 1616 e il 1617. Al servizio del senatore Luigi Melzi vi è Caterina Medici, giovane cameriera di umili origini ma capace di leggere, scrivere e far di conto, anche perché nata da padre maestro. Proprio nel Natale del 1616 il senatore inizia ad accusare dolori di stomaco tanto strani quanto forti e, a detta di una folta schiera di dottori, addirittura incurabili. Subito Caterina viene accusata di aver provocato i dolori del senatore grazie alla stregoneria, ma la parola finale spetta al capitano Vacallo, precedente padrone della stessa Caterina e in visita di piacere da Melzi, che, riconoscendola subito in casa del senatore, la accusa senza ombra di dubbio. Caterina, autoconvintasi di essere una strega, forse per suggestione o forse perché alle streghe confesse veniva risparmiata la vita, decide di proclamarsi tale. Il 4 marzo 1617 Caterina fu dichiarata colpevole, strangolata e arsa sul rogo costruito per l’occasione in piazza a Milano. Caterina Medici era la fantesca del senatore Luigi Melzi. Uomo potente, circondato da un nugolo di figli e, all’epoca dei fatti, poco più che sessantenne. Il senatore Melzi soffriva di strani dolori di stomaco, inspiegabili al gruppo di medici a cui si era rivolto. Malesseri che né il Settala (lo stesso di cui parla Manzoni), né il Clerici, né il Selvatico (altri due illustri uomini di scienza consultati dal senatore) riuscirono a giustificare e a guarire. I primi sospetti di stregoneria nei confronti di Caterina iniziano a prendere forma quando in casa Melzi giunge il capitano Vacallo (30 novembre 1616). Costui, come folgorato da non si sa quali intuizioni oltre che suggestionato da una situazione personale risalente a qualche anno prima, inizia a congetturare che i dolori del senatore possano essere ricondotti alla presenza di Caterina. Ne parla prima con Gerolamo Melzi, figlio di Luigi, e poco dopo con il malato in persona. Le suggestive ipotesi di Vacallo, confermate da un certo Cavagnolo, nell’arco di pochissimo tempo, divengono accuse. Le monache trovano nel cuscino del malato tre cuori fatti di filo legati con capelli di donna, legnetti e altre cose malefiche.Caterina viene denunciata come “strega professa” il 26 dicembre 1616. La donna, infatti, aveva confessato e confermato di praticare l’arte della stregoneria: Caterina Medici credeva di essere una strega o, quanto meno, aveva fede nelle pratiche di stregoneria. E forse una fede meno intera di quella dei suoi accusatori: poiché, in fatto di stregoneria, l’inquisitore e l’inquisito, il carnefice e la vittima, partecipavano dell’uguale credenza… Caterina confessa di aver applicato dei malefici al senatore affinché lui si innamorasse di lei e di averli applicati con l’aiuto del diavolo. La donna viene interrogata spesso e da personaggi diversi ma l’esito non cambia: la scienza medica nulla poteva nella diagnosi del male di Luigi Melzi non per deficienza scientifica ma perché la medicina si annulla al cospetto dell’ostacolo diabolico. Un paradosso su cui Sciascia si sofferma in vari momenti e con sottilissima ironia. Il processo di Caterina si svolge in tempi abbastanza rapidi. Accuse, domande, chiarimenti, confessioni. Lodovico le fa paura dicendo che se non confessa verrà bruciata, poi Cavagnolo conduce l'interrogatorio nel quale Caterina confessa di aver fatto malefizi diabolici tamntè che sostiene di aver avuto rapporti non con lui ma con il diavolo.. Altro interrogatorio del Cancelliere del santo officio dove Caterina replica quanto detto. Perquisizione tra le cose di Caterina: trovano erba, una cintura di cuoio, capelli annodati, … Il Selvatico che era stato chiamato a testimoniare come medico visitò il malato quando caterina era già stata interrogata. I medici sostengono che se nn si uccide Caterina l'uomo morirà. Il 30 dicembre comincia l'interrogatorio nel quale caterina racconta la sua vita. Dice che il malefizio era er amore e non per morte. Si contraddice sui fatti, sui tempi e sui luoghi. Dice di aver fatto un malefizio anche lla contessa langosco per ordine di un cavaliere. . Le contraddizioni pe ri giudici sono sinonimo di maggior verità. Caterina parla e spiega agli uomini di giustizia quello che probabilmente spera essi vogliono sentire. Per conoscere altri dettagli la mettono alla tortura della corda e della tavola. Dice di aver partecipato ad un sabba (barilotto) → si ricorda della leggenda del noce di Benevento sotto il quale avviene il sabba da qui l'invenzione. Dice di avervi partecipato con caterinetta e sua madre. La tortura non fa che ampliare la sua disperazione. L’intento del Capitano di Giustizia è quello di giungere alla verità, con l’appoggio immancabile della Curia. Ma la tortura non porta ad alcuna verità: “è un mezzo per confondere la verità, non mai per iscoprirla”, scrive Pietro Verri nelle sue “Osservazioni sulla tortura”. Caterina fa altri nomi, probabilmente inventa situazioni e si auto accusa di malefici, malanni e morti di cui non ha alcuna responsabilità. Perché Caterina spera nel perdono e nella clemenza dei suoi aguzzini che, invece, fanno di lei una creatura da punire ed annientare affinché possa essere da monito e minaccia. Nessuno si presenta a difenderla quindi il processo è chiuso. Il giudice nel fascicolo processuale dice che Caterina ha confessato che le streghe si riconoscono per avere la pupilla dell'occhi più bassa e più profonda, dato da tenere in considerazione, la sentenza era tenaglie e rogo, in relatà prima del rogo fu strangolata, non si sa se per darle più dolore o meno. Con la morte di Caterina, dunque, la Giustizia aveva trionfalmente concluso il suo corso, i medici avevano trovato un capro espiatorio utile a coprire la loro inettitudine e la città di Milano aveva cancellato una delle tante presenze diaboliche che la infestavano. Un libro breve, “La strega e il capitano”. Una vicenda ricostruita con attenzione e pervasa da costante spirito di giustizia. Sciascia ha voluto restituire alla storia di Caterina un senso di verità e dignità evidenziando, per contrasto, la povertà culturale ed umana di individui apparentemente preparati ed eruditi. Anche se si tratta di una vicenda minore, di un episodio dimenticato e sepolto dai secoli, la vicenda della Medici è emblematica di una fase storica molto importante e spesso trascurata. Un libro infarcito di citazioni, di frasi estrapolate da documenti risalenti al XVII secolo, di riflessioni sul mondo della giustizia civile e religiosa. E Sciascia non manca, in alcuni passaggi, di creare un parallelismo tra il passato e il presente quasi a voler sottolineare quanto spesso gli errori compiuti non siano serviti a rendere il tempo attuale migliore o più umano. PERSONAGGI PRINCIPALI: - CATERINA MEDICI: nasce a Broni in provincia di Pavia in un anno imprecisato della seconda metà del ‘500. Il luogo di nascita è certo grazie ai documenti relativi al suo processo, ed è figlia di un maestro. Sa leggere e scrivere. Si sposa giovanissima (ad appena 14 anni) con un piacentino di cui si è perso il nome. Resta vedova, va a servizio in case di Pavia, Casale Monferrato e Milano. A Casale Monferrato sta come serva presso un tale capitano Vacallo (innamoratasi di una caterinetta che mette in cinta e conosciuta da Caterina). Nell’agosto 1616, Caterina diventa cameriera del senatore milanese Luigi Melzi. Alta, magra, seno vigoroso, occhi grandi e labbra fresche. Somiglia alla lupa. Solo il senatore dice che è brutta. - LUIGI MELZI: ricco senatore milanese, agiato, nobile e di abbondante prole, è l’uomo che di fatto
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