Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Teorie Sociali Contemporanee: Funzionalismo vs. Teorie del Conflitto - Prof. Bertolazzi, Appunti di Sociologia

Le teorie sociali contemporanee di approccio funzionalista e teorico del conflitto. Il funzionalismo, teoria dominante per molti anni, analizza i requisiti funzionali di un sistema sociale e le strutture volte a soddisfarli. Invece, le teorie del conflitto incentravano sull'analisi dei conflitti, del potere e delle disuguaglianze nella società. Il documento include una critica di parsons da parte di merton e l'introduzione di teorici come marx, weber, simmel e bourdieu.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 16/01/2024

m1a1r1t1a1
m1a1r1t1a1 🇮🇹

2 documenti

1 / 9

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Teorie Sociali Contemporanee: Funzionalismo vs. Teorie del Conflitto - Prof. Bertolazzi e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! TEORIA SOCIOLOGICA CONTEMPORANEA INTRODUZIONE ALLE TEORIE Una teoria sociale è un insieme di principi e affermazioni volti a spiegare il rapporto tra diversi fenomeni sociali. Le teorie si sviluppano e differenziano intorno a quattro dimensioni chiave: -livello di analisi: macrosociale/microsociale -concezione della natura umana: prevedibilità /creatività -motivazione dell’azione sociale: valori/interessi -approccio scientifico adottato: deduttivo/induttivo Il primo parte dalla formulazione di ipotesi da cui vengono poi dedotte le implicazioni empiriche volte a verificarle o smentirle. Il secondo si basa sull’osservazione diretta del fenomeno per raccogliere dati, da cui indurre solo successivamente delle spiegazioni. Principali teorie sociali contemporanee •Teorie struttural-funzionaliste: Incentrate sulla dimensione dell’integrazione sociale, l’interazione cooperativa e ciò che promuove e mantiene la stabilità sociale. Sono teorie macrosociali che adottano un approccio deduttivo e concepiscono l’uomo come essere prevedibile e dal comportamento determinato, il cui agire è motivato dai valori e dalle norme sociali interiorizzati. •Teorie del conflitto: Incentrate sull’analisi dei conflitti, del potere, delle disuguaglianze nella società. Sono anch’esse teorie macrosociali che adottano un approccio deduttivo e concepiscono l’uomo come essere prevedibile, ma considerano l’agire sociale motivato dagli interessi. •Teoria dell’interazionismo simbolico: Incentrata sulla produzione e l’utilizzo dei simboli da parte degli individui nei processi di interazione quotidiana. È una teoria microsociale poiché analizza l’uomo a livello interpersonale, adotta un approccio induttivo e concepisce l’uomo come essere dal comportamento creativo che basa le sue azioni sui valori e norme sociali. •Fenomenologia: Approccio sociologico che comprende diverse teorie e che si propone di studiare come gli individui definiscono la propria situazione/realtà sociale a prescindere da nozioni culturalmente apprese. Lo scopo è sospendere i pregiudizi e le costruzioni per esaminare i fenomeni sociali nella loro natura e la percezione immediata che gli individui hanno di essi. Può essere considerato un approccio microsociale, induttivo poiché aprioristico, che considera il comportamento umano come creativo ma motivato dai valori. •Teorie della scelta razionale: Fondate sugli assunti per cui l’uomo è un individuo fondamentalmente razionale e che le sue azioni sono basate sulla scelta del mezzo più efficace per il raggiungimento dello scopo. Sono teorie tendenzialmente microsociali, che adottano un approccio deduttivo e considerano il comportamento umano chiaramente prevedibile e motivato dagli interessi. IL FUNZIONALISMO Teoria dominante per diversi anni, che ha le sue radici negli studi di Comte, Spencer e Durkheim, l’approccio struttural-funzionalista analizza quelli che sono i requisiti funzionali di un sistema sociale e le strutture volte a soddisfarli. La società è percepita come un sistema di parti interconnesse che perdono il loro senso se isolate, e il cambiamento di ciascuna di esse genera un grado di squilibrio nel sistema. Nell’analisi funzionalista di un sistema sociale si evidenziano pertanto le interrelazioni tra le parti, lo stato di equilibrio interno al sistema al quale esso tende sempre e, quindi, la sua capacità di riorganizzazione. •Talcott Parsons L’analisi parsonsiana della società nasce sempre dalla sua rappresentazione come un sistema di relazioni di interdipendenza, ma si focalizza in particolare sulla struttura dello stesso e sui suoi meccanismi di stabilità. Parsons individua quattro livelli o sistemi nella struttura di qualsiasi società: - sistema culturale: macrolivello dominante, consiste nel sistema simbolico che comprende lingue, valori, credenze, ossia tutte le espressioni di significato. - sistema sociale: una pluralità di attori basata sull’interazione tra ruoli; il rapporto con gli altri individui e la situazione in cui essi si inseriscono è definita e mediata dal sistema simbolico. - sistema della personalità: ruota attorno alla persona umana, evidenziando motivazioni, bisogni, atteggiamenti e aspettative nel compimento dell’azione. - sistema comportamentale (organismo biologico): riguarda la natura dell’individuo in quanto essere biologico, ponendo l’accento sul sistema nervoso e l’attività motoria. La stretta interrelazione tra questi quattro sistemi è evidente nella definizione che dà Parsons del processo di socializzazione che ogni individuo attraversa. Un individuo, che alla nascita è indentificato solo nel sistema comportamentale, attraversa tutti gli altri sistemi, interiorizzando i valori e le norme culturali per creare la propria personalità, e imparando le aspettative di ruolo nel rapporto con gli altri attori. Attraverso questo processo egli diventa quindi un membro effettivo della società di appartenenza, contribuendo al mantenimento e all’integrità della stessa. Osserviamo quindi come il sovrasistema della cultura permei in quelli sottostanti: nel sistema sociale attraverso un processo di istituzionalizzazione degli elementi culturali, nel sistema della personalità attraverso la loro interiorizzazione. Nell’analisi dell’azione sociale, Parsons muove delle critiche verso alcune teorie quali l’atomismo, che considera l’uomo isolato dal contesto in cui agisce, l’utilitarismo che giustifica l’azione in soli termini di costi-benefici e l’approccio positivistico, che considera l’azione solo come frutto della risposta razionale ad uno stimolo esterno. L’autore infatti mette in evidenza l’aspetto volontaristico dell’azione e il contesto normativo in cui essa si esplica. allo svolgimento di una certa funzione: la stessa potrà essere svolta anche da più elementi diversi, così come un singolo elemento può essere funzionale a soddisfare diverse necessità. Il principale contributo di Merton alla teoria funzionalista risiede quindi nell’analisi di questi tre elementi: - Disfunzioni: è possibile che nella struttura ci siano elementi che non necessariamente concorrono al mantenimento dell’equilibrio, o che addirittura svolgano una funzione negativa: contrariamente a quanto sostenuto da Parsons, la funzionalità delle istituzioni non è intrinseca, determinata a priori, ma può variare in base al punto di vista da cui si considera tale elemento. Ciò implica quindi due concezioni complementari: un dato elemento può avere effetti disfunzionali generali*, impedendo l’adattamento del sistema e, anche, uno stesso elemento potrà risultare funzionale per certi scopi e contemporaneamente disfunzionale per altri, giustificando l’esistenza di alternative alle istituzioni ritenute indispensabili e funzionali a priori. (*esempio del ritualismo in burocrazia) - Alternative funzionali: così come indicato nello schema AGIL di Parsons, l’approccio funzionalista si basa in gran parte sull’esistenza di determinate caratteristiche fondamentali che possono essere trovate alla base di tutte le società, ciascuna delle quali è associata sempre alle stesse istituzioni. Merton, pur condividendo la prospettiva di fondo, si discosta da questa definizione che prevede sempre gli stessi tipi di istituzione funzionanti in ogni sistema, e preferisce considerare quelli che definisce prerequisiti fondamentali: delle condizioni di partenza necessarie al funzionamento di una società. Tali prerequisiti possono però essere soddisfatti da diversi tipi di istituzioni, individuando così un’ampia gamma di alternative funzionali alle sole strutture indicate da Parsons. Le istituzioni non sono quindi insostituibili. Tuttavia, pur non riconoscendo il modello AGIL, Merton non ne sviluppa uno suo e non chiarisce perfettamente cosa siano i prerequisiti fondamentali e quali siano le alternative funzionali al loro ottenimento, né le modalità. - Funzioni manifeste e latenti: Merton distingue le funzioni manifeste, cioè direttamente osservabili, di cui siamo consapevoli poiché attese rispetto alle azioni, dalle funzioni latenti, non riconosciute o intenzionali, ma inaspettatamente conseguenti ad un’azione intenzionale. In questo, il concetto di funzione latente può riprendere in un certo senso il teorema di Thomas (profezia che si auto-adempie), nella creazione di conseguenze oggettive che non sono direttamente coincidenti con le motivazioni soggettive dell’attore. L’analisi anche delle funzioni latenti, generalmente ignorate da Parsons, è importante per Merton onde evitare di formulare giudizi e valutazioni ingenui, andando oltre le giustificazioni convenzionali nella ricerca delle spiegazioni a certi meccanismi sociali. Il suo più grande contributo alla sociologia, e la più grande differenza con la teoria parsonsiana, tuttavia, sta nel fatto che Merton dedica ampio spazio al fenomeno della devianza. Adottando i concetti dell’approccio funzionalista di mete culturali e mezzi istituzionalizzati, Merton fornisce una nuova accezione di anomia (già citata in Durkheim come assenza di norme): la discrepanza tra le mete culturali e i mezzi legittimi utilizzabili per raggiungerle. Nello studio di tale condizione negli Stati Uniti, Merton individua che essa rappresenta una disfunzionale fonte di tensione nella società, generando una certa quota di devianza. Accostando i vari gradi di discrepanza/concordanza tra mete e mezzi, Merton classifica cinque tipi di adattamento individuale alle richieste della società: - Conformità: si accettano sia le mete che i mezzi e si soddisfano così a pieno le aspettative sociali. Questo è l’unico adattamento desiderabile, non deviante. - Innovazione: non si condividono i mezzi e pertanto si ricorre ad alternative non istituzionalizzate per il raggiungimento delle mete. - Ritualismo: si rinuncia alle mete, ma si continua a fare uso dei mezzi convenzionali per tradizione, anche se inutilmente o in modo fuorviante (*burocrazia) - Rinuncia: non si condividono più ne le mete, ne i mezzi, e si adottano perciò comportamenti totalmente devianti - Ribellione: combinazione di rifiuto e accettazione, non si condividono mete e mezzi convenzionali ma si cercano sostituti accettabili per entrambi. TEORIE DEL CONFLITTO Quest’approccio si contrappone al funzionalismo poiché punta l’attenzione non sugli elementi di coesione ma, al contrario, su ciò che genera conflitto e discrepanza nella società. Se i funzionalisti non puntano l’attenzione alla dimensione di conflitto senza dubbio esistente, ma piuttosto sui mezzi per controllarla, d’altra parte i teorici del conflitto non sono in grado di spiegare come mai, nonostante tali condizioni, le società continuino ad esistere e si mantengano stabili. All’interno di tale approccio conflittualista gli autori si orientano in vari filoni di pensiero, condividendo però alcuni presupposti di base comuni a tutte le teorie: - gli individui possiedono degli interessi di base per l’azione sociale, comuni in tutti i sistemi; - le relazioni si basano su dinamiche di potere, una risorsa scarsa, distribuita iniquamente e pertanto fonte di conflitto; -i valori e le idee sono mezzi usati dai gruppi per raggiungere i propri scopi, e non strumenti per definirne l’identità. L’esistenza di una ideologia permette la creazione di una classe organizzata intorno ad interessi comuni. Le ideologie rafforzano le classi dominanti. Attorno a questi nuclei si distinguono due grandi tradizioni della teoria conflittualista, sulla base dell’approccio alla scienza sociale e della considerazione del conflitto come elemento sradicabile o meno dalla società. I teorici si distinguono quindi in: -Critici: di ispirazione marxista ritengono che gli scienziati abbiano l’obbligo morale di presentare una critica sociale, che la sociologia debba essere strumento non solo di analisi ma elemento attivo della trasformazione sociale. Non separano quindi l’analisi dal giudizio e i fatti dai valori morali. Considerano il conflitto risolvibile. -Analitici: di ispirazione Weberiana, considerano il conflitto come inevitabile e permanente e ritengono che la sociologia non debba esprimere giudizi di valore ma limitarsi all’analisi. Radici intellettuali e principali contribuenti Come precursori delle teorie del conflitto, Marx e Weber hanno gettato le basi e gli assunti principali, analizzando i grandi nuclei intorno cui si articola tale approccio: I loro studi sono accomunati dall’interesse per le posizioni sociali, il potere che ne deriva e il ruolo delle ideologie nel legittimare tali posizioni. Vengono approfondite in particolare da Marx la divisione e la lotta tra classi, la base economica del conflitto, gli interessi alla base dell’azione individuale, il ruolo delle ideologie e delle tecnologie. Weber Anomia pura analizza inoltre le dinamiche del potere, i tipi di autorità come potere legittimo e una distinzione sociale che supera il concetto marxista di classe ma include anche partiti e ceti. Altri teorici hanno contribuito alle basi della teoria del conflitto approfondendo le dinamiche di potere nelle classi e sviluppando le teorie dell’élite. Essi condividono la tesi di fondo per cui in una società, soltanto un numero ristretto di persone può esercitare l’autorità. Michels teorizza la “legge ferrea dell’oligarchia”, secondo cui piccoli gruppi di potere si mettono alla guida di partiti e gruppi per perseguire i propri interessi personali. Ciò è all’origine dei conflitti con i gruppi subordinati. Altri autori che si sono distinti per il loro contributo sono: Simmel, che anziché studiare gli sviluppi e i modelli di comportamento alla base del conflitto, si dedica più alle relazioni umane, alle dinamiche interpersonali e al loro mutamento. Egli sostiene infatti che associazione e conflitto coesistono e sono strettamente correlati, e pertanto non è possibile distinguere in modo definitivo gruppi chiusi antagonisti gli uni degli altri. A differenza della divisione proposta da Marx, egli dipinge un modello di società attraversata da molteplici conflitti intersecati. L’idea che il rapporto sociale implichi sempre la coesistenza di armonia e conflitto, ha contribuito a rafforzare la tendenza analitica per cui quest’ultimo sia una condizione inevitabile e permanente. Park (fondatore della scuola di Chicago), allievo di Simmel, distingue competizione e conflitto tra le caratteristiche fondamentali della vita sociale. La prima, costante e universale, determina le carriere degli individui, il secondo riguarda invece lo status e la distribuzione del potere a livello sociale. •Teoria del conflitto: critica della società Teoria marxista, teorie neo-marxiste, scuola di Francoforte, Mills, Bourdieu. Scuola di Francoforte La scuola di Francoforte racchiude gli studiosi della teoria critica in senso stretto, i cui principale esponenti sono Adorno e Horkheimer. L’approccio di questa scuola di pensiero poggia su due tesi principali: -le idee degli individui sono frutto della società in cui essi vivono; è impossibile ottenere una conoscenza obiettiva e libera da influenze. -gli intellettuali dovrebbero adottare un atteggiamento critico verso la società che studiano, allo scopo finale del mutamento sociale. I sociologi francofortesi attribuiscono grande importanza all’organizzazione economica della società e studiano a fondo gli effetti del sistema capitalista sulla cultura e sui comportamenti degli individui. Essi in particolare muovono una forte critica alla cultura di massa. Parlando di “industria culturale” essi fanno riferimento a tutti quegli strumenti tramite i quali il sistema sociale veicola un determinato insieme di valori verso gli individui, un sistema che si “impone dall’alto”, attraverso la standardizzazione dei prodotti, la razionalizzazione della distribuzione e l’integrazione dei consumatori nell’ideologia capitalista. Tale sistema si rivela strumento di manipolazione della coscienza individuale, che crea un inganno di massa: l’illusione di una cultura libera, limpida e accessibile a tutti. In realtà gli individui non si rendono conto che, per perseguire il benessere economico ritenuto il valore più importante nella cultura capitalista, essi rinunciano alla propria libertà, ad esempio sottostando alle mode. Si genera perciò il fenomeno del conformismo, grazie al quale la società industriale riesce ad autoriprodursi creando negli individui un certo grado di
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved