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LA TRAGEDIA: TEORIA + RIASSUNTO “ROMEO E GIULIETTA” + RIASSUNTO “IL CICLO TEBANO” (“EDIPO RE”, “EDIPO A COLONO” E “ANTIGONE”), Appunti di Italiano

LA TRAGEDIA: TEORIA + RIASSUNTO “ROMEO E GIULIETTA” + RIASSUNTO “IL CICLO TEBANO” (“EDIPO RE”, “EDIPO A COLONO” E “ANTIGONE”)

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 26/10/2020

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Scarica LA TRAGEDIA: TEORIA + RIASSUNTO “ROMEO E GIULIETTA” + RIASSUNTO “IL CICLO TEBANO” (“EDIPO RE”, “EDIPO A COLONO” E “ANTIGONE”) e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! LA TRAGEDIA: TEORIA + RIASSUNTO “ROMEO E GIULIETTA” + RIASSUNTO “IL CICLO TEBANO” (“EDIPO RE”, “EDIPO A COLONO” E “ANTIGONE”) Il genere drammatico e il suo testo. Il genere drammatico comprende: • tragedia; • commedia; • dramma pastorale; • dramma borghese; • melodramma. Le più antiche forme della letteratura drammatica sono la tragedia e la commedia. Esse sono nate nella Grecia classica, dall’integrazione tra la poesia lirica e i riti del culto del dio greco Dionisio. Nel testo drammatico sono frequenti i dialoghi tra i personaggi, i monologhi e gli “a parte”; troviamo inoltre le didascalie (con le quali il regista indica agli attori le modalità di recitazione, oppure specifica agli scenografi i dettagli dell’ambientazione). Per quanto concerne il momento della fruizione, il testo drammatico può essere letto, ascoltato oppure visto dal pubblico: la sua fruizione sarà quindi individuale e mentale (leggendo il libri), oppure collettiva e fisica (andando a teatro). È inoltre frequente il c.d. “metateatro”, cioè il “teatro nel teatro”: esso consiste nella tendenza del teatro a meditare su sé stesso e mettere in scena i propri problemi. Il drammaturgo. Il drammaturgo è un autore che scrive opere che vengono rappresentate in teatro. Distinguiamo 2 categorie di drammaturghi: • tragediografo: si occupa di scrivere tragedie; • commediografo: si occupa di scrivere commedie. “Scrivere per il teatro” significa far filtrare il proprio pensiero o la propria poetica attraverso l’ambientazione, l’azione, i dialoghi dei personaggi e le note di regia. La messinscena. È il complesso delle operazioni tecniche e artistiche mediante le quali l'opera dell'autore viene rappresentata a teatro. Nella messinscena intervengono: • codici visivi: mimica, gesto, movimento, trucco, acconciatura, costume, accessori, elementi scenici, luci; • codici uditivi: parola, tono di voce, musica, rumori, silenzi. Per quanto riguarda i vari ruoli dello spettacolo teatrale, alla traduzione spettacolare diretta dal regista, concorrono gli attori, lo scenografo, i tecnici delle luci e dei suoni, il costumista, gli accessoristi. Approfondiamo ora i generi più comuni del dramma: la commedia e soprattutto la tragedia. La commedia. La commedia è un testo teatrale avente le seguenti caratteristiche: • è incentrato sui difetti, passioni ed esigenze dell’uomo comune; • tratta argomenti relativi alla realtà quotidiana dell’uomo; • i personaggi sono popolari e le loro peripezie sono funzionali all’intento morale ed educativo; • vengono rappresentate situazioni relative a casi ridicoli, beffe, raggiri e si concludono con un lieto fine (il conflitto esiste ma si conclude con la ragione); • il linguaggio utilizzato è semplice e colloquiale. La tragedia. La tragedia è una rappresentazione scenica drammatica avente le seguenti caratteristiche: • ha uno stile elevato; • i personaggi sono mitici, storici, nobili o eroi; • ha uno sviluppo e una conclusione segnati da eventi luttuosi e grandi sofferenze; • la vicenda può acquisire un senso religioso; • vi è unità di tempo, luogo e azione. La tragedia nasce in Grecia, nell’ambito delle feste dionisiache; la prima rappresentazione avviene nel VI secolo a.C. (500 a.C.). Durante queste celebrazioni si disputavano gare tra autori di testi teatrali, dei quali venivano rappresentate (una al giorno) ”tre tetralogie”, ciascuna composta da 3 tragedie e un dramma. Il migliore, vinceva. In origine il tragediografo era anche attore, musicista e sceneggiatore; in seguito il numero di attori aumentò a 3, i quali, dotati di maschere diverse, interpretavano più ruoli. Con Eschilo inizia la fase della tragedia attica (greca). Lo spettacolo era finanziato dalla Stato ed aveva uno stretto legame con la vita religiosa: i personaggi erano spesso eroi del mito e le rappresentazioni erano manifestazioni legate a cerimonie religiose. La tragedia classica si ispira infatti alle divinità e agli eroi mitologici, e rappresenta l’agire umano che si scontra con il fato (destino) a cui è impossibile sottrarsi. Il poeta compositore di tragedie non era solo uno scrittore, ma un maestro di vita, in quanto interrogava con le sue opere la coscienza del pubblico su temi come la giustizia, la colpevolezza e l’innocenza, il rapporto tra fede e ragione, e l’infelicità. Tra i più grandi tragediografi dell’antica Grecia, insieme ad Eschilo (che trattò soprattutto il tema della fede, della libertà e della giustizia), ricordiamo: • Euripide: delinea un cupo senso della vita, dominata dalle passioni in lotta con la ragione umana; • Sofocle: affronta il tema della volontà dell’individuo rispetto al valore degli dei. Fu un autore molto prolifico (pare che scrisse circa 130 opere) ma di lui ci sono giunte solo 7 tragedie e fra queste ha particolare importanza “il ciclo Tebano” composto da 3 tragedie (“Edipo re”, “Edipo a Colono” e “L’Antigone”). La tragedia conosce il suo massimo sviluppo nell’Atene del V secolo a.C., grazie all’evoluzione dei canti corali in onore di Dioniso, chiamati “ditirambi”. Il suo nome significa “canto dei capri” perché i partecipanti indossavano maschere con testa di capra. IL CICLO TEBANO Il “Ciclo tebano” è un’opera del famoso drammaturgo greco Sofocle, composta da 3 tragedie: “Edipo Re”, “Edipo a Colono” e “Antigone”. Le vicende drammatiche di Edipo e della sua famiglia costituiscono una delle più note tragedie del mondo antico. RIASSUNTO DELLA TRAGEDIA “EDIPO RE” Edipo è il figlio del re di Tebe, Laio e di sua moglie Giocasta. Dopo il suo concepimento un oracolo rivela al sovrano che il nascituro è destinato a uccidere suo padre e sposare sua madre. Subito dopo la nascita, re Laio ordina a un servo di uccidere il neonato, ma, impietosito, il servo decide di affidare il bambino a un pastore che a sua volta lo cede al re di Corinto, Polibo, e a sua moglie Peribea, che non potevano avere figli. Edipo cresce quindi nella convinzione che i sovrani di Corinto siano i suoi veri genitori e quando un oracolo gli ripete la predizione fatta in precedenza a Laio, Edipo, certo di rappresentare un pericolo per Polibo e Peribea, lascia Corinto e si dirige a Tebe. Sulla strada incontra un carro: si tratta di Laio, che si sta dirigendo a Delfi per consultare l’oracolo. Nessuno dei due uomini vuole lasciare il passo all’altro così ne nasce una disputa e Laio rimane ucciso. La prima parte della profezia si è avverata : Edipo ha ucciso suo padre. Poco tempo dopo, la dea Giunone, offesa con i tebani per i pochi sacrifici celebrati in suo onore, decide di infliggerli una punizione mandando una sfinge sul monte dal quale si accede in città. La Sfinge è maestosa ed incute timore, con quel suo corpo di leone alato e la sua testa umana. La Sfinge veglia l’accesso a Tebe e non appena scorge un viandante, gli blocca il passaggio; per poter avere accesso alla città, il malcapitato deve prima risolvere l’indovinello che la creatura gli pone. Chi non risolve l’enigma viene divorato dalla Sfinge. Sono tanti quelli che finiscono tra le sue fauci: la quantità di ossa accumulate ai piedi del dirupo sul quale dimora la Sfinge, parla da sola. Creonte, nuovo re di Tebe, fratello di Giocasta, disperato dalla persecuzione del mostro alato, decide di pubblicare un Editto nel quale viene promessa in sposa sua sorella e la corona di Tebe a colui che avrebbe risolto l’indovinello, liberando in questo modo la città dalla Sfinge. In tanti ci provano, ma vengono tutti mangiati dalla creatura. Fino a quando non arriva Edipo. La sfinge chiese: “Chi è che al mattino ha quattro zampe, a mezzogiorno ne ha solo due e la sera tre?”. (siamo di fronte a una metafora: mattina=infanzia, mezzogiorno=metà vita, sera=vecchiaia). Edipo rispose: “E’ l’uomo. Da bambino gattona su mani e piedi (4 zampe), diventato grande cammina sui due gambe e infine da vecchio si appoggia sul bastone. La Sfinge, sicura che nessuno avrebbe mai trovato la soluzione del suo enigma, disperata, decise di suicidarsi lanciandosi dal monte. Edipo acclamato dal popolo diventa re e sposa Giocasta che in seguito si rivelerà essere sua madre. Anche la seconda parte della profezia si è avverata: Edipo sposa la donna che lo ha messo al mondo. Poco tempo dopo Tebe viene colpita da una terribile epidemia di peste: Edipo ha inviato Creonte, a Delfi per interrogare l’oracolo, il quale rivela che solo quando l’assassino di Laio se ne andrà dalla città sparirà anche l’epidemia. Edipo, ignaro che sia lui stesso il destinatario di quella predizione, ordina che il responsabile venga trovato e bandito da Tebe e chiede a Tiresia, vecchio indovino cieco, di svelare l’identità del colpevole. Tiresia inizialmente si rifiuta, sostenendo che tale conoscenza porterebbe conseguenze ancora più funeste. Edipo e Tiresia si scontrano verbalmente con toni molto accesi finché l’indovino non riferisce che proprio Edipo è l’assassino che si sta cercando. Edipo non crede alla rivelazione e sospetta che Creonte voglia prendere il suo posto sul trono e abbia preso accordi con l’indovino per cacciarlo da Tebe. Edipo si confronta allora con Creonte, negando le accuse ricevute. I due uomini vengono raggiunti da Giocasta che, per placare Edipo, gli assicura che spesso gli indovini danno responsi sbagliati. A testimonianza di ciò riferisce che a Laio era stato predetto di morire per mano di suo figlio, mentre, come loro credono, è stato attaccato dai banditi. Giocasta aggiunge però dei particolari sulla strada in cui si trovava Laio; Edipo, riconosce quel punto come il luogo in cui aveva ucciso un uomo e si ritrova sia nella profezia raccontata da Giocasta, sia in quella che gli era stata fatta a Corinto. Edipo racconta così a Giocasta del pronostico ricevuto in gioventù e delle circostanze in cui ha ucciso un uomo mentre si recava a Tebe. Nel frattempo arriva un messaggero di Corinto che informa Edipo della morte di Polibio. Edipo inizialmente è sollevato del fatto che l’uomo che ritiene essere suo padre naturale sia morto di vecchiaia e non per mano sua; però ricorda che la profezia non riguardava solo l’uccisione del padre ma anche l’incesto con la madre. Chiede così al messaggero cosa ne sia stato di lei. Quest’ultimo in realtà è quel pastore che tanti anni prima aveva affidato il figlio di Laio a Polibio: racconta così a Edipo che Peribea non è la sua madre naturale. Quando il messaggero riferisce che il neonato gli è stato affidato dal servo di Laio, Edipo fa chiamare il vecchio servitore (che ancora vive a Tebe) per avere ulteriori conferme. Giocasta, che ha compreso l’inganno del destino che beffardo si è preso gioco di loro, cerca di convincere Edipo ad abbandonare l’esigenza di conoscere il passato. Ma le sue suppliche restano inascoltate, allora Giocasta si allontana e, sconvolta dalla scoperta che Edipo è suo figlio, decide di suicidarsi. Edipo dopo il colloquio con il servo si rende così conto di essere lui il protagonista di entrambe le profezie; disperato dopo aver trovato Giocasta morta impiccata, usa le fibbie del vestito di lei per accecarsi. Edipo supplica quindi Creonte, destinato a diventare il nuovo re, di esiliarlo da Tebe, in quanto per colpa sua l’ordine naturale è stato sovvertito e la peste che sta devastando la città ne è la conseguenza. RIASSUNTO DELLA TRAGEDIA “EDIPO A COLONO” Edipo, ormai cieco e mendicante, dopo varie peregrinazioni, accompagnato dalla figlia-sorella Antigone, giunge a Colono, nei pressi di Atene. I suoi abitanti, incerti se scacciare il forestiero portatore di epidemie, sottopongono al re Teseo la questione. Da Tebe sopraggiunge Ismene, l’altra figlia-sorella di Edipo, per avvertirlo che i due figli maschi si sono messi uno contro l’altro. Il più giovane, Eteocle, ha infatti usurpato il trono e Polinice, il maggiore, gli ha dichiarato guerra. Entrambi i figli maschi cercano Edipo, perché l’oracolo di Delfi ha predetto che la vittoria sarebbe stata destinata a chi avrebbe avuto il genitore dalla propria parte; entrambi però non sono disposti a dargli sepoltura in patria perché esiliato. Sopraggiunge Teseo. Questi già conosce l’identità dello straniero e gli si rivolge con parole pietose e solidali. Edipo gli chiede la grazia di salvarlo dalle pretese dei figli, e di seppellirlo a Tebe quando sarà morto, garantendogli in cambio eterna e invincibile protezione per la città. Teseo acconsente di buon grado al desiderio di Edipo. Si presenta in scena Creonte. Egli, con un ipocrita discorso, simula disinteressata compassione per Edipo e Antigone, cercando di ricondurli in patria. Edipo reagisce con aspra violenza: non ora, ma in passato, Creonte avrebbe dovuto soccorrerlo. Creonte strappa allora Ismene e Antigone dalle braccia del padre e le fa portare via; quindi si accinge a usare la forza anche su Edipo. Accorre Teseo, chiamato dal popolo di Atene che ha assistito alla sopraffazione. Egli trascina con sé Creonte e liberare le due giovani. Edipo vorrebbe abbracciarlo, ma non osa avvicinare le sue mani impure; egli sa di portare su di sé una maledizione anche se non si sete colpevole, perché le sue colpe sono dipese dal volere degli dèi. Si presenta in scena Polinice, che chiede perdono al padre. Egli è stato cacciato dal fratello da Tebe, ma si ripromette di riconquistare la città e afferma di non credere alla profezia di dover avere il genitore con sé per poter vincere la guerra. Il padre, invece, maledice Polinice insieme a suo fratello Eteocle, offeso dal fatto che pensassero solo al potere, lasciando alle due sorelle la cura dell’anziano e cieco padre. Udita la maledizione Polinice capisce di essere condannato alla morte ma non può abbandonare la guerra. Prega le sorelle di rendere gli onori estremi al suo cadavere dopo che verrà ucciso, mentre il padre assiste in silenzio al loro addio. Quando Polinice si allontana, un rombo di tuono annuncia a Edipo la fine della sua vita terrena. Accompagnato solo da re Teseo, il vecchio si avvia allora verso il boschetto delle Eumenidi, dove sparirà chiamato dagli dei. Prima di sparire nel bosco sacro, Edipo, in segno di riconoscimento, rivela a Teseo i segreti che i re di Atene dovranno tramandarsi nelle
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