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La vita di Giovanni Pascoli, Schemi e mappe concettuali di Italiano

La vita di Giovanni Pascoli, poeta italiano del XIX secolo. Si parla della sua infanzia, della morte del padre, della sua carriera universitaria, della sua produzione poetica e dei rapporti con le sorelle. Si fa anche riferimento alla sua saggistica dantesca e alla sua attività politica. Il testo è una fonte utile per conoscere la vita e l'opera di Pascoli.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2018/2019

In vendita dal 24/09/2022

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Scarica La vita di Giovanni Pascoli e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI VITA Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 in un paese della Romagna, San Mauro. Il padre Ruggero amministra la tenuta agricola del principe Alessandro Torlonia mentre la madre Caterina ha portato in dote la casa. Tra il 1850 il 1865 nascono 10 figli: Giovanni e il quarto; e Ida e Maria sono le sorelle più piccole che avranno un ruolo decisivo nella vita del poeta. Pascoli a sette anni Entra nel collegio: ne è ches per frequentare la seconda liceo a Rimini e la terza a Firenze. La sua vita, nel frattempo, è stata sconvolta da una tragedia: il padre nel 10 agosto 1867 viene ucciso da una fucilata mentre sta tornando da Cesena sul suo carro con due bambole in mano per le due sorelline minori. L’omicidio resta impunito poiché tutti sanno chi ha sparato ma nessuno lo dirà e infatti il mandante sembra essere Pietro Cacciaguerra. Alla famiglia viene assegnata una pensione per la madre e una piccola quota per ciascun figlio fino ai 18 anni e per ciascuna figlia fino 14 anni. Gli anni successivi di Pascoli saranno altrettanto tormentosi poiché muore una sorella, la madre e un fratello. I figli supersisti saranno accuditi dagli zii. Nel 1873 Giovanni sostiene l’esame per ottenere una borsa di studio a Bologna; alla commissione vi è Giosuè Carducci. La carriera universitaria di Pascoli dura ben nove anni (si laurea nell’82 con la lode) ma all’inizio del terzo anno non gli viene rinnovato il sussidio poichè frequenta poco le lezioni ed è diventato un attivista politico di sinistra. Anche senza borsa di studio rimane a Bologna e patisce la fame. Dal 1877 le sue poesie iniziano a comparire sulle riviste, ma la maggior parte di esse hanno una circolazione limitata. Per i successivi due anni è supplente all’università di matematica. Nel maggio dell’85 porta le due sorelle Ida e Maria a vivere con sè ricostruendo quello che lui chiama il nido, il luogo in cui i figli superstiti, risparmiati dalla cattiveria e dalla ferocia del destino, si ritrovano per vivere insieme. Nell’87 Giovanni e le sorelle si trasferiscono a Livorno. Pascoli è innamorato di una ragazza e la vuole sposare, nel frattempo anche Ida accetta le visite di un uomo. Pascoli è turbato dal pensiero di poter perdere la sorella: entrambi interrompono la loro relazione. Il 10 agosto 1890 compaiono sulla rivista “vita nuova” nuove poesie intitolate Myricae, un anno dopo esce la prima raccolta di poesie Myricae ed ancora l’anno successivo una seconda edizione accresciuta. A marzo Pascoli vince un premio internazionale di poesia latina, il Certamen Hoeufftianum : otterrà per altre 12 volte la medaglia d’oro e per 15 la Magna Laus (grande lode). La produzione latina di Pascoli conta 30 poemetti una settantina di testi più brevi. Questi inizieranno essere conosciuti solo nel 1917 quando verranno raccolti e pubblicati da un amico di Pascoli. La poesia latina pascoliana ha caratteristiche differenti da quella italiana, pur essendo altrettanto raffinata. •I rapporti con le sorelle, verso la fine degli anni 80, sono cambiati in una peggio. I primi giorni del 1893 Gabriele D’Annunzio gli manda una lettera cordiale e allega la recensione elogiativa che aveva scritto sul giornale di Napoli “il mattino”: il nome di Pascoli acquista una risonanza nazionale. •Ida va in Romagna e torna a casa dopo essersi fidanzata. In autunno compare Lyra Romana, l’antologia scolastica pascioliana dedicata alla poesia lirica latina. È il primo dei quattro volumi che Pascoli prepara per la scuola: seguono Epos, Sul limitare e Fior da fiore. Pochi anni dopo il poeta viene invitato a collaborare con “il convito”, una nuova rivista romana diretta da D’Annunzio. •Il fidanzamento di Ida gli dà un dolore indicibile e ciò lo si intende dai suoi scritti del tempo: le lettere di giugno del 1895 che Pascoli scrive da Roma a Maria sono terrificanti per la disperazione e il risentimento contro Ida, che abbandona il nido. Pascoli vive questa decisione come una tragedia poichè egli ha sempre rinunciato a costruirsi una famiglia per prendere con se le due sorelle, ha creato una casa per loro e le ha mantenute con uno stipendio magro. E proprio Ida, che era la sua preferita, disprezza i suoi sacrifici e ne chiede nuovi. Il matrimonio di Ida si celebra il 30 settembre: pascoli fa pubblicare “nelle nozze di Ida”, ma non si fa vedere in chiesa né al rinfresco. Dopo il matrimonio Giovanni e Maria continuano a vivere insieme e nessuno dei due ha intenzione di sposarsi. Da metà ottobre i due fratelli si spostano a Castelvecchio a Lucca: una casa di due piani, in mezzo ai monti, alle spalle delle Alpi Apuane. Contemporaneamente Pascoli viene nominato professore di grammatica greca e latina all’università di Bologna. In primavera Pascoli si fidanza con una cugina riminese: le regala l’anello, ma Maria non lo sa. In autunno a Bologna si trasferisce anche il fratello cattivo, Peppino, che convive con la famiglia : è povero e ricatta i fratelli, infatti Pascoli è terrorizzato dalla sua presenza. Nel 1897 pubblica i poemetti, la sua seconda raccolta poetica che subisce tanti ampliamenti e riorganizzazioni: si sdoppiano in primi poemetti nel 1904 e nuovi poemetti nel 1909. Nello stesso anno esce la quarta edizione di Myricae, ancora aumentata. Sono anni di lavoro intenso: Pubblica il primo libro di saggistica dantesca intitolato Minerva Oscura. Nello studio di Castelvecchio ci sono tre scrivanie che sono diventate il simbolo della triplice attività pascoliana: poesia italiana, poesia latina, studi danteschi. Nel 1903 escono i canti di Castelvecchio. Si trasferisce a Bologna come successore di Carducci alla cattedra di letteratura italiana. Nel frattempo, sotto il titolo di ‘poemi conviviali’ riunisce le tre poesie pubblicate sulla rivista “il convito”. Due anni dopo esce ‘odi e inni’, una raccolta di ispirazione politica e civile. Si parla degli eroi della patria, degli esploratori, delle avventure coloniali e degli eventi politici, religiosi, civili. Gli inni si distinguono metricamente perché sono costruiti sul modello della lirica greca corale, cioè sulla ripetizione di una struttura ternaria. (La successione cronologica delle raccolte va usata con molta circospezione poiché è di fondo poco importante). A partire dal 1907, Pascoli lavora una serie di canti patriottici che chiama “poemi del Risorgimento”. Questi ultimi saranno pubblicati incompiuti e postumi nel 1913 e i frammenti che ci sono giunti riguardano Napoleone, Mazzini e Garibaldi. I metri sono quelli brevi tradizionali: madrigali, ballate, sonetti, quartine. La vera novità riguarda l’uso del linguaggio poetico. Infatti in Myricae Pascoli recupera sia le tecniche del simbolismo europeo sia i suoi procedimenti immaginari più tipici ( l’analogia tra la fanciullia e l’aratro in Lavandare). In quest’opera il linguaggio comincia orientarsi verso il fonosimbolismo, cioè verso quei fenomeni che sfruttano la dimensione fonica della lingua. Ma esiste anche un altro tipo di fonosimbolismo detto grammaticale o convenzionale: esso sfrutta l’associazione di suoni e concetti. Pascoli adopera suoni della lingua per riprodurre i suoni della natura o del mondo umano. POEMETTI Mentre Myricae e i canti di Castelvecchio sono i grandi libri lirici di Pascoli, i poemetti sono poesie narrative di argomento campestre: poesie che raccontano una storia. La Raccolta originaria del 1897 si sdoppierà poco dopo in due libri distinti: i primi poemetti e nuovi poemetti.. Questa divisione è dovuta al fatto che vi sono due diverse visioni: quella del pacificante ordine naturale e quella dell’operosità umana (le opere buone compiute dei contadini in accordo con il ritmo delle stagioni). Una parte importante dei primi e dei nuovi poemetti è costituita dalla narrazione delle vicende familiari delle due sorelle Rosa e Viola, e dell’amore che lega rosa al giovani cacciatore Rigo. In queste vicende il lettore non ha difficoltà a individuare la matrice autobiografica: rosa è Ida, la sorella che lascia il nido; viola è Maria, la sorella abbandonata. Al di là di questo nucleo, nei poemetti si registra una grande varietà tematica poiché anche qui Pascoli racconta di se, ma lo fa da testimone. Nell’aquilone’ , per esempio, rievoca i tempi del collegio mettendo al centro un compagno morto giovanissimo e facendo una riflessione sull’esistenza umana. In ‘digitale purpurea’ rielabora un episodio riferitogli dalla sorella Maria e ne ricava un significato allegorico. A chiudere la raccolta e il poemetto ‘Italy’ che introduce una prospettiva diversa: Quelle degli emigrati tornati in patria con la loro strana lingua italo-inglese. CANTI DI CASTELVECCHIO I canti di Castelvecchio escono in prima edizione il 1903 e raccolgono tutti i poemetti del quinquennio precedente. In questi canti prevale la materia campestre, con l’attenzione per le cose umili e quotidiane. La differenza con Myricae è l’ambientazione: mentre quest’ultima è romagnola, i canti nascono nella campagna lucchese, tra Castelvecchio e Barga. Nei canti Pascoli fa uso del lessico dialettale che imparò a conoscere parlando con i contadini. Le accuse di scarsa comprensibilità lo convinsero ad aggiungere un dizionarietto. Dal punto di vista dei contenuti, nei canti si accentua la presenza dei sogni, delle tradizioni folcloriche, dei presagi (specie il mio luttuosi): sono tutti elementi che riguardano la parte irrazionale dell’uomo, allontanandosi dalla conoscenza scientifica del mondo. Sembra più frequente il ricorso alla dimensione simbolica, al legame tra il significato letterale e un loro senso traslato. I metri tradizionali di Myricae tornano nei canti di Castelvecchio, dove il poeta sperimenta sia strofe di struttura innovativa sia il novenario, un verso raro. Già il titolo di canti, che allude a Leopardi, rivela un’ambizione di poesia più complessa. Pascoli parla con frequenza crescente della morte, proprio quando ci sarebbe da aspettarsi il contrario. È sorprendente che il tema della morte diventasse, nella maturità, sempre più dominante; sembra che con gli anni l’ombra dolorosa difatti antichi e lontani fosse cresciuta. I lutti familiari sono una finzione, un velo, un filtro che permette di scrivere una storia di dolore e di tenerla segreta. Riassumendo: l’insoddisfazione per la vita con le sorelle E poi il matrimonio di Ida creano un’infelicità che genera l’ossessione per la tragedia familiare. La poesia pascoliana non nasce funebre ma lo diventa sempre di più; il punto di massimo della versificazione del lutto sono i canti di Castelvecchio. POEMI CONVIVIALI I poemi conviviali hanno questo titolo perché alcuni di essi erano stati pubblicati sulla rivista ‘il convito’. Sono il libro del Pascoli classicista che sa tutto sulla lingua e sulla poesia dei greci e dei latini, sui loro riti, sulla loro mitologia, sulla loro vita quotidiana. Un aneddoto vale più di 1000 parole: quando insegnava a Pisa, Pascoli si trovò in classe uno studente greco che sosteneva che il greco antico andasse letto alla moderna; egli rispose recitando a memoria tutto il primo libro dell’Iliade. Siccome sono stati scritti nell’arco di un decennio, i poemi conviviali presentano tra loro Differenze di concezione e di stile. In tutto sono 16, uno in più nella seconda edizione del 1905 e il poeta li dispone secondo l’ordine cronologico del loro contenuto. Si va da quelli ispirati ai poemi omerici, fino alla buona novella, passando per Alessandro magno e un imperatore romano, Tiberio. Tra i poemi conviviali più celebri vi è sicuramente “l’ultimo viaggio”, composto da 24 brevi canti. IL FANCIULLINO Il fanciullino, composto da 20 capitoli e pubblicato nel 1907 dopo un elaborazione durata una decina di anni, è il più importante scritto pascoliano di teoria poetica. Dentro di noi esiste un fanciullino, un bambino che non cresce e che rimane in noi anche quando diventiamo adulti, che continua a comunicarci le sue sensazioni ed emozioni. Noi non lo ascoltiamo, l’unico che riesce ad ascoltare ancora la sua voce con attenzione è il poeta. Ad affascinare il fanciullino sono le gesta degli eroi, le avventure, di cui coglie molti particolari. Questo bambino che non cresce mai è presente in tutti gli esseri umani. Secondo Pascoli, la poesia non ha alcuna utilità pratica, ma una suprema utilità morale e sociale. La poesia spinge gli uomini a essere contenti di ciò che hanno, a moderare i desideri e anche sentimenti; la poesia e trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima, e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente tra l’oscuro della nostra anima. Pascoli si rivolge direttamente al fanciullino: “tu non fai se non scoprire il nuovo nel vecchio.“ Pascoli non esclude la possibilità di una poesia storica e civile: la ammette a certe condizioni. Pascoli aveva ben presente l’esempio di Virgilio e Orazio, autori classici la cui poesia contempla parti storiche e civile e propone questa soluzione: “bisogna che il fatto storico filtri attraverso la meraviglia e l’ingenuità della nostra anima fanciulla.” Pascoli ha una visione antistorica della poesia: egli ritiene che non c’è poesia arcadica, romantica, classica, italiana, greca ; ma poesia soltanto. Il Fanciullino è più complesso e articolato di quanto si pensi. Pascoli combatte per una sua visione della poesia che spesso è in contrasto con quella di Carducci, di D’Annunzio. Combatte anche se esprime le sue idee in un modo ingenuo, da bambino. Testi di MYRICAE Arano Questa poesia tratta dalla raccolta Myricae, fa parte di una sezione che si intitola “L’ultima passeggiata”. Vi è un filo conduttore: sta arrivando l’autunno e il poeta compie un’ultima immaginaria passeggiata nella campagna toscana prima di tornare in città. Egli rappresenta in una serie di quadri le immagini di luoghi e persone che ha visto in questo momento della sua vita. In particolare la poesia descrive un momento di vita quotidiana di alcuni contadini che stanno arando il campo per prepararlo alla semina. Ci sono dunque momenti realistici a cui si alternano immagini simboliche che nascondono significati profondi. [ Esempio: macchia di colore delle foglie di vite che sono rosse mentre lo sfondo è coperto dalla nebbia che sfuma tutti i contorni. ] Inoltre vi sono una serie di figure umane e di animali in movimento. [Ad esempio ci sono i contadini che spingono le vacche, altri che seminano, altri che smuovono le zolle di terra.] Nell’ultima strofa, nella quartina, inaspettatamente la prospettiva cambia poiché la scena viene presentata sotto un altro punto di vista: due uccellini vengono umanizzati, un passero e un pettirosso. Mentre per i contadini il momento della semina è un momento pieno di difficoltà, per gli uccelli invece è un momento di gioia poiché nel momento in cui i contadini andranno via, loro avranno la possibilità di beccare i semi. Figure retoriche: -Enjambement (versi 5-6) ->Pascoli vuole sottolineare la fatica che i contadini compiono nella loro giornata. Da notare l’immagine dell’oro giallo che si contrappone al rosso del primo verso. L’immagine della rondine (cade con le ali aperte come se fosse in croce) e dell’uomo alludono al sacrificio di Cristo in quanto il padre nelle sue ultime parole perdona gli assassini. Parola ricorrente: nido. Questa parola rappresenta una fonte di protezione dai mali del mondo esterno sia per l’essere umano che per la rondine. Novembre Sono tre quartine di strofe saffiche formate da 3 endecasillabi e un quinario. Il testo si sviluppa secondo una struttura bipartita: la prima strofa si oppone alle due strofe successive. Prima strofa: è presentato un paesaggio apparentemente primaverile, contrassegnato da serenità (capitano giornate soleggiate nel mese). I puntini sospensivi alla fine indicano che tutto ciò narrato in questa parte è illusorio (lo si intende dal MA presente all’inizio della seconda strofa, che richiama alla realtà) e sta svanendo. Nelle due strofe successive si manifestano i segni della vera stagione, l’autunno, con i suoi colori scuri, il silenzio e la mancanza degli elementi vitali. Va ricordato che Novembre è il mese dei morti. Temi: •Contrasto tra la vita e la morte e tra l’illusione e la realtà. La frase finale “è l’estate, fredda, dei morti” svela il significato del testo: da una parte c'è la vitalità apparente della natura ma dall’altra rivela la brevità dell esistenza umana. Questa opposizione tra illusione e realtà è parallela all’antitesi tra morte e vita, infatti i messaggi oscuri che provengono dal mondo del morti provocano nel mondo dei vivi un senso di vuoto e fragilità. La parola “estate” durante il mese di novembre ricorda l’estate di San martino: nel periodo di San martino, durante un mese oscuro, vi sono delle giornate con un clima mite. Mancano spesso i verbi per rendere la descrizione immediata, è ricca di ossimori e sinestesie. —— Le ultime due poesie della raccolta Myricae sono: temporale e l’assiuolo, due testi in cui il fonosimbolismo Pascoliano e anche la forza delle immagini, che il poeta rappresenta, caricano tutti i testi di un profondo significato. Temporale In tale poesia il poeta stesso racconta in una lettera alle sorelle di essere stato sorpreso da un gran temporale mentre si recava a Siena e ha notato le impressioni di questo temporale in questo testo. Parafrasi-Analisi In lontananza si sente un bronotolio (voce onomatopeica: il suono del tuono) che attraverso una serie di annotazioni acustiche e visive indica appunto che sta per arrivare un temporale. L’orizzonte verso il mare è rosso come se fosse infuocato a causa dei lampi, mentre verso la montagna ci sono delle nubi nere come la pece. Nel resto del cielo invece vagano delle nubi più chiare che sembrano degli stracci, di forma irregolare (linguaggio analogico, per identificare le nubi con gli stracci ad esempio). In lontananza si staglia un casolare bianco che richiama l’immagine di un’ala di gabbiano (un altro esempio di linguaggio analogico). Questo componimento a prima vista può sembrare un quadretto impressionistico che attraverso una serie di annotazioni uditive e visive vuole rappresentare un preciso momento: l’arrivo del temporale. La sensazione che Pascoli ci propone all’inizio della poesia è fonica perché il brontolio lontano del tuono anticipa che sta arrivando il temporale. Il termine “bubbolìo” ha un valore onomatopeico, ma questa onomatopea, in realtà, non serve per riprodurre un dato oggettivo perché è un’espressione con grande valore suggestivo. L’elemento fonico del suono ha vari significati simbolici perché vuole alludere a qualcosa di vagamente minaccioso, inquietante, lontano nello spazio e quindi mancano una serie di informazioni (non è detto chiaramente che si tratti di un tuono ma è lasciato tutto all’intuizione del lettore). Poi ci sono una serie di notazioni visive, soprattutto riguardo il colore (“rosseggia”, “infuocato”, “nero di pece”, “nubi chiare”, “tra il nero”..) e si trovano o all’inizio o alla fine del verso, in evidenza. Anche questi particolari visivi, come il rumore iniziale del tuono, conferiscono all’atmosfera della poesia un tema inquietante, allusivo, evocando qualcosa di cupo e minaccioso. Sullo sfondo nero delle nubi del temporale si distingue la nota bianca del casolare a cui il poeta associa l’immagine dell’ala bianca del gabbiano (perfetto esempio di linguaggio analogico: casolare-ala. Rappresenta un rapporto di somiglianza che è dovuto non solo al fatto che entrambi sono di colore bianco ma che entrambi si stagliano sul cielo. Infatti l’analogia accosta in maniera sorprendente due oggetti che tra di loro sono lontanissimi, bruciando i normali passaggi logici, creando una sorta di paragone). Il fatto che il casolare e l’ala del gabbiano siano di colore bianco ha un valore simbolico perché prima c’è il nero, che invade tutta l’atmosfera, poi c’è il rosso infuocato dei lampi lontani, due colori che evocano angoscia e infine c’è il colore bianco che allude invece ad una speranza, ad un riscatto come anche l’immagine dell’ala del gabbiano (nella tradizione il volo è un motivo ricorrente, metafora della liberazione dalle sofferenze della vita..) e quindi il senso di questo brevissimo test è il desiderio di liberazione dell’uomo L’assiuolo L’assiuolo è un uccello rapace, notturno, simile al gufo per la sua struttura ma che ha le dimensioni di un merlo e prende il nome, in dialetto toscano, dal suo verso che viene trascritto come “chiù” (La presenza degli uccelli è molto ricorrente nelle poesie di Pascoli: nel passero solitario Leopardi proponeva un parallelo tra le due condizione, cioè quella del passero e la propria; anche nel X agosto abbiamo notato questo parallelo tra il padre e la rondine; nelle altre poesie Pascoliane gli uccelli non sono una presenza ornamentale, non servono solo per dare dei dettagli, ma hanno un profondo valore simbolico, come in questa poesia). Tale poesia è molto particolare perché ci sono tre strofe di sette novenari più un monosillabo ternario, onomatopeico, chiù. Questo è il verso dell’assiuolo che nella prima strofa viene chiamato “voce”, nella seconda “singulto”, cioè singhiozzo e nella terza viene chiamato pianto di morte in un climax ascendente in cui si intensifica la riflessione del poeta. L’assiuolo è una delle poesie più importanti per il fonosimbolismo, perché oltre all’onomatopea del “chiù” e anche dello “squassavano” delle cavallette (v19), l’uso simbolico di questa poesia si stende a tutto il testo perché attraverso i suoni il poeta vuole suggerire, rafforzare, il senso di mistero e di inquietudine della lirica, per cui noteremo che ci sono anche tante allitterazioni (come frù frù tra le fratte, frinissimi sistri d’argento, la voce tintinni si diffonde nei versi circostanti). Da notare anche la frequenza della vocale “u”, che diventa un suono tematico della poesia, rimandandolo anche al suo di “chiù”. L’elemento del fonosimbolismo rappresenta uno degli aspetti centrali della poesia: il contrasto tra ciò che è determinato e ciò che è indeterminato. In primo piano abbiamo il mandorlo e il melo (personificati) sfumati dall’alba di perla, il nero delle nubi, abbiamo una serie di domande e quindi un’atmosfera indefinita con una serie di analogie. Ci sono anche una serie di certezze che riguardano la presenza di questo uccello nel ricordo di una morte e
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