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La vita religiosa nell'Italia moderna - O.Niccoli, Appunti di Storia della Chiesa

Riassunto di ogni capitolo di uno dei libri a scelta da portare all'esame di "Storia del cristianesimo e delle chiese" mod.1 (P. Cozzo)

Tipologia: Appunti

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Scarica La vita religiosa nell'Italia moderna - O.Niccoli e più Appunti in PDF di Storia della Chiesa solo su Docsity! cap.1 TEMPO SACRO, SPAZIO SACRO Fino all’età moderna, gli europei ed i vari Stati italiani scandivano mesi/giorni dell’anno con un “calendario parallelo” basato sull’anno liturgico, che indicava un punto nell’arco dell’anno attraverso i giorni dei santi, le feste religiose e le loro vigilie/anti vigilie (es. vigilia di San Lorenzo, il lunedì dopo Carnevale). Anche le 24h del giorno erano scandite con le campane e le ore di preghiera, partendo dal tramonto con la campana dell’Ave Maria (es. “ci ho messo il tempo di due Padrenostri”). LA RETE DEI SACRAMENTI Il centro dell’anno liturgico era la Pasqua, che sanciva la fine delle restrizioni alimentari della quaresima. Il concilio Lateranense IV (1215) stabilì l’obbligo per ogni fedele di confessarsi minimo una volta l’anno: la Pasqua era momento di confessione per i fedeli, poiché per ricevere la comunione (creare un legame con gli altri fedeli) era necessario confessarsi (per eliminare le ostilità). Per i fedeli, l’anno liturgico era scandito dalle confessioni fatte a Pasqua, Pentecoste, Natale e Ognissanti. Il battesimo è un rito di iniziazione in cui i bambini rinunciano a Satana, entrano nella comunità dei credenti, prendono il nome di famiglia ed entrano nella sua rete sociale; alla fonte battesimale, la figura dei padrini era più importante di quella dei genitori (la madre non partecipava al battesimo) usati come strumento per creare alleanze sociali. Prima del concilio di Trento (XVI sec) il matrimonio era prima un’istituzione laica (il notaio interrogava i nubendi, non il prete) poi un’istituzione religiosa. Il matrimonio era uno strumento per lo sposo di ottenere “parenti acquisiti” potenti (es. Guicciardini sposa la nobile Salviati), oppure uno strumento per le famiglie di concludere una pace tra rivali (es. matrimonio famiglie bolognesi Nanni-Totti). LA POPOLAZIONE CELESTE E LE SUE RAFFIGURAZIONI Agli inizi dell’età moderna il senso del sacro coinvolgeva emotivamente/personalmente il fedele e le figure celesti; l’immagine diffusa era quella di Cristo morente/sofferente che sopporta la sofferenza terrena per la redenzione degli uomini (es. strazio della Vergine). Per i fedeli la Pasqua era più importante del Natale poiché la figura della “passione di Gesù” prevaleva su quella di Cristo bambino, ma in alcuni casi le due iconografie si mescolano come le statuette di Gesù bambino con in mano la corona di spine. I cristiani di fine medioevo credevano al ruolo salvifico di Maria come di poco inferiore a quello di Cristo. In Italia e sulle Alpi, si diffonde il culto mariano secondo cui Maria aveva il compito di redimere gli uomini insieme a Gesù, come “madre di misericordia” che protegge l’uomo dall’ira di Dio (es. dipinto di Gozzoli). L’Ave Maria si diffonde nel 400’ all’interno del Rosario (preghiera + meditazione sui misteri dolorosi/gloriosi della vita di Gesù e Maria), una pratica diffusasi negli stessi anni in Spagna, Francia e Italia grazie ai domenicani. Negli stessi anni si diffonde il culto dell’Immacolata concezione di Maria secondo cui la Vergine era libera dai peccati sin dal suo concepimento; ciò causerà scontri tra i francescani (accettavano) e domenicani (rifiutavano) finché papa Sisto IV emise bolle di scomunica a chi non ci credeva. A inizio età moderna i santi erano invocati come patroni/guaritori e se non adeguatamente venerati potevano infliggere morte e malattia, capaci di opporsi alla volontà divina; una dimostrazione di santità era la salma che non andava in putrefazione. Un altro culto praticato in Italia tra 400-500’ era quello delle “sante vive”, pie donne di immensa sapienza che vedevano nel futuro, avevano le stimmate sulle mani e si nutrivano solo di ostia sacra (l’anoressia sacra si diffonde in quegli anni): queste donne erano accolte nei monasteri cittadini perché con la penitenza/preghiera allontanavano l’ira divina. LA MORTE E I SUOI RIMEDI La morte dei santi/e era un momento di verifica per controllare se il santo mantenesse i suoi poteri taumaturgici anche da morto: in quel caso iniziava una “corsa alla reliquia” che era un mezzo per mantenere contatto fisico/spirituale col santo che dava poteri preziosi da esibire, infatti città e chiese ne erano alla ricerca dando vita al commercio/furto di reliquie. Nel XV secolo si diffonde l’iconografia del “Trionfo della Morte” alla guida di un carro tirato da bufali neri; essendo la morte inevitabile, il fedele doveva assicurarsi la salvezza della propria anima (buone opere compiute in vita, confessarsi in punto di morte, redigere le ultime volontà ecc.) facendo soprattutto donazioni ai luoghi pii, in modo che facessero la messa per il morto e gli permettessero di superare il purgatorio. Le reliquie avevano il potere di alleviare le sofferenze purgatoriali dei morti dandogli milioni di anni di indulgenze. Le indulgenze erano concesse anche ai finanziatori di crociate o opere edilizie ecclesiastiche, così facendo i vivi aiutavano i morti con le indulgenze e viceversa. RELIGIONE CIVICA Tra le forme di aggregazione religiosa utili alla città dell’età moderna ci sono le confraternite, associazioni di fedeli laici uniti da legami di volontariato, mestiere, nazione. Queste confraternite si riuniscono per scopi penitenziali o caritativi, compiuti attraverso la cura di ospedali, ricoveri di pellegrini, orfani, prostitute pentite (es. l’Oratorio del Divino Amore di Genova per la cura dei sifilitici); inizialmente esistevano anche confraternite miste (nel 500’ diventeranno gruppi solo femminili), o compagnie di bambini/adolescenti (riuniti per sottrarli alla strada e all’omosessualità). Un altro ruolo era quello delle “fabbricerie” cioè consigli di parrocchiani che gestivano le finanze, la manutenzione e l’organizzazione del culto nella loro chiesa. L’aspetto significativo della religione civica era quello che legava il patrono alla città che lo sceglieva come protettore e che ne praticava il culto; tale culto poteva avere valenza politica e di autonomia (es. Bologna contrappose il suo patrono S.Petronio al vecchio patrono S.Pietro, simbolo del controllo papale sulla città). La difesa simbolica del patrono della città era garantita attraverso la costruzione di edifici sacri, tabernacoli ed edicole a lui dedicate, un altro modo erano le processioni, un rito (di penitenza, di propaganda politica ecc.) in cui sono esposte reliquie o carri allegorici usato per marcare il territorio cittadino e per dimostrare a Dio il buon rapporto città-Chiesa. L’itinerario dipendeva dalla finalità della processione: di ciclo liturgico/festività (es. nella processione dell’Eucarestia, l’ostia consacrata veniva portata in giro) o per eventi eccezionali (processioni più emotive e penitenziali in cui la gente piange). Il corteo aveva un ordine parabolico: all’inizio i bambini, poi confraternite, ordini religiosi, basso clero, vescovo, al centro l’immagine sacra, poi politici e popolo. Un altro tipo di processione è quella legata alla morte, che accompagna il sacerdote a dare l’estrema unzione, che accompagna la salma del defunto alla sepoltura, o che accompagna il condannato a morte alla forca; in questo caso la confraternita aveva il ruolo sociale di aiutare il morto a giungere alla vita eterna o, nel caso della confraternite per il conforto dei criminali condannati a morte, aiutare il condannato ad accettare la sua pena per salvare la sua anima. FUORI DELLE MURA In campagna la vita liturgica era più dimessa che in città, con casi di vicari stipendiati per fare le veci dei curati (questi vicari erano più contadini che chierici), casi di curati assenteisti e casi di pastori assunti e stipendiati dalle loro comunità. In campagna, le occasioni di ritualità collettiva erano minori che in città, di solito erano processioni occasionali per chiedere la protezione divina sui raccolti e dalla carestia (es. Rogazioni, Ascensione). Un rito, esterno alla città, che coinvolgeva i cittadini erano i pellegrinaggi, un rito non collegato alla religione civica (= temporanea sospensione della collocazione sociale dei fedeli), compiuti per rendere omaggio alle reliquie e per ottenere indulgenze per abbreviare il Purgatorio; le reliquie più importanti erano tenute a Roma (es. sindone, scala percorsa da Cristo durante la Passione, crani degli Apostoli ecc.) e Loreto (casa di Nazareth di Cristo portata in volo dagli angeli). Il pellegrino era anche un turista, infatti con la stampa si diffusero i Mirabilia Urbis (guida attraverso i luoghi sacri di Roma); fino al 1530 erano molto frequenti le visioni mariane, che colpivano i pellegrini durante il loro viaggio o i semplici fedeli ed hanno alcuni elementi in comune: i luoghi dell’apparizione sono deserti, la Madonna è quasi sempre vestita di bianco, apparizioni spesso dovute ad un trauma collettivo (es. guerre, crisi economiche, politiche ecc.) che vengono considerate dei “segnali” prima della catastrofe. I luoghi di apparizione in ambito rurale, spesso diventavano santuari fuori dalle mura cittadine e costruiti dai collegi laici che ne avevano anche la gestione: questi santuari Papa Leone X, invece, era considerato il papa angelico e le creature mostruose nate nel 1513 erano preannuncio di glorie (il contrario di papa Alessandro IV), ma il fasto della corte di Leone X venne criticata dal simoniaco Melocchi, seguito dal ritorno di segnali dell’ira divina in concomitanza coi comportamenti sbagliati del papa (es. Leone X, pagato, nomina 31 cardinali → arriva su Roma una tempesta con cento saette). cap.3 L’ATTESA DELL'ETÀ NUOVA Secondo la profezia dell’arabo Abumasar, quando Giove e Saturno si congiungono sotto il segno dello Scorpione, ci sarebbe stato un grande rivolgimento religioso: il 12/11/1484 per molti astrologi significava un benefico rinnovamento della Chiesa, mentre per altri poteva essere una rottura catastrofica; in seguito molti cattolici e riformati individueranno questo pronostico nella nascita di Lutero (un giorno prima). Queste profezie arcaiche di attesa (del papa angelico, dell’imperatore di pace ecc.) cambiavano col momento storico. Anche la predicazione ufficiale spesso aveva tonalità apocalittiche/profetiche (es. Savonarola predicava la profezia di Firenze nuova Roma e nuova Gerusalemme, poiché Roma sarebbe stato punita), infatti si diffusero molte profezie come quella di Savonarola anche a Venezia e Roma: il concilio Lateranense V decise che i vescovi dovessero controllare i predicatori. LA NASCITA DI UN NUOVO MONDO La scoperta del nuovo mondo venne considerata come l’adempimento delle profezie e come segno della fine dei tempi; la predicazione dei missionari era volta a convertire più gente possibile (quindi superficialmente), come i francescani in Messico. Un’altra profezia sull’America pensava che fosse la nuova frontiera ad occidente, che avrebbe sostituito Roma. Nel Libellus, Querini propose a Leone X di insegnare agli indios il modo di vivere cristiano e di formare un clero indigeno, ma non venne ascoltato. I LIBRI, IL LIBRO Con l’invenzione della stampa i libri più stampati erano quelli tecnici-religiosi; avevano molte tirature, scritti prevalentemente in latino, per il miglioramento della formazione del basso clero (es. “Manipulus curatorum” in latino e “Breve ricordo di quel che hanno da fare i chierici” in volgare, per venire incontro ai chierici che sapevano poco il latino), i libri stampati per confessori e fedeli erano i manuali di confessione in volgare (es. il “Confessionale”). I libri scritti per tutto il popolo erano le operette di pietà (es. “Leggenda aurea”), i libri devoti, ossia che devono essere letti in riflessione silenziosa e dopo il 1520 aumentarono le tirature delle opere precettistiche, lette prevalentemente dai monaci. La Bibbia iniziò a uscire in traduzione volgare a Venezia nel 1474, ma era molto costosa e scritta per essere letta dai dotti, poiché il popolo era in prevalenza analfabeta o semi alfabetizzato, era più un libro tenuto dalle élites e dal clero. Nel Libellus, Querini e Giustiniani proposero di non accettare nel clero chi non avesse letto almeno una volta la Bibbia e proposero anche di impiegare la Bibbia volgare nella liturgia. GRUPPI ERETICALI E CHIESE CITTADINE Le idee di Lutero sulla riscoperta della Scrittura, Cristo unico mediatore e della predestinazione si diffusero grazie alla stampa ed alla predicazione, che inizialmente sembrava fatta da predicatori anti Chiesa, ma che nel 1520 saranno riconosciuti come luterani. La Riforma si diffuse velocemente in Italia grazie a Venezia (centro tipografico della penisola) con la pubblicazione in volgare del Nuovo e del Vecchio Testamento, anche in edizione tascabile, da parte di Brucioli; la propaganda Riformista rallentò dopo che il concilio di Trento istituì “l’Indice dei libri proibiti” che diminuì la circolazione dei libri riformati. Venezia non fu l’unica zona in cui gli ideali eretici si diffusero: nel ducato di Savoia erano diffuse le idee di Calvino poiché Ginevra era dei Savoia, a Bologna le idee di Lutero e Zwingli erano così diffuse che alcune predicazioni nelle chiese erano filo-riformiste, a Firenze erano diffusissime le idee di Savonarola (alcuni considerano Lutero suo discepolo) tanto che i frati (savonarolesi) di San Marco cacciarono il luterano Brucioli dalla città, in Meridione gli ideali eretici erano meno diffusi, qualche nucleo valdese in Puglia e Calabria. In Veneto e nel Nord-Est italiano si diffusero idee più radicali come la chiesa anabattista. CIRCOLI D’ELITE E DI SPIRITUALI Nel 1530 la Chiesa aveva bisogno di un rinnovamento e si crearono due pensieri: quello della repressione dura delle eresie e quello del rinnovamento delle istituzioni ecclesiastiche. Uno dei maggiori sostenitori del rinnovamento era il vescovo Giberti, che propose una riorganizzazione come quella della sua diocesi: una equipe di intellettuali religiosi che gestissero i monasteri, migliorassero la formazione del clero secolare e dessero una predicazione chiara e evangelica; nell’equipe di Giberti c’era Flaminio, che appoggiò le idee eterodosse di Juan de Valdés (la fede è una graduale esperienza di illuminazione interiore e non la rigida accettazione di dottrine) ed elaborò, appoggiato dal cardinal Pole, l’ipotesi di un rinnovamento della Chiesa che evitasse le spinte separazioniste: entrambi andarono al concilio di Trento per convincerlo ad appoggiare la dottrina spirituale di Valdés e pubblicarono il libro “Beneficio di Cristo” riscritto da Flamini, il libro ebbe molto successo ma venne giudicato eretico dal concilio e Pole dovette andarsene da Trento. LA LOTTA ALL’ERESIA Nel 1540 la Chiesa era divisa tra coloro che avrebbero accolto alcune istanze riformiste e coloro che volevano purificare il mondo cristiano dall’eresia: tra questi ultimi c’era il vescovo Carafa (futuro Paolo IV) che sosteneva che la repressione dell’eresia precedeva la riforma della Chiesa. In attesa della convocazione del concilio (rimandato da Paolo III per timore dei rischi che il conciliarismo aveva per il potere papale e in attesa della fine della guerra in Germania) venne istituito il tribunale dell’Inquisizione romana (1542), col compito di vegliare sul rispetto dell’ortodossia e la punizione degli eretici in tutta la penisola. L’inquisizione romana consisteva in una serie di tribunali gestiti dagli inquisitori (e supervisionati dai vescovi dell'Inquisizione) a cui tutti i cittadini dovevano denunciare i sospettati di eresia che sarebbero stati condannati al carcere, ai lavori forzati ai remi o alla morte (di solito nei casi di recidività), c’erano anche pene minori, come preghiere o digiuni, inflitte agli autodenunciati. Il cardinal Carafa istituì un processo contro il cardinal Pole, riuscendo ad evitarne l’elezione papale che venne vinta da Giulio III, mentre nel conclave successivo (1555) divenne Carafa stesso papa e riuscì a sconfiggere i cardinali eretici Pole e Morone, quest’ultimo venne assolto dal papa seguente Pio IV. I PROCESSI PER MAGIA E STREGONERIA Gli archivi dell’Inquisizione contengono i documenti dei notai che annotavano tutte le testimonianze dei rei, che spesso erano indirizzate dalle domande. Dopo il 1580 l’attenzione dell’Inquisizione passò dalle eresie alla condanna della bestemmia, bigamia, sodomia e soprattutto al fenomeno della stregoneria, che spesso vedeva il rogo di donne sole accusate di aver stretto un patto col diavolo: i roghi di streghe erano per la maggior parte compiuti dai tribunali civili piuttosto che da quello dell’Inquisizione, che all’inizio del XVII sec mosse con più cautela accuse di stregoneria. Con una bolla di Sisto V, l’Inquisizione fu incaricata di reprimere tutte le pratiche magiche/curative, ma a quel tempo il confine tra culti leciti/illeciti era così indefinito che era impossibile punire alcune pratiche universalmente riconosciute; un esempio è la pratica friulana dei “benandanti” ossia persone “nate con la camicia” (avvolti nell’amnio) che si battono, armati di mazze di finocchio, contro gli stregoni, armati di mazze di sorgo, in un combattimento rituale per il buon successo dei raccolti. cap.4 IL CONCILIO DI TRENTO Dopo 25 anni di attesa, il rifiuto di papa Clemente VII di convocarlo (paura del ritorno al conciliarismo) a cui si oppose Carlo V che lo sconfisse col sacco di Roma, gli inutili concili di Mantova e Verona convocati dal nuovo papa Paolo III, si decise di convocare un concilio a Trento, città di confine tra Germania e Papato. Dal concilio di Trento alcuni si aspettavano una riforma intesa come il “ritorno all’antica forma”, mentre altri volevano una riforma contrapposta a quella luterana, ma che non ne rifiutasse tutte le istanze: il concilio di Trento iniziò nel 1545 con gli obiettivi di eliminare il dissidio religioso, riforma dei cristiani e liberazione dei cristiani sotto la dominazione degli infedeli. Il concilio si aprì con contrasti tra il partito imperiale (voleva sconfiggere prima i principi tedeschi protestanti) e partito papale (voleva prima risolvere i problemi teologici) che si risolsero affrontando contemporaneamente i due problemi, poi affrontarono i temi del peccato originale, la predicazione e la giustificazione davanti a Dio, ma il concilio si interruppe poiché col pretesto della minaccia della Lega di Smalcalda e di un’epidemia di tifo scoppiata a Trento, il partito papale ne approfittò per spostare il concilio a Bologna (2° capitale del papato) ma l’opposizione di Carlo V rese la “parentesi bolognese” non operativa; in seguito al fallito tentativo del papa di creare i ducati di Parma e Piacenza da affidare al figlio Pier Luigi Farnese che morì e la conquista di Piacenza da parte di Carlo V, papa Paolo III si vendicò sospendendo il concilio (1547). Il concilio riprese con Giulio III (affrontati i temi dell’eucarestia, penitenza ed estrema unzione), ma si fermò a causa della guerra tra Carlo V e Enrico II di Francia. Anche con Paolo IV non riprese poiché egli voleva risolvere il problema con l’Inquisizione (essendo ex inquisitore) e venne riaperto solo con papa Pio IV (1562) che insieme al partito imperiale gestito dal cardinal Morone, riuscì a chiuderlo in 1 anno. LE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE DOPO TRENTO I decreti conciliari affidarono ai vescovi il controllo di predicazione, benefici ecclesiastici e moralità del clero attraverso le visite pastorali, i concili provinciali ed i sinodi diocesani (da tenersi periodicamente) per fare ciò era compito dei vescovi risiedere nelle loro diocesi: per accertarsi che ciò accadesse, il papa istituì degli ispettori che compiessero le visite apostoliche nelle varie diocesi, l’obbligo dei vescovi di redigere una relazione triennale sullo stato delle loro diocesi e l’obbligo di residenza nella propria diocesi per la promozione al cardinalato; tra XVI e XVII sec le strutture amministrative diocesane migliorarono, con dei vicari che trasmettevano i messaggi tra centro e periferia delle diocesi e archivi contenenti tutte le carte delle diocesi. Sulla questione della “monacazione forzata” negli ordini femminili, le normative tridentine di ammissione alla vita monastica si fecero più rigide per evitarlo, ma ciò non valeva per chi aveva già preso i voti. Per gli ordini maschili si diffusero alcune lamentele sul moltiplicarsi delle regole e sull’indisciplina dei frati; il problema dell’apostasia (= allontanamento del religioso dal convento, con o senza licenza) venne risolto da un decreto tridentino che stabilì che le richieste di licenza dovevano essere inviate ai vescovi. L’istruzione del clero e lo stile clericale non venivano applicati severamente, allora venne applicato un progetto usato nello Stato di Milano dal Cardinal Borromeo, che prevedeva l’istituzione di seminari a cui potevano accedere fanciulli poveri, di almeno 12 anni, nati da matrimonio regolare ed interessati alla vita ecclesiastica: i seminari non funzionarono correttamente nel resto della penisola fino al XVIII sec. I vescovi in visita pastorale dovevano visitare le chiese delle loro diocesi, controllarne i registri e lo stato dell’edificio, le competenze del clero ricordandogli uno stile di vita disciplinato. Nel XVII sec ci sono testimonianze di molti tribunali episcopali, con lo scopo di distinguere il sacro dal profano, che giudicano i sacerdoti che tenevano comportamenti scorretti (es. preti con figli e concubine, preti che vanno a prostitute, preti che fraternizzano coi fedeli ecc). LA NUOVA DISCIPLINA DELL’INDIVIDUO E DELLA FAMIGLIA L’irrigidimento della disciplina cristiana dopo la Controriforma fu merito dei tribunali inquisitoriali che debellata la minaccia delle eresie, si dedicarono al controllo dei comportamenti (bigamia, omosessualità, sodomia ecc) modificando la stessa costituzione della famiglia ed i rapporti all’interno di essa, ma la vittoria della Chiesa non fu su tutti i fronti poiché dovette cedere come lo stesso Borromeo, famoso per la sua rigidità, ad alcune resistenze dei fedeli. La pratica della confessione si evolvette: divenne una pratica di “disciplina interiore” su cui il confessore aveva potere di suggestione, i fedeli dovevano confessarsi/comunione più frequentemente e nelle chiese comparvero i confessionali (la confessione iniziava a diventare una cosa privata). Per il battesimo fu vietato scegliere i padrini per convenienza e venne ridotto il numero di padrini ammessi (prima erano anche 10). Fino a quel momento il matrimonio avveniva di fronte a un notaio, col consenso delle famiglie e degli sposi e compiendo alcuni rituali (toccamano, inanellamento e bacio nuziale), erano frequenti anche i matrimoni clandestini, ossia senza notaio e testimoni; col decreto Tametsi (1563) la Chiesa tolse il matrimonio all’ambito civile e dichiarò che i matrimoni dovessero essere annunciati durante la messa, essere celebrati in chiesa, il parroco doveva essere presente ed interrogare i contraenti sulla loro volontà (di fronte a dei testimoni). Pensieri libertini o collera per qualche caso della vita, potevano sfociare nella sostituzione di Dio col diavolo o nella teoria dell’impostura delle religioni (sono create per guadagnare, non esiste Dio ecc). LA NUOVA SANTITÀ E IL SUO CONTROLLO Nel 500’ la Chiesa strinse i controlli sulle superstizioni, come coloro che si dichiaravano veggenti o dicevano di aver sperimentato miracoli/prodigi (venivano interrogati sulla realtà del loro vissuto e l’origine divina/demoniaca del potere). Nel 1588, Sisto V fonda la Congregazione dei riti, che regolò i procedimenti per la concessione della santità; Urbano VIII vietò di prestare forme di culto ai morti in fama di santità che non fossero ancora stati canonizzati. Nel XVIII sec, papa Benedetto XIV stabilì che le “virtù eroiche” (es. martirio dei missionari d’oltremare) del santo venivano prima di quelle taumaturgiche, ma ciò fu un ostacolo per la canonizzazione di donne e bambini (non potevano fare i missionari). La nuova immagine di santità causò un aumento dei santi maschi, a discapito delle donne, tra 400’ e 500’. I rapporti confessore-donna aspirante santa erano di discretio spirituum (= continua vigilanza), perché il confessore le chiedeva di scrivere della sua esperienza mistica (quindi lo sforzo psicologico di introspezione e quello fisico di imparare a scrivere). La Chiesa voleva che elementi come miracoli, profezie, levitazioni, estasi passassero in 2° piano, ma ciò non avvenne. Per il Regno di Napoli il santo doveva sin da bambino: manifestare il gusto per la rinuncia, venerare un altarino domestico, indossare l’abito di un ordine, castità, ma soprattutto compiere manifestazioni mistiche; alla morte il corpo doveva restare a lungo incorrotto. Aumentano i processi inquisitoriali per simulata santità, soprattutto per la questione dei “quietisti” (= tipo di orazione mentale, apparentemente eterodosso, che ambiva alla perfezione annullando la volontà/atto consapevole e abbandonandosi alla presenza di Dio, senza aiuto delle immagini) che si ritenevano impeccabili attraverso il rifiuto della preghiera, confessione, resistenza alle tentazioni ecc. I quietisti erano condannati per affettata santità, ma le donne accusate di ciò spesso erano analfabete. L’accusa peggiore della “simulazione di santità” era quella di “stregoneria” che attraverso la discretio spirituum cercava gli spiriti maligni: gli esorcismi potevano eliminare i comportamenti demoniaci disturbanti (es. risate convulse), guarire malattie di ogni sorta e distinguere i santi veri dai falsi. Nel XVIII sec, l’idea che alcuni comportamenti fossero frutto delle forze demoniache venne sostituito dalla credenza razionale che invece fossero frutto della “forza della fantasia” suggestionata dalla religione. La fantasia rimaneva comunque un campo di battaglia della mente femminile, in cui forze di ogni genere producevano comportamenti disturbanti (dalla presenza del demonio si passa alla teoria dell’isteria). cap.6 GIANSENISTI E GESUITI Nell’Italia del 700’ si crea un dualismo (tra pietà rigorosa basata sul fatto emotivo e pietà rigorosa basata sulla riflessione teologica) rappresentato da gesuiti e giansenisti. Nel 1653, Jansen scrisse “Augustinus” e venne condannato dalla Chiesa per il pessimismo teologico delle sue tesi, appoggiato da molti teologi agostiniani stanchi della morale gesuita. La morale gesuita del tempo si basava sulla teoria del “probabilismo” (l’orientamento morale più giusto è quello che si attiene a un opinione probabile) che però non rispettava la coscienza del fedele, ma era un ricettario da cui il confessore attingeva il responso più comodo. A questa morale si contrappone quella (giansenista) del rigorismo che assolve il fedele solo con la certezza di una conversione totale ed accusa i gesuiti di lassismo (= negano l’obbligo di una legge morale per motivi anche deboli che concedano l’esonero al fedele); sulla questione del battesimo anche dei bambini nati morti c’era un dibattito tra giansenisti- agostiniani (battezzarli per salvarli dall’inferno dei non battezzati, poiché possiedono un’anima fin dalla fecondazione) e gesuiti (non battezzarli), molti vescovi agostiniani ordinarono il parto cesareo anche delle donne morte per il battesimo del feto. PER UNA REGOLATA DEVOZIONE Il rigorismo italiano del 700’ si intreccia con i lumi della ragione, questi “cattolici riformati” praticavano la pietà sobria (incentrata più su Cristo che sulle altre figure), si occupavano di migliorare il benessere della società e, come i giansenisti, rifiutavano devozioni e pratiche religiose popolari (es. Via Crucis). Uno dei maggiori esponenti è lo storico Muratori che nella “Regolata divozione” segnala le incongruenze/eccessi della pietà barocca (es. troppe festività, troppa importanza al culto dei santi, troppe festività mariane ecc), concentrandosi sul problema delle festività che interrompevano il lavoro. Negli stessi anni uscirono altre opere, come “L’arte magica dileguata” di Maffei, che erano contro la credenza nella magia/stregoneria e contro ai roghi ad esse collegate. Le polemiche emerse in questi anni sono collegate al pontificato di Benedetto XIV molto conciliante e aperto su questi temi (appoggiava alcune idee di Muratori), ma intransigente con gli ebrei che durante il suo regno vennero obbligati a battezzarsi dalle Case dei catecumeni. DUE MODELLI: IL BUON VESCOVO E LA CHIESA PRIMITIVA Durante il pontificato di Benedetto XIV la classe episcopale ideale doveva essere colta, pia, disponibile al colloquio con l’eterodossia, così come i parroci: ciò era dovuto all’influenza dell’episcopalismo gallicano, dei principati vescovili del SRI e di Muratori per un ritorno alla Chiesa primitiva. I modelli su cui si basava la Chiesa del 700’, erano i protagonisti della Chiesa del 500’ ed il concilio di Trento. Tra il 1730-40, il cardinal Lambertini (aka Benedetto XIV) scrisse “Raccolta”, in cui si richiama al concilio di Trento e agli atti del cardinal Paleotti nel 500’. Un altro cardinale riformatore è Lanfredini, che nella diocesi di Osimo applicò il modello di Borromeo. La ristampa degli autori sacri e dei riformatori dell’età pretridentina (es. Pole), non era sempre spinta da ideali, ma anche dai profitti degli stampatori. La stampa della Bibbia in volgare fu il risultato di norme più miti della Congregazione dell’Indice (1757), che affidarono al sacerdote Martini la traduzione. La società settecentesca si ispirava alla coinonia: la comunità dei primi cristiani descritta dagli “Atti degli apostoli” (modello di armonia, comunione dei beni, senza classi sociali ecc) di cui Muratori parla nel “Cristianesimo felice” in cui racconta la vita dei cristiani del Paraguay (organizzati come la coinonia), un esempio che verrà ripreso. LA SVOLTA DI FINE SECOLO Le polemiche di illuministi e giansenisti sulla diffusione dei gesuiti in ogni settore della società, spinsero Spagna, Francia e Portogallo ad espellerli nel 1759 (anche per limitare i poteri del clero) e 14 anni dopo papa Clemente XIV abolì la Compagnia di Gesù. Il potere politico intervenne nelle questioni ecclesiastiche di: Toscana (riforme leopoldine= collaborazione sovrano-clero, Chiesa nazionale che aiutasse il popolo ecc), Austria (riforme ricciane= abolizione di devozioni come la via Crucis, abolizione di ornamenti superflui, introduzione libro di canti in volgare ecc), Mezzogiorno (diminuito il n° di diocesi, aboliti i monaci, abolizione dell’Inquisizione locale, diritti civili agli ebrei ecc). Nello Stato della Chiesa nasce il partito degli zelanti (opposto alla Curia romana/gesuiti, ultraconservatore e simile all’ultramontanismo). Secondo gli zelanti, le repubbliche giacobine erano appoggiate dagli ebrei, quindi gli zelanti assalirono i ghetti. Le repubbliche soppressero il calendario liturgico, requisirono proprietà ecclesiastiche, i libri del clero confluirono nelle biblioteche pubbliche ecc. Per i giansenisti come Degola e Sopransi (quest’ultimo in chiave apocalittica paragonando Roma=Babilonia), la rivoluzione è lo strumento di Dio per riformare la Chiesa e per purificare la religione riportandola alle origini. ROMA RIVOLUZIONARIA E PROFETICA A Roma, i cittadini aspettavano l’arrivo delle truppe napoleoniche (negativamente, perché soggiogati da anni di propaganda). Un personaggio, che a Roma divenne l’emblema della lotta della Chiesa devozionale/zelanti vs mondo moderno, fu quella del vagabondo Labre (1748-83) che durante la sua vita fece pellegrinaggi, pregava, elemosinava, compiva Via Crucis/Quarantore ecc; alla morte di Lambre, vennero aperte le procedure di canonizzazione di questo esempio di umiltà e abbandono alle volontà dei superiori. La Chiesa usò le profezie di Lambre per creare dei nuovi modelli devozionali per combattere la laicizzazione (in alcune città le immagini della donna muovevano gli occhi, processioni, missioni popolari ecc): in alcune parti d’Italia si contrapposero evangelisti-giacobini (cristianesimo purificato dalla superstizione) e antigiacobini, la Repubblica romana tentò di eliminare le superstizioni arrestando Pio VI e desacralizzando la città (tolte croci dalle statue, nomi delle strade dedicate ai santi vennero cambiati ecc). Dopo la caduta della repubblica nel 1800, il nuovo papa Pio VII ricristianizzò Roma.
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