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La volontà di sapere, Michel Foucault - riassunto integrale, Sintesi del corso di Filosofia Politica

riassunto del saggio "La volontà di sapere"

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica La volontà di sapere, Michel Foucault - riassunto integrale e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia Politica solo su Docsity! LA VOLONTA’ DI SAPERE NOIALTRI VITTORIANI Fino all’inizio del XVII secolo c’era ancora una certa libertà riguardo ai discorsi e alle pratiche sessuali, che si riflettevano su ogni ambito della vita quotidiana: dai discorsi diretti e senza vergogna, agli abiti che lasciavano intravedere corpi disinvolti e senza falsi pudori ai gesti espliciti, da cui trapelavano codici del volgare e dell’osceno piuttosto elastici. I codici del volgare, dell’osceno, dell’indecente non erano affatto rigidi, se li si confronta con quelli del XIX secolo. Un periodo in cui la sessualità veniva vissuta liberamente alla luce del sole, per venire invece, pochi anni dopo, segregata nell’oscurità dell’ambito familiare e limitata alla funzione riproduttiva. Intorno al sesso cala il silenzio, e la coppia legittima e procreatrice diviene l’unica detentrice di legittimità e verità, diviene un modello da prendere ad esempio, l’unica intorno alla quale si possa sostenere un discorso riguardante il sesso, ma sempre finalizzato alla procreazione. La camera dei genitori è l’unico luogo in cui la sessualità venga riconosciuta. Quel che non è finalizzato alla generazione, o non ne è trasfigurato, è fuori legge, e non ha nemmeno diritto alla parola: è cacciato, rifiutato e ridotto al silenzio ad un tempo. Non solo non esiste, ma non deve esistere, e lo si farà scomparire alla prima manifestazione: atti o parole. Ai bambini per esempio, è vietato parlare di sesso, viene imposto un silenzio generale e rispettato. Ognuno rispetta il silenzio intorno al sesso come se intorno ad esso non ci fosse niente da dire, da vedere, da sapere. Secondo Foucault proprio qui risiede la differenza tra la repressione e la normale legge penale: nell’imposizione del silenzio. Gli unici posti in cui sono concesse forme di sessualità illegittime è appunto dove ognuno può fingere di non vedere e di non sapere, in luoghi “a parte” in cui le imposizioni della società non possono entrare ma da cui nemmeno le trasgressioni possono uscire: i cosiddetti luoghi di tolleranza. La casa chiusa e la casa di cura saranno i luoghi della tolleranza, mentre la prostituta, il suo cliente, il protettore, lo psichiatra con l’isterica vengono definiti “altri vittoriani”: in qualsiasi altro luogo il puritanesimo moderno avrebbe imposto il suo triplice decreto di divieto, di inesistenza e di mutismo. Freud ci spiega che la repressione, a partire dall’età classica, è stata il legame fondamentale tra potere, sapere e sessualità. Di esso ci si può liberare solo ad un prezzo molto alto: a condizione di trasgredire le leggi e di rimuovere i divieti, un’irruzione della parola, una restituzione del piacere nel reale, e tutta una nuova economia nei meccanismi del potere; proprio perché anche il più piccolo frammento di verità è sotto il dominio politico. Facendo nascere l’epoca della repressione nel XVII secolo la si porta a coincidere con lo sviluppo del capitalismo, l’epoca della borghesia. E’ quindi facile dire che se il sesso è stato represso con tanto rigore è proprio perché è incompatibile con un regime lavorativo intensivo: nell’epoca in cui si sfrutta sistematicamente la forza lavoro si potrebbe tollerare che essa vada a disperdersi nei piaceri, salvo quelli ridotti al minimo, che le permettono di riprodursi? Esiste anche un altra ragione che permette di formulare in termini di repressione i rapporti tra sesso e potere, ed è quella che possiamo chiamare il “beneficio del locutore”: se la sessualità è repressa ( cioè destinata alla proibizione, all’inesistenza e al mutismo, il solo fatto di parlarne, e di parlare della sua repressione ha un tono di deliberata trasgressione. Colui che adopera questo linguaggio si mette in una certa misura al di fuori del potere, attaccando la legge. Qualcosa della rivolta, della libertà promessa, dell’età futura di un’altra legge passa facilmente in questo discorso sull’oppressione del sesso. Nella nostra epoca esiste un discorso in cui il sesso, la rivelazione della verità, il rovesciamento della legge del mondo, l’annuncio di un’altra era e la promessa di una certa felicità sono legati insieme. 
 La domanda a cui Foucault vuole rispondere non è: perché siamo repressi? Ma piuttosto: perché diciamo con tanta passione, con tanto rancore contro il nostro passato, contro il nostro presente e contro noi stessi, che siamo repressi? Perché siamo giunti ad affermare che il sesso è represso? A questa domanda ipotizza una risposta, che potrebbe essergli rivolta: se sono in tanti oggi ad affermare questa repressione, è perché è storicamente evidente. E se se ne parla significa che questa pressione è profondamente ancorata, che ha radici e ragioni solide, che pesa sul sesso in modo così rigoroso che non basterà una semplice denuncia per liberarcene. Inoltre il carattere repressivo del potere, ed in particolare del potere come quello che funziona nelle nostre società, è di essere repressivo, in modo particolare verso le energie “inutili”, verso le intensità dei piaceri e i comportamenti irregolari. Ma nei confronti di quella che Foucault chiama l’ipotesi repressiva, si possono sollevare tre dubbi: • Storico: la repressione del sesso è realmente un’evidenza storica? A partire dal XVII secolo si è realmente instaurato o è accresciuto un regime repressivo del sesso? • Storico-teorico: la meccanica del potere che entra in gioco in una società come la nostra è nell’ordine della repressione? Il divieto, la censura, la negazione sono le forme in cui il potere si manifesta all’interno della società, in particolare modo di quella occidentale? • Storico-politico: il discorso critico attuato nei confronti della repressione incrocia, sbarrandola, la strada di un meccanismo di potere che aveva resistito fino a quel momento o è appunto una diramazione di ciò che denuncia, chiamandolo repressione? C’è una rottura storica tra l’epoca della repressione e l’analisi critica di quest’ultima? I dubbi che Foucault vuole opporre all’ipotesi repressiva hanno lo scopo di ricollocarla in un’economia generale dei discorsi sul sesso all’interno della società moderna a partire dal XVII secolo; non hanno quindi l’obiettivo di dimostrare che è falsa. Uno degli elementi fondamentali dell’opera è di analizzare il regime potere-sapere- sessualità che sta alla base del discorso sulla sessualità umana. A questo proposito più che analizzare se la società formuli divieti o autorizzazioni in merito a questo argomento è cristiana e legge civile. Esse fissavano, ciascuno a suo modo, la distinzione fra lecito e illecito. Erano tutti centrati sulle relazioni matrimoniali. La vita sessuale dei coniugi era ossessionata da regole e da raccomandazioni. La relazione matrimoniale era il luogo in cui si addensavano il maggior numero di costrizioni, ed era particolarmente sorvegliata. Il resto rimaneva molto più confuso: si pensi all’incertezza dello statuto della sodomia o all’indifferenza nei confronti della sessualità infantile. A questo sistema centrato sul matrimonio legittimo, l’esplosione discorsiva del XVIII e XIX secolo ha determinato due modificazioni. • innanzitutto, un movimento centrifugo rispetto alla monogamia eterosessuale. La coppia legittima ha diritto ad una maggiore discrezione • al contrario, quella che si interroga è la sessualità infantile, quella dei pazzi e dei criminali Dal 1700 quindi subentrano altre numerose discipline all’interno del campo della produzione di discorsi intorno alla sessualità: la medicina, la psichiatria, la pedagogia, la psicologia. Esse sono interessate soprattutto all’indagine dell’ambito delle sessualità periferiche e si avvicinano alla coppia sposata con molta più discrezione lasciandola la maggior parte delle volte da parte. La funzione che il potere esercita, secondo Foucault, non è quindi quella del divieto, ma si tratta di quattro operazioni distinte dalla semplice proibizione: • portando a confronto il fenomeno dell’incesto e quello del bambino che si addentra nella sessualità notiamo delle notevoli differenze. Nel primo caso il potere prende di mira l’incesto come un qualcosa effettivamente da ridurre e stroncare, mentre nell’ambito della sessualità del bambino si aprono un’infinità di vie di analisi e razionalizzazione del fenomeno. E’ evidente, secondo Foucault, che non si tratta dello stesso meccanismo di potere. • la nuova caccia alle perversioni comporta un’incorporazione delle perversioni ed una specificazione nuova degli individui: una nuova classificazione di esse. La sodomia, quella degli antichi diritti civile o canonico, era un tipo particolare di atti vietati; il loro autore ne era soltanto il soggetto giuridico. L’omosessuale del XIX secolo è invece diventato un personaggio: un passato, una storia, un’infanzia, un carattere, una forma di vita, una morfologia. L’omosessualità è apparsa come una delle figure della sessualità quando è stata ricondotta dalla pratica della sodomia ad una specie di androginia interiore, un ermafroditismo dell’anima. La meccanica del potere che da la caccia a tutto quest’universo disparto non pretende di sopprimerlo dandogli una realtà analitica, visibile o permanente: essa lo fa entrare nei corpi, insinuarsi dietro ai comportamenti, ne fa un principio di classificazione e d’intelligibilità, lo costituisce come ragion d’essere ed ordine naturale del disordine. Nascono quindi tutta una serie di termini per catalogare queste perversioni e deviazioni delle sessualità periferiche. • Più che dei vecchi divieti, questa forma di potere ha bisogno, per esercitarsi, di presenze costanti, attente, curiose. Procede attraverso esami ed osservazioni insistenti, richiede uno scambio di discorsi, tramite domande che estorcono confessioni e confidenze che vanno al di là delle richieste. Di tutto ciò la medicalizzazione di quel che è insolito nel mondo sessuale è ad un tempo l’effetto e lo strumento. L’esame medico, l’investigazione psichiatrica, il rapporto pedagogico, i controlli familiari possono avere come obiettivo globale ed apparente di dire di no a tutte le sessualità erranti o improduttive, ma nei fatti funzionano come meccanismi a doppio impulso: piacere e potere. Piacere di esercitare un potere che interroga, sorveglia, porta alla luce; e dall’altro, piacere che si accende per dover sfuggire a questo potere, ingannarlo. • di qui i dispositivi di saturazione sessuale, caratteristici dello spazio e dei riti sociali del XIX secolo. Le istituzioni scolastiche o psichiatriche, con la loro numerosa popolazione, la loro gerarchia, le loro disposizioni spaziali, i loro sistemi di sorveglianza, costituiscono, accanto alla famiglia, un altro mondo di distribuire il gioco dei poteri e dei piaceri, ma delimitano anch’esse ragioni di porte saturazione sessuale, con spazi o riti privilegiati come la classe, il dormitorio, la visita o la consultazione. Le forme di una sessualità non coniugale, non eterosessuale, non monogama, vi sono convocate ed installate. Bisogna dunque probabilmente abbandonare l’ipotesi che le società industriali moderne abbiano inaugurato un’epoca di maggiore repressione delle sessualità. Non solo si assiste ad un’esplosione visibile delle sessualità eretiche, ma soprattutto, un dispositivo molto diverso dalla legge assicura, attraverso una rete di meccanismi connessi gli uni agli altri, la proliferazione dei piaceri specifici e la moltiplicazione di sessualità disparate. SCIENTIA SEXUALIS E’ ormai chiaro quindi che il discorso sul sesso, ormai da tre secoli, è stato moltiplicato piuttosto che rarefatto. Ha portato con se divieti e proibizioni, ha in modo più deciso assicurato il solidificarsi e l’impiantarsi di tutta una sessualità disparata. Ma tutto ciò sembra aver svolto essenzialmente un ruolo di proibizione. Il sesso, per tutto il XIX secolo, sembra iscriversi su due registri di sapere ben distinti: una biologia della riproduzione, che si è sviluppata in modo continuo secondo una normatività scientifica generale ed una medicina del sesso che obbediva a tutt’altre regole di formazione. Fra l’una e l’altro nessuno scambio reale, nessuna strutturazione reciproca. La prima non ha praticamente svolto, rispetto all’altra, che il ruolo di una lontana parente. Quasi che una resistenza fondamentale si opponesse a che sia fatto sulla sessualità umana, sulle sue correlazioni e i suoi effetti, un discorso di forma razionale. Una tale differenza di livello sarebbe appunto il segno che in questo tipo di discorsi non si trattava di dire la verità, ma di impedire che vi si produca. Nella differenza tra la fisiologia della riproduzione e la medicina della sessualità bisognerebbe vedere altro e di più che un progresso scientifico ineguale o una differenza di livello nelle forme della razionalità. L’una parteciperebbe di quest’immensa volontà di sapere che ha sostenuto l’istituzione del discorso scientifico in occidente, mentre l’altra avrebbe a che fare con una volontà ostinata di non sapere. Questo “gioco della verità sul sesso” si forma progressivamente e nel XIX secolo prende la forma di “scienza”. Ci sono storicamente due grandi procedure per produrre la verità sul sesso. Le procedure della confessione e la discorsività scientifica. Le società che si sono date un’ars erotica sono numerose: la Cina, il Giappone, l’India, Roma, le società arabo-musulmane. Nell’arte erotica la verità è estratta dal piacere stesso, considerato come pratica e raccolto come esperienza. Non è in relazione ad una legge assoluta del lecito e del proibito, non è facendo riferimento ad un criterio di utilità che il piacere viene preso in considerazione, ma è innanzitutto rispetto a se stesso che deve essere conosciuto come piacere: dunque secondo la sua intensità, la sua qualità specifica, la sua durata, le sue riverberazioni del corpo e dell’anima. Questo sapere deve essere riversato successivamente nella pratica sessuale stessa, per agire su di essa dall’interno e amplificarne gli effetti. Questo tipo di sapere deve tuttavia restare segreto. Il rapporto con il maestro detentore dei segreti è fondamentale: solo lui può trasmetterlo in maniera esoterica e al termine di un’iniziazione nel corso della quale guida il progredire del discepolo. Gli effetti di quest’arte magistrale devono trasfigurare colui sul quale fa cadere i suoi privilegi: padronanza assoluta del corpo, godimento unico, dimenticanza del tempo e dei suoi limiti, elisir di lunga vita, esilio della morte e delle sue minacce. La nostra civiltà, almeno ad un primo approccio, non ha un’ars erotica; al contrario è la sola a praticare una scientia sexualis. O piuttosto, ad aver sviluppato nel corso dei secoli, per dire la verità del sesso, delle procedure finalizzate ad una forma di potere-sapere rigorosamente opposta all’arte delle iniziazioni ed al segreto magistrale: la confessione. A partire dal Medio Evo la confessione è diventata una delle tecniche più altamente valorizzate per produrre la verità; e ha esteso i suoi effetti nella giustizia, nella medicina, nella pedagogia, nei rapporti familiari, nelle relazioni amorose, nella realtà più quotidiana e nei riti più solenni. Quando non è spontanea, la confessione è estorta, e infatti dal medio evo la tortura la accompagna come un’ombra. Dalla penitenza cristiana fino ad oggi, il sesso fu materia privilegiata di confessione. La confessione è un rituale discorsivo in cui il soggetto che parla coincide con il soggetto dell’enunciato; è anche un rituale che si dispiega in un rapporto di potere, poiché non si confessa senza la presenza almeno virtuale di un partner che non è semplicemente l’interlocutore, ma l’istanza che richiede la confessione, l’impone, l’apprezza ed interviene per giudicare, punire, perdonare, consolare, riconciliare. Un rituale in cui la verità mostra la sua autenticità grazie all’ostacolo ed alle resistenze che deve eliminare per formularsi. Un rituale infine, in cui la sola enunciazione, indipendentemente dalle sue conseguenze esterne, produce in colui che l’articola delle modificazioni intrinseche: lo rende innocente, lo riscatta, lo purifica, lo sgrava dalle sue colpe, lo libera, gli promette la salvezza. Per secoli, la verità del sesso è rimasta presa in questa forma discorsiva; non in quella dell’insegnamento né in quella dell’iniziazione. E’ una formula lontanissima da quella che governa l’arte erotica. sesso, ostinati ad interrogarlo, insaziabili nell’ascoltarlo e nel sentirne parlare. L’occidente è riuscito non solo e non tanto ad annettere il sesso ad un campo di razionalità ( il che non avrebbe probabilmente niente di particolarmente notevole tanto siamo abituati, dai tempi dei greci, a tali conquiste ), ma a farci passare quasi completamente sotto il segno di una concupiscenza e del desiderio. Per situare le ricerche future, è bene avanzare alcune proposizioni generali che si riferiscono alla posta in gioco, al metodo, al campo da percorrere ed alle periodizzazioni che si possono provvisoriamente accettare. Posta in gioco L’intento delle indagini di Foucault è diretto più verso una ricerca analitica del potere che verso una teoria su di esso. Ritiene che questa analitica del potere non possa costituirsi senza liberarsi di una certa rappresentazione del potere, che chiama giuridico-discorsiva. Ed è questa teoria, secondo lui, che domina sia la tematica della repressione che la teoria della legge costitutiva del desiderio. Quello che distingue l’una dall’altra l’analisi in termini di repressione degli istinti da quella in termini di legge del desiderio è il modo di concepire la natura e la dinamica delle pulsioni. Non è il modo di concepire il potere. Entrambe fanno ricorso ad una rappresentazione comune del potere, che ( secondo l’uso che se ne fa e la posizione che gli si riconosce nei confronti del desiderio ) conduce a due conseguenze opposte: o alla promessa di una “liberazione”, se il potere ha sul suo desiderio solo una presa esterna; o se è direttamente costitutivo del desiderio, conduce all’affermazione “siete tutti già presi in trappola”. Ritroviamo frequentemente questa rappresentazione nelle analisi politiche del potere, ed ha probabilmente le sue radici lontano nella storia dell’occidente. Ecco alcuni dei suoi caratteri principali: • la relazione negativa, per la quale tra potere e sesso non si stabilirebbero legami di alcun genere se non con esito negativo. Il potere non può far altro che togliere al sesso, oscurare, nascondere, far calare il silenzio intorno ad esso, anestetizzarne gli aspetti, censurare. Laddove il potere può introdurre qualcosa si tratta in ogni caso di aggiungere privazioni, vuoti, lacune, silenzi. • l’istanza della regola. Il sesso è sottoposto, da parte del potere, ad un regime binario di permesso/negato, giusto/sbagliato, legittimo/illegittimo, normale/patologico, senza vie di mezzo. La forma pura del potere si troverebbe nella funzione del legislatore, e la sua azione sarebbe, rispetto al sesso, di tipo giuridico-discorsivo. • il ciclo del divieto, per cui il potere potrebbe esercitare sulla sessualità solo negazioni e privazioni, l’imposizione a determinati elementi della sessualità di non emergere se vogliono continuare ad esistere, un’imposizione a nascondersi nell’ombra. • la logica della censura, che si divide in tre forme: affermare che non è permesso, impedire che sia detto, negare che esista. Forme apparentemente inconciliabili, ma che sono legate come una catena dai meccanismi di censura. • l’unità del dispositivo. Il potere sul sesso si eserciterebbe nello stesso modo a tutti i livelli, agendo in modo uniforme nei diversi contesti: dallo stato alla famiglia, dal principe al padre, dal tribunale alle punizioni quotidiane. In tutti questi casi troviamo un’unica forma di potere, solo su scale diverse: questa forma è il diritto, con il gioco del lecito e dell’illecito, della trasgressione e della punizione. Che gli si dia la forma del principe che formula il diritto, del padre che proibisce, del censore che fa tacere, o del padrone che detta legge, in ogni caso si schematizza il potere in una forma giuridica, e se ne definiscono gli effetti come obbedienza. Di fronte ad un potere che è legge, il soggetto che è costituito come suddito ( e quindi che è assoggettato ) è colui che obbedisce. All’omogeneità formale del potere in tutte queste istanze, corrisponderebbe in colui che è costretto ( che si tratti del suddito di fronte al monarca, del cittadino di fronte allo stato, del figlio di fronte ai genitori, del discepolo di fronte al maestro ) la forma generale della sottomissione. Potere legislatore dal una parte e soggetto obbediente dall’altra. Secondo Foucault la visione del potere che reprime il sesso è estremamente limitativa, perché in questa situazione il potere non sarebbe in grado di produrre nulla se non divieti e proibizioni. Il paradosso del suo funzionamento sarebbe il non permettere al soggetto assoggettato di non poter niente se non quello che gli è concesso. Tuttavia questa concezione giuridica del potere ridotto alla sola procedura repressiva e di dominazione è stata comunemente accettata. Secondo il filosofo il potere è tollerabile a condizione che dissimuli una parte importante di se. La sua riuscita è proporzionale alla quantità di meccanismi che riesce a nascondere. Il segreto è indispensabile al suo funzionamento. C’è forse a tutto questo una ragione storica: le grandi istituzioni di potere che si sono sviluppate nel medioevo ( la monarchia, lo stato con i suoi apparati ), si sono sviluppate sullo sfondo di una molteplicità di poteri preesistenti e in un certo senso contro di essi. E se quindi sono riuscite a farsi accettare è proprio perché si sono proposte come un meccanismo regolatore, stabilizzatore, equilibrante al di sopra della grande moltitudine di potenze multiformi in urto fra loro: una grande macchina basata sul diritto e che agisce per il benessere di coloro che sottomette al proprio dominio. Si individua quindi il potere con la repressione. Bisogna invece costruire un’analitica del potere che non prenda più per modello e per codice il diritto. Ammettiamo invece che un altro esame mostri che nelle società moderne il potere non ha governato la sessualità nella forma della legge e della sovranità ( quindi attraverso la repressione ); supponiamo che l’analisi storica riveli la presenza di una vera e propria “tecnologia” del sesso, molto più complessa e molto più positiva rispetto al semplice effetto di un divieto: secondo questa interpretazione siamo obbligati a darci, sempre secondo Foucault, per quanto riguarda il potere, principi d’analisi che non si rifanno al sistema del diritto e alla forma della legge. Dandosi dunque un’altra teoria del potere, dobbiamo costruire contemporaneamente un’altra griglia di interpretazione storica, e attraverso l’analisi di materiali storici, avanzare verso un’altra concezione del potere. Metodo La formazione di un certo tipo di sapere non va analizzata in termini di repressione o di legge, ma di potere. Con potere non si intende il “Potere” come insieme di istituzioni e di apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno stato. Non si intende nemmeno un tipo di assoggettamento che, in opposizione alla violenza, avrebbe la forma della regola. Non si intende, infine, un sistema generale di dominio esercitato da un elemento o da un gruppo su un altro. L’analisi in termini di potere non riguarda quindi la sovranità dello stato, la forma della legge o l’unità globale di una dominazione, che ne sono solo le forme ultime. Con il termine potere si deve intendere la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione. Si deve intendere il gioco che attraverso lotte e scontri incessanti li trasforma ( i rapporti di forza ), li rafforza, li inverte; gli appoggi che questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri, in modo da formare una catena o un sistema; o al contrario, le differenze, le contraddizioni che li isolano gli uni dagli altri; le strategie in cui realizzano i loro effetti ed il cui disegno generale o la cui cristallizzazione istituzionale prendono corpo negli apparati statali, nella formazione della legge, nelle egemonie sociali. La condizione di possibilità del potere non va cercata in un unico punto centrale da cui questa energia si diffonde: è anzi la base mobile dei rapporti di forza che generano situazioni di potere, ma sempre locali e instabili. Il potere è onnipresente; non perché avrebbe il privilegio di raggruppare tutto sotto la sua invincibile unità, ma perché si produce in ogni istante, in ogni relazione. Il potere non è un’istituzione, non è una struttura, non è una certa potenza di cui alcuni sarebbero dotati: è il nome che si da ad una situazione strategica complessa in una società data. Questa molteplicità di rapporti di forza può essere codificata o nella forma della guerra o nella forma della politica. In questa linea, si potrebbero avanzare un certo numero di proposizioni: • il potere non è qualcosa che si acquista, si conquista, si detiene, o si lascia sfuggire. Il potere si esercita a partire da innumerevoli punti, nel gioco di relazioni diseguali e mobili • le relazioni di potere non sono in posizione di esteriorità nei confronti di altri tipi di rapporti ( come i processi economici, rapporti di conoscenza, relazioni sessuali ), ma sono loro immanenti • il potere viene dal basso. All’origine di esso non c’è una rigida opposizione binaria fra dominanti e dominati, fra detentori di potere e coloro che lo subiscono. Bisogna immaginare piuttosto che i rapporti di forza molteplici che si formano ed operano negli apparati di produzione, nelle famiglie, nei gruppi ristretti, nelle istituzioni, servono da supporto ad ampi effetti di divisione che percorrono l’insieme del corpo sociale • le relazioni di potere sono contemporaneamente intenzionali e non soggettive, ovvero non c’è un potere che si esercita senza una serie di intenti e di obiettivi. La razionalità del potere è quella delle tattiche che intrecciandosi e sostenendosi le une con le altre formano quel fitto reticolo che sta alla base dell’esercizio di potere rafforzamento dei controlli e delle resistenze si legano gli uni con gli altri sulla base di alcune grandi strategie di sapere e di potere. Le relazioni sessuali hanno dato luogo, in ogni società, ad un dispositivo di alleanza: sistema del matrimonio, della fissazione e dello sviluppo delle parentele, della trasmissione dei nomi e dei beni. Questo dispositivo di alleanza ha tuttavia perso importanza man mano che i processi economici e le strutture politiche non riuscivano più a trovarvi un valido strumento o una base sufficiente; così, le società occidentali, a partire dal XVIII secolo, hanno dato vita ad uno strumento che gli si sovrappone senza eliminarlo: il dispositivo di sessualità, che come quello di alleanza si innesta sui partner sessuali ma con una modalità completamente diversa. Il dispositivo di alleanza si struttura intorno ad un sistema di regole che definiscono quel che è permesso e quel che è vietato, il lecito e l’illecito; • il dispositivo di sessualità funziona secondo tecniche mobili, polimorfe, e congiunturali di potere. • il dispositivo di alleanza ha fra i suoi obiettivi principali quello di riprodurre il gioco delle relazioni e di mantenere la legge che le governa, il dispositivo di sessualità produce piuttosto un’estensione permanente dei campi e delle forme di controllo. • per il primo è il legame fra dei partner con uno statuto definito che è pertinente, per il secondo sono le sensazioni del corpo, la qualità dei piaceri, la natura delle impressioni, per quanto sottili o impercettibili possano essere. • infine, se il dispositivo di alleanza è profondamente articolato con l’economia, a causa del ruolo che può svolgere nella trasmissione o nella circolazione della ricchezza, il dispositivo di sessualità è legato all’economia attraverso punti di scambio numerosi e sottili, il principale dei quali è il corpo: corpo che produce e che consuma. Il dispositivo di sessualità oggi tende a sovrapporsi al dispositivo di alleanza, ma non lo ha ne cancellato ne reso inutile. D’altronde storicamente, il dispositivo di sessualità si è creato intorno, e a partire dal dispositivo di alleanza. La pratica della penitenza, poi quella dell’esame di coscienza e della direzione spirituale ne sono state il nucleo formatore: come abbiamo visto, quel che fu prima di tutto in gioco davanti al tribunale della penitenza era il sesso in quanto base delle relazioni, la domanda posta si incentrava sul permesso- proibito ( come l’adulterio, rapporti extraconiugali, relazioni con una persona vietata per ragioni di sangue o di statuto, carattere legittimo o illegittimo del matrimonio ); poi a poco a poco si è passati da una problematica delle relazioni ad una problematica della “carne”, cioè del corpo, della sensazione, della natura del piacere, dei movimenti più segreti della concupiscenza, delle forme sottili del godimento e del consenso. Da allora non ha smesso di funzionare rispetto ad un sistema di alleanza e sostenendosi ad esso. La cellula familiare ha permesso che sulle sue due dimensioni principali ( l’asse marito-moglie e quello genitori-figli ) si sviluppassero gli elementi principali del dispositivo di sessualità ( il corpo femminile, la precocità infantile, la regolazione delle nascite, la specificazione dei perversi ). Nella sua forma attuale, la famiglia non va intesa come una struttura sociale, economica, politica, di alleanza che esclude la sessualità o almeno la tiene a freno: al contrario ha il ruolo di darle radici e di costituirne la base permanente. La famiglia è il punto di articolazione della sessualità e dell’alleanza: traspone la legge e l dimensione giuridica nel dispositivo di sessualità, e traspone l’economia del piacere e l’intensità delle sensazioni nel regime dell’alleanza. Questo ci permette di capire come mai la famiglia, a partire dal XVIII secolo, sia diventata luogo obbligatorio di affetti, di sentimenti e di amore. Oppure che la sessualità abbia come luogo privilegiato di espressione la famiglia, e che per questa ragione essa nasca “incestuosa”. Nelle nostre società, in cui la famiglia è carica di affetti e di desideri, la proibizione, da parte del dispositivo di alleanza dell’incesto funziona da garanzia contro un’ulteriore estensione dei poteri del dispositivo di sessualità, che ha, tra i tanti vantaggi, l’inconveniente di ignorare le leggi e le forme giuridiche dell’alleanza. Secondo Foucault, il paradosso della nostra società è proprio che dal XVIII secolo essa ha inventato tante tecnologie di potere estranee al diritto, ma ne teme gli effetti e le proliferazioni, e cerca quindi di trascriverle nelle forme del diritto. Foucault paragona la famiglia al cristallo nel dispositivo di sessualità: sembra diffondere una sessualità che in realtà riflette e diffrange. Se la politica del sesso non mette in opera essenzialmente la legge del divieto, ma tutto un apparato tecnico, se si tratta più della produzione della sessualità che della repressione del sesso, bisogna spostare l’analisi rispetto al problema della forza lavoro e abbandonare anche l’energetismo diffuso che sostiene il tema di una sessualità repressa per ragioni economiche. Periodizzazione Se si vuole centrare la storia della sessualità nei meccanismi di repressione questo presuppone due rotture. Una nel corso del XVII secolo con la nascita delle grandi proibizioni e la valorizzazione della sessualità adulta e matrimoniale; l’altra nel XX secolo in cui si allentano i meccanismi della repressione e si sviluppa un po’ di tolleranza verso le relazioni prematrimoniali ed extraconiugali, si allenta il discredito nei confronti dei “perversi”, si rimuovono in buon parte i tabù sulla sessualità dei bambini. Bisogna tentare di seguire la cronologia di queste procedure: le invenzioni, i mutamenti strumentali, le permanenze. (1) Ma dobbiamo anche analizzare il calendario della loro utilizzazione. (2) 1. Cronologia La cronologia delle tecniche stesse risale lontano: bisogna cercare il loro punto di formazione nelle pratiche penitenziali del cristianesimo medievale o nell’obbligo della confessione imposto dal concilio vaticano. Alla fine del XVIII secolo nasce una tecnologia del sesso completamente nuova, perché senza essere completamente esente dalla tematica del peccato sfuggiva di mano al dominio della chiesa. Infatti per il tramite della psicologia, della medicina e dell’economia la sessualità diventava un problema laico e un affare di stato: un problema per cui ogni individuo e l’intero gruppo sociale erano posti sotto sorveglianza. Si sviluppa attraverso a tre assi: la pedagogia, con l’obbiettivo specifico della sessualità infantile; la medicina, con quello della fisiologia sessuale delle donne; la demografia, con la regolazione delle nascite. Per ciascuna di essi vengono ripresi metodi già introdotti dal cristianesimo, ma la tecnologia del sesso dal XVIII secolo comincerà ad organizzarsi intorno all’istruzione medica, piuttosto che alla questione della morte e della punizione. Si ottiene un’autonomizzazione del sesso rispetto al corpo e nella stessa epoca l’analisi dell’eredità pone il sesso in posizione di responsabilità biologica nei confronti della specie: non solo poteva essere affetto dalle proprie malattie ma poteva anche trasmetterne alle generazioni future. Questo è uno dei motivi per cui si sentiva la necessità di amministrare il sesso. In più la teoria delle “degenerescenza” permetteva di rinviare continuamente da una generazione all’altra: essa spiegava come una pesante ereditarietà di malattie diverse producesse un perverso sessuale, ma spiegava pure come una perversione sessuale producesse un esaurimento della discendenza ( rachitismo dei bambini, sterilità delle generazioni future ). L’insieme perversione- ereditarietà- degenerescenza ha costituto il nucleo intorno a cui hanno cominciato a ruotare le nuove tecnologie del sesso. Non era solo una teoria medica: la sua superficie di dispersione è stata vasta, e la sua penetrazione profonda. La psichiatria, ma anche la giurisprudenza, la medicina legale, le istanze del controllo sociale, la sorveglianza dei bambini, hanno funzionato a lungo sulla base della degenerescenza, del sistema ereditarietà- perversione. La psicanalisi alla sua nascita ha ripreso questo problema cercando di liberarlo dalle sue correlazioni con l’ereditarietà e quindi con tutti i razzismi e gli eugenismi che ne derivano. 2. Utilizzazione e diffusione Inoltre se si scrive la storia della sessualità in termini di repressione e si fa combaciare l’inizio di questa epoca oscura per il sesso con la nascita del capitalismo si finisce inevitabilmente a fare riferimento all’utilizzo della forza lavoro che porterebbe a presupporre che quindi i controlli e le repressioni fossero stati più insistenti nelle classi operaie e povere ( perché classi dominate ), quando invece le tecniche più rigorose sono state applicate con la massima intensità nelle classi politicamente dirigenti ed economicamente privilegiate. Inoltre è nella famiglia borghese e aristocratica che fu inizialmente problematizzata la sessualità dei bambini e degli adolescenti e medicalizzata la sessualità femminile. Fu la prima a costruire un dialogo di psichiatrizzazione sul sesso, ad entrare in eretismo sessuale creando tutta una serie di patologie fisiche e psichiche connesse alle perversioni. E’ la borghesia che ha cominciato a considerare il proprio sesso come qualcosa di prezioso, da preservare, un fragile tesoro la cui conoscenza era indispensabile. Il personaggio che per primo venne analizzato fu la donna oziosa, che entrando in contatto con le responsabilità di madre e di moglie appariva nervosa e affetta da vapori. Gli strati popolari invece, per quanto immersi nel dispositivo di alleanza ( valorizzazione del matrimonio legittimo e della fecondità, esclusione delle unioni consanguinee, prescrizioni di endogamia sociale e locale ) sono sfuggiti per molto tempo al dispositivo di sessualità. I meccanismi di sessualizzazione vi sono penetrati lentamente, probabilmente in tre tappe successive: • innanzi tutto, a proposito della natalità, quando nel XVIII secolo fu scoperto che l’arte di ingannare la natura ( le pratiche anticoncezionali ) non era il privilegio dei cittadini e dei Un altro esempio può essere fatto con la pena di morte. Le sentenze capitali sono diventate molto più rare negli ultimi secoli, e la ragione è semplice: come può un potere esercitare nella condanna a morte le sue più alte prerogative, se il suo ruolo principale è di assicurare, di sostenere, di rafforzare, di moltiplicare la vita e di ordinarla? Per un tale potere, l’esecuzione capitale è contemporaneamente il limite, lo scandalo e la contraddizione. Si potrebbe dire che al vecchio diritto di far morire o di lasciar vivere si è sostituito un potere di far vivere o di respingere nella morte. E’ ora sulla vita e lungo tutto il suo svolgimento che il potere stabilisce la sua presa, la morte ne è il limite. Questo potere sulla vita si è sviluppato in due forme principali a partire dal XVII secolo: • il primo dei due poli è stato centrato sul corpo in quanto macchina, e il suo rafforzamento e l’estorsione di potere da esso sono state garantite dalle discipline anatomo-politiche del corpo umano. • Il secondo invece si è formato più tardi, verso la metà del XVIII secolo ed è incentrato sul corpo-specie, sul corpo attraversato dalla meccanica del vivere e che serve da supporto ai processi biologici: la nascita, la proliferazione, la mortalità, il livello di salute e la qualità della vita sono stati integrati da tutta una serie di controlli regolatori. Una biopolitica della popolazione. Le discipline del corpo e le regolazioni della popolazione costituiscono i due poli intorno al quale si è sviluppata l’organizzazione del potere sulla vita. Una grande tecnologia a due facce, anatomica e biologica, garantite da un potere il cui ruolo fondamentale non è più quello di uccidere ma di investire interamente la vita. Si apre così l’era del biopotere. Dal lato della disciplina si tratta di istituzioni come la scuola o l’esercito. Di riflessioni sulla tattica, l’apprendimento, sull’educazione, e l’ordine della società. Dal lato delle regolazioni della popolazione si tratta di demografia, di stima del rapporto tra risorse e abitanti, delle vite e della loro probabile durata. Questo biopotere è indubbiamente stato uno degli elementi indispensabili allo sviluppo del capitalismo; ma se lo sviluppo dei grandi apparati di stato ha assicurato il mantenimento dei rapporti di produzione, i rudimenti di anatomo e bio-politica apparsi nel XVIII secolo come tecniche di potere presenti a tutti i livelli del corpo sociale hanno agito a livello dei processi economici. 
 
 La pressione della realtà biologica è rimasta per millenni estremamente forte: l’epidemia e la carestia costituivano le due grandi forme drammatiche di questo rapporto, che restava in questo modo sotto il segno della morte. Attraverso uno sviluppo globale nel XVIII secolo l’aumento della produttività e delle risorse insieme ad un miglioramento delle conoscenze mediche e delle tecniche agricole hanno permesso che queste minacce si allentassero, allontanando alcune imminenze della morte. E’ in questa situazione che i procedimenti di potere hanno organizzato e allargato il loro spazio, prendendo in considerazione i processi della vita e cominciando a controllarli e a modificarli. Per la prima volta nella storia la realtà biologica si riflette su quella politica. Il potere non avrà più solo a che fare con individui su cui la morte è la presa estrema, ma con esseri viventi da controllare, attraverso la valorizzazione della vita stessa. Se possiamo chiamare bio-storia le pressioni attraverso cui i movimenti della vita e le pressioni della storia interferiscono gli uni con gli altri, bisognerà parlare di bio-politica per designare quello che fa entrare la vita e i suoi meccanismi nel campo dei calcoli espliciti e fa del potere un agente di trasformazione della vita umana. Foucault afferma che per millenni l’uomo è rimasto ciò che era per Aristotele: un animale vivente e inoltre capace di una vita politica. L’uomo moderno è un animale nella cui politica è in questione la sua vita di essere vivente. Non si tratta più di far entrare la morte in gioco nel campo della sovranità, ma di distribuire ciò che è vivente in un dominio di valore ed unità. Oggi la vita, molto più che il diritto, è diventata la posta in gioco delle lotte politiche, anche se queste si formulano attraverso affermazioni del diritto. Il diritto alla vita, al corpo, alla salute, alla felicità, alla soddisfazione dei bisogni. Per questi motivi il sesso ha assunto un ruolo di importanza fondamentale come oggetto di scontro politico: è l’elemento di connessione di due assi lungo i quali si è sviluppata tutta una tecnologia politica della vita. Da un lato partecipa alle discipline del corpo, intensificazione e distribuzione delle forze, adattamento ed economia delle energie. Dall’altro partecipa alla regolazione delle popolazioni attraverso tutti gli effetti globali che induce. Da luogo a sorveglianze infinitesimali, controlli continui, ad organizzazione dello spazio, ad esami medici e psicologici, a tutto un micro-potere sul corpo, a situazioni che coinvolgono il singolo individuo o l’intero gruppo sociale. Ci si serve di esso come matrice delle discipline e principio delle regolazioni, e proprio per questo nel XIX secolo la sessualità è inseguita fin nei minimi dettagli. La si vede diventare tema di operazioni politiche, di interventi economici, di campagne ideologiche di moralizzazione e responsabilizzazione. 

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