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La Storia e l'Educazione: il ruolo della storia nella formazione e nella conoscenza, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Il rapporto tra storia e educazione, dalla sua origine classica alla sua evoluzione nel cristianesimo e nell'ottocento. Vengono discusse le questioni sulla verità e la scientificità della storia, il suo valore educativo e la sua relazione con la narrazione. Il documento illustra anche l'importanza dei documenti visivi, come fotografie e filmati, nella comprensione della storia.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 22/05/2019

Catec38
Catec38 🇮🇹

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Scarica La Storia e l'Educazione: il ruolo della storia nella formazione e nella conoscenza e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 1. Annotazioni storiografiche Historia magistra vitae I comportamenti futuri devono fondarsi nel presente sulla consapevolezza del passato. Nel mondo classico il rapporto tra storia ed educazione stava nella capacità della storia di offrire un insegnamento utile in quanto indicazione di qualcosa che ciclicamente si ripete quantomeno a livello di situazioni. Si tratta di una funzione educativa appiattita su contenuti vissuti come assoluti ed esemplari. Durante il cristianesimo viene attribuito alla storia un valore educativo incentrato sulla capacità di trasmettere un sapere universale basato sul carattere immutabile della natura divina. Nell’ottocento la centralità del fatto storico permette la rivendicazione di una piena autonomia della disciplina storica. Ma non è sufficiente assemblare fatti per tentare di comprendere ciò che è accaduto. È importante sottolineare il ruolo da protagonista che l’interpretazione ha nel processo storiografico e comporta diverse conseguenze sul piano didattico . La verità Il fare storia mira alla verità e rifugge dalla menzogna. Ma la verità con cui ha a che fare la storia non è una verità assoluta ma una verità storica, consapevole dei propri limiti e di essere connessa ad un’interpretazione, a un atto di immaginazione. La distorsione della verità può verificarsi sia sul piano operativo sia concettuale. Da un punto di vista operativo sarebbe assurdo disconoscere l'utilità che un falso può avere come ‘vero’ documento ai fini della ricerca. Si possono attuare dei controlli che però non esauriscono le finalità della ricerca storica. Sul piano concettuale si devono distinguere due accezioni di falso, una a livello più immediato indica il frutto di una mirata azione di falsificazione (documento costruito a tavolino), una a livello più strutturale, indica la presenza di limiti al fine di attestare in modo univoco e oggettivo una verità. I documenti visivi, in particolare le fotografie, hanno un’altissima aspettativa di verita ben più forte di quella di un documento scritto. La fotografia (in virtu del procedimento meccanico su cui si fonda) offre una visione oggettiva, senza condizionamenti. Fissa elementi che esulano dalla volontà di chi li produce. È diverso invece ritenere che una fotografia possa autotestimoniare il proprio significato in termini di verita pura e semplice. Se il falso si configura come manipolazione che interviene a corrompere la natura oggettiva del documento, la concretizzazione di questo concetto la troviamo nel fotomontaggio. In ogni caso la verita della foto esiste, ma viene tradita. Si pone poi la questione della presenza di forme di condizionamento della visione, in primis del fotografo. Se per documento si intende un traccia, e non una prova, tutto puo diventarlo. È necessario riconoscere che il documento è “il risultato prima di tutto di un montaggio, conscio o inconscio, della storia, dell’epoca, della società che lo hanno prodotto, ma anche delle epoche successive durante le quali ha continuato a vivere, magari dimenticato. Non esiste un documento- verità. Sta allo storico il non fare l’ingenuo”. Serve una ricerca della verità intesa come il frutto di una ricerca che trae valore dalla capacità di smascherare la costruzione a tavolino delle prove. È utile prendere in considerazione anche il concetto di pluralismo inteso come garanzia di una storia vera. La pretesa di esaustività coltiva l’illusione del puzzle, l’illusione cioè di poter ricostruire la realtà individuando e inserendo al loro posto ogni singola tessera. C’è poi l’approccio in stile “par condicio” per cui serve necessariamente un bilanciamento tra contenuti e opinioni. Un'interpretazione che non coincide, non deve e non può essere accostata, su uno stesso piano di legittimità, a una che dice qualcosa di diverso. Al contrario è necessario argomentare in modo logicamente difendibile la differente interpretazione. Vedo, dunque so? La parola storia, dal greco istoria, ha la sua radice nel verbo greco orao, e istor è il testimone oculare. Nel processo storiografico è necessaria la capacità di “vedere e rivedere” perché il nostro modo di pensare cambia e cosi anche il modo di vedere. È probabile che i nostri occhi vedano qualcosa che altri non hanno colto. C’è poi il tema della memoria come materializzazione di un vissuto diretto. La memoria, intesa come materiale in cui il singolo o la comunita pongono le radici del proprio agire, diventa un materiale instabile per i processi interpretativi. La memoria collettiva rafforza un nesso col passato che non implica una riflessione sulla distanza che ci separa da esso. La memoria è in continua rielaborazione, con costanti aggiornamenti su se stessa. Senza l’azione interpretativa che da vita all’azione storiografica e che la trasforma in memoria storica, rischia di alimentare dei miti. Storia, misura del mondo? Viene rivolta alla storia l’accusa di non offrire leggi universali, assolute e vere. Le scienze oggetti e esprimono dati quantitativi e inconfutabili e possono formulare leggi universali mentre la storia avendo a che fare con situazioni irripetibili e approcci interpretativi a stampo soggettivo, non può stabilire leggi. Se la scienza è il luogo in cui si possono raggiungere verità assolute, allora la storia non puo essere definita una scienza. Ma le stesse scienze da tempo hanno riconosciuto il valore convenzionale che caratterizza la dimensione dell’oggettività con cui si confrontano e si è giunti alla conclusione che è il metodo a garantire la scientificità e non il risultato. Per Braudel la scientificità della storia va ricercata nell’andare oltre all'avvenimento, nel contrastare il valore interpretativo del caso. La rivendicazione della scientificità della storia passa dall’accantonare il primato della casualità: se tutto è casuale non è possibile una generalizzazione. A differenza delle leggi universali, le generalizzazioni non hanno una connotazione assoluta ma indicano una tendenza e permettono allo stesso tempo di indicare delle continuità evitando i determinismi. La storia ha la capacità di previsione, braudel propone di cogliere quella storia fatta di lunghe durate, grandi numeri, masse e grandi spazi, così strutturata si propone come un utile strumento per comprendere il culto del passato che da “fine” diventa “mezzo” della conoscenza. 5.La spiegazione: l’utilità della storia consiste nella capacita di offrire sistemi di spiegazione. La storia, in quanto spiegazione e non descrizione, si muove costantemente su due livelli: da un lato si pone necessariamente dei limiti per non cedere al caos della totalità e al tempo stesso la curiosità preme costantemente su questi limiti in una tensione ad andare sempre oltre ed organizzare le nuove forme di caos con più adeguati sistemi di spiegazione. Per sviluppare la valenza educativa della storia bisogna trasformarla da scienza del passato in scienza del tempo cioè che estenda la propria azione anche sul presente e sul futuro. La nostra società risulta essere innamorata delle immagini ma al tempo stesso capace di forme di iconoclastia. Si ha contribuito parecchio ad atrofizzare la pluridimensionalità dell’immagine, sia limitandone l’uso sia facendone un uso semplicistico attraverso un riduzionismo estetico. Un’immagine e una figura esteriore percepita mediante la vista, una raffigurazione che può essere grafica, fotografica o plastica. Due esempi da prendere in considerazione sono il ritratto di Dorian Gray e la placca del Pioneer-10. La prima e’ un’immagine dipinta, il secondo esempio è costituito da una placca posta sulla sonda spaziale statunitense in cui è disegnata la sintesi del “chi siamo”. Da un lato c'è l’immagine magica, dall’altro l’immagine oggettiva, da un lato la magia di uno specchio stregato e dall’altra la fedeltà di uno specchio retrovisore. In realtà il ritratto magico-falso di Dorian Gray e la vera immagine della realtà dato che e lui il Dorian che di fatto vive, al contrario la placca del Pioneer che si propone come sintesi oggettiva della nostra identità, non e’ la realtà ma una sua esplicita falsa immagine. L’immagine quotidiana Le fotografie sono gli occhi della storia. La prova e’ racchiusa nell’immagine pura, cioè la cui analisi può rivelare utili informazioni. L'aspettativa di una natura oggettivamente vera, emerge anche dal suo riflesso deformato, il falso. Nell’idea di foto dalle un posto in primo piano èoccupato dai fotomontaggi. Esempio una foto di H. Manson dei bombardamenti del 1940 su Londra ritoccata per accentuare l’effetto del fumo degli incendi. A volte un’immagine vera può non essere sufficiente come testimonianza ed un immagine falsa può mantenere la funzione di vera testimonianza. Una foto in realtà può essere falsata da una manipolazione, da uninquadratura mirata, dalla richiesta di ripetere un gesto o un’azione, dalla presenza del fotografo. Si evidenzia una natura dell’immagine fotografica al tempo stesso polisemica e frammentaria: e’ traccia di oggetti ma anche di gesti e simboli ma allo stesso tempo resta un frammento che ha bisogno di esser inserito in contesti di spiegazione piu ampi. La storia scritta con la luce La fotografia non e’ solo una raffigurazione del suo soggetto ma ne e’ parte integrante. Un altro aspetto importante e’ il valore che viene attribuito ad un’immagine cosi concepita, che oscilla tra il riconoscimento per essere uno strumento per far conoscere la vera realtà e la condanna in quanto falsificazione. In ogni caso e’ diversa da altre immagini in quanto da veramente una traccia della realtà, e’ un certificato di presenza. E’ anche un mezzo per rappresentare oggetti reali altrimenti invisibili (foto dell’infinitamente lontano o l’infinito mente piccolo). Le fotografie si propongono alla ricerca storica sia come un vincolo ed uno stimolo: offrono indizi ma non costituiscono una vera spiegazione. Lo spazio e’ bloccato in una forma bidimensionale e il tempo e’ congelato. Anche le didascalie sono importanti, fanno parte della fotografia. Il paesaggio come archivio Il paesaggio non rimanda ad una situazione definita in se e connotata in un’ottica materialemente naturale ma esprime una situazione relazionale tra uomo e spazio vissuta nel tempo. Il paesaggio si definisce in stretta connessione con la percezione che di esso ha lo spettatore-attore inteso come singolo e anche come comunità che percepisce e agisce. L’archivio e’ la raccolta ordinata nel tempo degli atti compiuti da un ente o un individuo durante la propria attività e conservata per rispondere alle esigenze-funzioni di tale ente o individuo. Dal momento in cui il paesaggio viene assunto come strutturale intreccio di caratteri naturali e di caratteri percettivi, puo assumere il valore di un vero e proprio archivio delle attività materiali e percettive di una comunita. I caratteri di un paesaggio costituiscono indizi materiali di un tipo di attività umana compiuta su quel territorio. Paesaggio odonomastico astratto: Con odomastia sono indicati i nomi delle strade; astratto perche col prevalere del sistema astratto non sono piu gli elementi dello spazio concreto a dare un nome alle vie ma sono i nomi delle vie che si impongono agli spazi concreti per definire scenari di carattere contenutistico e strutturale. Questo sistema si afferma sul finire del diciottesimo secolo. Prima si faceva riferimento ad insegne ed immagini. La rivoluzione francese incide con forza sullaffermazione dello spazio cittadino in particolare durante l’occupazione napoleonica viene realizzata la numerazione generale progressiva per facilitare il servizio della posta. In questo modo la citta si trasforma in una sistematica astratta e ordinata griglia su cui poter organizzare l’orientamento amministrativo nelle sue varie forme. La successione dei numeri rafforza un’organizzazione aritmetico-geometrica dello spazio. Ed e’ necessario che venga usato e riconosciuto da tutti. L’ordine su cui si basa il nuovo tessuto odonomastico moderno, si fonda su un unico centro attorno al quale si ramifica il sistema capace di ridimensionare quella pluralità di centri: quello civile (comune), quello culturale (Università), quello economico (mercato) e quello religioso (duomo). Ma si e’ riscontrata una ostilità degli abitanti che vedono limitato l’autonomo controllo del proprio territorio. Comunque , i nomi astratti delle strade, non servono solo ad orientare i passi ma devono orientare anche la mente e i cuori (nomi di eroi, vittorie, vittime della patria ecc). L’insegnamento elementare nella storia in italia nel primo cinquantennio unitario 1860: caratterizzato due elementi: dall’assenza di uno specifico insegnamento della storia (che e’ un po’ sparsa in tutte le altre materie) ; la focalizzazione sulla storia di patria, nazionle e contemporanea. Gli stati ottocenteschi affrontano il tema dell’identità nazionale in questo modo. La storia deve contribuire attivamente a formare il bravo cittadino, colui che nutre un saldo amor di patria, in questo modo si definisce il primato del valore educativo rispetto a quello istruttivo. Ne consegue il paradosso: per una materia così importante non sia riconosciuto uno spazio di insegnamento autonomo. 1888: la rivoluzione parlamentare ha portato alla conclusione della fase della destra storica. Ma nulla cambia riguardo alla funzione attribuita all’insegnamento elementare della storia: viene ridimensionato il peso della nozione. La semplificazione nozionistica e’ una strada che si addice ad un insegnamento della storia dal quale ci si aspetta che debba creare dei buoni cittadini prima che dei buoni individui. Si tratta di un racconto descrittivo, cronologicamente lineare. 1894: il ministro Baccelli fa la riforma dei programmi per le scuole elementari. L’insegnamento della storia ha come unica necessità quella di far conoscere e amare la patria. 1905: si espande l’idea che nella società contemporanea il sistema educativo costituisca un tassello strategico. E’ uno strumento di nazionalizzazione delle masse con la legge Orlando si introducono la quinta e la sesta classe dopo il corso quadriennale elementare. I programmi del 1905 sono sensibili all’investimento sulla contemporaneità dell’Ottocento dell’educazione civile dell’alunno. L’attenzione e’ rivolta in particolare al risorgimento in modo che nell’alunno possa formarsi la coscienza di essere cittadino di una patria e deve sapere che cosa sia costato agli italiani crearne una. E’ necessario adattare l’alunno alla società che c’e. La defascistizzazione del manuale di storia La defascistizzazione dei manuali comincia prima della fine della guerra, già dal 1943. Biggini, ministro dell’istruzione, semplifica i programmi del 34 e li spoglia dei contenuti politici. Non aveva lo scopo di opporsi ad una fascistizzazione della società ma di rendere tale processo piu genuino ed incisivo. L’eccessiva preponderanza della celebrazione di parte appariva un ostacolo per un coinvolgimento di massa e sentito alle sorti della nazione e del suo governo. Biggini invoca la necessità di scindere la sovrapposizione instaurata tra patria e fascismo. In una prima fase si mira a riaprire le scuole il più presto possibile senza la propaganda fascista, per questo vengono costituiti a Palermo dei comitati per la revisione composti da educatori italiani fidati, la cosa migliore da fare sarebbe stata quella di abolire completamente i libri ma questo avrebbe lasciato le scuole elementari senza testi in quanto la preparazione di nuovi richiedeva tempo e carta. Dunque si rimedia rimettendo in circolazione i volumi di quella serie che avevano il meno possibile “parti infette” strappando via le pagine incriminate. Ma anche questo metodo era un ripiego perche i libri in questione essendo stati concepiti con uno spirito completamente fascista, continuano a mostrare la loro origine anche dopo i tagli. Diventa un problema politico. Il 31 agosto 45 viene abrogato un testo unico di stato, scritto dagli stessi autori dei precedenti. Le due versioni si differenziano soprattutto per a soppressione dei riferimenti a mussolini e al fascismo perche per il resto l’impianto di fondo resta lo stesso. Si valorizza il ruolo politico della chiesa e la sostituzione del protagonismo di mussolini e del fascismo con quello del popolo italiano. Emerge soprattutto la centralità del tema della patria.
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