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Laboratorio Genetica TRASFORMAZIONE BATTERICA, Guide, Progetti e Ricerche di Genetica

Laboratorio Genetica TRASFORMAZIONE BATTERICA

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2020/2021

Caricato il 26/01/2024

antonella-cefariello
antonella-cefariello 🇮🇹

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Scarica Laboratorio Genetica TRASFORMAZIONE BATTERICA e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Genetica solo su Docsity! LABORATORIO DI GENETICA 29/04 TRASFORMAZIONE BATTERICA La trasformazione batterica è un fenomeno tramite il quale i batteri possono scambiarsi materiale genetico. Gli organismi procariotici possono acquisire materiale genetico mediante i processi di coniugazione, trasduzione e, appunto, trasformazione. Nella trasformazione, molecole di DNA provenienti da cellule lisate vengono acquisite dai batteri direttamente dall'ambiente extracellulare. Il principio della trasformazione venne scoperto nel 1928 dal biologo inglese Frederick Griffith mentre stava lavorando alla messa a punto di un vaccino contro le frequenti epidemie di polmonite esplose in Gran Bretagna al termine della Prima guerra mondiale. Griffith utilizzò due sierotipi del batterio Streptococcus pneumoniae: Il ceppo non virulento R (in inglese rough, rugoso) che produce colonie dall'aspetto "rugoso" a causa dell'assenza della capsula batterica. Il ceppo virulento S (in inglese smooth, liscio) che produce colonie lisce e lucenti grazie alla presenza di una capsula batterica polisaccaridica che avvolge ogni cellula. Griffith notò che iniettando i ceppi R nei topi questi non contraevano malattia, mentre iniettando i ceppi S i topi si ammalavano di polmonite. I batteri S inattivati dal calore invece non erano in grado di indurre patologia a meno che non fossero iniettati insieme a batteri R vivi. Griffith isolò i batteri dal sangue dell'animale infettato con entrambi i sierotipi e scoprì che i microorganismi R avevano acquisito la capsula ed erano in grado di mantenerla lungo le generazioni. Griffith ipotizzò dunque la presenza di qualche principio trasformante in grado di trasferirsi dalla linea S inattivata a quella R. Solo alcuni anni più tardi fu chiaro che quel principio era il DNA. LA SCOPERTA DELLA TRASFORMAZIONE BATTERICA: L’esperimento di Griffith (1928) Escherichia Coli è il batterio più utilizzato in laboratorio, tra i più utilizzati negli esperimenti di clonaggio molecolare ma non è un batterio naturalmente competente, la sua competenza deve essere indotta artificialmente, deve essere dunque indotto ad acquisire DNA esterno. In che modo? Vediamo da vicino E.Coli: Questo batterio costituisce circa lo 0,1% della nostra flora batterica ma in determinate condizioni può indurre infezioni opportunistiche. • Costituisce lo 0.1% della flora batterica intestinale • Bacillo mobile • Lunghezza: 1-2 µm • Gram-negativo • Fondamentalmente Aerobio (vive in presenza di ossigeno) ma può essere anche Anaerobio facoltativo • Fermenta il glucosio e in grado di fermentare il lattosio Perché E.Coli è il primo e più importante organismo modello* tra i Procarioti? Esso presenta una serie di peculiarità: • piccole dimensioni • ciclo biologico breve (20min) • facile ed economico da coltivare (coltura in terreni minimi) • facilmente manipolabile in condizioni sperimentali • Non necessita di particolari mezzi arricchiti in coltura E. Coli organismo modello nella tecnologia del DNA ricombinante *Un organismo modello è un organismo utile negli esperimenti di laboratorio, esso presenterà dunque determinate caratteristiche utili per l’analisi Esempi organismi modello tra gli eucarioti: drosophila, mus musculus e saccharomyces COM’E’ FATTO IL GENOMA DI E. COLI? E.Coli presenta un unico cromosoma, una molecola di DNA a doppia elica super avvolta, privo di istoni. Sul cromosoma principale troviamo i geni housekeeping, ovvero i geni essenziali per la sopravvivenza stessa del batterio (in biologia molecolare, si definiscono geni costitutivi (housekeeping genes in lingua inglese) quei geni che vengono attivamente trascritti e tradotti a un livello relativamente elevato. Generalmente, essi codificano proteine ed enzimi fondamentali per la vita della cellula, e che pertanto devono essere sempre presenti). Inoltre, all’interno, il cromosoma è strutturato in maniera tale da avere delle unità trascrizionali che vengono trascritte in mRNA policistronici: i cosiddetti operoni. Dunque, geni di proteine diverse sono sotto lo stesso promotore e sotto lo stesso terminatore. La struttura del DNA a differenza del DNA degli eucarioti, non è tenuta insieme da istoni bensì da altre proteine, ovvero le poliammine. Oltre al cromosoma principale sono presenti degli elementi extracromosomici mobili. Dunque, la quantità di informazione genica contenuta nel DNA di E.Coli è così suddivisa: dsDNA circolare = 4,6 Mb (Megabasi) = 4300 geni. Plasmidi circolari = tra 1,5-400 kb = <30 I plasmidi sono tra gli elementi più utilizzati nelle tecniche di clonaggio. Per poter fare degli esperimenti abbiamo bisogno di grandi quantità di batteri. Dunque dobbiamo essere in grado di coltivare i batteri in laboratorio. I batteri possono essere coltivati in laboratorio facendoli crescere in opportuni mezzi di coltura, in opportuni terreni. Per coltura si intendono tutti i batteri che crescono su un terreno di laboratorio. Le colture con cui abbiamo a che fare sono colture pure, cioè sono colture costituite da una popolazione di cellule che derivano tutte dalla medesima cellula madre. Come possono essere questi mezzi di coltura, ovvero questi terreni? Possiamo avere. • terreni liquidi ovvero soluzioni liquide e • Terreni solidi ovvero soluzioni solide, che contengono l’agar come addensante Per poter ottenere una crescita batterica ottimale è necessario che queste soluzioni siano costituite da sostanze organiche e inorganiche in modo da permettere la crescita, in condizioni ottimali, dell’organismo, infatti i substrati che contengono questi terreni sono fondamentalmente composti da: Fonti di carbonio, fonti di azoto, ioni inorganici, acqua e fattori di crescita. Ritornando a E.Coli, c’è da dire che E.Coli, a proposito di terreni di coltura, è uno di quegli organismi estremamente adatti all’utilizzo in laboratorio anche perché esso non ha bisogno di particolari mezzi arricchiti, è dunque facile farlo crescere. Cosa sono i mezzi arricchiti? I mezzi arricchiti devono avere • Fonti organiche di carbonio: carboidrati semplici (glucosio, lattosio, saccarosio etc) e polisaccaridi (amido, pectina etc), proteine e peptoni • Acidi organici e alcoli (acido citrico, glicerolo etc) • Fonti inorganiche di azoto quali i Sali minerali. • Fonti organiche di azoto, proteine (caseina, emoglobina etc) e peptoni I peptoni sono ottenuti dall’idrolisi parziale di proteine (della carne, del latte etc), idrolisi parziale perché altrimenti verrebbero degradati, i peptoni, come le proteine, rappresentano fonte di carbonio ma anche di azoto contemporaneamente. COLTURA BATTERICA CRESCITA DI UNA COLTURA BATTERICA Ci rendiamo conto che c’è stata una crescita batterica mediante: • osservazione diretta, dunque conta al microscopio stabilendo un’aliquota • Torbidità, essa si misura tramite lettura allo spettrofotometro della densità ottica** **SPETTROFOTOMETRO (IN FOTO): Lo spettrofotometro è uno strumento di laboratorio basato sul principio che ogni molecola assorbe, trasmette o riflette luce (radiazione elettromagnetica) a una determinata lunghezza d’onda. Sapendo la lunghezza d’onda della luce che una determinata sostanza assorbe o trasmette, si possono fare analisi quanti-qualitative (presenza di determinate sostanze e la loro concentrazione nel campione in studio). Queste operazioni possono essere fatte perché lo strumento è in grado di analizzare la differenza d’intensità luminosa tra la luce prima e dopo essere passata attraverso il campione. È utilizzato in numerosi ambiti e lavora con lunghezze d’onda che vanno dal visibile all’ultravioletto (in alcuni strumenti anche gli infrarossi), permettendo così di valutare un range di campioni molto ampio. DENSITA’ OTTICA: La densità ottica, talvolta scritta come OD, è una misura di un mezzo di rifrazione o della capacità dei componenti ottici di rallentare o ritardare la trasmissione della luce. Misura la velocità della luce attraverso una sostanza, influenzata principalmente dalla lunghezza d'onda di una determinata onda luminosa. Più lenta è la luce in grado di viaggiare attraverso un determinato mezzo, maggiore è la densità ottica del mezzo Fino ad ora abbiamo analizzato la costituzione e sterilizzazione di terreni liquidi. Andiamo ora dunque ad analizzare i terreni solidi: I terreni solidi sono ottenuti mediante l’aggiunta di Agar, un polisaccaride funzionale derivante da un’alga rossa, per cui alla fine avremo una sorta di gelatina che appunto rappresenta il terreno solido. Quali sono le proprietà di questi terreni di agarosio? • Non vengono metabolizzati dal batterio, questo è fondamentale, in quanto essi non presentano tossicità per il batterio, • restano solidi a temperatura ambiente, • non subiscono alterazioni quando andiamo a sterilizzarli, • restano liquidi fino a circa 45°C. L’agarosio viene versato nelle PIASTRE PETRI: PREPARAZIONE DELLE PIASTRE PETRI 1.Bollire polvere di agar e acqua demineralizzata in un microonde 2.Lascia raffreddare per 3-5 minuti (deve essere ancora liquido). 3.Togliere il coperchio dalla capsula di Petri e riempire per metà la capsula con l'agar (circa 10/20ml) ancora caldo 4.Coprire subito parzialmente la piastra (in pratica, lasciate il coperchio socchiuso in modo che l'umidità in eccesso possa fuoriuscire) 5. Chiudere e lasciare raffreddare (sempre a temperatura ambiente) 6. Conservare capovolte in frigo, è importante che siano capovolte perché ciò impedisce l’evaporazione dell’acqua all’interno delle capsule (i batteri necessitano di ambiente umido per crescere), inoltre in tal modo si evita che l’eventuale accumulo di vapore condensato sotto il coperchio possa ricadere sulla superficie dell’agar disturbando lo sviluppo delle colonie e dunque il conteggio) 7.Per utilizzarle tenerle a temperatura ambiente e poi ci si può lavorare E’ importante mettere in piastra un giusto numero di cellule, un determinato numero di colonie. Se si fanno crescere per troppo tempo o si mettono troppe cellule, la piastra va in confluenza, ovvero si crea un vero e proprio strato batterico che non permette di identificare le colonie, questo è dannoso per la riuscita dello studio. TECNICA DELLO STRISCIO SU PIASTRA PETRI PER OTTENERE UNA COLTURA PURA: SEMINA SU PIASTRA In alternativa alle anse, possono essere utilizzate delle spatole chiamate ‘’hockey sticks’’ (se avessimo effettuato dal vivo il laboratorio avremmo effettuato un piastramento per spatolamento) *L'ansa è uno strumento molto usato in chimica e in microbiologia, principalmente per prove qualitative, quali i saggi alla fiamma o per campionamenti e strisci di colture batteriche. Lo strumento è costituito da una bacchetta fatta di un materiale per convenzione isolante (vetro) la cui estremità è munita di un filo di platino, nichel o cromo per raccogliere le sostanze. La semina su piastra può avvenire tramite l’utilizzo di anse*: Questa è una tecnica precisa che richiede una serie di passaggi con strisci che presentano determinate angolazioni, assolutamente non casuali: 1.Si sterilizza l'ansa mediante passaggio veloce (non dobbiamo assolutamente bruciare i batteri sulla fiamma di un becco Bunsen (anche in questo caso le condizioni di sterilità sono assolutamente essenziali) 2.Si preleva un'ansata di inoculo dalla provetta (anche la provetta appena aperta si deve passare sul becco Bunsen) 3.Si effettuano strisci successivi angolati su una piastra di agar 4.Incubazione a 37°C in aerazione con le giuste condizioni di umidità, per permettere la crescita batterica 5.Dopo circa 24/48h si possono vedere le colonie batteriche cresciute In alto notiamo: Crescita confluente all’inizio dello striscio, colonie isolate alla fine dello striscio COLONIE: masse visibili ad occhio nudo di cellule tutte uguali tra loro e alla cellula madre. Ogni cellula costituisce una UFC: Unità Formante Colonia PLASMIDI I batteri hanno i plasmidi, il primo plasmide utilizzato è stato quello di Escherichia Coli. Che cosa sono i plasmidi e come sono fatti? I plasmidi sono elementi genetici extracromosomici, piccoli filamenti circolari di DNA superavvolto a doppia elica, presenti nel citoplasma e distinguibili dal cromosoma batterico per le loro dimensioni ridotte. Dimensione 1-150/300kb. I plasmidi possono essere liberi nel citoplasma oppure integrati nel cromosoma batterico, in questo caso si parla di episoma, Un episoma era originariamente un plasmide che si è potuto integrare nel DNA della cellula ospite e quindi non costituisce più DNA extra-cromosomale. Una volta integrato l'episoma può replicarsi insieme a tutto il cromosoma della cellula che lo ospita. Il materiale genetico che li contraddistingue permette all'organismo ospite di svolgere varie funzioni non essenziali, ma conferiscono alla cellula proprietà speciali (a volte proprietà metaboliche uniche); Tra le caratteristiche funzionali che i plasmidi sono in grado di conferire, figurano: • la produzione o la resistenza agli antibiotici o farmaci in generale, ai metalli pesanti e ai raggi UV, • La capacità di produrre tossine e dunque la virulenza La cosa più importante è che essi presentano capacità di replicazione autonoma, se così non fosse non li potremmo utilizzare nei nostri esperimenti. I plasmidi sono infatti capaci di spostarsi tra le cellule (anche non uguali, ma filogeneticamente affini) influendo sulla variabilità genetica. Molti plasmidi sono stati ingegnerizzati proprio per ospitare molecole di DNA ricombinante diventando vettori di clonaggio. Duplicazione dei plasmidi Cellula di Escherichia coli con cromosoma e plasmide→ DNA PLASMIDICO Le forme molecolari circolari superavvolte del dsDNA plasmidico, durante le manipolazioni sperimentali possono rilassarsi o linearizzarsi in seguito a rotture a singolo o doppio filamento. Queste differenti forme possono essere riconosciute facendo migrare i plasmidi su un gel di agarosio e bromuro di etidio, esse corrono infatti a velocità diverse, nonostante le dimensioni siano le stesse. Come si fanno a vedere queste tre forme? E’ possibile distinguere le tre forme su un gel di agarosio, quindi mediante elettroforesi, dunque per poter distinguere le varie forme di plasmide facciamo una corsa su agarosio in campo elettrico, La mobilità elettroforetica dipende dalla carica, dalla dimensione e dalla forma. Come si prepara un gel di agarosio? • Si usano diverse percentuali di agarosio a seconda del frammento di DNA che si vuole osservare. • In media quello usato più frequentemente è quello con 1,5-2%, mediante il quale è possibile vedere molecole di grandezza compresa tra le 20 e le 2000 bp (paia di basi), dunque proprio la grandezza di un plasmide. PLASMIDI MODIFICATI VETTORI DI CLONAGGIO ColE1, plasmide naturale di E.Coli, è stato il primo plasmide a essere utilizzato negli esperimenti di biologia molecolare ma da questo si sono ottenuti tanti altri plasmidi che sono successivamente stati modificati per specifiche esigenze di laboratorio. I plasmidi per essere utili devono avere piccole dimensioni, infatti nel tempo le dimensioni sono state ridotte; è importante che le dimensioni siano piccole perché essi servono appunto per ‘’trasportare’’ frammenti che si vogliono inserire in altre cellule, più piccolo è il plasmide più grande è il frammento che si può inserire; il fatto che sia di piccole dimensioni aumenta anche la resa nel trasferimento. Essi come già detto devono avere origine di replicazione autonoma e, molto importante, devono possedere dei marcatori selezionabili. I marcatori ci permettono infatti di selezionare le cellule batteriche che hanno acquisito il plasmide. Devono inoltre avere dei siti di restrizione, altrimenti non possono essere inseriti frammenti all’interno. I plasmidi storicamente più utilizzati nella tecnologia del DNA ricombinante sono pUC18 e pBR322. pBR322 è il capostipite dei vettori plasmidici, esso rappresenta il primo vettore costruito utilizzando componenti di plasmidi naturali. Esso ha la sua origine di replicazione (in verde) Ha due marcatori di resistenza ad antibiotici ampicillina e tetraciclina (AmpR e TetR), essi contengono entrambi diversi siti di riconoscimento per enzimi di restrizione che compaiono una sola volta nell’intera sequenza plasmidica (PstI, EcoRIBamHI e molti altri) Ha inoltre dei siti di clonaggio. Più evoluti sono i plasmidi pUC. Li definiamo più evoluti in quanto, oltre a presentare origine di replicazione e marcatori dell’antibiotico- resistenza, i plasmidi pUC sono caratterizzati dalla presenza di un altro marcatore: il gene lacZ, l’attività di questo gene permette di screenare attraverso una colorazione bianco-blu le cellule che sono state trasformate. All’interno di lacZ, c’è un sito multiplo chiamato MCS, sito multiplo di clonaggio, dove ci sono una serie di siti per enzimi di restrizione, che naturalmente sono siti unici di riconoscimento. Ricordiamo che il gene lac codifica per la β- galattosidasi. Da questi vettori sono derivati tantissimi nuovi vettori chiamati vettori di clonaggio. Più piccolo è il vettore più facile è introdurlo in un batterio, dalla dimensione del plasmide dipende anche l’efficienza di trasformazione, noi dobbiamo puntare ad avere efficienze di trasformazioni elevate. I metodi di trasformazione di un batterio, e qui parliamo di E.Coli, possono essere fisici o chimici, esistono anche metodi biologici, quali la lipofezione, ma non verranno trattati. Metodi chimici: Prevedono il trattamento delle cellule con cloruro di calcio 𝐶𝑎𝐶𝑙2. Si fanno crescere le cellule in opportuni terreni di coltura, dopodichè si centrifugano e si sospendono in una soluzione di cloruro di calcio. Il procedimento deve avvenire a freddo. Metodi fisici: • Shock termico (i tubini si mettono all’interno di un blocco termostatato a 42°C) • Elettroporazione • Microiniezione Con l’elettroporazione si hanno frequenze di trasformazione circa 1000 volte superiori rispetto ai metodi chimici: CaCl2=tra 106 e 107 µg di DNA plasmidico Elettroporazione= tra 108 e 109, talvolta fino a 1010 µg di DNA plasmidico. METODI DI TRASFORMAZIONE CaCl2: STEP 1: RENDERE LE CELLULE COMPETENTI 1. Si coltivano i batteri nel terreno liquido in agitazione 2. Si raccolgono le cellule per centrifugazione 3. Si risospendono in una soluzione di CaCl2. La provetta deve essere tenuta in ghiaccio, il trattamento deve essEre effettuato a +4°C 4. Si fanno delle aliquote e si conservano a -70°C Per ottenere la massima resa di cellule competenti, ovvero il maggior numero possibile di esse è necessario trattare con CaCl2 una popolazione batterica in intensa fase di crescita=si devono trovare in fase esponenziale STEP 2: TRASFORMAZIONE DI CELLULE COMPETENTI CON DNA PLASMIDICO 1. Si aggiunge il DNA alle cellule competenti 45 minuti in ghiaccio 2. Il DNA comincia ad aderire ai batteri Shock termico 2 minuti a 42°C 3. Il DNA entra nei batteri poiché nel frattempo sulla parete batterica si sono aperti i pori 4. La provetta va inserita nuovamente in ghiaccio 5. Periodo di recupero a 37°C in presenza di terreno che permette la replicazione del DNA plasmidico nelle cellule in cui è entrato STEP 3: INDURRE E.COLI A DIVENTARE UN BATTERIO COMPETENTE, DUNQUE TRASFORMAZIONE CON 𝑪𝒂𝑪𝒍𝟐 E.Coli come abbiamo già detto non è un batterio naturalmente competente, quindi deve essere indotto a diventare cellula competente: I batteri E.Coli vengono trattati con CaCl2 in presenza di plasmidi per diventare competenti. Dopo questo trattamento escherichia coli è in grado di acquisire DNAa doppio filamento e perciò di viene relativamente facile la sua trasformazione con DNA plasmidico Perché il cloruro di calcio? Ebbene, il cloruro di calcio genera dei ‘’buchi’’ nella membrana dei batteri rendendoli capaci di incorporare DNA. Inoltre gli ioni di Ca+2 carichi positivamente mascherano le cariche negative dei gruppi fosfato presente nel DNA favorendone l'ingresso nella cellula. (Non sono risposte certe bensì teorie) ENZIMI DI RESTRIZIONE In foto possiamo vedere un esempio di taglio mediante l’enzima EcoR1, che è un enzima di restrizione che taglia creando delle sticky ends, cioè dei frammenti con estremità a singolo filamento ‘’appiccicose’’ , EcoR1 insieme a molti altri enzimi di restrizione dà dunque origine a estremità coesive, altri enzimi fanno dei tagli netti (estremità piatte). In un classico esperimento di clonaggio il plasmide viene tagliato insieme al DNA donatore con lo stesso enzima EcoR1. In foto possiamo vedere anche la sequenza riconosciuta da EcoR1. Gli enzimi infatti tagliano in punti precisi dove riconoscono le sequenze palindrome Come già detto gli enzimi di restrizione possono dare origine a estremità piatte o coesive. Nel caso di EcoR1, le estremità vengono unite grazie all’azione di DNA ligasi, dando origine al PLASMIDE RICOMBINANTE E’ il plasmide che avremmo utilizzato in laboratorio. Bluescript è un phagemid, ovvero un plasmide con origine fagica. Esso è molto più piccolo di pBR322(esso ha una grandezza di 4361 bp), Bluescript 2960bp, infatti col tempo le dimensioni dei plasmidi si sono ridotte sempre di più. Bluescript, a differenza di pBR322, non esiste in natura ma è stato creato in laboratorio, in modo da adattarsi appieno alle esigenze scientifiche. Questi vettori sono commercialmente disponibili, si comprano, non devono sempre essere fatti in laboratorio. Bluescript presenta un marker di selezione (o marcatore selettivo), ovvero il gene AMP che gli dà resistenza all’ampicillina. Esso ha l’origine di replicazione di E.Coli e ha un Sito Multiplo di Clonaggio, che si trova all’interno del frammento del gene LacZ, il primo dei tre dell’operone Lac; MCS contiene all’incirca 21 enzimi di restrizione ed è inserito in questo il primo gene LacZ, che funge da secondo marker di selezione. Gene Amp= MARCATORE SELETTIVO Codifica per l'enzima beta-lattamasi che catalizza l'idrolisi dell'Ampicillina, il vantaggio è che se noi facciamo crescere i batteri in presenza di ampicillina, il batterio che è stato trasformato cresce, quello che non è stato trasformato muore, dunque consente di selezionare i cloni delle cellule trasformate in terreni di coltura solidi contenenti Ampicillina. IL PLASMIDE pBLUESCRIPT II sk DH5ALPHA: Cellule di E.Coli modificate Abbiamo visto il vettore che avremmo utilizzato in laboratorio. Le cellule che avremmo utilizzato invece sarebbero state quelle del ceppo batterico di E.Coli DH5ALPHA. Perché proprio questo ceppo? Esso è molto utilizzato perché supporta lo screening BLU- BIANCO, inoltre è tale da aumentare la stabilità dell’inserto e quindi migliorare la qualità stessa dei plasmidi nel caso in cui si facesse una miniprep*. Cos’ha di particolare? Esso possiede alcune mutazioni, tra cui c’è la mutazione delta del gene LacZ, che è assente in DH5ALPHA per cui il batterio (non trasformato) in presenza di lattosio o analoghi, sicuramente non potrà crescere, a differenza del batterio trasformato che potrà crescere grazie a una complementazione di LacZ con il vettore: Essendo bluescript LacZ+ (ha LacZ) e DH5ALPHA LacZ- (poiché mutato), i batteri trasformati dal nostro plasmide diverranno LacZ+. *La Miniprep (o minipreparazione di DNA plasmidico) è una tecnica di laboratorio utilizzata in biologia molecolare per l'estrazione, su piccola scala, di DNA plasmidico dai batteri trasformati che lo contengono. Le miniprep sono utilizzate durante i processi di clonaggio per analizzare cloni batterici ATTIVITA’ BIANCO- BLU: Test colorimetrico di screening Colony with insert Colony with no insert 17 IMIZNITEIRIZAO COSTO * 2000 euro BLOCCO TERMOSTATATO 50 500euro Ì Di PIASTRA PETRI CON AGAR CESTELLO 100euro ad © ® @ > € MICROPIPETTA Set completo 450euro 0° e o”, ne, X-Gal kit 300euro oarore #2”. BECCO BUNSEN 250euro TUBINI A FONDO CONICO DA 1,5ml PASSAGGI IN LABORATORIO 1. Avremmo lavorato con cellule DH5ALPHA già rese competenti (ricordiamo che per renderle competenti avremmo dovuto effettuare trattamento con CaCl2), avremmo fatto scongelare (sempre in ghiaccio) le aliquote conservate 2. Aggiungere il DNA plasmidico alle cellule rese competenti, poi di nuovo subito in ghiaccio 3. Shock termico, successivamente subito in ghiaccio 4. Si prende un’aliquota o tutta l’aliquota e si piastra su un terreno con Ampicillina (mediante un’ansa) 5. Incubazione overnight a 37°C STEP 4: Piastrare: Prendiamo tutta l’aliquota (100 µL) e la piastriamo su un terreno solido LB Agar con opportuni antibiotici e con X-Gal (ci permetteranno di capire se è avvenuta la trasformazione), il tutto mediante un’ansa: Viene effettuato tutto in sterilità mediante passaggio su becco Bunsen. Si prende la piastra e si versa il contenuto dei tubini e si piastra mediante l’utilizzo dell’hockey stick (creato in laboratorio) STEP 5: Incubazione overnight a 37°C, con piastre Petri capovolte(!) RISULTATO: Il fatto che si vedano solo colonie blu è dovuto al fatto che avremmo fatto un’attività non di clonaggio bensì solo trasformazione, quindi tutti i plasmidi sarebbero stati senza inserto Queste sono le colonie la cui attività della betagalattosidasi è funzionante, complementata come abbiamo detto del nostro vettore bluescript che ha LacZ+ (Il concetto è più complesso di così, ricordiamo che si tratta di un’alfacomplementazione) EFFICIENZA DI TRASFORMAZIONE: • L'efficienza di trasformazione è un parametro indicativo della “qualità” dei nostri batteri competenti. Valutare la qualità di uno stock di batteri vuol dire determinarne la loro "propensione" ad essere trasformati, e quindi la loro competenza. Un'efficienza di trasformazione molto alta è indice di una buona qualità del nostro stock. A lato formula per calcolare l’efficienza di trasformazione→ • Ricordiamo che l’efficienza di trasformazione con CaCl2 è inferiore rispetto all’efficienza dell’elettroporazione, ma è sufficiente per esperimenti di laboratorio di biologia molecolare. • Anche i batteri sono stati ingegnerizzati, come ad esempio il ceppo di cui abbiamo parlato fino ad ora, DH5ALPHA, è stato ingegnerizzato per ottenere massima efficienza di trasformazione, infatti LacZ è solo una delle tante mutazioni che ha, che servono tutte a rendere massima l’efficienza di trasformazione e dunque i risultati del clonaggio. Tutorial: Conta colonie blu su piastra tramite ImageJ Al termine dell’esperienza in laboratorio, in seguito all’incubazione overnight a 37°C con piastre di Petri capovolte, ognuna con una diversa quantità di DNA plasmidico (50,100 e 200 pg), avremmo potuto procedere, il giorno successivo, con la conta delle colonie di batteri su ciascuna delle tre piastre. L’esperimento è stato effettuato dai professori, che hanno successivamente fatto delle foto alle piastre (queste foto possono essere trovate sul sito del Professore Zollo), in modo da permetterci di contare le colonie batteriche cresciute sulle piastre mediante un programma gratuito che si chiama ImageJ. DI SEGUITO GLI STEP DEL TUTORIAL: STEP 1: Scarichiamo le foto e le carichiamo su ImageJ, poi clicchiamo su file→open→aprire una ad una le foto (ce ne sono diverse a seconda della quantità di DNA plasmidico che è stato trasformato) STEP 2: Andare su ‘’analyze’’ e poi ‘’cell counter’’. Questo ci consente in maniera abbastanza semplice di fare la conta delle colonie. Dopo aver cliccato su ‘’cell counter’’, troveremo scritto ‘’initialize’’, che ci permette di iniziare la conta. Successivamente clicchiamo con il mouse su ciascuna delle colonie, dunque su ciascun puntino che vediamo sulla piastra, così ci uscirà in alto, man mano che clicchiamo, il numero delle colonie. Fatto questo quindi, per ogni piastra, andiamo a riportare il numero di colonie su ciascuna piastra su un file Excel. Ottenuto questo numero, possiamo andare a calcolare l’efficienza di trasformazione. T-TEST Effettuato il calcolo dell’efficienza di trasformazione, dobbiamo capire se il nostro esperimento abbia significato dal punto di vista statistico oppure no. Quello che si applica è un metodo statistico chiamato Test di Student, o T-Test. Esso ci serve a capire quanto i nostri risultati siano dovuti al caso: Il T-Test viene infatti utilizzato per comparare la media dei risultati di due serie di esperimenti, al fine di valutare la significatività delle variazioni ottenute. Il valore che noi otterremo, espresso in percentuale, ci indicherà la probabilità che tali variazioni siano dovute ‘’al caso’’. Valori di probabilità bassi, cioè valori che si avvicinano allo 0 (<0,05=5%) sono indice di una buona significatività dei nostri risultati, minore è questo valore maggiore è la possibilità che il nostro esperimento non sia dovuto al caso. Se il risultato del T-Test è inferiore a 0,05 allora possiamo considerare i risultati dell’esperimento statisticamente significativi; Se invece il risultato del T-Test è uguale o maggiore a 0,05 allora l’esperimento non è significativo dal punto di vista statistico ma sono semplicemente dovuti al caso. Essendo la formula del T-Test abbastanza complessa, il foglio Excel che ci è stato caricato, presenta già il calcolo preimpostato, dunque una volta caricati i risultati della conta effettuata con ImageJ, troveremo già il calcolo fatto in modo da capire se l’esperimento sia stato statisticamente significativo oppure no. Troveremo inoltre 4 cartelle dove sono caricate le foto delle piastre e un compendio.
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