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lavandare - commento - letteratura italiana, Appunti di Letteratura

breve commento

Tipologia: Appunti

2012/2013

In vendita dal 06/06/2013

maria.sogne1
maria.sogne1 🇮🇹

3.7

(3)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica lavandare - commento - letteratura italiana e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! LAVANDARE In Lavandare (Myricae 1894) troviamo gli stessi luoghi della poesia Arano, con le sue nebbie ed un aratro, che questa volta pare dimenticato. Il poeta parla di un altro semplice lavoro quello delle lavandaie,di cui si sente,peraltro, solo il suono. Ma il loro canto diffonde un’insinuante sensazione di malinconia di abbandono; parla di qualcuno che se n’è andato, lasciando chi è rimasto nella desolazione, come l’aratro dimenticato nel campo della prima terzina. Il componimento è un madrigale, composto di due terzine e di una quartina di endecasillabi con schema ABA CBC DEDE; tra i versi 7 e nove la rima è sostituita da un’assonanza. Questa poesia riflette il significato del titolo della raccolta Myricae (traduzione latina di tamerici), i piccoli arbusti sempreverdi. Nella loro semplicità ed insieme nella loro intensità evocativa queste umili piante riconducono al duplice significato della poesia pascoliana: quello del rilievo dato all'oggetto modestamente quotidiano e quello dell'imprevista connotazione simbolica ad esso attribuita. Infatti il testo è costruito su una struttura in evoluzione, che presenta una descrizione realistica nelle prime due strofe ed una successiva correzione simbolica: la campagna autunnale, il lavoro dei campi, la fatica di un gruppo di lavandare e le loro cantilene non si risolvono in una descrizione realistica di un sereno bozzetto campestre, ma evocano riposte corrispondenze, diventando espressione di uno stato d'animo turbato ed inquieto. A livello strutturale nella prima strofa della lirica prevale l'elemento visivo: il campo mezzo grigio e mezzo nero, l'aratro, la nebbia. Nella seconda e nella terza strofa dominano le notazioni uditive: lo sciabordare delle lavandare," i tonfi dei panni, il ritornello. La cantilena popolare e la notazione paesistica delle foglie che cadono dai rami degli alberi (nevica la frasca) esprimono uno stato d'animo di tristezza e di malinconia, riprendendo le immagini degli stornelli popolari marchigiani, i quali costituiscono la fonte del canto d'amore e della solitudine della lavandaia. II ritorno al v. 10 dell'immagine dell'aratro del v. 2 - la donna è rimasta sola come l'aratro in mezzo al campo non arato - ribadisce il tema di fondo del componimento: la condizione esisten ziale dell'uomo di isolamento e solitu dine. II linguaggio vuole rendere il realismo della descrizione: ogni parola viene impiegata nel suo significato più immediato e letterale, senza ambiguità, anche l'uso transitivo di nevica (v. 7) conferisce all'azione maggior realismo. Si noti l'uso di un lessico tecnico-gergale (gora - maggese) e ono matopeico: i versi lo sciabordare delle lavandare / con tonfi spessi e lunghe cantilene imitano il suono dell'azione dei panni sbattuti nell'acqua con la rima interna sciabordare ... lavandare, che prolunga la sensazione uditiva. Infine la struttura della quartina è diversa da quella delle strofe precedenti: mancano gli enjambements, la misura sintattica coincide con la misura ritmica del metro, come nella poesia popolare, e anche l'adozione della rima imperfetta (frasca/rimasta) ricorda la metrica popolare. A una prima lettura la poesia pascoliana dà l’impressione di una inconsueta facilità: canta infatti le cose semplici e umili della campagna con un linguaggio che talora può sembrare ingenuo e fanciullesco, ricco com’è di onomatopee che riproducono i suoni della natura. Per Pascoli, del resto, come egli stesso scrive in una pagina divenuta famosa, la poesia è la voce del «fanciullino» che si nasconde nell'animo di ogni uomo e os-serva con occhi ingenui il mondo, coglie le relazioni misteriose tra le cose, «impicciolisce per poter vedere, ingrandisce per poter ammirare [...], parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle». Ma questa semplicità è solo apparente, in effetti la poesia pascoliana racchiude in sé una straordinaria ricchezza e complessità di temi e di tecniche espressive. Essa sì colloca ormai al di là della rappresentazione oggettiva, ordinata e razionale del reale, propria per un verso degli scrittori veristi. Per l’altro del Carducci. Pascoli infatti è convinto che la realtà nasconda sempre un significato più profondo che non può essere indagato con gli strumenti della ragione ecco perché una delle componenti della sua poesia è il simbolismo presente soprattutto nei componimenti
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