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Lavorare per buone prassi, Sintesi del corso di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale

Materiale sintetico per esame di metodologie di Servizio sociale in ambiti complessi (Univr)

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 30/01/2021

Ascigabubule
Ascigabubule 🇮🇹

4.4

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Scarica Lavorare per buone prassi e più Sintesi del corso in PDF di Metodi E Tecniche Del Servizio Sociale solo su Docsity! LAVORARE PER IL BENE: BUONE PRETICHE DEL SERVIZIO SOCIALE CAPITOLO 1: COSA SIGNFICA” BUONE PRASSI”? (APPROCCIO CRITICO RIFLESSIVO di Harry Ferguson) Nel Servizio Sociale si tende a concentrarsi su cosa non vada, l’approccio critico alle buone prassi parte da ciò che invece va benestrategia capace di evidenziare cosa hanno fatto di buono gli operatori per i loro utenti. Buona pratica quando gli operatori hanno usato al capacità di riflettere criticamente invece di seguire la prassi cultura di ciò che non va: es Nell’adozione sappiamo cosa non è andato bene (perché tornano i genitori in difficoltà) ma come possiamo sapere cosa è andato bene (se non manteniamo un contatto i genitori che se la stanno cavando non tornano ai servizi). Questo focus porta una visione negativa. Mancano informazioni sugli interventi andati benedenigrazione del lavoro sociale perché vengono osservate solo le difficoltà. Serve che la professione sia maggiormente consapevole dei propri successi. IN CERCA DI BUONE PRASSI: manca una definizione unica di buone prassi. Sono costruzioni sociali, dunque contestualizzate nel tempo e nello spazio. Quali sono i criteri in base a cui definire la bontà di una passi? Chi li definisce? Filone della pratica basata sulle evidenze empiriche; in UK le linee guida dei servizi pubblici prescrivono agli operatori sociali di basare le loro decisioni sui dati su ciò che funziona piuttosto che sulle loro opinioni. Ciò che va bene non per forza deve essere dimostrato scientificamente (può non sentirsi il bisogno di verificare, mancanza di fondi, mancanza di tempo)utilizzo GRUPPI DI CONTROLLO: servono mede, percentuali, probabilità La prassi non è buona solo perché funziona, è necessaria attenzione critica a tutti i processi (validità di processo). Si può imparare molto anche da cosa non ha funzionato. Bisogna considerare tutto il processo e capire quali significato attribuissero alle esperienze. Bisogna considerare anche l’analisi delle narrazioni proprie delle persone che giudichino ce l’intervento è stato fatto con bontà LAVORO SOCIALE CRITICO E RIFLESIVO: cosa si intende per “critico”? approccio per comprendere il mondo, provare a cambiarlo migliorandolo. Comparse negli anni 70 nascita del movimento del LAVORO SOCIALE RADICALE: reazione ad una professione dominata dal casework (tendenza alla psicanalisi e a ricondurre i problemi ai deficit degli studenti). Corsi di SS dominati da teorie psicologiche con poca attenzione alla dimensione sociologica e politica. Case work tradizionale come metodo per controllare poveri ed oppressi. Il professionista e il suo modo di osservare era parte del problema più che della soluzione. Marx: gli operatori sociali raffreddano la rabbia dei proletari bloccando il potenziale rivoluzionario del cambiamento politicoASS come persone da cui diffidare Racconto dell’autore: quando ha cominciato a lavorare gli ASS cercavano di affermare una nuova identità (es collega dichiaratamente gay e vestito con abiti sgualciti) I RADICALI usavano abiti dismessi per apparire più in sintonia con gli utenti. Accettazione e inclusione delle differenze 80: es femminismo, disabilità, omosessualità. Gli Ass sviluppano la consapevolezza di affrontare le discriminazioni sviluppo di una pratica antidiscriminatoria e anti oppressiva che sono diventate parte integrante della teoria e della pratica professionale scompare la distanza noi-loro e operatori -utenti 2000 dignità e valorizzazione della professione. Per Shaw è fondamentale il coinvolgimento deli operatori bel processo di ricerca per raggiungere la riflessività. Idea di PRATICA RIFLESSIVA e OPERATORE RIFLESSIVO secondo cui gli operatori COSTRUISCONO CON CREATIVITA’ il proprio lavoro- necessità di superare le affermazioni teoriche e affermare ciò che vada fatto in pratica. BRECHIN: pratica critica capace di integrare 4 livelli di conoscenza:  uso critico e riflessivo di sé e delle abilità di base  lavoro sui valori che rispettano gli altri come eguali  approccio aperto alla pratica  comprensione delle situazioni individuali TRADIZIONE RADICALE/CRITICA DEL LAVORO SOCIALE opposizioni tra il sistema che non va e gli utenti buoni  Sistema oppressivo detiene il potere/gli utenti senza potere  Sistema manageriale oppressivo/gli operatori sono vittime senza potere NB il sistema è co costruito tra operatori e utenti POSTMODERNISMO ritiene che i discorsi e le pratiche siano attraversati dal potere. Le conoscenze del lavoro sociale non son esclusiva degli esperti poiché la conoscenza è situata nella relazione. Nuova teoria che include la comprensione delle relazioni delle emozioni delle persone. Apertura verso le comprensioni delle relazioni e delle emozioni delle persone (complessità delle persone - non solo bianche e nere) RICONOSCIMENTO DEL VALORE DEL POTERE: gli utenti involontari del servizio sono più di un terzo. Operatori danno per scontato che gli utenti vogliano essere aiutati. Alcune persone sono pericolose per sé e gli altri ed è necessario imporre la limitazione delle libertà (buona prassi dignifica interrogarsi su cosa fare in questa situazione per non aggravare la situazione dei soggetti coinvolti. Il potere non è oppressivo ma va utilizzato beneAUTORITA’ BUONA Erosione dell’autonomia degli operatori socialicausa del controllo dello stato Per Cooper e Lisafa la mente degli operatori e dei manager è stata colonizzata dalle regole e dalle procedure. Contesto altamente managerializzato NB ci possono essere buone prassi anche in sistemi altamente gerarchizzati Es caso famiglia irlandese: tutela minori, violenza familiare e disabilità  Famiglia nomade irlandese con 8 figli di età tra 2 e 15 anni di cui alcuni con disabilità. La scuola degnala al Servizio sociale la situazione di incuria dei ragazzi e i maltrattamenti subiti dalla madre da parte del padre violento. La donna riesce a confidare che temeva che lui bruciasse la roulotte con tutti dentro poi negava e ritirava le denunce. Cosa è stato fatto di buono? Assicurare la sicurezza dei figli/verificare le capacità genitoriali dei genitori. In questo caso si è cercato di migliorare la situazione dei ragazzi e della madre. Per poterlo fare è necessario che gli stessi operatori siano al sicuro (es visite insieme ad un educatore che quando il padre si innervosisce si avvicina alla porta proponendogli una sigaretta). Le ricerche mostrano il diverso coinvolgimento madre/padre nell’intervento in caso di segnalazioni di uomini violenti. Le donne vengono coinvolte maggiormente e viene valutata la loro capacità facendole sentire colpevoli della situazione (è corretto valutare le competenze genitoriali di entrambi per valutare le loro capacità tuttavia bisogna aiutare a donna a comprendere che l’osservazione di entrambi costituisce una passi per poter aiutare al meglio la famiglia). Qualora la situazione lo richiedesse, l’ASS ha l’obbligo di mettere in sicurezza madre e bambini (anche se il Tribunale è spesso titubante rispetto alla messa in sicurezza degli adulti), anche quest’azione va contestualizzata altrimenti la donna può sentirsi “in gabbia” e sentire che il rivolgersi ai servizi abbia solo aumentato il suo disagio. Quando si lavora con persone obbligate dall’autorità giudiziaria è consigliabile lavorare all’interno della messa alla prova e che sappia che se non migliorerà verrà sanzionato, i programmi che hanno più successo sono quelli di gruppo, aiutano la persona a capire quando la rabbia stia aumentando e come contenerla. I colloqui di coppia avrebbero comportato rischi per la sicurezza della donna dal momento che l’uomo non si sentiva responsabilizzato, sarebbe stata al sicuro dalle violenze solo durante i colloqui. È opportuno il lavoro di coppia solamente alla conclusione del programma di intervento e dopo almeno 6-12 mesi in cui non si fossero manifestati episodi di violenza. Evitare i discorsi in cui la violenza viene riportata all’alcool (de responsabilizzazione). Il periodo più rischioso per la donna è quello subito dopo che la donna si muove per proteggersi. Allontanare la madre avrebbe potuto aumentare l’aggressività peggiorando ancor più la situazione. Interventi di controllo e specificità culturali: nomadi (più oppressi, mortalità infantile, aspettativa di vita e razzismo). Vanno considerate le questioni legate alle etnie e alla cultura famigliare. Contestualizzare: difficile prendersi cura dei bambini in una roulotte (scaricare ed esternalizzare la colpa). Gli operatori non hanno iper responsabilizzato la coppia ma hanno contestualizzato la loro condizione abitativa. Affidamento fuori discussione per caratteristiche culturale, rischio di colpevolizzazione della famiglia, divisione della famiglia dal contesto, rischio fuga (problema: assenza di famiglie nomadi disponibili) Conclusioni: non agire per schemi ma contestualizzare e riflettere. L’approccio critico alle buone prassi supera la cultura del deficit CAP 6 NEGOZIARE COLLABORAIONE: UN COLLOQUIO CON UN PADRE VIOLENTO PT2: negoziazione e l’assesment vanno considerati alla base dell’intervento ed è fondamentale coinvolgere le persone negli interventi e nel pianificare i servizi ASSESMENT NEL LAVORO SOCIALE: la letteratura di SS dà ancora troppa poca importanza alla valutazione Tra 60 e 70: assesment considerato una fase fondamentale degli approcci centrati sul compito-base per pianificare gli interventi 80: con il passaggio dal case management al managerialismo nuove introduzioni di misure di controllo Ventunesimo secolo nuova visione iniziale come riflessivo e dialogicoaumento elle griglie di assesment. Però non bisognerebbe limitarsi a compilare alla tabella. Deve essere una linea guida e non il massimo della valutazione da fare, va presa come punto di partenza
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