Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Ruoli e Funzioni dei Consultori nella Legge 194/78 sull'IVG - Prof. Sarzotti, Prove d'esame di Filosofia del Diritto

La legge 194/78, che consente alle donne di richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza in un ospedale pubblico entro i primi 90 giorni di gestazione. Il documento tratta anche dei ruoli e delle funzioni dei consultori in relazione alla materia di legge. I consultori familiari assistono la donna in stato di gravidanza e hanno il compito di esaminare con lei le possibili soluzioni ai problemi che la portano a richiedere l'interruzione, di aiutarla a rimuovere le cause e di promuovere interventi atto a sostenere la donna.

Tipologia: Prove d'esame

2022/2023

Caricato il 04/01/2024

giorgia-rittano
giorgia-rittano 🇮🇹

7 documenti

1 / 34

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Ruoli e Funzioni dei Consultori nella Legge 194/78 sull'IVG - Prof. Sarzotti e più Prove d'esame in PDF di Filosofia del Diritto solo su Docsity! L’ABORTO DA MUSSOLINI AI NOSTRI GIORNI RITTANO GIORGIA RUIS LAURA SUSCA DARIA MARIA INDICE Mussolini: il numero è la forza …………………….………………………………………………………………….…1 La politica natalista………………….……………………………………………………………………………………….…1 I provvedimenti legislativi…………………………………………………………………………………………………...3 Il codice Rocco…………………………………………………………………………………………………………………….4 Primi passi verso la libertà…………………………………………………………………………………………………..5 Come si è giunti alla legge 194 …………………………………………………………………………………………..8 La legge 194 e i suoi articoli ……………………………………………………………………………………………….11 L’opposizione antiabortista ………………………………………………………………………………………………..22 Procedimento medico per l’interruzione di gravidanza………………………………..…………………….22 Obiezione di coscienza……………………………………………………………………………………………………….23 Come tutela la politica italiana l’aborto?................................................................................25 Il lavoro e la maternità……………………………………………………………………………………………………….26 Il pensiero dei Provita………………………………………………………………………………………………………..27 I provvedimenti legislativi Numerosi furono i provvedimenti legislativi con cui il regime cercò di incrementare il tasso di natalità. Furono attuate misure punitive come la tassa sui celibi, istituita nel 1927, dove, oltre all’importo che variava in base all’età, si aggiungeva un’aliquota che variava in base al reddito dell’individuo. L'importo era devoluto all'Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Viceversa, furono previsti esenzione dalle tasse o riduzioni fiscali per le famiglie numerose, premi per le madri prolifiche, premi di nuzialità e di natalità a carico dello stato e di enti pubblici. Mussolini, con i suoi provvedimenti legislativi, previde inoltre delle conseguenze positive per le famiglie con 1 o più figli. Queste conseguenze erano dei premi o degli incentivi per favorire l’aumento demografico. I celibi (persone single, senza un partner) furono inoltre discriminati sul lavoro; infatti, in caso di assunzione o promozione veniva data la precedenza agli uomini coniugati e fra questi a quelli con figli. Negli impieghi pubblici furono favoriti i coniugati e i padri di numerosa prole e lo stato di coniugato o di vedovo con prole divenne requisito essenziale per la nomina a podestà. Furono previsti poi gli assegni familiari a favore di tutti i lavoratori dipendenti coniugati con figli e prestiti matrimoniali. Vi furono quindi molte facilitazioni per le famiglie, mentre ostacoli per gli individui senza coniugi o figli. Il codice Rocco Il reato di informazione contraccettiva non nasce con il codice Rocco. Le prime azioni repressive erano state introdotte nel 1926 con il Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza. All’art. 112 si vietava la diffusione di scritti o disegni «offensivi della morale, del buon costume» e all’art. 113 si precisava che erano considerati tali anche gli scritti che fornivano informazioni sui mezzi atti a interrompere la gravidanza, e sul modo di procurarseli. Con un altro articolo, il 115, si vietava l’inserzione sui giornali di avvisi concernenti mezzi antifecondativi. Successivamente si vietò la registrazione di farmaci che avessero proprietà anticoncezionali e anche la registrazione di presidi medici o chirurgici che praticavano metodi anticoncezionali. L’azione più forte e repressiva arriva però con il Codice penale Rocco. Il 19 ottobre 1930, con il Codice Rocco, l’aborto divenne ufficialmente un reato contro «l’integrità e la sanità della stirpe» . L’ Art. 545. Aborto di donna non consenziente. Chiunque cagiona l'aborto di una donna, senza il consenso di lei, è punito con la reclusione da sette a dodici anni. Art. 546. Aborto di donna consenziente. Chiunque cagiona l'aborto di una donna, col consenso di lei, è punito con la reclusione da due a cinque anni. La stessa pena si applica alla donna che ha consentito all'aborto. Si applica la disposizione dell'articolo precedente: 1. se la donna è minore degli anni quattordici, o, comunque, non ha capacità d'intendere o di volere; 2. se il consenso è estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero è carpito con inganno. Art. 547. Aborto procuratosi dalla donna. La donna che si procura l'aborto è punita con la reclusione da uno a quattro anni. Art. 548. Istigazione all'aborto. Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato preveduto dall'articolo precedente, istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole mezzi idonei, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni). Art. 549. Morte o lesione della donna. Se dal fatto preveduto dall'articolo 545 deriva la morte della donna, si applica la reclusione da dodici a venti anni; se deriva una lesione personale, si applica la reclusione da dieci a quindici anni. Art. 550. Atti abortivi su donna ritenuta incinta. Chiunque somministra a una donna creduta incinta mezzi diretti a procurarle l'aborto, o comunque commette su lei atti diretti a questo scopo, soggiace, se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della donna, alle pene rispettivamente stabilite dagli articoli 582, 583 e 584. Qualora il fatto sia commesso col consenso della donna, la pena è diminuita. Art. 552. Procurata impotenza alla procreazione. Chiunque compie, su persona dell'uno o dell'altro sesso, col consenso di questa, atti diretti a renderla impotente alla procreazione è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire cinquantamila a duecentomila. Alla stessa pena soggiace chi ha consentito al compimento di tali atti sulla propria persona. Art. 553. Incitamento a pratiche contro la procreazione. all’arresto del presidente del PR (Partito Radicale) Gianfranco Spadaccia, della segretaria del centro di informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (CISIA) Adele Faccio e di Emma Bonino, militante radicale; i tre si autodenunciano alle forze di polizia per aver praticato aborti. Da questo momento, anche in seno ad una Italia coinvolta da manifestazioni, proteste e da una rivoluzione culturale e sessuale, molti partiti si uniscono alla campagna abortista già fortemente sostenuta dal PR, tra questi i partiti socialisti PSI e PSDI, i partiti laici PRI E PLI, gli aderenti al gruppo de il Manifesto e il PCI. “L’utero è mio e lo gestisco io”, questo era lo slogan che negli anni ’70 riecheggiava nelle maggiori piazze italiane e che metteva in evidenza un principio dirompente e totalmente nuovo nella storia di genere: il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo. Dunque, era giunto il tempo di affermare una libertà di scelta, sia sul piano sessuale sia su quello della maternità; per la prima volta le donne rivendicavano pubblicamente il diritto di decidere se, quando e come avere un figlio: la maternità diventava una scelta. La propaganda diventa uno strumento importante utilizzato dai partiti per invitare le donne, ma anche gli uomini, a far sentire la forza della propria voce e delle proprie scelte: infatti, come diceva Simone de Beauvoir nel suo libro “L’altro sesso”, la condizione di “sudditanza” della donna può essere modificata, tuttavia questa “liberazione” non deve essere portata avanti solo ed esclusivamente dalla donna; l’impegno deve essere collettivo, profuso dalle donne e dagli uomini insieme, perché l’obiettivo generale di cui il femminismo si deve fare portatore è quello di spezzare il legame di dipendenza della donna dall’uomo, arrivando al riconoscimento reciproco della dignità e della libertà dei due sessi. I manifesti utilizzati nella propaganda abortista sono molti e tutti con un unico obiettivo: quello di orientare il comportamento dei loro destinatari, in questo caso cercando anche di influenzare il pensiero preesistente o di dare conferme e forza a pensieri già insiti negli individui (messaggi non verbali-iconici-intenzionali). Per la donna era giunto il tempo di lottare per qualcosa che avrebbe segnato un grandissimo passo in avanti anche per tutte le donne del futuro. Ben presto una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti presentò una richiesta di referendum abrogativo degli articoli nn. 546, 547, 548, 549 2º Comma, 550, 551, 552, 553, 554, 555 del Codice penale; essi si riferivano ai reati di aborto su donne consenzienti, di istigazione all’aborto, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia. Le firme raccolte furono ben 700 mila; con un Decreto del Presidente della Repubblica Leone, venne fissato al 15 aprile 1976 il giorno in cui si sarebbe svolta la consultazione referendaria. Tuttavia, il primo maggio, si dovette ricorrere allo scioglimento delle Camere. Nel frattempo, in seguito ad una sentenza della Corte costituzionale (n.27 del 18 febbraio 1975), il legislatore dovette adeguare la normativa e, dunque, consentire il ricorso all’IVG per motivi molto gravi. Il 9 giugno 1977 il PSI, PLI, DP, PRI, PCI, PSDI e gli indipendenti di sinistra presentarono congiuntamente alla Camera dei deputati la proposta di legge intitolata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”. Il testo non ebbe problemi a superare il voto della camera e il 18 maggio 1978 venne anche approvato dal Senato. Quattro giorni più tardi, il testo appariva sulla Gazzetta Ufficiale come legge 22 maggio 1978, n.194 e consentiva alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura ospedaliera pubblica nei primi 90 giorni di gestazione; veniva consentito il ricorso all’IVG tra il 4° e 5° mese soltanto per motivi di natura terapeutica. La legge 194 e i suoi articoli Di seguito quanto scritto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: Legge 22 maggio 1978, n. 194 Articolo 1 Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite. Articolo 2 Il secondo articolo tratta dei consultori, delle funzioni a cui essi devono adempiere in relazione alla materia di legge e degli obblighi che hanno nei confronti delle donne in stato di gravidanza: I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo all'ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della Articolo 6 L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Articolo 7 I processi patologici che configurino 1 casi previsti dall'articolo precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell'ente ospedaliero in cui deve praticarsi l'intervento, che ne certifica l'esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell'ospedale per l'intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l'interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna, l'intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all'articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. Articolo 8 L'interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati nell'articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, il quale verifica anche l'inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all'articolo 1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, n. 817, ed al decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta. Nei primi novanta giorni l'interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico- ginecologici. Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo: 1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti nell'anno precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell'anno precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le case di cura potranno scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati. Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell'articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero. Articolo 9 Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dello obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell'ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento dell'abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente. Articolo 10 L'accertamento, l'intervento, la cura e l'eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386. Sono a carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica. Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti Articolo 15 Le regioni, d'intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l'aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative all'educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l'interruzione della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni redigono un programma annuale d'aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale. Articolo 16 Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero. Articolo 17 Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata Il sopra scritto articolo 17 risulta essere stato abrogato dal D.LGS. 1 MARZO 2018, N.21. Articolo 18 Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto. Il sopra scritto articolo 18 risulta essere stato abrogato dal D.LGS. 1 MARZO 2018, N.21. Articolo 19 Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino a lire centomila. Se l'interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l'accertamento medico dei casi previsti dalle lettere a) e b) dell'articolo 6 o comunque senza l'osservanza delle modalità previste dall'articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni; La donna è punita con la reclusione sino a sei mesi. Quando l'interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o senza l'osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e 13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La donna non è punibile. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna, si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti dal quinto comma. Articolo 20 Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l'interruzione della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell'articolo 9. Articolo 21 Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l'identità - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a norma dell'articolo 622 del codice penale. Articolo 22 Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell'articolo 583 del codice penale. L’aborto nel mondo odierno L’aborto in Italia è tutelato dalla legge 194 del 1978. Le donne che decidono di interrompere la gravidanza possono richiederlo, entro i 90 giorni di gestazione, tramite i consultori, il medico di base e l’ospedale, presentandosi con un certificato che testimoni lo stato di gravidanza e un documento che attesti la volontà dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), che verrà effettuata in ospedale. In caso di minor,i è necessario essere in possesso di un’autorizzazione di un tutore o di un giudice tutelare. A meno che non vi siano situazioni di urgenza, l’IVG verrà effettuata dopo minimo una settimana di tempo, per dare alla donna la possibilità di cambiare idea o di riflettere attentamente sulla decisione, grazie alle alternative all’interruzione di gravidanza presentate ad esempio dai consultori (ai sensi dell’Art.5 della legge 194 del 1978). Procedimento medico per l’interruzione di gravidanza Prima della settima settimana di gravidanza è possibile abortire medicalmente, mediante l’assunzione di una serie di pillole che consentono di evitare l’intervento chirurgico (il raschiamento). Le donne, in questo caso, vengono chiamate due volte in ospedale: il primo incontro è per effettuare una serie di esami preparatori, per compilare la documentazione necessaria e per ricevere la prima delle pillole necessaria per il blocco dell’ormone della gravidanza, ovvero il progesterone (la pillola RU486); la seconda volta la donna entra nel day hospital per assumere la seconda pillola e dopo una serie di ore viene effettuata una visita ginecologica per capire se il processo sia andato come desiderato. Il processo di raschiamento, invece, è un intervento effettuato sotto sedazione, in cui il collo dell’utero viene dilatato per rimuovere il feto e per ripulire le pareti uterine, raschiandole con apposito strumento; il ricovero è effettuato in day surgery, perciò in giornata. L’ITG, invece, è l’interruzione terapeutica di gravidanza e viene prescritta dal medico, entro i 180 giorni di gravidanza, per motivazioni che possono essere legate alla salute del feto o della madre (Art.6, legge 194 del 1978): in questo caso viene indotto un parto. Obiezione di coscienza L’Art.9 della legge 194 dice che: “L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento”. Già nell’età moderna, nonostante la secolarizzazione del diritto e la conseguente relegazione nelle sfere private dei campi della morale e della religione positiva, l’obiezione di coscienza era contemplata come possibile eccezione: l’individuo infatti poteva ritenere contraria ai propri principi morali e religiosi una norma, ma per il diritto ciò non lo sottraeva all’obbligo dell’obbedienza, salvo nel caso appunto dell’obiezione di coscienza (C.Sarzotti, Lineamenti di sociologia del diritto). Questo principio è valido ancora oggi: infatti, ciò che rende complesso l’accesso all’IVG e le pari opportunità di usufruire del diritto all’aborto è la quantità di medici obiettori di coscienza in determinate regioni. Ad oggi, gli ultimi dati forniti dal Ministero della Salute sulla quantità di lavoratori nel settore sanitario obiettori di coscienza risalgono al 2019, aggregati per regione e archiviati in forma riservata. Ciò rende difficoltoso capire come venga applicata la legge 194 e quale sia l’accessibilità delle strutture per potersi effettivamente valere del diritto. Una ricerca nel 2021, chiamata “Mai dati”, si pose domande sulle percentuali di obiettori di coscienza ginecologi e operatori sanitari, ma si poterono raccogliere solo dati parziali, che rimasero a lungo. e rimangono ancora, incompleti per la mancata risposta delle strutture, benché fossero stati richiesti attraverso l’accesso civico generalizzato alle singole ASL e ai presidi ospedalieri, attraverso i numeri specifici di ogni struttura. Nonostante tali difficoltà, questa ricerca, condotta da Chiara Lalli e Sonia Montegiove, giunge ai seguenti risultati: - Su 564 ospedali, in 356 si effettua l’IVG, cioè il 63,1%. - Sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri o OSS. Sono inoltre quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%. - In Molise su 29 ginecologi 27 sono obiettori e uno dei due ginecologi non obiettori è part time - Secondo la Relazione del Ministero della Salute i medici non obiettori sono il 35%, ma tale percentuale deve essere abbassata ancora, in quanto alcuni di questi ginecologi non eseguono IVG nelle loro normali mansioni. - L’80% delle strutture della Sicilia e della Sardegna, alla richiesta di accesso civile ai dati, si è rifiutato di fornire. I dati del Ministero della Salute del 2019 inoltre dicono che i medici obiettori superano il 70% in ben 10 regioni italiane, gli anestesisti obiettori sono il 46% con picchi di oltre il 60% nell’Italia insulare e meridionale. Questo obbliga almeno il 5% delle donne a doversi spostare dalla propria regione per i tempi d’attesa troppo lunghi per l’IVG, esse non vengono assistite adeguatamente neppure nell’informazione (cosa contraria alla legge 194, che nell’art.9 dispone che sia obbligatorio, da parte dei medici e dei consultori, seguire comunque la donna nel pre e nel post procedura e nella sua contraccezione successiva) o addirittura vengono indirizzate verso centri privati. Questo accentua enormemente le disparità sociali, penalizzando le donne che non possono permettersi economicamente uno spostamento o un servizio privato per poter accedere ad un diritto che dovrebbe essere tutelato da una legge. I motivi per cui il personale sanitario decide di responsabilità familiari, contro il 27,1% dei padri. Inoltre, la child penalty aumenta all’aumentare dei figli, con una differenza netta tra madri e padri, diminuendo l’occupazione: - per 1 figlio le donne lavoratrici sono il 61,3%, gli uomini lavoratori l’87,9% - per 2 figli le donne occupate sono il 57% e gli uomini l’88,7% - per 3 0 più figli le donne occupate sono del 44,5% mentre gli uomini solo l’83,8% Il pensiero dei Provita Per le donne che decidono di abortire le difficoltà non si fermano all’atto in sé, ma continuano con le conseguenze sociali che esso comporta. A partire dalle stesse associazioni di protesta che si presentano fuori dai presidi ospedalieri, mostrando cartelloni con immagini che cercano di insinuare sensi di colpa nella donna che ha appena abortito, e brandendo simboli religiosi, come rosari, per evidenziare il peccato commesso. Questi scenari purtroppo non sono solo nei film o nelle serie televisive, ma succedono realmente e queste associazioni sono protette dalla libertà di espressione del loro pensiero. Queste sono inoltre alcune delle campagne pubblicitarie che si possono trovare per strada, con il fine di sensibilizzare il pubblico. L’associazione Provita & Famiglia è quella che si è occupata di produrre e diffondere questi cartelloni pubblicitari nelle città italiane, i cui esponenti hanno un potere sempre più incisivo nelle politiche del Governo che riguardano la famiglia, la natalità e l’aborto. Ad esempio, nel Lazio la regione ha riservato fondi per il bonus “maternità fragile” a diverse associazioni antiabortiste, tra cui la sopra citata, escludendo i consultori. Le attività dell’associazione si concentrano sull’opposizione appunto all’aborto, all’eutanasia e all’erroneamente chiamata ideologia o teoria gender. Provita & Famiglia inoltre è esponente del “movimentismo neocattolico”, che promuove una forma di azione collettiva extra-ecclesiastica ed extra-cattolica che non segue la linea vaticana. L’associazione ha più di 100 circoli territoriali anche se conta solo 25 soci e i proventi dichiarati nel 2022 risalgono a quasi un milione di euro, ricavati in buona parte da donazioni liberali. Il prestigio è riconosciuto da parte dell’attuale governo, come prova il fatto che durante la campagna elettorale Fratelli d’Italia ha firmato la Carta dei principi dell’associazione e ha candidato la referente di ProVita, Maria Rachele Ruiu, in Parlamento. Tutto ciò manda un forte messaggio sul fatto che, nonostante il non voler toccare la legge 194/78, ad oggi, i dati forniti sulla possibilità di accesso al servizio dell’aborto sono datati e bloccati dal Ministero stesso, l’effettiva attuazione della legge non è garantita e non è egualitaria, in quanto non tutti dispongono delle stesse opportunità di accedere al servizio, per ragioni economiche e territoriali, nei tempi previsti e quindi i messaggi normativi che arrivano sia dal Governo sia dalle associazioni da esso promosse sono contraddittori rispetto alla volontà espressa ufficialmente. BIBLIOGRAFIA La politica di Mussolini: https://storiaestorie.altervista.org/blog/la-politica-demografica- del-fascismo/ https://sites.bc.edu/vespa/2018/03/20/le-donne-e-mussolini/ Il Codice Rocco: https://www.noneunveleno.it/2021/04/23/laborto-prima-della-legge-n- 194-78/ https://maremosso.lafeltrinelli.it/approfondimenti/codice-rocco-reato-aborto-fascismo https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_22_maggio_1978,_n._194 Aborto in Italia, la storia: https://www.associazionelucacoscioni.it/aborto-in-italia Legge n.194: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Legge_22_maggio_1978,_n._194 Articoli: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1978/05/22/078U0194/sg L’aborto nel mondo odierno e Procedimento medico per l’interruzione di gravidanza:https://www.chiarariviello.it/aborto-volontario-e-interruzione-di- gravidanza/#:~:text=Una%20donna%20pu%C3%B2%20quindi%20scegliere,entro%20il %20180%C2%B0%20giorno Obiezione di coscienza: Amedeo Cottino, 22 luglio 2019, Seconda edizione, Lineamenti di sociologia del dirittohttps://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/06/16/come-sta- andando-la-194-i-risultati-dellindagine-mai-dati/?refresh_ce=1 https://youtu.be/N6dlUV1k7e0 https://www.associazionelucacoscioni.it/cosa-facciamo/aborto-e-contraccezione/legge 194-mai-dati https://laiga194.it/sai-qual-e-la-percentuale-di-obiettori-e-obiettrici-nella-tua-regione/ https://messina.gazzettadelsud.it/articoli/archivio/2018/02/20/aborti-clandestini- confermate-due-condanne-3e8565a1-2bba-43d6-9262-3f6123dc6faa/ https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/5126-aborti-illegali-presso-lo-studio-privato di-un-medico-ospedaliero-concussione-induzione-indebita-o
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved