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Lazarillo De Tormes (archetipo romanzo picaresco), Appunti di Letteratura Spagnola

Appunti sul Lazarillo, prologo e 7 trattati

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 01/05/2021

Nathi99
Nathi99 🇮🇹

4.4

(8)

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Anteprima parziale del testo

Scarica Lazarillo De Tormes (archetipo romanzo picaresco) e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! Lazarillo de Tormes Il Lazarillo de Tormes non è parte del 600 spagnolo dal punto di vista della collocazione cronologica, ma si colloca nel cuore dell’epoca di Carlo V. Fu pubblicato in 4 edizioni, stampe nel 1554 e i luoghi di pubblicazione sono Burgos, Alcalà, Anversa e Medina del Campo. Nell’edizione di Francisco Rico sono 3 perché l’edizione di Medina del Campo è stata ritrovata alla fine del 1900, non si sapeva ci fosse stata anche questa, il che significa che nello stesso anno viene pubblicato lo stesso libro in 4 città diverse, quando questo succede significa che se io pubblico un libro e viene ristampato tante volte (ora è diverso perché ci sono i diritti d’autore, nel '500 no e quindi qualunque stampatore poteva stampare il libro che desiderava) . Quindi il lazarillo è stato stampato 4 volte in 4 città diverse e questo ci fa capire che era un libro che aveva avuto grandissimo successo, infatti non si stampa una cosa tante volte se non si è sicuri di venderla e se è sicuro di venderla vuol dire che già precedentemente questo libro doveva essere stato stampato, solo che noi la PRINCEPS cioè la prima stampa del Lazarillo non la abbiamo, non è mai stata trovata, ma esiste sicuramente, per delle questioni ecdotiche, filologiche; nell’edizione di Anversa e di Alcalà ci sono delle lievi differenze e degli errori comuni, dunque entrambe sono il prodotto di un medesimo originale (antigrafo). Tra il ’52 e il ’53 viene stampata la princeps del lazarillo, cioè esce per la prima volta il libro, non abbiamo idea di dove. La data la immaginiamo perché se sono state pubblicate 4 edizioni nel 54 vuol dire che quel libro ha avuto molto successo, dunque non può essere stato pubblicato 25 anni prima. La princeps è un’incognita X non sappiamo se è l’originale dell’autore, ma da questa derivano le 4 stampe non in linea diretta, da un’incognita Y derivano Alcalà e Anversa, dall’altra parte si situano Medina del Campo e Burgos, noi immaginiamo questo perchè nella X c’erano degli errori di stampa, di battitura, questi errori sono passati ad Y che ne ha aggiunti degli altri che gli sono propri e questi sono passati ad Alcalà e Anversa ed ognuno dei 2 ha aggiunto degli errori propri. Nessuna di queste è originale, l’edizione di Alcalà ed Anversa hanno delle interpolazioni, cioè dei pezzetti in più di testo che però sono state aggiunte non dall’autore originale, il che significa che il libro ha avuto successo perché si comincia a manipolare il testo, a cercare di allungarlo. Il successo è dovuto anche al fatto che nel 1555 venne pubblicata la prima continuazione del Lazarillo, non dell’autore, solo ad Anversa, libro che venne messo nell’indice dei libri proibiti; poi ci fu una edizione in Italia a Milano e poi mai più, fino al 900 perché il personaggio di Lazzaro subisce una metamorfosi e quel testo rientra a pieno titolo che entra in un altro genere non più il picaresco, ma la satira perimpea, tipo di satira molto utilizzata nel 500, satira in prosa. Questo perchè il Lazarillo contiene elementi che lo associano anche a questa tipologia di genere. Come per la Celestina di cui non sappiamo il reale autore, ma sappiamo che Rojas non aveva mentito, la tragicomedia de calisto y melibea esisteva (1499), anche nel caso del Lazarillo non sappiamo l’autore. Siamo di fronte a uno dei capolavori della letteratura spagnola che è anonimo, non solo, anche le ipotesi per cercare di capire chi fosse l’autore non sono convincenti, per cui il libro viene pubblicato senza nome e senza anonimo. (Cosa non banale.) Il Lazarillo è un’autobiografia (Foscolo le lettere di jacopo ortis), viene narrato dall’inizio come la vida de Lazzaro de Tormes y sus fortunas y adversidades, titolo nel quale il lettore è convinto di trovare il racconto della vita. L’autobiografia è un genere letterario non così scontato, questa narrazione non era diffusa prima del romanzo picaresco, tranne in casi in cui il narratore non fosse personalità di così alto livello da considerare la propria vita degna di essere raccontata a qualcun altro, se aveva qualcosa di significativo da dire. Di fatto la prima autobiografia della storia occidentale è "Le confessioni di Sant'Agostino", in cui viene raccontato il percorso da lui stesso compiuto, che da pagano si converte al cristianesimo fino ad arrivare alla santità. Oppure esistono le biografie, cioè racconti di vita di terzi, ma anche in quel caso non di uno qualunque (Lorenzo de’ Medici), la letteratura mantiene il principio oraziano, seve anche ad insegnare divertendo ed il divertimento deriva dal fatto che si legge un romanzo e non una predica. (Modello letterario che viene ripreso da Francesco Petrarca che scrive 2 autobiografie fittizie: il SECRETUM, in cui lui dialoga con Agostino, e dove parla del suo dramma d’amore confessando a Sant’Agostino tutto il suo percorso dell’amore con Laura, consapevolezza del peccato ecc… ed il CANZONIERE, biografia lirica, la prima in volgare. (modello narrativo, un io reale che racconta la propria vicenda reale, Laura è un personaggio reale, ovviamente c’è una dimensione letteraria, ma alla base c’è una vicenda vera). A differenza di Dante che racconta la propria esperienza ma poi la trasforma in un’esperienza trascendentale, infatti fa scendere Beatrice dal cielo ecc; Petrarca invece resta in una dimensione laica .Garcilaso non ha scritto un canzoniere alla maniera di Petrarca, non ha montato i suoi testi per raccontare un itinerario in vita e in morte dell’amata, abbiamo le egloghe che raccontano una vicenda che può essere autobiografia, ma che non ha tutte le caratteristiche del canzoniere, per la semplice ragione che non è una persona che parla, ma sono le maschere di…….) Il libro si compone di un PROLOGO e 7 TRATTATI, ma ha dimostrato Francisco Rico che in realtà all’inizio questa suddivisione non esisteva, cioè il libro era stato scritto tutto di seguito, senza suddivisioni, come se fosse un unico flusso di pensiero. Lazzaro ha scritto la sua autobiografia dall’inizio alla fine e un altro autore ha preso questa e l’ha stampata. (Nell’edizione di Rico non si trovano i capitoli scritti a metà pagina ma di lato, perché egli è sicuro che quella non è opera dell’autore e quindi l’ha messo al margine sinistro per dare l’impressione di come doveva essere lazarillo nell’intenzione dell’autore.) In realtà questo libro può essere considerato una EPISTOLA. La prima parola del libro è “YO”, il che rappresenta una presa di posizione da parte dell’autore, poi il libro procede e l’autore nomina “Vuestra merced", questa persona di alto rango che chiede di essere raccontata il caso. Ma Lazzaro decide di voler raccontare la storia dall'inizio affinché si sappia bene della sua persona, e di come lui, nonostante la fortuna avversa, sia riuscito a raggiungere degli obiettivi. Questo libro nasce come EPISTOLA, un nuovo genere letterario nella storiografia rinascimentale; che nasce come un’esigenza comunicativa tra 2 individui, e che ha un obiettivo formativo e alto. LAZZARO DE TORMES è in un certo senso l’autore, perché scrive la sua autobiografia, scrive le sue epistole, le sue lettere. Ci sono delle ipotesi di attribuzione se Lazzaro ha scritto o meno queste lettere, ma sicuramente è esistito. Nel prologo sta dicendo che cose così importanti e mai viste né sentite ritiene sia opportuno vengano conosciute da tutti e non si interrino nella sepoltura dell’oblio perché potrebbe essere che qualcuno che le legga ne tragga gradimento e quelli che non dovessero andare tanto a fondo nella lettura ne traggano piacere. vino e ad accendere le candele e a svolgere altri servizi che venivano richiesti. Arrivò alla locanda un cieco che chiese Lazzaro alla madre che glielo affidò, dicendogli che era figlio di un buon uomo che era morto a Gerba per il trionfo della fede. Lei ha detto che il padre era un brav uomo, perchè egli lo era effettivamente, dopotutto aveva rubato soltanto un po' di farina e per espiare le sue colpe era andato veramente a combattere, però lei qui omette le ragioni per cui lui era andato a combattere. Dicendo ciò la donna ha detto la miglior cosa che potesse dire, il lettore che legge sa che lei non sta mentendo perchè non ha detto niente che non sia vero, però ha omesso delle parti di verità. Il cieco le rispose che prendeva con sé, non come servo, ma come figlio. E così cominciò a seguirlo e a far da guida al padrone. Il cieco svolge molte funzioni nella società del tempo, molto spesso era il depositario delle storie antiche di un popolo (cantastorie), aveva però anche ricette da vendere per curare le malattie, oppure spesso conosceva le preghiere, c'era una sapienza religiosa molto diffusa, di scongiuri, che la chiesa tendeva anche a condannare molto spesso, che però erano estremamente popolari. Stettero a Salamanca alcuni giorni, ma il guadagno che ricavava dal suo operato non lo soddisfaceva, decise di andare via, e quando eravamo sul punto di partire Lazzaro si recò dalla madre e entrambi in lacrime, dette la sua benedizione e gli disse che era ormai cresciuto e che avrebbe dovuto iniziare a cavarsela da solo, decide quindi di lasciarlo andare per sempre perchè sa che lei non è nella condizione di dargli nulla e quindi può darsi che a lui vada meglio, può darsi che sia fortunato. Uscirono da Salamanca e, arrivati al ponte, alla sua entrata si trova un animale di pietra che ha quasi la forma di un toro. Il cieco ordinò a Lazzaro di accostarsi all'animale e, una volta lì, gli disse di accostare l'orecchio a questo toro per sentire dentro un grande rumore. Ingenuamente, l'accostò e come se s'accorse che teneva il capo accanto alla pietra, gli assestò una gran botta con la mano, e gli fece dare una gran zuccata contro il toro, tanto il dolore della cornata gli durò più di tre giorni e il cieco lo ammonì dicendogli che il garzone del cieco deve saperne una più del diavolo. In quell'istante è come se Lazzaro si fosse destato dall'ingenuità in cui dormiva come un bimbo, e si rese conto che doveva aprire gli occhi perchè era ormai da solo. Questo è il passo più importante del primo trattato e la statua di cui si parla è una statua che realmente esiste, ciò per sottolineare il realismo di quest'opera. Chi vive un'infanzia come quella di Lazzaro a quest'età è costretto a svegliarsi. Il cieco gli dice inoltre che non può renderlo ricco, ma può dargli molte istruzioni per vivere. Mentre il cieco tiene stretta tra le cosce la giarretta del vino, Lazzaro infila una cannuccia nella giara, si stende per terra e con la cannuccia beve il vino. Il cieco ha il sospetto che il livello del liquido si abbassi troppo rapidamente rispetto a quello che lui consuma. E alla fine a furia di tastare (i ciechi hanno gli altri quattro sensi più sviluppati) scopre il foro che Lazzaro ha fatto e che poi tappava, per cui un giorno mentre Lazzaro sta facendo questa mera operazione e sta godendo del piacere di bere vino, il cieco prende la giarretta, la alza da terra e gliela dà violentemente in faccia, rompendogli i denti. Dopodiché ovviamente siccome Lazzaro si è fatto male, lo disinfetta con il vino, perché in qualche modo il vino è anche disinfettante e gli dice che lui è certo del fatto che prima o poi lui avrà fortuna con il vino. Lazzaro si è effettivamente “despertado de su ninez” e un giorno che ha in dono un grappolo d’uva il cieco gli dice di mangiare insieme l’uva e di prendere a turno un chicco ciascuno. Iniziano a mangiare e Lazzaro come concordato mangia un chicco alla volta, però vede che il cieco mangia due chicchi alla volta, Lazzaro vede ma tace, iniziando a mangiarne tre alla volta, facendo finire il grappolo presto. Quindi il cieco scopre che anche Lazzaro stava barando perché se avesse mantenuto la promessa avrebbe richiamato il cieco, invece tacendo fa capire che anche lui in realtà aveva barato. Il rapporto tra i due possiamo dire che è un rapporto di odio-amore nel senso che Lazzaro apprezza tutto ciò che il cieco gli insegna, il cieco a sua volta si rende conto di star crescendo un ragazzino che è molto intelligente e che impara in fretta (muy listo sotto questo punto di vista). Ad un certo punto, alla fine del trattato, succede un episodio per cui Lazzaro non ne può proprio più. Si trovano in un maison, piove a dirotto e si trovano in questa sorta di ristorante (locanda). Il cieco sta arrostendo delle longanizas e vorrebbe mangiarle accompagnandole con del vino per cui manda Lazzaro a comprarlo. Lazzaro ha proprio la bava alla bocca, perché di quelle locanitas non gliene spetta nemmeno una, essendo il servo del padrone, e quindi non resiste e quando sta per uscire afferra uno degli spiedi e ingurgita una salsiccia intera, esce per andare a prendere il vino e torna. Quando il cieco si rende conto che manca dallo spiedo una delle salsicce, si arrabbia tantissimo e lo denuncia agli astanti. Lazzaro nega però il cieco essendo convinto del furto lo obbliga ad aprire la bocca per sentire l’odore della salsiccia, Lazzaro apre la bocca e il cieco ci infila il naso, che Lazzaro morde in modo brutale. Nel frattempo, aveva iniziato a piovere fortissimo (llueve a cantaros) e dato che le strade della Spagna del ‘500 non erano strade asfaltate bensì strade sterrate erano abbastanza pericolose ; la locanda per come viene descritta sappiamo che si trova sotto dei portici e il cieco che deve attraversare la strada dice a Lazzaro di cercare un punto dove l’acqua fosse meno alta per non bagnarsi. Lazzaro a quel punto aveva deciso di volerlo lasciare, dopo quell’ultimo episodio, e di vendicarsi. Lo prende per mano e lo pone davanti ad uno dei pilastri del portico, assicurandogli di averlo posto nel luogo dove la corrente era meno forte, gli suggerisce di saltare con tutte le proprie forze in modo da non bagnarsi; il cieco, quindi, gli suggerisce di saltare per primo, Lazzaro dunque salta e si pone dietro al pilastro, così come succede durante la corrida per mettersi al riparo dal toro, richiamando inevitabilmente alla memoria del lettore il toro contro cui Lazzaro ha sbattuto la testa all’inizio del trattato. Il cieco quindi prende la ricorsa e salta, sbattendo violentemente sul pilastro, ed il colpo che dà è talmente forte da fargli rompere la testa e cadere all'indietro. Successivamente Lazzaro si burla del cieco chiedendogli come mai fosse riuscito a sentire l’odore della salsiccia, ma non l’odore del pilastro di fronte a lui. Decide infine di scappare prima che i soccorritori del cieco lo prendessero e prima che si faceva giorno se ne andò, non curandosi più del cieco. Struttura del testo considerata dalla critica a schidionata, la stessa che ha il quijote, cioè che Lazzaro percorre il suo cammino lungo una linea retta e ognuno di questi racconti nei quali incontra i diversi padroni, che lui però non rivedrà mai più. Ognuno dei racconti e ogni padrone che incontra nei vari trattati non tornano più in tutta la narrazione. Nel testo ci sono elementi molto significativi di anticlericalismo. Naturalmente questa critica così veemente nei confronti della chiesa, in un momento storico quale quello dell'epoca di Carlo V, quindi in piena controriforma, era notevole. Periodo di Erasmo da Rotterdam, che era peraltro presente alla corte di Carlo V, perchè diventa precettore del fratello, è una presenza importante, non solo enorme nell'umanesimo europeo in generale (di origine olandese, grande non solo nelle Fiandre, parte dell'impero che Carlo aveva portato all'interno della corona spagnola, ma poi Erasmo ebbe dal punto di vista religioso delle posizioni sempre molto ortodosse, sempre in contrapposizione con Lutero, non l'appoggiò mai. Era anche vero però che egli aveva una visione della chiesa estremamente critica, nel senso che la riforma protestante scaturisce da un oggettivo problema radicato all'interno della cristianità come per esempio livello eccessivo di corruzione e di simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche) all'interno delle strutture ecclesiastiche, di poca attenzione in generale delle personalità che ai vari livelli delle gerarchie ecclesiastiche si muovevano verso i precetti della religione cristiana, e questo naturalmente aveva favorito la riforma e l'adesione a quest'ultima da parte di tante persone. Erasmo invece riteneva fosse necessario rinnovare la chiesa e le sue strutture, senza però mettere in discussione i principi fondamentali del cristianesimo, da parte di Erasmo c'è una forte critica nei confronti della chiesa, al contempo però una difesa profonda dell'ortodossia, quindi non viene messo in discussione nessuno dei sacramenti, al contrario la riforma mette in discussione una serie di sacramenti che sono in realtà la base dottrinale della religione cristiana e da quel momento in poi ci sarà il cristianesimo protestente o anglicano e cattolicesimo, quindi diciamo che è soltanto in quel momento che il cattolicesimo si connoterà per delle cose diverse soprattutto per il mantenimento integrale dei sacramenti (altre problematiche tra cui la predestinazione). Secondo la critica o le fonti antiche sono 4 le possibili autorie di questo testo e sono per tradizione queste le più probabili, probabilità che nel corso dei secoli si sono più o meno avvalorate: • 1-2. Fra i consiglieri vicini a Carlo V vi è un signore, Juan de Valdés, ed è stato il segretario personale dell'imperatore durante la sua visita a Napoli. Il '500 diventa quindi il secolo in cui si fonda la lingua nazionale; nel caso dell'italia lo fa Pietro Bembo con le "Prose della volgar lengua", testo che fissa il canone linguistico italiano, in Spagna invece se ne occupa Juan de Valdés. Durante il suo soggiorno a Napoli scrive "El dialogo de la lengua" che è un testo che fonde diciamo così il canone della lingua spagnola del '500, il diaro de la lengua sta alla lingua spagnola e alla futura linguistica spagnola, come le prose di Bembo stanno alla lingua italiana. Egli è quindi anche un umanista, che conosce il latino, l'italiano ed è il segretario di Carlo V, quindi scrive le lettere che Carlo manda al papa o ai sovrani in europa, ma anche le lettere personali, quelle secretate (omissis, le parole in codice). Oltretutto è uno spirito molto illuminato, lui e il fratello Alfonso de Valdés, anch'egli un grande intellettuale, che ha scritto una serie di opere letterarie ispirate ad un tipo di satira in prosa, quella di nimpea, che ha una struttura dialogica. Egli scrive il dialogo di Mercurio e Caron, immaginando che si svolga nella Roma del '500, nel quale critica sotto forma di dialogo mitologico tutta la società romana del tempo, cioè quella Roma dove governa il papa, c'è quindi una satira velata ma non troppo. Questo perchè i fratelli Valdés sono molto vicini dal punto di vista spirituale ad Erasmo, cioè sono degli erasmisti sul piano religioso, in particolare seguono una corrente della religiosità spagnola del tempo, di matrice erasmiana, "Los alumbrados" (gli illuminati), coloro che hanno una spiritualità molto forte e vicina alla lettera del Vangelo, che leggono le sacre scritture e tendono a criticare, seppure dall'intero, certi eccessi della chiesa. Ed il tipo di anticlericalismo o meglio la critica all'establishment della chiesa soprattutto negli anni di Juan de Valdés non è molto dissimile da quella che è possibile trovare in alcuni passi del Lazarillo de Tormes, ragione per la quale c'è stato un momento, sia nell'antichità, che recentissimo, per cui, prima Juan
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