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Lazarillo de Tormes - Riassunto + appunti sull'opera, Appunti di Letteratura Spagnola

Breve descrizione dell'opera e riassunto

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 21/01/2023

alessandra-lanni
alessandra-lanni 🇮🇹

4.9

(10)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Lazarillo de Tormes - Riassunto + appunti sull'opera e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! LAZARILLO DE TORMES La vida del Lazarillo de Tormes y de sus fortunas y adversidades è il titolo di un’opera anonima (1554), prototipo di quel genere letterario caratteristico della Spagna che è il romanzo picaresco. Il suo eroe, Lázaro, senza essere un vero criminale, assillato continuamente dalla fame, nemico di ogni lavoro stabile e regolare, vive ai margini della legalità, aguzzando l’ingegno per risolvere il proprio conflitto con la società e la legge. L’irrompere sulla scena letteraria di un’opera come il Lazarillo de Tormes viene avvertito come un qualcosa di nuovo e di diverso perché sorge in un momento in cui le letture più diffuse sono i romanzi di cavalleria con le loro vicende burrascose e spesso sentimentali. L’ambiente e Lázaro si presentano diametralmente opposti a quelli dei romanzi di cavalleria o sentimentali. Romanzi di cavalleria/sentimentali: i loro protagonisti sono degli eroi, appartengono spesso all’alta nobiltà e agiscono in modo ideale e irreale spesso in difesa della donna o della patria. Sono dei combattenti che difendono anche la religione, i deboli e gli emarginati. Lazarillo de Tormes: Lázaro si presenza come un antieroe, fa infatti parte della categoria di emarginati e deboli che gli eroi difendono. È un ragazzo che ha molti padroni, si muove in una realtà fatta di miseria e povertà. Così come gli eroi dei romanzi cavallereschi, anche Lázaro va incontro a diverse peripezie che però hanno un movente differente: la lotta contro la fame. Il genere di cavalleria nel tempo si è degradato e svuotato del suo significato originario anche a causa della ripetizione delle solite avventure. Nell’ambiente letterario vi era dunque un atteggiamento di critica nei confronti di queste vicende, al punto che quando apparse il Lazarillo de Tormes, questo venne accolto in maniera molto positiva. L’opera riflette infatti una realtà sociale attuale, portando i lettori a una maggiore attenzione nei confronti dei numerosi bambini che vivevano la stessa condizione sociale del Lázaro. La situazione economica in Spagna non era florida, nonostante fosse un Impero ricco ed enorme. Molte persone non riuscivano a trovare un impiego, mentre coloro che appartenevano alla nobiltà non lo cercavano perché credevano che non fosse compatibile con il proprio stile di vita. Coloro che invece erano molto dediti al lavoro, cioè gli ebre, vennero cacciati dal paese a causa del proprio credo religioso e i soldati ritornati dalla guerra avevano spesso problemi fisici. A ciò va aggiunto che l’agricoltura delle colonie era ancora poco sviluppata quindi non rappresentava un’entrata economica importante per l’Impero spagnolo. I figli di queste persone, coloro che non lavoravano e non riuscivano a trovare un impiego per poterli mantenere, finivano per strada ad elemosinare e nelle peggiori delle ipotesi si poteva trattare anche di bambini orfani. Questi bambini per sopravvivere venivano presi a lavorare presso dei signori o padroni che non li trattavano nei migliori dei modi. Questa realtà sociale era comune in molte città e non solo a Toledo, dove si svolge la vicenda del Lazarillo de Tormes, e in alcune di queste esistevano anche delle istituzioni chiamate “Padre de huérfanos” che si incaricavano di trovare dei padroni ai bimbi orfani. A peggiorare la situazione, intorno al 1549/1545 fu promulgata una legge dal consiglio reale che proibiva l’accattonaggio, rendendo così ancora più difficile la loro vita. Il Lazarillo si propone quindi come un testo realista che combina l’invenzione letteraria con l’osservazione di un contesto sociale particolare. Lo stile del Lazarillo è semplice, ma è un’imitazione del linguaggio colloquiale di alcune zone della Spagna dell’epoca e per imitare la lingua parlata, l’autore inserisce anche degli errori grammaticali, delle frasi fatte o dei proverbi per cercare di rendere questo stile quanto più veritiero possibile. In altri momenti, invece, utilizza termini più colti. Data di pubblicazione dell’opera: ci sono pervenute 3 edizioni 1. Edizione stampata a Burgo da Juan de Junta nel 1554. 2. Edizione di Alcalá de Henares stampata a Salcedo il 26 febbraio 1554. Il titolo dell’opera è “La vida de Lazarillo de Tormes y de sus fortunas y adversidades. Nuevamente empresa, corregida y de nuevo añadida en esta seguna impresión”. In questo caso per “de nuevo añadida” si intende come “por primera vez añadida” perchè questa edizione presenta delle brevi aggiunte, per l’esattezza 6 brevi aggiunte che ampliano le vicende del protagonista, mettono l’accento su aspetti satirici e lasciano una porta aperta su future continuazioni. 3. Edizione stampata ad Anversa nel 1554 nella tipografia di Martín Nucio. Edizione del Lazarillo de Barcarrota A Bancarrota, in provincia di Extremadura, viene scoperta nell’agosto nel 1992 in modo del tutto casuale, una biblioteca clandestina. Si tratta del ritrovamento di 10 testi a stampa e un manoscritto, tutti del XVI secolo. Questa biblioteca era stata murata per occultarla, ma venne scoperta durante dei lavori di ristrutturazione di una casa privata, scoprendo così un vero e proprio tesoro bibliografico. Alla fine del 1995 la Junta de Extremadura decise di acquisire questo fondo soprattutto per la presenza, fino ad allora sconosciuta, di un’edizione del Lazarillo de Tormes stampata a Medina del Campo il 1 marzo del 1554 da Mateo y Francisco del Canto. I testi ritrovati avevano in comune il carattere eterodosso, non a caso erano stati occultati proprio perché evidentemente chi viveva in quella casa temeva visite di emissari (cosiddetti visitadores) del Sant’Uffizio per verificare se fosse conservato, venduto o affittato un testo di dubbia ortodossia. Il proprietario di questa piccola biblioteca aveva deciso quindi di conservare questi testi che non avrebbero superato il filtro inquisitoriale, tanto è vero che alcuni di essi (tra cui lo stesso Lazarillo de Tormes) finirono nell’Indice dei Libri Proibiti. I libri conservati ci indicano, inoltre che la persona che li aveva conservati, fosse un umanista poiché erano libri scritti in lingue differenti. Dopo che la Consejería de la Cultura de la Junta de Extremadura comprò tali testi, nel 1995 venne organizzata una mostra in cui vennero presentati tali testi tra cui il Lazarillo de Tormes che successivamente venne stampato in edizione fac-simile nel 1996. Oggigiorno il Lazarillo de Tormes stampato a Medina del Campo si trova nella Sala dei manoscritti rari della Biblioteca de Extremadura a Badajoz. Il problema dell’autoría L’opera si presenta come anonima ma ci sono varie ipotesi su chi possa essere l’autore. Per la stragrande maggioranza dei casi sono state formulate ipotesi, ma senza dare per certo e universalmente riconosciuta la paternità. Rosa Navarro ha pubblicato l’opera in varie edizioni sotto il nome di Alfonso de Valdés; tuttavia le sue proposte non sono ben accolte da altri colleghi. Alfonso de Valdés è infatti morto ne 1532 e si immagina che non sia lui l’autore perché ci sono riferimenti ad eventi che sono successi anni dopo la sua morte. Ad esempio l’año esteril de pan o le famose ordenanzas contra vagos y maleantes che sono state promulgate anni dopo. Inoltre se Alfonso de Valdés muore nel 1532 bisogna immaginare che la prima edizione avrebbe dovuto vedere la luce al più tardi intorno al 1532 e l’apparizione di una seconda edizione circa 20 anni dopo appare improbabile. Un’altra attribuzione della paternità del testo è quella a Diego Hurtado de Mendoza, morto nel 1575. Uno bibliografo fiammingo scrisse di De Mendoza: persona noble, embajador de Carlo V cerca de los venecianos. Compuso también poesías, romances y el libro de entretenimiento llamado Lazarillo de Tormes. L’ipotesi ha ripreso forza nel 2010 in seguito a una scoperta archivistica di Mercedes Agulló y Cobo di alcune carte del famoso Juan Lopez de Velazco in cui si legge: “un legajo de correcciones hechas para la impresión de Lazarillo y Propaladia”. PROLOGO Il prologo del Lazarillo de Tormes rappresenta una sorta di inizio della lettera che l’autore sta inviando a Vuestra Merced (modo per rivolgersi a un destinatario di alto rango, ma non altissimo altrimenti avrebbe detto “Vuestra Excelencia”). Il motivo per cui l’autore scrive tale lettera è un caso di honra, cioè di onore. In realtà esiste una differenza semantica tra honra e onore: 1. Honra: onore pubblico – fa riferimento all’opinione altrui 2. Onore: onore intrinseco che si ha dentro di sé È a partire da questo caso che Lázaro organizza il proprio discorso sulla base dei ricordi, ed è la prima volta che nella letteratura spagnola si ha la prospettiva del ricordo come base di un racconto. Attraverso la memoria si ha quindi una doppia prospettiva, quella di Lázaro bambino e di Lázaro adulto. La selezione degli episodi narrati è chiaramente determinata dal fine stesso della narrazione, cioè raccontare a Vuestra Merced gli episodi più importanti e rilevanti della sua vita che l’hanno portato ad essere quello che è. L’incipit inizia con una parola proibita: Yo. Si poteva infatti parlare in prima persona in due circostanze: o per una finalità epidittica di addestramento morale o religioso oppure per una finalità giudiziale. Nel romanzo, invece, non era ancora contemplata la possibilità di questo esordio in “prima persona”, ma alla fine il Lazarillo de Tormes si presenta non come una narrazione fittizia, bensì come una lunga lettera (per una finalità epidittica, anche se ci sono indizi che fanno pensare a una finalità giudiziale). Il prologo inizia con una prima strategia di captatio benevolentiae: per la materia nuova ed elevata (cosas tan señaladas y por ventura nunca oídas ni vistas) che può insegnare e dilettare (connubio oraziano tra docere e delectare). Qui l’autore fa riferimento a una differenza tra il termine agradar (piacere) e deleitar (dilettarsi). Il termine agradar indica un’affinità di gusti e di idee, quindi anche un’affinità di pensiero tra chi scrive e chi legge; il termine deleitar è un concetto più vago in quanto fa riferimento a un più generale divertimento. Successivamente si possono trovare citazioni di autori illustri per giustificare il libro: 1. Plinio il Giovane che cita una massima di Plinio il Vecchio – nessun libro è così pessimo che non contenga nulla di buono […] ciò che uno non mangia, un altro ne va matto. In questa citazione c’è anche un riferimento al tema della “fame”, che sarà il filo conduttore dell’intera opera. 2. Cicerone – si scrive per l’onore, per la fama “L’onore crea le arti” – il desiderio dell’onore è il motore per l’arte Viene spiegato poi il deseo de alabanza con tre esempi: - Il soldato primo sugli spalti che regala la veste militare a un buffone – Armi - Il presentado (teologo) che predica con tanta eloquenza e pensa più ai complimenti che riceve per la sua forbitezza che a salvare le anime – Lettere - Il cavaliere che non sa duellare e si fa ingannare dall’adulatore di turno – Armi Viene poi utilizzato il topos humilitatis: l’umiltà come strategia sia per la persona di Lázaro (confesando yo no ser más santo que mis vecinos) che il suo scritto (nonada que este grosero estilo escribo) → mostrare falsa modestia è un modo per ringraziare il lettore. Segue poi una supplica al destinatario, in cui si rivela che si tratta di un’epistola e si allude a un non preciso caso di cui si parlerà solo nell’ultimo trattato. La struttura dell’opera è sorretta da un accavallamento di due differenti modelli di descrizione personale, si tratta di una descrizione giudiziale (Lázaro traccia la sua autobiografia per scagionarsi da un’accusa) camuffata e presentata come una descrizione di tipo epidittico (Lázaro dichiara di narrare per un fine morale). TRATADO PRIMERO – Cuenta Lázaro su vida y cuyo hijo fue Lázaro racconta la sua vita dal principio, dalla sua infanzia, dalle sue origini familiari. Il piano narrativo e psicologico coincidono perché Lázaro dedica una gran parte del trattato alle sue origini e alla sua famiglia, perchè sono gli episodi che hanno determinato il suo destino e il suo modo di essere. Nell’opera c’è inoltre anche un’inversione di valori: il bene infatti viene equiparato all’utile, piuttosto che al bene reale. C’è una visione utilitaristica dovuta al fatto che Lázaro viene abbandonato dalla madre e vive in un mondo precario caratterizzato da povertà e abusi, e seppur possiamo comprendere le ragioni che portano al suo abbandono, si tratta sempre di un bambino lasciato in balia di se stesso e del destino. Lázaro non ha legami affettivi se non quelli con i propri padroni che sono però privi di carità cristiana. Anche il rapporto con Dio non è lineare: Dio accompagna Lázaro nel suo cammino pur non trattandosi di un cammino virtuoso. Un modo per poter affrontare queste inversione di valori era tramite l’ironia, elemento di cui l’opera è ricco poiché serve a rendere la lettura più leggera e piacevole. Lázaro dice di essere nato nel fiume Tormes che attraversa la città di Salamanca – elemento di ironia perché riprende un elemento tipico dei libri di cavalleria, cioè la nascita presso un fiume o in ogni modo le origini fluviali degli eroi cavallereschi, di cui un esempio è l’Amadís de Gaula, prototipo dell’eroe cavalleresco. Il padre di Lázaro, mugnaio, viene accusato di una serie di furti ai danni dei sacchi di grano delle persone che vanno a macinarlo presso il suo mulino, viene condannato e viene desterrado (riferimento a Garcilaso), cioè condannato all’esilio e mentre sconta questa pena, si prepara una spedizione contro i mori e il padre di Lázaro decide di partire al seguito di un cavaliere. Come criado (servo) di un caballero Tomé González parte per questa spedizione dove insieme al suo padrone troverà la morte. Così finiscono i giorni del buon Tomé González. Ma abbiamo qualche dettaglio in più su queste cierta armada contra moros. La troviamo un po’ più in là (vedere la slide sopra). Ella, la madre di Lázaro a un certo punto affida il suo primogenito a quello che sarà il primo padrone di Lázaro, vale a dire un cieco che è di passaggio per la locanda dove lavora la madre di Lázaro, Antona Pérez. Lo affida il figlio a questo cieco, e dice al cieco (futuro padrone di Lázaro) che era hijo de un buen hombre el cual, por ensalzar la fe, había muerto en la de los Gelves . Ecco qui qualche elemento in più su questa cierta armada contra moros. L’autore si sta riferendo alla jornada (spedizione) de Los Gelves. Nell’elenco di prima riguardo questa spedizione, vi ho scritto 2 date perché in realtà furono 2 le spedizioni a Gerba (attuale Tunisi). Una del 1510 e l’altra del 1520. Quella del 1510 in realtà, l’abbiamo evocata a proposito dell’elegia I di Garcilaso de la Vega. Nei versi finali, quelli in cui si trova la famosa rima punto- trasunto (poi ripresa da Fray Luis de León, si evocano le figure del padre e del nonno del duque de Alba. Il padre del duca d’Alba, abbiamo ricordato essere stato Don Garcìa de Toledo, morto giovane en las de los Gelves. Il motivo dello scontro armato, il tentativo di espugnare la fortezza sulle coste della Berberìa, ma come vediamo l’esito di questa spedizione fu catastrofico non solo per la ritirata delle truppe spagnole, ma per le perdite umane che si contarono. Qui abbiamo un brevissimo resoconto. Isola di Gerba, attuale Tunisi, morirono migliaia di soldati. Questa jornada del 1510 è conosciuta anche come il Desastre de los Gelves. Finalmente nell’ottobre del ‘10 l’esercito spagnolo si ritirò a Lampedusa. Si sta riferendo l’autore del Lazarillo quindi a questa giornata de los Gelves, el desastre de los Gelves nel quale morì anche Don Garcìa de Toledo, padre del famoso Duque de Alba protettore di Garcilaso o si starà riferendo ad un’altra giornata de los Gelves che risale a dieci anni dopo: 1520? Ed ebbe risultato diametralmente opposto perché capitolò lo sceicco di Gerba nel maggio di quell’anno. A capo di questa spedizione fu Hugo de Moncada. Nell’altra, come abbiamo ricordato, Garcìa de Toledo. Quest’esito fu positivo. Lo sceicco dell’isola diventa vassallo del re di Spagna. A quale delle due jornadas de los Gelves si riferisce il nostro autore? C’è chi dice alla prima, quella disastrosa, dall’esito infausto, che segnò per decenni l’immaginario collettivo spagnolo e c’è chi dice invece alla seconda. Noi per ora incameriamo entrambi i dati e li mettiamo da parte. Andiamo a vedere un altro riferimento: Cortes en Toledo. Questo lo potete leggere anche nel famoso colofon (immagine sotto). Con queste parole si chiude il Lazarillo De Tormes. Questo che ho appena raccontato, vale a dire (l’ultimo episodio il famoso caso di cui si tratta nel Lazarillo De Tormes è che determina la redazione dell’autobiografia di Lazaro), tutto questo avvenne nell’anno in cui il nostro vittorioso imperatore Carlo V entrò in questa illustre città di Toledo e tenne le cortes tra grandi festeggiamenti solenni e festosi. E anche qui come nel caso de la los Gelves, il problema è che è un riferimento ad un fatto storico, ma purtroppo per noi l’imperatore tenne cortes a Toledo in 2 occasioni. Nel 1525 e poi una seconda volta nel un piccolo tappo di cera e al momento del pranzo finge di patire il freddo, quindi chiede al vecchio di mettersi tra le sue gambe a scaldarsi al fuocherello che hanno. Il fuocherello fa sciogliere la cera e lazaro si colloca in modo tale da riuscire a bere le gocce di vino che filtrano da questo foro. Il vecchio però si accorge che il livello del vino cala e siccome es un aguila en el oficio, ha un’intelligenza vivissima, scopre il foro e si vendica in una maniera ben crudele, perché un bel giorno, mentre il buon Lazaro estando recibiendo aquellos dulces tragos, mi cara puesta hacia el cielo, un poco cerrados los ojos por mejor gustar el sabroso licor. Il cieco afferra la brocca e la frantuma sulla faccia di lazaro, il quale rimane praticamente senza denti. Il colpo è tremendo. Ed è un’altra delle lezioni che il buon Lazaro riceve. 6. Episodio dell’uva: Gli regalano questo grappolo d’uva, un racimo è un grappolo, e siccome era già molto maturo, è evidente che non possono metterlo nel fardel e portarlo con sé a lungo, decidono quindi di mangiarlo seduta stante, e il cieco, dando prova di grande liberalità, tra virgolette, concorda con lazaro che mangeranno secondo un ritmo prestabilito, uno prenderà un chicco e subito dopo l’altro ne prenderà uno per sé, quindi un chicco a testa per volta. Così mangeranno esattamente la stessa quantità. Questo è il patto che fanno all’inizio, ma nel giro di pochi secondi il cieco comincia a mangiare due chicchi alla volta, comenzó a tomar de dos en dos. Considerando que yo deberia hacer lo mismo. Naturalmente lazaro, nel constatare che il patto non viene rispettato, fa altrettanto, e anzi per vendicarsi comincia a mangiare di tre chicchi in tre chicchi. Il cieco però si rende conto dell’inganno di Lazaro perché altrimenti avrebbe avuto da ridire sui suoi due chicchi. In questo episodio viene usato per la prima volta il termine “picar” da cui verrà il nome pícaro. Il verbo picar significa prendere a piccoli pezzi. Il termine pícaro potrebbe quindi essere degenerato fino a indicare una persona che vive di espedienti, un ladruncolo. Picar però significa anche irritare/beccare – pico è il becco degli animali – quindi anche infastidire o irritare. Quindi il pícaro potrebbe essere una persona che irrita con parole o azioni poco appropriate. Altri hanno pensato che la parola pícaro derivasse da picardo, che è l’abitante della Picardia, una regione francese famosa perché vi erano molti soldati tornati dalla guerra che vivevano di espedienti perché non potevano trovarsi un altro lavoro. Altri credono sia una degenerazione di bigardo, sinonimo di vagabondo, fannullone. 7. Episodio salsiccia: Lazaro ruba la salsiccia dal piatto del cieco che però se ne accorge odorandogli l’alito e inizia a picchiarlo. Successivamente gli cura le ferite con il vino dicendogli: “Devi di più al vino che a tuo padre, perché tuo padre ti ha dato la vita una volta, il vino ti fa rinascere cento volte, tutte le volte che io ti lavo le ferite con alcool.” Di fatto il vino sarà importante nella sua vita, soprattutto perché alla fine diventa banditore di vini; il vino gli dà la possibilità di vivere con agiatezza. 8. Ultimo episodio: durante una camminata inizia a piovere molto forte creando pozzanghere in giro e dato che sta facendo buio, i due decidono di incamminarsi verso la locanda. Lazaro per vendicarsi della cattiveria del cieco, decide di tendergli una trappola. Lazaro dice al cieco di aver individuato un punto in cui non c’è molta acqua per poter passare, ma in realtà lo porta dinnanzi una colonna e lo incita a saltare facendolo sbattere contro la colonna. Lazaro inizia a ridere e prendendolo in giro gli dice: ma come hai sentito la salsiccia e non la colonna? In questo episodio Lázaro si riferisce a Dio come se lo stesse aiutando a vendicarsi del cieco. Importante è anche il gioco di parole “Dios lo cegó”, cioè lo rese ancora più cieco di quanto non lo fosse già, perché lo accecò sia nella vista che nella sagacia e nell’astuzia. Dio va quindi in soccorso di Lázaro e lo aiuta a vendicarsi. L’episodio fa chiaramente riferimento alla testa che il cieco dà a Lázaro contro il toro alle porte di Salamanca. Lazaro dopo aver lasciato il cieco mezzo morto a terra circondato da altre persone va via, e non avrà mai più sue notizie. TRATADO SEGUNDO - Cómo Lázaro se asentó con un clérigo, y de las cosa que con él pasó Dopo aver abbandonato il cieco, Lázaro se ne va a Maqueda, una località in provincia di Toledo. Qui incontra il suo secondo padrone, un prete ancora più avaro e tirchio del cieco. Il prete possiede un baule chiuso a chiave in cui mette tutto il pane bianco offerto dai fedeli, ma non condivide mai nulla con Lázaro e in casa non c’è mai nulla da mangiare tranne una cipolla. Il prete mangia tutto, è molto caritatevole nei suoi confronti, mentre a Lázaro lascia solo gli scarti o le ossa. A differenza del cieco, che Lázaro poteva ingannare, il prete è molto furbo e astuto, tant’è che non riesce a rubargli nemmeno una moneta dalle offerte dei fedeli. Il prete è anche bugiardo, millanta di saper curare i malanni con la sua saliva, con il suo respiro o con le sue formule magiche. Le uniche occasioni in cui Lázaro riesce a mangiare è durante i funerali in quanto è necessaria la presenza di un prete ed era buona abitudine offrire un banchetto. Tuttavia però un giorno le cose cambiano, infatti la divina provvidenza invia un arrotino a casa del prete. Lázaro approfittando della situazione gli chiede una copia della chiave del baule, poiché il prete l’aveva persa e fortunatamente riesce a procurargliela in brevissimo tempo. Per un paio di giorni Lázaro mangiucchia un po’ di pane presente nel baule, ma il prete ben presto si accorge che la quantità di pane diminuisce sempre di più e inizia quindi a contarlo. Lázaro escogita allora un piano, invece di mangiare pezzi molto grandi, inizia a rosicchiarlo simulando così la presenza di un topo. Il prete, preoccupato per la presenza del topo, inizia a rattoppare tutti i buchi dell’abitazione e si convince che nel caso in cui non avesse catturato il topo, si sarebbe trattato di una puledra, cioè una serpe. Nel frattempo Lázaro continua a mangiucchiare il pane e quando il prete lo perquisiva, nascondeva la chiave del baule in bocca, dove di solito nascondeva anche alcune monete. Questa sarà la sua disgrazia. Una notte infatti si addormenta con la bocca aperta e, avendo la chiave un tubicino vuoto, provoca un fischio simile al sibilare di un serpente. Il prete, sentendo il sibilo sempre più vicino e convinto della teoria che i serpenti cercano il calore umano, inizia a prendere a randellate il povero Lázaro, il quale fa fuoriuscire dalla propria bocca la chiave. Il prete si rende conto che il ladro è Lázaro e dopo averlo curato, lo sbatte fuori di casa dicendo: “io non voglio un servo così astuto e diligente, trovati un altro padrone, da oggi in poi considerati libero, a casa mia non voglio una persona come te, sei stato di certo servo di un cieco”. TRATADO TERCERO - Cómo Lázaro se asentó con un escudero, y de lo que acaeció con él Dopo essere stato abbandonato dal prete, Lázaro inizia a vagabondare per la città di Toledo e a chiedere l’elemosina porta a porta, finché sul suo cammino non incontra uno scudiero. Anche se a primo impatto lo scudiero sembra essere un uomo ricco, data la sua capigliatura ben pettinata e il suo abito decente, in realtà non se la passa molto bene. Lázaro e lo scudiero dopo aver passeggiato per la città di Toledo giungono all’abitazione che da l’impressione di essere una casa abbandonata. Una volta entrati in casa, Lázaro si rende conto che la fortuna gli è avversa, in quanto anche stavolta gli aveva presentato un padrone povero, che non aveva nulla da mangiare da offrirgli. Dopo aver passato la notte su di un materasso sudicio, Lázaro si rende conto che la vita del suo terzo padrone è una vita di apparenze, nella quale tutto sembra evocare un certo stato sociale, ma che alla prova dei fatti è fallace. Lo scudiero dice a Lázaro di andare a messa, ma quando quest’ultimo esce per andare al fiume lo incontra in compagnia di due donne, di quelle che vanno in giro in cerca di mangiare. C’è un’allusione ironica perché le donne di Toledo avevano la fama di essere delle poco di buono e l’allusione è rinforzata dal fatto che gli incontri avvenivano vicino al fiume, in un luogo appartato e non in centro città. Una volta tornato a casa, capisce che non ci sarà nulla per pranzo e decide di uscire per chiedere l’elemosina, come gli aveva insegnato il cieco, utilizzando un tono di voce capace di risvegliare la pietà delle persone. Fortunatamente riesce a recuperare ben 4 tozzi di pane, un pezzo di zampa di bue con delle interiora cotte. Tornato a casa, lo scudiero inventa di averlo aspettato per pranzo, ma non vedendolo arrivare ha mangiato da solo e non si arrabbia con Lázaro per aver chiesto l’elemosina, solo che non avrebbe dovuto dire a nessuno chi fosse il suo padrone per preservare la sua reputazione. Tuttavia, una volta visto il bottino, lo scudiero dice di aver nuovamente fame e Lázaro capisce che non ha mangiato dal giorno precedente in quanto la brocca d’acqua che era andato a riempire al fiume era ancora piena. Passano 8-9 giorni e Lázaro si rende conto che è lui a mantenere il padrone e non viceversa, ma ciononostante gli vuole un gran bene anche se gli dispiace di quella sua finta reputazione. Le cose si complicano quando ad un certo punto viene pubblicato un bando, il quale proibisce di chiedere l'elemosina e così rimangono a digiuno e muti, senza dirsi niente, per 3 giorni. Chi soccorre Lazaro e il suo padrone? Delle donne filatrici di cotone, che sono loro vicine di casa. 'Con las cuales tuve vecindad y conocimiento.' Questa frase va interpretata con una certa malizia, perché era stato già precisato precedentemente che fossero loro vicino di casa e che le conoscessero, quindi probabilmente non vivevano una vita esemplare e questa conoscenza era, in realtà, una conoscenza carnale. Ma saranno proprio queste donne a presentare a Lazaro il suo quarto padrone, el fraile de la merced (un frate). Queste donne frequentano il frate, il quale non ha un comportamento del tutto corretto perché passava le giornate intere fuori casa, facendo visita anche a 'donnine allegre'. Quindi, tornando alla questione, grazie alle vicine, Lazaro e lo scudiero sopravvivono in questi tempi. Un bel giorno, non si sa come, il padrone entra in possesso di un altro tipo di moneta, un real. Lo scudiero è subito disposto a condividere questo tesoro con lui (generosità per la quale Lazaro gli vuole bene comunque) e gli dice di andare a compare pane, vino e carne (ve a la plaza y merca pan y vino y carne) e lo informa che presto lasceranno questa casa, perché da quando ha messo piede lì, le cose sono andate male. Così Lazaro prende il real, la brocca e inizia ad incamminarsi verso la piazza e si imbatte in un corteo funebre, seguito da donne che si disperano e si stracciano le vesti. La vedova si dispera, vedendo che portano suo marito 'all'aldilà'. 'Marido y señor mío, ¿adónde os me llevan? A la casa triste y desdichada, a la casa lobrega y obscura, a la donde nunca comen ni beben.' Lazaro, sentendo queste parole, in cui viene evocata una casa nella quale non si mangia e non si beve mai, crede che lo stiano portando a casa sua e dello scudiero. Quindi, Lazzaro torna a casa e racconta la scena allo scudiero, il quale lo tranquillizza e gli dice di andare tranquillamente a comprare quello che gli aveva chiesto. Lo scudiero, quando Lazaro bussa alla porta così spaventato, crede che lo spavento di Lazzaro sia per un'altra cosa. Perché? Cosa temeva ? Questo si chiarirà qualche pagina dopo, quando i due avranno una visita inaspettata, ovvero il padrone di casa e pretende il pagamento di quanto gli deve. TRATADO CUARTO - Cómo Lázaro se asentó con un fraile de la Merced, y de lo que acaeció con él Il quarto padrone è un frate della Mercede, un ordine religioso nato appositamente nell’ambito della pirateria nel Mediterraneo. Era un ordine di frati a cui le famiglie spagnole affidavano i soldi per il riscatto dei propri cari tenuti prigionieri in Africa dai pirati. In quanto uomini di chiesa venivano rispettati anche dai pirati musulmani. Attorno a questo ordine aleggiava una pessima reputazione. Lázaro viene indirizzato presso il frate da due donnine amiche dello scudiero. Lázaro definisce il frate come nemico del coro (non gli importava di pregare) e dei pasti comuni (non partecipava alla vita del convento); sempre ansioso di uscire dal convento e di incontrarsi con le donnine, che lo considerano “pariente” – i termini di parentela venivano utilizzati per nascondere relazioni illecite. Il frate regala a Lázaro delle scarpe, un regalo che di solito si faceva ai servi per i loro servigi da mezzani, quindi probabilmente Lázaro era il messaggero tra il frate e le due donne. Tuttavia le scarpe non gli durano nemmeno 10 giorni a causa del continuo andirivieni. Per questo motivo e per altre cose, Lázaro lasciò il frate. Per questo trattato così breve vi è anche l’ipotesi di una relazione tra il frate e lo stesso Lázaro, che però non è stata accettata da tutti i critici. La maggioranza sostiene, infatti, che la brevità del trattato sia dovuto alla fretta di Lázaro di arrivare al suo obiettivo, cioè raccontare la sua versione dei fatti a Vuestra Merced. TRATADO QUINTO - Cómo Lázaro se asentó con un buldero, y de lo que acaeció con él VENDITA DELLE INDULGENZE La teoria delle indulgenze era basata sul presupposto che esistesse un tesoro di meriti accumulati dalla madonna e dai santi a cui la chiesa poteva attingere per rimettere le pene ai peccatori pentiti, parola fondamentale per capire la questione delle indulgenze, e per abbreviare la penitenza. Si rimettevano le cosiddette pene temporali ai peccatori che si erano confessati e pentiti dei peccati commessi. Chi otteneva l’indulgenza poteva essere sollevato da questa pene temporali, potevano essere il digiuno, la preghiera con le quali scontare i peccati commessi. Come si arriva alla vita vera e propria delle indulgenze? Uno degli elementi scatenanti fu il debito contratto da papa Leone X con i celeberrimi banchiere Fugger, tedeschi che finanziarono i lavori della fabbrica della basilica di San Pietro. Per pagare questo debito papa Leone X bandisce una vendita delle indulgenze in tutta la Germania. Lo scandalo fu provocato dal fatto che i predicatori che furono incaricati di vendere queste indulgenze, arrivarono a dire che di fatto, acquistando queste indulgenze si rendeva superflua sia la confessione che il pentimento, acquistava dunque direttamente la grazia senza una mediazione. Celeberrimo fu lo slogan del frate tedesco Tetzel che invitava alle offerte dicendo: “quando cade il sodino nella cassetta l’anima vola in cielo benedetta”. Questo mercimonio delle indulgenze fu assolutamente censurato da Martin Lutero che ne fece cavallo di battaglia per mettere in risalto la corruzione della chiesa romana. Circolarono all’epoca mille incisioni per evidenziare questo scandalo. Vi avevo copiato anche la 27esima tesi di Lutero “predicano da uomini coloro che dicono che subito come il soldino scivolato nella cassa, l’anima vola via”. Riprende lo slogan del frate Tetzel che con fare grossolano metteva in vendita la merce con questa promessa. Tutto ciò per spiegare la figura del buldero, dello spacciatore di bolle. Il quinto padrone di Lázaro è un venditore di indulgenze. Tuttavia dopo poco tempo la vendita inizia ad andare a rilento e per questo il buldero escogita un piano, di cui Lázaro non sa nulla. Tutto comincia la notte prima della predica finale quando inizia una discussione tra il buldero e l’algucil del luogo. Già abbiamo visto varie volte questa parola, è un ufficiale di giustizia, troverete varie possibili traduzioni di questo termine difficile da rendere in italiano. Si mettono a giocare poi a discutere e scoppia una vera rissa, volano parole grosse davanti a parecchi testimoni, elemento importante. In particolare lo sbirro accusa il buldero di essere un falsario e le bolle che predicava erano false. Naturalmente già la popolazione locale è abbastanza restia all’acquisto di queste indulgenze, quando poi sente dire da un ufficiale di giustizia che le bolle sono false ancora meno voglia ha di comprarle. Apparentemente il buldero si arrabbia molto per queste accuso da cui cerca di difendersi, ma i due vengono separati e tutti vanno a dormire. Il giorno dopo arriviamo alla predica finale per la vendita delle indulgenze. Ovviamente sono accorsi su invito del buldero tutti i fedeli che vanno però mormorando dicendo che le indulgenze sono false, dunque il racconto della sera precedente, e toglie a tutti i presenti la voglia di procedere all’acquisto. Inizia il sermone ed ecco che fa irruzione in chiesa lo stesso ufficiale di giustizia che la notte prima ha litigato con il buldero e dice: fermi tutti prima che il sermone finale vada avanti io vi debbo dire una cosa. E debbo confessare che io stavo per essere complice di un misfatto. Notate bene che l’officiale di giustizia inganna con la verità, in quanto lui è complice dello spacciatore di bolle, l’unica parte falsa del suo discorso è quella finale quando dice di essersi pentito di questo misfatto e che rendendosi conto che avrebbe arrecato un danno alla sua coscienza e ai beni materiali dei fedeli li presenti ha deciso di rivelare tutto l’inganno. Svela c’era stato un accordo sottobanco con il buldero che aveva richiesto il suo appoggio ma che adesso lui non vuole saperne più nulla, non vuole essere complice. Sappiano tutti i presenti che le bolle, le indulgenze sono false. Ecco che il nostro venditore di indulgenze si inginocchia e assumendo un atteggiamento degno del nostro amico cieco mendicante, primo padrone di Lazaro, con lo sguardo rivolto al cielo, con atteggiamento devoto si rivolge a Dio che tutto sa e gli dice tu sai la verità, sai che queste accuse che mi vengono rivolte sono ingiuste ma non porto rancore, perché sono disposto a perdonare l’ufficiale di giustizia, l’unica cosa che mi preoccupa è la salvezza dei fedeli qui presenti. Mi preoccupa il fatto che qualcuno dei fedeli venuti qui in chiesa per acquistare le indulgenze ora non lo farà persuaso dalle parole false dell’alguacil. E allora signore Dio ti invoco, fai giustizia, rendi evidente la falsità di queste accuse, manifestati con qualche evento miracoloso. E se quello che sto dicendo è falso possa sprofondare il pulpito da dove io sto predicando. Se invece è lui a mentire che sia punito per queste menzogne. Finito di parlare ecco che il negro alguacil (negro non si riferisce solo al colore ma anche all’intensità di una situazione spiacevole, o può essere anche sinonimo di desgraciado) cade a terra e comincia a schiumare dalla bocca, sembra avere un attacco epilettico, come si nota dalle smorfie, dei movimenti che fa, sembra posseduto dal demonio. Tutti urlano, e la prova è che l’alguacil indemoniato crolla terra, su richiesta del buldero. Ovviamente come vedremo dopo è tutta una messa in scena, la schiuma è frutto di un pezzo di sapone in bocca. (parola interessante: echacuervo, vuol dire ciarlatano, persona che inganna) I presenti sono spaventati si invoca l’intervento dello stesso venditore di indulgenze per salvare la vita al povero alguacil che si dimena. In tutto questo il nostro amico buldero è ancora inginocchiato nel pulpito e preso dalla divina contemplazione, totalmente assorto da non accorgersi di ciò che sta succedendo in chiesa. I fedeli così si avvicinano a lui lo risvegliano da questa contemplazione e gli chiedono di salvare il povero alguacil. Il miracolo a cui avevano assistito aveva mostrato ai fedeli che era lui, il buldero ad aver ragione. Ecco qui che il nostro buldero che finge di risvegliarsi dal suo dolce sonno, osserva tutti e dice: preghiamo tutti per la salvezza di questo peccatore, scende dal pulpito chiede ai presenti di invocare la misericordia divina per guidare la salute e riportare in se l’alguacil e cacciare da lui dal demonio. Tutti si inginocchiano, inizia una preghiera che fa commuovere tutti i presenti supplicando il signore di intervenire perché nessuno vuole la morte del peccatore ma solo il suo pentimento. E ecco qui un gesto finale, colpo di scena, con il certificato di indulgenze sulla testa il nostro alguacil si riprende e una volta ritornato in sé si getta ai piedi del venditore di bolle e gli chiede perdono, confessando di aver parlato dalla bocca del demonio. Da un lato per vendicarsi della discussione della notte prima, dall’altro perché il demonio non voleva far comprare quelle sante bolle a nessuno dei fedeli presenti perché ovviamente in quel modo avrebbero salvato le loro anime. I dunque la pace tra i due, e l’inizio della vendita delle indulgenze che hanno rivelato il loro potere. Esse vanno a ruba, come il pane. Gli effetti di ciò continuano anche nei villaggi vicini dove non è necessario neanche predicare, senza accorrere neanche in chiesa. Io(Lazaro) credetti che tutto quello che stava succedendo sotto i miei occhi fosse vero, ma era tutta una messa in scena iniziata la notte prima con la discussione tra i due. che è definita come la profezia della corna, perché spesso ha dovuto aspettare a lungo la moglie che tornasse da casa dell’arciprete. Anche lo stesso arciprete è al corrente di tali dicerie: si crede infatti che la moglie di Lázaro sia l’amante dell’arciprete da prima che sposasse Lázaro e che il matrimonio con lui fosse solo una copertura per questa relazione illecita. Tuttavia l’arciprete cerca di tranquillizzare Lázaro dicendo che chi crede alla malelingue non riuscirà mai a salire nella scala sociale. Il pettegolezzo però è andato oltre, infatti inizia a circolare la voce che non fosse nemmeno arrivata vergine al matrimonio e che fosse quindi una persona dai facili costumi. Il chiarimento tra Lázaro e l’arciprete avviene in presenza della moglie che quando ascolta questi pettegolezzi scoppia a piangere e si calma solo quando Lázaro le dice che non si farà mai influenzare da quelle dicerie perché si fida. Il patto stipulato tra i tre è quello di non parlare più di tale pettegolezzi. Lázaro segue il consiglio dell’arciprete e cerca di non domandare, chiedere o indagare e di credere alla buona fede dell’arciprete e della moglie, raggiungendo così l’obiettivo di arrivare alla cima del successo sociale. Inoltre si sente realizzato perché è un buon banditore, ha una moglie e un protettore e si sente quindi realizzato, a prezzo però della sua reputazione. I rimandi del primo trattato si moltiplicano alla fine del racconto perché il cerchio si chiude :Lazzaro è pur sempre figlio di un mugnaio ladro e di una madre,prostituta. Quando la madre di Lazzaro affida il figlio al ceco, gli dice di prendersi cura di questo ragazzo il cui padre è morto nell’impresa di Gerba ed è figlio di un BUEN HOMBRE che si può tradurre in buon uomo ma, in castigliano ,significa cornuto .Cornuto era il padre di Lazzaro e può essere anche Lazzaro che sente queste dicerie ma, vuole seguire l’esempio della madre ovvero arrimarse a los buenos e preferisce fare il marido cartujo,marito che resta in silenzio ,spettatore delle infedeltà della moglie perché ne trae beneficio. Preferisce tacere,ignorare quelle che sono le malelingue perché ha trovato un buon protettore ch gli garantisce cibo,vestiti ed dall’altra parte ha imparato l’arte di dissimulare ,di tacere ( al servizio del Buldero).Ha fatto tesoro delle sue esperienze ed ha capito che per raggiungere l’apice di quello che lui considera il successo sociale ,deve stare zitto. Il fatto di accostare, del parlare, del concludere il romanzo dopo aver raccontato tutte queste storie, fa riferimento all’Imperatore Carlo V, che era andato nella città di Toledo, aveva celebrato le Corpes e che nel 1538 era nel massimo della sua prosperità, grande imperatore e Uomo più potente dell’epoca.  Accosta la sua storia con quella di Carlo V, quindi l’uomo più importante del mondo con un ‘’poveraccio’’, che pur di mantenere quel poco di tranquillità economica è costretto ad accettare la situazione che si è venuta a creare tra lui, la moglie e l’arciprete.  Quindi c’è una sorta di ironia, un voler mettere sempre l’accento sule contraddizioni della società dell’epoca, ma sopratutto l’importante è la frase ‘’ era nel culmine della mia buona fortuna’’, frase con cui conclude il romanzo e ricorda quello che dice nel prologo alla fine, dove accenna il senso del romanzo e fa riferimento a los que redaron nobles estados e che ritroviamo a fine romanzo nella figura di Carlo V, che sempre con questo gioco di simmetrie che sono presenti nel testo, perché questo è un testo semplice ma anche complesso perché racchiude una serie di significati che solo chi legge con un certa attenzione riesce a cogliere, c’è un riferimento all’imperatore stesso e a chi ha ereditato situazioni favorevoli e chi invece è meno fortunato ma nel testo viene elevato, quelle persone che con tanto sacrificio devono arrivare a una situazione migliore, quindi lui parla della sua storia per tutto coloro che si trovano nella sua stessa situazione così che anche loro possano brillare per un momento. Viene introdotto il concetto del relativismo quindi quello che è importante a qualcuno è il contrario per un altro, quindi tutto dipende dalla vita che una persona ha condotto, questo elemento di relativismo è un elemento di grande modernità, ed è quello che ci fa dire che il romanzo è uno dei primi testi moderni della letteratura spagnola ma non solo.   CARATTERISTICHE CULTURALI DEL SIGLO DE ORO LIRICA PROSA TEATRO – Inghilterra Imitazione delle forme classiche Il racconto Il teatro si trasforma in uno spettacolo di massa Utilizzo del sonetto Il romanzo Temi del Carpe diem e del Beatus Ille – culto a una vita ritirata (Garcilaso de la Vega, Fray Luis de León) L’ensayo Prosa didattica: - Si sviluppa dall’inizio del XVI secolo - Prende la forma del dialogo come forma di espressione - Temi di interesse e preoccupazioni del momento - Stile equilibrato e attento a una ricerca della perfezione tematica Libri di cavalleria - Apprezzati dalla nobiltà - Si presentano come narrazione di un evento reale - Lo scrittore si converte in narratore - Ambientati durante il Medioevo - Il protagonista è un cavaliere ideale - Avventure dal carattere fantastico mischiato con aspetti realistici Il romanzo bizantino - Racconta di due innamorati in luoghi esotici - Apprezzato dalle classi sociali più alte - Finale felice Romanzo pastorale - Trae la sua diffusione in Italia - Ambientazioni bucoliche, seguendo il modello delle egloghe (subgenero della poesia) - Storie d’amore tra pastori che vivono in un mondo idealizzato tra la natura Romanzo morisco - Gusto per l’esotico - Idealizza le relazioni tra mori e cristiani Romanzo Picaresco – parodia dei valori tipici della società Si tratta di un genere molto importante in Spagna perché nasce ed è relazionata alla condizione spagnola sociale ed economica dell’epoca. Importante è il concetto dell’onore → i cavalieri seguivano il concetto dell’onore come stile di vita e come valore nobile da perseguire. Le caratteristiche principali sono: 1. Autobiografismo – il protagonista racconta la vicenda. La falsa autobiografia è un pretesto per far svolgere le avventure del protagonista 2. Romanzo episodico – ci sono diverse avventure e disavventure in scenari differenti e con personaggi diversi. Questa struttura del romanzo permette di aggiungere altri episodi ed avventure in modo da cambiare significato all’opera. 3. Il protagonista è un anti-eroe – uomo senza honra, povero e solo. Per sopravvivere ruba e inganna il prossimo 4. Realismo – il realismo lo si può scorgere nelle caratteristiche sociali ed economiche del tempo, infatti i personaggi di questi romanzi sono un prodotto di tale società 5. Morale – hanno quasi sempre una critica nei confronti dell’epoca di riferimento e della sua decadenza 6. Satira – allusioni critiche alla chiesa e rovesciamento di valori
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