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Le astuzie dei gesuiti. Le false istruzioni segrete della Compagnia di Gesù e la polemica antigesuitica nei secoli XVII e XVIII, Sintesi del corso di Storia

Breve e concisa sintesi del libro di Sabina Pavone

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Le astuzie dei gesuiti. Le false istruzioni segrete della Compagnia di Gesù e la polemica antigesuitica nei secoli XVII e XVIII e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! LE ASTUZIE DEI GESUITI L’autore Prima di soffermarci su cosa siano e cosa contengono i Monita privata Societas Jesu, analizziamo chi era l’autore, e scopriremo come, leggendone l’autobiografia, ci risulterà più facile interpretare le ragioni del successo del testo e i suoi passaggi più enigmatici. Qui per ragioni di tempo non possiamo affrontare nel dettaglio la trattazione del dibattito sulle radici geografiche e sulla paternità del testo; fino all’Ottocento, si diffusero diverse ipotesi che contemplavano le origini polacche dell’opera. Le due ipotesi più accreditate collocano il testo l’una in area calvinista e l’altra in quella veneziana. Un punto d’accordo al dibattito si raggiunse nel 1881 ( o almeno teoricamente perché si noti che la Treccani online cita ad oggi “Opuscolo anonimo («Avvisi segreti»)”, forse scritto dal polacco G. Zahorowski) quando vennero pubblicati i volumi del Rerum Polonicorum Scriptores: al suo interno vi era la prima parte del Diarum della Casa Professa dei Gesuiti a Cracovia, redatta da padre J. Wielwicki che abbraccia gli anni dal 1579 al 1637. Con questa fonte si mise fine alla dubbia paternità e si certificò l’appetenza polacca dei Monita: proprio nel Diarium infatti si fa riferimento alla pubblicazione in Polonia, nell’agosto del 1614, di un libello diffamatorio dal titolo Monita privata Societas Jesu. Seppur anche allora l’autore era sconosciuto, padre Wielwicki riesce a risalire al “presunto” autore del testo, padre Hieronim Zaharowski e proprio di lui il diario ci offre alcune informazioni biografiche. Hieronim Zaharowski nacque fra il 1582 e il 1583 in Volinia in una famiglia nobiliare ortodossa, quindi non un cattolico. Venne mandato a studiare presso il Collegio della Compagnia di Gesù, vista la carente istruzione offerta dal clero ortodosso. Ed è in questi anni che il giovane oltre che diventare cattolico decide anche di entrare all’interno della Compagnia dei gesuiti. Questo è il primo evento importante della vita di Zaharowski. Il secondo, invece, è la bocciatura agli esami di studi teologici del quarto anno, che gli precluse la possibilità di ottenere il quarto voto e di diventare un gesuita tutti gli effetti; così nel 1612 dovette “accontentarsi “ di prendere gli ordini sacerdotali e diventare coadiutore spirituale. Il terzo. conseguente, è l’espulsione avvenuta nel dicembre 1613 a seguito di un'inchiesta interna che aveva scoperto e certificato che Hieronim aveva dettato ai suoi studenti lettere che screditavano la Compagnia, che aveva poi inviate ai magnati e alla gerarchia ecclesiastica polacca con particolare attenzione a quella personalità apertamente ostili alla compagnia, come Jerzy Zebaraski. L’autore dei Monita privata Societas Jesu era un ex gesuita “frustrato” , arrabbiato che non era riuscito ad ottenere un ruolo all’interno della compagnia congeniale ai suoi ranghi nobiliare; questo molto probabilmente inasprì ancora di più il suo astio, e una volta espulso diede alle stampe il libello diffamatorio; una vicenda simile per certi versi a quella di Clemente Scotti, che ci limitiamo solo a citare . Il Potere della Confessione Il testo, diviso in sedici capitoli organizzati in maniera frammentaria, secondo l’autore erano le vere istituzioni della Compagnia di Gesù, tenute segrete dai superiori nel timore che compromettessero il buon nome dell’ordine. Per impedire che tali tesi così compromettenti fuoriuscissero si era organizzato una sorta di percorso iniziatico: le istruzioni, come si legge nell’Epilogo, non potevano essere consultate da tutti i membri ma solo da gesuiti più fidati i quali, a loro volta, avevano la possibilità di indottrinare secondo tali principi quei padri con i quali ritenevano di potersi esporre senza pericolo. In questo modo si delineava una sorta di società segreta che aveva le sue regole nei Monita stessi. Nonostante ciò l’autore sosteneva di esserne venuto in possesso in maniera fortuita. La prima leggenda di ritrovamento del libello, che non è sostenuta da alcuna fonte diretta, vuole che i Monita fossero stati trafugati dagli Archivi spagnoli della compagnia , tradotti quindi in latino a Pavia e da lì arrivati in Polonia. Possiamo definire i Monita come un vero e proprio breviario di comportamento per il gesuita: le massime in esso contenute invitavano i religiosi ad accrescere il loro potere politico-economico attraverso un lento e occulto condizionamento dei padri della Compagnia a tutti livelli della società, a tutti coloro che all’interno della società ricoprivano ruoli determinanti o di privilegio, in sintesi i gesuiti dovevano impadronirsi delle leve del potere e i Monita indicava attraverso un itinerario cosa fare e come farlo per poter conseguire tale obiettivo. Ma al tempo stesso i gesuiti erano esortati a dissimulare con spregiudicatezza le loro reali intenzioni mostrando all’esterno umiltà e sottomissione al potere costituito . ed incapace di reagire alle eventuali accuse che la Compagnia decidesse di rivolgergli. Era una vera e propria politica di prevenzione, attraverso la quale Compagnia intendeva cautelarsi di fronte a possibili controffensive. I Gesuiti dovevano essere espulsi, stando ai moniti X e XV , se si rivelavano inutili alla Compagnia; un gesuita era considerato utile se apportava vantaggi, in primo luogo di natura economica, alla Compagnia. Una tematica, questa dei dimessi o degli espulsi, che sera stata affrontata anche dal gesuita Scotti nel suo De Ponitificia in Societate Jesu nel 1649- scritta quando faceva parte dell’ordine ma pubblicata alla sua espulsione/dimissione- ed era stata trattata da Mendoca in un memoriale del 1608. Quindi nonostante come sostiene Sabina Pavone queste tematiche non siano solo il frutto di un gesuita frustato che denigra la sua compagnia, ma ci trasmettono anche la volontà di partecipare ad un dibattito interno all'ordine che sempre più si stava snaturando, il risultato di questa denigrazione è l'immagine di una Compagnia che ancora una volta ci appare attenta agli aspetti materiali e non a quelli religiosi. La fortuna e il successo Proviamo ora a sintetizzare alcuni dei motivi del successo veramente eccezionale e della fortuna delle Istruzioni segrete, come dimostrato dal numero altissimo di traduzioni in tutte le lingue. I Monita sono riusciti a radicare nell’immaginario collettivo l’immagine del gesuita avido, dissimulatore, machiavellico pronto ad utilizzare qualsiasi mezzo pur di impadronirsi delle leve del potere, ancor più dei numerosi pamphlet antigesuitici antecedenti e postumi; nei momenti di più aspro scontro politico saranno quasi sempre i Monita ad essere ripubblicati ( come ad esempio nel 1761 in Francia quando la Compagnia di Gesù fu coinvolta in una causa contro il Parlamento di Parigi) e utilizzati come prova lampante della loro smania di potere e intenti delittuosi. Il carattere apocrifo dei Monita venne riconosciuto fin da subito con il testo Monita salutaria pubblicato nel 1615 dal “polemista” gesuita Matthaeus Bembus, ma tale aspetto venne poi enfatizzato e rafforzato quando finirono all'Indice dei libri proibiti nel 1616; ma queste, ed ulteriori smentite, non fecero altro che confermare la Colpevolezza della Compagnia. A questo contribuirono gli stessi Monita che nell’ultimo capitolo l’autore aveva contemplato la possibilità che i Gesuiti fossero accusati di seguire tali istruzioni, e di conseguenza invitavano i padri alla segretezza più assoluta e a negare sempre e comunque che tali istruzioni fossero state concepite all’interno della Compagnia. Nel primo scorcio del Seicento si manifestò una vera e propria ossessione per i princìpi segreti che si pensava regolassero la Compagnia di Gesù, esaltata dalla constatazione che i Gesuiti avessero un’effettiva ritrosia nel mostrare in pubblico le proprie Costituzioni. Etienne Pasquier, nel suo Catèchisme des Jesuites (1602), sostiene che intorno alle Costituzioni circolasse un vero e proprio clima di mistero. Paolo Sarpi invece era veramente ossessionato dall’idea che esistessero delle vere Costituzioni che non erano quelle che gli ignaziani spacciavano al pubblico, ma erano invece tenute segrete e ben nascoste; questa spasmodica ricerca delle “vere Costituzioni” emerge costantemente scorrendo la sua corrispondenza. Tanto era forte il desiderio di trovare delle prove che potessero attestare una vita parallela e segreta della Compagnia, che il Sarpi confuse come testo segreto quelle che in realtà erano delle Regole scritte da Ignazio. Potremmo dire che la comparsa dei Monita, che si presentavano come le vere istruzioni della Compagnia, furono la prova che, da anni in Europa, si andava cercando; il fatto stesso che fossero anonimi ne rafforzò fin da subito la credibilità: non essendoci un autore e presentandosi come un testo trafugato esse non apparivano quindi come una requisitoria contro l’ordine al contrario dei molti pamphlet scritti e pubblicati prima. Un ulteriore elemento a sostegno della credibilità dei Monita è dato dal fatto che il testo presentava quelle caratteristiche di atemporalità e universalità. La forza dei monita sta nel affondare le sue radici sul confine della verosimiglianza, tra verità storica e finzione letteraria, fuse dalla profonda conscenza intrinseca che ha acquisito l’autore della Compagnia e dai suoi sentimenti di rancore e risentimento, che conferivano all’ordine di un’aura diversa, che insisteva sulla natura già di per sè oscura e misteriosa, ambigua e losca; la stessa, di lì a poco, sarebbe diventata quella più radicata, e da questo libro confermata e accresciuta, nell’immaginario comune, figurando la riservatezza dei gesuiti come un pretesto che celasse la loro natura da astuti burattinai che si muovevano dalle retrovie.
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