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Le crociate (l'idea, la storia, il mito), Sintesi del corso di Storia Medievale

Il documento è il riassunto completo del libro, con l'aggiunta di alcuni approfondimenti e appunti presi dalle lezioni del professore.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Le crociate (l'idea, la storia, il mito) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! INTRODUZIONE 1. L’avvio Il 27 novembre del 1095, durante un concilio tenutosi a Clermont, Papa urbano II esortò l’Europa Cristiana a imbracciare le armi in difesa dei cristiani d’Oriente, promettendo a coloro che fossero partiti ricompense materiali e spirituali. Non si trattava di una richiesta inaspettata perché da tempo, la Cristianità Latina, cercava di strappare terre al nemico saraceno (ai musulmani d’Occidente). Al tempo stesso, la Cristianità Orientale era sottomessa all’aggressività del sultanato selgiuchide e del califfato fatimide d’Egitto. Nel corso d’una sinodo (assemblea), Papà Urbano II aveva ricevuto alcuni messi dall’imperatore d’oriente, tra cui Alessio Comneno, i quali chiedevano mercenari per allontanare la minaccia turca. A questa necessità si aggiungeva la volontà del papato di trasferire sulla propria persona la massima autorità (rispetto a quella dell’imperatore), così la richiesta venne accettata e all’appello di Clermont (secondo le cronache) la gente rispose con la frase “deus vult” ossia “Dio lo vuole”. Oltre che i vertici ecclesiastici e alcune personalità di spicco della grande feudalità europea, l’evento andò coinvolgendo gruppi di cavalieri (miles), poveri e deboli (paupers) e Cives et Bellatores Dei, provenienti dalle più importanti città di mare italiane. Nel 1096 una moltitudine di pellegrini in armi, circa 60.000, partiva per la capitale dell’impero, raggiunta solamente l’anno successivo (1097) Nicea, la capitale del sultanato selgiuchide, fu conquistata nel 97, Antiochia nel 98 e Gerusalemme nel 99. In seguito, le cose andarono in questo modo: - Boemondo d’Altavilla si impossessò di Antiochia - Goffredo di Bouillon, oltre che di Gerusalemme, si appropriò di Edessa - Raimondo di Saint-Gilles si ritagliò un dominio a Tripoli La costa siro-palestinese vedeva instaurarsi così una nuova compagine politica incentrata sul regno di Gerusalemme, sul principato di Antiochia e sulle contee di Tripoli e di Edessa. Inizialmente si trattava di strutture deboli, anche perché avrebbero subito la pressione dell’Egitto fatimide che, dopo essersi riorganizzato velocemente, avrebbe lanciato una serie di attacchi per recuperare la Città Santa che era stata conquistata nel 98. In seguito si capì che le nuove conquiste dovevano essere difese. In un primo momento se ne occuparono le flotte delle città marinare italiane, dopo si decise che bisognava dotarsi di una forza militare stabile. Nacquero così i primi ordini monastico-militari= i Templari, gli Ospitalieri i Teutonici. 2. Le masse entrano in scena La crociata (termine utilizzato a partire dal XV secolo) era nata e si era sviluppata per la conquista, la conservazione o il recupero della Terrasanta. Anche se nel corso del tempo i suoi obiettivi mutarono, il suo interesse primario, cioè la pace interna alla cristianità, non cambiò mai. Col trascorrere del tempo la crociata andò adottando il linguaggio del pellegrinaggio, infatti, le fatiche del viaggio terreno venivano paragonate a quelle dell’anima. Si giunse così ad una nuova idea, quella di purgare l’anima raggiungendo Gerusalemme. Il sacrificio della vita in nome del cristianesimo, acquisiva il valore di un estremo atto di penitenza, i pericoli a cui si andava incontro durante il viaggio, costituivano il pretesto per ottenere la remissione dei peccati. (Urbano II ha spiegato come Dio ha permesso ai saraceni di occupare I luoghi Santi a causa dei nostri peccati, tuttavia, giacché il popolo cristiano ha deciso di correggersi, questi ne sostiene le conquiste). 3. Peregrinatio di paupers Durante la prima crociata, il concetto stesso di crociata ancora non esisteva, vi erano però i crucesignati = pellegrini armati o disarmati appartenenti a vari strati sociali, riconoscibili perché indossavano super vestem una croce, che avevano l’obbiettivo di restituire alla cristianità il Sepolcro di Cristo. La guerra era ritenuta giusta se comandata da Dio attraverso un’autorità legittima, l’imperatore, ma siccome nel corso dell’XI secolo si era andata a creare una frattura tra la chiesa e l’impero, la possibilità di proclamare guerre di questo genere venne meno. A “risolvere il problema” ci penso però il Papa che si fece interprete del presunto volere divino, dando la propria approvazione a determinate guerre. 4. Guerra Santa, Jihad e Crociata Le crociate non sono mai state lette come “guerre di religione”, tantomeno come metodi alternativi di conversione nei confronti di eretici, pagani o infedeli (anche se qualche conversione forzata c’è stata). Lo stesso vale per l’Islam: il jihad non è una guerra santa. Il vero significato di questa parola si identifica con lo sforzo che assume un credente per una causa teologicamente e giuridicamente gradita a Dio. La giurisprudenza islamica divide il mondo in due parti: - La “dimora dell’Islam” = abitata dai fedeli - La “dimora della guerra” = abitata dagli infedeli (politeisti e apostati) e dalla gente del libro (ebrei e cristiani, ritenuti meritevoli di protezione). Com’è risaputo l’Islam si regge su cinque pilastri che ogni credente musulmano deve rispettare: - La testimonianza di fede - La preghiera - L’elemosina legale - Il digiuno nel mese di Ramadan - Il pellegrinaggio alla sacra moschea della Mecca da compiersi almeno una volta nella vita Alcune scuole aggiungono anche il Jihad= lo sforzo. È stata fatta una distinzione tra Jihad interiore ed esteriore. Quello interiore si occupa di contrastare le passioni e a impegnarsi nella retta fede, mentre quello esteriore si identifica con lo sforzo militare da esercitarsi solo in caso di attacco. Non diversamente dalla crociata, anche il Jihad è stato spesso e volentieri interpretato come guerra santa ma, in ogni caso e in ogni religione, chi imbraccia le armi deve comunque rendere conto a Dio dei propri atti. (Infatti venne fatta un’ulteriore distinzione tra Jihad difensivo e offensivo). La maggior parte dei musulmani ritiene che la morte durante un conflitto difensivo, comporti ricompense spirituali, mentre con suicidi o attacchi contro i civili, no. Tuttavia tra la crociata e il Jihad esistono delle differenze sostanziali. Mentre, dal punto di vista musulmano, la crociata non era altro che una guerra scatenata dal Papa, per i cristiani il Jihad era qualsiasi azione volta ad attentare la propria stabilità. 5. Crociate o oltre le crociate? Siamo abituati a pensare alla crociata come ad un fenomeno prettamente medievale. Questo non è del tutto sbagliato, essa sorge nell’ambito della riforma dell’XI secolo ma si sviluppa si modifica nel corso del tempo. I mutamenti cui essa è andata incontro sono stati vari ed intensi ma in tutti i casi si è di fronte a crociate vere proprie, cioè a guerre volute dal papato con l’obbiettivo di allargare il nome della chiesa, tramutatesi in guerre di difesa dal periodo turco. L’anno successivo il Papa in persona avrebbe deciso di porsi alla testa dell’esercito per affrontare in battaglia le armate normanne. Lo scontro finale si ebbe il 18 giugno del 1053 con una netta vittoria da parte dei normanni che riuscirono addirittura a catturare il Papa. Durante la prigionia questi comprese che forse, di una tale potenza, valeva la pena di essere alleati. Fu così che Leone riconobbe il dominio normanno nel meridione, ricevendo in cambio l’impegno della famiglia d’Altavilla a proteggere la chiesa e a recuperare i regalia Sancti Petri (patrimonio di San Pietro) in Apulia e Basilicata. 4. Dinamismo crescente Niccolò II, nel 1059 a Melfi, confermò gli accordi che vi erano stati tra Leone IX e Roberto il Guiscardo, duca di Puglia, Calabria e Sicilia, anche se quest’ultima ancora non era stata presa. La sua conquista ebbe inizio nel 1061 e durò trent’anni a causa dell’estrema asperità del territorio e il pericolo proveniente dal mare. A fine campagna, Roberto sarebbe ritornato in Calabria, lasciando al fratello Ruggero il compito di amministrare il territorio e completare quanto iniziato. Nel frattempo, i successivi normanni, iniziavano a rappresentare una minaccia sia per Costantinopoli che per Venezia. L’occupazione delle principali città costiere della Puglia minacciava la regolarità dei traffici nel Mar Adriatico, quindi l’egemonia di Venezia, e la disponibilità imperiale nei territori italo-balcanici. La guerra adriatica avrebbe avuto termine e poi nel 1085 con la morte di Roberto. 5. Urbano II Urbano II (il cui nome originario era Eudes di Lagery) proveniva da una modesta famiglia di soldati. Avviato alla carriera ecclesiastica, tra il 1079 e il 1080 andò a Roma per volontà di Gregorio VII che lo nominò cardinale vescovo di Ostia. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1085, era stato eletto come pontefice Vittore III ma, la sua scomparsa, favorì la nomina del cardinale di Ostia a suo successore. Eudes era stato consacrato con il nome di Urbano II come omaggio alla memoria di Gregorio VII, morto nel giorno di Sant’Urbano. Inizialmente si instaurò sull’isola Tiberina ma in seguito, nel 1094, rientrò a Roma impadronendosi del Laterano. Sempre nel 1094 intraprese un lungo viaggio, ricostruibile grazie suoi scritti, (andò a Pisa, Firenze, Cremona, Como, Milano, eccetera) alla fine del quale giunse in Francia dove, con la convocazione del concilio di Clermont, scomunicò Filippo I, re di Francia, e proclamò l’iter che l’avrebbe reso celebre. Ed è proprio in questo contesto che il pontefice scrive una lettera in cui afferma di voler partire personalmente alla volta della Terrasanta, così come progettato, tempo prima, da Gregorio VII. Urbano secondo morirà qualche giorno dopo la presa di Gerusalemme e lo sostituirà Pasquale II. CAPITOLO TERZO 1. Mondi mediterranei Il proscenio su cui si sarebbe svolta la prima crociata non sarebbe altro che l’antico mare nostrum, luogo di incontro e di continue contaminazioni ma anche di aspri scontri, i cui protagonisti non si facevano scrupoli ad usare ogni mezzo per affermare la propria talassocrazia. Se nell’XI secolo il mare era diviso in tre parti, con un’area latina, un’area greca e un’altra araba, adesso vi era una realtà mutata. I suoi frequentatori (tra marinai, pellegrini, mercanti e crociati) erano parte di una sorta di koinè mediterranea basata sulla condivisione di esperienze. 2. Pre-crociate? L’XI e il XII secolo videro l’istaurarsi di tre nuovi regni quello di Inghilterra, quello di Gerusalemme e quello di Sicilia. Diversi storici hanno letto nella conquista della Sicilia da parte dei normanni delle pre-crociate. Al principio dell’XI secolo non esisteva alcuna crociata ma esistevano i crucesignati, recanti sulla spalla una piccola croce, la stessa croce che il papato aveva offerto a Guglielmo, conquistatore d’Inghilterra, e ad altri soggetti della Sicilia e della penisola iberica. In questi casi non ci troviamo di fronte a guerre di religione. Dietro tali spedizioni non c’era altro che la volontà di affermare la propria forza. 3. In Europa Mauros Intorno al VII secolo il mondo musulmano aveva iniziato ad affacciarsi sul mare, promuovendo una serie di attacchi contro le isole e le coste egee, ioniche e tirreniche. Non si trattava mai di azioni scoordinate tra di loro anzi, miravano tutte all’impianto di veri e propri insediamenti, costituiti generalmente da una piazza forte militare da cui si procedeva a islamizzare il territorio circostante. Fu tale strategia a permettere la veloce arabizzazione della penisola iberica che poi si interruppe sui Pirenei. L’area sottoposta all’Islam era prosperata velocemente grazie a nuove tecniche agricole e all’intensificarsi degli scambi con le regioni del nord rimaste cristiane. Sotto il fondatore della dinastia omayyade e i suoi successori, la regione avrebbe conosciuto il proprio massimo splendore. A partire dall’XI secolo, tuttavia, l’autorità omayyade iniziò a cedere di fronte al policentrismo che caratterizzava il territorio, lasciando campo a governatori locali. 4. I selgiuchidi Molti sostengono che la crociata abbia avuto origine dall’appello di Alessio Comneno, teso a ricercare in Europa e in particolare presso il papato, un aiuto materiale per contrastare la minaccia turca. Tale opinione si fonda sull’uso ingente di truppe mercenarie sui confini del mondo romano- orientale. Il pericolo maggiore (per l’impero) era costituito dai selgiuchidi. Nel corso del X secolo, per sfuggire alle dure condizioni ambientali, all’insufficienza dei pascoli e all’aumento della popolazione, alcune tribù, guidate da Seljuq, eroe eponimo del gruppo, erano migrate a sud convertendosi all’Islam sunnita. Dopo diverse conquiste e successioni, il sultanato iniziò a disgregarsi, dividendosi fra l’area iranica- mesopotamica e quella anatolica, chiamata Rum in riferimento ai romani d’oriente. Nel 1075 Nicea e Nicomedia furono conquistate. Due anni dopo Suleyman si rese indipendente facendo di Nicea la propria capitale e presidiando anche Nicomedia, Calzedonia, ecc…, mentre Botaniate controllava l’area anatolica. Il nuovo imperatore, Alessio Comneno, avrebbe riconosciuto a Suleyman il dominio su Nicea ma in cambio, questi non avrebbe dovuto saccheggiare la Bitinia e in particolare Nicomedia. Nel 1086 Suleyman guidò una spedizione in Siria contro il fratello di Meliksah, morendo in battaglia, nel frattempo Nicea veniva assediata dai greci. Nel 1097, quando gli eserciti latini conquistarono Nicea, la capitale del sultanato venne trasferito trasferita a Iconio. Invece di contrastare i nuovi arrivati il sultano si volse ai confini orientali, venendo però sconfitto da Muhammad I Tapar, fu solo con la morte di questi che il sultanato di Rum riuscì a consolidare il proprio potere in Anatolia. 5. Reconquista tirrenica Per contrastare gli islamici presenti nel Mediterraneo entrarono in gioco le marinerie italiane, in particolare quella genovese e pisana. Nel corso dell’XI secolo Genova e Pisa furono le protagoniste di una serie di spedizioni, definite pre-crociate, volte al saccheggio delle basi saracene tirreniche. Gli episodi furono molti, ad esempio ricordiamo la spedizione pisana contro Reggio e Messina del 1005 oppure contro Palermo del 1064, in ogni caso venne adottata una politica aggressiva. CAPITOLO QUARTO 1. Crociata-movimento e crociata-istituzione La prima crociata si era configurata sia come un iter, ossia un viaggio militare volto alla difesa dei cristiani orientali, oltre che del suolo che aveva ospitato la vicenda terrena di Cristo, che come peregrinatio penitenziale verso i luoghi santi. La conquista di Gerusalemme nel 1099 e l’istaurarsi di un regno laddove Cristo stesso aveva espresso la propria regalità terrena, avrebbero assunto un particolare valore fondativo portando a canonizzare l’idea. Ciononostante la crociata sarebbe rimasta per molto tempo un oggetto informe e indefinito. Il Papa stesso, inizialmente, non si preoccupò di definirne le linee teoriche: prendere la croce significava combattere in nome della chiesa (dopo aver pronunciato un voto, cui erano annesse determinate indulgenze, nel caso di adempimento, sanzioni, nel caso contrario). L’idea che un atto materiale potesse garantire la salvezza divina ebbe con sé numerose conseguenze. Cambiava ad esempio il ruolo della penitenza che non era più una sanzione ma un programma che permetteva di restaurare la vita apostolica attraverso la carità, la povertà evangelica e l’itineranza. Su tali stanze sarebbero sorti nuovi ordini mendicanti. Da qui nacque la distinzione tra - crociata-movimento = ossia quell’insieme di miti e rappresentazioni legate alla pratica del pellegrinaggio e all’idea di redenzione che avrebbero sedotto il laicato cristiano - Crociata istituzione = Che ne avrebbe disciplinato le caratteristiche 2. Crux cismarina e crux transmarina con il canone dell’indulgenza. In seguito, al quarto concilio lateranense, 1215, si stabilì che l’indulgenza plenaria potesse essere estesa anche ai finanziatori delle crociate. 3. La predicazione Papa urbano II venne preso come modello di predicazione, invitando vescovi e abati a trasmettere il messaggio nei territori di propria competenza. Pietro l’eremita e Roberto d’Arbeissel erano soliti ad esprimersi in volgare, facendo uso di immagini esplicite e semplici, comprensibili al proprio pubblico. Il tutto veniva accompagnato da cerimonie elaborate in cui si svolgevano canti e processioni che si concludevano con la lettura della bolla papale e delle promesse di indulgenza. Terminata l’orazione si procedeva con la cerimonia del voto. I crociati dovevano imbracciare le difficoltà del viaggio senza tentare di alleviarne disagi, dovevano farsi poveri com’era povero Cristo. I ricchi invece erano chiamati a distribuire i propri beni, aiutando i meno abbienti nel coprire le imprese. La crociata quindi, eliminava temporaneamente le differenze di ceto: ai poveri era consentito di innalzare momentaneamente la propria condizione, alle donne era permesso di partecipare alla guerra, ai ricchi era consigliato di abbassarsi, di rinunciare alle proprie ricchezze, e ai chierici era affidato il compito di accompagnare i combattenti con la preghiera e di garantire il culto. 4. Organizzazione del consenso Bisognava evitare che la crociata venisse praticata da personale non qualificato. Di questo se ne occupavano i domenicani e francescani. La bolla emanata da Onorio III nel 1225 conferiva una serie di prerogative a entrambi gli ordini, tra queste spiccavano quelle di praticare liberamente, di battezzare i saraceni, di riconciliare gli apostati, di emettere sentenze di scomunica e di revocare quelle in atto, di commissionare penitenze, eccetera. Ciascun cristiano era privo di interferire con la loro azione. 5. Il finanziamento L’organizzazione del viaggio era un qualcosa di costoso, si rese necessario cercare nuove risorse, ad esempio, persuadendo il cristiano in punto di morte destinare parte dei propri beni pro passaggio come = suffragio della propria anima e a sconto dei propri peccati. Luigi VII ricorse a un prelievo imposto ai propri sudditi, volto esplicitamente a sostenere la partenza per la seconda crociata. Enrico II invece impose un tributo in tutta l’Inghilterra. Chi avesse voluto partecipare alla spedizione poteva evitare il pagamento, tutti gli altri invece erano costretti. Inizialmente si trattava di un’imposta straordinaria, successivamente con Innocenzo III si giunse alla prima tassazione diretta. Il quarto concilio lateranense pose le basi affinché il prelievo divenisse regolare e socialmente accettato. Per garantire un prelievo regolare, l’ecumene cristiana venne divisa in 26 collectoriae, cioè circoscrizioni territoriali di natura fiscale formata da una oppure più province ecclesiastiche che venivano affidate ad un collettore generale, nominato dal Papa e istruito dalla curia, che aveva il compito di procedere al prelievo ed inviare alla camera Apostolica i relativi registri. CAPITOLO SESTO 1. Pietro l’eremita A Pietro l’eremita (Pietro D’Amiens) si deve attribuire una grande campagna di predicazione. Questi iniziò a predicare nei pressi di Clermont, vagando a dorso di mulo. Il sabato Santo del 1096 si trovava a Colonia, qui trovò emuli e seguaci. Tra i temi della sua predicazione pare vi fosse la descrizione della delle tribolazioni e cioè degli affanni subiti dai pellegrini in viaggio per la Terrasanta, accompagnata da excutaroria = lettere fittizie al centro delle quali vi era sempre Gerusalemme, la Città Celeste che avrebbe ospitato il giudizio finale. 2. Verso Costantinopoli Alla prima crociata parteciparono diverse personalità di spicco, come Goffredo di Buillon, Raimondo di Saint-Gilles, i normanni del mezzogiorno e i cittadini delle principali città marinare. Molti furono quelli che si aggregarono alla spedizione man mano che attraversavano la penisola. E nel 1097 i crucesignati guadagnarono Costantinopoli. Alla spedizione avevano partecipato anche longobardi e lombardi, i quali però sarebbero periti nel corso dei primi scontri con i turchi. Come già detto prima, l’appello crociato coinvolse anche le schiere normanne, le quali si misero in viaggio al seguito di Boemondo d’Altavilla. Questi esercitava un dominio sui principali porti pugliesi: Bari, Brindisi e Taranto. Ma dopo la morte del Guiscardo (Roberto), i possessi pugliesi vennero ereditati dal fratellastro Ruggero. Il contrasto tra i due (Boemondo e Ruggero) aveva trovato risoluzione grazie ad Urbano II che aveva riconosciuto a Boemondo il Tarantino. Troppo poco per il normanno che aveva sperato di allargare il proprio dominio. Infatti, lui vide l’iter gerosolimitano un’occasione per rimettere piede in oriente. Riunì intorno a sé un esercito di persone, 500 cavalieri e 4.000 fanti, e partirono alla volta di Costantinopoli. 3. Antiochia, 1098 Quando le schiere di Boemondo d’Altavilla, accompagnate da quelle di Raimondo di Saint-Gilles, Roberto di fiandra, Roberto di Normandia, ecc… raggiunsero Costantinopoli, la preoccupazione della corte imperiale aumentò, anche a causa dei disordini generati dai paupers guidati da Pietro D’Amiens. Alessio lì colmo di onori e di doni, facendo però intendere loro di considerarli sempre al proprio servizio, costringendoli a prestargli omaggio tramite un giuramento di fedeltà che prevedeva la restituzione delle città eventualmente conquistate appartenute, un tempo, all’impero. Non tutti accolsero favorevolmente la proposta infatti, ad esempio, Raimondo di Saint-Gilles si limitò a giurare di non arrecare alcun danno alla corona. Al contrario, Boemondo si mostrò assai docile, prestando regolarmente omaggio con l’obiettivo “apparente” di ricucire rapporti con l’imperatore. Nel maggio del 1097 i latini assediarono Nicea nel giugno dello stesso anno la città si arrese al basileus. In seguito, per facilitare le operazioni, l’esercito venne diviso in due grosse schiere. L’avanguardia capeggiata da Boemondo, puntò su Doryleaum. Il 1° luglio giunti a un passo dalla città, i latini furono assaliti dalle truppe selgiuchidi ma, il sopraggiungere della seconda schiera, contribuì a risolvere la situazione. Da quel momento in poi si decise di procedere congiuntamente. Nonostante l’abilità dei cavalieri turchi e turcomanno, la cavalleria europea si rivelò imbattibile. La tappa successiva doveva essere Antiochia, tuttavia il rifornirsi diventava sempre più complesso, sia perché il territorio era devastato dalle guerriglie degli anni precedenti, sia perché i turchi adottavano la tattica della terra bruciata. Nonostante le difficoltà, nel 1098 la città accadeva in mano ai latini. I cristiani trovarono la forza di reagire ai nemici, grazie al ritrovamento di una reliquia, identificata con la lancia della passione, che riaccese gli animi della gente. 4. Gerusalemme, 1099 Dopo la disfatta delle truppe nemiche, la strada per Gerusalemme pareva spianata. Tuttavia, i frutti della conquista rischiavano di essere compromessi dal nascere di rivalità tra i principi e i baroni presenti. A questo si aggiunge il fatto che il 1° agosto la spedizione, si trovò a perdere il proprio capo spirituale, Ademaro: l’unica voce moderatrice rispettata e stimata da tutti. Nel frattempo un’epidemia infieriva tra le schiere. Nel settembre, finito il contagio, i capi scrissero ad Urbano informandolo dei successi ottenuti e della morte del proprio legato, scongiurandolo di raggiungerli per condurre personalmente la Santa impresa. Due mesi dopo partirono tutte le truppe ad eccezione di quelle di Boemondo che rimasero con lui ad Antiochia (territorio che era riuscito a mantenere per sé). Gli altri accettarono questa scelta perché la spedizione doveva proseguire non era possibile lasciare Antiochia sguarnita, una sua eventuale riconquista avrebbe rappresentato un problema. Il 7 giugno i crucesignati scorsero in lontananza Gerusalemme che era caduta in mano ai fatimidi egiziani. La tattica che i crociati avevano deciso di adottare era quella di mettere in cantiere quante più torri possibili così da poter attaccare la città. Inoltre i crociati vennero raggiunti dall’arrivo di sei galee di supporto. Tuttavia nel giro di poco tempo la gioia si muto in sgomento perché un imponente flotta egiziana si stava avvicinando con il mare e ogni possibilità di fuga per i cristiani era impedita.ci si affrettò a smontare il campo e a caricare i viveri. L’attacco iniziò il 15 luglio e in quella lotta ebrei e musulmani vennero massacrati. Verso la metà di agosto, contro ogni aspettativa, i crociati riuscirono a fermare le truppe del sultanato fatimide del Cairo: l’obiettivo era stato raggiunto, Gerusalemme era stata conquistata. Urbano II avrebbe sicuramente gioito della notizia ma purtroppo morì due settimane dopo, ignaro dell’esito della spedizione. 5. Un re per Gerusalemme Conquistata Gerusalemme, bisognava procedere all’organizzazione del territorio. Daiberto venne acclamato patriarca del luogo, mentre Goffredo di Bouillon, ottenne la nomina ad advocatus del Santo sepolcro, titolo associato a chi si impegna ufficialmente nella difesa di un bene ecclesiastico. Tuttavia Goffredo si dimostrò tutt’altro che incline alle richieste del patriarca, cedendo alla chiesa gerosolimitana l’intera Gerusalemme, comprese la cittadella e la torre di David, ma dichiarando che se fosse morto, essa avrebbe dovuto passare in mano al patriarcato. La notte di Natale del 1100, Baldovino fu unto e incoronato re nella basilica della Natività a Betlemme, per acclamazione del clero, dei principi e del popolo. Inizialmente Daiberto si mostrò favorevole nei confronti del principe crociato, da lui stesso consacrato, tuttavia la pacificazione fu di breve durata perché il nuovo re inizio ad accusare il patriarca di ogni malefatta compresa la compravendita di reliquie. Daiberto, privato di ogni diritto sulla proprietà del Santo sepolcro, si rifugiò ad Antiochia per poi ritornare in Italia. Fu Pasquale II che lo reintegrò del titolo precedentemente perduto ma purtroppo, il patriarca di Gerusalemme, sarebbe morto prima di ripartire per la Terrasanta. CAPITOLO OTTAVO 1. La caduta Salah Al-Din marciò alla volta di Acri che gli fu consegnata senza combattere dal suo governatore, Joscelin. In seguito, occupò altre piazzeforti: Giaffa, Beirut, Gaza, insomma, l’intera fascia costiera, ad eccezione di Tripoli e Tiro, tornava in mano musulmana. A questo punto la conquista di Gerusalemme appariva inevitabile. La Città Santa venne posta sotto assedio il 20 settembre e il 20 ottobre fu decisa la resa. Il tempio e l’ospedale furono costretti a sborsare cifre ingenti, la grande croce dorata che sovrastava la cupola fu abbattuta e parecchie migliaia di persone finirono in schiavitù. Nel frattempo Tiro veniva raggiunta da una nave genovese con a bordo Corrado di Monferrato che aveva il compito di vegliare sul nipote Baldovino V. Qui venne accolto come un salvatore. Con Gregorio VIII vi era stata l’emanazione di una bolla, l’Audita tremendi, con cui si bandiva una nuova spedizione, assicurando, a chi avesse partecipato, l’indulgenza plenaria e la protezione ecclesiastica dei propri beni. Nel frattempo, Corrado di Monferrato, tentò di chiedere aiuto all’arcivescovo di Tiro (Josse), a Federico Barbarossa, al re di Inghilterra, al re di Ungheria e ai pisani e genovesi. Il primo a rispondere fu Guglielmo II re di Sicilia che inviò una flotta di 60 galee. Più tardi Josse incontrò il re d’Inghilterra e di Francia e in quell’occasione i due sovrani decisero di prendere croce, creando una nuova tassa per finanziare l’impresa: la decima Saladini. Si decise inoltre, che il segno della croce che avrebbe dovuto caratterizzare i combattenti, sarebbe stato di un colore diverso a seconda della nazione di provenienza: rosso per i francesi, bianco per gli inglesi, verde per i fiamminghi. Inglesi e francesi si misero in viaggio per via marittima, i primi guidati da Riccardo I e partendo da Marsiglia, i secondi da Genova. 2. La terza crociata Riccardo, re di Inghilterra, si trovò costretto a causa del maltempo a ripararsi a Cipro. Qui approfittò della situazione per sferrare un attacco contro la capitale, Limassol, conquistata nel 1191. Qualche tempo dopo Riccardo avrebbe conquistato l’isola che ebbe affidato ai templari e che, a loro volta, essi ebbero affidato Guido di Lusignano. Quando Riccardo giunse a Tiro, Corrado di Monferrato, si rifiutò di accoglierlo a causa dell’appoggio che aveva fornito a Guido Lusignano. Così nacque uno scontro tra i due con: - Filippo II (re di Francia) e Corrado con genovesi, duca di Borgogna, templari e ospitalieri - Riccardo e Guido con i pisani Le operazioni belliche ne risultarono assai rallentate, in più la fame non risolveva la situazione. Per questo, gli assediati (Riccardo, Guido e i pisani) chiesero la resa in cambio di una ricompensa, riscatta successivamente, con: - 200.000 di Nadar d’oro - La liberazione di 2500 prigionieri - La restituzione della vera croce Alla crociata partecipò anche Federico Barbarossa che, dopo aver annunciato la data della propria partenza, affidò la reggenza imperiale al figlio Enrico. Purtroppo il 10 giugno del 1190 l’imperatore morì e questo evento, imprevedibile e inaspettato, spinse molti soldati a fare ritorno in patria. Chi invece decise di tener fede al proprio voto si incamminò, al seguito di Federico VI di Svevia, alla volta di Antiochia. 3. La corona contesa Nel frattempo l’assedio di Acri (che apparteneva a Salah al-Din) procedeva senza sosta. Tra le forze cristiane si erano formati due partiti: - uno favorevole a Guido di Lusignano, con Templari, veneziani e Pisani. - l’altro favorevole a Corrado di Monferrato con re di Francia, ospitalieri e genovesi. Nel 1191 la città venne conquistata e fu assegnata temporaneamente ai due sovrani che ricevettero il compito di formulare un arbitrato per decidere a chi spettasse la corona gerosolimitana, ma alla fine si stabilì che la corona sarebbe andata a Guido di Lusignano. Nel frattempo Riccardo cuore di Leone aveva fatto un voto, quello di riconquistare Gerusalemme, e non intendeva venir meno al proprio impegno. Cercò, dunque, di negoziare con Salah Al-Din, per recuperare la reliquia della vera croce offrendo in cambio diversi prigionieri catturati ad acri, ma niente da fare. Allora Riccardo decise di mutare strategia, ordinando a tutto l’esercito di caricare compatto, sfruttando l’ampia piana davanti la città. Il piano risultò vincente e nel frattempo Salah Al-Din pensò bene di passare dalle armi alla diplomazia. Riccardo pretese la restituzione di Gerusalemme, del suo territorio e la riconsegna dei frammenti della vera croce ma la proposta fu rifiutata. In attesa di notizia delle nuove trattative, Riccardo inviò a Tiro un messaggero affinché portasse a Corrado, l’annuncio che sarebbe diventato re, e a Guido, la notizia che a lui spettava la sovranità dell’isola di Cipro che i templari non avevano più intenzione di mantenere. Alla fine si stabilì che Gerusalemme sarebbe rimasta in mano musulmana ma che i cristiani avrebbero avuto la possibilità di visitarla liberamente. Riccardo si rifiutò di recarsi a luoghi santi forse per non dover mai ammettere la sconfitta. Salah Al-Din poteva presentarsi come il vero vincitore: Gerusalemme era stata conquistata e la continuità territoriale tra Siria ed Egitto, assicurata. 4. Tregua Per i successori di Salah Al-Din non fu affatto facile raccoglierne l’eredità. al-Adil, una volta salito sul trono, avrebbe adottato una politica conciliante, volta, da un lato, a sfruttare le capacità economiche dei latini, dall’altro, a evitare l’arrivo di nuove spedizioni militari da occidente. Nonostante l’atteggiamento di al-Adil nei confronti di Outremer fosse improntato alla ricerca di soluzioni pacifiche, gli episodi ostili, tuttavia, non mancarono. 5. La crociata dei veneziani La quarta crociata sarebbe nata con lo scopo di rimediare al fallimento di quella precedente. Fu Innocenzo III a richiedere l’impegno della cristianità per una nuova spedizione, volta a riportare Gerusalemme in mani cristiane. Da tempo Venezia operava in completa autonomia rispetto a Bisanzio, godendo di privilegi esorbitanti. La frattura tra le due potenze si era fatta molto evidente: l’imperatore Manuele Comneno aveva ordinato l’arresto di tutti i veneziani operanti nella capitale e la confisca dei loro beni: il rapporto ne era ormai compromesso. Il nuovo imperatore di Costantinopoli, Isacco II Angelo, aveva concesso alla città di Venezia, in cambio di aiuto, tre crisobolle attraverso cui si voleva risarcire i veneziani. Ma ciò non fu sufficiente, anzi, la situazione si sarebbe ulteriormente complicata con l’ascesa al trono di Alessio III Angelo che omesse completamente la questione dei risarcimenti. La spedizione sarebbe stata guidata da Bonifacio di Monferrato, fratello di Corrado. La croce venne presa e alla battaglia parteciparono anche i veneziani che però vennero scomunicati dal Papa in quanto avevano saccheggiato una città di fede romana, Zara, Sempre nei pressi di Zara, Alessio, figlio di Isacco II Angelo, chiese aiuto ai crociati per sconfiggere l’usurpatore, lo zio Alessio III Angelo, promettendo in cambio denaro e la riunione delle chiese. Nel 1204 il giovane Alessio IV riuscì nel suo intento e divenne imperatore, tuttavia, poco dopo, venne assassinato. Salì al trono Alessio V, un suo oppositore. I crociati risposero dando fuoco alla città, sottoposta a un duro saccheggio, e imponendo sul trono un imperatore latino: Baldovino di Fiandra. Aveva inizio così la storia dell’impero latino d’oriente, le cui terre furono divise tra il sovrano, e crociati e veneziani. L’intera carta del Mediterraneo ne risultò rivoluzionata, infondendo forti preoccupazioni tra genovesi e pisani. Se Venezia con i pisani siglò immediatamente un trattato di pace, con i genovesi invece scoppiò la guerra. CAPITOLO NONO 1. Egitto Nel corso del 200, l’obiettivo principale della crux transmarina era la conquista dell’Egitto: il paese politicamente più importante dell’universo arabo. I cristiani affermavano che il solo modo di recuperare e proteggere Gerusalemme fosse quello di un attacco massicciò contro il suolo egiziano. Nel 1211 col nuovo re di Gerusalemme, Giovanni di Brianne, il sultano d’Egitto pensò bene di estendere la tregua in corso per altri sei anni: si poneva fine così, a un continuo stato di tensione. Il rinnovo si rendeva necessario per garantire la regolarità dei commerci, tornati ai livelli di un tempo. Ma in Occidente, Innocenzo III, era tornato a chiedere il recupero di Gerusalemme. La nuova spedizione, progettata nel 1213, venne promossa dal Papa solamente nel 1215 e avrebbe avuto come obiettivo principale proprio l’Egitto. 2. La crociata di Damietta Al-Adil, sultano d’Egitto che all’epoca si trovava al Cairo, affidò ad Al-Kamil la difesa del porto del Nilo. Questi, approfittando dell’indecisione dei crociati che attendevano rinforzi da occidente, lanciò una serie di offensive contro il loro campo, dopodiché si ritirò al Cairo, avvertito di un complotto organizzato ai suoi danni. Vedendosi alle strette, il nuovo sultano tentò di scendere a patti con i crociati, non prima però di aver ordinato al fratello di abbattere le mura di Gerusalemme, così da rendere la città indifendibile qualora fosse caduta in mani latine. Inutile dire come ogni tentativo di riconciliazione cadesse nel vuoto. Con tutta probabilità, una marcia immediata verso il Cairo da parte dei crociati avrebbe portato a dei risultati positivi, tuttavia, i capi crociati decisero di attendere l’arrivo di Federico di Svevia, cosa che procurò ampi dissensi. Nonostante il voto crociato, Federico non arrivò ma inviò al posto suo un bellicoso contingente, guidato da Ludovico di Baviera, che attaccò il nuovo campo di Al-Kamil. I crociati tuttavia furono accerchiati ed ebbero ben presto chiaro che non ne sarebbero usciti salvi se non fossero tornati indietro. Gran parte dell’esercito finì impantanato nel fango: era la fine. Una volta salito al potere si dedico immediatamente al rafforzamento dell’esercito. Gli Stati crociati, per lui, rappresentavano un problema. (La corona gerosolimitana, a quei tempi, era in mano a Corradino di Svevia). Nel frattempo Baybars privò i franchi di alcuni dei principali centri dell’impero, infatti, dopo aver conquistato Arsuf e Cesarea, sferrò un attacco contro Safed, la cui conquista permise alle sue truppe di accedere al litorale acritano. Successivamente si volse contro Antiochia: la sua caduta fu accompagnata da una strage, i morti furono circa 17.000 e i prigionieri diverse migliaia, invece il bottino fu tale da permettere al sultano di edificare una nuova moschea al Cairo. I franchi tentarono una risposta, probabilmente con l’obiettivo di riprendere Safed ma, di lì a poco, l’esercito avrebbe subito una sonora sconfitta, portando il sultano a proseguire nella propria opera, finalizzata a occupare completamente il territorio. La tappa successiva fu la contea di Tripoli. Nel corso del tempo la città era stata cinta da mura e da un fossato, inoltre era ben organizzato al suo interno. Potenzialmente avrebbe potuto resistere a lungo ma in realtà, il suo assedio durò poco più di un mese e ben presto gli assediati chiesero la resa. Per Baybars si trattò di un grande successo. Negli anni successivi egli si sarebbe occupato di rafforzare i propri confini e debellare una serie di minacce interne. 3. La seconda crociata di Luigi IX La progressiva perdita dei territori latini preoccupava Luigi IX, deciso a portare a termine quanto iniziato nel 1248. Il sovrano francese, non possedendo materiale a sufficienza dovette pensare a noleggiarlo ma, i genovesi, non sembravano molto aperti nei confronti della corona francese. Il sovrano allora si rivolse a Papa Clemente IV. Alla fine, non diversamente da quanto accaduto in passato, la crociata rappresentò per Genova un motivo di guadagno e così si impegnò a costruire due navi per il trasporto dei crociati. Venezia invece, finì per rifiutare l’offerta. La partenza fu fissata per il maggio del 1270 ma i genovesi si presentarono in ritardo e la flotta non partì prima del 2 luglio. La nave di Luigi, la paradisus, avrebbe perso la rotta. Una volta gettata l’ancora il sovrano rivelò i propri piani: l’esercito crociato avrebbe attaccato Tunisi, ciò provocò le proteste dei genovesi perché con quella piazza, loro commerciavano da tempo. Non a caso, quando i crucesignati giunsero davanti alla città, i genovesi presenti vennero imprigionati. Tunisi venne assediata ma non passò molto tempo perché le condizioni igieniche del campo si facessero precarie, Lo stesso Luigi IX morì. L’impresa falliva miseramente. Venne adottata una nuova strategia: quella del passaggium particolare, condotto da piccoli corpi di spedizione formati da specialisti di guerra, una strategia accolta favorevolmente da Papa Gregorio X. Per tempo si è discusso sei motivi della scelta del porto tunisino, nacquero diverse teorie: - perché il sovrano intendeva favorire le mire espansionistiche del fratello Carlo, installatosi nel regno di Sicilia - Per salvaguardare le proprie relazioni con Baybars, potenzialmente fruttuose per l’economia siciliana - Per convertire l’emiro di Tunisi - Infine, la più probabile, perché il sovrano intendeva fare di Tunisi una testa di ponte in cui trascorre l’inverno, per poi procedere in Siria ed Egitto 4. Acri, 1291 Dopo la morte di bypass, capo dei mamelucchi, salì al potere un nuovo sultano che si trovò immediatamente a fare i conti con i mongoli, i quali iniziavano a creare una strategia di collegamento col mondo latino. Nel 1281 i mamelucchi sbagliarono un forte contingente nemico, dimostrando nuovamente la propria superiorità.ai franchi non restava altro che scendere i patti. Il nuovo sultano strinse una tregua di 10 anni, 10 mesi, 10 giorni e 10 ore con le autorità di Acri e Sidone, lasciando scoperte diverse località tra cui tiro, Beirut, Tripoli, eccetera, in cui, di fatto, il sultano, Qalawun, si trovava ad avere mano libera. Per questo, egli decise di portare a termine quanto iniziato dai suoi predecessori e piano piano tutte queste città caddero. Il nuovo Papa, Niccolò IV, si trovò a fare i conti con tale circostanza e per tamponare la situazione questi ordinò una nuova crociata lungo l’Adriatico centro-settentrionale in maniera tale da ottenere velocemente sia l’adesione popolare che quella di Venezia. Nel 1290 venne emanato il bando della crociata, rivolto in particolare a Francia ed Inghilterra che non risposero adeguatamente, procrastinando ogni eventuale impegno al 1293. La flotta veneziana invece rispose in tempo e salpò proprio nel 1290. Il re di Gerusalemme non riuscì ad evitare che alcuni crociati compissero azioni sconsiderate, uccidendo diversi musulmani. Incidenti di questo tipo fornirono al sultano Qalawun il pretesto per procedere all’assedio. La tregua in vigore dal 1283 risultava violata. Proprio allora tuttavia, si verificò un evento inaspettato = Qalawun morì. Fu suo figlio a portare a compimento il piano di conquista. L’assedio ebbe inizio nel 1291: gran parte della popolazione tentò di fuggire verso il mare, molti morirono nel tentativo di saltare a bordo delle poche scialuppe disponibili. Numerosi, ogni modo, furono coloro che rimasero in città in attesa di essere scovati nel segreto delle proprie case. Le restanti città cristiane della costa furono conquistate una dietro l’altra: fu la fine della dominazione latina in Siria e Palestina. 5. Tentativi di riconquista Niccolò IV, informato della disfatta, emanò una bolla con la quale chiamò la cristianità a raccolta, ordinando di portare soccorso a Cipro e al regno armeno di Cilicia, il cui mantenimento sarebbe stato essenziale per qualsiasi tentativo di riconquista. In più, bisognava imporre un duro blocco navale nei confronti dell’Egitto, così da indebolirne la potenza economica e militare. Di lì a poco il Papa morì e della faccenda si occupò il collegio dei cardinali riuscendo a creare una flotta che si limitò a compiere qualche azione navale, senza ottenere però alcun risultato. Il motivo del fallimento di outremer era stata la sua divisione interna. A questo punto, la Terrasanta veniva abbandonata al proprio destino. Gerusalemme non sarebbe stata mai più riconquistata. La perdita della Terrasanta avrebbe avuto notevoli conseguenze, ad esempio, la soppressione dell’ordine del tempio, ma non smise mai di attirare l’attenzione. CAPITOLO UNDICESIMO 1. La crociata nell’Egeo (per Costantinopoli) Gli ottomani rappresentavano una minaccia per l’impero, tant’è che l’imperatore affidò la questione a Roger de Flor, un ex frate, al quale fu promesso il titolo onorifico di megadux. Questi racimolò intorno a sé un ampio numero di combattenti e ottenne diversi successi in Bitinia, tuttavia, non poté evitare che i suoi soldati razziassero le terre bizantine e venne assassinato da alcuni mercenari. Rinasceva il vecchio progetto di conquista di Costantinopoli, portato avanti da Carlo di Valois, fratello del re di Francia, erede al trono imperiale latino. A seguito della normalizzazione dei rapporti tra il papato e la corona francese, che si erano guastati con lo schiaffo d’Anagni, questi si era avvicinato a Benedetto XI. Benedetto promise a Carlo di portare avanti i suoi piani e assicurò, a chi desiderasse prendere parte all’azione, le medesime indulgenze concesse per la crociata in Terrasanta. In più diede la completa remissione della pena a chi, non in grado di prendere parte alla spedizione, avesse finanziato la partecipazione altrui. Pareva che la crociata costantinopolitana fosse sul punto di realizzarsi se non fosse che il Papa ad un certo punto affermò che le condizioni in cui versava la cristianità non fossero idonee per la realizzazione dell’impresa. Del resto, Costantinopoli non era solo l’obiettivo di Carlo ma anche di Giacomo II d’Aragona e Federico III di Trinacria. Tutto questo interesse per la capitale era semplicemente una strategia per il recupero della Terrasanta. Le isole Egee, appartenenti all’impero, costituivano una eccellente base di partenza per realizzare quella che tutti ritenevano la miglior strategia da mettere in atto: il blocco economico dell’Egitto mamelucco. Fu Clemente V a muoversi per una nuova crociata. Nel 1306 egli emanò alcune bolle che garantivano indulgenze, e decime e altri privilegi e che avesse preso la croce. Egli invitò a veneziani e genovesi a prendere parte all’azione: se i secondi si mostrarono piuttosto restii, i primi accolsero la proposta con entusiasmo. La crociata di Carlo di Valois, pareva di nuovo molto vicina per realizzarsi, eppure non avrebbe avuto luogo. Solitamente si tende a riportare il fallimento di tale crociata alla morte della moglie, in realtà è possibile che parte dei fondi destinati alla spedizione fossero stati utilizzati per altri problemi più vicini. Tuttavia Clemente V nel 1308 proclamò un passaggium particolare, volto alla difesa di Cipro e del regno di Sicilia. Cipro era stata conquistata invece le altre località, sarebbero riusciti a mantenersi autonome fino al 310, quando poi vennero definitivamente conquistate. Il passaggium si era trasformato in un’operazione di conquista, giustificata dal tentativo di rendere l’isola una base militare per attaccare i mamelucchi. 2. Il movimentismo popolare Le crociate popolari furono dei movimenti spontanei che caratterizzarono in particolar modo il XIII e il XIV secolo. La volontà di liberare il Santo sepolcro spingeva i poveri e i semplici, alla ricerca di un modo per recarsi in Terra Santa. Un gruppo consistente di persone si era riversato a Genova, guidato da un certo Nicola. Questi aveva promesso ai suoi seguaci l’apertura del mare e l’agevole accesso alla Terra Santa. La mancata realizzazione del piano deluse le speranze collettive e la maggior parte della gente aveva deciso di abbandonare l’impresa. Con Papa Pio II ebbe inizio un’altra spedizione, nel 1464. Tuttavia all’appello rispose solamente una folla di sbandati, per di più, una violenta epidemia avrebbe decimato buona parte dei presenti. Il suo successore, Paolo II avrebbe tentato di proseguirne l’opera ma senza ottenere particolari risultati. Intorno agli anni 70 i turchi si sarebbero spinti fino al Friuli. Il giubileo del 1475 si sarebbe celebrato in mezzo a forti preoccupazioni. Nonostante Venezia fosse riuscita a riprendere Cipro, la pace tra il sultano e Venezia non avrebbe modificato di molto la situazione. Dopo diverse stragi da parte dei turchi si formò una lega tra Sisto IV, re di Napoli, Firenze, Ungheria. Nel frattempo la morte di Mehmet contribuì ad allentare la pressione. La flotta del Papa partì a Civitavecchia ed ebbe inizio quello che doveva essere un pellegrinaggio, terminato con un accordo da entrambe le parti, a seguito del quale la città venne liberata e l’Italia poté tirare un respiro di sollievo. 4. Tra solimano e Carlo V Cristoforo colombo proponeva un piano dettagliato per raggiungere l’Asia, con l’obiettivo di stipulare un’alleanza con il gran Khan, così da stringere ottomani e mamelucchi in una morsa e riportare la cristianità ad avere il controllo della città santa. La realtà barbaresca rappresentava un pericolo per i regni di Castiglia e d’Aragona che risposero con la custodia Maris che avrebbe portato a controllare numerose città portuali nordafricane. Carlo V (imperatore) aveva un’idea, quella di riunire l’Europa cristiana sotto una monarchia che si sarebbe concretizzata con la costituzione di un esercito fatto di tedeschi, spagnoli, borgognoni e italiani. Tra il 1529 e il 1535 Carlo riportò diversi successi, liberando Vienna e conquistando Tunisi. Nel 1543 Nizza, che apparteneva ad alleati dell’imperatore, venne sottoposta a saccheggio da turchi e francesi. In più le cui le coste italiane vennero segnate da stragi e rapimenti. La situazione era molto confusionaria e l’abdicazione di Carlo V in favore di Filippo II, avrebbe contribuito a rimescolare le carte. 5. Da Lepanto a Vienna Nel periodo compreso tra la battaglia di Lepanto e l’assedio di Vienna, la passione crociata venne sempre meno. L’Europa andava incontro a problemi interni, dovuti alla spaccatura tra cattolici e protestanti. L’impero ottomano restava tuttavia un problema. Il sultano ottomano, Selim, aveva stipulato una tregua con l’impero e aveva rinnovato gli accordi con la Francia, concedendo al Re Cristianissimo una sorta di tutela nei confronti dei pellegrini e dei mercati diretti in Terrasanta. In occidente si formò una nuova lega, la santa lega, con Papa, Spagna, Venezia, Malta, Ducato di Savoia e granducato di Toscana. Nel 1571 la flotta cristiana riportava una vittoria a Lepanto. La riconquista di Cipro venne rimandata alla primavera successiva, poiché si riteneva che il nemico non fosse in grado di ricostruire la flotta in così breve tempo: si trattava di un’illusione perché questi riuscì a mettere in mare oltre 160 galere, impedendo alla lega di raggiungere l’isola. Venezia non poté far altro che trattare la pace. Coloro che parteciparono alla battaglia anti-ottomana potevano essere considerati dei crociati perché il Papa, Pio V, concedeva loro la stessa indulgenza che i suoi predecessori avevano dato+ ai crucesignati che si recavano in Terrasanta. Quindi il fenomeno della crociata continua a sussistere anche se nel corso di un cinquantennio avrebbe conosciuto un innegabile declino. TERZA PARTE Nella riflessione sulla crociata, storia e mito si intrecciarono velocemente e facilmente. I resoconti più antichi ci sono pervenuti da alcune lettere che fanno parte di un corpus artificiale (formato da 23 testi e pubblicato nel 1901 da Paul Riant). In alcuni casi ci troviamo di fronte a testi informativi che ricapitolano le tappe del viaggio, in altri davanti a excitatoria, destinati a smuovere gli animi dei crucesignati. Importante è un’opera normanna, Gesta Francorum, che ci permette di conoscere quello che era il contesto di origine della crociata. De itinere iherosolimitano ebbe invece, un ruolo rilevante, per quanto riguarda la diffusione del mito. Qui la narrazione degli eventi assume uno scopo morale. La presa di Gerusalemme viene ritenuta indispensabile per la realizzazione parusia. Il racconto si trasforma in commemorazione: vengono raccontate le gesta dei crucesignati e si cerca di dare loro un senso. All’epoca la commistione tra realtà e leggenda era la norma. L’analisi delle fonti letterarie ci ha permesso di comprendere il contesto creatosi a seguito della conquista sul suolo siro-palestinese. La crociata fu un pretesto fondamentale per richiamare in Terrasanta numerose comunità. Si distinsero, in particolare, quelle italiane di Genova, Pisa e Venezia. Inizialmente queste vi emigrarono solo momentaneamente, per richiesta della società oltremarina e per ottenere la concessione di alcuni vantaggi, ad esempio l’esenzione parziale o totale delle tasse doganali e in generale sul comerchium, termine utilizzato per indicare l’insieme delle tasse sulla compravendita. Nel XIII secolo iniziò una riflessione sulla crociata che portò all’idea della liceità di qualsiasi guerra dichiarata contro il papato e la cristianità. Si trattava di una lotta cosmica tra bene e male in cui, il bene, erano la chiesa e la cristianità e il male, saraceni, eretici e chiunque si opponesse alla Chiesa. L’idealizzazione delle gesta dei crociati portò alla nascita di una polemica sulle crociate, anche in ambito letterario, basti ricordare la critica avanzata da Bonifacio nei confronti di Dante. I trattati superstiti sono opera di intellettuali, frati, medici, combattenti e, in essi, è stato possibile ritrovare accurati piani di conquista, riflessioni sull’esercito e analisi sulle finanze necessarie per sostenere lo sforzo bellico. Alcuni scritti erano dei veri e propri piani di governo, è il caso del Liber de recuperatione Terre Sancte, realizzato nel 1274 per volere di Gregorio X. Il libro è diviso in due parti: - La prima parte racconta brevemente la storia della Terra Santa e elenca i motivi per cui i cristiani la persero - La seconda parte contiene un vero e proprio piano militare per la liberazione e la conquista del regno gerosolimitano. Nel corso del 400 continuarono le riflessioni sulle crociate e sul pericolo che i turchi rappresentavano per la chiesa e la cristianità. In questo ambito ricordiamo gli scritti più importanti e cioè Ad Principes e Contra Turcos. Un tema estremamente interessante è quello della crociata dopo la crociata. L’idea di crociata si collega ad una serie di elementi ma è, in particolar modo, un prodotto di un secolo ben preciso, quello della riforma della chiesa. Si tratta di un processo che si svolge in un periodo di tempo assai lungo, durante il quale la crociata subì una serie di metamorfosi, sia per l’idea di crociata che per la concezione di cristianità moderna. Essa si modificò nel corso del 500, 600 e 700 e al suo interno furono presenti ancora tracce di mito. Nell’età moderna inizia lo studio della crociata, precisamente a partire dal 600: dal sorgere della diplomatica, dall’attenzione per il documento, dai philosophes e dalle critiche di Voltaire e degli illuministi. Nell’800 questa idea venne invece rivalutata dal momento in cui le società, nel loro sorgere, dedicano ampio spazio alle memorie comunali, in particolare ai documenti sulle crociate. Anche nel 900 ci sono state svolte interessanti. Quindi si tratta di una storia che vive assai dopo il periodo delle crociate stesse. Non abbiamo una data precisa che indica la fine delle crociate, infatti, come dice Franco Cardini, la crociata è una balena bianca che periodicamente fuoriesce dall’acqua e ritorna nella storia della cultura europea. A partire dai tempi di Innocenzo III si riesce già a scorgere, nei documenti, l’esistenza di una doppia anima all’interno del panorama cristiano: da un lato la crociata movimento, che risale a epoche precedenti alla prima crociata, e dall’altro la crociata istituzione, effettivamente codificata nel corso del tempo. Per crociata movimento si intende tutta quella serie di eventi ed elementi che provengono dal basso, dal movimentismo popolare. Per crociata istituzione, invece, si intende un processo iniziato prima, sostenuto da Innocenzo III e codificato dopo il XIII secolo, con altri papi tipo Innocenzo IV, Gregorio X e l’attività del cardinale Ostiense. A loro bisogna aggiungere l’attività intellettuale degli ordini mendicanti che si occuparono di codificare il voto crociato. Nel XIII secolo, la crociata divenne un qualcosa di diverso perché il papato comprese che essa poteva diventare uno strumento importante per il progetto universalistico del papato stesso che ebbe, in Innocenzo, uno dei capisaldi = questa è un’idea ottocentesca. - Fra cattolici e protestanti Il 500 avrebbe visto rinascere una nuova passione crociata: Giulio II promulgava indulgenze per i suoi sostenitori italici, così come Enrico VIII aveva concesso dei benefici spirituali. La rinascita dell’ideale cavalleresco avrebbe assunto un ruolo importante grazie a Ignazio di Loyola e Teresa D’Avila. Questi fattori avrebbero contribuito a sviluppare la riflessione sulla crociata. Il tentativo di organizzare una nuova spedizione contro il Turco, promosso da Leone X nel 1517, ebbe come esito l’elaborazione di un corposo memoriale in cui si ribadiva la liceità della crociata come guerra difensiva, ricordando ciò che aveva fatto Innocenzo III. L’ideologia dunque rimaneva quella dei secoli scorsi. Nel corso del concilio di Trento, Papa Paolo III, tentò di limitare l’indulgenza crociata scontrandosi però con l’opposizione spagnola. Si dovette aspettare il papato di Pio V perché la vendita delle indulgenze venisse abolita. Nel mezzo della diatriba tra cattolici e protestanti andarono emergendo alcuni temi che avrebbero caratterizzato la successiva riflessione sulla crociata: a partire dalla distinzione tra motivazioni temporali e spirituali e tra istanze papali e devozione del popolo. - Tra esotismo ed erudizione L’Europa del tempo fu attraversata da un interesse per l’universo turco, non più limitato alla considerazione del suo apparato bellico: ma dal caffè alla musica, dell’architettura alle arti visive, le cosiddette “tirchierie”. Tutto questo iniziò a diffondersi grazie all’infittirsi degli scambi commerciali e l’incremento delle relazioni diplomatiche. Lentamente i turchi smettevano di essere avvertiti come un problema, anzi iniziarono ad essere guardati come fonte d’ispirazione. - Illuminismo francese L’avvento dei lumi avrebbe segnato una svolta importante nell’elaborazione del mito. Uomini come Diderot, Arouet, eccetera, avrebbero visto nella crociata nient’altro che il frutto del fanatismo religioso. Insieme all’inquisizione alla persecuzione degli ugonotti, essa era simbolo del dispotismo clericale da cui bisognava affrancarsi. In questo modo la crociata diventava un obiettivo polemico, rientrando a pieno nella discussione sul tema della tolleranza.
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