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Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza, Karl Popper, Sintesi del corso di Epistemologia

Riassunto: le fonti della conoscenza e dell'ignoranza di Karl Popper

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 23/03/2023

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Scarica Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza, Karl Popper e più Sintesi del corso in PDF di Epistemologia solo su Docsity! Introduzione- Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza (Popper) In queste tre parole: problemi teorie e critiche, si può riassumere tutto quanto il modo di procedere della scienza razionale. «Il metodo delle scienze sociali, come anche quello delle scienze naturali, consiste nella sperimentazione di tentativi di soluzione per i loro problemi» La ricerca scientifica, in qualsiasi ambito essa venga praticata, si risolve in tentativi di soluzione dei problemi. I problemi si risolvono scatenando la fantasia creatrice di ipotesi o congetture da sottoporre poi a controlli sulla base delle loro conseguenze «osservative». Controlli che possono portare alla conferma o alla smentita di siffatte ipotesi. Il compito dello scienziato non consiste nel cercare conferme, quanto piuttosto nel tentare di sottoporre la teoria, anche la più consolidata, ai controlli più severi, al fine di trovare in essa delle crepe, i suoi punti deboli, dove essa potrebbe fallire. Non ci è possibile verificare, dimostrare o fare vera una teoria; ma ci è possibile dimostrarne la falsità, falsificarla. Una teoria è scientifica se è falsificabile: una teoria per poter essere vera, deve poter essere anche falsa. Sta qui il messaggio epistemologico di Popper: tutta la nostra conoscenza è e resta fallibile. «Esperienza >> ripete più d'una volta Popper insieme ad Oscar Wilde <<è il nome che ciascuno di noi dà ai propri errori» La scuola britannica con Bacone, Locke, Berkeley, Hume e Mill ha sostenuto che fonte prima di ogni conoscenza è l'osservazione, mentre la scuola continentale con Descartes, Spinoza e Leibniz ha proposto l'idea che fonte della verità è l'intuizione intellettuale di idee chiare e distinte. Sennonché, afferma Popper, sono erronei sia l'empirismo classico che il razionalismo classico: non esistono fonti privilegiate di verità e «né l'osservazione né la ragione possono ritenersi una fonte di conoscenza nel senso in cui, fino ad oggi, si è preteso che fossero tali» Di conseguenza Popper rifiuta l'idea delle fonti prime della conoscenza e ammette che «ogni conoscenza è umana ed è coinvolta nei nostri errori, pregiudizi, sogni e speranze>> Talché, scrive Popper, «per "razionalità" intendo semplicemente un'attitudine critica verso i problemi ,la prontezza a imparare dai nostri errori e l'attitudine a ricercare in modo conscio i nostri errori e i nostri pregiudizi. «Il miglior sinonimo di "razionale" è "critico"» così Popper sintetizza ne La ricerca non ha fine la sua teoria della razionalità. «il fallibilismo non è nient'altro che il nonsapere socratico» «la razionalità come atteggiamento personale consiste nella disposizione a correggere le nostre idee. Nella sua forma più sviluppata, intellettualmente, è una disposizione ad esaminare le nostre idee in uno spirito critico, e a rivederle alla luce della discussione critica con gli altri» Il fallibilismo epistemologico, vale a dire la consapevolezza che le nostre conoscenze sono e restano smentibilli, costituisce il presupposto cardine della società aperta. Non c'è democrazia senza discussione. Ma la discussione è possibile solo dove non ci si arroghi il diritto o il privilegio di infallibilità. La società aperta è aperta a più visioni filosofiche del mondo e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione dei problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee ed ideali differenti e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, la società aperta è chiusa agli intolleranti e solo agli intolleranti. E fonte privilegiata dell'intolleranza è la presunzione fatale di credersi possessori di certezze assolute o di teorie incontrovertibili sul vero Dio, sull'unico valore, sull'ineluttabile senso della storia, sulla società perfetta. Il consenso non è sufficiente a stabilire una democrazia. Quel che occorre è esattamente il consenso sul dissenso, cioè il consenso sugli uguali diritti di chi la pensa diversamente, e da qui il consenso sulle regole della società aperta. Non sono della tua idea, ma sono disposto a dare la vita perché tu possa esprimere la tua opinione». Così Voltaire dichiarava la propria fede nella democrazia. La società aperta è aperta dalla fallibilità della conoscenza umana e dalla consapevolezza che sempre dovremo vivere per dirla con Max Weber in un mondo di valori politeista. Tutte le utopie sono società chiuse: chiuse a nuove informazioni, a nuovi valori, alla critica e al dissenso, a visioni del mondo differenti da quella proposta dall'utopista. Popper fissa le regole della democrazia: 1.La democrazia non può compiutamente caratterizzarsi solo come governo della maggioranza. 2.In una democrazia, i governanti al potere cioè il governo possono essere licenziati dai governati senza spargimenti di sangue. 3. Dobbiamo distinguere soltanto tra due forme di governo, cioè quello che possiede istituzioni di questo genere e tutti gli altri; vale a dire fra democrazia e tirannide. 4.Una costituzione democratica consistente deve escludere soltanto un tipo di cambiamento nel sistema legale, cioè quel tipo di cambiamento che può mettere in pericolo il suo carattere democratico. 5.l'integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che violano la legge e specialmente a coloro che incitano gli altri al rovesciamento violento della democrazia. Fallibilismo, tolleranza, rispetto per la dignità della persona umana e difesa della libertà e della responsabilità della persona: sono questi i tratti della concezione eticopolitica proposta da Popper. Sapere di essere ignoranti; sapere di non sapere nulla, nulla di assolutamente certo: in questa consapevolezza della nostra ignoranza consiste, per Popper, la saggezza. «Quel che davvero è importante è la convinzione socratica che noi sappiamo molto poco o, come Socrate dice, che noi non sappiamo niente. Lo stato di diritto è, lo stato che elimina la violenza, e che è intollerante unicamente con gli intolleranti. «se noi consentiamo che venga abbattuta e spazzata via la generale avversione alla violenza, noi non facciamo altro che sabotare lo stato di diritto». Ma questo, propriamente, è quello che fanno, in linea generale, le varie televisioni: abbassano la comune avversione alla violenza; trasmettono una tale massa di scene di violenza tanto da far credere che la violenza dell'uomo sull'uomo sia un fatto «scontato», «normale». È così scrive Popper che si provoca la caduta delle resistenze naturali alla violenza nella maggior parte della popolazione Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve aver chiaro che la società civilizzata è frutto di educazione, il risultato di un vigile processo educativo. Non dovrà mai dimenticare che il modo civilizzato di comportarsi consiste nel ridurre la violenza. È una proposta ideata a difesa della società aperta, a difesa della libertà di tutti. Karl Raimund Popper è nato a Vienna nel 1902. Qui studia filosofia, matematica e fisica (con studiosi come i fisici W. Wirtinger, P. Furtwangler e il matematico Hans Hahn) . Lavora per un certo periodo presso la clinica di consulenza per l'infanzia di Alfred Adler; si interessa di musica e di storia della musica. Si laurea in filosofia nel 1928 discutendo la sua tesi di laurea (Su la questione del metodo della psicologia del pensiero) con lo psicologo Karl Buhler. Nel 1929 si abilita all'insegnamento della matematica e della fisica nelle scuole secondarie (inferiori), e per questo esame scrive una tesi sui Ma Platone dev'essere stato poi colto dalla disillusione: nella Repubblica e nel Fedro , troviamo infatti gli inizi di un'espistemologia pessimistica. Nel celebre mito dei prigionieri nella caverna, egli mostra che il mondo della nostra esperienza è solo un'ombra, un riflesso del mondo reale. E osserva che se anche un prigioniero fuggisse dalla caverna e affrontasse il mondo reale, si troverebbe di fronte a difficoltà quasi insuperabili per vederlo e per comprenderlo per non dire delle difficoltà che incontrerebbe nel farlo capire a quelli che sono rimasti nella caverna. Le difficoltà poste sulla strada della comprensione del mondo reale sono tutte sovrumane, e solo pochissimi uomini, se pur ve ne sono, possono raggiungere lo stato divino della comprensione del mondo reale, lo stato divino della conoscenza vera, dell' episteme. Questo insegna che la verità può essere raggunta da pochi: gli eletti. Le conseguenze autoritarie e tradizionalistiche di questa teoria pessimistica sono elaborate in tutta la loro completezza nelle Leggi. Così troviamo, in Platone, il primo passaggio da un'epistemologia ottimistica ad una epistemologia pessimistica. Esse costituiscono la base di due filosofie dello stato e della società completamente opposte: da una parte un razionalismo di tipo cartesiano antitradizionalistico, antiautoritario, rivoluzionario e utopistico, dall'altra un tradizionalismo autoritario. L'anamnesis del Menane contiene, ritengo, non solo i germi dell'intellettualismo di Descartes, ma anche quelli della teoria dell'induzione di Aristotele e, soprattutto, di quella di Bacone. L'anamnesis è il potere di scorgere la vera natura, o essenza, di una cosa: la natura, o essenza, di cui eravamo a conoscenza prima della nascita, prima della nostra caduta dallo stato di grazia. Lo schiavo del Menane viene aiutato dalle domande di Socrate a ricordare, o riconquistare, la conoscenza dimenticata che la sua anima possedeva quando si trovava nello stato prenatale di onniscienza. Credo che proprio a questo famoso metodo socratico, chiamato nel Teeteta con il nome dell'arte ostetrica, o maieutica, alludesse Aristotele quando asserì che era Socrate l'inventore del metodo dell'induzione. Con «induzione» non intendevano tanto il metodo dell'inferire leggi universali dall'osservazione di casi particolari, quanto piuttosto un metodo che ci guida al punto in cui possiamo intuire, o percepire, l'essenza o la vera natura di una cosa. La maieutica di Socrate non è un'arte che miri a insegnare credenze, ma un'arte che tende a purgare o a ripulire l'anima dalle sue false credenze, dalla sua conoscenza apparente, dai suoi pregiudizi. L'induzione in Bacone Fondamentalmente lo stesso procedimento fa parte dell'induzione di Bacone. Nel Nuovo Organo Bacone distingue tra un metodo vero e uno falso. Il nome che dà al suo metodo vero, interpretatio naturae, viene di solito tradotto con l'espressione «interpretazione della natura», mentre il nome che dà al metodo falso, anticipatio mentis , è reso con «anticipazione dell a mente». Con interpretatio naturae Bacone intende la lettura, o meglio ancora, la decifrazione del libro della natura. Per quanto riguarda il significato di anticipatio mentis, non dobbiamo fare altro che citare Locke: «gli uomini si abbandonano alle prime anticipazioni della loro mente». Anticipatio significa «pregiudizio», o addirittura «superstizione». Dunque i due metodi di Bacone sono: 1) «la decifrazione del libro aperto della Natura», che conduce alla conoscenza, o episteme 2) «il pregiudizio della mente, che giudica erroneamente prima del tempo, e forse giudica male, la Natura», il quale porta alla doxa, o mera supposizione, e quindi a una lettura errata del libro della Natura. È il metodo della congettura o ipotesi, metodo di cui Popper è un convinto sostenitore. Ma come possiamo prepararci a leggere in modo appropriato e veritiero il libro della Natura? La risposta di Bacone è: purgando la nostra mente da tutte le anticipazioni, congetture, supposizioni o pregiudizi. Ci sono diverse cose da fare per purgare le nostre menti. Dobbiamo liberarci da ogni genere di «idoli», ossia dalle false credenze generalmente condivise, poiché esse distorcono le nostre osservazioni. Come Socrate dobbiamo, purificando il nostro intelletto, preparare la nostra anima ad affrontare la luce eterna delle essenze o nature: i nostri impuri pregiudizi devono essere esorcizzati invocando esempi contrari.Solo dopo che le nostre anime sono state ripulite in questo modo, possiamo cominciare l'opera di diligente decifrazione del libro aperto della Natura, la verità manifesta. Tenuto conto di tutto ciò, P. ritiene che l'induzione baconiana, come quella aristotelica, sia fondamentalmente la stessa cosa della maieutica di Socrate; cioè la preparazione della mente grazie alla purificazione da tutti i pregiudizi, in modo da metterla in grado di riconoscere la verità manifesta, ossia di leggere il libro aperto della Natura. Anche il metodo cartesiano del dubbio sistematico è fondamentalmente la stessa cosa: è un metodo per distruggere tutti i pregiudizi della mente, al fine di arrivare alla base incrollabile della verità evidente di per sé. E possiamo vedere più chiaramente perché quest'epistemologia, non solo nella forma che le ha dato Descartes, ma anche in quella che le ha dato Bacone, rimanga essenzialmente una dottrina religiosa, in cui la fonte di ogni conoscenza è l'autorità divina. Si potrebbe dire che, incoraggiato dalle «essenze» o «nature» divine di Platone, e dalla tradizionale contrapposizione greca fra la veridicità della natura e l'inganno della convenzione fatta dall'uomo, Bacone sostituisca, nella sua epistemologia, la «Natura» a «Dio». Forse proprio questa è la ragione per cui prima di avvicinarci alla dea Natura dobbiamo purificarci: quando avremo purificato le nostre menti, e qualche volta anche i nostri sensi ingannevoli, da Platone ritenuti irrimediabilmente impuri, saremo puri. Le fonti della conoscenza devono essere mantenute pure, perché qualsiasi impurità può diventare una fonte d'ignoranza. Gli attacchi di Bacone e di Descartes al pregiudizio e alle credenze tradizionali sono tendenzialmente antiautoritari e antitradizionalistici. Essi infatti ci chiedono di lasciar cadere tutte le nostre credenze, eccetto quelle la cui verità abbiamo noi stessi sperimentato. Facevano parte della lotta, che a quei tempi era consuetudine intraprendere, contro l'autorità, contro l'autorità di Aristotele e la tradizione delle scuole. Se possono percepire da soli la verità, gli uomini non hanno bisogno di tali autorità. Tuttavia, questo problema era stato individuato e risolto molto tempo prima. La soluzione consiste nel rendersi conto che noi tutti possiamo sbagliare e in realtà sbagliamo, singolarmente e collettivamente, ma che la stessa idea di errore e di fallibilità umana implica un'altra idea: l'idea di verità oggettiva. Per questo, la dottrina della fallibilità non dovrebbe essere considerata propria di un'epistemologia pessimistica. Questa dottrina implica che possiamo cercare la verità, la verità oggettiva, anche se più spesso la mancheremo di molto. E comporta che, se rispettiamo la verità, dobbiamo cercarla indagando persistentemente i nostri errori: con infaticabili critiche razionali, e con l'autocritica. Ma questa dottrina fu spazzata via dalla credenza che la verità è manifesta. Dubbio socratico vs dubbio cartesiano- La dottrina della tolleranza È importante rendersi conto, a questo proposito, della differenza tra il dubbio cartesiano e il dubbio di Socrate, di Erasmo, o di Montaigne. Mentre Socrate dubita della conoscenza o saggezza umana, e resta fermo nel rifiuto di ogni pretesa alla conoscenza o alla saggezza, Descartes dubita di tutto, ma solo per concludere al possesso della conoscenza assolutamente certa; Vediamo così che il dubbio cartesiano è unicamente uno strumento maieutico per fondare un criterio di verità e, con questo, un modo per assicurare conoscenza e saggezza. Ma per il Socrate dell'Apologia la saggezza consisteva nella consapevolezza delle nostre limitazioni; nel sapere quanto poco ciascuno di noi conosce. È proprio questa dottrina dell 'essenziale fallibilità umana che Nicola Cusano ed Erasmo da Rotterdam, che si riferisce esplicitamente a Socrate, fecero rivivere; e proprio di questa dottrina «umanista>> fecero la base della dottrina della tolleranza. «Che cos'è la tolleranza?», si chiede Voltaire nel suo Dizionario filosofico, e risponde: « È una conseguenza necessaria della nostra umanità. Noi tutti siamo fallibili, e inclini all'errore: perdoniamoci dunque l'un l'altro la nostra follia. Questo è il primo principio del diritto naturale». Più di recente, la dottrina della fallibilità è stata messa alla base della teoria della libertà politica; cioè, della libertà dalla coercizione. Osservazione e ragione come nuove autorità Bacone e Descartes innalzarono l'osservazione e la ragione come nuove autorità, e le posero all 'interno di ciascun singolo uomo. Ma, così facendo, lo scissero in due parti: una superiore, che ha autorità rispetto alla verità (l'osservazione di Bacone, l'intelletto di Descartes ) e una inferiore. Questa parte inferiore costituisce il nostro io ordinario, il vecchio Adamo che è in noi. Perché, se la verità è manifesta, i soli responsabili dell' errore siamo sempre «noi stessi». Siamo noi a dover essere biasimati, con i nostri pregiudizi, la nostra negligenza, la nostra pigrizia; siamo noi la fonte della nostra stessa ignoranza. Così siamo scissi in una parte umana, noi stessi, che è fonte delle nostre opinioni fallibili (doxa), dei nostri errori, della nostra ignoranza; e in una parte sovrumana, i sensi, o l'intelletto, che è la fonte di tutta la conoscenza reale (epistemé) e che ha su di noi un'autorità quasi divina. Ciascuno di essi fece appello a una nuova autorità: il primo all 'autorità dei sensi, il secondo all'autorità dell'intelletto. Per quanto riguarda l'autorità dei sensi come fonti di conoscenza, il fatto che su di essi non si può fare affidamento era noto agli antichi 7) Le epistemologie pessimistiche e quelle ottimistiche sono pressoché ugualmente errate. 8) Né l'osservazione, né la ragione sono delle autorità. L'intuizione e l'immaginazione intellettuali sono estremamente importanti, ma non possiamo fare affidamento su di esse: può darsi che ci mostrino le cose molto chiaramente, ma può anche darsi che ci portino fu ori strada. Sono indispensabili in quanto fo nti prin cipali delle nostre teorie, ma la maggior parte delle nostre teorie sono, in ogni caso, false. La fu nzione più importante dell' osservazione e del ragionamento, come pure dell'intuizione e dell'immaginazione, è quella di aiutarci ad esaminare criticamente quelle congetture ardite che sono i mezzi con cui sondiamo l'ignoto. 9) Anche se la chiarezza è di per sé pregevole, lo stesso non vale per l'esattezza e la precisione; può risultare inutile cercare di essere più precisi di quanto richiede il problema che affrontiamo. 10) Ogni soluzione di un problema solleva nuovi problemi insoluti; tanti più ne solleva, quanto più profo ndo è il problema originale e più ardita la sua soluzione. Quanto più impariamo sul mondo, e quanto più profondo è il nostro apprendimento, tanto più consapevole, specifica e articolata sarà la conoscenza di ciò che non sappiamo, la conoscenza della nostra ignoranza. Questa, infatti, è la fonte principal e dell'ignoranza: il fatto che la nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza non può che essere, di necessità, infinita. Credo che varrebbe comunque la pena cercare di imparare qualcosa del mondo, anche se, con questo tentativo, dovessimo imparare semplicemente che non sappiamo molto. In una teoria fil osofica che deve essere respinta come falsa possiamo spesso trovare, purché la cerchiamo, un'idea vera, degna di essere conservata. Penso che dovremmo rifiutare l'idea delle fonti prime della conoscenza ed ammettere che ogni conoscenza è umana ed è coinvolta nei nostri errori, pregiudizi, sogni e speranze. Se ammettiamo dunque che in tutto il dominio della nostra conoscenza non è possi bile trovare un'autorità che sia al di là della porta ta delle nostre critiche, per quanto profondamente la nostra conoscenza sia penetrata nell'ignoto, al lora possiamo conserv are, senza pericolo, l'idea che la verità è al di là dell'autorità umana. Anzi, dobbiamo conservare questa idea. infatti, non possono esserci criteri oggettivi di ricerca, non possono esserci critiche delle nostre congetture: è impossibile la ricerca, sia pure a tentoni, dell 'ignoto; è impossibile una ricerca della conoscenza. II Il sé, la razionalità e la libertà a proposito del sé, la mia tesi centrale è che il sé o l'ego è ancorato nel mondo e che non può esistere senza il mondo il mondo è, approssimativamente, l'universo dei prodotti delle nostre menti. Ma come può esserlo se, dall'altro lato, le nostre menti, o i nostri sé, non possono esistere senza il mondo ? I nostri sé, le funzioni più alte del linguaggio e il mondo si sono evoluti e sono emersi insieme, in costante interazione. io nego che gli animali possiedano stati di piena coscienza e che abbiano un sé cosciente. Il sé evolve insieme con le funzioni più alte del linguaggio, le fu nzioni descrittiva e argomentativa. Gli animali possiedono un senso dello spazio altamente sviluppato, hanno un orologio interno, e quindi un senso del tempo. Essi sono, io sostengo, anche coscienti. Ma quel che manca loro e tutto ciò è una congettura, naturalmente è la capacità di vedere se stessi come qualcosa che si estende nel tempo e nello spazio e che agisce nel tempo e nello spazio. La mia teoria dell'anticipazione animale è la seguente: gli animali anticipano i movimenti di un nemico o di una preda - per mezzo di un effettomodello -per mezzo di una innervazione parziale di movimenti di risposta Al contrario, la piena coscienza di sé contiene, come una delle sue componenti, una conoscenza di noi stessi che va indietro nel tempo, almeno per un breve periodo. E il nostro senso della posizione nello spazio contiene almeno un abbozzo di storia del modo in cui siamo arrivati nel posto in cui siamo. noi non viviamo soltanto con una rudimentale coscienza della nostra storia passata, ma anche con una (almeno) rudimentale coscienza delle nostre aspettative, che normalmente comprende i nostri fini e scopi, i nostri interessi più immediati e quelli più remoti. Tutto questo è presente in noi sotto forma disposizionale. Ma queste disposizioni sono disposizioni a richiamare il passato alla nostra coscienza. Esse sono pertanto sostanzialmente diverse dal senso spaziotemporale, egualmente disposizionale, degli animali. Questo perché le disposizioni umane sopra menzionate sono connesse ad altre disposizioni dirette verso teorie: una teoria del tempo basata sul ciclo notte/giorno, una teoria dello spazio come insieme ordinato di distanze spaziali invarianti fra corpi fisici principali e una teoria dei corpi fisici come invarianti fondamentali del nostro ambiente Ciò che però costituisce i nostri ego o sé, almeno in parte, è il fatto che possiamo vedere noi stessi come localizzati in questo contesto, e che abbiamo raggiunto la nostra attuale collocazione attraverso dei movimenti in questo contesto. Inoltre, noi vediamo i nostri corpi come invarianti, così come gli altri corpi, o forse come qualcosa che cambia lentamente. Un ruolo importante viene svolto dalle funzioni specificamente umane della nostra memoria. anche il ruolo giocato dalla memoria nel nostro sé cosciente è ancorato al mondo Noi costantemente sottoponiamo a critica e individuiamo le carenze dei nostri tentativi di richiamare o ricostruire determinati ricordi, cercando di trovare gli elementi mancanti. Arriviamo così al risultato menzionato in precedenza: l'ego o sé è strettamente connesso con le nostre funzioni linguistiche più alte. E ciò suggerisce che la piena coscienza interagisce con i centri linguistici del nostro cervello. Formulerò adesso alcune di queste idee, insieme ad altre, sotto forma di tre tesi. 1) Nell'evoluzione della specie, l'ego o sé o autocoscienza emerge insieme alle funzioni più alte del linguaggio vale a dire, le funzioni descrittiva e argomentativa e interagisce con queste funzioni 2) Nello sviluppo del bambino, l'ego o sé o autocoscienza si sviluppa con le funzioni più alte del linguaggio, e, quindi, dopo che il bambino ha imparato a esprimersi, a comunicare con altre persone, a comprendere la sua relazione con le altre persone e ad adattarsi al proprio ambiente fisico. 3 ) Il sé o ego è connesso con la funzione centrale di controllo del cervello da un lato, e interagisce con gli oggetti del mondo La conoscenza disposizionale dell'ego o sé avviene a uno stadio successivo dello sviluppo del bambino rispetto alla conoscenza disposizionale del mondo esterno, delle altre persone e delle altre menti. Questo perché la conoscenza disposizionale del sé viene acquisita durante il processo di crescita in cui acquisiamo il linguaggio descrittivo e argomentativo. Lo sviluppo del bambino è un processo parallelo ali ' evoluzione delle specie: mentre la conoscenza disposizionale del mondo esterno e delle altre persone è qualcosa di accessibile per gli animali, il sé emerge soltanto al livello umano. Io sono un razionalista. Il che vuol dire che sono uno che cerca di sottolineare l'importanza della razionalità per l'essere umano. Tuttavia, come tutti i razionalisti pensanti, io non asserisco che l'uomo sia razionale. Al contrario, è ovvio che anche i più razionali degli uomini sono, sotto molti rispetti, altamente irrazionali. La razionalità non è una proprietà degli uomini, e nemmeno un fatto che riguarda gli uomini. È un compito che gli uomini devono realizzare, un compito difficile e fortemente limitato. Per «razionalità» intendo semplicemente un'attitudine critica verso i problemi la prontezza a imparare dai nostri errori e l'attitudine a ricercare in modo conscio i nostri errori e i nostri pregiudizi. Per «razionalità» intendo quindi l' attitudine all'eliminazione dell'errore attuata in modo critico e cosciente. A porre dei limiti importanti alla nostra razionalità non è semplicemente il fa tto che questa attitudine sia diffi cile da raggiungere. E neppure il fatto che siamo animali tanto razionali quanto passionali. Tutte le critiche devono essere condotte per gradi anche quelle che potrebbero apparirci nella scienza come critiche rivoluzionarie che confutano, e ricostruiscono, una teoria scientifica dominante. E questo per una ragione molto semplice: la critica può essere soltanto critica di una teoria provvisoria, che abbiamo fo rmulato e messo di fronte a noi come oggetto di ricerca e di critica la nostra conoscenza si compone di una enorme quantità di disposizioni, aspettative e teorie, di cui soltanto una piccola parte può essere oggettivata in modo conscio davanti a noi in un Non vi è alcun dubbio che noi possediamo questa libertà. prima di poter formare un giudizio in merito all a preferibilità di una certa teoria su alcune altre, dobbiamo prima comprenderle tutte. La comprensione di una teoria può avvenire a diversi gradi. Il grado più basso di comprensione consiste nel capire tutte le parole e le frasi da un punto di vista linguistico Per capire ciò di cui tratta una teoria, dobbiamo prima capire i problemi che essa cerca di risolvere. E dobbiamo capire i vari modi che sono stati tentati al fine di risolvere questi problemi il che significa, le varie teorie in competizione. E, naturalmente, vi sono gradi ancora più alti di comprensione, come lo scoprire da soli dove risiedano le difficoltà delle varie teorie ovvero i nuovi problemi a cui esse danno origine e come queste nuove diffi coltà possano essere affrontate. Tutto questo non ammette una fine, poiché ogni teoria genera, quantomeno, il problema se la teoria non possa essere spiegata a sua volta da una qualche altra teoria di più alto livello. Tutto questo significa che esiste un notevole ambito di libertà nella nostra relazione col mondo, nella nostra comprensione e nel nostro apprezzamento dell e teorie. E tale libertà è ancora maggiore se consideriamo la creatività umana. La mia tesi principale era che tutti i sé sono ancorati nel mondo Ma il modo in cui siamo ancorati ammette un'ampia gamma di possibilità. Concluderò discutendo la relazione fra l'uomo e il suo lavoro Secondo la teoria dell'autoespressione, la qualità del nostro lavoro dipende da quanto siamo bravi. Dipende soltanto dai nostri talenti, dalla nostra psicologia e, forse, dai nostri stati psicologici. Ritengo che questa teoria sia falsa, viziata e deprimente. Secondo la teoria del mondo 3 non esiste una relazione così semplice. Esiste, al contrario, un'interazione fra una persona e il suo lavoro. C'è un feedback costante mediante cui il mondo agisce su di noi. Tale feedback può essere notevolmente amplificato da una cosciente autocritica. L'aspetto incredibile della vita, dell'evoluzione e della crescita mentale consiste proprio in questo metodo, in questa interazione fra le nostre azioni e i loro risultati, per mezzo della quale riusciamo costantemente a trascendere noi stessi, i nostri talenti, i nostri doni. Il processo dell'apprendimento della crescita della conoscenza soggettiva è critica immaginativa. Questo è il modo in cui trascendiamo il nostro ambiente locale e temporale cercando di pensare circostanze oltre la nostra esperienza: cercando di trovare, costruire, inventare e anticipare nuove situazioni vale a dire situazioni di prova, situazioni critiche e cercando di localizzare, determinare e sfi dare i nostri pregiudizi e le nostre assunzioni abituali.
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