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Le forme del libro: dalla tavoletta cerata all'ebook., Appunti di Letteratura

Riassunto dettagliato del libro di Cursi

Tipologia: Appunti

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Scarica Le forme del libro: dalla tavoletta cerata all'ebook. e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! Le forme de libro. Dalla tavoletta cerata all’e-book 1. La tabula 1. Roma in età classica: una società altamente alfabetizzata? Per avere un’idea della diffusione della scrittura nella Roma imperiale, facciamo una passeggiata fittizia nel centro della città del II secolo d.c, all’epoca dell’imperatore Adriano. Cominciamo il percorso alle pendici del Campidoglio e in pochi passi vediamo la biblioteca dedicata a Marcello, nipote di Augusto, adiacente c’è il teatro a lui intitolato. Volgiamoci in direzione del Palatino, dopo un km, lasciato a sinistra il Tabularium (archivio in cui si custodivano le tabulae col leggi e atti ufficiali dello stato romano), compare la biblioteca Apollinis che Augusto aveva ideato come edificio polifunzionale, destinato sia a conservare autori passati e contemporanei, sia per le sedute senatorie. Avanzando di 300 m troveremo la biblioteca Pacis, voluta da Vespasiano. Concludiamo il percorso davanti alla biblioteca Ulpia, allestita da Traiano in quella parte del suo foro che ereditava il luogo e la funzione della prima biblioteca pubblica di Roma, istituita più di un secolo prima da Asinio Pollione ed è divisa in 2 aule: una greca e l’altra latina. Le biblioteche descritte conservano un patrimonio librario, ma testimonianze scrittorie si trovano anche lungo le strade: nei templi, portici, statute. A queste scritture presenti nei luoghi pubblici si aggiungono anche scritture custodite nelle case private: tavolette con registrazioni contabili, lettere, libri, confezionati sotto forma di rotolo o codice, disposti in contenitori cilindrici. L’aumento dei prodotti grafici iniziato negli ultimi decenni del II secolo a.c e continuato fino ad età imperiale avanzata, viene interpretato come sviluppo di alfabetizzazione, tuttavia sarebbe imprudente mettere in meccanica relazione la diffusione di scritture pubbliche e private con l’avvento dell’alfabetismo che intendiamo noi oggi. Infatti le biblioteche pubbliche erano frequentate da una presenza elitaria, mentre l’allestimento di collezioni private serviva per elevare il proprio status sociale, quindi spesso i libri stavano lì ma nemmeno venivano letti. Alcuni credono, a causa della presenza dei materiali scritti, che fossero diffuse largamente le pratiche di scrittura, altri hanno ipotizzato che si conoscessero solo le lettere (semialfabetismo). È possibile stabilire un momento di passaggio tra una circolazione chiusa entro la cerchia di relazioni personali che un autore aveva e una divulgazione affidata a un mercato librario destinato a un vero e proprio pubblico. La testimonianza di Orazio ci dice che una cospicua diffusione di letteratura di intrattenimento era presente già nel I a.c, soprattutto testi per la poesia e la historia. Nonostante ciò un mercato librario bene strutturato si fa risalire solo alla fine del secolo successivo. Al riguardo sono state importanti le testimonianze di Marziale (testimoniano la diffusione del libro come oggetto di consumo: taberna libraria di Atrecto che sulla porta reclamizzava i volumina in vendita e i loro autori). La scarsità di notizie riguardanti le botteghe librarie prima di quel periodo non significa necessariamente che esse non esistessero. Del resto, una spia dell’esistenza è presente sempre in Orazio, che manifesta la sua preoccupazione perché i suoi componimenti potrebbero finire tra le mani degli studenti, come strumento di insegnamento nella scuola. Un altro segnale dell’allargamento dei lettori in età augustea proviene dalle testimonianze delle letture delle donne: sintomatica al riguardo una provocazione lanciata da Ovidio nei Trista: a chi denunciava i pericoli che avrebbe comportato la lettura dell’Ars amatoria per la moralità delle lettrici, egli rispondeva dicendo che tutti i classici di letteratura potrebbero risultare modelli negativi. Donne che leggono vengono raffigurate anche in alcuni dipinti: affresco di una coppia di borghesi pompeiani Terentius Neo e la moglie ritratti con un rotolo di papiro, una tavoletta cerata e lo stilo. In questi secoli l’alfabetismo diventa valore di promozione sociale: per poter essere qualcuno bisognava saper leggere e scrivere. 2. Il supporto: materiali e superfici scrittorie Nonostante la diffusione a Roma, le tavolette lignee sono state per molti anni oggetto dell’interesse di pochissimi specialisti, anche in ragione dell’aspetto modesto del contenuto, prevalentemente riservato a registrazioni di carattere economico. I principali giacimenti di tabulae antiche prodotte tra il I e il V d.c sono i seguenti: - 350 tavolette rinvenute a Ercolano tra 8 a.c e 79 d.c; - 371 tavolette pompeiane tra il 15 e il 62 d.c appartenenti al banchiere Giocondo; - 185 tavolette tra 26 e 61 d.c della famiglia Sulpicii, archivio di carattere economico; - 600 tavolette nel campo militare di Vindonissa, scarsamente leggibili per le cattive condizioni; - 800 tavolette nel campo militare di Vindolanda; - 45 tavolette algerine, vicino frontiera della Tunisia, contenenti contratti agrari di compravendita risalenti al V d.c. Le tavolette sono state ritrovate in luoghi geografici diversi e questo testimonia che le tabellae circolavano in lungo e largo in tutta Roma. Il legno usato per la fabbricazione era: il bosso, tipico del mondo greco, adottato per contenitori testuali a cui erano affidate varie funzioni: se Luciano di Samosata parla di tavolette adibite a uso letterario, Polluce fa cenno a tavolette per uso scolastico. Passando al mondo latino si usavano: abete, tiglio, quercia, il bosso che però era ritenuto poco pregiato, il cedro che era particolarmente raffinato. Si preferiva l’abete rosso e bianco, l’ontano, il faggio. Rosario Pintaudi ha condotto un’indagine su tavolette del VI e VII D.C per legature di alcuni manoscritti conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Quella ricerca ha rivelato l’impiego di una maggiore quantità di specie vegetali (castagno, pioppo) e ha consentito di ricostruire la tecnica di manifattura che per quanto riferita a oggetti dell’alto medioevo non doveva differire troppo da quella seguita nel mondo romano: il tronco veniva ridotto in tavole che venivano stagionate per perdere umidità, si eliminavano le asperità con un’ascia, poi una levigatura con lo sgrossino (pialla) e infine una lisciatura con una pialla di precisione: il trattamento della superficie scrittoria aveva 3 procedure: - tavolette incavate di qualche mm per contenere uno strato di gomma lacca fusa da incidere con uno strumento a punta dura (tabulae ceratae) – le tabulae erano sottoposte a imbiancamento e scritte a pennello (tabulae dealbatae) colore nero su fondo bianco; - tavolette color legno e su di esse si scriveva con il calamo, legni chiari per ottenere il contrasto cromatico. 3. Le tipologie librarie: dittici, trittici, polittici, libri a soffietto Nella società romana di età imperiale esistevano 2 tipi di libri lignei: - tabulae di contenuto giuridico; - tabulae per la scrittura quotidiana. Le prime , presenti in abbondanza in Campania, avevano forma rettangolare di 3 formati (piccolo, medio, grande). Le unità lignee erano legate da un filo che passava tra due fori e potevano essere articolate in dittici (due pezzi, 4 facciate) e in trittici ( 3 pezzi, 6 facciate). I dittici avevano la faccia 1 bianca, le facce 2 e 3 contenevano l’atto in versione integrale vergato su cera 8scriptura interior), la faccia 4 era divisa in 2 sezioni vergate a inchiostro su legno, separate dal filo di chiusura su cui si apponevano i sigilli dei testimoni: a) la colonna di sinistra era riservato a una trascrizione ridotta dell’atto, per consultarla senza dover rompere i sigilli (scriptura exterior) b) la colonna di destra riportava i nomi dei testimoni (signatores). I trittici: faccia 1 bianca, faccia 2 e3 scriptura interior, faccia 4 attraversata da un solco verticale che chiudeva ermeticamente le prime 2 tavolette, su di essa erano apposti i sigilli di ceralacca dei testimoni, la faccia 5 conteneva la scriptura exterior, la 6 era bianca. Le tabulae di contenuto giuridico spesso erano dotate di un index scritto a inchiostro sulla prima o ultima faccia del documento per avere notizia del contenuto a colpo d’occhio. Per conservare la genuinità del contenuto evitando manipolazioni nel 61 d.c venne stabilito un efficace strumento di garanzia, su proposta di Nerone, che stabiliva che i contratti pattuiti fra le persone viventi fossero registrati su tavolette con sigilli in cera che avevano il compito di saldare le 3 fettucce di lino che legavano le tabulae per impedire manomissioni introdotte da falsari in grado di schiudere la tabulae contenenti la scriptura interior distaccando il filo cui erano sovrapposti i sigilli. Nella prassi campana l’uso dei dittici in funzione documentaria andò diminuendo fino a scomparire del tutto a partire dagli anni 60. Le seconde: forma sempre rettangolare con misure di h 12/17 e larghezza 7/13, anche se ci sono testimonianze di polittici di dimensioni superiori (libro trovato nel tablinum di Villa dei Papiri ad Ercolano el 1754 di 33x13 cm). Polittici di questo genere erano legati con modalità diverse dai primi. Erano formati da 8 tabelle e aveva le pagine interne unite da 4 fili che passavano per 4 coppie di fori. La legatura aveva un aspetto simile a quelle dei libri sotto forma di codice. Questi libri lignei di questo secondo insieme erano dotati di accessori che dovevano agevolarne la conservazione e la lettura: al centro della pagina era posto un piccolo dado che conteneva la cera che aveva la funzione di evitare lo sfregamento tra le superfici cerate e evitare l’abrasione. Lungo il margine esterno c’erano spesso dei tasselli che servivano a voltare con più agio le pagine del libro. A questa tipologia libraria, ma scritte a calamo appartengono tavolette del I e II d.c tra cui la lettera che Claudia Severa scrive all’amica per invitarla a festeggiare il suo compleanno. La lettera è strutturata nella forma del dittico, ma in questo caso le due tabulae sono di formato pressoché quadrato. Prima parte è scritta da uno scrivano professionale, la seconda dalla stessa donna. 4. Le forme del libro: aspetti grafico visuali. 4.1 Novius Eunus e una tavoletta da 10.000 sesterzi Tavoletta cerata in forma di trittico rinvenuta nel 1959 in un sobborgo di Pompei (luogo che ha restituito 185 tabulae trovate in una cesta di vimini). Il documento rimanda a un periodo di qualche anno precedente l’eruzione. La scriptura interior attesta che nel 37 d.c nei giorni in cui le navi granarie alessandrine cominciavano ad arrivare a Pozzuoli, il mercante di grano Novius aveva ricevuto la somma di 10000 sesterzi da un liberto imperiale. A garanzia del denaro offriva in pegno cereali, legumi. Il documento nella 4 facciata conteneva la lista dei testimoni, nella 5 si leggeva la scriptura exterior, recante il testo in versione ridotta, con Parte adoperata per la scrittura era il fusto che era sezionato ancora fresco in porzioni da cui si ricavavano strisce (philyrae) che dovevano essere più larghe possibili. Possibili modalità di taglio: ipotizzare l'uso di uno strumento affilato o Hendricks suggerì un’interpretazione diversa di quel passo pliniano che usa la parola acus per cui è attestato il significato di ago e non di lama, quindi un'ipotesi poteva essere che il fusto non era tagliato ma sbucciato procedendo percerchi concentrici dall' esterno all'interno con una sorta di ago. Tale ipotetica ricostruzione fu poi esclusa perché aveva tempi troppo lunghi. 2.4 Il foglio La confezione dei fogli (plagulae) si otteneva mettendo le strisce su un piano bagnato e poi aggiunte altre strisce disposte in senso trasversale e la pressione tra i due strati con un rullo faceva uscire il glutine che fungeva da collante naturale mantenendo il colore naturale della pianta. I fogli venivano poi essiccati al sole e avevano un lato interno per la scrittura e uno esterno destinato a rimanere bianco. Per evitarne la degradazione potevano essere immerse in soluzioni saline e i fogli potevano essere trattati con soluzioni antiparassitarie. 2.5Pregi e difetti Qualità della carta di papiro: sottigliezza che assicurava leggerezza e maneggevolezza, la consistenza per mantenere elasticità e resistenza, la bianchezza, che accresceva la leggibilità, la levigatezza per far scorrere meglio il calamo. Inoltre era importante la larghezza dei fogli perché permetteva la costruzione di rotoli di ampiezza superiore. Varietà migliori di papiro: Claudia (larga 29 cm) la Liviana, l'Augusta. Poi di qualità media: hieratica, la Anphiteatrica..poi altre di qualità bassa non destinate alla scrittura.Per edizioni di pregio ci si serviva di fogli molto larghi definiti macrocolla. 3 La tipologia libraria: il volumen L’unità di vendita del papiro non era il foglio ma il rotolo commerciale o volumen. La sua confezione prevedeva l'assemblaggio di in certo numero di plagulae incollate tra loro. La colla più comunemente usata era fatta di acqua farina e aceto o talvolta come collante si poteva usare la mollica di pane fatta bollire. La larghezza dei fogli destinati all'uso scrittorio variava tra i 16 e i 30 cm. . I volumen per la lettura frequente erano più leggeri, mentre quelli consultati sporadicamente erano di dimensioni ragguardevoli visto che poteva contenere più libri della stessa opera o più libri di uno stesso autore. Quindi non c’era l’equivalenza un libro= un rotolo. L'h dei rotoli era tra i 16 e i 24 cm. Il 1 foglio chiamato protocollo era lasciato bianco e la sua funzione era evitare che la plagula impugnata si deteriorasse (il testo). Il testo era articolato in colonne. Di solito la copia di rotoli di contenuti letterari era affidata a un solo copista. Il titolo dell'opera era quasi sempre indicato nell'ultimo foglio (escatollo) e posizionato a destra dell’ultima colonna discrittura. A volte si aggiungevano anche intitolazioni iniziali poste a sinistra della prima colonna di scrittura . Chi voleva conoscere il contenuto del rotolo senza aprirlo poteva servirsi della scrittura del titolo e del nome dell’autore sul lato esterno del protocollo o dell'aggiunta di un’etichetta attaccata al margine del volumen . I volumina potevano essere illustrati ( 2 e 3 d.c rotoli che avevano un rapporto con l'immagine come i fumetti moderni. Plinio racconta che Varrone inserisce nelle sue Imagines i ritratti degli autori di cui parla). I rotoli erano avvolti intorno all'umbilicus un bastone di legno o avorio fissato sull'estremo dell'escatollo per agevolare il riavvolgimento e per non farlo schiacciare. Se l'inchiostro faceva macchie era possibile restaurare tagliando la sezione guasta e reicollando i 2 tronconi in cui il rotolo era stato tagliato. Per mantenere i volumina in buone condizioni erano usate coperte, chiusura con lacci, contenitori (capsae), si aprivano periodicamente per un controllo, si applicavano essenze profumate. Il costo del papiro faceva si che spesso si riutilizzasse: la facciata esterna bianca o si cancellava il testo con una spugna e si riscriveva e nasceva così un palinsesto (erano visibili tracce della scrittura precedente) 4 Il lavoro dello scriba: strumenti, posizione, egemonia Nella società romana il saper scrivere era apprezzato quando veniva praticato da uomini liberi, ma non se lo facevi di professione perché eri considerato un mercenario e non eri stimato. La professione di scriba o di ludi magister era esercitata in prevalenza da liberti che scrivevano a pagamento documenti o da schiavi. Alcuni riuscivano però a raggiungere ruoli di prestigio come quelli a servizio del pontefice che diventavano pontifices minores. Un esempio del riconoscimento riservato all’attività di chi operava a servizio delle istituzioni pubbliche è venuto dalla scoperta di un documento celebrativo localizzato nella zona cimiteriale sull’Appia. L’ara commemorava due fratelli Quinto Fulvio Fausto e Quinto Fulvio Prisco del I d.c. Costruita da 2 parti distinte: in quella superiore i due scribi librarii circondati da inservienti esercitano la loro attività sulle tavole lignee, in quella inferiore alcune figure portano in mano delle tabellae e rotoli di papiro e guardano verso l’alto dove c’è una tabula ansata recante l’iscrizione commemorativa per Prisco. Il coperchio del sarcofago richiama la forma del volumen aperto che allude all’alto livello di istruzione dei 2. Cicerone criticava il potere concesso agli scribae dei magistrati. I loro strumenti di lavoro erano: la penna, l’inchiostro e il calamaio. La prima era ricavata da un giunco di canna palustre e nel mondo greco era a punta stretta, mentre in quello romano a punta larga. Le penne erano di materiali diversi come avorio o metallo. L’inchiostro nero era composto da ingredienti organici carbonizzati legati da un additivo in modo da ottenere un prodotto solido che all’occorrenza si scioglieva con l’acqua e poteva essere rimosso con una spugna.; nel II d.c si diffuse un altro tipo di inchiostro ottenuto con una miscela di noce di galla in polvere, Sali, gomma arabica e acqua. L’inchiostro rosso si ricavava dall’ematite, un ossido del ferro. I calamai potevano essere a forma cilindrica o ottagonale, in metallo o terracotta ed erano dotati o meno di coperchi. Altri tipi di strumento dello scriba di cui abbiamo notizia grazie a una serie di epigrammi dell’antologia Palatina erano il temperino per tagliare il calamo, la pietra pomice per affinare la punta, la riga, la spugna, il compasso. In Egitto chi scriveva sedeva a terra e il papiro appoggiato sulla veste, lo scriba greco romano era seduto su uno sgabello con il rotolo posato sulle ginocchia e con la mano destra impugnava il calamo mentre con la sinistra teneva ferma la parte del rotolo già scritta. 5 Le forme del libro: aspetti grafico- visuali 5.1 La falsa falsificazione del papiro di Cornelio Gallo 1978 a sud di Assuan venne rivenuto un frammento che costituisce il più antico testimone di poesia latina in distici elegiaci e uno dei primi reperti di scrittura libraria latina. Il papiro trovato insieme ad altri oggetti, come una moneta coniata da Cleopatra VII era spezzato in 5 parti , poi ricomposte e conteneva i resti di alcuni carmi del poeta neoterico Cornelio Gallo, amico di Asinio Pollione e Ottaviano. Gallo è un personaggio noto per la protezione riservata a Virgilio. Venne processato dal Senato e si suicido. Il testo rivenuto a Primis venne pubblicato nel 1979 dal papirologo inglese Parsons che corredò l’editio princeps con il testo articolato in 2 colonne. Il papiro misura 16 cm di h e 19 di larghezza. Possibile datazione: post quem 50 a.c ante quem 20 a.c. qualche anno dopo l’uscita del volume uno studioso tedesco Brunholtz sostenne che il pezzo di Parsons fosse una contraffazione di un falsario per alcuni motivi: testo scritto da una persona incapace di rispettare l’allineamento, presenza di lettere iniziali di grandi dimensioni che non sarebbe attestata in epoca classica, il fatto che i 5 pezzi avessero permesso di ricostruire il testo completamente e senza lacune. La questione fu risolta quando Mario Capasso riuscì a consultare direttamente il pezzo originale e spiegò che: l’andamento irregolare e non allineato era dovuto alla modalità errata con cui era stato disteso il papiro, che l’ingrandimento delle iniziali era comune, e anche la frantumazione in piccole parti non era anomala perché si poteva ipotizzare che il possessore non fosse più interessato e volesse buttarlo. Il papiro di Gallo fornisce dunque un esempio di rotolo letterario tardo repubblicano e costituisce prova che a quell’epoca l’editoria commerciale romana era in grado di produrre libri di alta qualità. Il supplemento di indagine richiesto dal tedesco mostra che le discipline fondate sull’analisi materiale di oggetti fisici come la papirologia hanno bisogno di un esame diretto degli oggetti di studio. 5.2 Un antichissimo testimone delle Verrine di Cicerone La più antica attestazione diretta della circolazione di un’opera di Cicerone è il papiro conservato oggi a Giessen che tramanda la 2 orazione Contro Verre. Questo frammento è databile tra la seconda metà del I a.c e il I d.c. Ha misure ridotte ma ciò rappresenta una minima parte di un rotolo di grandi dimensioni. Ogni palgula misurava circa 40 cm di h. l’interesse dl papiro è giustificato anche dalla presenza di un complesso apparato interpuntivo: spazi evidenti tra le parole, apici sulle vocali lunghe, tratti obliqui, una lettera K grande visibile all’inizio del 3 rigo che con ogni probabilità valeva da punto fermo in fine di frase. Essa abbreviava la parola Kaput. La scrittura del papiro delle Verrine è diversa da quello di Gallo: in quello ciceroniano c’è una certa rigidità di tracciato e di forme di lettera molto corsive che tendono ad allungare tratti finali. In conclusione, l’esame di questi due papiri mostra che il mercato librario a Roma era attrezzato per rispondere a diverse esigenze del pubblico: il papiro di Gallo è un libro di diletto, quello ciceroniano di studio. 6. Produzione e diffusione: dall’elaborazione alla pubblicazione. Tre fasi: composizione, revisione pubblicazione. 6.1 La composizione Testimonianza dicono che almeno a partire dai neoteroi l’elaborazione dei testi avveniva mediante stesura di testi autografi, come quelli di Orazio, Catullo e anche di Nerone, i cui autografi sono noti grazie alla testimonianza di Svetonio. Le fonti di queste testimonianze sono poche oggi e sono soprattutto del mondo greco. Le pratiche di elaborazione autografica non costituivano l’unica tecnica di composizione di un testo poetico , ma erano affiancate dall’uso della dettatura, di cui restano testimonianze di ambito letterario, grazie a Orazio che riconosce a Lucilio il merito di aver inventato la satira e lo critica perché “spesso dettava stando su un piede 200 versi”. Ci sono anche indizi semantici che ci dicono che si usava la dettatura, che era un diffuso processo di composizione. Per la prosa invece gli autori non scrivevano in prima persona ma la dettavano ai copisti, pratiche descritte da Plinio il giovane in un passo che ci dice molto sul suo modo di lavorare: che già dal mattino elaborava mentalmente e dettava tutto al suo copista. Anche per le scritture in prosa però spesso si ricorreva all’autografia. Quintiliano aveva teorizzato infatti la superiorità della scrittura di propria mano. Autori come Cicerone si servivano solitamente della dettatura, ma spesso scrivevano anche personalmente. 6.2 La revisione Terminata la prima stesura iniziava il processo di rielaborazione che l’autore poteva fare da solo o aiutato. Si trattava di corrigere e emendare il testo. Orazio paragonava l’emendatio a un processo giudiziario, il censor metteva sotto processo il testo da revisionare e definiva la disciplina del miglioramento del testo “arte del mutamento”. Il testo veniva letto ad alta voce. Talvolta gli autori erano costretti a revisionarli soli perché magari erano stati esiliati o altro, altre volte sceglievano di revisionarli da soli. Per i testi in prosa la revisione era simile. Gli interventi migliorativi potevano essere eseguiti sul testo tramite matite rosse. Un’altra modalità correttiva prevedeva un gruppo di ascoltatori che correggevano l’opera e l’autore apportava le modifiche suggerite. 6.3 La pubblicazione Occorreva un forte impegno finanziario e non avendo i soldi spesso gli autori diventavano clienti alle dipendenze di ceti dominanti che finanziavano. In altri casi era lo stato stesso ad assumere il ruolo di committente. La diffusione di opere letterarie attraverso i servizi di un editore che ne curava la distribuzione e la vendita iniziò a diffondersi a Roma dal I a.c. il primo riferimento all’attività di una bottega di questo tipo è presente nelle Filippiche di Cicerone che ricorda che Clodio per sfuggire ad Antonio nel 53 a.c dovette rifugiarsi una una taberna libraria. In quegli anni a Roma fioriva l’attività editoriale di Attico che era un aristocratico che operava senza scopi di lucro, coordinando una manifattura libraria tutta privata e domestica., dove lavoravano copisti e revisore che si presero carico delle pubblicazioni di Cicerone. Ulteriore segnale del fatto che fin dal I a.c fosse attivo a Roma un circuito di compravendita professionale di libri viene da una lettera di Cicerone che al fratello Quinto dice di lamentarsi della pessima qualità dei volumi messi sul mercato. Vari librai famosi furono: i fratelli Sosii, Doro, Trifone. Orazio in due passi menzione i fratelli Sosii e siamo davanti al primo riconoscimento concesso da un esponente di spicco della letteratura al copista come nuovo attore del mondo culturale. Nelle taberne i rotoli erano esposti sul banco uno accanto all’altro e sulle porte c’erano affissi fogli di papiro con i nomi dei titoli disponibili. Con lo sviluppo del mercato librario iniziarono anche a circolare edizioni pirata messe in circolazione senza il consenso dell’autore. Marziale in un epigramma si lamenta del fatto che venissero messe in vendita raccolte dei suoi componimenti irriconoscibili per la quantità di errori, così per evitare tale pratica ricorreva a notazioni autografe per rivendicare la paternità del testo. 7. Pratiche di lettura: svolgere e avvolgere Lettura: il lettore lo prendeva con la mano destra e con la sinistra iniziava a srotolarlo, con la destra svolgeva la parte ancora da leggere e con la sinistra riavvolgeva quella già letta. La sezione del testo visibile poteva comprendere 5 o 6 colonne. Giunti al termine il rotolo tornava nella sua conformazione monocilindrica e veniva riavvolto completamente e riportato all’assetto iniziale. Di norma si leggeva seduti appoggiando il rotolo sul grembo, poi dipendeva anche dalle dimensioni: i pesanti macrocolla di Cicerone venivano impugnati diversamente dai volumina di dimensioni piccole. Per i primi si ricorreva all’ausilio di leggii di legno. Balogh affermò che si leggeva ad alta voce ma fu contestato da Gavrilov che affermava che la lettura Nel VII la manifattura libraria diventò strumento per acquisire tecniche di conoscenza nei monasteri. . era realizzata nello sciptorium collettivamente ed era speso legata all’attività delle scuole monastiche che insieme a quella vescovili avevano sostituito quelle laiche. Il forte aumento della domanda di libri aveva determinato anche la nascita dell’operaio scriba laico, cioè il copista a prezzo, che non si guadagnò mai una posizione socialmente buona. I copisti datavano e firmavano i libri . nacquero i libri d’autore copiati dall’autore stesso che li metteva a disposizione dei discepoli e permetteva loro di copiarli. Strumenti a disposizione dei copisti forniti da fonti iconografiche e letterarie ed erano: inchiostro, penne d’oca, pietra pomice, creta (per levigare e asciugare la pergamena), il coltello, il piombo (per bloccare il foglio sul leggio). Eustachio Celebrino pubblica un opuscoletto nel 1525 in cui parla degli strumenti di scrittura dei copisti (piuma, coltellino, compasso, forbice, calamo, stilo). Nell’Oriente bizantino invece si continuo a usare il calamo per secoli. Per quanto riguarda l’inchiostro nel medioevo si affermò una qualità diversa rispetto al mondo antico: il ferro-gallico formato da tannino ( estratto vegetale) e vetriolo (solfati di rame o ferro) cui si aggiungeva un solvente e addensanti (gomma arabica, colla di pesce). Passando alla posizione del copista, i primi tavoli comparvero intorno al III d.c ma si diffusero generalmente tra VII e IX. Molte raffigurazioni ci mostrano l’amanuense seduto su un banco davanti a un leggio dal piano inclinato spesso accompagnato da un secondo supporto su cui era posizionato l’antigrafo (il testimone da cui si traeva copia). Famosa è la raffigurazione di Petrarca al lavoro nel suo studio in cui è seduto e con la mano destra tiene la penna d’oca e con la sinistra sfoglia l’antigrafo posato su un leggio quadrangolare. Sul piano da lavoro ci sono un calamaio e il coltellino. L’apografo (il codice su cui si compie la copia) è un fascicolo ancora sciolto, che avrebbe assemblato dopo. Per quanto riguarda i tempi della composizione scrittoria: Luciana Devoti afferma che statisticamente i lavori si svolgevano perlopiù nei mesi di agosto settembre e ottobre perché negli altri mesi c’era meno manodopera studentesca visto che gli studenti erano impegnati nelle lezioni, o anche dalla difficoltà di maneggiare la penna d’inverno in ambienti bui e poco riscaldati. I tempi andavano da : 2,8 facciate al giorno per scrivere un testo di argomento cavalleresco, alle 5,3 impiegate per il Canzoniere. Tali oscillazioni dipendono dalla dimensione delle carte, dalla disponibilità dell’antigrafo. 5. Le forme del libro: aspetti grafico visuali 5.1 Un esperimento librario non riuscito: il palinsesto vaticano di Gellio Nella Biblioteca vaticana sono conservati pezzi di inestimabile valore, tra cui palinsesti in membrana del medioevo che venivano riusati quando mancava il materiale scrittorio. Queste operazioni erano più complicate rispetto a quelle sul papiro a causa degli inchiostri metallici. Erano compiute slegando i manoscritti, immergendoli nel latte. Il più famoso tra i palinsesti vaticani è il Vat.lat. 5757 un testimone del VII contente un commento ai salmi di Agostino che nascondeva una trascrizione del De Republica di Cicerone, recuperata da Angelo Mai nel 1819 non senza provocare danni irreversibili alla membrana. Un altro codice rescriptus è il Palatino latino 24 un manoscritto riutilizzato per trasmettere alcuni libri del vecchio testamento e su cui precedentemente c’erano fogli membranacei provenienti da 8 codici diversi tra cui le Notti Attiche di Gellio ( II D.C). Del testimone gelliano restano 44 carte in cui si leggono frammenti dei primi 4 libri delle Noctes (il manoscritto dell’intera opera era molto corposo) risalenti al II d.c. l’eccezionalità del codice non è dovuto solo all’antichità che attesta che già all’epoca esistevano botteghe professionali capaci di produrre libri in forma di codice per un pubblico con alte possibilità finanziarie, ma anche all’abitudine codicologica che caratterizza i suoi fascicoli: ciascuno lascia in bianco il recto della prima carta e il verso dell’ultima. Si pensa che sia stato progettato come un’edizione a fascicoli disligati quindi gli spazi bianchi erano volti a proteggere il testo dall’usura. Questi libri frazionati in più fascicoli erano rari e non ebbero molto successo perché erano scomodi e complicati da consultare. Gellio vaticano mostra la prova dell’esistenza di una forma libraria innovativa ma fallimentare. 5.2 Le Bibbie atlantiche, ovvero il libro come monumento Nell’alto medioevo raramente la Bibbia era trasmessa in edizione completa ma nel VI D.C Flavio Cassiodoro commissionò 2 edizioni bibliche : la prima articolata in 9 volumi che conteneva il testo della Vetus latina; la 2 in 53 senioni recava la Vulgata, la 3 in 95 quaternioni riproduceva la revisione di S Girolamo sul testo della Esapla. Dall’ultima originariamente trascritta in un manoscritto noto come codex grandior derivò il più antico esemplare integrale giunto a noi: la Bibbia Amiatina. Una ripresa dell’impresa cassioedea ci fu nel IX nel monastero di Tours e un terzo esempio integrale è del XI : la Bibbia atlantica. La grandezza di questi volumi prevedeva di diminuire il peso delle carte che li componevano e quindi si lavoravano accuratamente le pelli di animali adulti. Erano articolate in 2 colonne e la loro maestosità era manifestazione della loro autorevolezza. La decorazione era semplice, la scrittura carolina. 5.3 Alla ricerca del Graal: Dante e l’autografo della Commedia Vittore Branca riviene l’autografo della Commedia, o meglio questo è quello che inventa in un suo racconto intitolato “Un sogno”. Francesco di sei Nardo da Barberino coordinatore dell’officina dei Danti del Centro che mostrano una straordinaria uniformità nei loro progetti grafici, producendo manoscritti orientati al modello libro-registro di lusso: codici di dimensione medio grandi a due colonne con scrittura minuscola cancelleresca e illustrazioni. Questa tipologia libraria era spesso commissionata da mercanti e artigiani che non volevano rinunciare a codici di lusso, ma nemmeno alla minuscola cancelleresca, scrittura a loro familiare. Altra ipotesi di quella tipologia è che secondo Savino quel tipo di scrittura potrebbe derivare dall’autografo della Commedia e usato come esempio. 6. Produzione e diffusione: il libro d’autore, copiare per passione, copiare a prezzo Dal XI e XII si iniziano ad avere autografi d’autore e iniziano a confezionarsi come veri e propri libri d’autore. Era molto importante la portata simbolica delle costruzioni grafico- visive elaborate dagli autori quando si facevano editori di se stessi. Tale attenzione si è estesa poi anche all’autografia editoriale, attività di copia in cui l’autore non trascrive un’opera propria, ma testi di altri. Il più straordinario autore-editore- copista del Medioevo fu Boccaccio che con ben 35 autografi ha una grande varietà delle tipologie testuali: dagli autografi autoriali, che trasmettono originali di opere di grande rilievo come il Decameron, agli autografi editoriali in cui sono trascritte opere di grandi autori , ai libri archivio come lo Zibaldone laurenziano pluteo contenente materiali eterogenei e rari. A Boccaccio si deve la prima vera biografia di Dante “Il trattatello in laude di Dante”. Boccaccio ha copiato la Commedia per 3 volte. Nelle sue copie no fu meccanico, ma era sempre pronto a contaminare con lezioni attestate in diversi rami della tradizione. Mentre eseguiva le sue copie aveva davanti probabilmente manoscritti impaginati secondo il modello librario del libro registro di lusso. La tipologia libraria scelta da Boccaccio per le sue Commedie è diversa da quella dominante a Firenze: misure medie e non grandi, e scrittura semigotica e non la minuscola cancelleresca, la decorazione non mostra iniziali ornate ma filigranate, messa in pagina a una sola colonna. Aveva collaudato un modello librario per trascrizione di un altro testimone di sua mano: il Laurenziano Acquisti e Doni 325 (caratteriste come le sue Commedie), contenete il Teseida ( primo poema in ottave della nostra letteratura, nasce per l’ambizione di comporre un poema epico di tipo classico in volgare, si ispira all’Eneide). Boccaccio prese ad esempio dunque i manoscritti degli auctores della grande poesia latina. L’esame della più antica delle Commedie di Boccaccio, quella conservata a Toledo mostra la raffigurazione della figura di Omero con la scritta Homero poeta sovrano. Se la confezione materiale di quel codice richiamava i libri dei classici latini, nel profilo di Omero incoronato Boccaccio proiettava l’immagine di Dante stesso, il nuovo Omero. Copiare per passione secondo Branca significava farlo per divertirsi, per edificarsi e le radici di tale fenomeno risalgono al XII ma trovano le prime espressioni nel 200 quando con il volgare nasce la figura dell’alfabeta libero di scrivere. In sostanza non occorre più essere maestri, scribi per scrivere. Nel XIV la pratica della scrittura per la lettura si diffonde sempre più e costituisce un’alternativa all’opera degli scribi professionali. L’opera più legata alle pratiche di auto scrittura è il Decameron. Il più noto copista per passione fu Francesco d’Amaretto Mannelli, trascrittore del codice laurenziano pluteo 42.1. il manoscritto laurenziano ha delle note e postille in volgare e latino che mostrano un grande coinvolgimento emotivo nelle vicende narrate o anche riflessioni personali. Le sue postille rivestono anche un forte interesse linguistico (si ha la prima attestazione della definizione di puncto interrogativo). Ritiene le novelle degli exempla in grando di fortificare gli animi delle lettrici, anche se in altre circostanze appare misogino e sottolinea la pericolosità della lettura femminile qualora fosse svolta in modo solitario e non guidato. Esistevano anche i codici a prezzo e lo testimonia il Borghini con la sua testimonianza sui Danti del Cento. Le richieste erano perlopiù di alto borghesi che chiedevano libri belli anche esteticamente. Il pubblico meno benestante, soprattutto i mercanti stringevano accordi con copisti che prestavano la loro opera , altre volte si ordinavano i codici desiderati al titolare della bottega che si rivolgeva a copisti di sua fiducia. La copia a prezzo veniva svolta in ambito domestico o in spazi messi a disposizione dal capo della bottega o avveniva anche in carcere in alcuni casi, svolta da prigionieri per debiti, come il codice del De civitate Dei di Agostino trascritto nel carcere delle Stinche da Giovanni Ardinghelli. Chi scriveva in carcere aveva la possibilità di sopravvivere più a lungo, potendosi pagare il soggiorno in un ambiente privilegiato ( con la luce). 7. Pratiche di lettura: sfogliare e postillare Spazi bianchi dei testi sono un invito per i lettori a scrivere e annotare, nei rotoli c’era meno spazio. I margini divennero luogo di espressione di una vera e propria testualità accessoria, sincronica e diacronica che incatenava il testo alle proprie riflessioni, innescando un sistema di scrittura a circuito aperto. Postillatura importante perché testimonia i pensieri e le note dei lettori. Famoso il codice GR. IX29 nella biblioteca Marciana di Venezia che recupera i testi dei 2 poemi omerici. I protagonisti di questa operazione furono Boccaccio Petrarca e Leonzio Pilato. A ogni parola greca corrispondeva una traduzione in latino con informazioni grammaticali. Il codice dei 2 poemi reca notazioni e postille di Boccaccio sull’Odissea e anche di Petrarca ma solo sui primi 11 fascicoli del manoscritto che forse per un periodo furono un’unità libraria separata dal resto del codice. Tra i postillati boccacceschi l’Omero marciano è il più prezioso per: il consistente numero degli interventi autografi di Boccaccio, la presenza di postille di Petrarca, l’importanza del testo che viene commentato (Iliade e Odissea). Forse il ritratto che Boccaccio inserì nel codice della Commedia di Toledo è stato ispirato proprio a quel lavoro a 6 mani e alle lezioni del magister Leonzio Pilato da Tessalonica. 4. Il libro a stampa 1. Dai primi esperimenti all’ars scribendi artificialiter I caratteri mobili non trovarono la loro prima attestazione in Occidente ma in Cina tra 1041 e 1048 ad opera del tipografo Bi Sheng che mise a punto i primi caratteri mobili in legno, ma la sua invenzione non ebbe molto successo. Nel Celeste Impero fin dal VII d.c avevano avuto grande diffusione i libri xilografici, volumi cartacei ottenuti grazie alla riproduzione dei test e delle immagini realizzata attraverso matrici. La tecnica xilografica prevedeva la preparazione di blocchi lignei dotati di aree stampanti costituite da segni risparmiati , cioè in rilievo, mediante intaglio. Le matrici venivano inchiostrate e poi impresse su carta. Anche in Europa cominciarono ad essere prodotte stampe xilografiche sciolte che si dividevano in: effigi di carattere devozionale distribuite ai fedeli nelle chiese domenicane; carte da gioco , costituite da xilografie di piccole dimensioni dipinte a mano su carta rinforzata, denominate naibi.alla fine del XIV comparvero le carte latine con i semi che usiamo ancora oggi e che riscossero subito successo. Con il passare degli anni alle xilografie su fogli volanti si affiancarono libretti chiamati libri blocco formati da pagine impressi su blocchi lignei recanti testi e immagini di argomento devozionale. I fogli di questi libri xilografici erano sovrapposti su legno inchiostrato e poi pressati con rullo e questo permetteva di usare solo un lato di essi. Nessuno di questi libri ha data e quindi non si sa se siano o meno anteriori all’invenzione di Gutenberg. Nel 1455 il vescovo di Siena Enea Piccolomini scrisse una lettera al cardinale Juan de Carvajal. Alla fine della missiva ci sono informazioni che ci permettono di capire che: - in quell’anno era stata posta in vendita una serie di quinterni di una Bibbia dalle lezioni molto corrette e dai caratteri ben leggibili; - quelle pagine potevano essere lette senza occhiali; il venditore aveva con sé fascicoli campioni ma la Bibbia era disponibile anche per intero; . la tiratura di questa edizione andava dalle 150 alle 180 copie. Anche se non è specificato che i caratteri fossero a stampa, non vi è alcun dubbio con la loro identificazione con parti della cosiddetta Bibbia delle 42 linee, il più antico libro stampato in Europa con la tecnologia dei caratteri mobili. Gutemberg nacque alla fine del XIV e visse per 10 anni a Strasburgo. Si occupò dapprima di levigatura delle pietre, poi fondato una società per la fabbricazione di specchi per pellegrini. Dopo gli specchi si cimentò in una nuova impresa che riguardava l’azione di stampare. Venivano usate delle forme e un torchio dentro cui ci sono 4 pezzi. Gutenberg ricevette del denaro da Fust in prestito (poi finirono in processo ) e anche dopo questo prestito ebbe difficoltà finanziarie. Dal 1458 non poteva più pagare gli interessi dei debiti. 2. Il supporto: carte da stampa, membrane e inchiostri Leon battista Alberti descriveva come un prodigio l’invenzione di Gutenberg. Più libri con più velocità provocarono un aumento della richiesta del supporto di scrittura cartaceo. La principale differenza tra la carta da manoscritto e quella da stampa riguardava la collatura: se le dimensioni dei fogli erano grandi e la i caratteri piccoli le carte avevano bisogno di un’umidificazione maggiore rispetto a quella richiesta per la stampa di fogli di piccola dimensioni con caratteri grandi. La carta fu il materiale più impiegato dai primi tipografi per la fabbricazione degli incunamboli, ma non fu l’unico supporto di stampa, a essa si affiancò subito la membrana ( destinata meno copie a causa del prezzo alto, infatti del 2 libro stampato a Magonza del 1457 sono documentati solo esemplari membranacei).L ’aumento della richiesta portò a produrre carta meno spessa e meno costosa, dalle 18 libbre per risma si passò alle 13 o 14 libbre per unità. Ciò ebbe delle conseguenze sulla morfologia delle forme impiegate per la fabbricazione della carta: la diminuzione dello spessore delle vergelle, resa necessaria per non compromettere la resistenza dei fogli, comportò un addensamento teso a evitare che la trama metallica si incurvasse sotto il peso del pisto. Di frequente gli incunaboli a pergamena venivano arricchiti con illustrazioni commissionate ad artisti di grande fama: la copia vaticana delle Noctes Atticae di Gellio che aveva una cornice a bianchi girari. L’inchiostro tipografico ebbe fin dall’inizio caratteristiche chimiche diverse rispetto a quello usato per il manoscritto: non venivano apparivano distribuiti estensivamente, Bembo privilegiava la forza icastica della parola poetica e ometteva qualsiasi strumento ecdotico, qualunque traccia del lavoro preparatorio, anche se esso spesso era lungo e accurato come nel caso del Canzoniere che fu revisionato e rimesso in discussione proprio quando era quasi completato perché giunse il modello autografato nelle mani di Bembo, che lo collazionò in più punti, inserendo bene 168 varianti in margine e trascrivendo gli ultimi 30 componimenti direttamente da esso. Le scelte operate da Bembo in questa edizione presentano molte correzioni nella grafia rispetto all’autografo. Anche il sistema paragrafematico era molto innovativo: vennero introdotti per la prima volta i segni diacritici moderni e l’apostrofo per il volgare. Aldo per giustificare tali segni aggiunse in calce un “Avviso ai lettori” in cui si difendevano le scelte filologiche e si discutevano le questioni grafiche e linguistiche. Il successo dei Petrarchini fu comunque travolgente. 6. Produzione e diffusione: dalla bottega di cartoleria all’impresa commerciale I costi delle stampe tipografiche erano molto elevati rispetto alla produzione del libro manoscritto e l’unico modo per sostenere le spese era il buon successo delle vendite che si eseguivano attraverso le botteghe di cartoleria che vendevano sia codici che libri stampati, offrendo per questi le medesime opzioni di decorazione e legatura che erano riservati ai libri copiati a mano. Comparazione di due inventari per verificare come cambiarono i sistemi di vendita con l’arrivo dei libri a stampa: la bottega dei fratelli Bartolomeo a Firenze e l’attività di Sigismondo a Bologna. La bottega fiorentina era la meglio avviata della città e dall’inventario risulta che la maggior parte del patrimonio di bottega era costituita da carte e membrane di vario genere a cui si aggiungevano gli attrezzi: coltellini, punteruoli, squadre. Tra i titoli privilegiano testi di insegnamento e opere religiose. Nell’elenco ci sono solo due opere e stampa. La bottega bolognese era dislocata su 2 piani e offriva ben 400 edizioni a stampa cui si aggiungevano 45 manoscritti. Un’altra differenza riguarda le modalità di consegna dei prodotti finiti: nella bottega fiorentina i copisti recapitavano personalmente i libri alla cartoleria, in quella bolognese i libri a stampa venivano venduti anche a persone da lontano e non solo ai contatti diretti e inoltre erano spediti e inviati tramite mazzi (botti) che contenevano esemplari di una stessa edizione. In un breve lasso di tempo nella bottega bolognese (1484) si era affermato un modello di commercio librario diverso rispetto a quella fiorentina (1476). 7. Pratiche di lettura: la nascita di un nuovo pubblico La presenza di magazzini librari sempre più affollati è un segnale del fatto che la stampa scompigliò l’equilibrio tra la richiesta del pubblico e la produzione offerta dal mercato. Per ammortizzare le spese si producevano molte copie e la sfida più importante era trovare nuove classi di lettori attraverso 2 strategie: diminuire i costi producendo libri più economici e diversificare quanto più possibile i prodotti librari. Per abbattere le spese si stampava in formato più piccolo: in-4° o in-8°. La carta usata era scarsa e i caratteri più economici erano quelli gotici o romani. Nei libri a stampa spesso si usavano abbreviazioni per risparmiare spazio. Successo sicuro si aveva quando si riproducevano opere che avevano avuto grande successo in passato, stampandole con un formato minore. Strategie di diversificazione libraria: gli stampatori modificavano gli apparati paratestuali (decorazioni) e l’aggiunta di strumenti di navigazione: indici, numerazione delle pagine. L’innovazione più rilevante fu l’aggiunta del frontespizio, che fu il più importante elemento di demarcazione tra il libro a stampa e il codice. Nei manoscritti il testo aveva inizio nella prima carta con l’incipit che indicava titolo e autore e l’explicit in cui si ripetevano le stesse informazioni alla fine. Inizialmente i libri a stampa ripresero questa abitudine ma poi crearono il frontespizio che doveva introdurre il libro come oggetto e come testo fornendo informazioni riguardanti il contenuto ma anche editore, luogo di stampa. La funzione del frontespizio era prevalentemente pubblicitaria. Queste strategie fecero incrementare la clientela. Contribuì a tale scopo anche un circuito di stampa popolare fatta di produzione di calendari, opere devozionali, libri di ricamo e di merletto e testi religiosi dedicati alle donne che avevano un accesso all’istruzione fortemente limitato. I libri di ricamo e merletto (“Opera nuova che insegna alle donne a cusire, a racammare e a disegnar ciuscuno”) avevano immagini e testo che fungevano da istruzioni per le donne che volevano realizzare tali lavori di cucitura. Questo tipo di letteratura tecnica si sviluppò soprattutto a Venezia. 5. Il Tablet 1. La diffusione del libro elettronico Il libro elettronico porterà in un futuro alla formazione di romanzi scomponibili e interattivi (Giuseppe Laterza). Ancora non si è arrivati a una definizione condivisa di e-book, né siamo in grado di prevedere il rapporto tra libro cartaceo e digitale. L’espressione e-book indica sia il dispositivo usato per leggere, sia il testo elettronico liberamente scaricabile online, sia un prodotto commerciale distribuito nella rete e associato a una specifica licenza d’uso. In realtà la scelta del dispositivo di lettura sarebbe indifferente : l’accesso a un testo digitale può avvenire tramite pc, telefoni, anche se secondo Gino Roncaglia la scelta del supporto di lettura non è indifferente ma contribuisce a dare un’identità al testo che trasmettono. L’-book deve mantenere con il libro a stampa: la mimicità, ovvero una continuità con il libro a stampa; - autosufficienza, chi legge un libro elettronico non dovrà mai essere sfiorato dall’idea di cambiare supporto di lettura, magari stampando le pagine, come spesso avviene. Con termine e-book ci si riferisce sia al software fatto di programmi, bit, testi digitalizzati, sia all’hardware (supporti di metallo o plastica che recano uno schermo su cui si formano le immagini dei testi). Differenza: libro cartaceo lo acquisti, libro digitale acquisti il diritto di scaricarne il testo. Vantaggi: non c’è limite di spazio come in passato quando i libri dovevano rispettare la capienza della biblioteca. Il libro elettronico si libera della sua materialità epuò raggiungere qualsiasi lettore in qualsiasi luogo. I dispositivi di lettura elettronica si dividono in: e-book readers, strumenti per la sola lettura e non dotati necessariamente di un’interfaccia touchscreen; i tablet che hanno sempre lo schermo touch. Gli e- book readers consentono una modalità di lettura non troppo distante dal libro a stampa ma con qualche opzione aggiuntiva di carattere ipertestuale (link che ti spiegano il significato di una parola). Kindle reader più diffuso al mondo. Tra i tablet più importanti abbiamo l’i-Pad che consente un’ampia ipermedialità (ipertestualità che non si fonda solo sul testo scritto ma anche su video e audio). Laterza che aveva previsto una possibile crisi del libro a stampa o il libro digitale ma lineare per ora è stato smentito poiché la diffusione di libri con ipermedialità è limitata. 2. Il supporto: plastiche e schermi La differenza tra cartaceo e digitale era vantare un’ampia gamma di references da parte del secondo, ovvero la capacità di immagazzinare una quantità di dati tanto grande all’interno di oggetti tanto piccoli. Primi dispositivi orientati alla lettura e non alla semplice consultazione (come il Data Discman del 1991) sono il Rocket e-book del ’98 e il Reb 1200 con schermi più grandi e a colori. Contro: erano oggetti pesanti, con batterie dalla durata limitata ma due furono le innovazioni tecniche che determinarono il passaggio alla 2 generazione dei libri digitali: l’invenzione della carta elettronica nel settore degli e-book readers; l’affermazione della retina display nel settore dei tablet. La tecnologia dell’e-paper è basata sull’elettroforesi: 2 strati plastici sovrapposti e orientate da campi elettromagnetici. Con questo sistema la carta elettronica non emette luce ma la riflette e quindi la lettura è meno stancante e consuma meno energia, dunque la batteria dura di più. Controindicazioni: gli e-paper esistono solo in b/n; ha tempi lunghi di cambiamento delle immagini dello schermo che impedirebbero l’inserimento di contenuti ipermediali. La retina display è un innovativo tipo di schermo introdotto da Apple nel 2010. L’obiettivo era aumentare la risoluzione aumentando i pixel ( più di 300 pixel per pollice che sono la risoluzione di un libro cartaceo) e ha assicurato le condizioni per l’inserimento di contenuti ipermediali. 3. Le tipologie librarie: il Kindle e l’i-Pad La storia del Kindle è strettamente legata a quella di Amazon di Jeff Bezos, che voleva usare la rete per rivoluzionare il commercio dei libri offrendo prezzi bassi, consegne rapide e recensioni dei clienti che promuovevano o meno la fortuna di un libro. Fu creato il portale amazon.com che era in grado di emulare una biblioteca reale. Il successo fu immediato e accanto ai libri iniziarono ad essere venduti oggetti di largo consumo. Nel 2004 Bezos aprì un laboratorio di ricerca Lab 126 con il compito di rivolu<ionare l’industria editoriale creando un e-book reader che doveva essere in grado di consentire l’acquisto dei libri nella maniera più semplice possibile e nel 2007 nacque il Kindle. Il dispositivo e-book era inizialmente era 6 pollice con una risoluzione di 167 ppi con una tastiera non touch. Il reader ebbe successo sia perché venne venduto online su amazon sia per la novità che consentiva di acquistare libri elettronici non attraverso un pc ma connettendosi direttamente a una rete di telefonia mobile. Si potevano scaricare numerosi libri con un solo click. Svantaggio: chi possedeva il Kindle poteva acquistare solo su Amazon. Mentre venivano ultimati i preparativi per il lancio dell’e-book reader, Jobs creò un dispositivo pratico e portatile e nel 2010 nacque l’’I-Pad: ha la forma della tavoletta, oggetto che aveva avuto larghissima fortuna nel passato. Il dispositivo invitava a una fruizione rilassata di contenuti digitali. Funzioni dell’i-Pad: navigare in rete; inviare email; condividere foto; ascoltare musica, usare le mappe; lettore di libri elettronici. Su tutti gli i-Pad è stata preistallata l’applicazione i-Books e questo ha portato a una significativa flessione nella vendita dei libri elettronici acquistati su Amazon. Oggi una statistica mostra che negli ultimi anni gli e-book scaricati tramite i-Phone superano quelli scaricati tramite i-Pad. 4- Le forme del libro: aspetti grafico-visuali 4.1 La fine della civiltà della pagina? Curare l’edizione di un e-book significa occuparsi di: formato, proporzione e mise en page. Il formato indica gli aspetti dimensionali e la proporzione definisce il rapporto tra base e h. La mise en page regola il rapporto esistente tra massa testuale (insieme dei caratteri che compongono il testo) e lo spazio destinato a contenerla. Essa è dunque il risultato visivo del processo di formattazione del testo, determinato da alcuni parametri fissi: 4 margini, lo specchio di rigatura. Esiste uno stretto rapporto tra il formato, la proporzione e l’impaginazione di un libro manoscritto o a stampa, rapporto che è cambiato con l’arrivo degli e-book che ingabbiano qualsiasi testo in un unico formato (non come i libri che possono essere grandi, piccoli, a una o più colonne). Con il formato pdf (sviluppato dalla Adobe)ci si avvicina alla rappresentazione del testo quanto più possibile vicino alla paginazione cartacea. Lo scenario è cambiato con la diffusione dell’e-paper che per garantire una piena mobilità presentano formati di dimensioni molto contenute (6/7 pollici). Il pdf è stato dirottato verso supporti adatti a una consultazione lean forward (come ad esempio i laptops), divenendo di fatto uno strumento associato a prodotti di lavoro e non di intrattenimento. Le ragioni di questa scelta sono dovute al fatto che su schermi di piccole dimensioni i pdf risultano non leggibili, specialmente se la pagina cartacea che devono riprodurre ha misure medio grandi. Ciò ha fatto affermare i formati fluidi, che propongono un’impaginazione ad andamento dinamico, cioè consento al lettore di regolare la tipologia e la dimensione dei caratteri. Svantaggi: si perde il numero della pagina, ci sono schermate prive di marcature fisse (come i rotoli del passato). La mancanza di pagine potrebbe comportare anche la fine dell’indice (strumento guida del testo che consente di scoprire nessi tra persone, luoghi. Per tornare alla scansione del testo in pagina: si potrebbero creare dispositivi per la lettura digitale di formato più grande (come A4) che consentirebbero la conversione del pdf di quasi tutti i libri cartacei disponibili; si potrebbero modificare i testi elettronici aggiungendo gli anchor tags (marcatori di ancoraggio) corrispondenti all’inizio di ciascuna pagina dell’edizione cartacea di riferimento, così i lettori possono raggiungere in ogni momento una determinata pagina di una certa edizione, indipendentemente dalle dimensione del reader. Quest’ultimo provvedimento non si è ancora adottato perché il numero dei lettori che ricorre al sistema delle citazioni è esiguo da non giustificare una modifica dei software di lettura, dall’altra parte non è da escludere che i produttori dei supporti elettronici percepiscano il ritorno alla pagina come un passo indietro. 5. Produzione e diffusione: immigrati digitali vs nativi digitali Le generazioni degli anni 90, secondo gli studi di Mark Prensky assunsero un atteggiamento di discontinuità cognitiva rispetto al passato. Le generazioni cresciute nel nuovo paradigma tecnologico stavano iniziando ad apprendere e gestire le informazioni in modo diverso dai predecessori e vennero soprannominati digital natives da contrapporre ai digital immigrants trapiantati in una nuova cultura. . un possibile punto di passaggio venne fissato da alcuni nel 1985 con la nascita di Windows, altri lo fecero coincidere con la nascita di internet nel 1996. La tesi di Prensky è stata contestata da alcuni perché manca di prove di un’effettiva frattura generazionale. I nativi digitali preferirebbero esperienze cognitive multiple (multitasking) introdotte dal web 2.0 in cui si passa da una visione di Internet come semplice vettore di documenti ipertestuali statici, a una rete caratterizzata da una comunicazione multi direzionale, che consente agli utenti anche di modificare e creare contenuti. Questa nuova idea di web è basata su alcuni concetti: facilità d’uso; dimensione comunicativa, comunitaria. Una volta che i contenuti sono stati acquisiti saranno rielaborati secondo 2 modalità : mash up e la conoscenza distribuita. Il mash up (combinazione) consiste nella miscelazione di temi multimediali volta a dare loro un significato diverso rispetto a quello originario, creazione di un prodotto originale dotato di connotazione espressive autonome. La conoscenza distribuita si fonda sulla disponibilità a partecipare a un continuo scambio di idee, servizi (come quando inseriamo un item di ricerca su google e rimane poi a disposizione degli altri utenti). I più importanti luoghi di condivisione di informazioni per i nativi digitali sono i social a cui si può sempre essere collegati tramite smartphone. È un nuovo modus legendi basato sulla rapida fruizione di testi. 6. Pratiche di lettura: tra Petrarca e Facebook Non è facile prevedere quali saranno le abitudini di lettura dei nativi digitali. In primo luogo non si può affermare con certezza che ci sia un nesso tra la rapida espansione degli strumenti di intrattenimento multimediale e il calo della lettura dei libri cartacei perché le statistiche che abbiamo sono contrastanti. Sappiamo che l’e-book è uno strumento di lettura poco apprezzato dai giovani, il pubblico che si cimenta nella lettura elettronica va soprattutto dai 20 ai 44 anni e si servono del cartaceo e del digitale in base alle circostanze di uso. Se volessimo trovare un dispositivo attraverso cui intercettare il desiderio di lettura dei ragazzi non dovremmo puntare sull’e-book reader ma su altri devices con una più pronunciata interattività.
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