Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Ciclo Cellulare e Sintesi di RNA: Fasi, Controllo e Trascrizione, Sintesi del corso di Citologia

Le fasi del ciclo cellulare, dalla sintesi di RNA nella fase S alla duplicazione del DNA in G1 e G2. Vengono presentate le proteine chiave, come Cdk, e i punti di controllo della replicazione e del danno al DNA. Inoltre, viene esplorata la trascrizione di RNA in eucarioti, con l'intervento di diverse polimerasi e la regolazione della cromatina.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 29/12/2022

rebecca581
rebecca581 🇮🇹

5

(2)

5 documenti

1 / 18

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Ciclo Cellulare e Sintesi di RNA: Fasi, Controllo e Trascrizione e più Sintesi del corso in PDF di Citologia solo su Docsity! CAPITOLO 10 FUNZIONI DEL NUCLEO CICLO CELLULARE Le cellule hanno vita limitata nel tempo, al termine della quale si dividono in due cellule figlie che hanno le stesse caratteristiche della cellula madre. Il periodo che intercorre fra l’origine di una cellula da una divisione e il momento in cui questa, a sua volta, si divide costituisce il ciclo cellulare. FASI DEL CICLO CELLULARE Il ciclo comprende 4 fasi, nel corso delle quali una cellula si sviluppa, replica i suoi costituenti molecolari e infine si divide in due cellule figlie. Le fasi sono: G₁, S, G₂ e M. Nella fase G ₁ la cellula accresce il citoplasma, raddoppiando volume. Durante la fase S o di sintesi la cellula duplica il proprio DNA nucleare. Durante la fase G ₂ la cellula continua la sintesi di materiali citoplasmatici. A questo punto la cellula è pronta a diversi: la divisione si svolge durante la fase M o di mitosi, nel corso della quale il materiale nucleare si condensa in cromosomi che sono ripartiti equamente nelle due cellule figlie. L’intero ciclo ha una durata compresa fra alcune ore e quale giorno. Generalmente la più corta è la fase M, la più lunga la S. La fase G₁ può anche mancare. Le fasi G₁, S e G₂ costituiscono il periodo di intercinesi, caratterizzato dalla presenza di un compartimento nucleare delimitato e ben individuabile. Le cellule dei tessuti detti labili hanno un ciclo con regolare alternanza delle quattro fase. La maggior parte dei costituenti citoplasmatici è raddoppiata in G₁. In fase S, la sintesi di nuovo DNA è accompagnata dalla sintesi di istoni che passano nel nucleo andando a costruire con il DNA nuova cromatina. Nella fase G₂, il citoplasma sintetizza nuove proteine, sia di membrana sia destinate alla costruzione dell’apparato mitotico. Le cellule che vanno incontro a un profondo differenziamento di solito sono incapaci di dividersi e formano tessuti perenni o stabili. In questo caso il ciclo si blocca in G₁, senza la duplicazione del materiale genetico (quando G₁ si prolunga nel tempo indefinitamente prende il nome di fase G₀). Queste cellule derivano da elementi ancora indifferenziati (blasti), che dopo un tot di divisioni e quindi di regolari cicli vitali, iniziano il differenziamento, arrestandosi in fase presintetica. Variazione nella sequenza del ciclo cellulare si hanno anche durante la segmentazione dello zigote (uovo fecondato), nei blastomeri. Nel ciclo cellulare dei blastomeri alla divisione cellulare non segue alcun accrescimento volumetrico. I blastomeri sono quindi cellule che si dividono rapidamente, saltando la fase G ₁ e gran parte della fase G ₂ . Infatti le prime fasi dello sviluppo dell’embrione utilizzano gran parte degli RNA e delle proteine sintetizzate prima dalla cellula uovo. Molte cellule cessano di dividersi ed entrano in una fase di quiescenza, simile alla G₀. in certi casi questo stadio precede la senescenza e la morte cellulare. Si ritiene che questo stato dipenda dall’inefficienza della duplicazione dei telomeri. Nei metazoi i gameti hanno un tipo di divisione detto meiosi. Essa costituisce una fase S e due fasi M. Come risultato, dalla cellula diploide di partenza si formano 4 cellule, ciascuna con la metà del corredo cromosomico iniziale (cellule aploidi). CONTROLLO DEL CICLO CELLULARE Il preciso momento di inizio e la durata di ciascuna fase del ciclo cellulare sono regolati da un sistema di controllo che non consente l’inizio di una fase fino a che non siano stati completati in modo corretto gli eventi della fase precedente. Due sono i momenti chiave: il passaggio dalla fase G₁ alla fase S, che nei lieviti sembra essere il più importante ed è chiamato start e nei mammiferi punto di restrizione, e il passaggio dalla fase G₂ alla M. Le molecole che controllano i vari eventi del ciclo cellulare sono proteinchinasi ciclino-dipendenti dette Cdk, che fosforilano, attivandole, le varie proteine che danno inizio e regolano i processi principali delle varie fasi, come la duplicazione del DNA, la condensazione dei cromosomi ecc. Le Cdk funzionano solo se sono attivate dalle proteine chiamate cicline, che presentano cicli regolari si sintesi e degradazione. Esistono diversi tipi di cicline che si uniscono alle Cdk per formare complessi specifici per i vari momenti del ciclo. I tre complessi principali di ciclina-Cdk sono: -G₁/S-Cdk, formato dalla ciclina G ₁ /S e dalla proteinchinasi Cdk2 -S-Cdk formato dalla ciclina S e da Cdk2. -M-Cdk formato dalla ciclina M e dalla proteinchinasi Cdk1. -a volte è presente anche un quarto complesso, G1-Cdk, formato dalla ciclina G ₁ e da due proteinchinasi, Cdk4 e Cdk6. Il primo di questi complessi che entra in funzione nel ciclo cellulare è il complesso G1-Cdk che attiva la trascrizione dei geni per la ciclina G₁/s e la sua successiva sintesi. Questa ciclina si unisce alla proteinchinasi Cdk2 formando il complesso G₁/S-Cdk che è responsabile dell’inizio degli eventi che porteranno alla duplicazione del DNA. Negli eucarioti la duplicazione comincia a livello di determinate sequenze dette siti di origine della replicazione, alle quali si lega un gruppo di proteine che costituiscono il cosiddetto complesso di riconoscimento dell’origine. A questo complesso si unisce una proteina regolatrice detta Cdc6 e alcune DNA elicasi. Si forma così il complesso prereplicativo che però si attiva solo se stimolato da complesso S-Cdk. il complesso G₁/D-Cdk induce la sintesi delle cicline S e quindi la formazione del complesso S-Cdk, che da inizio alla duplicazione del DNA attivando il complesso prereplicativo. Dopo che la duplicazione è iniziata D- Cdk fa dissociare Cdc6 e le DNA elicasi dal complesso prereplicativo impedendo l’inizio di un’ulteriore replicazione del DNA. Una volta che i complessi G ₁ -Cdk , G ₁ /S-Cdk e S-Cdk hanno svolto la loro funzione, sono inattivati in seguito all’ubiquitinazione e dalla proteolisi delle cicline provocata da un insieme di enzimi noto come SCF. Il complesso S-Cdk rimane in funzione per tutta la fase G₂ e per il periodo iniziale della mitosi. Nel frattempo, nella fase G₂ viene sintetizzata e si accumula la ciclina M che unendosi a Cdk1 forma il complesso M-Cdk o MPF. Questo complesso viene attivato da una fosfotasi chiamata Cdc25, che rimuove i gruppi fosfato. La mitosi però non inizia prima che la duplicazione di tutto il DNA sia completata in modo corretto. Ciò è controllato dal punto di controllo della replicazione, che in situazioni anomale blocca la Cdc25 e impedisce il funzionamento di M-Cdk. Una volta attivato M-Cdk induce tutti i processi iniziali della mitosi fino alla metafase, cioè l'assemblaggio del fuso mitotico, la condensazione dei cromosomi, la disgregazione dell’involucro nucleare e l'attacco dei cromosomi ai microtubuli del fuso, fosforilando le varie proteine coinvolte in questi processi . La successiva transizione della metafase all’anafase è indotta dal complesso di promozione dell’anafase che è attivato dall’unione con la proteina Cdc20 e promuove la separazione dei cromatidi fratelli. Questa separazione è provocata da un enzima proteolitico, la separasi, inizialmente legato alla proteina securina che lo inibisce. L’APC stacca la securina e libera la separasi, la quale disgrega le coesine che uniscono i cromatidi. L’APC disattiva anche il complesso M-Cdk provocando la proteolisi delle cicline M. La disattivazione di questo complesso provoca la defosforilazione delle proteine e l'uscita dalla mitosi. NUCLEOLO E SINTESI DEGLI RNA RIBOSOMIALI Il nucleolo si trova nel nucleo cellulare e al suo interno avviene la sintesi e l’assemblaggio delle subunità ribosomiali. Esso è ricco di RNA e il numero di nucleoli corrisponde al grado di ploidia, per cui nelle cellule aploidi c’è un solo nucleolo e in quelle diploidi ce ne sono due. Spesso però i nucleoli di una cellula possono fondersi in un unico corpicciolo oppure possono essercene molti. Il nucleolo si colora con coloranti sia basici, perché ricco di RNA, sia acidi per la presenza di proteine. STRUTTURA DEL NUCLEOLO Il nucleolo mostra tre distinte porzioni: il centro fibrillare, la componente fibrillare densa e la componente granulare. Nella componente fibrillare densa e nel centro fibrillare si trova il DNA che codifica per gli rRNA e costituisce il cosiddetto organizzatore nucleolare. I geni che sono trascritti e le polimerasi I attive si trovano nella componente fibrillare densa, nella quale si accumula il pre-rRNA e avvengono le fasi iniziali della maturazione. Nel centro fibrillare ci sono i geni non trascritti e le polimerasi inattive. La componente granulare è formata dai prodotti della maturazione dell’rRNA sotto forma di granuli nucleoproteici, precursori delle subunità ribosomiali. Meno costante la presenza di una terza componente detta amorfa, perché appare priva di struttura. Questa componente, essenzialmente proteica, potrebbe corrispondere al nucleoscheletro. Il nucleolo si dissolve all'inizio della mitosi, durante la profase, e si riforma al termine della divisione. Visto che durante la profase si rendono evidenti i cromosomi, si osserva all'adesione del nucleolo a una certa zona determinati cromosomi. Questa zona dopo la scomparsa del nucleolo si presenta meno condensata ed è chiamata costrizione secondaria, per distinguerla dal centromero o costrizione primaria. Al suo livello si trovano i geni per gli rRNA e si riforma il nucleolo in telofase. La tecnica di spreading (metodo che consente di visualizzare al microscopio elettronico un gene mentre sta trascrivendo) e l'analisi molecolare hanno evidenziato la struttura dell'organizzazione nucleolare. Esso è costituito da decine a centinaia di geni ribosomiali disposti in tandem e tutti con lo stesso orientamento, intervallati da tratti di DNA che non trascrivono , detti spaziatori. I tratti genici nucleolari presentano fibrille laterali di RNA di lunghezza progressivamente crescente alla cui base si trovano i complessi del RNA polimerasi. All'estremità delle fibrille di RNA più lunghe si notano spesso particelle dense dette knob, che sarebbero complessi di snoRNA e proteine coinvolte nella maturazione dell’rRNA. PROCESSING DEI TRASCRITTI RIBOSOMIALI Ciascun gene è formato dalle sequenze codificanti gli rRNA 18 S, 5.8 S e 28 S, separate da sequenze spacer intrageniche. La polimerasi copia le sequenze geniche per gli rRNA e anche gli spacer intragenici producendo lunghe molecole di RNA di 45 S. tale precursore subisce varie modificazioni, con la perdita di numerose sequenze, prima di dar luogo agli rRNA definitivi. La molecola di RNA 45 S viene unita a varie proteine formando un complesso ribonucleoproteico di 80 S, e quindi si stacca dal gene. Successivamente cominciano i processi di maturazione dell’RNA 45 S. Esso è metilato in ampie porzioni della molecola mentre le parti non metilate sono idrolizzate e poi perdute con le proteine associate. I granuli di 80 S sono frammentati in due granuli, uno più piccolo di 40 S, contenente un RNA di 18 S, e uno più grande di 65 S, contenente un RNA di 32 S a cui si aggiunge l’RNA 5 S proveniente da altre aree del genoma. Il granulo di 40 S abbandona il nucleolo e passa nel citoplasma come subunità ribosomiale minore. Il granulo di 65 S rimane il nucleolo dove forma le granulazioni di 20 nm, tipiche della componente granulare. In seguito perde parte delle proteine e dell’RNA di 32 S. L’RNA di 32 S è frammentato in un RNA di 28 S e uno di 5,8 S che insieme al 5 S e alle proteine formano un granulo di 60 S pronto ad abbandonare il nucleo e a passare nel citoplasma sotto forma di subunità ribosomiale maggiore. La componente granulare del nucleolo è costituita principalmente dalle particelle ribonucleoproteiche di 65 S e dalle subunità ribosomiale maggiori di 60 S in via di maturazione. Le varie fasi della maturazione dell’rRNA e dei ribosomi sono controllate da particelle costituite da proteine e da snoRNA che guidano il corretto posizionamento e l’attività degli enzimi che modificano gli rRNA. Queste particelle di snoRNP si uniscono agli RNA 45 S ancora in fase di trascrizione (knob) e quindi si pensa che le prime fasi della maturazione inizino ancor prima che la trascrizione sia completata. Anche i geni per l’RNA 5 S sono ripetuti e sono disposti in tandem intervallati da spacer. La trascrizione di tali geni porta la formazione di un precursore poco più grande dell’RNA definitivo, perché l’RNA polimerasi III trascrive anche un piccolo tratto di spacer all'estremità 3’. Questo tratto e rimosso da un’esonucleasi prima che l’RNA 5 S sì ha aggiunto alla subunità minore in via di formazione. La formazione dei ribosomi è un processo complesso che richiede l'attività coordinata di tutte le RNA polimerasi: La polimerasi I per la sintesi degli rRNA maggiori, la polimerasi III per la sintesi dell’rRNA 5 S e la polimerasi II per la sintesi degli mRNA delle proteine ribosomiali. ALTRE FUNZIONI DEL NUCLEOLO Oltre che nella sintesi e nella maturazione degli rRNA il nucleo è coinvolto anche la maturazione di altri tipi di RNA e nel loro assemblaggio con le proteine, come il complesso ribonucleoproteico della telomerasi, la particella di riconoscimento del segnale e i tRNA. TRASCRIZIONE MATURAZIONE DEGLI RNA TRANSFER Anche i geni per i tRNA sono presenti in copia multipla, separati da sequenze spacer. La trascrizione produce un precursore poco più grande dell’RNA maturo , detto pre-tRNA, che contiene all'estremità 5’ una sequenza di lunghezza variabile che nella fase di maturazione rimossa da una ribonucleasi legata all’snRNA M1. La maturazione del tRNA avviene nel nucleolo e comporta anche la modificazione enzimatica di varie basi. REGOLAZIONE GENETICA La sintesi degli enzimi e la sintesi degli mRNA corrispondenti non devono avvenire in continuazione né casualmente, ma devono essere regolati in modo preciso. In tutti gli organismi quindi esistono dei sistemi che attivano e disattivano la trascrizione. Questi interruttori genetici si trovano sia nei procarioti che negli eucarioti. Nei procarioti il controllo dell’espressione genica opera soltanto a livello della trascrizione e non consente di attivare o reprimere un gene in modo permanente. Negli eucarioti i geni sono più numerosi e il DNA presenta complesse interazioni strutturali e funzionali con vari tipi di proteine e il controllo dell’espressione genica opera a vari livelli: trascrizionale, post- trascrizionale e traduzionale. inoltre è possibile far sì che in cellule diversi alcuni geni siano stabilmente repressi e ciò è alla base del differenziamento. REGOLAZIONE GENICA NEI PROCARIOTI Nei procarioti i geni che controllano un’unica funzione metabolica formano un’unica unità trascrizionale continua, chiamata operone, a monte della quale si trova un unico promotore. La regolazione genica nei procarioti si basa sulla possibilità di bloccare la trascrizione ponendo un ostacolo fra il promotore e geni strutturali, impedendo alla RNA polimerasi di scorrere lungo il DNA. A valle del promotore si trova un gene, detto operatore, al cui livello si attacca una proteina, detta repressore, bloccando la trascrizione. Il repressore è codificato da un gene regolatore, che si trova distante dall’operone. Esistono due meccanismi di regolazione genica nei procarioti. Il primo riguarda di solito enzimi addetti al catabolismo di metaboliti. Un esempio è dato dall’operone del lattosio costituito dai geni che codificano per tre enzimi che consentono di digerire questo zucchero. Quando la concentrazione di lattosio è al di sotto di una determinata soglia, il repressore è legato all’operatore e la trascrizione è inibita. Quando il numero di molecole di lattosio aumenta, il lattosio si lega al repressore modificandone la conformazione e impedendogli di legarsi all’operatore. Di conseguenza sono trascritti gli mRNA per gli enzimi del metabolismo del lattosio. Quando non c'è più necessità di questi enzimi, il lattosio si stacca dal repressore che può legarsi nuovamente all'operatore inibendo la trascrizione. Questo meccanismo è detto induzione enzimatica e le molecole che si legano al repressore inibendolo sono dette induttori. L'altro meccanismo riguarda gli enzimi addetti alla sintesi (anabolismo) di metaboliti presenti nel citoplasma batterico. In questo caso l’operone è trascritto, perché il repressore si può legare all’operatore solo se legato a una molecola chiamata corepressore. Un esempio riguarda l'operone che codifica gli enzimi che sintetizzano il triptofano. Quando il triptofano è in eccesso, sarebbe svantaggioso produrre altri enzimi per la sua sintesi. In questo caso il triptofano si lega al repressore rendendolo capace di legarsi all’operatore bloccando così la trascrizione. Questo processo si chiama repressione enzimatica e le molecole che attivano il repressore si chiamano corepressori. Nei due esempi, le molecole del substrato innescano l'induzione o la repressione, regolando in maniera contrapposta l'attività di due diversi operoni. Questi meccanismi sono basati sul principio del risparmio: essi permettono alla cellula procariotica la sintesi di quelle proteine di cui essa ha effettivamente bisogno in un dato momento e in un particolare ambiente. REGOLAZIONE GENICA NEGLI EUCARIOTI La caratteristica della regolazione genica degli eucarioti, rispetto a quella dei procarioti, è la trascrizione differenziale. Infatti negli eucarioti tutte le cellule trascrivono i geni che codificano per le proteine housekeeping, ma si differenziano per la trascrizione dei geni che codificano per le proteine tessuto- specifiche. Questo è possibile perché negli eucarioti è presente un meccanismo di regolazione in grado di reprimere stabilmente gruppi diversi di geni nelle cellule dei vari tessuti. Il DNA eucariotico è ricco di sequenze ripetitive, alcune delle quali svolgono un ruolo regolativo. Il DNA è sempre legato a proteine istoniche e non istoniche che influiscono sulla trascrizione controllando l’accessibilità dei geni alla polimerasi. I geni degli eucarioti sono formati da esoni e introni, per cui la trascrizione non porta ad un mRNA definitivo, ma deve essere seguita da una fase di rielaborazione dei trascritti primari. L'involucro nucleare separa il materiale genetico, sede della trascrizione, dal citoplasma, sede della sintesi proteica. La separazione fra trascrizione e traduzione e la presenza di tappe intermedie nella formazione degli mRNA definitivi hanno determinato la comparsa di nuovi meccanismi regolativi che, oltre a livello trascrizionale, operano a livello post-trascrizionale e traduzionale. REGOLAZIONE A LIVELLO TRASCRIZIONALE La regolazione genica a livello trascrizionale dipende dalla presenza a monte del gene di sequenze regolative, come intensificatori, che attivano o intensificano la trascrizione, e silenziatori, che invece la reprimono. Queste sequenze sono riconosciute dalle proteine regolatrici del gruppo dei fattori di trascrizione, che possono essere attivatori o repressori della trascrizione. Nel genoforo si notano due forcelle di replicazione che si allontanano fra loro finché, superato il diametro della circonferenza, si avvicinano per fondersi a duplicazione conclusa. La velocità di duplicazione del DNA eucariotico è bassa: ore o giorni. La duplicazione del DNA eucariotico inizia contemporaneamente in centinaia di punti. Non tutti i tratti di DNA iniziano contemporaneamente la duplicazione, specialmente quelli dell’eterocromatina costitutiva che duplicano in ritardo, completamente sfasati rispetto a quelli dell’eucromatina. Il DNA dei procarioti, la cui duplicazione si attua in continuità nelle due direzioni fino al suo completamento, è un’unica unità funzionale detta replicone o monoreplicone. Nel DNA eucariotico le unità di replicazione sono numerose, per cui i cromosomi eucariotici sono polirepliconi. Replicone unità di replicazione dei procarioti Polirepliconiunità di replicazione degli eucarioti SINTESI E ASSEMBLAGGIO DEI NUCLEOSOMI Negli eucarioti durante la replicazione la struttura della cromatina è disgregata a livello della forcella di replicazione; gli ottameri istonici del core nucleosomico si separano dal DNA, ma subito dopo il passaggio dell’elicasi e della DNA polimerasi sono segregati casualmente nelle due eliche figlie. Contemporaneamente la duplicazione del DNA avviene la sintesi citoplasmatica degli istoni. Queste molecole si portano nel nucleo legandosi a una delle due nuove eliche di DNA a formare nuovi nucleosomi. In questo modo i nucleosomi che si trovano dopo la duplicazione sono in parte vecchi e in parte costituiti da istoni neosintetizzati. La prima tappa nell’assemblaggio della cromatina è l'unione al DNA di un tetramero degli istoni H3-H4 neosintetizzati a formare una particella subnucleosomica. A queste particelle poi si uniscono due dimeri degli istoni H2A-H2B. La formazione dei nucleosomi dipende da vari fattori proteici, fra cui complessi di rimodellamento della cromatina e chaperon istonici. La sintesi degli istoni e l’assemblaggio dei nucleosomi sono strettamente associati alla sintesi del DNA. La sintesi e l’assemblaggio nella cromatina possono avvenire durante la fase G₂ in assenza della replicazione. DUPLICAZIONE DEL CENTROSOMA Durante la fase S avviene anche la duplicazione del centrosoma, il materiale elettrodenso che circonda una zona del citoplasma nella quale stazionano i centrioli. Da questo materiale prendono origine i microtubuli dell’aster e del fuso mitotico. Nella fase S centrioli si duplicano formando due diplosomi. Si duplicano anche i componenti della matrice per cui le coppie di centrioli restano immerse in un unico centrosoma. RIPARAZIONE DEL DNA La stabilità delle sequenze del DNA è molto importante sia per la trasmissione dei caratteri ereditari sia perché non siano prodotte proteine difettose o malfunzionanti. Questa stabilità dipende dal buon funzionamento dei meccanismi di duplicazione, oltre che dall' esistenza di meccanismi in grado di riparare eventuali alterazioni. Questo processo è noto come riparazione del DNA ed è formato da tre fasi principali; la prima consiste nel riconoscimento e nella rimozione di eventuali sequenze modificate a opera di enzimi, chiamati nucleasi di riparazione del DNA, che staccano il nucleotide modificato lasciando uno spazio sulla molecola di DNA. Si ha, quindi, la sostituzione con un nucleotide corretto a opera di una DNA polimerasi e nell'ultima fase l'unione del nucleotide corretto ai nucleotidi contigui a opera di una DNA ligasi. FASE G₂ Dopo la sintesi di molecole macromolecole e nuovi organuli che ha luogo in G₁ e la duplicazione del DNA ed i rimanenti componenti della cromatina nella fase S, la cellula inizia un periodo preparatorio per la divisione cellulare , chiamato fase G₂. In questa fase sia la sintesi di gran parte delle strutture microtubulari che formeranno apparato mitotico. Di questo apparato, alcune parti preesistono e sono state duplicate in S (centrioli); altre sono fabbricate in G₂ sotto forma di proteine globulari, che poi polimerizzano i microtubuli. In questa fase sono sintetizzati vari componenti di membrana che, al termine della divisione, sono utilizzati per la costruzione di parti delle nuove membrane plasmatiche delle due cellule figlie. Avviene inoltre la sintesi dell’istone centromerico CENP-A, della ciclina mitotica (o ciclina M) e la sua unione alla Cdk per formare l’MPF che induce la cellula a entrare in mitosi. FASE M La mitosi è il meccanismo di divisione che le cellule usano comunemente per riprodursi. È importante che in questa fase avvengano una serie di processi che consentano di trasmettere alle due cellule figlie un patrimonio genetico uguale a quello della madre e che vi sia una ripartizione equilibrata anche di tutti gli altri componenti cellulari. È necessario quindi che il patrimonio genetico si sia duplicato, che i cromosomi assumano una configurazione che consenta la corretta segregazione dei cromatidi e che si formi un apparato, l’apparato mitotico, capace di determinare tutti i movimenti necessari per tale segregazione. LE FASI DELLA MITOSI Le fasi della mitosi sono 4: -profase -metafase -anafase -telofase PROFASE Durante la profase il centrosoma si divide e dai due centrosomi partono microtubuli che si dispongono a raggiera con le estremità + rivolte verso la periferia e le estremità - in vicinanza del centrosoma. Questi microtubuli sono chiamati microtubuli astrali. Successivamente le due coppie di centrioli si allontanano verso i poli opposti e tra loro si formano dei fasci di microtubuli che costituiscono fuso mitotico. Alcuni di questi microtubuli si legano ai cromosomi e sono chiamate microtubuli cinetocorici, mentre gli altri sono detti microtubuli interpolari. Nel nucleo i cromosomi si spiralizzano e cominciano a rendersi evidenti. I due cromatidi fratelli sono ancora uniti per tutta la loro lunghezza dalle coesine. Poi le coesine localizzate a livello dei bracci sono rimosse e rimangono solo quelle poste a livello del centromero, che sono protetti dalla rimozione da parte della shugoshin. La condensazione dei cromosomi è stimolata dalla fosforilazione dell’istone H3 da parte dell’MPF e dipende dall'azione di vari componenti come le condensine, la topoisomerasi II α , le proteine architettoniche della cromatina e i complessi di rimodellamento della cromatina. L’MPF stimola anche l'assemblaggio del fuso. Al termine della profase l’MPF fosforila le lamine nucleari provocando la depolimerizzazione della lamina nucleare e di conseguenza la disgregazione dell’involucro nucleare. I frammenti dell’involucro si mescolano al RER. Le proteine del polo nucleare e le lamine (tranne la lamina B) si disperdono nel citoplasma. Nelle fasi avanzate della profase, definite prometafase, i microtubuli del fuso si attaccano i cromosomi a livello del cinetocore secondo un processo che sembra essere casuale. Quando l'estremità + di un microtubulo viene a contatto con un cinetocore si attacca a esso mediante una proteina motore. Inizialmente questo legame dipenderebbe dalla dineina, una proteina motore dei microtubuli che si muove verso l'estremità -, situato nella corona del cinetocore. L’attacco definitivo dipenderebbe invece dalla CENP-E, una chinesina localizzata nella piastra esterna del cinetocore. METAFASE Per un regolare proseguimento della mitosi è necessario che in ciascun cromosoma si formi un legame bipolare, cioè che i microtubuli provenienti dai poli opposti si attacchino correttamente ai due lati del centromero. Una volta che questo è avvenuto, i cromosomi sono trasportati al centro del fuso mitotico in una zona chiamata piastra equatoriale o piastra metafisica. Questo stadio definito metafase. La localizzazione dei cromosomi nella piastra metafasica dipende dalla capacità del cinetocore di legare i microtubuli del fuso e dall'azione di trasporto sui microtubuli a opera di proteine motore. Questo meccanismo di trasporto sembra essere legato all’azione antagonista delle forze che attraggono i cromosomi verso i poli opposti. In questa fase, infatti, i cromosomi sono spinti alternativamente in direzione di uno o dell'altro dei due poli fino a che non è raggiunto il punto di equilibrio al centro del fuso. ANAFASE L'attacco bipolare determina una tensione dovuta all'equilibrio delle forze che attraggono i cromosomi verso i poli opposti del fuso mitotico e alla coesina che tiene uniti i cromatidi fratelli. Questa tensione è rilevata da un sistema di controllo della tensione formato da varie proteine localizzate nel cinetocore. Solo quando questo sistema rileva che in tutti i cromosomi si è formato un legame dipolare può avvenire il passaggio all’anafase. Questo passaggio è indotto dal complesso di promozione dell’anafase (APC) che è attivato dall’unione con la proteina Cdc20. L’APC provoca la separazione dei cromatidi fratelli a livello del centromero. Questa separazione è determinata da un enzima proteolitico, la separasi, inizialmente legato a un'altra proteina, la securina, che lo inibisce. È l’APC che stacca la securina. L’anafase è divisa in due stadi. Nel primo, detto anafase A, i cinetocori dei cromatidi di ogni cromosoma sembrano essere tirati verso i poli opposti dai microtubuli cinetocorici; il materiale nucleare si suddivide in due gruppi di cromatidi uguali fra loro, che si allontanano lasciando libero l'equatore cellulare, mentre i microtubuli interpolari rimangono inalterati. Nello stadio successivo, detto anafase B, il movimento dei due cromatidi verso i poli opposti è accompagnato dall’allontanamento dei due poli del fuso mitotico a seguito dell’allungamento dei microtubuli interpolari. Lo spostamento dei cromosomi durante l’anafase A dipende da due meccanismi: la depolimerizzazione dei microtubuli del cinetocore e l’azione motrice di alcune proteine localizzate nel cinetocore. I cromosomi presentano un movimento oscillatorio, perché si legano ai microtubuli tramite la dineina, che tende a trascinarli verso il polo del fuso, e una proteina del gruppo delle chinesine, la CENP-E, che li trascina verso l'estremità + dei microtubuli stessi. All'inizio della fase A entra in funzione una chiesina centromerica detta MCAK (chinesina mitotica associata al centromero) capace di indurre la depolimerizzazione dei microtubuli all'estremità + degli stessi. I microtubuli cinetocorici quindi si accorciano a partire dall'estremità legata al cinetocore in direzione del centrosoma. TIPI DI MEIOSI In organismi diversi la meiosi può attuarsi in momenti diversi del ciclo vitale. Nei metazoi la meiosi riguarda solo le cellule che diventeranno gameti ed è quindi definita meiosi gametica. Nei protisti, in alcune alghe e in alcuni funghi, la meiosi segue la fecondazione, per cui solo lo zigote è diploide. Esso subisce la meiosi e l’individuo che ne deriva compie tutto il ciclo vitale in fase aploide. Questo tipo di meiosi è detta meiosi zigotica. In molte alghe, funghi e in tutte le piante superiori la meiosi non precede la formazione dei gameti, né segue la formazione dello zigote, ma è intercalata nel ciclo vitale ed è detta meiosi intermedia. Nel ciclo vitale di questi organismi si alternano un individuo aploide, detto gametofito e che produce i gameti, e un individuo diploide, detto sporofito, che origina dalla fecondazione del gamete e che con la meiosi sporigena dà origine alle spore aploide da cui, per riproduzione asessuale, si forma un nuovo gametofito. STADI DELLA MEIOSI La meiosi consiste in due divisioni nucleari successive precedute da una sola duplicazione del DNA (fase S). La profase della prima divisione meiotica (profase I) è lunga e complessa ed è anche chiamata profase meiotica. Seguono metafase I e un’anafase I; la telofase I può essere molto breve e i cromosomi possono rimanere spiralizzati fino alla seconda divisione meiotica, la quale inizia dopo la prima. È assente una nuova fase S e la preparazione alla seconda divisione richiede solo la sintesi di nuovi apparati mitotici. La seconda divisione è simile a una mitosi abbreviata, con stadi di profase II, metafase II, anafase II e telofase II. PRIMA DIVISIONE MEIOTICA Durante la prima divisione meiotica si verificano 3 eventi molto importanti: -il riconoscimento e l’appaiamento dei cromosomi omologhi -crossing-over -segregazione degli omologhi senza che si separino i cromatidi fratelli. Il riconoscimento può iniziare anche prima della meiosi ed è necessario per il successivo appaiamento. PROFASE I È divisa in alcuni stadi: -leptotene -zigotente -pachitene -diplotene -diacinesi LEPTOTENE In questo stadio i cromosomi cominciano a spiralizzarsi. Essi sono disposti con i telomeri rivolti verso un polo della cellula e aderenti all’involucro nucleare, formando una figura detta bouquet. Gli omologhi cominciano ad appaiarsi punto per punto a partire dai telomeri. L’attacco dei telomeri all’involucro nucleare richiede la presenza di una coesina meiotica e di una proteina che poi formerà il complesso sinaptinemale, detta SYCP3, ed è essenziale per la formazione del bouquet e per il corretto appaiamento degli omologhi. Per l’appaiamento degli omologhi devono iniziare gli eventi che portano alla ricombinazione tra cromatidi non fratelli e la formazione di una rottura a doppio filamento a livello di uno dei cromatidi. ZIGOTENE In questo stadio si completa e si stabilizza l’appaiamento degli omologhi (gli omologhi appaiati sono anche chiamati bivalenti o tetradi, essendo ciascun omologo formato da 2 cromatidi), con la formazione di una struttura proteica, detta complesso sinaptinemale, che persiste nello stadio di pachitene e poi scompare. L’appaiamento più stabile che si attua in questo periodo è chiamato anche sinapsi. Complesso sinaptinemale  il complesso sinaptinemale è una formazione nastriforme, interposta fra gli omologhi, composta di 3 zone disposte in parallelo lungo l’asse longitudinale. Le due zone esterne, dette core assiali, sono dense agli elettroni e legate agli scaffold degli omologhi. Tra i due elementi laterali c'è una terza struttura o elemento centrale, che è costituita da filamenti trasversali che collegano gli elementi laterali e portano due ispessimenti posti a distanza fissa dagli elementi laterali, chiamati pilastri. I pilastri di ogni filamento trasverso sono collegati da fibre, ordinate in due file longitudinali e parallele agli elementi laterali; queste fibre conferiscono un aspetto tripartito all'elemento centrale. Gli elementi laterali sono costituiti da due proteine, chiamate SYCP2 e SYCP3, mentre i filamenti di connessione dell’elemento centrale sono formati da una proteina chiamata SYCP1. Ai lati dello scaffold la cromatina alla tipica disposizione ad anse. La sua organizzazione dipende da una coesina meiotica localizzata a livello degli scaffold che stabilisce i punti di attacco delle anse di cromatina. A livello di l'elemento centrale del complesso sinaptinemale si osservano unita globulari di natura proteica chiamate noduli di ricombinazione. A partire dal leptotene fino alla metafase I, i cromatidi fratelli di ogni omologo sono uniti per tutta la loro lunghezza da molecole di coesina. Il ruolo principale del complesso sinaptinemale è quello di stabilire l'unione dei cromosomi omologhi e anche per il completamento del crossing-over. PACHITENE In questo stadio gli omologhi si spiralizzano ulteriormente, i telomeri si staccano dall'involucro nucleare e si perde la disposizione a bouquet. Inoltre, avviene il crossing-over o scambio di materiale genetico fra cromatidi non fratelli, cioè appartenenti ai due omologhi appaiati. Il crossing-over è basato sull’incrocio di due cromatidi non fratelli, seguito dalla rottura del punto di incrocio e successiva saldatura che porta la formazione di due nuovi cromatidi costituiti da una porzione di uno dei cromatidi e da una porzione dell’altro. Analisi approfondite hanno evidenziato che il primo evento è una rottura del doppio filamento a opera di un’endonucleasi a livello di un cromatidio di uno dei due omologhi; successivamente un’esonucleasi rimuove parte dell'estremità 5’ lasciando code a singolo filamento di circa 600-800 nucleotidi all'estremità 3’. Una di queste code si inserisce entro la doppia elica di un cromatidio non fratello separando le due eliche. Il filamento invasore del primo cromatidio si appaia con un tratto complementare di una delle due doppie eliche del secondo cromatidio, mentre l'altra elica si appaia con l'altro singolo filamento del primo cromatidio. A questo punto avviene una sintesi di DNA che riempie i vuoti creatisi nel primo cromatidio utilizzando come stampo le due eliche del secondo cromatidio. Infine tutti i filamenti sono tagliati e le estremità tagliate del primo cromatidio sono scambiate e legate a quelle del secondo cromatidio. Il crossing-over è così completo e i due cromatidi sono costituiti da una nuova combinazione di sequenze materne e paterne. La ricombinazione meiotica sembra sia controllata dai noduli di combinazione al cui livello si trova una proteina, detta Rad51. Gli effetti genetici del crossing-over sono importanti: i cromosomi materno e paterno appaiati possono presentare differenze in geni corrispondenti e lo scambio conduce, quindi, ha un riassortimento delle combinazioni fra geni disposti lungo l'asse di un cromatidio. Dopo il crossing-over almeno uno dei due cromatidi di ciascun omologo risulta geneticamente diverso rispetto alla situazione iniziale. DIPLOTENE In questo stadio gli omologhi appaiati iniziano a separarsi, restando però uniti dove è avvenuto il crossing- over. Si formano quindi strutture caratteristiche con vari occhielli, i cui punti di contatto, detti chiasmi, corrispondono a quelli precedentemente interessati allo scambio, per cui, attraverso il conteggio dei chiasmi e il controllo della loro posizione sul bivalente, si può risalire a una valutazione a livello del crossing- over. Nella fase terminale del diplotene ci può essere un’attività trascrizionale sui bivalenti che si despiralizzano, mentre il loro asse di DNA si evagina in tante anse laterali (loop) che conferiscono al cromosoma un aspetto piumoso. Questa fase, detta dictiotene, è brevissima o inesistente nella linea germinale maschile, metre può essere lunghissima in quella femminile. DIACINESI Alla fine del diplotene i bivalenti si spiralizzano, mentre i chiasmi sembrano scorrere verso le estremità dei cromosomi con un processo detto terminalizzazione dei chiasmi, forse dovuto alla diversa contrazione delle varie regioni cromosomiche. La terminalizzazione porta anche a una riduzione numerica dei chiasmi che si fondono fra loro alle estremità cromosomiche. Scompare quindi l’involucro nucleare e le coppie di omologhi si portano sul fuso iniziando la metafase. METAFASE I Durante la metafase meiotica I, le coppie di omologhi si dispongono sulla piastra metafasica. Gli omologhi rimangono attaccati a livello dei chiasmi che si localizzano all’equatore del fuso, mentre i centromeri di ciascun omologo sono orientati verso i poli opposti. I due cinetocori di ogni omologo hanno lo stesso orientamento e si attaccano entrambi ai microtubuli dello stesso polo. L’orientamento di ciascun omologo di una coppia verso l’uno o l’altro polo è casuale. Di conseguenza, quando in anafase gli omologhi si separeranno, le cellule figlie derivate dalla prima divisione meiotica riceveranno un assortimento di cromosomi materni e paterni variamente combinati fra loro. ANAFASE I Con l’anafase I sono eliminate le coesine che tenevano uniti i cromatidi fratelli a eccezione di quelle a livello del centromero la cui presenza è stabilizzata dalla shugoshin. I due omologhi si separano e migrano ai poli opposti senza che i cromatidi fratelli si dividano. TELOFASE I Con la telofase I attorno a ciascun gruppo di omologhi si riforma l’involucro nucleare, mentre avviene la citodieresi. Le due cellule figlie possiedono un corredo aploide, dato che hanno un solo cromosoma, costituito da due cromatidi, per ogni coppia di omologhi. SECONDA DIVISIONE MEIOTICA Dopo un’intercinesi breve o inesistente, ma con la formazione di un nuovo apparato mitotico in ciascuna cellula figlia, inizia la profase II, breve perché i cromosomi della telofase precedente non si sono completamente despiralizzati e quindi sono già pronti a passare sul fuso. Al termine di questa fase l’involucro nucleare si disgrega. Con la metafase II gli omologhi sono disposti all’equatore. Ogni cromosoma si attacca ai microtubuli del fuso in modo bipolare, come nella mitosi, e con l’anafase II, a seguito dell’eliminazione della coesina centromerica, i due cromatidi si avvicinano verso i poli opposti della cellula. In telofase II i poli opposti accolgono ciascuno un assetto aploide di cromatidi, per cui alla citodieresi le cellule finali della mitosi possiedono sempre un numero aploide di cromosomi, ciascuno costituito però da un solo cromatidio. Se invece che al numero cromosomico si fa riferimento alla quantità di DNA che le cellule possiedono nei vari stati della mitosi, si nota che all’inizio della prima divisione meiotica, poiché il numero dei cromosomi è diploide e ciascuno di essi è costituito da due cromatidi, la quantità di DNA è di 4C. Dopo la separazione degli omologhi è di 2C e alla fine della seconda divisione è di 1C.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved