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Le misure restrittive imposte alla Russia di Putin: effetti collaterali per l'Eurozona, Tesi di laurea di Politica Internazionale

Tesina relativa a Master di II livello in International Cooperation and Security Diplomacy presso l'Università di Teramo.

Tipologia: Tesi di laurea

2021/2022

In vendita dal 31/03/2023

SalvatorMundi
SalvatorMundi 🇮🇹

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Scarica Le misure restrittive imposte alla Russia di Putin: effetti collaterali per l'Eurozona e più Tesi di laurea in PDF di Politica Internazionale solo su Docsity! 1 FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE MASTER DI II LIVELLO IN INTERNATIONAL COOPERATION AND SECURITY DIPLOMACY LE MISURE RESTRITTIVE IMPOSTE ALLA RUSSIA DI PUTIN: EFFETTI COLLATERALI PER L’EUROZONA CANDIDATO/A Dott. Pasquale Alessandro Squillace RELATORE Ch.mo Prof. Laris Gaiser ANNO ACCADEMICO 2022-2023 2 5 INTRODUZIONE C’è chi potrebbe considerare le sanzioni, o per meglio dire, le misure restrittive1, uno strumento di coercizione pari all’uso della forza armata. Lo stesso presidente degli Stati Uniti in carica durante la prima guerra mondiale, Woodraw Wilson, ebbe a considerarle un “pacifico, silenzioso e mortale rimedio” alle violazioni del diritto internazionale (FOLEY, 1923). Da quasi un secolo, queste armi economiche vengono utilizzate come strumento autonomo di pressing. Per ironia della sorte, l’Italia fu tra i primi attori statali a sperimentare sulla propria pelle le sanzioni internazionali, a seguito dell’aggressione italiana all’Etiopia (STRANG, 2013). Eppure dubbia rimase la loro efficacia, fino a quando non venne introdotta la facoltà di bersagliare individui e attori non statali verso la fine degli anni ’90. Così facendo le sanzioni ebbero a mutare la loro struttura portante, fluttuando dalla nozione di “sanzioni complessive” a “sanzioni mirate”, o anche dette “intelligenti” (DREZNER, 2011; GIUMELLI, 2015). Queste ultime rispondono all’imperativo di contenere gli effetti collaterali che si riverberano ai danni delle persone che nulla hanno a che fare con l’indirizzo politico da aggredire. Esse cercano di circoscrivere il perimetro entro cui limitare la libertà d’azione degli attori che, invece, possono dirsi autori del comportamento politico da ostacolare (CORTRIGHT – LOPEZ, 2002). Tendenzialmente, le sanzioni mirate assumono la struttura tipica delle restrizioni di tipo finanziarie, ad esempio: commercio delle armi, scambio di prodotti specifici, vincoli alla libera circolazione delle persone (BIERSTEKER – ECKERT – TOURINHO, 2016). Ed invero, talune misure vengono applicate con lo scopo di generare uno svantaggio per chi le subisce, con l’auspicio di determinare un’attivazione comportamentale in linea con le aspettative di chi le impone (GIUMELLI, 2011). La funzione della prima, ovvero della coercizione, è di fatto quella di fare delle modifiche all’analisi costi/benefici del target, con 1 Dizione ufficiale della comunità internazionale. 6 il fine di dissuadere uno Stato dal portare avanti una determinata linea d’azione e costringerlo ad un cambio di rotta. Per riuscire nel suo intento, una mossa coercitiva deve possedere due caratteristiche: alta fattibilità ed alto impatto. Allo stesso tempo, il contenimento mira ad impedire l’esercizio politico da parte dello Stato sanzionato, innescando - ad esempio - un rallentamento nella proiezione dei disegni politici, ovvero un aumento dei costi ivi necessari. Ancora, l’ammonimento si presenta come un chiaro messaggio inviato dall’ente emittente: un monito deterrente per il futuro, che non contempla l’imposizione di un peso diretto gravante sul bersaglio, ma che esercita una forte pressione diplomatica (GIUMELLI, 2011). Stante ciò, se coercizione, contenimento e ammonimento sono le logiche che governano l’imposizione delle sanzioni, in che modo possiamo determinarne l’efficacia? Soggiacciono almeno tre criteri da tenere in considerazione laddove si paventi l’opportunità di ricorrere a sanzioni internazionali (GIUMELLI - IVAN 2013): la prima è legata al ruolo delle sanzioni nell’alveo di un respiro più ampio. Spesso si incappa nella errata convinzione che tra l’atto di applicare una sanzione, e quello di revocarla, sia più semplice il secondo. Detto questo è sì lecito convincersi che l’applicazione delle sanzioni alla Russia di Putin sia universalmente accettata; di converso, potrebbe essere di difficile cognizione il capire se e quando le sanzioni meriterebbero di essere ridotte, o revocate, ancorché per improcrastinabili esigenze dei singoli Stati. La seconda considerazione è legata ai costi delle misure restrittive (ECKES 2008). In pratica, l’importanza di conseguire uno specifico obiettivo politico si misura (sempre) in funzione del costo che bisogna assecondare per poterlo raggiungere. La terza considerazione è controfattuale: se lo scopo delle sanzioni viene disatteso, allora qual è l’opzione che genera il miglior rapporto costi/benefici? La politica internazionale è talmente articolata e complessa che spesso le sanzioni vengono “motivate” dal semplice fatto che scarseggiano valide alternative. La valutazione da attuare in via propedeutica sulla possibilità di imporre una sanzione non può prescindere da una stima puntuale delle conseguenze che ne deriverebbero. 7 Ora, non che le sanzioni non abbiano avuto un impatto serissimo sul sistema economico della Russia, la cui vulnerabilità è data proprio dal suo elevato coinvolgimento nel commercio internazionale; d’altronde, lo ammettono essi stessi in maniera intrinseca ogniqualvolta paragonano le sanzioni a veri e propri “atti di guerra” contro la Russia, etichettando come ostili i Paesi che le hanno commissionate. Ciò premesso, nel primo capitolo parleremo giustappunto del concetto di misure restrittive secondo quella che è l’interpretazione socio-politica universalmente accreditata. Parimenti, verranno prese in esame le motivazioni addotte durante la fase embrionale e/o di preparazione in tema di sanzioni alla Russia, così come gli effetti cagionati dopo l’implementazione delle stesse, nel tentativo di addivenire ad una elencazione sufficientemente puntuale delle misure restrittive più suscettibili di interesse. All’uopo, non potevano non essere oggetto di menzione le considerazioni partorite dalla mente di Henry Kissinger; ex segretario di Stato degli USA che vanta la reputazione di essere uno dei maggiori pensatori in materia di politica estera. Le sue affermazioni, talvolta viste come ostili se osservate dalla prospettiva squisitamente USA, fissano il proprio centro di gravità sull’importanza di risolvere il conflitto e di ripristinare una situazione ex ante rispetto “all’operazione militare speciale”: la Repubblica democratica semi- presidenziale dell’Ucraina, secondo l’esperto, dovrebbe rimanere al di fuori del giogo e delle logiche di potere di Occidente e Federazione Russa, e fare piuttosto da collante che unisce ambedue le fazioni. Nel secondo capitolo verrà svolto un focus sugli effetti collaterali dell’eurozona, con particolare riguardo a quelli dettati dell’inflazione derivante dall’aumento dei prezzi per quanto concerne l’approvvigionamento di gas, materie prime, soccorso, assistenza e accoglienza dei flussi migratori; e ancora, sulla percezione ancorché astratta di un’ipotetica minaccia nucleare, sulla movimentazione di truppe lungo il confine est, sulle speculazioni fraudolente e via discorrendo. Tutto ciò impreziosito da un’analisi statistica sull’andamento del prezzo del gas indicizzato alla borsa olandese, così come sulla comparazione dello stress finanziario tra EUROZONA e USA negli ultimi anni. 10 CAPITOLO I: MISURE RESTRITTIVE ALLA RUSSIA DI VLADIMIR PUTIN LE MISURE RESTRITTIVE SECONDO LA DOTTRINA INTERNAZIONALE: COARTARE, CONTENERE, AMMONIRE Le sanzioni rappresentano uno strumento diffuso e universalmente accettato nella dimensione internazionale. Se nella Carta delle Nazioni unite si annidano le condizioni entro le quali è possibile ricorrere all’uso della forza armata2, dubbie rimangono le condizioni di procedibilità per quanto concerne l’utilizzo delle sanzioni quale strumenti di politica estera. La critica più comune è quella secondo cui esse causano sofferenze umanitarie (MORET, 2015). Ed è per questo motivo che, a volte, possono rivelarsi prive di efficacia. L’evoluzione delle sanzioni è un processo intrinsecamente dinamico, che ha portato la nozione stessa di sanzione da “complessive” a “mirate”, abbattendo di molto il rischio derivante da errori di valutazione (ERIKSSON – GIUMELLI, 2011; PORTELA et al, 2016). Poi, a volte, si verifica l’effetto inverso, e cioè quello di consolidare il governo target a causa del meccanismo noto come rally-around-the-flag3, letteralmente “lo stringersi intorno alla bandiera”, favorito anche dal fatto che l’economia è in grado di adattarsi a nuove circostanze, di ammortizzare e perfino sovvertire situazioni avverse (GALTUNG,1967). Un’altra conseguenza tutt’altro che ben voluta è l’incentivo che si genera nei confronti della criminalizzazione dell’economia (ANDREAS, 2005). Poiché le misure restrittive di tipo economico-finanziario4 sono, per loro stessa natura, 2 Come ad esempio per legittima difesa, o se avallata dal Consiglio di Sicurezza ex art. 39 del Capitolo VII. 3 E’ un concetto usato in scienze politiche e in relazioni internazionali al fine di spiegare il sostegno popolare a breve termine nei confronti di un governo e/o un leader politico durante un periodo di crisi internazionale. 4 Consistono nel congelare fondi e risorse economiche posseduti, ad esempio, in Italia, da persone o organizzazioni di un paese straniero e pertanto si traducono nel divieto di disporne. Il congelamento dei fondi e delle risorse economiche è anche uno strumento precipuo nel contrasto al finanziamento del terrorismo. Le sanzioni possono essere adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con delle risoluzioni, decise ai sensi del capitolo 11 restrizioni agli scambi commerciali, esse in qualche modo danno adito alla creazione di opportunità illecite5 per fare profitti (BOISTER, 2018). Nella fattispecie in analisi, le misure restrittive imposte dalle potenze occidentali hanno sì costretto Mosca a sviluppare un processo di adattamento doloroso, con l’effetto di rendere l’economia russa ancor più dipendente dall’esportazione di materie energetiche; una depauperazione che alla lunga non potrà non avere conseguenze perniciose per il suo tessuto socio- economico e finanziario. Ma se l’obiettivo principe delle sanzioni – le più severe mai adottate nei confronti di un Paese che veste i panni di membro permanente del Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite – era far cessare la guerra in Ucraina, ebbene allora bisogna avere l’onestà intellettuale di ammettere 1) che, ad oggi, esse non stanno sortendo l’effetto auspicato e 2) di aver assunto una visione della teoria troppo naïve, così come l’ha definita Galtung (1967). Detto questo la valuta russa, dopo l’iniziale deprezzamento, sembra essersi ristabilizzata grazie alla crescita dei tassi di interesse, ed è di difficile cognizione capire se e quando la Russia subirà una vera e propria condizione di default; cosa che veniva data per imminente all’inizio del regime sanzionatorio. Le sanzioni imposte alla Russia sono la conseguenza dell’invasione non provocata e ingiustificata ai danni dei territori dell’Ucraina il 21 febbraio 2022. Esse si aggiungono alle misure già in vigore a partire dal 2014, allorquando la Russia ebbe ad annettere la Crimea in totale contrapposizione agli accordi di Minsk. Ed invero6, le primissime sanzioni dello scorso decennio sono state quelle riguardanti l’interruzione della preparazione del G8 di Sochi, con successiva esclusione della Russia dal vertice. Dall’inefficacia dei tavoli di VII della Carta delle Nazioni Unite, e che ciascuno Stato membro dell’ONU ha l’obbligo di applicare. Inoltre, le sanzioni possono essere adottate o autonomamente decise dall’Unione europea tramite regolamenti del Consiglio, immediatamente esecutivi in ogni Stato membro per assicurarne la tempestiva e contestuale applicazione. 5 Ad esempio, l’interdizione in termini di acquisto del petrolio prodotto nelle zone sotto il controllo del sedicente stato islamico ha certamente contribuito alla comparsa di network tutt’altro che legali per lo scambio del greggio (HAWRAMY – SHALAW – HARDING, 2014). 6 https://www.consilium.europa.eu/it/policies/sanctions/restrictive-measures-against- russia-over-ukraine/history-restrictive-measures-against-russia-over-ukraine accessed 24.11.2022 12 negoziato sono scaturite sanzioni di tipo soggettivo che colpivano persone fisiche quali oligarchi e funzionari, a cui sono stati congelati i beni e limitati gli spostamenti. Parimenti, sono state sanzionate personalità ed entità giuridiche che erano coinvolte nel finanziamento delle spese militari o che si erano indebitamente appropriate di fondi di proprietà dello Stato ucraino, partecipando quindi alla destabilizzazione del suo territorio. A ciò si somma il divieto di import delle produzioni originarie della Crimea. Da allora, la black list si è andata via via allargando sempre di più. Visto il mancato rispetto dell’impegno sottoscritto dal Protocollo del 2015, secondo cui i precedenti confini ucraini dovevano essere ristabiliti, le sanzioni antecedenti sono state rinnovate di proroga in proroga fino all’anno corrente. A seguito delle ostilità inasprite dal recente illecito internazionale, l’UE ha imposto diversi pacchetti di sanzioni più massicce, tra cui misure restrittive mirate, o sanzioni individuali, sanzioni economiche e misure diplomatiche. È chiaro che uno degli obiettivi fondamentali delle sanzioni vuole essere quello di limitare la capacità offensiva dell’aggressore. Complessivamente, se si considerano tutti i provvedimenti targettizzati verso vari soggetti dal 2014 ai giorni nostri, l'UE ha sanzionato un totale di 108 entità e 1206 persone. L'elenco include:  il presidente russo Vladimir Putin;  il ministro degli Affari esteri russo, Sergey Lavrov;  oligarchi affiliati al Cremlino, tra cui Roman Abramovich;  351 membri della Camera bassa del Parlamento russo (la Duma), che lo scorso 15 febbraio 2022 si è favorevolmente espressa, tramite voto, sul riconoscimento di Donetsk e Luhansk, violando il divieto di ingerenza negli affari interni di un altro Stato;  membri del Consiglio di sicurezza nazionale;  funzionari, militari ed imprenditori operanti nell’acciaieria, in quanto fornitori di servizi finanziari, militari e tecnologici;  attuatori della propaganda ed organi di disinformazione;  persone responsabili dei massacri perpetrati nelle città di Bucha e Ma- riupol; 15 IMPATTO INCERTO SUL CREMLINO: SANZIONI = ATTO DI GUERRA? L’inizio della querelle politica tra l’UE e la Russia risale alle sollevazioni di piazza Maidan contro il governo ucraino di Viktor Yanukovich, iniziate nel dicembre 2013 e culminate con la fuga del presidente stesso pochi mesi a seguire. Subito dopo, unità militari senza insegne di riconoscimento (gli “omini verdi”) sottrassero il controllo in mano alle forze armate ucraine della penisola di Crimea, affacciata sul bacino del Mar Nero. Stante ciò le autorità locali della penisola indissero, con l’aiuto del governo russo, un referendum per la secessione di quei territori. Come sappiamo, la votazione si tenne in un clima di forte tensione, e si concluse con la vittoria schiacciante dell’opzione secessionista, preferita dal 95% dei votanti; il che fornì a Mosca il pretesto per legittimarne l’annessione. A questi primi eventi seguirono poi le insurrezioni dei separatisti filorussi nelle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk nella regione del Donbass. Gli scontri hanno portato, nel corso degli anni, a circa 14.000 morti di entrambi gli schieramenti. A tale crisi acuta si aggiunge inoltre il progressivo arretramento della cortina di ferro, ovvero quel confine che ha definito le due sfere d’influenza dell’Europa fino alla fine della Guerra Fredda. Con il passaggio di molti Paesi dell’ex spazio sovietico alla NATO, la Russia ha visto mancare la presenza di Stati cuscinetto tra sé stessa e il resto dell’Occidente, cosa che ha inevitabilmente generato allarme in seno alla Federazione. A tal proposito, particolarmente calzante è il cosiddetto “lungo telegramma” di George F. Kennan; un dispaccio di 5000 parole con il quale il diplomatico statunitense accreditava la teoria del containment nei confronti della Russia8. 8 Incaricato d'affari degli Stati Uniti nell'ambasciata di Mosca, a seguito del discorso del Bolshoi tenuto da Stalin il 9 febbraio 1946, inviò in patria un telegramma di oltre 5.000 parole, in cui si descriveva la situazione dell'Unione Sovietica in quel momento e le sue relazioni internazionali. Kennan spiegò che l'URSS voleva espandersi in tutte le direzioni fino ad arrivare al Mediterraneo e che questa sua politica sarebbe stata una diretta minaccia agli USA e a tutte le società democratiche. Il telegramma fu immediatamente recepito dal governo USA, che lo usò come base di partenza per la politica degli anni successivi, abbandonando l'isolazionismo e rimanendo in Europa come baluardo contro l'URSS. 16 Il caso delle sanzioni dell’Unione Europea alla Russia è di particolare importanza perché, per la prima volta, sono state adottate misure restrittive (benché mirate) contro uno stato di dimensioni economiche sufficientemente grandi da provocare importanti ripercussioni sull’ente sanzionante. Tuttavia, è opportuno considerare che le sanzioni alla Russia sono, in realtà, la somma di un complesso regime sanzionatorio che comprende diversi pacchetti adottati congiuntamente dall’UE, dagli Stati Uniti, dagli altri Stati del G7, nonché dagli Stati come Corea del Sud, Australia e (per certi versi) da Mosca stessa9. Innanzitutto, è bene ventilare il pensiero che la strategia complessiva dell’Unione Europea verso l’Ucraina è legata da un rapporto di interdipendenza con le sanzioni. Benché non siano state decisive nel trasformare il comportamento della Russia dimodoché sia maggiormente compatibile con le istanze dell’UE, la sanzioni hanno fatto certamente in modo di contenere le azioni di Mosca mandando un segnale importante alla comunità internazionale su che tipo di posizione ha scelto di adottare l’UE rispetto alla crisi. Il dilemma sta nel determinare quali obiettivi raggiugere con l’applicazione delle sanzioni. Orbene, se l’intento è quello di arrecare un danno ancorché generalizzato alla Russia, allora lo scopo può dirsi abbondantemente raggiunto; a questo proposito, il report datato 10 aprile 2022 della Banca Mondiale ha stimato un crollo del PIL russo pari al 11,2%10. Ma se l’obiettivo principe è quello che assestare un colpo all’economia di Mosca, facendo bene attenzione a non sortire un incontrollato effetto collaterale ai danni di chi le sanzioni le applica, allora l’obiettivo non può ancora dirsi realmente soddisfatto. Infine, se l’intento delle misure restrittive è di costringere 9 In risposta alle sanzioni europee, Mosca ha a sua volta agito con delle controsanzioni: tra le altre cose, ha bloccato l’export di alcune commodities (apparecchi elettronici, grano, segale, orzo), ha vietato a circa 200 americani, compreso il presidente USA Biden, di entrare in territorio russo, ha sospeso i carichi di gas, ha stoppato le transazioni con 31 compagnie energetiche della UE, degli USA e di Singapore. https://www.orfonline.org/research/the- russia-ukraine-conflict-and-sanctions/#_edn38 accessed 24.11.2022. 10 https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2022/04/10/russian-invasion-to- shrink-ukraine-economy-by-45-percent-this-year accessed 24.11.2022. 17 Vladimir Putin al ritiro delle sue truppe dal suolo ucraino, ebbene, dopo mesi e mesi di ostilità le sanzioni stanno fallendo. Le pesanti sanzioni hanno anzi esacerbato gli attriti e spinto Putin a minacciare più volte il ricorso alle armi nucleari mediante l’ordine di mettere le forze di deterrenza in stato di regime speciale di allerta. Nel contesto di un conflitto già combattuto con armi convenzionali, una minaccia di questo calibro non può che far sussultare l’intera comunità internazionale. Il quadro globale mostra come si è di fronte alla presenza di quasi 13.000 testate nucleari nel mondo, distribuite in nove Paesi11. Il maggiore detentore di questo arsenale risulta essere proprio la Russia, il cui inventario complessivo ammonta a 5.977 armamenti, di cui circa 2.000 sono pronti all’uso per mezzo di bombardieri, missili e sommergibili. Le possibilità che la Russia conduca un attacco sono remote, non soltanto visti i sistemi di intelligence e preallarme, ma soprattutto per il principio che viene sintetizzato dalla dizione Mutual Assured Distruction12. Nessuna potenza riuscirebbe infatti a neutralizzare tutte le armi atomiche dell’avversario: bombardare per primi significa condannare sé stessi al second strike, e quindi a essere bersagliati a propria volta nel giro di pochi istanti dal proprio bombardamento. Ciò però non ha indotto gli organi politici a sottovalutare i ripetuti avvertimenti, come dimostra anche il recente contenuto della risoluzione di ottobre del Parlamento Europeo, che esorta a preparare una risposta celere e determinante a un eventuale attacco13. Nella politica europea soggiace un paradosso. Ce lo illustra un sondaggio svolto da Flash Survey di Eurobarometro: l’85% degli europei si dice d’accordo con l’affermazione secondo cui l’Europa dovrebbe ridurre la propria dipendenza da gas e petrolio provenienti dalla Russia. E ancora, l’86% 11 https://fas.org/issues/nuclear-weapons/status-world-nuclear-forces/ accessed 24.11.2022. 12 E’ una teoria che in concreto si sviluppa intorno all'ipotesi di una situazione di attacco o comunque aggressione militare con uso di armi nucleari; la tesi proposta è che ogni utilizzo di simili ordigni da parte di uno dei due opposti schieramenti finirebbe per determinare la distruzione sia dell'attaccato che dell'attaccante. Questo avrebbe la conseguenza di creare una situazione di stallo in cui nessuno può permettersi di far scoppiare una guerra globale, poiché non ci sarebbero né vincitori e sconfitti né possibili armistizi, ma solo l'inevitabile distruzione per entrambe le parti. 13 https://www.europarl.europa.eu/italy/it/succede-al-pe/i-deputati-chiedono-un-forte- aumento-dell-assistenza-militare-all-ucraina accessed 24.11.2022. 20 il primo è quello che vede la vittoria della Russia, con il mantenimento di tutti quei territori che sono stati conquistati sino a questo momento; il secondo prevede la riappropriazione da parte dell’Ucraina di tutti i territori sottratti e annessi alla Russia fin dal 2014, compresa la Crimea; infine, l’ultimo scenario è appunto quello a cui già è stato fatto cenno a Davos, ossia il ripristino dell’integrità territoriale ucraina sulle linee post-2014 e pre-febbraio 2022. Idealmente, il compromesso dovrebbe essere un ritorno allo status quo prima dell’invasione. Kissinger ha dunque auspicato alla chiusura della guerra in tempi brevi mediante un accordo sul versante diplomatico, di modo che possa configurarsi un riavvicinamento tra Putin e l’Europa. L’analista ha sottolineato come sia doveroso non perdere di vista il reale fine, che non è quello di combattere la Russia per ottenere la sua disfatta come Stato, bensì quello di proteggere la sovranità dell’Ucraina. Le vicende storiche russe ed europee sono state a lungo intrecciate e, a detta dello statista, sarebbe impensabile escludere una cooperazione dopo la deposizione delle armi. Smettere di isolare Mosca è quindi indefettibile se si vuole evitare che la Russia si alieni completamente dall’Europa e consolidi la sua alleanza con la Cina. Se la frattura invece si verificasse, si ricreerebbero distanze analoghe a quelle dei tempi della Guerra Fredda. 21 22 CAPITOLO II: EFFETTI COLLATERALI PER L’EUROZONA RUSSIA: RECORD DI PROVENTI DA GAS E PETROLIO Anziché comprimere la macchina da guerra di Putin, le sanzioni sembrano – sotto molti aspetti – aver sortito l’effetto contrario, e cioè portare i prezzi ai massimi storici per i consumatori occidentali. Al contrario, Cina e India, ad esempio, acquistano materie energetiche a prezzi scontati. Nei primi cento giorni di guerra, la Russia ha incamerato un record14 di 93 miliardi di euro sulle esportazioni di petrolio, gas e carbone, contro i 50 miliardi di euro incassati da marzo a luglio del 202115. Circa due terzi di questi introiti sono giunti dall’Unione Europea. Il tema dell’energia è il punto fondamentale. Nel 2021, rispettivamente circa il 39,2%, il 24,8% ed il 46% delle importazioni gas, petrolio e carbone nella UE arrivava dalla Russia16. Nel corso delle due settimane successive all’invasione, i prezzi del petrolio, del carbone e del gas sono schizzati a valori rispettivi di aumento del 40%, 130% e 180%17. Il prezzo del petrolio Brent, riferimento internazionale, ha sfondato il muro dei 130$ al barile a marzo 202218. Il grafico che segue mostra l’andamento del prezzo del gas indicizzato alla borsa olandese TTF (il mercato regionale di riferimento dell’Europa continentale) nel 2022. Dai dati, aggiornati al 9 novembre c.a., è possibile notare un balzo a 230 euro al MWh a marzo. Da marzo fino a giugno, il prezzo 14 Secondo i dati del Center for Research on Energy and Clean Air con sede a Helsinki. Dati riportati dal New York Times. 15 https://tg24.sky.it/politica/2022/09/05/sanzioni-russia-numeri-la-sfida-del-voto accessed 15.11.2022. 16 https://www.orfonline.org/expert-speak/assessing-europes-spiralling-energy-crisis/ accessed 20.11.2022. 17 Bollettino BCE n. 4. 18 https://mercati.ilsole24ore.com/materie-prime/commodities/petrolio/WBSST.IPE accessed 25.11.2022 25 di merci dall’area euro verso il resto del mondo25, con un incremento del 18.7% rispetto al periodo gennaio-agosto 2021. Dall’altro lato però anche il conto delle importazioni è lievitato – soprattutto per via del rincaro dell’energia – a 2088.6 miliardi di €, con un +44.7% di incremento rispetto allo stesso periodo del 2021. Ne risulta un deficit commerciale di 228.8 miliardi di €, a fronte di un avanzo di 124.0 miliardi € nell’arco temporale gennaio-agosto 2021. Lo stesso saldo negativo si è verificato in UE: sempre da gennaio ad agosto 2022, le esportazioni sono cresciute a 1657.3 € miliardi, in aumento del 18.1%, mentre le importazioni sono cresciute a 1966.9 miliardi di €, in aumento del 49.9%. Ne risulta per l’UE un disavanzo di 309.6 miliardi di €, a fronte di un surplus di 91.8 miliardi di € tra gennaio e agosto 2021. Per quanto riguarda le derrate alimentari, il conflitto ha alimentato di oltre il 50% il prezzo del grano, che alla borsa di Chicago è passato dai 7.70$ per bushel (27,2 chili) pre-guerra a più di 11$ per bushel, raggiungendo i 12.94$ a marzo e i 12.78$ a maggio26. Quest’impennata dei prezzi a livello globale è stata in parte controbilanciata dal fatto che la UE nel suo complesso, costituito dalla somma di Paesi prevalentemente produttori o consumatori, è a sua volta un’esportatrice netta di grano ed altri prodotti agricoli. Tuttavia, è necessario tener conto del forte impatto distributivo, ovvero da una parte delle differenze tra Paesi, con gli importatori netti maggiormente esposti alle perdite più grandi, e dall’altra delle differenze all’interno dei singoli Paesi, con le famiglie nelle fasce reddituali più basse maggiormente sfavorite dalla crescita della quota della spesa in cibo (BLANCHARD e PISANI FERRY, 2022). L’import di cereali e semi oleosi è rallentato. Anche il granturco, la soia, il frumento e i fertilizzanti hanno subito un aumento non indifferente. La velocità27 con cui tali prezzi sono cresciuti è dovuta in primis alla componente energetica, sostanzialmente per tre motivi. Prima di tutto, la produzione e la lavorazione dei prodotti alimentari rientrano in settori altamente energivori. 25 https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/15131943/6-14102022-AP- EN.pdf/78ee90dc-3572-bb89-94b1-7d66da287a5d accessed 28.12.2022. 26 https://www.macrotrends.net/2534/wheat-prices-historical-chart-data accessed 28.12.2022. 27 Bollettino BCE n. 4. 26 Basti infatti pensare al carburante per le macchine agricole che servono alla coltivazione. In secondo luogo, giacché il gas naturale gioca un ruolo nella produzione di fertilizzanti, il rialzo dei suoi prezzi ha avuto delle ripercussioni su quelli dei fertilizzanti stessi, con aumenti di circa il 200% rispetto al 2020. Infine, anche i maggiori costi di trasporto hanno impattato i prezzi dei beni alimentari, contando anche che le compagnie di trasporto dalla Russia hanno chiesto premi assicurativi più alti per continuare il loro operato. A completare il quadro degli apparati industriali sofferenti, in quanto anch’essi ad alto consumo di energia, vanno ricordati gli impianti chimici e petrolchimici, l’edilizia, il trattamento delle sostanze minerali non metalliche, delle sostanze legnose e della carta, che insieme apportano un grande contributo al PIL europeo28. La guerra e le preoccupazioni correlate alle sanzioni hanno generato indubbiamente incertezza. In generale, il sentimento di sfiducia si traduce in aumento del risparmio precauzionale degli individui, così come in minor domanda dei beni di consumo e dei beni di investimento29. A tal riguardo, Ferrara et al (2022) hanno preso in esame il Composite Indicator of Systemic Stress (CISS). Il grafico sottostante evidenzia una differenza sostanziale in ciò che si è verificato negli Usa e nell’Eurozona a livello di stress finanziario fino al 28 marzo 2022: 28 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/europa-economia-di-guerra-34191 accessed 29.12.2022. 29 Bollettino economico n. 4 della BCE: "L’aumento dell’incertezza può pertanto indurre le imprese a ritardare e/o a rinunciare agli investimenti, al fine di assumere decisioni più informate una volta che le prospettive economiche siano più chiare. Un secondo canale è legato al “risparmio a fini precauzionali". 27 Titolo: Comparazione stress finanziario tra USA e EUROZONA. Fonte: FERRARA, L., MOGLIANI M., and SAHUC J.G. “High-Frequency Macroeconomic Risk Measures in Wake of the War in Ukraine.” https://cepr.org/voxeu/columns/high-frequency-macroeconomic-risk- measures-wake-war-ukraine accessed 25.11.2022 Come si può notare, i due gradi di incertezza economica hanno avuto un andamento pressoché identico per diversi anni, compreso il periodo pandemico. Allo scoppio della guerra, però, l’indice statunitense è rimasto quasi lo stesso, mentre quello europeo è giunto a toccare un valore di 0.45. Questo dato sanziona senz’altro sull’approccio più conservativo delle imprese europee, meno propense ad investire. Una delle principali conseguenze nel medio-lungo termine appare essere il rallentamento della globalizzazione. Le imprese smetteranno in parte di fare off-shoring, cioè di esternalizzare parti del processo produttivo all’estero. Secondariamente, è probabile che prenderà piede una maggiore diversificazione, mediante la quale le imprese non avranno più un unico fornitore in un unico Paese, ma più fornitori in diverse aree del mondo, in modo che l’economia diventi più resiliente. Altro discorso importante interesserà il ponte gas tra UE e Russia, entrato in crisi già dal secondo decennio degli anni Duemila. La guerra ha senza dubbio accelerato il dibattito sulla decarbonizzazione e sulla transizione energetica verso fonti rinnovabili. Lo scontro vedrà quindi contrapposti una 30 INFLAZIONE NELL’EUROZONA AI MASSIMI STORICI La visione di consenso è che l’inflazione del 2022 in Europa derivi principalmente da uno shock di offerta. L’inflazione rispetto ai beni energetici ha raggiunto il 32% a febbraio, con una nuova salita al 44% di marzo ed un leggero ribasso al 38% di aprile e al 39% di maggio35. Ad agosto, essa si è mantenuta al 38,3%. Nei mesi estivi, l’inflazione dei beni alimentari è passata dal 9,8% di luglio al 10,6% di agosto36. Come si evince dal grafico sottostante, basato sulle stime di Eurostat, a maggio è stato toccato un primo record nell’Eurozona, con un aumento dei prezzi su base annua dell’8,1%. Tale record è stato però completamente disintegrato dai picchi sempre più alti dei mesi a seguire, segnati dall’8,6% di giugno, dall’8,9% di luglio, dal 9,1% di agosto, per poi arrivare fino al 9,9% di settembre: Titolo: Inflazione registrata nell’Eurozona. Fonte: https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/15131946/2-19102022-AP- EN.pdf/92861d37-0275-8970-a0c1-89526c25f392 accessed 28.11.2022 35 Bollettino n. 4 BCE. 36 Bollettino n. 6 BCE. 31 Uno sguardo ad alcuni singoli Stati permette poi di evidenziare tassi di inflazione sempre in crescita. In particolare, i tassi più elevati sono stati ad esempio registrati a luglio per quanto riguarda Francia (6,8%) e Spagna (10,7%), e a settembre per quanto riguarda Germania (10,9%) e Italia (9,4%). 32 OPINIONE PUBBLICA: È SEMPRE PIÙ DIFFICILE DIFENDERE LA RATIO DELLE SANZIONI? In considerazione delle conseguenze economiche a impatto progressivo nei confronti dei consumatori europei, è assai complicato difendere la ratio – per quanto nobile – delle sanzioni. Sotto taluni aspetti, pare che le sanzioni stiano iniziando a cagionare danni sensibilmente maggiori per chi le sanzioni le impone. Il disegno sanzionatorio deve contemplare una capacità di calcolo e una visione lungimirante di difficilissima attuazione. Per poter minimizzare l’impatto degli effetti collaterali, le misure restrittive richiedono analisi costante e implementazione graduale. Ora, è pur vero che il tempo gioca a sfavore della dimensione occidentale. La politica deve dare un segnale forte, ribadendo la volontà di perseguire la condotta del Cremlino, anche quando possa apparire saggio attendere, o ritornare sui propri passi. È chiaro che, nella situazione in cui la spirale inflativa dovesse paralizzare, ad esempio, il tessuto produttivo dell’Eurozona, il consenso della popolazione occidentale inizierebbe seriamente a vacillare. Il periodo di transizione in cui ci troviamo è portatore di incertezze e perplessità che sono in costante evoluzione; non solo per la Russia di Putin, ma anche per le potenze occidentali. Un mondo dove le esportazioni della Russia costringono l’Europa a subire una condizione di malsana sudditanza genera più d’una esitazione allorquando si parli di embargo sul petrolio russo. Per giunta, se il costo per l’Europa dovesse salire troppo, si attiverebbe un circolo vizioso le cui conseguenze sarebbero molto difficili da contenere e monitorare, in un contesto laddove la società civile è già reduce da un’emergenza pandemica; il che restringe gli spazi di manovra fiscale ed economica a favore di famiglie e imprese. L’unità di monitoraggio dell'opinione pubblica della DG Comunicazione ha raccolto una serie di sondaggi in tutta l'UE che forniscono informazioni su come i cittadini percepiscono le sanzioni. Quelli più recenti, risalenti ad ottobre 2022, riportano che le opinioni – ad esempio – dei greci sulle sanzioni sono divise: il 48% pensa che dovrebbero essere revocate e il 46% che dovrebbero continuare. Il 43% degli italiani ritiene che non sia giusto 35 CONCLUSIONI Comincia ad essere difficile negare che le sanzioni non stiano rimbalzando sull’Occidente. L’inflazione galoppante ha obbligato la FED e la BCE a curvare la politica monetaria; una mossa inevitabile che però sta cagionando una significativa contrazione dell’economia. Ed è alto il rischio di un doppio contraccolpo politico: opinione pubblica alla deriva e conseguente precipitazione del consenso a favore dei governi artefici di tali regimi sanzionatori. Difficile fare stime precise: la parabola inflativa che stiamo sperimentando non è solo il riflesso collaterale della guerra e delle sanzioni. L’Unione Europea, oltre ad agire quale soggetto unitario nell’attuazione di vari pacchetti sanzionatori, dovrebbe altresì prevedere all’interno della sua struttura un meccanismo di equa ripartizione delle conseguenze negative; il quale, purtroppo, ad oggi è discutibile. Detto questo, non è semplice realizzare un’analisi sufficientemente meticolosa e capillare, data l’esiguità (e talvolta la contraddittorietà) della letteratura scientifica che pertiene lo Scilla delle sanzioni e il Cariddi degli effetti collaterali per l’Eurozona, laddove ogni singolo comportamento dialogico veste i panni di moltiplicatore di incertezze nel complesso sistema internazionale. Da una parte, il posizionamento della Russa in termini di esportazioni di materie prime è irrimediabilmente compromesso, così come le sue importazioni sembrano essere colate a picco. Il Paese sta indubbiamente sperimentando una situazione di forte stress per l’economia domestica. Con l’esodo delle società oltre confine la Russia ha mandato in fumo circa il 40% del PIL, vanificando gli investimenti esteri degli ultimi anni. A seguito delle sanzioni il Cremlino ha posto in essere una politica fiscale e monetaria palesemente insostenibile nel tentativo di far fronte alle criticità economiche strutturali endogene. Il bilancio della Russia è in disavanzo, e i mercati subiscono una nerboruta contrazione in termini di liquidità e credito. 36 Di sicuro c’è chi crede che non sia il momento, questo, di premere sul freno delle sanzioni, e che la cosa importante sia invece quella di mitigare gli effetti collaterali attraverso politiche di concertazione a lungo termine. Poiché ormai è chiara l’importanza di dover diversificare le fonti di approvvigionamento per le società energivore dell’Occidente, o di procedere, ad esempio, alla riattivazione – perlomeno in Italia – di un numero idoneo di rigassificatori per la trasformazione energetica. Uno dei temi fondamentali è: il caro bollette. Sono mesi che leggiamo sui frontespizi delle maggiori testate giornalistiche titoli che, direbbero alcuni, rasentano il terrorismo psicologico laddove si tratti degli imminenti rincari sul costo della vita di tutti i giorni. Da qui deriva una spirale inflativa che però a volte, purtroppo, è solamente il frutto di attività speculative di dubbia liceità. Difficile sciogliere un nodo talmente intricato come quello che si pone davanti a noi. Dunque, forse, è bene tornare al punto di partenza, e chiedersi se è realmente difendibile la ratio delle sanzioni alla Russia. Certo, se vogliamo considerare la dimensione morale della faccenda, le sanzioni dopotutto non possono non essere oggetto di legittima applicazione; su questo, probabilmente, siamo tutti d’accordo. Ma se vogliamo affrontare il tema sotto il profilo squisitamente economico e/o strategico, allora forse bisognerebbe interrogarsi in maniera un po' più approfondita, nella speranza di ritornare, come afferma Kissinger, ad una situazione ex ante rispetto all’operazione militare speciale. 37 40 https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2022/07/18/Natural- Gas-in-Europe-The-Potential-Impact-of-Disruptions-to-Supply- 520934#:~:text=Our%20findings%20suggest%20that%20in,by%20up%20t o%206%20percent accessed 28.11.2022; https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/15131946/2- 19102022-AP-EN.pdf/92861d37-0275-8970-a0c1-89526c25f392 accessed 28.11.2022; https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/it/be- heard/eurobarometer/public-opinion-on-the-war-in-ukraine accessed 28.11.2022. 41 BIBLIOGRAFIA ANDREAS P., “Criminalizing consequences of sanctions: embargo busting and its legacy” International Studies Quarterly, 2005, pag. 335. 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