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LE OPERE DI GIOVANNI PASCOLI, Sintesi del corso di Italiano

Tutte le opere di Pascoli, il fanciullino, le myricae, i canti di castelvecchio, i poemetti, la grande proletaria s'è mossa e i poemi conviviali

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 30/04/2024

valeriamarangi
valeriamarangi 🇮🇹

13 documenti

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Scarica LE OPERE DI GIOVANNI PASCOLI e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! LE OPERE DI GIOVANNI PASCOLI Il fanciullino E’ un saggio che esce nel 1897 a puntate sulla rivista “Il Marzocco”, è stato ampliato e rielaborato per poi essere inserito nella raccolta “Pensieri e discorsi”. E’ un testo di 20 capitoli in cui Pascoli espone la sua poetica, l’idea di poesia e i compiti del poeta con immagini simboliche. Definisce la poesia come un’attività non razionale, spontanea frutto dell’immaginazione e della fantasia. Per rappresentare ciò egli utilizza il simbolo del fanciullino, un essere che guarda il mondo ingenuamente, con lo stupore di chi guarda qualcosa per la prima volta. Lui, grazie all’intuizione spontanea, sa cogliere aspetti inconsueti della realtà senza i limiti della ragione. La creatura del fanciullo è presente in ogni persona: nell’infanzia coincide con il bambino mentre nell’età adulta viene messa in disparte poiché l’adulto guarda la realtà con serietà e determinazione. Ma nell’uomo il fanciullino non scompare resta presente e può emergere manifestandosi durante la nostra vita. Il bambino possiede inoltre due qualità straordinarie: la capacità di vedere e di dare il nome alle cose. Lui agisce seguendo il proprio istinto guardando, toccando e ascoltando. Facendo questo lui assume inediti punti di vista portando particolari noti a nessuno. Inoltre scopre affinità e legami tra le cose mettendo in relazione diversi elementi anche lontani tra di loro. Assegna il nome alle cose proprio come fece Adamo durante la creazione. Il bambino è in grado di equilibrare le situazioni sollevandoti quando sei giù e ricordandoti le tue responsabilità riportandoti alla realtà. La fanciullezza non è tanto un periodo realistico bensì ideale con un rapporto spontaneo tra l’essere e la natura. Sebbene egli sia presente in tutti, soltanto il poeta riesce a conservarlo dentro di sé dandogli voce attraverso la poesia, uno stato di illuminazione interiore legato alla capacità di riuscire a cogliere dall’esterno o dall’interno dei dettagli. L’attenzione che Pascoli dà ai dettagli non implica che l’uomo sia incolto, ma vuol dire che egli assume una posizione polemica nei confronti della tradizione letteraria e dell’accademismo. Il poeta a differenza dell’artista è colui che ritiene che anche l’oggetto più umile possa essere prezioso e ricco di significato; questa analisi viene chiamata l’arte del togliere in cui il poeta rinuncia a tutti gli ornamenti inutili per far parlare il proprio bambino interiore. La poesia non deve inoltre perseguire alcuno scopo sociale o pratico poiché è utile di per se stessa, contribuendo alla formazione morale degli uomini. Soltanto pochi riescono a far parlare il bambino interiore mediando tra l’interpretazione del mondo e la formazione dell’uomo. Le Myricae Durante il periodo a Castelvecchio, Pascoli si dedica alla composizione di poesie italiane, latine e alla stesura di pagine critiche sulla divina commedia. Questa sincronia di scritture avviene sui suoi tre scrittoi, accompagnata dall’unità di scelte e motivi testimoniati dalle molteplici edizioni delle opere. Myricae è un’opera che esce inizialmente nel 1891 come opuscolo per le nozze di un amico e che rielaborato esce definitivamente nel 1903; dopo questa pubblicazione questo è quasi un altro libro diverso da quello precedente perché è stato arricchito da 20 a 150 poesie circa. Il titolo latino è ispirato ad un verso di Virgilio, il quale egli dichiara di volersi allontanare dal tema basso della raccolta per avvicinarsi ad un più elevato. Il verso assume però un significato opposto: le myricae o tamerici sono delle piante modeste e comuni che piacciono e sono apprezzate così come la vita umile di campagna che rappresentano. Myricae rappresenta una riproposizione della poesia bucolica con la descrizione di realtà semplici e ordinarie della vita di campagna. Ma la semplicità delle cose è soltanto apparente poiché ogni cosa descritta allude a temi significativi dell’esistenza umana. Secondo i critici la spiegazione dei concetti non è mai immediata, bisogna guardare altrove non soffermandoci alla superficie. Nella sua poesia individuiamo due discorsi paralleli, l’uno che è generato dal lato letterale del testo e l’altro da ciò che esso allude. Vengono così presentati i temi ossessivi del mondo pascoliano (la morte, la solitudine, il dolore). Occorre fare uno sforzo interpretativo da parte del lettore facendo attenzione ai dettagli e al significato nascosto. Alcune immagini avendo una valenza precisa sono chiamate simboli ricorrenti, con il legame tra oggetto e idea preciso (nido). Altre immagini presentano delle figure difficili da interpretare assumendo significati diversi a seconda dei contesti difficili da comprendere (la sera). La natura è vista generalmente come un’amica serena che conforta l’uomo ma anche come misteriosa e piena di inquietudine. Anche l’io lirico offre un’immagine univoca di sé assumendo diversi atteggiamenti. Tra i sentimenti che affiorano in lui c’è il senso di colpa conseguente alla morte dei suoi cari, lui è rimasto solo angosciato. Per questo lui tenta di fuggire dal presente cercando di placare la sua inquietudine che lo tormenta. Nelle Myricae inoltre, sua madre è un vero e proprio personaggio che agisce al contrario del padre che è posto sempre in secondo piano. Ci sono molte descrizioni paesaggistiche espressioni del mondo piccolo-borghese, emerge un mondo fatto di simboli nella poesia. E’ un’opera originale nonostante agiscano espressioni e tematiche classiche che si rifanno ad autori come Omero, Virgilio, Catullo e Orazio. Anche Dante e Leopardi vengono citati esplicitamente o recuperati per tematiche. L’influsso più significativo è stato di Carducci che notiamo nella scelta di suddividere l’opera in sezioni e in alcune parole e formule stilistiche di sua provenienza. Con D’annunzio avrà in comune l’area lessicale. Essendo l’approccio con la realtà inquieto non essendo quindi guidato da valori egli si esprime con forme nuove, è radicato nella sua epoca ma dando una svolta alla poetica. La brevità è una caratteristica delle myricae, con pochi frammenti e versi. Privilegia la paratassi con frasi brevi e lineari. Spesso mancano i nessi logici di tipo temporale. Non essendoci un’indicazione cronologica, di conseguenza c’è la presenza di molte figure di suono o associazioni di suoni che secondo i critici corrispondono al linguaggio pre-grammaticale indicando l’oggetto attraverso il suo suono. Non a caso sono ricorrenti le onomatopee con sillabe e neologismi che riproducono i suoni in maniera realistica (chiu, frufru). Si parla di fonosimbolismo, ovvero la capacità delle sillabe di diventare portatrici di significato in base al suono. Fondamentale è quindi il punto di vista del soggetto e l’impressione che lui ha di fronte ai fenomeni rappresentato con metafore e analogie; anche le sinestesie che rimandano al concetto in cui nella natura è tutto unitario. Dal punto di vista linguistico egli mescola termini alti e bassi, e viene accolta la prosa nella poesia con l’intento di avere una comunicazione diretta con il lettore. Usa anche termini specialistici, adotta versi poco comuni e strutture metriche note ma desuete. Il ritmo è frammentato per far notare i dettagli. Tra le opposizioni presenti nell’opera troviamo:ripetizione e sperimentalismo. Pascoli insiste su alcuni temi come su quello familiare opponendo la varietà delle forme. Tenta così di recuperare nella poesia il legame perduto. Anche determinato e indeterminato: da un lato emerge la volontà di rendere il lato reale con cura, dall’altro c’è la tendenza a dissolvere l’immagine nell’ignoto. L’immagine si carica così di significati simbolici e misteriosi. Lo sguardo del poeta è sul dettaglio isolandolo dal resto della poesia descrivendolo in forma lirica, ama raccontare tutto di sè su cose che colpiscono la sua attenzione. I Canti di Castelvecchio Continuando a lavorare alle Myricae, Pascoli realizza un’altra raccolta nel 1903 ripubblicata più volte con modifiche per uscire postuma nel 1912 che comprende una settantina di componimenti. Il titolo rimanda ad un luogo caro al poeta, Castelvecchio di Barga in provincia di Lucca dove Pascoli si trasferì con la sorella Maria nel tentativo di ricreare l’intimità familiare e domestica perduta con la morte dei suoi cari. Il titolo è un rimando ai canti di Leopardi con i quali condivide la predilezione per il vago e l’indefinito. Molte sono le affinità con Myricae tra cui: -la presenza della stessa epigrafe, la dedica a uno dei genitori, l’ambientazione in un paesaggio naturale, il ricordo dei cari scomparsi e la morte.
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