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le paralimpiadi con focus sulla velocità, Guide, Progetti e Ricerche di Teoria E Metodologia Dell'allenamento

come fa un atletica con una protesi a poter fare atletica leggera

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2018/2019
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Scarica le paralimpiadi con focus sulla velocità e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Teoria E Metodologia Dell'allenamento solo su Docsity! Università degli Studi di Foggia Dipartimento di Medicina Clinica Sperimentale Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive ed Adattate Tesi di laurea in Metodi di valutazione motoria ANALISI DEL MONDO PARALIMPICO FOCUS SULLA VELOCITA’ IN ATLETICA LEGGERA Relatore Chiar.mo Prof. Domenico Di Molfetta Laureanda Elisabetta Silvestris Matricola : 549052 A.A. 2016/2017 INDICE Abstract Premessa 1 Introduzione 6 CAPITOLO I Dallo sport terapia allo sport agonistico per disabili - Introduzione 10 1.1 disabili si nasce o si diventa 10 1.2 le prime Paralimpiadi 12 1.3 definizione di sport terapia 14 1.4 discipline sportive praticate per disabilità 16 CAPITOLO II Paralimpiadi: storia e classificazione - Introduzione 17 2.1 classificazione disabilità in atletica leggera 18 2.2 visita di idoneità 20 2.3 classificazione atleti non vedenti e ipovedenti 23 2.4 classificazione atleti affetti da paralisi midollari 23 2.5 classificazione atleti amputati 27 2.6 classificazioni delle paralisi cerebrali 28 2.7 classificazione atleti cerebrolesi 30 2.8 classificazione atleti con handicap mentale 31 2.9 l’autismo 33 2.10 l’epilessia 34 2.11 sindrome di down 35 CAPITOLO III Come si diventa atleti Paralimpici - Introduzione 39 3.1 regolamento tecnico gare di velocità 41 3.2 modifiche delle strutture e delle attrezzature per le gare di corsa 41 3.3 velocità in carrozzina 45 3.4 tecnica di corsa in carrozzina 49 3.5 velocità e amputazione 51 CAPITOLO IV Correre con una protesi - Introduzione 56 4.1 acquisizione della corsa 58 4.2 le differenti fasi dello sprint 60 4.3 analisi bacino – anca – ginocchio 61 4.4 analisi caviglia 62 1 PREMESSA Primo giorno di scuola in prima media, prima lezione di educazione fisica, la professoressa ci spiega che faremo, nel corso della giornata, dei testa che serviranno a monitorare la classe per poter poi, in base ai risultati ottenuti, partecipare ai campionati Studenteschi. Da piccola mi è sempre piaciuto correre; ero quella che correva a fare “trimbone salva tutti” se si giocava a nascondino, o che riusciva ad arrivare prima degli altri ad “ un due tre stella”. Prima prova cinquanta mt. Mi preparo per effettuarla, corro, ma la prof non dice nulla e si procede con gli altri test. Dopo alcune settimane vengono esposti dei cartelloni con una classifica e con i risultati dei vari test; leggo e scorro velocemente i risultati fino quando il mio sguardo non rimane sul cartellone con la scritta velocità, perché il primo nome riportato era proprio il mio. In ogni cosa nella vita “vince” chi va più veloce, già da quando si è piccoli si sente spesso dire dai genitori la frase “se finisci subito ti porto al parco giochi”. Il “subito” è qualcosa a cui tutti aspirano, tutti vorrebbero tutto e subito, e “subito, in realtà, è sinonimo di velocità. La velocità si sente, si vede, la velocità è poter provare a sfidare se stessi, il tempo e la natura delle cose. Sin da piccola una canzone che mi ha sempre accompagnata, così per caso, è stata la colonna sonora del cartone animato “Mulan” della Disney, appena sentivo quelle parole i miei occhi si illuminavano e cominciavo a cantare e correre all’impazzata, e questa canzone mi accompagna tutt’oggi quando ho bisogno di un po' di adrenalina: “ E sarai, veloce come veloce il vento, e sarai potente come un vulcano attivo”. Oggi, corro, un po' come tutti, si corre per andare all’università, per andare a lavoro, si corre perché si è sempre in ritardo, si corre quasi sempre per mancanza di tempo ma io corro, in realtà, per andare più veloce. Correre veloce è adrenalina pura, è sentirsi il vento in faccia, sentire le gambe girare come non mai, sentire il cuore battere veloce, sentirsi sempre più veloce. E’ iniziato un po' tutto per gioco, con la scuola, ho provato diversi sport ma in ognuno la caratteristica che più spiccava in me era la velocità e una volta messi i piedi sulla pista di atletica leggera ho capito, finalmente, quale sarebbe stato il mio vero mondo, e, sino ad ora, i miei piedi non hanno mai smesso di tornarci per correre sempre più veloce. 2 Correre è bello, ma è ancora più bello quando sei tu stesso a farlo, quando vedi i tuoi limiti e ci combatti, si può correre con l’auto, con la moto, a cavallo ma l’emozione di correre con le proprie gambe è la più emozionante. Ci sei tu, e solo tu che, come diceva in grande Pietro Mennea, “soffri, ma sogni”. Spesso in tv vengono trasmesse manifestazioni europee, mondiali e olimpiche e, tra le varie discipline, sicuramente l’atletica leggera è una delle più e emozionanti e, la gara sempre più attesa è la gara di velocità sia maschile che femminile. Vedere correre i 100 metri induce sempre la gente inesperta a pensare come sia facile, che sia qualcosa di immediato, frutto di poco sacrificio: qualche mese prima si inizia a correre e poi si può arrivare alle olimpiadi; solo chi fa questo sport, invece, può capire cosa c’è dietro ogni passo di quei 100 metri. Quando si chiede ai bambini se sanno cosa significa fare una gara di 100 metri in genere arricciano il naso, ma basta nominargli il nome Usain Bolt per vedere i loro occhi illuminarsi, ed è proprio grazie a lui che oggi la disciplina dell’atletica leggera, e in particolare modo la velocità, è diventata tanto spettacolare quanto conosciuta da grandi e piccini. Era il 2012, ero a Londra, proprio nel periodo in cui stavano prendendo avvio le olimpiadi, c’era aria di festa e di sport, e i tantissimi Jamaicani facevano sentire il loro calore per i loro beniamini. Ero davanti la tv con amici tutti pronti per il gran momento: la finale di Bolt dei 100 metri; era bello vedere grandi e piccini insieme gioire, tifare, per un connazionale che sfida il tempo, sfida se stesso, perché l’atletica a differenza di molti altri sport è “pulita” non ci sono contatti, non può esserci finzione. Nella velocità l’unica cosa che conta è correre con le proprie gambe e con la propria testa. Finito il periodo delle olimpiadi Londra ha iniziato a spopolarsi, a diventare meno caotica, iniziavano le Paraolimpiadi ma sembrava non importassero a nessuno. Sono sempre viste queste, come un evento secondario, sono sempre prese come un “circo” ed io stessa non le seguivo quasi mai fino a quando, proprio a Londra, accesi la tv e trovai i 100 metri paralimpici e... da lì la mia mente iniziò a viaggiare. Atleti amputati, persone non vedenti, non udenti, ognuno con una disabilità ma accomunati, tra loro e con i normodotati, da una caratteristica: tutti volevano correre il più veloce possibile. Da quel momento iniziai a notare quanta gioia nei loro occhi al traguardo, se facevano il loro personale, quanto impegno, 3 quanta sofferenza dietro quella gara, quanta normalità in quegli atleti. Forse è per questo che la gente comune si disinteressa delle Paralimpiadi o competizioni con gente disabile, perché li ritiene diversi non capendo, invece, che la diversità è solo il frutto della propria mente che li guarda con occhi diversi. Da tre anni, o forse più, sono stata sempre più interessata a seguire una fortissima atleta velocista Olandese: Dafne Schippers, unica atleta bianca che riesce a vincere una finale mondiale contro Jamaicane, Americane, perché si sa che la velocità, fatta qualche eccezione, è fatta da gente di colore, per una questione genetica di fibre e diversa fisicità. Ero davanti al pc a guardare in streaming i campionati europei indoor in attesa della finale dei 60 metri dove avrebbe gareggiato la Schippers, ma forse sbagliando la programmazione, mi trovai ad assistere ad una gara di velocità di atleti … senza gambe… Mai si potrebbe pensare ad una persona senza gambe che possa fare velocità, ma invece quegli atleti erano pronti a darsi battaglia stando su una sedie a rotelle, una cosa stranissima forse, ma il cui fine, come una qualsiasi gara di velocità, è che vince il più veloce. Quella gara mi lasciò qualcosa dentro, e iniziai ad appassionarmi a questo mondo “parallelo”, che può sembrare distante ma che in realtà non lo è affatto. Per completare, la ciliegina sulla torta fu un libro: “Con la testa e con il cuore si va ovunque” scritto da Giusy Versace, il titolo mi colpì e iniziai a leggerlo. Una ragazza come tante che per colpa di un incidente perde la gamba e si ritrova a tu per tu con la morte, ma, grazie ad una grandissima forza di volontà, capisce che può sfruttare comunque quello che ha e, tramite sacrifici e sofferenze, si mette in pista e diventa un’atleta di fama mondiale. Ho iniziato a guardare gli atleti normodotati e non, con gli stessi occhi, entrambi con lo stesso sogno, entrambi con la stessa dedizione, entrambi con una gran voglia di mettersi alla prova. Anzi forse sono proprio gli atleti con disabilità i veri Atleti perché oltre alla routine degli allenamenti hanno anche altri “problemi” con cui confrontarsi come: il dolore che può derivare da una protesi, o la difficoltà di partire da un blocco di partenza, ma, alla fine, l’importante è l’emozione che si prova all’arrivo che è la stessa … per tutti. “Quando mi svegliai dall’anestesia e sollevai il lenzuolo mi resi conto di ciò che era accaduto al mio corpo, fu allora che decisi di non concentrarmi su quello che non avevo ma su 6 INTRODUZIONE Prima di entrare nel mondo Paralimpico è importante capire cosa vuol dire disabilità, e come si è evoluto il concetto di handicap nel corso del tempo. L’International Classification of Impairments, Disabilitiers and Handicaps, I.C.D.H, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, O.M.S, definiscono “disabilità” - qualsiasi limita- zione o perdita delle capacità di effettuare un’attività nel modo considerato “normale” per un essere umano. (1) La disabilità può essere conseguenza di menomazioni fisiche, sensoriali, intellettiva o di altra natura e spesso è associata a complicazioni psicologiche ed emotive. Si presenta come una limitazione, più o meno grave, della capacità di svolgere compiti e soddisfare bisogni in modo adeguato e autonomo. Esistono varie forme di disabilità: - disabilità relazionali che possono riguardare il comporta- mento, la capacità di comunicare e di avere cura della propria persona. - disabilità di tipo motorio, dovute ad alterazioni dell’as- setto corporeo, che determinano assenza od alterazione della capacità di eseguire movimenti o particolari attività. La disabilità può essere transitoria o permanente, regressiva o progressiva. Secondo la legge 104, la persona disabile è colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare uno svantaggio sociale o di emargina- zione. (1s) La persona disabile ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore, quali terapie riabilitative, in relazione alla gravità della minorazione singola o plurima ed alla capacità residua individuale. Tali interventi possono essere permanenti, continuativi e globali se la situazione assume connotazione di “gravità” e questa determina la priorità dell’intervento dei servizi pubblici e dei programmi da seguire. L’accertamento della disabilità è effettuato dalle unità sanitarie locali. Tra i “principi generali per i diritti della persona handicappata” troviamo: a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), con i Servizi Sanitari e Sociali, considerando la persona handicappata e 7 la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca; b) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale; c) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici; d) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge Nel 2002 l’OMS ha elaborato un nuovo sistema per descrivere e misurare la salute e la disabilità della popolazione: l’I.C.F., ovvero la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Lo scopo è quello di fornire un linguaggio comune ed unificato che serva come riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. Questo nuovo strumento di classificazione della disabilità, rappresenta un’evoluzione del modello concettuale dell’O.M.S. del 1980: scompaiono i termini “disabilità e handicap” e appaiono nuovi termini quali attività e partecipazione sociale perdendo l’originaria connotazione negativa che sottolineava il deficit rispetto alla normalità, alla norma rispetto allo standard medio del funzionamento, che evidenziava solo la parte “mancante”, la parte “negativa” di ciò che non si ha, o ciò che non si sa fare: non vede, non parla, non cammina, elabora lentamente ed in maniera grossolana...rispetto alla “norma”! Inoltre con il sistema dell’I.C.F. si attribuisce valore anche ai fattori contestuali sia ambientali che personali. Questo nuovo modello valuta lo stato di salute esaminando i complessi rapporti esistenti tra corpo, mente, ambiente, contesti e cultura. L’O.M.S. si avvale anche di un altro strumento di classificazione delle malattie: ICD-10: International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, il quale fornisce un modello di riferimento eziologico. (2.s) La I.C.D-10 è la decima revisione della classificazione I.C.D, ossia la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati. L’I.C.F. e l’I.C.D-10 sono perciò complementari: l’I.C.D-10 fornisce la “diagnosi” delle malattie, dei disturbi o di altri stati di salute e queste informazioni arricchiscono le informazioni offerte 8 dall’I.C.F. relative al “funzionamento” reale e quotidiano del soggetto. Il diagramma del funzionamento dell’I.C.F. risulta da un’interazione tra la condizione di salute ed i fattori contestuali (ambientali e personali). Questi fattori interagiscono con l’individuo in una particolare condizione di salute e determinano il grado del suo funzionamento personale e sociale. I fattori ambientali sono estrinseci all’individuo, quelli personali comprendono il sesso, la razza, l’età, la forma fisica, lo stile di vita, la capacità di adattamento e fattori psicologici. L’I.C.F. non riguarda solo le persone con disabilità, ma tutti gli esseri umani. Tutti gli stati di salute ad essi correlati possono trovare una descrizione nel sistema dell’ICF. Il funzionamento e la disabilità di una persona sono un’interazione dinamica e complessa tra le condizioni di salute (malattie, disturbi, traumi, lesioni, ecco) ed i fattori contestuali che hanno funzione “facilitante” o “barrierante”, ovvero possono favorire od ostacolare il corretto funzionamento delle capacità o performance di una persona. Tutti possono avere una condizione di salute tale che, in un contesto ambientale sfavorevole, possa determi- nare la propria disabilità. L’I.C.F. non classifica le persone, ma gli stati di salute ad essi correlati, perché la persona non coincide con la propria malattia. 11 associati a deficit dello sviluppo cognitivo, attribuiti alla lesione delle aree cerebrali ed i ritardi delle funzioni cognitive sono relative alla gravità della disabilità, come nel caso della tetraplegia, che interessa tutti e quattro gli arti. Il disabile “congenito” accetta il rapporto con le proprie limitazioni con maggior facilità rispetto a colui che “acquisisce” la disabilità nell’arco della propria vita, perché fin dalla nascita ha dovuto affrontare ostacoli e adeguare subito la propria esistenza al contesto sociale. Il disabile “congenito” accetta perciò meglio la propria diversità pur subendo, nella propria vita frustrazioni che determinano nella personalità sofferenza e disagio psicologico. La disabilità “acquisita” invece, scatenata da un evento traumatico - incidente o malattia - e la consequenziale perdita di una funzione, che può avvenire in età adulta o durante l’infanzia, determina nella persona un elevato disagio psicologico con ripercussioni nella vita quotidiana, soprattutto quando la modificazione della propria immagine corporea e le limitazioni che questa implica, viene subita in maniera negativa. Il disabile “traumatizzato”, è costretto ad una situazione di “dipendenza infantile” ed in questo caso, il primo obiettivo è la ri-conquista dell’autonomia e l’inserimento sociale. Nell’ambito dello sport-disabili si afferma infatti che l’approccio non deve essere di tipo “terapeutico”, che si sofferma sulla “mancanza”, ma è preferibile un approccio “psico - sociale- sportivo”. Questo ha come scopo quello di evidenziare le attitudini, le risorse e le capacità, grazie all’attività sportiva che è in grado di favorire le possibili compensazioni. “L’attività sportiva ad alti livelli fa bene alla salute e porta ad un sano equilibrio psicofisico e questi fattori conducono ad un miglioramento della qualità della vita” (F.I.S.D, Psicologia, Sport e Diverse Abilità, Isabella Ottavi, Maria Cecilia Gioia, 2007). (3) Lo sport per i disabili in origine era rivolto a coloro che erano affetti da lesioni midollari dovute a traumi fu Ludwig Gutmann la prima persona che ha veramente creduto nel recupero di pazienti con lesioni spinali, a credere che potessero avere ancora un ruolo attivo nella società. Egli introdusse l’attività sportiva inizialmente come “stru- mento”, come “mezzo” per poter coinvolgere i suoi giovani pazienti para e tetra-plegici nell’iter riabilitativo ed in seguito si accorse che oltre al miglioramento psicologico, si verificava un notevole recupero delle funzioni muscolari, in particolare degli arti superiori e del tronco, (impor- tanti per l’equilibrio in carrozzina), ed il miglioramento della capacità respiratoria. 12 Il Dott. Guttman, neurochirurgo e direttore del centro di riabilitazione motoria vicino Londra, fu il primo a riconoscere l’importanza della collaborazione attiva del paziente nel processo di guarigione nella disabilità. Infatti, egli evidenziò che nel “lungo e doloroso percorso” di riabilitazione medica che il soggetto subiva e che generava in lui un pesante stato di depressione, giocava un ruolo determinante l’attività sportiva. Guttman accertò che creando un ambiente favorevole e programmi di allenamento adeguati alla loro condizione fisica, era possibile stimolare e motivare quei ragazzi a “ri-costruire” attivamente la loro esistenza, sia pure in condizioni diverse. Durante i giochi Olimpici di Londra del 1948 Gutmann capisce che l’attività sportiva non solo deve essere parte integrante del programma di riabilitazione, ma può diventare parte della vita aiutando i pazienti a ritrovare l’autostima e la fiducia in se stessi. Così ai giochi di Stoke Mandeville fece partecipare i primi venti atleti disabili. Tuttavia anche prima di Guttmann esistevano attività per i disabili, anche se per disabilità minori, come ad esempio per le persone amputate. Infatti già nel 1932 a Glasgow era stata fondata la Società britannica dei Giochi di Golf con un braccio solo. In quegli anni si apprendeva quanto fosse determinante una buona assistenza infermieristica nel superamento delle complicanze dovute alle lesioni midollari, quali piaghe da decubito ed infezioni urinarie. Infatti, con un buon protocollo quotidiano, infermieri ed ausiliari, si occupa- vano dei pazienti facendo svolgere esercizi ai muscoli atti- vi e movimenti passivi ai muscoli degli arti paralizzati, con applicazione di calore per gli spasmi dolorosi ed in ultimo l’uso della morfina, per alleviare il dolore. Al termine di queste procedure, molto faticose, i pazienti venivano messi a letto. “Lo sport deve diventare una forza importante che consenta a tutte le persone di cercare o ripristinare il loro contatto con il mondo che li circonda e quindi il loro riconoscimento come cittadini” (Sir L. Guttmann). (3.s) 1.2 LE PRIME PARALIMPIADI In Italia l’attività sportiva per i disabili si affermava nel 1960 grazie al Dott. Antonio Maglio direttore del Centro Paraplegici INAIL di Ostia, che inserì i Giochi di Stoke Mandeville nelle Olimpiadi di Roma per i normodotati del 13 1960, dando così vita per la prima volta alle Olimpiadi per i disabili e quindi alle Paralimpiadi. I giochi paralimpici si svolsero presso gli impianti dello “Stadio delle tre Fontane” e presso la piscina del “Foro Italico”. Dopo infiniti sforzi per l’organizzazione logistica e sportiva di tutti gli atleti disabili, (i quali prevedevano spostamenti in pullman e alloggi adeguati), vennero definite le discipline che avrebbero partecipato alle gare: il basket in carrozzina, il tennis tavolo, la scherma, il nuoto, il lancio del giavellotto, del peso, della clava, il tiro con l’arco, il dartchey, non esistevano dunque ancora molte specialità alle quali oggi possono prendere parte gli atleti. Il 25 settembre 1960 tutti gli atleti paralimpici venivano ospitati da Papa Giovanni XXIII in Vaticano. Grazie a questo evento si decise di “regolamentare”, con il riconoscimento dell’ International Paralimpic Commitee (IPC), equivalente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), i Giochi Paralimpici per i disabili che si svolgono, da allora, nella stessa città e nello stesso anno dei Giochi Olimpici. Quattro anni dopo, Tokio ospitò entrambe le edizioni dei Giochi Olimpici; la rappresentativa dei disabili fu di ben 22 paesi, partecipando con 309 atleti. Nel 1968 quando si svolsero i Giochi Olimpici a Città del Messico, problemi sociali, organizzativi e culturali impedirono l’organizzazione delle Paralimpiadi in Messico. Oggi, in maniera affettuosa si ritiene che “padre dello sport-terapia” in Europa sia stato proprio il Dott. Guttmann ed in Italia, il Dott. Maglio. Entrambi dedicarono la loro vita alla “riabilitazione psico- fisica” dei traumatizzati al fine della naturale integrazione sociale del portatore di disabilità. Attraverso lo sport-terapia perciò si voleva e si vuole “abilitare nuovamente” dopo un evento traumatico o “educare ed abilitare” in modo corretto, coloro che vivono in condizioni patologiche e devono sviluppare “abilità diverse”. Nel 1976 i Giochi Paralimpici si svolsero in Canada e sebbene non furono presenti molti paesi per ragioni politiche, in quella occasione si evidenziò il grande passo che stava segnando lo sport disabili: in Germania nel 1972 furono presenti 1000 atleti disabili, nel 1976 a Toronto ben 1560 provenienti da 40 paesi. Il 1988 segnava il successo più grande dello sport disabili: a Seul, per la prima volta, le Paralimpiadi entravano attraverso le televisioni nazionali nelle case di milioni di spettatori di tutto il mondo. Le Paralimpiadi di Atlanta del 1996 sottolineano il record di partecipazione: 127 nazioni ed oltre 3.500 atleti 16 1.4 DISCIPLINE SPORTIVE PRATICATE PER DISABILITA’ DISABILITA’ FISICA DISABILITA’ VISIVA DISABILITA’ MENTALE Pallacanestro pallavolo nuoto canoa vela water basket canottaggio scherma tiro arco tiro segno atletica leggera ciclismo equitazione tennis tennis tavolo bocce sci nordico e sci alpino curling hockey danza sportiva Nuoto vela tiro arco atletica leggera ciclismo equitazione sci nordico e sci alpino curling hokey danza sportiva judo torball goalboll calcio nuoto atletica leggera equitazione tennis tavolo sci alpino e sci nordico 17 CAPITOLO II PARALIMPIADI: STORIA E CLASSIFICAZIONE INTRODUZIONE L’atletica leggera Paralimpica è sport Paralimpico sin dalla prima edizione di Roma 1960, ma in quella occasione,tra gli otto sport in programma era prevista unicamente l’atletica in carrozzina e, solo negli anni successivi, si aggiunsero altre categorie di disabilità, come quelle degli amputati e non vedenti. L’edizione del 1960 fu molto importante perché fu la prima volta che le Olimpiadi e le Paralimpiadi si svolsero nella stessa sede. L’Italia si piazzò prima con 82 medaglie, di cui 28 d’oro. Il motto di questa edizione citava: “trattali come se fossero persone normali. Aiutali solo se ti chiedono aiuto” (Antonio Maglio) Fu con le Paralimpiadi del 1976 che si assistette ad una rivoluzione grazie all’invenzione del goal-ball, uno sport progettato per atleti non vedenti, che consentì, quindi, la partecipazione agli atleti con disabilità visive. Con le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 fu inserita per la prima volta una gara dimostrativa di corsa su carrozzina; la prima messa in onda di una Paralimpiade arriva solo nel tardo 2006, ma la copertura totale arriva solo con Pechino 2008. I giochi Paralimpici di Londra 2012, hanno visto sfilare circa 1.100 atleti in 170 gare e l’atletica leggera può vantarsi, come per le Olimpiadi, del titolo di regina tra le discipline sportive per disabili. Quaranta milioni di persone sintonizzate per guardare la medaglia d’oro di Jonnie Peacock contro Oscar Pistorius nei 100 metri categoria T44. Oggi la disciplina Paralimpica viene praticata in oltre 120 paesi. L’obiettivo delle Paralimpiadi è quello di mostrare le discipline dedicate alle persone con disabilità accanto a quelle per i normodotati ma, anche all’ ultima Paralimpiade svoltasi a Rio de Janeiro, nonostante un record di 4.350 atleti partecipanti, gli sportivi disabili non hanno sempre potuto gareggiare in condizioni di uguaglianza con i normodotati. George Eyser vinse sei medaglie alle olimpiadi del 1904. Fu il primo atleta con disabilità a competere in un evento sportivo internazionale. Era un ginnasta Americano amputato ad una gamba a causa di un incidente ferroviario. Dopo l’infortunio continuò a far parte di una società di Atletica - la Concordia Turverein - a St. Louis. (5s) 18 2.1 CLASSIFICAZIONE DISABILITA’ NELL’ATLETICA LEGGERA L'atletica leggera Paralimpica è uno sport per disabili, adattamento dell'atletica leggera. Gli atleti Paralimpici e le competizioni Paralimpiche (inclusi i Giochi Paralimpici) sono sotto l'egida del Comitato Paralimpico Internazionale (IPC, International Paralympic Committee). In Italia l'atletica leggera Paralimpica è governata dalla FISPES, per quel che concerne la disabilità fisica e sensoriale, e dalla FISDIR, per le problematiche concernenti la disabilità intellettiva – relazionale. Entrambe sono Federazione Sportiva Paralimpiche affiliate al Comitato Italiano Paralimpico. Possiamo distinguere le disabilità in: • MIOLESI • AMPUTATI • CEREBROLESI • LES AUTRES Nell'attribuire la classe ad un atleta vanno esclusi dalla valutazione i seguenti fattori in quanto indipendenti dall’handicap: a) superiorità od inferiorità legate a caratteristiche genetiche; b) forma o caratteristiche antropometriche del corpo, quali la forza, la statura, la lunghezza degli arti, ecc., a meno che non siano oggetto di patologie specifiche; c) elementi squisitamente legati alla tecnica sportiva, sia quando questi siano conseguenza di fattori inerenti le caratteristiche di cui ai paragrafi a) e b), sia quando questi derivino da cattivo allenamento o tecniche sportive errate; d) fattori legati ad un equipaggiamento scadente o viceversa a migliori e dell’attrezzatura, fermo restando che ogni atleta è tenuto, al momento della classificazione funzionale, a mostrare ed a utilizzare l'attrezzatura sportiva che utilizzerà in gara ed il giudizio sulla funzionalità si baserà sul pattern motorio conseguito con tale attrezzatura. 21 Valutazione della deambulazione,equilibrio e coordinazione 5- ESAME DELLE FUNZIONI SUPERIORI Valutazione intelligenza, linguaggio, prassia, memoria ecc. VALUTAZIONE Eventuali problemi cardiocircolatori e disturbi vasomotori connessi con le lesioni delle strutture preposte alla regolazione neurovegetativa apparato respiratorio: presenza di atelettasia, enfisema o patologie infettive dovute a riduzione della capacità ventilatoria Esame della cute: piaghe da decubito (particolari attenzioni sui punti di contatto di sussidi ortesici, protesici, punti d’appoggio più comuni) Apparato genito-urinario: per le frequenti patologie infettive e/o litiasiche dovute a ristagno vescicale o altri disturbi funzionali dovuti a lesioni neurologiche Controllo visus, campo visivo e (per patologie specifiche) fundus oculi ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI ELETTROMIOGRAFIA: valuta lesioni neurologiche e neuro- muscolari (livello, entità, causa deficit) ELETTROENCEFALOGRAFIA: valuta lesioni cerebrali ELETTROCARDIOGRAFIA a riposo e dopo test ergometrici: valuta aritmie e patologie cardiache RADIOGRAFIA: per lo studio dei monconi di amputazione ed arti vicarianti, per eventuali osteoporosi nei neurologici VISUS + CAMPO VISIVO + FUNDUS OCULI: per la classificazione dei non vedenti e degli ipovedenti EVENTUALI ULTERIORI ACCERTAMENTI SU MOTIVATO SOSPETTO CLINICO ESAME ORTOPEDICO comprende: Valutazione forza muscolare Valutazione ampiezza movimenti articolari Valutazione capacità coordinativa del movimento Studio dell’atteggiamento (OBBLIGATO per dolore e/o rigi- dità; INDIFFERENTE) Ispezione (STAZIONE ERETTA, DEAMBULAZIONE) Palpazione Misurazione lunghezza arti-tronco Valutazione tono muscolare Valutazione temperatura cutanea Valutazione dimensione, consistenza, spostabilità di even- tuali tumefazioni Valutazione della presenza di versamenti endoarticolari Valutazione del dolore alla pressione superficiale e profonda Valutazione analitica dell’atleta: arti superiori 22 - spalla: abduzione/adduzione anteropulsione/retroposizione intra/extrarotazione - gomito: estensione flessione - polso: flesso/estensione , prono/supinazione - dita: flessione/estensione, adduzione/abduzione arti inferiori: - anche: estensione / flessione, abduzione / adduzione, intra / extrarotazione - ginocchio: estensione/flessione - caviglia: flesso/estensione, prono/supinazione - tronco: estensione/flessione, inclinazione laterale Valutazione in situazione di simulazione di attività sportiva Valutazione sul campo Come per la valutazione muscolare, si procede con una valu- tazione di mobilità: Punteggio 0: Nulla assenza totale di mobilità: anchilosi totale l: Minima mobilità inferiore al 25% del normale 2: Scarsa mobilità pari al 25% del normale 3: Discreta mobilità pari al 50% del normale 4: Buona mobilità pari al 75% del normale 5: Normale Mobilità articolare normale CLASSIFICAZIONE DELLE DISABILITA’ NELL’ATLETICA - TETRAPLEGIA= Paralisi di tutte le estremità (arti) con lesione del midollo nel tratto cervicale. - PARAPLEGIA= Paralisi parziale o completa degli arti inferiori e della porzione inferiore del corpo. Lesione del midollo al livello dorsale o lombosacrale. - DIPLEGIA= Lesione a carico di due dei quattro arti, prevalentemente degli arti inferiori. - EMIPLEGIA= Paralisi di un emisoma (è colpito metà del corpo destro o sinistro). - PARESI = Paralisi non completa della motilità volontaria dei muscoli. - SPASTICITA' = E' caratterizzata da un'alterazione della funzionalità delle vie piramidali. - ATETOSI = Il termine significa "MUTEVOLE" disturbo della via extrapiramidale. Possono essere ipertoniche, ipotoniche, distoniche, con tremore. Incapacità a mantenere le posture, movimenti incontrollati. - ATASSIA = Lesione al livello cerebellare. Incoordinazione del movimento volontario. - DISMETRIA = Differente lunghezza tra due segmenti (arti). 23 - DISMORFISMO = Alterazione ossea di uno o più segmenti scheletrici. - ANCHILOSI = Blocco dell'articolazione. - PARALISI CENTRALE, PARALISI DEL l° NEURONE O PARALISI SPASTICA - PARALISI PERIFERICA, PARALISI DEL 2° NEURONE O PARALISI FLACCIDA. 2.3 CLASSIFICAZIONE DEGLI ATLETI NON VEDENTI E IPOVEDENTI SECONDO LE NORME INTERNATIONAL BLIND SPORTS ASSOCIATION - IBSA La classificazione va eseguita misurando l'occhio migliore e con l'aiuto della migliore correzione possibile, per cui è fatto obbligo agli atleti di utilizzare, al momento della visita di classificazione, le eventuali lenti correttive, indipendentemente dal fatto che le usino o meno in competizione. Classe Bl (T11, F11 in Atletica Leggera) Totale assenza di percezione della luce in entrambi gli occhi, o, anche in presenza di una minima percezione della luce, incapacità di riconoscere la forma di una mano, a qualsiasi distanza e in qualsiasi direzione. Classe B2 (T12, F12 in Atletica Leggera) Residuo visivo non superiore a 2/60 e/o campo visivo p.on superiore a 5 gradi. Classe B3 (TI3, F13 in Atletica Leggera) Acuità visiva da 2/60 a 6/60, o campo visivo da 5 a meno di 20 gradi. 2.4 LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATLETI AFFETTI DA PARALISI MIDOLLARI SECONDO LE NORME ISMWSF (INTERNATIONAL STOKE MANDEVILLE WHEELCHAIR SPORT FEDERATION) Una trauma midollare può provocare una lesione, la cui entità determina, con grado ed intensità variabili, una interruzione della trasmissione nervosa tra il Sistema Nervoso Centrale, il Sistema Nervoso Periferico e le innervazioni muscolari e viscerali. Per una migliore interpretazione dei traumi midollari, è utile identificare con chiarezza il livello spinale in cui si è prodotto il danno, al fine di evidenziare il metamero corrispondente. Per metamero si intende infatti, la zona del sistema nevoso periferico, a cui si associa, per innervazione dello stesso, un'area ben definita del corpo. Quando la lesione midollare 26 Le 6 classi Les Autres comprendono tutte le disabilità motorie eccettuate amputazioni, paralisi cerebrali e lesioni midollari (tetra e paraplegia e poliomielite) previste nelle classificazioni dei singoli sport; alcune eccezioni sono previste nelle classificazioni di determinate discipline sportive. L'handicap deve essere permanente, stazionario o progressivo. Comprende tutte la casistiche riscontrabili, che non rientrano nelle tipologie di handicap descritte e nei sistemi di classificazione sopra menzionati. Si citano come esempio: . paresi o paralisi totale degli arti inferiori . paresi o paralisi totale degli arti superiori . ridotta mobilità delle articolazioni . menomazioni di natura ortopedica . anchilosi o artrosi di una articolazione . spondiliti anchilosanti . patologie congenite che interessano l'apparato locomotore . scoliosi idiopatiche . sclerosi multiple . distrofie muscolari Classe LI Atleti con grave disabilità dei quattro arti, ad es. gravi casi di distrofia muscolare, sclerosi multipla o artrite reumatoide giovanile con contratture. Classe L2 Atleti con gravi disabilità in tre arti o in quattro, purché meno gravi dei precedenti, ad es. paralisi di un'estremità con deformità delle altre due, casi meno gravi di sclerosi multipla o disabilità comparabili. Classe L3 Atleti con limitazioni funzionali in almeno due estremità, ad es. emiparesi o rigidità dell'anca e del ginocchio in un arto inferiore, accompagnati da deformità di un braccio. Classe L4 Atleti con limitazioni funzionali in due o più arti, ma meno gravi che nella classe L3, ad es. contratture, anchilosi o artrodesi in un arto, con limitazioni funzionali in un altro. Classe L5 Atleti con limitazioni funzionali in un arto o disabilità comparabili, ad es. contratture o anchilosi dell'anca o del ginocchio, o paresi di un braccio, o cifo-scoliosÌ. Classe L6 27 Atleti con lievi limitazioni, ad es. artrite, osteoporosi o anchilosi di un ginocchio. Sono comunque esclusi dalle classi ISOD gli atleti affetti da mongolismo o altri gravi deficit mentali; non possono gareggiare con l'ISOD nemmeno atleti affetti da patologie toraciche, addominali, della pelle, dell'apparato cardiocircolatorio, della vista o dell'udito, che non si accompagnino a deficit di tipo motorio. 2.5 CLASSIFICAZIONE AMPUTAZIONI L'amputazione viene definita come la perdita di una o più parti del corpo. La classificazione di tale tipologia di handicap tiene pertanto conto della zona anatomica mancante, nonchè del punto di amputazione. La rilevazione di ciò si presenta come una operazione di estrema facilità. Vengono associati alle classi di amputati, per evidente affinità, anche i soggetti affetti da dismelie di vario tipo. Si riporta di seguito la TABELLA ISOD di classificazione per le amputazioni. La classificazione degli atleti amputati si basa sulla misurazione dei segmenti di arto presenti (monconi) in relazione, quando presenti, della corrispettiva lunghezza dell'arto non amputato. Quando entrambi gli arti sono assenti vengono utilizzati dei parametri di riferimento relativi alle parti del corpo non affette da menomazione. Anche atleti affetti da Focomielie di vario tipo vengono inseriti nella classe di amputati per cui presentano maggiori similitudini. Dismielie o amputazioni alle quali non corrispondono classi adeguate gareggeranno nelle classi previste per "Les Autres". La classificazione degli atleti amputati, è la seguente: Al Doppia amputazione sopra o attraverso il ginocchio; A2 Singola amputazione sopra o attraverso il ginocchio; A3 Doppia amputazione sotto il ginocchio, ma sopra o attraverso la caviglia; A4 Singola amputazione sotto il ginocchio, ma sopra o attraverso la caviglia; A5 Doppia amputazione sopra o attraverso il gomito; A6 Singola amputazione sopra o attraverso il gomito; A7 Doppia amputazione sotto il gomito ma sopra o attraverso il polso; 28 A8 Singola amputazione sotto il gomito ma sopra o attraverso il polso; A9 Combinazione di amputazioni. 2.6 LA CLASSIFICAZIONE DELLE PARALISI CEREBRALI SECONDO LE NORME DEL CEREBRAL PALSY INTERNATIONAL SPORTS AND RICREATION ASSOCIATION (CP-ISRA) La paralisi cerebrale è una lesione cerebrale non progressiva che causa un danno di entità variabile della coordinazione, del tono e della forza muscolare che può determinare una modificazione della postura e del movimento dell'individuo. L'infermità motoria cerebrale si può definire come una mancanza di controllo muscolare, dovuto ad una qualsiasi forma di lesione cerebrale. Le lesioni organiche, come ad esempio i traumi perinatali, dovuti ad incidenti durante il parto, determinano l'infermità a causa di lesioni subite nelle zone piramidali ed extrapiramidali. La "paralisi cerebrale infantile" invece, è caratterizzata da perdita di controllo di alcuni movimenti, da turbe del linguaggio e delle percezioni visive o uditive, a seconda della regione corticale colpita. Sono pertanto escluse da questa classificazione le alterazioni della mobilità, instauratesi a seguito di affezioni del midollo spinale e dei nervi periferici, così come le inabilità di natura ortopedica, come la paralisi ostetrica e gli esiti di fratture o amputazioni. La paralisi cerebrale infantile è invece una infermità cronica, che durerà per tutta la vita dell'individuo che ne rimane colpito. Non esistono in proposito cure farmacologiche che possano ridurre l'entità del danno; è possibile invece operare un mirato intervento motorio che, migliorando la qualità della trasmissione nervosa e sfruttando la vicarietà delle reti sinaptiche, favorisca il raggiungimento di risultati positivi e di un buon adattamento sociale. Le caratteristiche proprie della paralisi cerebrale valutati in ambito sportivo sono: Spasticità: Stato di aumento dei riflessi e del tono muscolare; Atetosi: Movimenti involontari lenti, convoluti ed incessanti di tipo tentacolare o vermiforme, spontanei e spesso continui che possono interessare mano, braccio, o i muscoli della faccia (lingua, labbra) a volte il collo. 31 tetraplegici gravissimi (CPl) e le forme particolarmente lievi (CP8) CLASSE CP7: Emiplegici deambulanti senza ausili, con buona abilità motori a dell'emisoma sano, in assenza di distmbi di tipo atetosico. CLASSE CP8: Diplegici, emiplegici, monoplegici e atetosici in forme lievissime; possono correre e saltare liberamente e dimostrano solo lievi difetti di coordinazione motoria Classi secondo IPC per atleti con paralisi cerebrale: T32/T33/T34 : sedia a rotelle T35/T36/T37/T38 - la Classe C5/C6/C7/C8 : atleti in piedi 1.8 CLASSIFICAZIONE ATLETI CON HANDICAP MENTALE Il termine "Handicap Mentale" indica un insieme di patologie con caratteristiche estremamente diverse, sia sul piano fisiologico che morfologico. Nell'ambito dell'Handicap Mentale possiamo trovare soggetti che, dal punto di vista fisicobiologico, non presentano gravi limitazioni, ed altri che hanno compromessi anche questi processi e quindi, presentano delle capacità fisico- motorie ridotte. Fra le disabilità mentali che si riscontrano più frequentemente ricordiamo: . insufficienze mentali . turbe caratteriali . sindrome di Down . ritardi psicomotori . autismo . patologie del comportamento. 2.8 INSUFFICIENZA MENTALE Con il termine di Insufficienza Mentale si indica una estrema varietà di condizioni, ognuna delle quali originata da cause diverse. L'insufficienza mentale è l'insieme di una vasta gamma di condizioni dovute a noxae organiche, che hanno agito nel periodo prenatale, perinatale o postnatale, caratterizzata da un denominatore comune, consistente in uno sviluppo incompleto della psiche, in misura tale che l'individuo presenti una limitata capacità ad adattarsi all'ambiente circostante in maniera efficiente ed armoniosa. I ritardi dello sviluppo psicomotorio si caratterizzano come ritardi mentali globali semplici o associati a paralisi cerebrali e/o deficit sensoriali, visivo o uditivo, oppure si presentano come disturbi parziali della comunicazione e del comportamento, a volte al limite della normalità. La classificazione dei ritardi mentali è basata sulla valutazione del Quoziente di Intelligenza, calcolato mediante test psicologici standardizzati. 32 In base a tale metodica di valutazione vengono distinte le categorie di ritardo mentale. Gli individui con un dimostrato basso livello di apprendimento ed una limitata capacità di apprendimento (normalmente individuati con un livello di Q.L inferiore ad 80 nei test di intelligenza standard) sono identificati come portatori di ritardo mentale (R.M.) o di insufficienza mentale (LM.). La maggior parte delle persone con un R.M. sono in apparenza indistinguibili dai loro pari. Tali individui possono avere difficoltà nel gestire le ordinarie attività delle vita quotidiana, nel comprendere il comportamento altrui e nel determinare le proprie risposte sociali adeguate (comportamento di adattamento). Esistono vari gradi di ritardo mentale. Quelli con i più severi ritardi possono richiedere una costante supervisione, molti altri, con un grado minore di ritardo, possono condurre un tipo di vita conforme alla "norma" . Infatti, il ritardo mentale non è una malattia non deve essere con uso con una malattia mentale. Il ritardo mentale è più frequente di quanto si possa pensare. Approssimativamente si pensa che il 3% delle persone della popolazione mondiale abbia un ritardo mentale. Di queste circa il 60% hanno un lieve ritardo, il 30% hanno un ritardo moderato ed il 10% hanno un ritardo severo o profondo. Il ritardo mentale trascende da tutte le razze, religioni, nazionalità, livello culturale, sociale ed economico. Il ritardo mentale può essere causato da una condizione che ostacoli o interferisca con lo sviluppo prima della nascita, durante la nascita o nei primi anni di vita del bambino. Il ritardo mentale non è curabile e probabilmente non diminuirà con il passare degli anni. Eppure le persone con ritardo mentale possono vivere pienamente la loro vita se viene fornito loro un supporto adeguato. Altri termini usati per definire il ritardo mentale sono: handicap mentale o disabilità nello sviluppo mentale. Per R.M. O I.M. si intendono tutte quelle sindromi dovute a svariate cause e che determinano un incompleto ed insufficiente sviluppo delle capacità intellettive. Le I.M. sono classificate, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, a seconda del Quoziente Intellettivo (Q.I.) come segue: INSUFFICIENZA MENTALE PROFONDA : Q.I.< 25 livello mentale non oltre i 2-3 anni INSUFFICIENZA MENTALE SEVERA Q.I.< 40 livello mentale non oltre i 6-7 anni INSUFFICIENZA MENTALE MODERATA : Q.I. < 55 livello mentale non oltre i 6-7 anni 33 INSUFFICIENZA MENTALE LIEVE : Q.I.< 70 incapacità di pensiero formale INSUFFICIENZA MENTALE LIMITE : Q.I.< 85 borderline L'insufficienza mentale si può associare molto spesso a lesioni cerebrali, post traumatiche, post encefaliche, metaboliche, endocrine, ecc., anche se non non è stata accertata una correlazione sicura tra danno anatomico e grado di insufficienza mentale. L'iniziale disfunzione motori a, dovuta ad un deficit strumentale di natura biologica, provoca nel ragazzo, una maturazione disarmonica, ulteriormente rallentata da un'azione generalmente iperprotettiva da parte delle persone vicine. Questo incide negativamente sull'acquisizione dello schema corporeo e quindi sui rapporti tra il sè dell' individuo ed il mondo circostante, con conseguente ritardo dell'acquisizione dei processi di valutazione temporali e spaziali. 2.9 L'AUTISMO Tra le disabilità mentali si inserisce la sindrome dell'autismo. L'autismo letteralmente significa "vivere nei termini del sé". Un bambino in stato di autismo appare infatti centrato su di sé, in quanto manifesta scarsa reazione al mondo esterno. Paradossalmente a quanto affermato, il bambino in tale stato ha poca consapevolezza di essere un sé. Da un punto di vista ontogenetico, nella prima infanzia viene vissuta una condizione simile al tratto autistico. C'è una scarsa consapevolezza del mondo esterno come tale, che viene inizialmente subito attraverso gli organi e le zone corporee. Un bambino normalmente supera questo stato attraverso l'innata disposizione a riconoscere modelli, somiglianze, ripetizioni e continuità Vengono quindi strutturati materiali cognitivi grezzi di tali processi mentali, come il riconoscimento, la classificazione, la creazione dell'oggetto e l'empatia. Attraverso questi processi, il bambino costruisce una rappresentazione interna della realtà riconosciuta e diviene autoconsapevole. Quando questi primi processi cognitivi vengono male elaborati, si afferma che il bambino è affetto da psicosi. Il grado di mancanza di relazione con la realtà, distingue il bambino psicotico dal bambino autistico. A questo proposito è utile accennare alla forte avversione che alcuni 36 traslocazione bilanciata. In questo caso il rischi di avere figli affetti è elevato e può ripetersi in successive gravidanze c) In alcuni casi il concepimento è normale e la non - disgiunzione del 21 si verifica in seguito, durante una delle tante moltiplicazioni successive: l'analisi cromosomica dimostra la presenza di una trisomia 21 a mosaico (è la forma più leggera e costituisce l' 1 % dei casi ed è determinata da difetti di divisione dopo l'unione dell' oocita con lo spermatozoo; alcune cellule avranno 46 cromosomi, altre 45). Nella Sindrome di Down il deficit anatomico fondamentale che si determina, è costituito dalla presenza di un encefalo più piccolo, rispetto alla norma e meno ricco di circonvoluzioni. La corteccia cerebrale, di conseguenza, presenterà scarse connessioni funzionali tra le sue strutture. Inoltre è presente una forte riduzione della guaina mielinica, che determina imprecisione e scarsa risolutezza nella conduzione nervosa. L'encefalo inoltre, è povero di cellule inibitorie, la cui presenza invece, conterrebbe eventuali crisi epilettiche. Questi aspetti anatomico-funzionali, sono responsabili dello scarso Q.I. presente in questa patologia. Dal punto di vista intellettivo infatti, si hanno deficit con valori di Q.I. molto variabili che vanno da 40 a 80; si osservano, infatti, soggetti profondamente deficitari, altri il cui comportamento si avvicina alla psicosi, altri ancora che presentano deficit moderati. Pertanto, ciò che contraddistingue i diversi soggetti colpiti dalla Sindrome di Down, è la variabilità del ritardo intellettivo, che può variare da molto grave a casi con elevato grado d’apprendimento. Dal quadro clinico che viene fatto al bambino Down al momento della nascita, si evidenziano i seguenti tratti ricorrenti: - il neonato presenta maggiore ampiezza delle fontanelle, con diastasi delle ossa parietali, in particolare; - il cranio è micro o brachicefalo, con la nuca e volto piatti; - le orecchie si presentano ad inserzione bassa, la cui linea immaginaria di congiunzione, non è all'altezza del naso, ma posta più in basso; - all'angolo dell'occhio, è presente la plica mongolica, rivolta verso l'alto; - presenza dell'epicanto (zona occhi-naso), che può ridurre la zona del campo visivo; 37 - presenza del naso a sella (infossato, con scarsa capacità inspiratoria); - presenza una lingua grossa e scrotale (nella faringe inoltre, si riscontrano piccole malformazioni, che rendono difficile la fonazione); - presenza di un palato piccolo e molle, che impedisce la fonazione delle palatali; - presenza di maggiore salivazione, che non viene tutta deglutita (il neonato ha infatti difficoltà di suzione); - collo tozzo ed occipite schiacciato; - possono riscontrarsi malformazioni negli apparati cardio- respiratorio ed intestinale; - mani corte e tozze, con la presenza di clinodattilia (mignolo flesso verso l'esterno) e solco scimmiesco; - al piede è presente il segno dei sandali (alluce e secondo dito separati); - si riscontrano iporiflessività ed iperlassità legamentosa. Lo sviluppo psicomotorio del neonato presenta un ritardo di un anno circa. La prima fase di acquisizione del tono muscolare per il controllo del capo, appare con un ritardo di un mese. La capacità di esplorazione dell' ambiente ha un ritardo di circa 2/3 mesi. Il bambino sta seduto a circa 9 mesi, con un ritardo di 3/4 mesi. Cammina carponi a lO mesi e ciò si protrarrà fino ai due anni, quando inizierà a camminare nella stazione eretta. La manipolazione è ritardata da 1 a 4 mesi e la prensione principale è quella digito - palmare. Da un punto di vista dello sviluppo del linguaggio, il ritardo è notevole. In particolare, molti studi hanno dimostrato che questi bambini hanno livelli di esecuzione molto inferiori di quello che ci si aspetta sulla base della loro età mentale (Chapman 1995, Stella ed altri (1993). Nonostante sia presente la percezione del suono, il suo significato viene elaborato con difficoltà, per la riduzione della corteccia e delle sue associazioni. Come di sopra elencato le classificazioni delle disabilità nel mondo disabile dell’atletica leggera sono tantissime in quanto tantissimi sono gli handicap sviluppati dagli atleti, ora mi soffermerò sull’ambito della velocità e dopo un excursus sulle varie disabilità e gare previste analizzerò il mondo degli amputati. 38 41 • 55: lanci paraplegia media • 56: lanci paraplegia moderata, amputazioni bilaterali transfemorali • 57: lanci lesione midollare minima, amputazione/i transtibiali Per l’Atletica Leggera Paralimpica esiste un’altra particolarità: possono gareggiare insieme nella stessa batteria atleti di diverse categorie. Questo avvi- ene principalmente quando gli atleti in gara sono un numero esiguo e non sufficiente a comporre un unica batteria. Vengono così assemblate le competizioni di più categorie che prevedono, comunque, una medaglia per ciascuna gara.(6s) 3.1 REGOLAMENTO TECNICO GARE DI VELOCITA’ . Tutte le partenze hanno inizio con la detonazione procurata da una pistola a salve o altra apparecchiatura approvata, dopo che lo starter avrà pronunciato: “ai vostri posti” e in seguito “pronti”, per le gare sino ai mt. 400 e solo “pronti” per quelle su distanze superiori. 2. Le corse possono essere disputate in “batterie” o in “serie”. Per batterie s’intendono i turni eliminatori determinati dal numero dei concorrenti e dai previsti turni successivi. L’ammissione ai turni successivi pu avvenire in base al tempo ottenuto o al piazzamento. Le serie sono adottate nelle riunioni in cui gli atleti gareggiano una sola volta e la classifica è determinata dal tempo ottenuto. 3.2. MODIFICHE DELLE STRUTTURE E DELLE ATTREZZATURE PER LE GARE DI CORSA - L’atleta che dopo aver assunto la posizione di “pronti” si muove, commette “falsa partenza” e viene ammonito. Due false partenze determinano la squalifica dell’atleta. - (CARROZZINA) La falsa partenza dell’atleta in carrozzina viene determinata dal movimento, non solo del mezzo su cui corre, ma anche di qualsiasi parte del corpo dell’atleta. - Nelle gare in corsia l’atleta deve rimanere nella propria corsia dalla partenza all’arrivo. Se la abbandona viene squalificato. - Le protesi utilizzate durante le gare non sono da considerarsi strumenti in grado di offrire, all’atleta che le porta, qualche vantaggio. 42 - CARR INA) gni concorrente dovrà essere equipaggiato di 2 numeri ben visibili, uno da apporre sullo schienale della carrozzina, l’altro da mettere secondo le indicazioni dell’Arbitro. Nelle gare dotate di arrivo con il fotofinish, gli Organizzatori potrebbero richiedere ai concorrenti di indossare numeri aggiuntivi di tipo adesivo. Nessun concorrente potrà prendere parte alle gare se privo di numeri adeguati. - (CARROZZINA) Cinghie: se usate, devono far parte della carrozzina e non devono essere di materiale elastico. - (CARROZZINA) In tutte le gare individuali su pista dai mt. 800 in poi, nella staffetta e in tutte le gare su strada, è obbligatorio indossare il casco. - (I.S.O.D.) In tutte le gare su pista l’uso delle protesi è opzionale, fatta eccezione per le classi A , A A e A laddove è applicabile). - I.S. .D.) li atleti appartenenti alle classi A , A A e A laddove applicabile) sono obbligati ad usare protesi alle gambe nelle gare su pista. Non è consentito saltare. - (ISMSWSF & CP-ISRA) Se la carrozzina viene fatta avanzare ricorrendo a metodi che non siano quello della semplice spinta in avanti determinata dal movimento delle mani sul corrimano delle ruote, l’atleta verrà squalificato. Unica eccezione viene fatta per gli atleti di categoria C2l (T31) che fanno avanzare la carrozzina con il movimento dei piedi. - (ISMSWSF; CP-ISRA; I.S.O.D.) (CARROZZINA): I periodi nei quali dev’essere rilevata la velocità del vento, dalla vampata della pistola dello Starter sono i seguenti: mt. 100 - 13 sec.; mt. 200 - 13 sec. (partendo dal momento che il primo concorrente entra in rettilineo). - (ISMSWSF & CP-ISRA) (CARROZZINA) Nelle gare di corsa l’anemometro dev’essere posto sul rettilineo, all’interno della prima corsia, ed a 50 metri dalla linea d’arrivo, ad un’altezza di mt. 0,95. - (CARROZZINA) Nessuna parte della struttura della carrozzina pu estendersi al di fuori del mozzo della ruota anteriore ed essere pi larga della distanza misurata all’interno dei mozzi delle due ruote posteriori. L’altezza massima misurata dal terreno al corpo principale della sedia (sedile) dev’essere di cm. 50. - (ISMSWSF & CP-ISRA) (CARROZZINA) La carrozzina da corsa dev’essere dotata di almeno 2 ruote grandi e 1 piccola. -(ISMSWSF & C -ISRA) CARR INA) er ciascuna delle ruote grandi è consentito un solo mancorrente, semplice e circolare. Questo Regolamento non vale per quegli atleti che hanno un solo arto superiore in grado di spingere la carrozzina, sempre che ci venga comunicato a tempo debito 43 ed indicato sulla scheda medica e sul cartellino rilasciato in occasione dei Giochi. - (CARROZZINA) Gli atleti devono assicurarsi che nessuna parte dei loro arti inferiori cada sul terreno o sulla pista durante una gara. - (ISMSWSF & CP-ISRA) CARR INA) Il tempo verrà calcolato dallo sparo della pistola o da qualunque altra strumentazione di partenza convalidata, fino a quando il mozzo della ruota anteriore della carrozzina del concorrente raggiunge la pi vicina estremità della linea di traguardo - (CARROZZINA) Alla partenza, gli atleti dovranno essere sistemati in modo che il mozzo della ruota anteriore raggiunga il piano verticale della linea di partenza a terra. - (CARROZZINA) All’arrivo gli atleti devono essere classificati nell’ordine in cui il mozzo della ruota anteriore raggiunga il piano verticale della linea pi vicina al traguardo, come detto sopra - (I.S.O.D. & C.P.-I.S.R.A.) Non tutti gli atleti di tutte le classi devono effettuare la partenza tenendo la posizione su quattro appoggi. Alla partenza, agli atleti di categoria , è consentito di usare dei supporti su cui poggiare i monconi. Tali supporti devono avere lo stesso colore della pista, trovarsi completamente dietro la linea di partenza e non arrecare intralcio agli altri atleti. - C. .-I.S.R.A.) Al momento della partenza, qualora un concorrente avesse una menomazione uditiva, si potrà far uso di una bandiera o di qualunque altro dispositivo visibile al posto della pistola. Atleti ipovedenti e non vedenti (I.B.S.A.) Mt. 100 per la Classe 11 1. Gare di elite. La gara dei mt. 100 per la Classe 11 ai Campionati del Mondo ed ai Giochi araolimpici, ed in altre competizioni internazionali di elite, sarà organizzata sulla base di una corsa per 4 atleti con guide, comprendendo tutti i gironi preliminari necessari, le semifinali e le finali. (tale Norma si applica anche per le competizioni su tale base) . Altre competizioni. Ad altri livelli di competizione, e soprattutto per il fine della competizione di iovent e Sviluppo, tale gara pu essere alternativamente organizzata in una serie di corse individuali a tempo, realizzate a turno da ciascun concorrente. Il risultato è determinato dalla classifica dei tempi registrati. . Qualora siano presenti pi di sei partecipanti, nel caso di un mt. organizzato sulla base di corse individuali a tempo, la gara consisterà in un girone eliminatorio con 46 categorie: quelli dei tetraplegici sono normalmente di diametro più piccolo rispetto a quello dei paraplegici. Ve ne sono di vari diametri e gli atleti li montano sia in previsione delle gare che delle proprie caratteristiche fisiche e di posizione in carrozzina. Alcuni atleti, in modo particolare quelli che montano cerchi in carbonio, saldano questi cerchi spinta, senza gli spessori previsti, direttamente sul cerchione. Il sedile, modellato sul corpo dell'atleta, costituisce una guaina del cingolo pelvico che accresce la stabilità del tronco e del cingolo scapolare e serve da base per l'efficacia motoria degli arti superiori. La posizione dell'atleta nella sua carrozzina deve tenere conto delle sue caratteristiche morfologiche e del tipo di prova da affrontare. Tutte le carrozzine, indipendentemente dal materiale usato per la costruzione, debbono avere delle misure standard rispetto all'altezza del sedile, dello schienale e del poggia piedi rispetto al terreno come riportato dal regolamento internazionale. Si ricorda che la tecnica di spinta, imprimibile alle moderne carrozzina da corsa, con caratteristiche dinamiche vantaggiose, si differenzia dalla spinta che si effettua sulla normale carrozzina da passeggio, in modo particolare per la posizione che si tiene. Oggi sono prodotte carrozzine da corsa a tre ruote: quest'ultimo cambiamento ha permesso ancor più di diminuire l'attrito sul terreno e quindi di aumentare la scorrevolezza, inoltre i nuovi e moderni materiali hanno permesso di ottenere carrozzine leggerissime e allo stesso tempo rigide. Le vecchie carrozzine a quattro ruote vengono tuttora utilizzate ma solo per alcune categorie di atleti cerebrolesi, ed anche queste hanno comunque caratteristiche che le differenziano dalle carrozzine da passeggio. Per le gare di corsa su pista in carrozzina, si seguono le stesse regole delle gare in piedi. Nel caso particolare delle staffette, ogni squadra ha a disposizione due corsie. Per lo sviluppo di questa disciplina, fondamentale è stato l'intervento della ricerca tecnologica sulla carrozzina, sino ad orientarsi verso materiali tipo titanio o fibre di carbonio, riducendo di molto anche il peso e garantendo una adeguata maneggevolezza. La stessa ricerca ha influenzato positivamente lo sviluppo tecnico dell'atletica leggera, riguardo soprattutto le carrozzine da corsa e le protesi da corsa e salto per gli amputati di arto inferiore. 47 In questa disciplina, oltre che sui materiali, gli studi si sono orientati nella ricerca della posizione ottimale di seduta dell'atleta, che varia da atleta ad atleta a secondo della propria struttura fisica, oltre che alla tecnica di spinta. Quest’ultima cambia da soggetto a soggetto anche per quello che riguarda la posizione che l’atleta assume in carrozzina, dalla lunghezza degli arti superiori e soprattutto dalla frequenza di esecuzione delle spinte. Il sedile, modellato sulle misure del corpo dell'atleta, costituisce una guaina del cingolo pelvico che accresce la stabilità del tronco e del cingolo scapolare e serve da base per l'efficacia motoria degli arti superiori. Il tronco è bloccato grazie alla posizione delle gambe, a ginocchia flesse, e la sua stabilizzazione dà piena efficacia agli arti superiori per agire sui cerchi spinta. La posizione dell'atleta nella sua carrozzina deve tenere conto delle sue caratteristiche morfologiche e del tipo di prova da affrontare. Tre sono i criteri principali di riferimento: - l'altezza delle spalle; devono essere più alte possibile in rapporto all'asse delle ruote posteriori, per favorire l'ampiezza del movimento della mano, stando però attenti a poter raggiungere la parte inferiore dei cerchi spinta; - la posizione dell' asse delle spalle in rapporto ai cerchi spinta: deve essere posto un po' in avanti rispetto alla verticale della parte anteriore del corrimano in modo che il braccio possa eseguire il movimento di spinta con un minimo di contrasto direzionale e con il reclutamento del maggior numero di gruppi muscolari. Per i tetraplegici, il posizionamento è un po' diverso poiché restano a contatto con il cerchio spinta per tutta la durata della gara, infatti il tipo di spinta non prevede le fasi che utilizzano i paraplegici ma utilizzano un movimento a stantuffo con l’accompagnamento del cerchio spinta dal basso dietro all’alto avanti, movimento dettato dalla mancanza per questi atleti di utilizzare il muscolo tricipite. Essi adottano pertanto una posizione più arretrata e più verticale, con le gambe schiacciate al petto e senza piegamento in avanti, che favorisce la stabilità del tronco; il baricentro dell'atleta in posizione di corsa deve essere più prossimo possibile alla verticale dell'asse delle ruote posteriori (senza mai essere dietro ad essa, per non cadere all'indietro) ; ciò riduce l'aderenza al suolo della parte anteriore della carrozzina e gli offre una maggiore mobilità; una semplice inclinazione laterale del tronco permette quindi di lanciarsi con poco sforzo in curva. 48 Infine. la posizione è diversa per il velocista e il corridore di fondo, ma sempre con scelta molto personale. Il velocista adotta una posizione meno inclinata in avanti, più «seduta» che gli permette di muovere il tronco per agevolare ogni spinta (ma questa spinta è più costosa), soprattutto nelle prime fasi e per permettere il movimento di caricamento della parte superiore del tronco che partecipa attivamente per esprimere la massima spinta sul cerchio spinta ; il corridore di fondo blocca il proprio tronco in avanti. sugli arti inferiori ripiegati davanti al torace, per mettere in azione solo gli arti superiori e risparmiare energie con movimenti del tronco accorti e limitati. Una corretta posizione del corpo invece, prevede: • il busto proiettato in avanti • le anche flesse a circa 45°, a secondo della lesione e della presenza o meno della funzionalità dei muscoli addominali • il bacino posizionato dietro l'asse della ruota e più o meno sopra di esso. E' anche importante posizionare le spalle avanti rispetto al corrimano (cerchio spinta), assumendo nel contempo un'inclinazione di circa 45° degli arti superiori: tale posizionamento deve infatti rendere possibile la presa dei cerchi-spinta ad una posizione corrispondente alle ore 2 o 3 , nel momento in cui gli arti sono in atteggiamento corto. Questo tipo si propulsione genera la massima potenza in prossimità delle ore 6 o 7, quando i gomiti sono ancora lievemente flessi. Subito dopo il rilascio del cerchio spinta si flettono i gomiti, portandoli per dietro alto in modo da poter caricare i muscoli del cingolo scapolo omerale e ritornare nella posizione di spinta iniziale. La strutturazione dello schema che ne scaturisce, è comprensivo del mezzo adoperato: si crea in breve tempo un'integrazione globale sino ad interpretare il movimento come eseguito completamente con tutto il corpo. Questa sintesi si confronta poi con la concreta effettuazione del gesto: mancando una perfetta concordanza, si provoca una serie di reazioni riflesse che corrispondono alla percezione di correre, anche se entreranno in funzione i soli muscoli funzionali delle braccia e del tronco. Anche se questa può sembrare una limitata risposta ad una precisa richiesta di movimento, in effetti comprende tutte le caratteristiche di una risposta positiva: l'informazione nella esecuzione è in senso totale: il comportamento dinamico è solo parziale ma comunque valutabile in termini concreti. 51 delle mani: si rende pertanto necessario proteggere queste con delle adeguate fasciature o guanti. (7) 3.5 VELOCITA’ E AMPUTAZIONE L’amputazione di un arto, sia inferiore sia superiore, costituisce sempre una limitazione dell’autonomia, che è più o meno accentuata in relazione alla parte del corpo che è stata menomata. Negli ultimi cinque anni le amputazioni a carico dell’arto inferiore si sono stabilizzate intorno alle 11.000, in particolare quelle a livello femorale sono circa 4.000. Applicare una protesi funzionale, inserendola efficacemente nello schema corporeo del soggetto amputato, consente spesso un soddisfacente reinserimento nell’ambiente familiare, lavorativo, sociale e anche sportivo. Si nota, infatti, che molti amputati, soprattutto giovani, iniziano a praticare attività sportive in tempi successivi all’amputazione, probabilmente per dimostrare, soprattutto a se stessi, di aver riacquistato non solo una condizione di “normalità” , ma di superare quella vigoria fisica che possedevano prima dell’evento invalidante. Il giovane che ha subito un amputazione vuole essere il più possibile indipendente, vuole correre, possedere un supporto con una zoppìa ridotta al minimo, vuole essere coinvolto in 52 un’attività sportiva di livello: il senso è quello di poter ancora competere. La pratica sportiva non può però essere svolta con le protesi che attualmente vengono fornite dal Servizio Sanitario Nazionale: il loro utilizzo è limitato alla vita di relazione, pur essendo dotate di una discreta funzionalità. Le protesi impiegate nell’attività sportiva devono essere estremamente funzionali e resistenti: si pensi alle sollecitazioni che devono subire ad esempio nelle attività di corsa e nei salti; tali esigenze vengono efficacemente soddisfatte con l’utilizzo, a partire anche in questo campo nei primi anni ’80, di materiali provenienti dall’industria aerospaziale, con elevate caratteristiche meccaniche ed elastiche, quali le fibre di carbonio, fibre di kevlar, leghe di titanio, oltre che da componenti protesici (piedi e ginocchi) ad alto contenuto tecnologico. Grazie all’introduzione dei piedi protesici dinamici (o a restituzione di energia) si riescono ad ottenere risultati paragonabili a quelli conseguiti da atleti normodotati: Oscar Pistorius, atleta diciottenne sudafricano con amputazione bilaterale degli arti inferiori, causata da una malformazione congenita, ha vinto alle Paralimpiadi di Atene 2004 i 200m con il tempo di ” , e nei suoi propositi vi è la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino 2008 nella rappresentativa nazionale dei normodotati, per la quale vuole conseguire il limite prestativo di ” nei 400m imposto dalla Federazione internazionale. Le sue protesi, costruite utilizzando una speciale struttura elastica in fibra di carbonio, hanno un comportamento simile a quello di una molla a balestra: durante l’appoggio, sotto la spinta del peso corporeo accumulano energia elastica, che restituiscono man mano che diminuisce il carico provocando una spinta propulsiva verso l’avanti e verso l’alto, spostando conseguentemente il corpo dell’atleta. Per l’inserimento sul moncone dell’arto amputato queste protesi hanno una particolare invasatura flessibile, con all’interno una camera d’aria gonfiabile che durante la gara permette una maggior pressione sul moncone stesso, contrastando lo scivolamento provocato dal sudore prodotto. Le esigenze poste dalla pratica sportiva richiedono protesi qualita-tivamente molto superiori a quelle necessarie per la normale deambulazione e per la vita di relazione. Per la realizzazione di tali protesi sono necessarie approfondite analisi cinematiche del gesto sportivo, con la determinazione delle posizioni, delle velocità e delle accelerazioni lineari ed angolari richieste dalle varie specialità, unitamente ad analisi cinetiche, mediante la determinazione delle sollecitazioni meccaniche. 53 Per ottenere un’analisi cinematica completa il mezzo più comunemente utilizzato si basa sul riconoscimento e l’elaborazione di immagini televisive. Vengono utilizzati dei marcatori attivi (sorgenti luminose) o passivi (elementi rifrangenti), applicati su particolari punti dei segmenti corporei (punti di repere) e riconosciuti da speciali strumentazioni ottiche. Il computer, ricevendo i dati rilevati, procede alla loro elaborazione, ricostruendo le traiettorie percorse nello spazio e fornendo i dati relativi alle grandezze cinematiche richieste, permettendone lo studio. 56 meccaniche, dovute alla diversità dei gesti tecnici ese- guiti. Praticamente, ciò che in precedenza era rappresentato da informazioni afferenti trasmesse al S.N.C., ad opera delle terminazioni sensitive, neuro- muscolari e tendinee, che davano coscienza dell’intervento del segmento corporeo interessato all’azione, con l’utilizzo della protesi viene ristrutturato nella conoscenza di nuove sensazioni, di tipo meccanico, che permettono però un’azione intenzionale e che, pertanto, possono essere controllate e modificate in itinere. Una volta che il soggetto ha acquisito questa sensibilità ed ha imparato a dosare forza ed ampiezza dei movimenti in modo calibrato, eliminando possibili problemi di dismetria, egli è in grado di svolgere qualsiasi attività motoria. 57 CAPITOLO IV CORRERE CON UNA PROTESI INTRODUZIONE Come visto dalla classificazione delle disabilità in atleti- ca, ho scelto di occuparmi principalmente di atleti velo- cisti amputati in quanto una “categoria” un po' anomala. Quando si parla di disabilità quasi sempre è una disabilità di nascita, congenita, o una malattia contratta nel tempo, invece per gli amputati il maggior numero di casi tratta di persone che a causa di un incidente perdono uno, o entrambi gli arti. E’ difficile nascere con una patologia e accettarla ma, a mio avviso, ancor più difficile è accettare di perdere una parte del proprio corpo all’improvviso. Il trauma psicolo- gico che si verifica in una persona che a causa di un incidente perde un o entrambi gli arti è enorme, e la caparbietà di rimettersi in gioco riscontrata in milioni di atleti con alle spalle queste disavventure è solo una delle caratteristiche più belle che contraddistingue queste persone. Tra le varie amputazioni di arti mi sono soffermata sulle amputazioni degli arti inferiori, perché vedere correre atleti con delle protesi è uno spettacolo affascinante: atleti che hanno stretto i denti pur di inseguire il sogno di continuare a correre veloce. La strada verso la corsa è durissima, l’iter riabilitativo lunghissimo e molto dipende sia dall’atleta che dalla risposta del moncone a contatto della protesi. La composizione della protesi deve tener conto delle seguenti caratteristiche: Invaso :“contenitore” della parte residua arto amputato, realizzato su misura del moncone del paziente dal tecnico ortopedico.(Fibra di carbonio e resina da laminazione) Cuffia: protegge il moncone da traumi e urti durante la camminata. (Poliuretano, silicone e stirene). Tubolare : collegamento invaso-piede (leghe di titanio o fibra di carbonio) Piede: accumula e restituisce energia in modo da consentire una camminata confortevole. (fibra di carbonio). Cover: rivestimento estetico, in gomma espansa o PVC. Ginocchi meccanici o elettronici nel caso di amputazioni transfemorali La struttura di una protesi di arto inferiore per correre mostra invece altre caratteristiche: 58 I piedi per protesi per correre si dividono in : Piede Flex Run della Ossur a forma di “C” per distanze lunghe Pi ede Flex Sprint della Ossur a forma di “L” per amputati transfemorali Piede Sprinter’s King di Roadrunnerfoot per amputati transitabili 61 - Larghezza della falcata : l’amputato allarga la corsa rispetto al normodotato, per ricercare un maggior equilibrio e per ragioni morfologiche del moncone (nei casi di monconi prossimali è evidente la postura leggermente ad “X” della protesi). - Lunghezza della falcata inferiore ai soggetti normali per i limiti funzionali legati alla protesi: limitata flessione di ginocchio e anca e assenza di plantarflessione alla caviglia. - Durata fase d’appoggio sull’arto sano, l’amputato rimane un tempo più lungo sull’arto sano per effettuare tutte le correzioni d’equilibrio dovute all’utilizzo di protesi. - Cadenza e velocità dello sprint sono inferiori per i limiti funzionali legati alla protesi. 4.2 LE DIFFERENTI FASI DELLO SPRINT Initial contact CoG nella posizione più bassa, anca flessa e ginocchio quasi completamente esteso, caviglia dorsiflessa (a martello) Mid contact anca e ginocchio avanzano rispetto alla caviglia, inizia la fase propulsiva 62 Toe off istante in cui il piede si stacca dal terreno Mid swing dopo la massima flessione del ginocchio in calciata dietro, la coscia raggiunge la posizione orizzontale Initial contact il ginocchio si estende e si prepara al nuovo contatto con il terreno Nel cammino la fase di stance è circa il 60%, nel running il 30% e nello sprint il 20%. La principale caratteristica dello sprint è la mancanza del double support in funzione del double swing e il contatto a terra a partire dall’avampiede invece che dal tallone 4.3 ANALISI DATI BACINO - ANCA – GINOCCHIO ——————arto sano ————arto con protesi Il Range of Motion del Pelvic Tilt è proporzionale al consumo energetico, infatti durante la corsa l’atleta normodotato conserva una postura costante con il tronco 63 leggermente inclinato in avanti. Gli atleti protesizzati presentano un ROM di circa 25, mentre la media degli atleti normali presenta un ROM di 10. Nel piano sagittale l’arto sano presenta un anticipo nel raggiungimento della massima flessione dovuta ad una strategia di compensazione (dovuta al vincolo invaso). L’anca dell’arto amputato evidenzia una estensione prossima allo zero, minore rispetto ai normodotati (60°) in corrispondenza del toe-off e un valore minore del picco di flessione durante la fase di swing (circa 10-20° meno dei normali) dovuta ai limiti biomeccanici della protesi. Il ginocchio dell’arto sano evidenzia un andamento sinusoidale nella norma, con la sola eccezione di un lieve anticipo nel raggiungimento del picco di massima della flessione (140°) dovuto ad un meccanismo di compensazione dell’arto protesizzato: l’invaso della protesi non consente una flessione del ginocchio superiore a 110° e per questo motivo il ginocchio dell’arto sano deve ruotare più velocemente. Il ginocchio dell’arto amputato non presenta l’andamento discendente in estensione dell’arto sano durante la fase di stance per il fatto che l’allineamento tra invaso e piede conserva sempre una certa flessione di circa 30°. 4.4 ANALISI DATI CAVIGLIA ——-ARTO SANO ——-ARTO CON PROTESI La rotazione della caviglia dell’arto sano rientra nella norma. Il grafico dell’angolo della caviglia del piede meccanico presenta un tratto iniziale durante la fase di appoggio con una minore dorsiflessione dovuta alla forma e all’elasticità del piede meccanico, un tratto quasi orizzontale durante la fase di volo dovuto al mantenimento dell’angolo fissato dal profilo del piede. Inoltre si registra una asimmetria di spinta tra l’arto sano e l’arto con la protesi. Questa analisi è stata fatta per rendere noti i deficit e gli adattamenti da poter effettuare per migliorare la 66 Eros Marai, ndr). Per i campionati italiani di Rieti, a luglio, Simone potrebbe giocarsi già l’oro sui 100m e 200m con Emanuele e Andrea Lanfri” sottolinea La Rosa. Il 25 enne (ne compirà 26 il 15 settembre) è ora tra gli osservati speciali al meeting internazionale di Savona di mercoledì 25 maggio. “Il mio obiettivo è migliorare nelle due specialità, magari avvicinarmi ai ” sui 100 e ai ” sui 200 m. E prepararmi così in crescendo verso gli Europei”. L’atleta di Monza non parla di possibili medaglie, solo testa bassa, umiltà e lavoro: “Mi alleno 6 giorni la settimana, circa 3 ore al giorno, di cui 4 in pista e 2 in palestra. Rio? No, è ancora troppo presto per le Paralimpiadi, servono tanto allenamento e costanza”. Un risultato da possibile podio europeo non è invece escluso, anche se Simone è concentrato sui margini che ha per abbassare i crono: “Devo migliorare soprattutto nella partenza e poi nella potenza sulle gambe. Avendo iniziato da poco, la strada è ancora lunga”. Ma chi ben inizia è a metà all’opera, figuriamoci per chi ha iniziato molto ben... Savona sarà anche un test importante per misurarsi con atleti di livello: “Il meeting di Savona ha validità IAAF e IPC - sottolinea La Rosa - e vi parteciperà il gotha della velocità italiana sia Fidal che Fispes. Vale anche per le qualifiche a Rio. Interessante è la pista molto veloce con rettilineo bidirezionale che ha ottenuto l’omologazione statunitense”. 5.2 LA STORIA DI MARTINA CAIRONI È giovane, ha una risata contagiosa, scrive con emoticon, è diligente, ha battuto il record del mondo nei cento metri alle Paralimpiadi di Londra, è salita sul gradino più alto del podio e ha provato a sbucciare la sua medaglia d’oro. Ma dentro, come ha confidato lei stessa, non ha trovato cioccolata. Martina Caironi, solare ragazza della classe 1989, cinque anni fa è rimasta coinvolta in un incidente stradale che le ha causato l’amputazione della gamba sinistra all’altezza del femore. «Dopo un incidente del genere le prime cose che pensi sono quelle che non puoi più fare», racconta Martina, che porta quella notte suggellata nel profondo dell’animo. «Una volta uscita dall’ospedale inizi a confrontarti con la realtà e sperimenti i tuoi nuovi limiti. Prima di poter pensare a correre ho pensato di ricominciare a camminare, una cosa per volta. E, appena imparato a camminare, non mi è più bastato». 67 Partendo dalla sala operatoria, la giovane di Alzano Lombardo ha a poco a poco infranto barriere che sembravano insuperabili: «Mi arrabbiavo ogni volta che perdevo il pullman per cinque metri, così ho cominciato a pensare che una corsettina non mi avrebbe più fatto perdere il bus. E ho voluto provare a correre». Martina ha sempre amato gli sport, ma è a Budrio, in provincia di Bologna, che nasce la voglia di provare la pista d’atletica. «Quando ero nel centro specializzato di Budrio per la mia prima protesi da cammino ho visto i cartelloni degli atleti amputati e il mio cervello ha iniziato a elaborare anche questa possibilità di riprendere a correre. Dopo poco tempo mi sono informata e poi c’è stata una reazione a catena dopo l’altra: mi hanno presentato tecnici come Alessandro Kuris che a loro volta mi hanno fatto conoscere altri, fino ad arrivare al mio allenatore attuale, Mario Poletti. Lui mi ha coinvolta e motivata, trattandomi fin da subito come un’atleta e non come una disabile. Questo mi ha aiutata davvero a sentirmi abile come prima. Quindi pian piano, con le dovute strumentazioni – una protesi da corsa sponsoizza- ta dal CIP – ho iniziato a correre e ad allenarmi sempre più. E ha iniziato anche a piacermi». Studio e allenamento, tecnica scientifica, materiali all’avanguardia e tanto sudore. La corsa per le Paralimpiadi di Martina prosegue tra lacrime e sorrisi. «La “scelta” della protesi da cammino è caduta sull’Austria, per conoscenze mie e per l’avanguardia dei materiali lì utilizzati. Il soprannome che anni fa le diedero le mie amiche è Berta, per sdrammatizzare un po’ tutto quanto e riderci anche su. La protesi per correre mi è stata fatta a Budrio e la soprannomino Cheeta, che è una specie di ghepardo africano, come fa Pistorius per le sue, ma dovrò cambiarle nome prima che mi chieda i copyright». “Trovata la protesi, occorre lavorare sulla spinta della protesi e allenarsi, allenarsi, allenarsi. Dal libro Balde Runner di Oscar Pistorius ho trovato molti spunti che mi hanno aiutata a correre, ma mi aiutano anche i libri universitari: studio Mediazione Culturale e i testi d’esame mi tengono incollata alla sedia fino al momento in cui, esausta, mi alzo ancor più motivata per andare a correre e staccare un po’. La sua corsa è stata un miglioramento continuo. Da promessa dell’atletica, ha siglato e infranto più volte dal 2008 a oggi il record italiano, nel 2011 hai vinto il titolo mondiale, successivamente ha battuto il record del mondo sui cento metri piani, oro a Londra 2012, abbassando ancora il tuo primato. (7s) 68 5.3 LA STORIA DI GIUSY VERSACE Giusy Versace è bella, solare, con un sorriso luminoso, la tipica bellezza mediterranea con capelli nerissimi e carnagione scura. Studia lingue a Reggio Calabria, gioca a tennis e fa anche spinning. E’ una ragazza in gamba, sa cavarsela da sola. Si trasferisce a Londra dove svolge mestieri umili, la cameriera, la commessa, la baby-sitter. Il papà di Giusy Versace, Alfredo, è il cugino dei più noti Gianni e Donatella, gli stilisti. Anche lei entra nel mondo della moda ma seguendo i consigli di un nonno lavora però per una casa concorrente, non per quella di famiglia. Giusy Versace è una “retail supervisor”: gira il mondo, prende aerei, noleggia automobili, grandi alberghi, non esistono orari. Vive il sogno di molte ragazze della sua età, una ragazza in carriera, con un bel lavoro, a cui la vita sembra dare tanto. Un giorno di agosto un temporale fortissimo investe l’autostrada che collega Salerno a Reggio Calabria. Giusy Versace è in automobile, un viaggio di lavoro, come sempre. L’attimo fatale. La vettura sbanda, finisce contro il guard rail. L’abitacolo non regge all’urto… I dolori sono fortissimi. Giusy è sempre stata una ragazza devotissima alla Madonna. E a Lei si aggrappa. La invoca. La voglia di vivere è troppo forte. La Madonna le da la forza. 71 FEBBRAIO Lunedì 2 Riscaldamento Stretching Core stability 20’ 3x30m skip 3x (60-80-100) rec. 3’ nella serie – 6’ tra le serie Venerdì 6 Riscaldamento Stretching Core stability 20’ 100-150-200-150-100 rec. 6’ Mercoledì 11 Riscaldamento Stretching Potenziamento: 3×12 divaricate sagittali 60-80-100-120-150-200 rec. 3’-4’-5’-6’-6’ Venerdì 13 Riscaldamento Stretching -Forza 4×10 pressa 6x(2x60m) rec. 1’-3’ Lunedì 16 Riscaldamento Stretching Potenziamento: 3×12 divaricate sagittali 2x(100-150-200) rec. 5’- 10’ Mercoledì 18 Riscaldamento Stretching -Forza 4×10 pressa 2x(60-80-100) rec. 4’-8’ Giovedì 19 Riscaldamento Stretching Potenziamento: 3×12 divaricate sagittali 150-200-250-200-150 rec. 6’ Lunedì 23 Riscaldamento Stretching -Forza 4×8 pressa 150-200-150-200-150-200 rec. 6’-8’ Mercoledì 25 Riscaldamento Stretching -Potenziamento: 3×12 divaricate sagittali -Andature specifiche 3x30m skip libero 3x30m skip con elastico 3x30m skip + corsa con elastico 3x20m corsa con elastico + 20m corsa libera 6x2x60m rec. 30”-3’ Venerdì 27 Riscaldamento Stretching -Forza 4×10 pressa 150-200-250-200-150 rec. 8’ MARZO Lunedì 9 Riscaldament o Stretching -Forza: 4×10 pressa 6×200 rec. ’ Martedì 10 Riscaldamento Stretching - Potenziamento : 3×12 divaricate sagittali -Andature specifiche 3x30m skip libero 3x30m skip Lunedì 16 Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 150-200-250- 200-150 rec. 8’ Lunedì 23 Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 6x200m rec. 6’ 72 MARZO con elastico 3x30m skip + corsa con elastico 4x (100 + 60) rec. ”- ’ Martedì 24 Riscaldament o Stretching - Potenziament o: 3×12 divaricate sagittali -Andature specifiche 3x30m skip libero 3x30m skip con elastico 3x30m skip + corsa con elastico 3x60m corsa ampia 3x60m corsa rapida 4x60m velocità Venerdì 27 Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 60-80-100- 120-150-200 rec. 3-4-5-6- ’ Lunedì 30 Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 150-200-250- 200-150 rec. 6-8’ APRILE Venerdì 4 Riscaldamento Stretching Andature varie Allunghi: 3×60-3×80- 2x100m Martedì 7 aprile Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 6x200m rec. ’ Lunedì 13 aprile Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 3x60m 3x80m 3x100m rec. ’ nella serie – ’ Martedì 14 aprile Riscaldamento Stretching Andature varie -Prove partenze 6 prove partenze 73 APRILE tra le serie libere 3x30m con start 3x60m con start Mercoledì 15 aprile Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 150-200-250- 200-150 rec. 8’ Lunedì 20 aprile Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa 100-150-200- 200 rec. ’ Lunedì 27 aprile Riscaldamento Stretching Andature varie -Prove partenze 3x60m MAGGIO Sabato 2 maggio Riscaldamento Stretching -Potenziamento: 3×12 divaricate sagittali 60-80-100-120-150-200 rec. 5’-6’-8’-10’-10’ Lunedì 4 maggio Riscaldamento Stretching -Forza: 4×10 pressa kg 15 150-200-200 rec. 12’ Mercoledì 6 maggio Riscaldamento Stretching Andature varie -Prove partenze 3 prove partenze libere 3 prove partenze con start 3x50m con partenza blocchi e start Sabato 9 maggio Lodi – Campionati di Società FIDAL – Fase Regionale 100m – 14”56 Domenica 10 maggio Lodi – Campionati di Società FIDAL – Fase Regionale 200m – 28”85 (nuovo record italiano T43) Martedì 12 maggio Riscaldamento Stretching -Forza: 4×8 pressa Andature varie -Prove partenze 4 prove partenze libere 6 prove partenze con start 3x30m con partenza blocchi e start 3x60m con partenza blocchi e start Giovedì 14 maggio Riscaldamento Stretching Andature varie 100-100-150-200 rec. 8’ Giovedì 21 maggio Riscaldamento Stretching Andature varie -Prove partenze 6 prove partenze libere 6 prove partenze con start 76 Vince comunque la medaglia d'oro alle Paralimpiadi di Pechino nei 100 metri, nei 200 metri e nei 400 metri. Soprannominato "The fastest thing on no legs", Pistorius detiene il record del mondo per amputati, su tutte e tre le distanze su cui corre. Dopo diversi anni, il sogno olimpico di Oscar Pistorius si tramuta in realtà in occasione dei Giochi di Londra 2012: a venticinque anni l'atleta sudafricano è il primo atleta paralimpico nella storia dei Giochi Olimpici a partecipare a una gara, nello specifico la staffetta 4 x 400. 1.1 COME SI ALLENA OSCAR PISTORIUS L’obiettivo è scendere sotto i ″ nella seconda tranche di gare (agosto/settembre) del 2011, al fine di ottenere il minimo di partecipazione ai Campionati Mondiali di Daegu 2011 ″ ) e magari già di avvicinare il tempo per le Olimpiadi di Londra 2012 ″ ). Di seguito riportati due mesi di allenamenti di Pistorius un anno prima delle Olimpiadi. Come si può notare facendo dei paragoni con i programmi visti in precedenza degli altri velocisti, troviamo un diverso approccio verso i mezzi utilizzati per la forza, infatti nell’allenamento utilizzato da Pistorius troviamo squat - 1/2 squat e squat -jump.(10.s) MAGGIO-GIUGNO Sabato 29 maggio Mattina 3x500m (300m – rec. 1’ – 200m) rec. 7’ (200m – rec. 1’ – 200m – rec. 1’ – 100m) rec. 7’ (400m – rec. 1’ – 100m) Domenica 30 maggio Mattina Velocità 50m+80m+50m – rec. 8’ – 50m+100m+50m – rec. 8’ – 50m+80m+50m – rec. 8’ – 50m+80m+50m Giovedì 3 giugno Mattina 7x100m allungo, recupero di passo Pomeriggio Forza 6 serie (8 ½ squat veloce 80 kg + 10 good morning veloce 2×12 kg + 5 balzi su plinto) Venerdì 4 giugno Mattina 450m – rec. 7’ – 350m – rec. 7’ – 250m – rec. 7’ – 250m Sabato 5 giugno Mattina 2x100m (rec. 2’) – rec. 5’ – 2x150m (rec. 2’) – rec. 8’ – 1x250m Domenica 6 giugno Mattina Stretching + core stability Pomeriggio 6x100m allungo, recupero di passo Lunedì 7 giugno Mattina 3x300m rec. 12’ Martedì 8 giugno Mattina 4x250m rec. 8’ Pomeriggio Stretching + sauna Mercoledì 9 giugno Mattina Velocità 6x40m – 4x60m – 1x350m Giovedì 10 giugno Mattina Stretching + core stability Sabato 12 giugno- Domenica 13 giugno Bottrop (Germania) – Campionati tedeschi paralimpici Lunedì 14 giugno 6x150m allunghi 77 MAGGIO-GIUGNO Martedì 15 giugno 3x150m riscaldamento (18”-19”) 300m+200m rec. 1’ – rec.7’ – 200m+200m+100m rec. 1’ Mercoledì 16 giugno 200m – rec. 7’ – 200m – rec. 1’ – 200m – rec. 7’ – 150m – rec. 1’ – 150m – rec. 1’ – 200m 17-20 CAMPIONATI ITALIANI PARALIMPICI IMOLA Martedì 22 giugno 3x150m (rec. 3’ attivo) – rec. 9’ – 2x200m (rec. 3’ attivo) – rec. 9’ – 1x200m GIUGNO – LUGLIO Mercoledì 23 giugno 3x150m riscaldamento (18”-19”) 2x (350m + 80m rec. 1’) rec. 12’ tra le serie Venerdì 25 giugno 3x150m riscaldamento (18”-19”) 2x200m (rec. 1’) – rec. 6’ – 1x200m al massimo Sabato 26 giugno 3x150m riscaldamento (18”-19”) 2x300m rec. 12’ Lunedì 28 giugno Velocità 4x60m – 3x80m – 1x250m Giovedì 1° luglio Grosseto – Campionati Italiani Assoluti 1° in gara extra in 46”33 Venerdì 2 luglio 3x150m riscaldamento (18”-19”) 300m + 200m (rec. 1’) – rec. 12’ – 200m +200m + 100m (rec. 1’) Domenica 4 luglio 3x150m riscaldamento (18”-19”) 2x300m rec. 12 Lunedì 5 luglio 3x150m riscaldamento (18”-19”) 4x60m lanciati – 3x80m lanciati Giovedì 8 luglio Celle Ligure – Meeting Arcobaleno 1° nei 400 metri in 46”02 Venerdì 9 luglio Forza: 6×4 panca piana 4x (1/2 squat-jump 110kg + 10 good morning 2×22 kg + 6 lanci palla 5 kg) Core stability Sabato 10 luglio 3x150m riscaldamento (18”-19”) 2x200m (rec. 2’) – rec. 10’ – 1x200m Domenica 11 luglio 2x150m riscaldamento (18”-19”) 4x150m rec. 10 6.2 SUPER “DOTATO” O SUPER ATLETA? Daniele Bonacini, amputato sotto il ginocchio in seguito ad un incidente stradale, atleta protesizzato nelle discipline veloci, campione italiano dei 100m, atleta paralimpico di Atene 2004 e ingegnere meccanico ha iniziato un Dottorato di ricerca presso il Politecnico di Milano nel gruppo del professor Cugini, per studiare le protesi ortopediche utilizzate da soggetti amputati di arto inferiore soprattutto in ambito sportivo: la sua tesi riguarda l’analisi biomeccanica dello sprint di soggetti amputati. Jeremy Wariner 400m 44,12 s Primi 200m, tempo 21,64 s, velocità 9,24 m/s Secondi 200m, tempo 22,48 s , 8,89 m/s Tratto 200-300 m, seconda curva, tempo 10,68 s, velocità 9,36 m/s ultimi 100m tempo 11,80 sec e velocità 8,47 m/s 78 Oscar Pistorius (Golden Gala 2007) 46”90 s Best time 46,78 s Primi 200m tempo 24,06 s e velocità 8,31 m/s secondi 200m tempo 22,72s e velocità 8,80 m/s Tratto 200-300m, seconda curva tempo 10,84 s e velocità 9,22 m/s ultimi 100m tempo 11,88 s e velocità 8,41 m/s Perciò Oscar perde su tutti i parziali dei 400 m e soprattutto circa 2,42 sec nei primi 200m perché meno veloce ( 8,31 contro 9,64 m/s), perché ha una falcata inferiore ai soggetti normali e pari a circa 1,2-1,5 metri, quando a velocità massima raggiunge i 2,04 metri., mentre i normodotati ne hanno una di 2mt e a regime di 2,5 mt. La causa è l’instabilità nei primi appoggi con i piedi protesici. Nei secondi 200m, quelli tanto discussi, avvicina solamente, senza mai raggiungere i tempi e le velocità di Wariner per circa 0,24 sec. Rapportati agli antagonisti del Golden Gala è utile fare un confronto con l’atleta che vince la batteria, per capire che Pistorius non riesce a guadagnare nei secondi 200m ciò che perde nei primi 200m. Perciò una obiettiva valutazione non dovrebbe far altro che quantificare, con la strumentazione adeguata, il reale svantaggio nei primi 200m e il recupero dello svantaggio nei successivi 200m, in modo da poter capire se nella globalità dei 400m esiste un effettivo vantaggio per Oscar. Bruggeman dice: “sotto il profilo meccanico, correre ad altà velocità con quelle protesi garantisce un vantaggio al livello dell'articolazione della caviglia. Ma probabilmente è anche svantaggioso a livello dell'articolazione dell'anca e del ginocchio”. Dopo l’errata valutazione dell’efficienza della caviglia valutata da Bruggeman pari al 90% contro il 60% della caviglia umana, rispetto a quanto riportano tutte le altre pubblicazioni scientifiche, 80% contro 241 % finalmente l’esperto pone l’accento su le articolazioni di anca e ginocchio. Quando il piede meccanico della protesi tocca il terreno, la muscolatura dell’anca dal lato della protesi deve avanzare in modo compensare una forza contraria alla direzione di avanzamento, ricevuta dal terreno: infatti la forza di reazione è anteriore rispetto alle articolazioni di anca e ginocchio; in assenza della plantarflessione caratteristica del piede umano, l’articolazione dell’anca di un soggetto protesizzato compie un lavoro di circa tre volte superiore rispetto al lato dell’arto sano, dimostrato dai test fatti con l’EMG da esperti internazionali. Quindi da quanto detto nello studio sono minori i vantaggi rispetto agli svantaggi prodotti all’uno di una protesi. 81 rendere più spazio ad atleti con la A maiuscola ai quali è dedicata poca importanza e poco spazio rispetto ai normodotati. “Essere disabili significa essere degli artisti pronti a dipingere ogni giorno con dei colori diversi la propria vita. Significa inventare, creare, trovare soluzioni alternative per rappresentare la vita, invece di usare il solito p ennello sulla solita tela, con i soliti colori. Essere disabili significa riuscire a vedere al di là dell’orizzonte, non limitarsi ad osservare la realtà così com’è, come appare”. (Gazzetta 2010) 82 “Ciò che separa i vincitori dai perdenti è il modo in cui una persona reagisce a ogni svolta del destino (Donald Trump)” 83 BIBLIOGRAFIA 1. Nota, A.Rondal, S.Soresi: “La valutazione delle disabilità” Primo volume. Erip Editrice. pag. 68 – 74 2. Davis G.M., Kofsky P.R., Kesley J.C., Shephard R.J. Cardiorespiratory fitness and muscular strength of wheelchair users. Canadian Medical Association Journal. 15,125 : 1317-1323, 1981. 3. Coutts K.D. Heart rates of participants in wheelchair sport. Paraplegia. Feb;26 (1):43-49, 1988. 416. Glaser R.M., Sawka M.N., Young R.E., Suryaprasad A.G. Applied physiology for wheelchair design. J Appl Physiol 48(1): 41-44, 1980 4. Matteo Zanin - convegno sport e salute - La classificazione funzionale nello sport per disabili – 2008 5. Comitato italiano Paralimpico – regolamento 2012 6. Prof. Giancarlo Marcoccia Prof. Mario Poletti Atletica Leggera Paralimpica 7. Lo sprint di atleti amputati : l’analisi biomeccanica, uno strumento per il miglioramento della performance - Ing. Bonacini 8. Aa.Vv., Attività giovanile: manuale per l’allenatore, Atletica Studi, Roma 1984 86 28. Rosati – Piras - Fiorentino, Centri di sport terapia C.O.N.I. Servizio Promozione Sportiva Divisione Centri Giovanili 29. Spirito G., “Sport come agonismo, agonismo come sfida”, in Sporthandicap,Anno II, n. 3, 1985, pp.10-11. 30. Veale L., Alcune considerazioni di base sui principi di adattamento disports particolari agli handicappati, in Aa. Vv., 1981. 31. Venerando A., Lubich T., ed altri, Medicina dello Sport, Società Editrice Universo, Roma, 1980 BIBLIOGRAFIA ARTICOLI 1. Bernardi M., R De Luca, M Marchetti. Cardiovascular fitness evaluetion in wheelchair dependent athletes. Med Sport 1997; 50(suppl 2. Wanlandewijck YC., Spacpen AJ., Lysens RJ. Relationship between the level of physical impairment and sports performance in elite weelchair basketball players. APAQ 1995 : 12 : 139-150 3. Bernardi M., Castellano V., Felici F., Marchetti M. Weelchair dependent athletes: Physical fitness avaluation and eligibility for competition. Third Paraolympic Congress. A World Congress in Disability. Atlanta, Georgia, USA, August 12-16, 1996. 87 4. Bernardi M., De Luca R., Felici F., Marchetti M. Valutazione dello stato di forma in atleti su sedia a ruote. Medicina dello sport50 (suppl1)143-145, 1997. 5. Coutts K.D., Rhodes E.C., MacKenzie D.C. Maximal exercise responses of tetraplegics and paraplegics. J Appl Physiol. 55 (2): 479-482, 1983.. 6. Glaser R.M., Sawka M.N., Young R.E., Suryaprasad A.G. Applied physiology or wheelchair design. J Appl Physiol 48(1): 41-44, 1980 7. Marchetti M. Cardiovascular adjustment in wheelchair paraplegic athletes (WPA). Advances in Sports Cardiology. Edited by Pelliccia A. Caselli, G. Bellotti, P. Spinger-Verlag Italia, Milano 1997. 8. L.A. Malone, Shooting mechanics related to player classification and free throw success in wheelchair basketball. Journal of rehabilitation Reseach and DevelopmetNov/Dic 2002. 9. Bernardi M., Guerra E., Marchetti M Lo sport Paralimpico.., Med Sport 2003;56:201-26; 88 TESTI 1. “Diversabilità, storie e dialoghi nell’anno europeo delle persone disabili”, 2. Andrea Canevaro e Dario Ianes, 2003 Erickson. 3. “L’Educazione degli handicappati, dai primi tentativi alla pedagogia moderna”, 4. Andrea Canevaro e Jean Gaudreau, 1988 Carocci Editore. 5. “Sport per tutti...spazio ai disabili”, Silvia Ghirlanda, 2003 Edizioni delCerro. 6. “Handicap e sport, medicina sportiva per atleti disabili”, Luca Michelini, 7. “Sport con Disabili Mentali”, Luciano Orsatti, 2006 Società Stampa Sportiva. 8. “Apprendimento motorio e prestazione”, R. A. Schmidt, C. A. Wrisberg,2000 Società Stampa Sportiva. 9. “Il basket in carrozzina”, D. Piras, A. Carboni, 1999 Marchesi Grafiche Editoriali. 10. “Classificazioni IWBF: spiegazioni per disegnare le amputazioni” 2002. 11. “ICF: Classificazione del Funzionamento della Disabilità e della Salute dell’ MS”.
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