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Le parole chiavi della pedagogia dell’infanzia, Appunti di Pedagogia

Continuità, cura, routine, curricolo, la famiglia, il gioco…..

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 20/04/2023

Isabella.14
Isabella.14 🇮🇹

4.3

(3)

20 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Le parole chiavi della pedagogia dell’infanzia e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! LE PAROLE CHIAVE DELLA PEDAGOGIA DELL’INFANZIA CONTINUITÀ EDUCATIVA La continuità educativa è un tema che si è progressivamente articolato, nella normativa e nella coscienza professionale degli operatori, parallelamente all'affermarsi delle teorie ecosistemiche dello sviluppo umano, teorie che hanno avuto negli studi di Brofenbrenner il loro paradigma più rappresentativo. Secondo tale prospettiva, l'ecologia dello sviluppo umano implica lo studio scientifico del progressivo adattamento reciproco tra un essere umano attivo che sta crescendo e le proprietà mutevoli delle situazioni ambientali immediate in cui l'individuo in via di sviluppo vive. L'approccio ecologico ha riscosso vasto eco nel mondo dell'educazione influenzando, nel segno dell'educazione continua e permanente, le teorie del curricolo e dei sistemi formativi e la partecipazione dei genitori e degli alluni alle vita delle istituzioni scolastiche. La collaborazione fra apparati istituzionali pre-scolastici, scuola primaria, famiglia e comunità, tuttavia oltre che sulla coordinazione di aspetti organizzativi, curricolari dei modelli didattici, si fonda su una necessità più profonda: tutelare nel bambino quella che Dewey chiamava la continuità dell'lo. Questo concetto prevede l'idea di unità della persona che si mantiene anche in contesti di vita e di socializzazione diversi e diacronici. E. Borgna definisce tale coscienza come la percezione di esistere, di essere nel mondo nella propria unicità e nella propria unitarietà, di essere separato dagli altri, di essere lo stesso nel corso del tempo e di essere autonomo. Principi e valori della continuità: • Accoglienza, come capacità di ascolto, di entrare in relazione per facilitare le transizioni, l'inserimento e 'ambientamento in un nuovo contesto. • Comprensione, come ricerca e riconoscimento, anche attraverso una comunicazione empatica • Negoziazione e confronto, come capacità di modulare continuità e discontinuità secondo un'ottica di transazione, promozione e rilancio delle capacità del bambino. • Valorizzazione: riconoscimento della dignità di ciascuno e anche come potenziamento delle risorse individuali nella prospettiva della piena attualizzazione del potenziale umano Da questa sequenza nasce la differenziazione degli ambienti educativi in funzione dei cambiamenti e dei bisogni che si presentano durante lo sviluppo, possiamo leggere le condizioni transazionali che dovrebbe possiede un ambiente educativo disposto in questo senso di continuità: • famiglia e nido dovrebbero possedere informazioni relative all'inserimento nel nuovo ambiente. • il bambino durante l'inserimento dovrebbe essere accompagnato da una o più persone dell'ambiente familiare e dovrebbero svolgere una funzione di mediazione tra bambino e il nuovo ambiente. • la comunicazione tra la famiglia e il nido dovrebbe continuare in entrambe le direzioni per potersi scambiare informazioni. • le richieste del nido e della famiglia rivolti al bambino dovrebbero essere compatibili. Sotto il profilo pedagogico l'idea di continuità ha interessato diverse dimensioni: • continuità curricolare è una capacità che consiste nel collegare tutte le parti del sistema formativo conservando alcuni aspetti pedagogici fondamentali, la continuità non è uniformità ne mancanza di cambiamento, ma è una linea da seguire per uno sviluppo logico e coerente • continuità professionale riguarda le competenze comuni e trasversali che contrassegnano la figura del docente nei vari aspetti della formazione degli alunni • continuità di sistema dell'offerta formativa data da più istituzioni che deve essere compatibile e omogenea. Nelle istituzioni educative la continuità si realizza in due modi: 1. continuità orizzontale si articola attraverso modalità strumenti e azioni finalizzate a una ricerca costante e dico costruzione e condivisione dei modelli educativi, i principali interventi possono essere colloqui riunioni o attività ludiche. 2. Continuità educativa verticale comprende azioni che vedono impegnati gli adulti dei vari contesti educativi secondo una logica di rete, in particolare ricordiamo interventi come la collaborazione tra docenti/educatori dell'anno precedente e dell'anno successivo. Cura La routine come pratica di cura La prima esperienza al nido è il raccoglimento. La culla, la casa, il nido. Prestare attenzione allo spazio che accoglie la vita fin dalle origini, è sentire su di se’, l’armonia di luci e colori, di voci e silenzi immaginando le sensazioni che possono suscitare in chi è invaso dalla realtà senza filtri. A rendere promettente l’inizio è dunque l’umile lavoro di cura. La cura in quanto cultura-madre, si esprime nell’intenzionalità di uno sguardo, nella delicatezza di un tocco e nell’intimità della vicinanza. I piccoli gesti si rivelano essenziali per il processo educativo del bambino. Si tratta di aperti sottili che costituiscono i fondamenti dell’esperienza educativa nei servizi per l’infanzia: ACCOGLIERE le prime separazioni dai genitori, INSEGNARE a parlare, INCORAGGIARE la conquista dei primi passi, AVVIARE le prime relazioni di amicizia. In particolare insegnare ad avere consapevolezza di sé, del proprio sentire, delle proprie competenze, dei sentimenti che rappresentano l’essenza della prima infanzia. UN SAPERE ESSENZIALE MA POCO CONSIDERATO Da secoli, nella nostra società sono le pratiche di cura educativa a sostenere i processi di apprendimento, di alfabetizzazione e crescita dei bambini. Ma la cultura non sembra incline a riconoscerlo. In una cultura che esalta ciò che è vistoso occorre saper compiere lo sforzo di recuperare quelle dimensioni che rischiano di rimanere offuscate e quindi rischiano di essere dimenticate. E’ il destino dell’educatrice per quali la combinazione di saperi femminili e cura che produce scarso apprezzamento. Eppure la cura conferisce SENSO NEL MONDO. È la condizione che permette all’essere di fiorire. LA ROUTINE COME PRATICA DI CURA La routine è un lavoro lento, premuroso, dedicato che si esprime non solo in modo prevedibile ma costruisce la trama invisibile e resistente che regge la giornata con apprendimenti, scoperte, espressioni delle proprie capacità, l’intesa e l’affettività. La routine non costituisce solo un criterio di organizzazione del tempo, tanto meno possono essere assunte come un insieme di azioni meccaniche e fredde, esse vanno interpretate come un’espressione non secondaria del lavoro di cura, che devono essere in grado di rilevare impercettibili conquiste nei gesti mettendo in atto più funzioni insieme a quelle di: OSSERVATRICE, contenitore dell’emotività, ORGANIZZATORE dell’ambiente, PROGRAMMATORE del progetto, CONSULENTE dell’educazione. Così si determina un percorso di crescita umana e professionale o al contrario ci si dispone a cadere in preda al BURNOUT. *BURNOUT: È UN INSIEME DI SINTOMI CHE DERIVA DA UNA CONDIZIONE DI STRESS ASSOCIATO AL CONTESTO LAVORATIVO. L’ARTE DI DISTILLARE IL SAPERE DALL’ESPERIENZA: UNA RESPONSABILITÀ, UN COMPITO La condizione che permette il benessere della vita al nido è dunque la cura della quotidianità. Questa condizione di rispetto e di attenzione nei sentimenti produce quella particolare forma di benessere che non è azzardato ricondurre alla gioia: si tratta di un sapere raffinato e sfuggente, da distillare con attenzione. L’esperienza che nasce e si sviluppa con il mondo non è fonte di conoscenza ma costituisce l’essenza stessa dell’educazione. Per rendere visibile tale ricchezza occorre rafforzare gli anelli di congiunzione che legano la riflessione alla partica, ma questa non deve essere assunta come una prova d’esame. L’educatrice deve sapere esercitare la teoria con la pratica che si realizza nei modi d’interrogazione, nella riflessività, nella scrittura. La riflessività risponde alla necessità di fare ordine. Le competenze necessarie per dedicarsi ai bambini tenendo conto della diversità di ogni alunno rappresenta un sapere da non dare per scontato. Questa capacità di tenere ogni bambino nel cuore è uno degli aspetti più complessi del lavoro. relazione. Il cambiamento sociale e culturale si nota nella sfida di fare spazio alle famiglie ed entrare più funzione anche di sostegno alle famiglie. Le culture educative familiari Accogliere un bambino significa accogliere i suoi genitori. Il rispetto dl bambino passa attraverso il rispetto dei suoi familiari. I diversi adulti che hanno cura dei bambini possiedono una propria CULTURA EDUCATIVA che resta nei loro pensieri in modo pervasivo. I genitori che entrano col figlio nel servizio recano con sé le esperienze vissute prima e dopo l’accesso alla GENITORIALITA’. Il tema del dialogo tra culture educative s’intreccia anche con le istanze poste dalla presenza di famiglie provenienti da altrove e quindi con la domanda di educazione di bambini extra-comunitari o nati in Italia da genitori stranieri. Pertanto si gioca non solo sulle pratiche di cura o sulla relazione di attaccamento, ma anche sul ruolo dell’adulto educatore, sulle pratiche di interazioni, sulle relazioni tra istituzioni educative, sull’idea relazioni tra istituzioni educative, sull’idea della famiglia, di lavoro, di società. Corresponsabilità e partecipazione Le reti e gli intrecci tra diversi contesti di vita del bambino, svolgono un ruolo determinante per lo sviluppo del bambino stesso. Nella qualità e coerenza dei rapporti intrecciati tra i diversi contesti di vita, risiede un immenso potenziale educativo, per attrezzare i bambini a potenziale educativo, per attrezzare i bambini a vivere in modo armonico e attivo. La positività di tali approcci struttura nel bambino FIDUCIA e una sensazione di APPARTENENZA verso il mondo esterno. L’alleanza con le famiglie rappresenta un processo strategico che permette di mettere In luce l’importanza di tutelare la specificità identitarie educative. Educatrici e genitori svolgono infatti funzioni diverse, è tuttavia necessario che si promuovono processi di integrazione e di rinforzo reciproco. La partecipazione dei genitori è un processo generativo anche rispetto ad altre importanti finalità educative dei servizi quali l’inclusione. I processi partecipativi, non fanno crescere solo le persone, ma anche i contesti. Una scuola inclusiva non solo è sensibile alle diverse culture ma si sa valorizzare. Un percorso da costruire Il rapporto con le famiglie va costruito con costanza, giorno dopo giorno. Nel contesto della scuola dell’infanzia, ad esempio, la partecipazione delle famiglie trova un riconoscimento anche attraverso gli Organi Collegiali che riconoscano ai genitori la possibilità di essere parte attiva e di condividere le responsabilità educative. Questo assetto prevede l’organizzazione di assemblee con i GENITORI, riunioni, noncè l’elezione dei rappresentati dei genitori con lo scopo di favorire la piena partecipazione. Nei servizi ‘’zero.sei’’, il rapporto con le famiglie viene garantito, attraverso altre pratiche ad esmepio alle visite di servizio da parte dei genitori, specialmente prima dell’iscrizione del figlio, gli incotri genitori e genitori, colloqui individuali. Sotto l’impulso delle esperienze nate sul campo, la partecipazione dei genitori ha conosciuto in Italia diverse modalità: • LABORATORI di lingua per mamme straniere • ORGANIZZAZIONE di feste e mercatini • GIORNALINO del servizio • PERCORSI di formazione per genitori Azioni e momenti Il buon incontro tra il servizio, il bambino e la famiglia si costruisce nella quotidianità, in momenti particolari di transizione come quelli dell’accoglienza del bambino in entrata e del suo ricongiungimento con i familiari e quindi del congedo con i suoi familiari. Si tratta di momenti strategici per manifestare attenzione al bambino e alla famiglia, per creare spazi comunicativi, occasioni di confronto e di scambio. Tali momenti possono essere, a titolo esemplificativo, l’ambientamento e i colloqui in particolare. L’ambientamento Rappresenta un momento molto delicato, che segna il primo incontro tra il bambino e il genitore con il nuovo contesto educativo. Il processo è stato soggetto di particolari dibattiti. I protagonisti dell’ambientamento non solo i bambini e le educatrici, ma anche i genitori. Si tratta di una fase molto delicata che richiede un’elevata professionalità da esprimere nella capacità di accoglienza. E’ fondamentale che gli spazi abbiano ‘’odore di mamma’’. Da questo punto di vista le pratiche di accoglienza sono fondamentali per generare un incontro positivo tra il servizio e il bambino, passando per un’attenzione privilegiata alla famiglia, attraverso occasioni di scambio e di condivisione di un progetto educativo. I colloqui il dialogo con i genitori è fondamentale per il consolidamento del rapporto tra la scuola/servizio e le famiglie. tralasciando il primo incontro con la famiglia, in cui si fa conoscere il servizio e lo si fa visitare, si forniscono informazioni organizzative e notizie di natura burocratica, il primo autentico dialogo con i genitori si effettua generalmente in seguito all'atto dell'iscrizione. La conduzione del primo colloquio richiede delle attenzioni particolari, in quanto si caratterizza come un momento di ascolto e di sollecitazione dall'apertura al dialogo da parte dei genitori. In particolare le prime occasioni di dialogo e confronto con le famiglie possono permettere ad educatrici ed insegnanti di raccogliere elementi utili per comprendere le motivazioni che hanno portato la famiglia a scegliere il servizio, i tratti salienti della storia familiare, etc. Cosa ci guadagnano le educatrici? L'apertura allo sguardo dei genitori consegna agli operatori strumenti di autovalutazione e lettura critica del servizio. Cosa ci guadagnano i genitori? La promozione della partecipazione dei genitori e il raffronto tra culture educative costituisce una via privilegiata per attivare le responsabilità genitoriali, arginando forme di delega dovute a insicurezze e solitudini. Si delinea, quindi, l'importanza di accompagnare i vissuti e gli approcci genitoriali verso orizzonti di riflessività e intenzionalità educativa, affinché essi sviluppino maggiore consapevolezza del proprio ruolo educativo. I genitori che prendono parte alla vita scolastica dei figli aderiscono a un discorso più ampio, più pubblico e più comunitario, uscendo da chiusure e rigidità. Cosa guadagna il bambino? La conoscenza della cultura educativa genitoriale permette di comprendere più in profondità il bambino stesso, le sue competenze e il suo percorso di crescita, così come quelle fragilità che emergono con più evidenzia in alcuni contesti di vita rispetto ad altri. La creazione di un'alleanza educativa tra servizio/scuola e famiglia sviluppa nel bambino capacità di adattamento creativo e di resilienza, risorse essenziali per affrontare la vita. IL GIOCO Gioco e Infanzia Pestalozzi, Rousseau, Frobel sono gli esponenti di spicco di un nuovo modo di riferirsi all’infanzia nel quale il gioco assume una valenza importante: nel Novecento con l’apparire di nuove scienze quali la PSICOLOGIA, la PSICOANALISI, l’ANTROPOLOGIA e la SOCIOLOGIA, il gioco diviene soggetto d’indagine attraverso la metodologia delle diverse Scienze Umane. Due sono i contributi fondamentali ad opera di Roger Callois e di uno storico danese Johan Huzinga. Per Callois Il gioco è per Callois un’attività libera nella quale si entra e si esce senza costrizioni: de finalizzata, svolta solo per il piacere di compierla, improduttiva, regolata da norme ben precise e regolabili. Sono queste caratteristiche che rendono il gioco un luogo di emergenza delle attività culturali. Ciò che distingue il gioco da altre attività, non sono tanto le azioni svolte e i materiali utilizzati ma l’atteggiamento dei giocatori mentre giocano. Caillois propone un quadralogo ludico, costruito da quattro categorie ciascuna delle quali è caratterizzata da un particolare atteggiamento del giocatore: agon (competizione) e alea (sfida della fortuna), mimicry (bisogno di finzione e di mascherarsi), ilinx (turbamento della vertigine). I giochi appartenenti a ciascuno delle quattro categorie si dipanano poi lungo un continuum alle cui polarità troviamo paidia (gioco all'insegna della facilità) e ludus (gioco all'insegna della fatica). Questa classificazione dei giochi è utile per comprendere il fenomeno del gioco d'infanzia. Ciascun elemento del quadralogo presenta infatti nella forma di paidia, caratteristiche propriamente infantili: il correre, il saltare, il ricorrersi senza regole precise per l'agon per esempio. Per Piaget L’importanza del gioco nello sviluppo è segnalata in particolare da Piaget. Per Piaget il gioco rappresenta il polo assimilatorio della mente secondo cui le cose del mondo esterno sono utilizzate per esercitare schemi d’azione già padroneggiate; l’esplorazione invece costituisce il fattore che consente la comprensione delle caratteristiche degli oggetti. Tre tipi di gioco si susseguono nell’età infantile: 1. GIOCO D’ESERCIZIO: tipico del periodo sensomotorio, che caratterizza i primi due anni di vita dove il bambino ripete più volte la stessa azione con gli stessi oggetti 2. GIOCO SIMBOLICO: tipico dell’età 2-7 dove il bambino fa finta: rappresenta situazioni, personaggi, ruoli ecc.. 3. GIOCO DI REGOLE: tipico dagli 11anni in su, si tratta dei cosiddetti games ovvero giochi di regole stabilite. Per Piaget il gioco più maturo è quello che i bambini svolgono in gruppo rispettando le regole. Ma più in generale, il gioco che maggiormente contribuirebbe allo sviluppo sarebbe quello nel quale i bambini devono negoziare e trovare un accordo per poter giocare insieme. Questo tipo di gioco favorirebbe il superamento dell’egocentrismo. Per Vygotsky Vygotsky segnala altri aspetti per cui il gioco è una potente molla evolutiva. Questo tipo di gioco aiuta il bambino a controllare i suoi impulsi, sviluppa il pensiero rappresentativo che consente di immaginare che le cose siano diverse da come si percepiscono. Il P.R corrisponde ad una forma di pensiero evolutivo ad esempio per un bambino molto piccolo il bastone è uno strumento da battere e non un cavallo immaginario. Con il gioco immaginativo-simbolico il bambino fa invece predominare il significato rispetto alle caratteristiche dell’oggetto. Gli viene inoltre offerta la possibilità di appropriarsi del mondo dei significati propri della cultura di appartenenza ad esempio perché mai altrimenti due sorelle farebbero il gioco delle sorelle se non stessero esplorando cosa significa fratellanza? Per Vygostky il gioco rappresenta un’area prossimale di sviluppo nella quale il bambino è sempre sopra della propria età media, del proprio comportamento quotidiano, è un’esperienza infantile altamente feconda. Il gioco facilita il controllo degli impulsi attraverso la rappresentazione ludica dell’appagamento dei desideri, consente l’appropriazione personale del mondo dei suoi significati. Nella sua forma simbolica il gioco aiuterebbe i bambini a comprendere e usare correttamente le regole. La tradizione psicoanalitica vede il gioco come la modalità infantile di realizzare desideri irrealizzabili. Esprimere il proprio mondo interno, rappresentando ciò che lo turba ma scambiando le parti, assumendo un rido attivo per liberarsi dei sentimenti negativi come l’odio, la gelosia, e l’invidia. La partecipazione dell’adulto al gioco del bambino è un’occasione preziosa per instaurare con il bambino una relazione di fiducia e di sostegno alla crescita. Per BRUNER il gioco è un aspetto tipico del l'inclinazione dei soggetti immaturi alle novità e all'innovazione che consente di sperimentare nuove modalità comportamentali. Nelle società umane questa tendenza assume una qualità simbolica ossia il gioco è una libera esplorazione dei significati messi a disposizione dalla cultura e aiuta i bambini a comprendere e usare le regole. La tradizione psicanalitica vede il gioco come la modalità tipicamente infantile di realizzare i desideri irrealizzabili ed esprimere il proprio mondo interno, e soprattutto BETTELHEIM io arricchisce con considerazioni i educative: il gioco infantile si appropria del mondo e fa fronte alle difficoltà della crescita, la partecipazione dell'adulto al gioco del bambino è un'occasione preziosa per instaurare una relazione di fiducia. Il gioco nei contesti prescolari Vista l'importanza del gioco negli anni dell'infanzia bisogna riconoscergli un ruolo centrale, ma bisogna chiarire in che senso e in quali direzioni. In primo luogo, riguardo la definizione di CAILLOIS, il gioco deve essere messo al centro di un curricolo per l'infanzia salvaguardando la libertà, la separatezza e il gioco non va usato come un trucco per scopi diversi da quelli ludici. Per dare maggiore valore al gioco occorre creare un ambiente favorevole ossia: 1. spazi non troppo affollati con materiali che possono sollecitare il gioco 2. un clima sereno di positività 3. libertà rispetto ai contenuti del gioco 4. offerta di nuovi materiali Il ruolo dell'adulto non si limita alla predisposizione dell'ambiente e la libertà concessa ai bambini non significa disinteresse, al contrario l'atteggiamento che deve contraddistinguere la modalità di partecipazione dell'adulto può essere sintetizzato nell'espressione "promuovere dall'interno", per fare ciò l'educatore dovrebbe: • dimostrare ai bambini che il loro gioco è importante • mettersi a disposizione dei bambini accettando di partecipare al loro gioco quando richiesto • partecipare al gioco con un atteggiamento coinvolto ed empatico • seguire gli imprevedibili percorsi dell'attività ludica dei bambini senza intervenire rispettando sempre il loro protagonismo • agire nell'area di sviluppo delle abilità ludico-simboliche infantili
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