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Le principali tragedie di Sofocle, Appunti di Greco

Aiace, Elettra, Antigone, Edipo re, Edipo a Colono, Filottete, trama, spiegazione, commento, innovazioni teatrali, passi dei testi

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 30/01/2023

alice-parodi-4
alice-parodi-4 🇮🇹

4.3

(3)

27 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Le principali tragedie di Sofocle e più Appunti in PDF di Greco solo su Docsity! LETTERATURA GRECA - Sofocle, l’Aiace (da pag. 138) Eschilo amava portare in scena un intero mito, a Sofocle invece interessa incentrarsi su un fatto ed un personaggio solo, granitico (es. nell’Edipo, nell’Antigone…), abbandonando quindi la tetralogia. AIACE, la trama: È morto Achille, e si pone un problema: a chi dare le sue armi. Sarebbero dovute andare ad Aiace, ma vengono donate ad Odisseo, che però non era tanto il simbolo della forza fisica, quanto dell’astuzia, possessore di µεντις, l’intelligenza pratica. Aiace lo ritiene un torto inammissibile, ed esce dal campo con l’idea di fare una strage di uomini; quando la dea Atena se ne accorge, interviene, facendogli fare una strage di buoi. Dopo aver fatto ciò, Aiace racconta tutto ad Odisseo, che gli rivela di aver ucciso animali, e non uomini. Realizzando di essersi coperto di ridicolo, ed essendo per lui l’onore la massima virtù, si suicida piantando al suolo la spada e gettandovisi sopra. Così si conclude la prima parte di questo dittico. La seconda parte verte sul tema della sepoltura. C’è chi vuole che sia sepolto con tutti gli onori, come Odisseo, e chi invece, come i due Atridi (Agamennone e Menelao), vuole farne pasto di cani e di uccelli. La tragedia si conclude con la sepoltura, in quanto Aiace è stato un eroe. Secondo i grammatici alessandrini questa sarebbe la tragedia più antica di Sofocle, in quanto il linguaggio è più arcaico rispetto alle altre tragedie, così come il metro impiegato. Il mito di Aiace era un mito molto noto ad Atene, e il nome Aiace compare sia nell’Iliade che nell’Odissea. La cultura che vige nei poemi omerici era sostanzialmente una cultura di vergogna e conformista, mentre nella tragedia diventa di colpa. Aiace è ancora espressione di quella cultura di vergogna, difatti la sua è la tragedia più antica, ancora agganciata al tema arcaico. Il coro è formato dai marinai di Salamina ed il prologo è di tipo informativo, perché offre una certa impostazione ideologica (più che dare notizie). Aiace è l’eroe dell’orgoglio, si macchia di υβρις, va oltre i limiti che gli dei impongono agli uomini. L’atteggiamento di Odisseo: Avrebbe potuto condannare ulteriormente Aiace e anche umiliarlo davanti a tutti i greci, avendo assistito alla scena, ma non lo fa. Anzi, prova pietà. Odisseo diventa il campione della σοφροσυνες: sa accettare la convivenza con gli altri uomini, la fratellanza. L’uomo nei confronti degli dei è un nulla, e la vita che conduce è fatta di illusioni, ecco perché è importante vivere giustamente senza eccessi (come fa Ulisse e come non ha fatto Aiace). Il rapporto tra la υβρις e la νεµησις: Quando Aiace uccide i buoi, si macchia di υβρις (tracotanza). In Sofocle l’idea di υβρις è diversa da quella di Eschilo, le sue tragedie infatti si concentrano non tanto sulla colpa, quanto sulla sconfitta, mentre quelle di Sofocle si concentrano sì sulla colpa, ma anche sulla pietà. L’uomo è veramente artefice del proprio destino? Nel caso in cui lo sia, l’uomo da solo è in grado di essere felice? Qual è il metro di valutazione migliore da adottare quando giudichiamo noi stessi e gli altri? Queste sono le domande che si pone Sofocle. In una società guidata dal saggio, dal σοφος, che sia in grado di creare una società, che sarebbe però basata sulla competizione, poiché il metro di valutazione sarebbe il successo. Tutto questo ha come conseguenza l’utilitarismo, l’egoismo, i rapporti umani basati non sul disinteresse ma sull’utilità. Sofocle critica questa società, che non permette all’individuo di realizzarsi. La figura di Aiace appartiene in parte al mondo omerico, legata al valore, all’αρετη; non accetta compromessi né dà ascolto a qualsiasi discorso che non sia conforme al suo onore. Aiace non è in armonia col mondo che lo circonda, e quando non gli vengono consegnate le armi di Achille sente il suo onore minacciato. Intorno al verso 400, Aiace presenta il suo ideale di vita, e dice che è inutile desiderare una vita lunga, perché una vita lunga non farebbe che aumentare speranze ed illusioni, poiché la morte arriva per forza, e non è detto che i giorni che l’uomo vive in più siano felici. Bisogna seguire il proprio ideale fino in fondo, e quando non sarà più possibile, si dovrà accettare la morte così come si ha accettato la vita. Difatti, Aiace si suicida 😆 . Aiace però ha anche una moglie, un figlio e un padre, ma non si impegna per rispettare i suoi doveri nei confronti della famiglia, nonostante le sollecitazioni della moglie, che tenta di tirarlo fuori dall’isolamento che si è creato, dedito solo alla ricerca della gloria. Questo lo porta anche ad isolarsi Antigone difende una causa giusta: vuole seppellire il fratello; gli dei però lasciano che muoia murata viva. Il pentimento di Creonte è tardivo, arriva quando ormai Antigone è già morta, senza dunque poter salvare il figlio e la moglie. L’UMANESIMO DI SOFOCLE: È un nuovo senso del soggettivo. In un suo canto corale il coro dice che l’uomo è riuscito a creare una società, in cui vi è un continuo progresso grazie all’esperienza e alla ragione. Nonostante ciò però, l’uomo non ha ancora trovato rimedio alla morte. Il progresso dunque non è onnipotente, ma aiuta a vivere meglio e più a lungo. Nel mondo concettuale di Sofocle solo quando le leggi terrene si affiancano a quelle degli dei l’uomo è eccelso. Se l’uomo però separa le due componenti è apolis, cioè indegno della città. Nella realtà sofoclea, che è più avanti rispetto a quella eschilea, vi era una forte crisi dei valori etici tradizionali. Sofocle si rende conto che non si può mantenere la dimensione morale precedente, dunque propone un soggetto che tenga conto non solo dell’utile ma anche degli aspetti più intimi dell’uomo. L’INTERPRETAZIONE HEGELIANA I valori di Antigone (famiglia, diritto umano) e Creonte (stato, diritto divino) non si possono realizzare senza che uno dei due perisca. Sono entrambi legittimi, e il tragico consiste proprio nel fatto che uno dei due debba essere inevitabilmente annientato. Secondo Hegel Creonte non è solo un tiranno meschino, perché nella sua testa agisce per il bene dello Stato. Hegel dice che la tragedia incarna l’opposizione di due mondi, stato (Creonte) e famiglia (Antigone). Creonte rappresenta anche la religione pubblica, Antigone la religione privata, intima. George Steiner individua 5 contrasti: Uomo- donna, vecchio-giovane, società-individuo, vivi-morti, uomini-divinità. Letture da fare sul libro: pag. 177, pag. 181, pag. 183. EDIPO RE, la trama: Rispetta le tre unità di tempo, ed è organizzata come un cold case. Laio e Giocasta avevano avuto una profezia: se avessero avuto un figlio, questo senza saperlo avrebbe ucciso il padre e sposato la madre, generando dei figli che sarebbero stati anche suoi fratelli. Dunque i genitori decidono di abbandonare il bambino, che però viene ritrovato e allevato. Siccome il re di Corinto era senza figli, lo prende con sé e lo cresce come suo figlio. Quando ormai Edipo sarà adulto, un giorno uno dei suoi amici metterà in dubbio la sua paternità; dunque Edipo si reca prima a Delfi per consultare l’oracolo, poi a Tebe per avere delle risposte, ma sulla strada nasce una lite per la precedenza del cocchio, ed Edipo uccide quello che poi si rivelerà suo padre Laio. Edipo prosegue la sua strada e giunge a Tebe, risolve l’enigma della Sfinge, e ottiene di poter sposare la regina, ovvero sua madre. Dopodiché hanno dei figli, tra cui Polinice e Antigone, le cui esistenze saranno segnate dalle colpe del padre Edipo. Si diffonde un’epidemia per via delle colpe di Edipo, e i sudditi si recano dal re, venendo appellati da Edipo come ‘figli’. Edipo e Tiresia si scontrano, l’indovino rivela la verità. Giocasta invita Edipo a non credere alle profezie, rivelando senza volerlo la vera storia di Edipo. Inoltre Edipo scopre di essere figlio adottivo di quelli che credeva essere i suoi genitori biologici. Giocasta supplica Edipo di non indagare oltre, ma egli continua e scopre le sue vere origini. Lui che aveva voluto vedere fino in fondo, dopo aver appreso la verità si acceca con uno spillo e se ne va in esilio. (La ‘continuazione’ è l’Edipo a Colono, in cui Edipo si reca in esilio con la figlia Antigone, che se ne prenderà cura.) La tragedia verrà appunto definita perfetta da Aristotele, non solo perché rispetta le 3 unità, ma anche perché il destino e le azioni dell’uomo si fondono inevitabilmente. Si può infatti interpretare su due piani: il destino voleva che l’Edipo neonato non morisse, ma il pastore non lo uccide per un senso di umanità, dunque il fato e le azioni umane si intrecciano. Sofocle non considera Edipo colpevole, si è trattata di un αµαρτια, un errore. Ma, ‘l’uomo è un nulla, dio è tutto’. Edipo era un campione, che viene annientato solo perché uomo, e dunque esposto al castigo degli dei. Emerge una concezione pessimista della vita, data anche dal periodo in cui l’autore vive (431-404 a.c., guerra del Peloponneso). Di questa tragedia sono state date tante interpretazioni, in primis quella di Freud. Infatti, Freud ritiene che da bambino l’individuo arrivi a provare eccessivo amore per un genitore (nei maschi verso la madre, nelle femmine verso il padre) e odio per l’altro, e che questo sia l’origine di molte nevrosi dell’età adulta. Le azioni di Edipo sarebbero dunque la realizzazione dei suoi desideri inconsci. Secondo altri critica nella tragedia di Edipo vi sono diversi doppi sensi ambigui, usati da Sofocle come giochi di parole, come sdoppiamento. La parole che Sofocle mette in bocca al protagonista hanno un senso nascosto, che vuole significare il contrario di ciò che Edipo dice. Quando Aristotele ricorda i due principali elementi della tragedia, ricorda l’agnizione e il rovesciamento dell’azione, che coincidono. Il riconoscimento avviene solo quando Edipo tramuta nel suo contrario. Il coro all’inizio definisce Edipo pari agli dei, alla fine invece lo definirà uguale al nulla. Testo: Edipo e Tiresia pag. 199 Testo: Edipo e Giocasta pag. 203 Testo: La soluzione dell’enigma pag. 212 Leggi pag. 149-150 Studio del personaggio: Edipo è un sovrano saggio, però è arrivato il trono in maniera anomala, legittima (perché è figlio di Laio, ma questo si scoprirà solo alla fine) e illegittima (perché sale al potere risolvendo l’indovinello della sfinge) → torna il tema del doppio. È poi cittadino di due città e al tempo stesso di nessuna, e sarà poi esule due volte (da Corinto e da Tebe). Gli spetterà così la terra di nessuno. Edipo ha un carattere molto forte, come si percepisce dallo scontro con Tiresia. -Sofocle, Elettra (da pag. 152) Anche Euripide ha scritto un’Elettra, ma quale delle due è stata composta prima? Vi sono tesi contrastanti a riguardo. L’opera si rifà alla saga degli Atridi, che narra il ritorno a casa di Agamennone, ucciso dalla moglie Clitemnestra in accordo col cugino e amante Egisto; l’eroe verrà poi vendicato dai figli Oreste ed Elettra. La trama: Si apre con Oreste accompagnato dall’amico Pilade; Oreste è un giovane desideroso d’azione e il suo obiettivo è vendicare la morte del padre, chiedendo in che modo all’oracolo di Apollo. Nella versione di Eschilo l’iniziativa va agli dei, mentre in quella di Sofocle va a Oreste, gli dei dicono solo come agire. Apollo dice ad Oreste di servirsi dell’astuzia, proprio come aveva fatto Clitemnestra. Dunque Oreste fa finta di essere morto, dal palazzo sente un gemito di pianto provenire dalla sorella (che lo crede morto) e si reca alla tomba di Agamennone. Elettra è disperata per l’uccisione del padre, e ora con il nuovo re Egisto viene trattata praticamente come una schiava; anche lei vorrebbe vendicarsi, ma attende il ritorno di Oreste. -Testamento di Sofocle Primo stasimo, PRIMO CANTO INTORNO ALL’ARA, CORO: Strofe Al cuore di questa contrada dai vaghi corsieri sei giunto, straniero, a Colono la candida, dove il suo volo raccoglie sovente, e l'acuto suo canto il rosignolo rimormora sotto verdissimi anfratti, ora indugiando fra l'edera purpurea, poi nel fogliame sacro ad un Nume, ed impervio, dove miríadi pomi pendono, e il sol non vi pènetra, né vento d'alcuna procella. Qui l'ebbro Dïòniso sempre il piede sospinge insiem con le Ninfe nutrici. Antistrofe Sottessa l'eterea rugiada qui florido cresce e perenne coi grappoli belli il narcisso, serto vetusto alla Diva Demètra, e a Persèfone; e il croco, aurea pupilla. E le insonni fonti, che nòmadi errando nutrono i rivi d'Alfèo, mai non iscemano d'acque: anzi dí e notte si lanciano con le purissime linfe a fecondar le pianure dal seno rupestre. Né aborrono da loro le Muse e le danze; né manca Afrodite, signora dell'auree briglie. Primo stasimo, TERZO CANTO INTORNO ALL’ARA, CORO: Strofe Chi lunga vita desidera, e il limite giusto degli anni sdegna, stolidità nell'anima, chiaro è per me, gli regna. Ché molti eventi i lunghi giorni arrecano piú prossimi ai dolori, né riesce a trovare chi troppo il segno necessario varca dove il piacer dimori. Quella però che tutti soccorre, a tutti uguale assegna il termine, quando ascende la Parca dall'Averno, senza imèni, senza lira, senza danza, è la Morte, che il giorno ultimo avanza. Antistrofe Non nascere è per l'uom ventura massima; e poi, venuto al giorno, colà d'onde ebbe origine, subito far ritorno. Ché quando Gioventú sparve, recando le sue lievi follie, quale su noi travaglio non preme, quale mai colpo si schiva? Discordie, gelosie, risse, battaglie, stragi; e infine, retaggio ultimo esecrabile, è la vecchiaia, priva di vigore, di piacevoli conversari, d'amicizia, che in sé d'ogni tristizia ha la tristizia.
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