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Guerre XVII-XVIII sec. in Europa: potere economico-finanziario e separazione poteri, Appunti di Storia

La lunga serie di guerre in Europa tra il XVII e XVIII secolo, che erano impegnative per i sovrani dal punto di vista economico-finanziario. Il documento illustra come il Parlamento inglese decida il destino del re e come si forma un fronte parlamentare variegato, composto da Presbiteriani, Indipendenti, Levellers e Cromwelliani, ognuno con differenti obiettivi. Le guerre costringevano i re a chiedere fondi al parlamento, che aveva il potere di veto sulle guerre, impedendo così la tenuta di eserciti permanenti e garantendo libertà religiosa e separazione dei poteri. Il cardinale, invece, muove guerra per ragioni politiche piuttosto che confessionali. anche la Guerra dei Trent'anni, la pace di Westfalia e la Guerra di Successione Spagnola, che portarono alla dominazione austriaca in Italia.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 17/02/2022

Lucadifra
Lucadifra 🇮🇹

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Scarica Guerre XVII-XVIII sec. in Europa: potere economico-finanziario e separazione poteri e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Col passare del tempo i monarchi di tutta Europa tentano di esautorare quelle forme di potere alternativo e accentrare il potere nelle loro mani. Questo è un percorso lungo che culmina nel 600 dove alcuni sovrani tentano di mettere in piedi quelle che verranno definite monarchie assolute, in cui il re detiene tutti i poteri senza doverli dividere con altri. Questo avviene perché il 600 è un secolo di guerre continue impegnative per i sovrani dal punto di vista economico-finanziario: guerre che durano a lungo in particolare necessitano di ingenti fondi, per pagare e mantenere gli eserciti. Le casse dello stato non possono sostenere questi costi in quel periodo; perciò, i sovrani iniziano a chiedere soldi alla popolazione instaurando nuove tasse. Questo però li rendeva ricattabili perché se per muovere guerra devono chiedere aiuto le varie classi sociali possono chiedere qualcosa in cambio. A quel tempo le tasse erano pagate dalle classi lavoratrici (contadini, borghesi, artigiani) pur essendo le frange meno ricche della popolazione. Paradossalmente i nobili erano esentati dal pagamento delle tasse a causa di leggi preesistenti medievali: hanno ancora un potere molto forte tanto che i sovrani francesi si trovano in difficoltà coi nobili. In questi anni alcuni sovrani provano così a imporre tasse più eque scontrandosi con la nobiltà affiancati da alleati: le classi produttrici: banchieri, mercanti, artigiani, il ceto borghese, le città. Questo movimento è lento e culminerà con la Rivoluzione francese, in cui la borghesia attaccherà la nobiltà e finirà per attaccare anche il re. Prima ancora la nobiltà verrà esautorata dal potere reale politico. Questi all’inizio del 600 erano ministri, cardinali, funzionari dello stato, generali dell’esercito: non era facile metterli in un angolo facilmente. Il primo passo sarà allontanarli dal governo. LA GUERRA CIVILE INGLESE Alla morte di Elisabetta I Tudor nel 1603 le succede Giacomo I Stuart, figlio di Mary, cugina di Elisabetta regina di Scozia da lei fatta mettere a morte, il quale riunifica i due regni (l’uno calvinista e l’altro anglicano). Questo decide di non imporre un ritorno al cattolicesimo ma di rafforzare la Chiesa Anglicana e di accentrare il potere nelle sue mani, creando dei tribunali regi che fanno capo al re con cui si processano i dissidenti. Inoltre, tenta di muoversi anche in politica estera cercando di replicare le imprese di Elisabetta ma rivelandosi meno capace. La sua politica interna creò un gran malcontento nel paese scontentando vari gruppi sociali. I primi furono i cattolici, che speravano che ripristinasse il cattolicesimo come BloodyMary. Organizzeranno addirittura un attacco terroristico, passato alla storia come Congiura delle polveri, al parlamento britannico in una seduta in cui era presente anche il re. Il piano, quello di farlo saltare grazie a dei barili di polvere da sparo portati nei giorni precedenti nei sotterranei, fallisce. È celebre per la storia di Guy Fawks, uno dei congiurati ricordato come l’anarchico con la maschera. Neanche i protestanti erano contenti: i puritani, in particolare, erano dei calvinisti che intendevano la religiosità in maniera molto radicale che volevano tornare al puro messaggio di Calvino e del Vangelo, poco aperti a diplomazia e compromessi; non perdonavano a Giacomo di aver accentrato la Chiesa Anglicana dato che in questo modo aveva costretto molti ad aderire all’anglicanesimo, così decidono in buona parte di lasciare il paese e di trasferirsi oltreoceano. Nel 1620 i famosi padri pellegrini lasciano l’Inghilterra a bordo della Mayflower fondando un grosso insediamento di esuli inglesi in Massachusetts. La scontentezza che causa Giacomo trova sfogo nel parlamento, nel quale siedono gli esponenti di varie classi sociali che non sempre sono favorevoli alla sua politica; i nobili men che meno ma anche la piccola-media nobiltà terriera (gentry), che aveva iniziato ad amministrare le loro terre non più non lavorando ma ragionando come la borghesia; dunque, assumendo personale per coltivare le proprie terre, investendo, cercando di migliorare la terra accumulando denaro, ragionavano da imprenditori. Questa classe inizia a contrastare le politiche dei sovrani. Questi nodi vengono al pettine con Carlo I, il quale proseguì la politica del suo predecessore in maniera anche più goffa del padre, arrivando a scontri da subito coi parlamentari. Già negli anni 20 del Seicento sciolse più volte il parlamento; durante questo braccio di ferro necessita di denaro per il sostegno economico agli ugonotti a La Rochelle, così, dopo aver chiesto denaro al parlamento e aver ricevuto una richiesta in cambio è costretto a firmare la Petition of Rights, (1628) con cui concede loro alcune prerogative sancite dalla Magna Charta come la preventiva approvazione necessaria della Camera dei Comuni e di quella dei Lord per qualsiasi nuova esenzione di denaro. Questo però continua ad agire come prima aggirando i diritti concessi, varando tasse in modo quasi illegale: l’esempio è quello della Ship Money, una tassa già preesistente pagata dalle città portuali per il mantenimento della flotta. Carlo decise di estenderla a tutte le città del regno (fu possibile farlo perché de iure non era una nuova tassa, quindi non necessitava di approvazione parlamentare) aggirando la norma. Inoltre, diede grande slancio a certi organismi già esistenti nell’ordinamento inglese come la Camera Stellata, un tribunale inglese che giudicava i reati politici, con la quale intimidì i suoi oppositori e la Corte di Alta Commissione che si occupava dei reati di natura religiosa, colpiva i dissidenti religiosi. Nel 1629 Carlo I decide di sciogliere il parlamento per ben 11 anni, non convocandolo più, governando da solo, senza l’accettazione di nessuno. Nel 1639 l’arcivescovo di Canterbury (come papa) William Laud decide di varare un progetto di riforma della chiesa scozzese, accentrando il potere religioso sul modello di quella anglicana, unendola ad essa; gli scozzesi non sono affatto d’accordo, sia perché mal digeriscono di essere assimilati agli inglesi, sia perché calvinisti con una Chiesa Presbiteriana (senza autorità centrale: nei sistemi protestanti non ci sono gerarchie nette, ci sono comunità che si autogovernano). Gli scozzesi si ribellarsi giurando con un patto detto Covenant di sostenere una guerra ad oltranza fino al riconoscimento della loro libertà religiosa: scoppia la guerra civile. Carlo I manda l’esercito ma viene sconfitto, tanto che da nord gli Scozzesi sconfinano in Inghilterra; Carlo necessita di un esercito più forte così è costretto nel 1640 a convocare il parlamento che torna a sedersi sui suoi banchi dopo 11 anni. Questo prima di tutto vuole parlare dei propri diritti così viene subito sciolto (13 aprile-5 maggio): per tale brevità viene detto Corto Parlamento. Dopo poche settimane, venne riconvocato, il re accetta alcune richieste come l’abolizione dei tribunali speciali (camera stellata e corte di alta commissione) e la messa a morte del suo PM, conte di Strafford (governatore d’Irlanda, propone di “reclutare un esercito in Irlanda e portarlo qui per ridurre alla ragione questo regno”). Nel 1641 scoppia una protesta in Irlanda (colonizzata dagli inglesi nei decenni precedenti ma rimasta profondamente cattolica e ostile agli inglesi) che mette in difficoltà ancor di più lo stato; i parlamentari sospettano che sia stata fomentata dallo stesso Carlo affinché gli venissero fatte varare nuove tasse e per tagliare corto sui diritti. Difatti gli irlandesi si ribellano contro i coloni inglesi in Irlanda, esponenti della gentry che voleva esautorare. I membri di questo Lungo Parlamento reagiscono male e presentano al re la Grande Rimostranza in cui chiedono la conferma dei diritti acquisiti oltre che il controllo dell’esercito e la nomina dei ministri. Carlo rifiuta e tenta un colpo di stato, mandando il suo esercito contro il Parlamento. Ci sono 2 schieramenti: Carlo I appoggiato dall’alta nobiltà, la parte più rurale del paese legata alle tradizioni e dai cattolici, i più conservatori dunque; la borghesia, le città, esponenti della gentry, gli yeomen (coltivatori inglesi non nobili) e puritani (dissidenti religiosi), detti Teste rotonde perché portavano i capelli corti mentre per tradizione i nobili li avevano lunghi. Il loro leader, Oliver Cromwell, esponente della gentry, inizialmente era il capo dell’esercito e aveva idee innovative su come ammodernarlo: creò gli iron-sides, fianchi corazzati, reparti di cavalleria corazzata col compito di attaccare durante le battaglie a ranghi molto serrati e questo attacco aveva un impatto molto forte; fece nascere il New Model Army, organizzato con ufficiali nominati dalla truppa, perciò stimato da essi, oltre che con un programma di indottrinamento dei membri dell’esercito, una propaganda religiosa che motiva alla lotta, finalizzata alla difesa della loro fede contro chi vuole togliergli i propri diritti religiosi. Queste innovazioni danno i loro frutti e Carlo I viene sconfitto ripetutamente (battaglia di Naseby) e decide di consegnarsi agli scozzesi sperando che siano con lui più indulgenti; questi però nel 47 lo cedono al parlamento inglese che mette a morte William Laud e deve decidere il destino del re; in questo momento però il fronte parlamentare si spacca: questo era piuttosto variegato, composito, vogliono tutti togliere a Carlo il potere ma i Presbiteriani volevano che la chiesa d’Inghilterra diventasse puritana senza libertà religiosa e che si mantenesse un regime monarchico, altri, gli indipendenti, volevano l’abbattimento della monarchia, una di accentramento del potere fu minacciato da proteste e congiure ma Richelieu usò il pugno di ferro, esiliando gli oppositori politici. Dalla guerra dei 30 anni la Francia uscirà come vincitrice ma essa fu un sacrificio economico per il paese: dovette varare nuove tasse che non piacquero ai nobili (che non le pagavano ma guadagnavano meno essendo impoveriti per causa di queste i borghesi) e alla popolazione: si ebbero nuove Jacquerie. Richelieu riuscì a gestire la situazione grazie a un nuovo corpo di funzionari, gli intendenti: scelti dal re o dal governo direttamente e inviati nelle varie province, dove disponevano di pieni poteri (potevano riscuotere tasse, amministrare giustizia, comandavano la polizia locale) in nome di Richelieu, privati alla nobiltà. Questi diventano dunque molto odiati dalle due nobiltà, che si sentono private dei loro privilegi/compiti. Tra il 1642 e il 1643 morirono PM e re. Salì al trono Luigi XIV, anche lui ancora un bambino e la reggenza viene affidata alla madre Anna d’Austria, che decide di affidarsi a un abile cardinale diplomatico italiano di nome Mazzarino. Questo porta avanti la politica del predecessore ma la situazione è complicata: vari esponenti della nobiltà tentano una rivolta e si assiste a due fronde (termine che forse deriva da fionda, indica una protesta, ribellione). Nel 1648-49 scoppia la fronda parlamentare. Il parlamento inizia a ribellarsi contro gli intendenti che continuano a esigere tasse non approvate dall’assemblea (analogamente alla ship-money degli Stuart), formata sostanzialmente dalla nobiltà di toga, dai nuovi nobili. Questi da Parigi proclamano lo sciopero fiscale e incitano la popolazione parigina alla rivolta. Questa si ribella, esasperata dalle tasse, e re e PM scappano dalla città. Dopo poco tempo la situazione peggiora, arriva una carestia e il popolo parigino si spacca, così Mazzarino riesce a mettere a tacere questa prima rivolta. Ne scoppia un’altra, la fronda dei principi, nel 1650, appannaggio della nobiltà di spada, desiderosa di tornare ad essere l’unica nobiltà. Luigi di Condè, grande condottiero della guerra dei 30 anni, imparentato con Luigi XIV, guidò i rivoltosi, i quali riuscirono a convincere il popolo parigino ad unirsi a loro. Mazzarino di nuovo attendista: lascia la città e attende che si cuociano nel loro brodo. Difatti dopo poco il fronte rivoltoso, molto variegato, si spacca. Un paio di anni dopo tornò a Parigi, riprese il potere e ne uscì addirittura rafforzato. Mazzarino vinse la guerra dei 30 anni, e sconfisse, alleato con Oliver Cromwell, anche la Spagna, ottenendo alcuni territori sui Pirenei (paci di Westfalia e dei Pirenei). La Francia è la nuova grande potenza; inoltre, nella pace vi era una clausola per cui Luigi XIV avrebbe sposato la figlia di Filippo IV re di Spagna, di nome Maria Teresa. LUIGI XIV, IL RE SOLE Alla morte di Mazzarino nel 1661, Luigi XIV prese il potere nelle proprie mani, diventando “il proprio prima ministro”, mettendo fine all’usanza dei re francesi di demandare il potere a potenti governanti. Egli ha un chiaro progetto politico, memore anche di quelli che gli era successo quando era bambino: accentrare il potere nelle proprie mani, centralizzarlo, come attestato dal suo soprannome che lo paragona alla stella che dà vita a tutto, sulla quale come su di lui si basa la vita di tutto il paese (“L’ètat c’est moi!” era il suo motto). Per ottenere questo obiettivo deve ridurre i poteri autonomi interni al paese, sottraendo ai nobili la loro influenza sul territorio. Si inventa perciò un modo originale per esautorare in particolare la nobiltà di spada: la costruzione della celeberrima Reggia di Versailles, la quale per lui aveva un chiaro intento politico. Grazie ad essa spostò la sua residenza fuori Parigi, capitale i cui cittadini erano spesso in subbuglio e lo saranno da lì in avanti sempre più, mantenendo la vicinanza con la città senza avere il fiato sul collo del popolo pressante. Inoltre, essendo la reggia gigantesca, lussuosa e piena di stanze, non era destinata solamente alla famiglia reale e alla sua servitù ma anche ad ospitare molti esponenti della nobiltà, mantenuti dalla corona. Luigi portandoli a Versailles fa sì che questa nobiltà che era molto radicata sul territorio non sia più presente nel proprio feudo, con la propria gente, la quale perde pian piano la reverenza e la memoria di questa figura. Inoltre, questi nel palazzo divengono cortigiani, persone che vivono a corte, immerse in essa che non si occupano di altro. Qui hanno una vita frivola, vacua, partecipano a feste e a riti continuamente che ii tengono impegnati lontano dalla politica. Addirittura, a corte vengono coinvolti in particolari funzioni (come lo svegliare il re, lavargli le mani, annunciargli gli impegni giornalieri) di diversa importanza per la cui acquisizione nascono vane gelosie. Luigi esercitava il potere per via diretta ma chiaramente dovette attorniarsi di vari funzionari che dovevano rendere effettivi i suoi ordini; non può però sceglierli dalla nobiltà di spada perché vuole esautorarla, così come non può dalla nobiltà di toga, così va a pescare tra le file della borghesia, capace e preparata ma vergine della politica. Nelle province si affida agli intendenti di finanza, funzionari di nomina regia che impongono tasse elevate: il pagamento della decima (1/10 del raccolto) e della capitazione (fissa per ogni maschio in età lavorativa a prescindere dal reddito) viene contestato con delle sommosse represse facilmente (movimento dei berretti rossi in Bretagna 1675). Istituisce anche un consiglio superiore ristretto con ministri di stato e segretari. Tra questi risalta la figura di Jean-Baptiste Colbert, che ottenne il titolo di controllore generale delle finanze. La Francia che prende in mano ha una certa egemonia militare e politica in Europa ma a livello economico è indietro rispetto ad Inghilterra e Repubblica delle Province Unite, le quali hanno colonie sparse per il mondo da cui traggono ingenti profitti grazie anche alle compagnie commerciali. Per provare a mettersi alla pari Colbert si affida alla dottrina economica prevalente al tempo: il mercantilismo, il quale prevedeva che la ricchezza di una nazione dipendesse dal cosiddetto surplus commerciale, cioè dal fatto di avere una bilancia commerciale in attivo. La bilancia commerciale è la differenza tra quanto si esporta e quanto si importa; se un paese esporta più di quanto importa è in surplus, ha una bilancia commerciale attiva (è ancora importante questo punto: per questo USA e Cina sono in lotta, gli americani vogliono bloccare le importazioni di prodotti cinesi alzando i dazi su di questi). All’epoca era ritenuto il principale fattore alla base dell’economia di un paese, così Colbert sposa questa dottrina protezionista, dando vita ad una sua filosofia detta Colbertismo, finalizzato appunto ad esportare di più ed importare di meno. 1) Per prima cosa si provano a fondare delle compagnie commerciali ispirate alle Compagnie delle Indie Orientali, le quali però non hanno molto successo poiché arrivano in un mercato già in mano ad altri da tempo; solamente la compagnia del Levante, la quale si occupa dei commerci con gli ottomani, va bene. 2) poi aumentano i dazi doganali (tasse che lo stato fa pagare sulle merci importate), in modo che i beni stranieri costino di più e quindi risultino sconvenienti se rapportati a quelli francesi. Anche qui non si ottiene un gran successo, poiché lo scopo era anche quello di far sviluppare nel paese un artigianato locale di qualità, non presente nel paese. Spesso i produttori locali appartenevano però alla minoranza ugonotta, la quale aveva deciso di emigrare in questi anni. 3) Per rimediare furono istituiti dei regolamenti sulla qualità, i quali avevano il compito di tutelarla con delle imposizioni stringenti; queste regole finiscono però per imbrigliare la produzione, poiché gli artigiani si ritrovano a dover seguire delle procedure standardizzate fisse e immutabili che da un lato non gli permettono di adeguarsi al variare delle esigenze del mercato e soprattutto annullano ogni possibile innovazione, fattore che dava alle merci valore nei porti stranieri. Vi è poi un forte contrabbando poiché non vi è un controllo adeguato dei confini, capace di aggirare i limiti imposti dal potere centrale e vanifica ogni riforma. In Francia poi la dura lotta tra ugonotti e cattolici continua, poiché Luigi permette una serie di persecuzioni nei confronti dei calvinisti, sia di tipo sociale che di tipo politico-fiscale (esclude la possibilità che accedano alle cariche pubbliche, proclama tasse esclusive per loro). Questo comportamento non è motivato da sentimenti religiosi bensì, come quello di Richelieu prima di lui, è finalizzato al suo progetto di accentramento del paese: non basta togliere il potere ai nobili, ogni potentato non può essere tollerato. Nel 1685 infatti abolisce l’Editto di Nantes giustificandosi dicendo che non sia più necessario non essendoci più ugonotti nel paese (falso, si stima che ce ne fossero più di un milione). A causa di queste leggi sempre più stringenti questi emigrano trasferendosi ad esempio in Prussia-Brandeburgo. Ciò rallenta ancor di più il programma di riforme economiche governativo, poiché loro erano la classe sociale più dinamica, anche a causa dell’ottica del lavoro calvinista. Per lo stesso motivo, rifacendosi agli articoli della Chiesa Anglicana sostiene il gallicanesimo, fondato sulle libertà gallicane nei confronti della chiesa romana come il diritto di nomina dei vescovi e perseguita i Giansenisti (seguaci dell’eretico Giansenio, secondo cui solo Dio è responsabile della Grazia) con una campagna che culmina con la chiusura dell’abbazia di Port Royal, luogo di incontro e cultura dove nacque del dissenso per il re. Luigi ha poi grandi ambizioni in politica estera. Per tutta la vita si impegna a ribadire l’egemonia francese nel continente: in quasi tutti gli anni del suo lungo regno ci sono guerre in cui è coinvolto. Le motivazioni non sono più di tipo religioso; a volte sono anche finalizzate a vantaggi economiche ma l’obiettivo primario è quello di ribadire la grandeur francese, il primato sull’Europa, il sogno della monarchia universale. Sono infatti guerre spesso svantaggiose a livello economico e mettono in difficoltà le casse dello stato. Questo problema economico attanaglierà la Francia nel corso dei decenni successivi alla morte del Re Sole e sarà una delle cause che porterà alla Rivoluzione francese. Formò un esercito permanente arruolato (estrazione nelle parrocchie) e stipendiato dal re. Nella pace dei Pirenei con la Spagna, dopo la guerra prolungamento di quella dei 30 anni, si stabilì il matrimonio di Luigi con la figlia del re di Spagna Filippo IV (Maria Teresa). Si inserì anche una clausola secondo cui Luigi rinunciava a ogni pretesa sul trono spagnolo, poiché, nonostante Filippo avesse eredi maschi, essendo comunque i principi francesi nella linea di successione spagnola, erano possibili futuri eredi in caso di buchi dinastici spagnoli. La Spagna in cambio si impegnava a dare una cospicua dote di 500k scudi d’oro. In primo luogo, nel 1667, sulla base del principio di devoluzione vigente nei Paesi Bassi (per il quale sia i figli maschi che le femmine potevano ereditare il patrimonio paterno), rivendicò le Fiandre alla Spagna, essendo sua moglie primogenita del re morto nel 1665. Giustificò la violazione della clausola sulle rinunce territoriali denunciando il mancato pagamento della dote di 500k scudi d’oro. Solo la coalizione formata da Spagna, Inghilterra, Svezia e Olanda lo costrinse alla pace di Aquisgrana nel 1668, a seguito della quale ottenne 12 città nella Franca Contea. Motivazioni economiche ebbe la Guerra di Olanda (1672-78), combattuta a fianco di Inghilterra, Svezia e alcuni vescovi dell’impero contro lo statolder a vita Guglielmo III d’Orange che si difese dall’invasione aprendo le dighe e allagando il territorio. L’Olanda si alleò con altre potenze europee come Prussia, Spagna e Danimarca per contrastare la Francia, che ottenne a seguito della pace di Nimega l’intera Franca Contea, mentre l’Olanda rimase inalterata. La guerra della Lega di Augusta fu combattuta tra l’86 e il 97 contro Austria, Spagna, Olanda, Svezia, Inghilterra, tutte mosse dalla volontà di porre fine al sogno universalista francese e alla sua politica espansionista. In parte ci riuscirono dato che dei territori conquistati nella pace di Nimega mantenne solamente Strasburgo dopo la pace di Ryswick. Nel 1700 Carlo II re di Spagna muore senza eredi, nominando come suo erede Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV, convinto dal nonno ad accettare il trono e divenire Filippo V. Momentaneamente gli altri stati europei stanno a guardare ma poi le cose degenerano quando Luigi dà l’impressione di volersi approfittare della situazione, muovendo le sue truppe verso i Paesi Bassi Spagnoli, territorio contenente le ricche città delle Fiandre con un florido artigianato. Tra il 1701 e il 1713 si combatte la Guerra di Successione Spagnola contro la lega antifrancese (Inghilterra, Olanda, molti stati tedeschi, Impero austriaco, Prussia) e si conclude con una pace nel 1713 a Utrecht in cui si mantiene Filippo di Borbone come re di Spagna (impedendo però l’unione dei regni), ridimensionata con la perdita del Belgio, Milano, Sardegna e Italia Meridionale (territori che vanno agli Asburgo, dando il via alla dominazione austriaca in Italia), della Sicilia (va al Piemonte). Nella pace di Rastadt (1714) la Francia ottiene anche l’Alsazia, la Franca Contea e l’Artois mentre l’Inghilterra inizia il suo progetto di mantenimento degli equilibri europei (senza una potenza egemone) abbinato ad un monopolio commerciale favorito da diritti e basi mercantili come Gibilterra assegnatele. Luigi si spegneva nel 1715 dopo 55 anni di regno accompagnato da maledizioni, insulti e sassi della folla parigina durante il suo corteo funebre. Il suo successore Luigi XV (addirittura suo pronipote) tenterà invano di portare avanti la grandeur francese con pessimi risultati, ponendosi in continuità solamente sul piano delle dispendiose guerre, che contribuirono solamente ad accelerare il processo di bancarotta finanziaria dello stato. LE GUERRE DEL SETTECENTO consolidò il governo di gabinetto, sistema in cui il re non era presente alle riunioni dell’esecutivo e i ministri erano guidati da un PM capo della maggioranza parlamentare. Si passò dunque alla monarchia parlamentare, in cui il PM riferiva al re le decisioni del governo e ne rispondeva al parlamento. Egli risanò le casse dello stato evitando l’ingresso nella Guerra di Successione Polacca (33-38). Molti però volevano l’ingresso nella guerra di successione austriaca, così l’isolazionista si dimise. A sostituirlo fu William Pitt, anche lui un Whig, interventista. L’entrata in guerra in quella dei Sette Anni porterà l’indebitamento e dunque la Rivoluzione Americana. La Russia di Pietro il Grande divenne uno stato assolutistico accentrato. Egli studiò, in incognito nei cantieri navali inglesi e olandesi, le più moderne società europee. Incentivò i commerci, promosse l’innovazione tecnologica e l’economia. Regime autocratico e autoritario, in cui il sovrano non doveva render conto a nessuno di nulla. Sottomise la Chiesa Ortodossa, sottomise la nobiltà terriera, potenziò l’esercito con il quale vinse la Guerra del Nord (1700-21), con la quale strappò il dominio commerciale alla Svezia, potendo finalmente integrarsi con l’Europa con la quale ebbe più commerci. Trasferì capitale a S. Pietroburgo e si affacciò sul Mar Nero, dove indebolito era l’Impero Ottomano. Gli Hoenzollern erano originali della Germania meridionale ma nel corso del Medioevo, come molti altri tedeschi, cercano fortuna ad est, un paese dove c’era spazio per chi aveva ambizioni o cercava lavoro. Spazio vitale, all’origine del Regno di Prussia. la spinta fu diretta dagli Imperatori del Sacro Romano Impero, che crearono la Marca di Brandeburgo e la capitale Berlino (radice slava che ha a che fare con le paludi); il Brandeburgo è un land tedesco oggi, ex Germania est. Lì arrivarono all’inizio del 400 gli antenati di Federico, ottenendo l’investitura a Margravi, insieme al diritto di partecipare all’elezione dell’Imperatore, vassalli dell’imperatore. I Cavalieri Teutonici erano uno di quegli ordini militari-monaci creati per difendere le terre cristiane in terra Santa, reinventati a lottare a Nord, sul Baltico, dove convertivano pagani. Lì conquistarono un enorme spazio, dove sterminarono i pagani e organizzarono l’immigrazione di contadini tedeschi. L’ordine non obbediva all’imperatore, creò un paese detto Prussia con capitale a Konigsberg. Il Gran Maestro era un Hoenzollern e i suoi possedimenti diventarono sua proprietà quando divenne protestante. L’elettore del Brandeburgo ora possedeva due territori distinti, uno proprio e uno del Sacro Romano Impero. Federico Guglielmo, il grande elettore duca di Prussia ottenne importanti vittorie militari nelle guerre del Baltico. Federico I fu il primo a fregiarsi del titolo di Re in Prussia. Federico Guglielmo I, il re sergente, rafforzò l’esercito, introdusse la coscrizione obbligatoria, portando l’esercito a 80.000 effettivi, istituendo il famoso reggimento dei Giganti granatieri di Potsdam. L’educazione di Federico fu l’opposto di quella del re sergente: priva di musica, latino, storia, francese, libri. A 6 anni comandava una fanteria di bambini in uniforme, gli vennero impartiti degli insegnamenti religioso (tranne la Teoria della Predestinazione). Federico fu costretto a costruirsi una biblioteca segreta. Federico a 18 anni aveva un rapporto tanto pessimo col padre che scappò di casa (prima voleva andare in Inghilterra dallo zio Giorgio II) grazie al tenente Von Katte, tanto intimo che qualcuno iniziò a sparlare di loro. Federico venne riportato in Prussia e mandato in prigionia, Katte fu giustiziato mentre Federico fu salvato da Carlo VI d’Asburgo. Nel 1739 scrisse in francese un'opera: l'Anti-Machiavel, nella quale contestava il cosiddetto machiavellismo in politica in difesa del diritto naturale, della pace e di una politica umana retta e giusta; l'opera fu positivamente recensita dal filosofo illuminista francese François-Marie Arouet, detto Voltaire (con il quale il re intratteneva un rapporto di amicizia e corrispondenza), che la pubblicò in Belgio con alcuni rimaneggiamenti nel 1740. Federico si rifaceva nella sua filosofia anche allo stoicismo antico, in particolare alla figura dell'imperatore filosofo Marco Aurelio, del quale ambiva essere un emulo. Anche se durante il suo regno non sempre si attenne ai princìpi professati da giovane (ricevendo l'accusa di ipocrisia), e intraprese guerre di conquista (nonostante avesse sostenuto che «farsi dei nemici per poi vincerli sarebbe come fabbricare dei mostri per poi combatterli; è molto più naturale, più ragionevole e più umano farsi degli amici), comportandosi spesso come un normale monarca assoluto, Federico cercò comunque di non tradire completamente le sue idee, riformando le istituzioni della Prussia in senso moderno e più libero. Federico venne rieducato e sposò Elisabetta di Bruwnisck, una donna con la quale non ebbe mai figli, nipote dell’imperatore. La Guerra dei Sette Anni: Maria Teresa lo definiva un demonio, prese contatti con la regina Elisabetta e con i francesi, rivali di sempre (legati con la Prussia con un trattato di Alleanza che scadeva nel marzo del 56). Federico anticipò tutti ancora, spregiudicato, invadendo la Sassonia, un regno neutrale. Nel 1757, dopo la sconfitta di Kollin contro il maresciallo Daun sembra che Federico sia in una situazione disperata, è depresso, produce un fiume di versi francesi. A Rosbach arriva sul fianco dell’esercito francese, lo annienta completamente (10k morti vs 5k), nasce il mito di Federico il Grande, festeggiato anche in Inghilterra. A Kunersdorf, sull’Oder l’esercito prussiano si impaurisce dei russi “can non volete mica vivere per sempre”, visti come un’orda di barbari: i russi e gli austriaci di Daun lo battono, è in crisi. Federico comincia a essere stanco, invecchiato, è totalmente a corto di generali, il nemico è in casa, Federico da l’ordine di evacuare il governo da Berlino, in Inghilterra ironizzano sulla sua figura dicendolo di nominarla re dell’Ohio. Poi lo salva la sua stessa leggenda: i nemici non credono che sia ridotto così male, era una spanna sopra gli altri attaccava sempre, gli avversari sono troppo cauti, attendisti, anche per le loro pesantissime perdite. 1759: Il maresciallo Saltikov decise di ritirarsi: Federico, da ateo, disse che era il miracolo della casa di Brandeburgo. Rintanato in Slesia, ottiene vittorie di Pirro ma continua a essere raggiunto da nuovi eserciti, sempre più indebolito. L’Europa è stanchissima, se fosse per i generali sarebbe già finita, i generali sono stanchi di perdere contro Federico, ma Elisabetta e Maria Teresa insistono. Poi finalmente muore la zarina e il suo erede Pietro III, ammiratore sfegatato di Federico, che lo divinizza, passa il tempo ad ammirare le sue imprese e a baciare in pubblico il ritratto del re prussiano, non solo firma la pace con la Prussia ma si schiera con lui: la leggenda di Federico lo salva ancora e si alimenta da sola. A quel punto la situazione è ribaltata, Federico può pensare di riprendere l’offensiva! Dopo poco però lo zar abdica a favore della moglie Caterina (nata principessa tedesca, poi la Grande), la Russia esce dalla guerra. Federico però convince con diplomazia il generale russo, magari con tangenti, a non abbandonare il campo di battaglia, a Burghesdorf. A Hubertusburg, col trattato del 1763 la Prussia conserva i suoi confini prima della guerra. Tornato a palazzo incontra la moglie e dice “madame è ingrassata”. Incomincia la metà del regno di Federico di gestore. Non è indebitato, un po’ con sanzioni ai territori occupati, un po’ combattendo al di fuori del regno. Investe così i suoi soldi, in particolare in un palazzo a Pozdan, sia per immagine (non siamo in ginocchio), sia per creare lavoro. Continuò a ingrandire il suo regno, con la Spartizione della Polonia 1772. Essa era uno stato debole con un re eletto da una dieta, non aveva un esercito, non aveva risorse. Federico intavolò trattative con Caterina e Maria Teresa (piange sempre e annette sempre). Alla Prussia un sesto del totale, che le consente di collegare i territori.
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