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Le leggi costituzionali e le riserve di legge: obiettivo, procedimento e limiti, Appunti di Diritto Costituzionale

Le leggi costituzionali e le riserve di legge in Italia, che hanno come obiettivo la modificazione, aggiunta o soppressione del testo costituzionale. Il procedimento per la loro approvazione è diverso rispetto alle leggi ordinarie, e vengono affidate importanti materie alla legge attraverso la riserva di legge. anche dei decreti legislativi e dei decreti legge, atti normativi del governo equiparati alla legge.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/06/2022

edoardo-rossi-31
edoardo-rossi-31 🇮🇹

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Scarica Le leggi costituzionali e le riserve di legge: obiettivo, procedimento e limiti e più Appunti in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! Fonti del diritto: le singole fonti La costituzione e le fonti costituzionali La Costituzione è l’atto supremo dell’ordinamento in quanto posta dal potere costituente: di fronte alla Costituzione, allora, tutti gli altri atti fonte sono subordinati in quanto prodotti da poteri costituiti, ossia previsti e disciplinati dalla Costituzione stessa. La sua caratteristica principale è la rigidità, ciò significa che la Costituzione può essere modificata solo mediante uno speciale procedimento di revisione costituzionale. L’art. 138 Cost. prevede fra le fonti del diritto di rango costituzionale “le leggi di revisione costituzionale e le leggi costituzionali”, prescrivendo per entrambe il medesimo procedimento di formazione. La differenza è quindi solo materiale, riguardando perciò solo il contenuto:  Le leggi di revisione costituzionale, hanno come oggetto la modificazione, aggiunta o soppressione del testo costituzionale;  Le leggi costituzionali, sono sia quelle espressamente richiamate da singole disposizioni della Costituzione, per integrare la disciplina di determinate materie, sia quelle che, tenuto conto dell’importanza della materia, il Parlamento decide di deliberare nelle forme dell’Art.138. Esse affiancano il testo della costituzione pur non facendone parte. Il procedimento di formazione delle leggi di rango costituzionale, è diverso rispetto a quello di approvazione delle leggi ordinarie. Si chiama procedimento aggravato e prevede una duplice lettura da parte di ciascuna camera: 1. La prima lettura si svolge secondo le regole previste per qualsiasi procedimento legislativo, ma con divieto di approvazione in commissione in sede legislativa; 2. La seconda lettura, a distanza non inferiore a 3 mesi (pausa di riflessione), richiede maggioranze qualificate. In questa seconda lettura:  A) Se il progetto di legge costituzionale è stato approvato a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera, esso viene pubblicato nella gazzetta della repubblica a scopo notiziale, senza essere direttamente promulgato dal presidente della Repubblica. Dal giorno della pubblicazione infatti decorrono 3 mesi entro cui un quinto dei componenti della camera o 5 consigli regionali o 500.000 elettori possono richiedere che la legge approvata sia sottoposta a referendum costituzionale. Richiesto il referendum la legge costituzionale è promulgata (nuovamente pubblicata) solo se, nella consultazione popolare, è stata approvata dalla maggioranza dei voti validi. Naturalmente qualora il termine di 3 mesi spiri senza che nessuna richiesta venga presentata, si procede alla promulgazione e alla pubblicazione della legge costituzionale;  B) Se invece il progetto è stato approvato a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, non è consentito richiedere referendum popolare e la legge costituzionale viene senza alcun dubbio promulgata e pubblicata. Esistono, tuttavia, limiti alla revisione costituzionale, direttamente connessi al concetto di rigidità, che segnano il confine fra modificazione della Costituzione (legittimo) e mutamenti della costituzione (illegittimo). L’unico limite espresso è stabilito all’Art. 139 Cost., secondo cui “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Secondo la dottrina prevalente esistono anche limiti impliciti, ossia non espressamente individuati ma con estrema coincidenza con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Sono quei principi che danno identità all’ordinamento costituzionale e, in quanto tali, se intaccati nel loro contenuto essenziale, darebbero luogo non ad una revisione ma a un mutamento costituzionale. Esiste anche un limite logico alla revisione costituzionale, lo è stato ritenuto da parte di alcuni lo stesso Art.138 Cost., un chiaro esempio di limite logico, cioè non rimarrebbe nei limiti della Costituzione andare a revisionare l’articolo che disciplina il principio di rigidità della Costituzione stessa, ciò vale non tanto per l’articolo 138 in sé, ma per i principi ad esso sottesi. Esso potrebbe essere modificato purché siano rispettati tre caratteri essenziali: procedimento che imponga il consenso al di là della maggioranza semplice; decisione ponderata attraverso l’intervento ripetuto di ciascuna camera; possibile coinvolgimento del corpo elettorale. Le fonti dell’unione europea La questione del fondamento costituzionale dell’assunzione da parte del nostro ordinamento degli obblighi derivati dal diritto UE, alla quale va qui collegata la questione dei rapporti fra fonti dell’Unione e fonti nazionali. Le autorità italiane, tanto giurisdizionali quanto amministrative, applicano il diritto dell’unione, in parte direttamente (nel caso dei regolamenti) e in parte previo adattamento dell’ordinamento italiano (nel caso delle direttive); e lo fanno disapplicando il diritto italiano eventualmente incompatibile. Cosi facendo viene riconosciuto il primato del diritto dell’Unione, che la Corte di giustizia europea ha affermato come principio fondamentale insito nella natura stessa dei trattati istitutivi. Nel nostro paese si afferma un’interpretazione della Corte costituzionale secondo cui l’Art. 11 della costituzione sarebbe sufficiente a conseguire trattati con il quale ci si obbliga ad una limitazione di sovranità. Gli unici limiti o cosiddetti contro-limiti, stabiliti dalla Corte costituzionale, sono quelli dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona. Inizialmente, considerando le fonti europee e le fonti ordinarie facente parte dello stesso rango, si utilizzò un sistema d’interpretazione cronologica, successivamente la Corte costituzionale lo ritenne incostituzionale, violando indirettamente l’articolo 11, di conseguenza, il contrasto fra diritto UE e diritto interno viene risolto sulla base del principio di necessaria applicazione del regolamento dell’Unione da parte del giudice comune. Viene messo in chiaro che: il principio di necessaria applicazione del regolamento Ue non implica però che la norma proveniente da fonte interna debba considerarsi abrogata o annullata, partendo dal presupposto che l’ordinamento dell’Unione e quello italiano siano ordinamenti autonomi e distinti anche se coordinati, la Corte costituzionale considera il diritto interno semplicemente non applicabile, se e fino a quando in una certa materia esiste una normativa europea. La legge ordinaria dello stato La legge ordinaria dello stato è fonte a competenza generale, sia pure nei limiti della costituzione: può disciplinare qualsiasi oggetto, fatto salvo quanto è disciplinato direttamente dalla costituzione o da questa attribuito ad altre fonti. Quelle riservate alla legge dello stato vanno infatti considerate materie che riguardano interessi e valori generali, da garantire su tutto il territorio nazionale. La legge è l’atto fonte abilitato a produrre norme primarie che la Costituzione all’Art.70 attribuisce alle due camere. L’Art.117 Cost. pone come limiti generali alla legislazione statale, oltre al rispetto della costituzione, il rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e degli obblighi internazionali. Alla legge la Costituzione affida importanti materie mediante la riserva di legge: tale istituto disegna i casi in cui disposizioni costituzionali attribuiscono la disciplina di una determinata materia alla sola legge, sottraendola cosi alla disponibilità di altri atti fonte ad essa subordinati, in primo luogo i regolamenti dell’esecutivo. La riserva di legge è contraddistinta in due aspetti: a. Aspetto negativo, cioè il divieto di intervenire nella materia riservata da parte di atti diversi dalla legge b. Aspetto positivo, cioè l’obbligo per la legge di intervenire nella materia riservata, sicché essa non può spogliarsi di tale compito a favore di altri atti. Si parla di conversione perché questo è il nome che si da al procedimento attraverso il quale il titolare di un potere, in questo caso quello legislativo, sostituisce l’atto fonte adottato da un altro potere, in questo caso quello esecutivo, che non ne è titolare. In sede di conversione le Camere sono libere di apportare modifiche al testo del decreto. Gli emendamenti approvati dalle Camere, però, hanno efficacia solo pro futuro, ossia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, insieme ad esso viene pubblicato anche il testo coordinato del decreto legge, integrato cioè con le modifiche apportate dal Parlamento. Qualora il decreto decada perché non convertito in legge, il Parlamento può attuare una legge regolatrice dei rapporti e delle situazioni che in fatto si sono determinate nel periodo di provvisoria vigenza dell’atto normativo del governo. L’abuso della decretazione d’urgenza, a partire dagli anni 70’, si manifestò attraverso il fenomeno della reiterazione dei decreti legge, consiste nella trasposizione delle norme di un decreto non convertito in altro decreto adottato alla decadenza di quello precedente, si ebbero così decreti reiterati più di 10 o 20 volte prima che la Corte costituzionale, con la sentenza 360 del 1996, sancisse il divieto di reiterare, cioè di riprodurre lo stesso identico decreto con lo scopo di protrarne l’efficacia nel tempo. La Corte costituzionale affermò che una simile prassi contrastava con elementari principi costituzionali: la straordinarietà e l’urgenza, la provvisorietà del decreto legge, la separazione delle funzioni fra governo e parlamento. Nello stesso tempo la Corte ritenne legittimo ripresentare decreti non convertiti sullo stesso oggetto solo se fondati su presupposti nuovi o caratterizzati da contenuti sostanzialmente diversi. La Corte costituzionale, dopo essersi sottratta per decenni dal farlo, ha cominciato ad esercitare un vero e proprio controllo sulla sussistenza degli stessi presupposti di legittimità del decreto legge: neanche il Parlamento può, con la legge di conversione, sanare un decreto evidentemente privo dei requisiti di necessità ed urgenza, in questo caso infatti il vizio originario del decreto si trasferisce sulla legge di conversione, rendendola illegittima. Nella virtuale impossibilità di impedire al governo di intervenire mediante decreto legge, le Camere hanno sempre finito con il concordare modifiche e aggiunte di oggetti ulteriori in cambio del via libera alla conversione. Un fenomeno sistematico che illustra la lievitazione della decretazione d’urgenza, non sul piano del numero ma dell’estensione dei decreti, e quindi della materia coperta, così facendo i decreti hanno spesso perduto omogeneità e la stessa corrispondenza fra titolo e contenuto. Proprio sotto questo profilo un’importante novità è stata sancita dalla Corte costituzionale, essa ha censurato l’uso “improprio”, del potere di conversione attribuito al Parlamento: nell’apportare modifiche ad un decreto legge le Camere non ne possono alterare l’omogeneità di fondo, introducendo emendamenti del tutto estranei all’oggetto e alle finalità del testo originario. Il referendum abrogativo L’Art.75 Cost. prevede il referendum popolare per l’abrogazione, totale o parziale, di leggi e di atti aventi forza di legge. L’abrogazione pura e semplice non è mai un “non disporre”, ma è un “disporre diversamente”, e come tale costituisce “esercizio di potestà normativa”. Le fonti legislative specializzate Quelle che noi denominiamo fonti legislative specializzate non costituiscono una categoria scientifica autonoma: sotto questa denominazione includiamo fra loro fonti diverse, che nulla hanno in comune se non l’atipicità rispetto a tutte le altre fonti primarie. Sono specializzate quelle fonti che: A) Disciplinano in via esclusiva determinate materie; B) Richiedono procedimenti di formazione diversi dalla legge ordinaria, cioè rinforzati; C) Hanno una forza attiva e passiva particolare. Questo vuol dire che, pur appartenendo allo stesso tipo di fonte normativa, possono abrogare o modificare solo atti legislativi che disciplinano quella medesima materia e non possono essere abrogate o modificate se non da atti legislativi approvati con quel medesimo procedimento di formazione. Fra le fonti specializzate rientrano i seguenti atti legislativi:  Le leggi di esecuzione dei patti lateranensi fra lo Stato e la Chiesa cattolica;  Le leggi che disciplinano i rapporti fra lo Stato e le altre confessioni religiose;  Le leggi di amnistia (che estingue il reato) e indulto (che condona una pena o una parte di essa);  Le leggi di attuazione del principio di equilibrio di bilancio;  Le leggi che attribuiscono forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni ordinarie;  Le leggi che staccano una provincia o un comune da una regione per aggregarla ad un’altra;  i decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni speciali; Le fonti espressione di autonomia degli organi costituzionali Regolamenti parlamentari L’art. 64.1 Cost. stabilisce che “ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti”. I regolamenti parlamentari sono atti fonte di rango primario a competenza materiale riservata (riserva di regolamento parlamentare), in quanto attuano direttamente la Costituzione. Essi disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle Camere, ma anche i loro rapporti con atri organi e soggetti. I regolamenti delle due Camere prevedono a loro volta l’adozione, sempre a maggioranza assoluta, di regolamenti parlamentari speciali che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento di alcuni organi delle Camere. Distinti da questi sono i regolamenti di organizzazione, approvati dall’ufficio di presidenza, essi sono gerarchicamente subordinati al regolamento dell’assemblea, che ne costituisce il fondamento. Nonostante siano atti di rango primario, la Corte costituzionale ha escluso che i regolamenti parlamentari possano essere oggetto del sindacato di costituzionalità, considerando essi espressione dell’autonomia costituzionale garantita alle Camere. Regolamenti degli altri organi costituzionali Una potestà regolamentare per quanto riguarda la propria organizzazione e il proprio funzionamento è riconosciuta anche agli altri organi costituzionali. Per quanto riguarda la corte costituzionale, la l.87/1953 prevede che essa adotti un regolamento per disciplinare l’esercizio delle sue funzioni. La potestà della Corte si può comunque collegare alla sua posizione di supremo organo di garanzia nel nostro ordinamento. Per quanto riguarda la presidenza della Repubblica essa può adottare regolamenti interni per disciplinare l’organizzazione e il funzionamento del proprio apparato amministrativo. Diverso è il caso dei regolamenti interni dell’istituzione governo gli atti di regolamentazione previsti dalla legge hanno natura secondaria: e ciò alla luce della riserva di legge in materia di organizzazione del governo. Per quanto riguarda la presidenza del Consiglio dei ministri, tuttavia, è prevista una generale autonomia organizzativa, contabile e di bilancio, che richiama l’autonomia riconosciuta a Camere, Corte costituzionale e presidenza della Repubblica. Le fonti secondarie: i regolamenti dell’esecutivo I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, ossia subordinate a quelle primarie. I regolamenti non vanno confusi con altri atti normativi che hanno il medesimo nomen iuris: essendo subordinati alle fonti primarie, essi sono cosa del tutto diversa dai regolamenti dell’Unione europea e dei regolamenti parlamentari. Inoltre, la funzione delle riserve di legge previste dalla Costituzione non può che essere quella di delimitare la sfera di competenza fra la legge e il regolamento. Anche se le fonti secondarie, diversamente da quelle primarie, non costituiscono un sistema chiuso, la potestà regolamentare per essere legittimamente esercitata, deve trovare fondamento in una norma di legge che attribuisca al titolare il relativo potere (principio di legalità). Il contrasto fra norma di regolamento e norma di legge deve essere risolto dal giudice ordinario in base al principio di preferenza della legge con conseguente disapplicazione dell’atto regolamentare, mentre spetta al giudice amministrativo dichiarare l’illegittimità del regolamento contrario alla legge e annullarlo con sentenza. Regolamenti del governo Essi sono disciplinati dall’art.17 della l. 400/1988, che distingue i regolamenti del governo dai regolamenti ministeriali e interministeriali. La potestà regolamentare del governo non deve essere prevista da una specifica norma di legge, essendo sufficiente a legittimare l’adozione di regolamenti il riconoscimento operato in via generale proprio dalla l. 400/1988. I regolamenti governativi sono approvati dal Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di stato che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla richiesta, e sono emanati con decreto del presidente della Repubblica. Tutti i regolamenti devono essere sottoposti al visto e alla registrazione della Corte dei conti. Ne sono previsti di vario tipo:  regolamenti di esecuzione, per rendere più agevole l’applicazione di leggi e decreti legislativi e di regolamenti dell’Unione europea;  regolamenti di attuazione e integrazione, per attuare e integrare leggi e decreti legislativi recanti norme di principio;  regolamenti indipendenti, per disciplinare materie sulle quali manchi una normativa di rango legislativo, purché non si tratti di materia comunque riservata alla legge;  regolamenti di organizzazione, per disciplinare organizzazione e funzionamento delle amministrazioni pubbliche sulla base della legge;  regolamenti di delegificazione, denominati anche autorizzati o delegati, essi disciplinano materie non coperte dalla riserva assoluta di legge, i regolamenti di delegificazione svolgono appunto la funzione di ridurre l’area delle materie disciplinate dalla legge, la loro adozione avviene secondo un procedimento diviso in tre fasi: a) deliberazione della legge di autorizzazione del potere regolamentare, che deve determinare le norme generali regolatrici della materia oggetto di delegificazione; essa deve inoltre indicare le norme legislative la cui futura abrogazione è contestualmente disposta; b) emanazione del regolamento di delegificazione; c) abrogazione delle norme legislative vigenti, come disposto dalla legge di autorizzazione, ma l’effetto abrogativo si produce nel momento in cui entra in vigore il regolamento che disciplina ex novo la materia. Particolari elementi di delegificazione sono previsti per determinare l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei ministeri, tuttavia l’organizzazione di quasi tutti i ministeri è oggi disciplinata non da regolamenti governativi ma da regolamenti adottati con decreto dal presidente del Consiglio dei ministri: ciò in base a specifiche disposizioni legislative in materia di riordino dei ministeri, che hanno previsto una procedura semplificata e accelerata, senza il parere parlamentare e, in molti casi, derogando all’obbligo di richiedere il parere al Consiglio di stato.
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