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Le specificità economiche dei settori artistici e culturali, Sintesi del corso di Economia

Riassunto secondo capitolo di Management delle istituzioni artistiche e culturali

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 01/03/2022

AsiaAzzolini
AsiaAzzolini 🇮🇹

4.6

(5)

11 documenti

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Scarica Le specificità economiche dei settori artistici e culturali e più Sintesi del corso in PDF di Economia solo su Docsity! Le specificità economiche dei settori artistici e culturali Due aspetti concorrono a caratterizzare i settori dell’Heritage, performing arts e industrie culturali: 1) La natura di un bene pubblico del prodotto artistico e culturale e la connessa problematica dei diritti di copyright 2) La duplicabilità dei prodotti artistici e culturali e i connessi temi della tecnologia e della industrializzazione La natura di un bene pubblico del prodotto artistico e culturale Una delle caratteristiche peculiari dei prodotti artistici e culturali è la loro natura di beni pubblici, o più correttamente semi- pubblici: i beni culturali non vengono distrutti con il consumo e perciò possono essere fruiti da un innumerevole pubblico senza pregiudicarne la possibilità di fruizione futura. Si tratta ovviamente di una dimensione intangibile del prodotto (un libro si rovina dopo essere stato letto molte volte, così come un disco ecc.) L’accesso ad un’opera d’arte da un numero troppo elevato di visitatori contemporaneamente limita di fatto la fruizione del singolo (una mostra troppo affollata), ma ciò non pregiudica la fruizione che altri possano effettuare in altri momenti o tramite altre tecnologia. Per queste limitazioni si può parlare infatti di natura semi-pubblica. Il fatto che il consumo di un bene privato escluda altri dal goderne comporta che tale bene goda della proprietà di avere un valore di scambio, nel caso di un bene pubblico nessuno sarebbe disposto a pagare un prezzo dal momento in cui nessuno può essere escluso dal goderne. Il tema sollevato da questa considerazione è relativo alla problematica del riuscire a mantenere inalterate le condizioni economiche che hanno consentito la realizzazione di un’opera: se un artista desse forma a una sua idea creando un prodotto ed esso e non venisse compensato dagli sforzi sostenuti attraverso la previsione del diritto ad utilizzarla, si pregiudicherebbe la possibilità di creazione di nuove opere. La soluzione finora utilizzata è quella del copyright, ossia del diritto a definire l’utilizzo dell’opera, compresa l’eventuale remunerazione economica dell’utilizzo. Ovviamente le modalità con cui il diritto di sfruttamento delle opere viene gestito è coerente con le finalità dell’istituzione. Il problema del copyright è tanto più sentito quanto maggiore è la facilità con cui il prodotto artistico e culturale può essere copiato. Il rischio della copia è un elemento che caratterizza gran parte della produzione artistica e culturale: al giorno d’oggi le tecnologie digitali sono un veicolo di distribuzione ma anche uno strumento che facilità la copiatura, basti pensare che si stima che il 95% della musica scaricata attraverso internet sia illegalmente copiata. La duplicabilità del del prodotto artistico e culturale Il processo di produzione e di offerta al pubblico costituisce un elemento fondamentale nella comprensione delle logiche di gestione. Si è evidenziata infatti la possibilità di ampliare il numero di fruitori di un’opera sia trasmettendola sia duplicandola e incorporandola in un supporto in cui possa essere ceduto il possesso per consentirne la libera fruizione da parte di un pubblico la cui ampiezza non è definita dalla capienza di un teatro o un museo, bensì dalle scelte di distribuzione del supporto. Il passaggio da un’opera unica alla possibilità di duplicazione segna un discrimine fondamentale nei processi di gestione delle istituzioni: finché l’opera rimane unica vi sono limitazioni alla sua fruizione che, nel caso di limitazioni spaziali e temporali, si traducono in una minore capacità di generare risorse economiche sia per coprire i costi di creazione e messa a disposizione, sia per consentire nuove creazioni, a meno di non accrescere il prezzo di accesso. A mano a mano che l’innovazione tecnologica offre metodologie di riproduzione via via più economiche, anche i prezzi delle duplicazioni possono diminuire accrescendo sempre più il numero di potenziali acquirenti. Il fenomeno in azione è quello delle economie di scala: il costo complessivo unitario di realizzazione di una duplicazione è decrescente al crescere dei volumi prodotti, così è possibile distribuire su un numero elevato di copie di costi fissi di realizzazione dell’opera, riducendo così l’incidenza di essi sul costo complessivo. Nel caso delle industrie culturali i costi fissi sono particolarmente elevati rispetto a quelli variabili e riguardano in particolare l’ideazione e la realizzazione del prototipo ed eventualmente la sua promozione, i costi di duplicazione sono invece molto contenuti grazie alle nuove tecnologie. La preponderanza dei costi fissi rispetto a quelli variabili rende estremamente rischiosa l’attività delle imprese a causa degli investimenti richiesti in fase di sviluppo dell’offerta e in fame di promozione: nel caso di insuccesso dell’offerta ci sarebbero conseguenze disastrose sui bilanci, mentre in caso si successo si genererebbero profitti elevatissimi. La duplicazione offre la possibilità di fare leva sul prodotto artistico e culturale per realizzare un margine di profitto ampliando al contempo l’accesso al prodotto. La possibilità di realizzare profitti ha reso il prodotto culturale un campo di investimento in grado di remunerare il capitale secondo logiche di mercato e ciò ha introdotto processi di industrializzazione in tutti gli ambiti artistici in cui fosse possibile la duplicazione (editoria, cinematografia, discografia, videogame, industria televisiva e dell’informazione) ma anche in settori come le performing arts e l’heritage. Il ruolo della tecnologia La tecnologia nelle imprese culturali ha una doppia valenza: da una parte gioca un ruolo nella creazione del prodotto, dall’altra ne consente la duplicazione. L’esistenza di diversi settori culturali oggi non sarebbe possibile se non vi fosse la tecnologia che ha consentito di creare i prodotti: si pensi alla cinematografia, alla radio o ai videogiochi. Oggi, grazie alle tecnologie di digitalizzazione delle immagini e dei testi e alla disponibilità delle reti di trasmissione digitali le industrie culturali stanno vivendo un momento di intenso cambiamento che ha impattato le strategie distributive e le modalità di realizzazione dei prodotti (i giornali ora possono, per esempio, introdurre interviste audio e video online). L’emergere di nuove piattaforme distributive digitali nel settore dell’audiovisivo La nascita e l’affermazione di piattaforme digitali per la distribuzione dei prodotti audiovisivi e videogame ha dato la possibilità ai produttori di contenuti, compresi quelli più piccoli, di trovare modalità di accesso al mercato alternative ai tradizionali broadcaster. Le nuove piattaforme sono aperte a operatori di piccola dimensione che possono cedere i diritti di sfruttamento delle proprie opere in cambio di una partecipazione ai ricavi generati dalla piattaforma. Le piattaforme pongono però molteplici problemi: 1) Le piattaforme sono network proprietari, la cui potenzialità deriva dal numero di possessori dei device che consentono il collegamento. In questo modo ogni consumatore costruirà il proprio palinsesto e i possessori delle reti influenzeranno le scelte del singolo attraverso comunicazioni mirate a micro target. 2) L’operare sulle nuove piattaforme impone ai content provider di acquisire la capacità di interagire con il pubblico, aspetto che fino ad oggi è completamente assente nel modo di operare dei content provider. Le problematiche di gestione nelle industrie culturali Le industrie culturali si distinguono dagli altri settori artistici e culturali per la presenza di processi di industrializzazione nelle realizzazione e distribuzione del prodotto, ma se il prodotto culturale è frutto di un atto creativo, approcci gestionali di industrializzazione della creatività risulterebbero poco credibili in termini di efficacia, tanto più se si considera che una delle leve principali delle competizione nei settori creativi è la capacità di innovazione, che non è affatto coerente con le esigenze di standardizzazione richieste dell’industrializzazione dei processi. Le industrie culturali devono riuscire a disporre di prodotti che incontrino il gusto del pubblico e che lo facciano in maniera superiore a quelli della concorrenza, la creatività dell’autore diventa quindi fondamentale: se le imprese del settore volessero riprodurre i medesimi prodotti della concorrenza per paura di insuccesso, il pubblico alla lunga si stancherebbe e sarebbe facilmente attratto da innovazioni della concorrenza. Un altro problema delle industrie creative è quello della difficoltà di prevedere il successo di un prodotto culturale ex ante: “nobody knows”, nessuno può sapere quale sarà la reazione del pubblico ad un nuovo prodotto. Il tema dell’incertezza risulta centrale nella comprensione delle scelte gestionali nelle industrie culturali, il problema trova diverse soluzioni che possono essere riassunte in cinque punti: 1) Maggiore focalizzazione sulle attività di promozione e distribuzione: deve esistere una sorta di separazione tra la creazione vera e propria e tutte le attività che si svolgono per promuovere il prodotto presso il pubblico ritenuto più adatto. L’atto creativo rimane distinto dai processi di industrializzazione, sebbene gli autori siano consapevoli dell’opportunità di avere un pubblico e di aver bisogno di investimenti significativi (si pensi alla produzione di un film dove sono necessari tempi molto lunghi e costi elevati, ciò accresce la pressione sui creativi affinché il prodotto finale sia adeguato al mercato). 2) Ruolo degli intermediari di creatività (gate-keeper): si ha la necessità di un soggetto che contemperi le esigenze creative e le esigenze di mercato, tra questi si trovano i produttori cinematografici, gli agenti teatrali e letterali, gli editor. Tali figure hanno competenze artistiche specifiche accanto a competenze manageriali e sensibilità di mercato. 3) Costruzione di repertori: le imprese adottano la soluzione di disporre di un numero elevato di diversi prodotti da proporre al pubblico costruendo dei repertori, in questo modo le imprese diversificano il rischio, accrescendo la probabilità di avere successo. Dal punto di vista economico due sono le conseguenze: - il successo di un prodotto deve essere in grado di coprire l’insuccesso di altri prodotti in portafoglio - tanto più un’impresa è grande tanto maggiori sono le disponibilità economiche e quindi la capacità di investire contemporaneamente su molteplici prodotti diversi tra loro 4) Utilizzo di format: si sfruttano alcuni elementi invarianti che già hanno dimostrato di avere successo (la presenza di star, la costruzione di un genere e la serializzazione). L’utilizzo di star prevede che l’impresa investa molte risorse nella costruzione di un personaggio noto e apprezzato dal pubblico, che associato ad un prodotto accresce la sua probabilità di successo. La costruzione di generi, che svolgono la funzione di comunicare al pubblico il tipo di prodotto che viene offerto (prima di averlo esperito un prodotto culturale non si può giudicare), grazie al genere il prodotto viene etichettato e il suo target lo può riconoscere. La serializzazione, ovvero lo sfruttamento di una trama di successo attraverso la costruzione di nuove storie con gli stessi personaggi. 5) Integrazione verticale, orizzontale e multisettoriale (controllo dei canali e diversificazione): l’integrazione verticale riguarda il presidio della distribuzione, al fine di garantire uno sbocco sul mercato ai prodotti e una promozione forte nei luoghi prossimi all’acquisto. Accanto all’integrazione verticale, un’altra strada perseguita riguarda l’eliminazione della concorrenza attraverso take- over e fusioni, riducendo il numero di offerte presenti sul mercato e accrescendo così la probabilità di successo del proprio prodotto. L’integrazione multisettoriale riguarda l’ingresso in settori affini presso cui poter valorizzare i propri prodotti: un distributore cinematografico che possegga anche una casa editrice può far promuovere un film sui propri magazine, sfruttando una capacità di comunicazione che per altri avrebbe costi considerevoli. Le dinamiche di settore: edizione, copyright e relazione con il pubblico Molte imprese culturali risultano essere presenti in diversi settori: attraverso il controllo delle fasi più vicine al consumo e attraverso il controllo della comunicazione diventa più efficace l’attività di promozione. Per capire meglio come l’integrazione verticale possa coniugarsi con la necessità di lasciare spazi di libertà ai creatori di contenuti è necessario analizzare il concetto di filiera: essa è data dalle differenti e sequenziali fasi dalla creazione fino al delivery dell’offerta. Le fasi si possono raggruppare in due macroattività: la realizzazione dell’offerta e la sua distribuzione.
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