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Barthes e la morte dell'autore: Saggio del 1968, Appunti di Critica Letteraria

In questo saggio, roland barthes si pone a cavallo tra strutturalismo e post-strutturalismo, affrontando la morte dell'autore. Muovendosi dalla novella di balzac, sarrasine, barthes esplora la perdita d'identità attraverso la scrittura stessa. La scrittura è la distruzione di ogni voce, ogni origine, e l'autore entra nella propria morte nell'atto stesso di scrivere. Barthes critica la critica letteraria che ha puntato l'analisi sull'autore come persona fisica, e propone di concentrarsi solo sul testo, affermando che l'opera è un lavoro d'arte non influenzato dalla vita dell'autore.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 30/06/2022

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aurora-mazza-1 🇮🇹

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Scarica Barthes e la morte dell'autore: Saggio del 1968 e più Appunti in PDF di Critica Letteraria solo su Docsity! Saggio di Barthes del 1968. Barthes si situa a cavallo tra strutturalismo e post-strutturalismo. Con Barthes affronteremo la morte dell’autore. Muove dalla novella di Balzàc , Sarrasine. E poi muove con una serie di domande, coinvolge vari interlocutori (donna, individuo, l’eroe della novella, la psicologia romantica?). Non lo sapremo mai perché la scrittura è distruzione di ogni voca, di ogni origine. La scrittura è il nero-su-bianco in cui si perde ogni identità. E’ chiaro come Balzàc non stia ponendo l’accento su un’identità monolitica dell’autore, bensì sulla perdita d’identità che avviene attraverso la scrittura stessa. Aggiunge poi, non appena un fatto è raccontato per fini intransitivi, la voce perde la sua origine, l’autore entra nella propria morte, la scrittura comincia. Nell’atto stesso della scrittura si verifica la morte dell’autore. L’autore inteso come personaggio moderno prodotto dalla nostra società. La critica dal Medioevo in poi non ha fatto altro che puntare la sua analisi di autore come persona fisica, persona umana, tanto che l’autore regna ancora nei manuali di storia letteraria, nelle biografie di scrittori, nelle interviste dei settimanali e nelle coscienze stesse degli uomini di lettere. Cosa differente è prendere solo un testo senza biografia dell’autore, allora le mie chiavi di analisi dovranno essere più strutturate, mettere in atto un’indagine più profonda. L’immagine delle letteratura diffusa nella cultura corrente è incentrata sull’autore, sulla sua persona, sui gusti e sulle sue passioni. Barthes vuole concentrarsi sul testo sostenendo che l’opera è lavoro d’arte, non di sfogo, la vita dell’autore non deve influire sul testo, perché quest’ultimo è un lavoro tecnico. Barthes aggiunge che si cerca sempre la spiegazione dell’opera sul versante di chi la produce. Non si può credere che attraverso l’allegoria (qualcosa che ci rimanda ad altro fatta da una serie tecnica di passaggi, è un enigma di cui ci vengono fornite le chiavi di soluzione) più o meno trasparente della finzione, l’autore ci voglia dare le sue confidenze. Barthes sostiene che il linguaggio non è la performance del singolo autore perché è il linguaggio stesso a parlare, non l’autore, non la persona. Se l’attenzione non è più sull’autore, ciò che lui deve fare è spersonalizzarsi, cioè non riversare i suoi dati personali in ciò che fa, bensì concentrarsi sulla stesura della sua opera con un approccio tecnico; ciò che gli interessa non è entrare all’interno del suo testo bensì architettare qualcosa solo riguardo la scrittura. Scrivere significa, attraverso una preventiva spersonalizzazione, raggiungere il punto in cui il solo linguaggio agisce nella performance ‘sua’ e non dell’Io. L’autore inteso come autorialità rimane vivo e vegeto, chi muore è l’autore come dati biografici riversati all’interno dell’opera. Se io ancora credo all’autore (come fosse un’illusione) di fatto stabilisco che l’autore viene prima dell’opera. Lo scrittore nasce contemporaneamente al suo testo, la scrittura è al centro di tutto. Il testo è come se emergesse da solo attraverso la scrittura, non attraverso una persona fisica che lo ‘partorisce’. Per lo scrittore, la sua mano, staccata da qualsiasi voce, guidata da un puro gesto di iscrizione, traccia un campo senza origine, o che al massimo ha il linguaggio come punto d’origine, ovvero proprio ciò che mette in discussione qualsiasi origine (biografia, autore…). Un testo è uno spazio a più dimensioni in cui si congiungono svariate scritture, è un tessuto di citazioni provenienti da diversi settori della scrittura. Si innesta a questo punto l’ansia dell’influenza bloominiana. Harold Bloom è un critico controverso che ha parlato di ansia dell’influenza e canone occidentale. L’ansia dell’influenza sostiene che lo scrittore scrive e nel momento stesso in cui scrive è in ansia perché non può fare altro che copiare quanto già fatto; scrivendo ricadiamo in quello che influenza il nostro background culturale. Successore dell’autore, lo scrittore non ha più in sé passioni, umori, sentimenti ma quell’immenso dizionario cui attinge una scrittura che non può conoscere pause.
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