Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Le terme romane, una ricerca bibliografica, Guide, Progetti e Ricerche di Storia Romana

Ricerca bibliografica sulle terme romane

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2019/2020

Caricato il 14/10/2021

_Hermione_
_Hermione_ 🇮🇹

3.2

(9)

65 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Le terme romane, una ricerca bibliografica e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Storia Romana solo su Docsity! Nataly Mangini. Esercitazione di Storia Romana Le terme romane Nascita e sviluppo Nelle origini i Romani, popolo di costumi semplici, non dovevano avere quella particolare cura del corpo che fu in uso presso altre popolazioni antiche. Seneca testimonia infatti (Epistolae ad Lucilium 86, 2) che Scipione non disdegnava di lavarsi in un camerino scuro, poco invitante e, dopo le piogge, con acqua fangosa. L'introduzione di locali specifici per il bagno, non solo nelle case patrizie, ma perfino nelle villae rusticae ad uso degli schiavi, e la moda degli edifici termali aperti a tutto il popolo nelle città è uno dei portati della civiltà greca in Roma. In origine il lavaggio personale era effettuato nelle modeste lavatrinae, primitivi bagni annessi all’ambiente, altrettanto angusto e modesto, della cucina (culina). Ancora Vitruvio nel De architectura formulava il precetto, per le case di campagna, di costruire “balnearia cuniuncta culinae” in modo che fosse “lavationi rusticae ministratio non longe”. Questo privilegio era però permesso solo ai più abbienti e l’austerità repubblicana, che tratteneva Catone il Censore dal farsi il bagno in presenza del figlio, si opponeva ancora alla creazione di bagni al di fuori della ristretta cerchia famigliare. Ma a lungo andare il gusto per la pulizia ebbe il sopravvento sugli scrupoli di pudicizia. È a partire dal II secolo a. C. che apparvero in Roma bagni pubblici divisi, chiaramente, tra uomini e donne. Ecco che allora si viene a creare la distinzione, presente per esempio in Varrone (De lingua latina), tra le pubbliche balneae e i privati balnea. Benefattori del popolo dotarono il loro quartiere di bagni pubblici, impresari ne costruirono per trarre una rendita dal prezzo fatto pagare per l’ingresso; nel 33 a. C. C. Agrippa ne ordinò il censimento: ne risultano centosettanta ed il numero andò sempre crescendo fino ad avvicinarsi al migliaio (Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, rinuncia infatti a contare quelli della sua epoca). La rendita prelevata dai proprietari, o dagli appaltatori era minima e tale restò: un quadrans o quarto di asse; i ragazzi erano dispensati dal pagamento. Nel 33 a. C. C. Agrippa, che era edile, ed al quale per tale carica incombeva l’obbligo di sorvegliare i bagni pubblici (riscaldamento, pulizia, amministrazione), compì un gesto di grande liberalità: assunse su di sé il pagamento di tutte le entrate, il che significava consacrare, almeno per l’anno della sua edilità, la gratuità dei bagni pubblici di Roma. Pochi anni dopo fondò quelle terme che conservano il suo nome e nelle quali l’accesso avrebbe dovuto essere gratuito in perpetuo. Durante l’età imperiale i bagni si moltiplicarono e divennero luoghi soprattutto di piacere; nei tardi regionari romani se ne contano nell’Urbe non meno di novecentocinquanta: resti monumentali di terme giunti fino a noi, talora imponenti e sontuosi, talora come tracce più tenui si trovano in ogni parte del mondo romano. Dopo le Terme di Agrippa furono elevate sul Campo di Marte le Terme di Nerone. Poi Tito eresse le sue a fianco dell’antica Domus Aurea, con un portico esterno che stava di fronte al Colosseo, e di cui sussistono parecchi pilastri con la loro struttura di mattoni. In seguito Traiano edificò sull’Aventino i bagni che decise di dedicare alla memoria dell’amico Licinio Sura; mentre a nord-est delle Terme di Tito, i bagni a cui diede il suo nome e che inaugurò nello stesso giorno del suo acquedotto: 22 giugno 109 d. C. Più tardi furono edificate in successione: le Terme che noi chiamiamo “di Caracalla” ma che non furono da lui edificate (Settimio Severo ne gettò le fondamenta nel 206 d. C., furono prematuramente inaugurate dal figlio Nataly Mangini. Esercitazione di Storia Romana Antonio Caracalla nel 216 e completate soltanto tra il 222 e il 235 da Alessandro Severo); le Terme di Diocleziano e infine le Terme di Costantino sul Quirinale. I grandi complessi termali costituiscono, senza dubbio, il culmine degli edifici rappresentativi costruiti a Roma in età imperiale. Come per i fori, anche per le terme si può constatare che le loro dimensioni andarono progressivamente aumentando. Se le terme di Agrippa e Nerone erano complessi ancora relativamente contenuti, la zona termale realizzata da Traiano sul Colle Oppio raggiunse dimensioni del tutto nuove. Gli ambienti propriamente destinati ai bagni, collocati al centro dell’immensa area, non sono che una parte di un insieme più ampio. Erano difatti circondati da un parco con giardini e palestre, ma verso l’esterno erano racchiusi da una cornice di edifici elevati che li isolava dai quartieri confinanti. I successivi complessi termali di Caracalla e Diocleziano furono ancora più grandi. Le Terme di Diocleziano ricoprivano una superficie di almeno 136000 metri quadrati e probabilmente potevano ospitare in contemporanea 3200 persone. A differenza delle terme di Nerone o Agrippa, erano inoltre collocate all’interno dei quartieri più popolosi della città, inserite pienamente nell’impianto urbanistico. Distribuzione e struttura Ben presto gli edifici termali si iniziarono a diffondere al di fuori dell’Urbe, in tutte le principali città dell'Impero. A differenza di altri edifici pubblici, di norma non sorgevano al centro della città in prossimità del foro o del teatro, ma, come a Roma, erano dislocate nelle zone più densamente popolate, nelle quali bisognava ovviamente trovare spazi adeguati per edificare dei complessi che si volevano sempre più giganteschi. Spesso, a questo scopo, venivano anche demoliti vecchi caseggiati. Vediamo così, per fare qualche esempio, che a nella città nordafricana di Thugga, che sorgeva su una collina, le terme sono un grande complesso situato a grande distanza dal foro; a Cuicul (anch’essa in Nordafrica), il grande edificio termale è costruito nella città nuova, vicino ai quartieri edificati in un secondo tempo; a Thamugadi le terme sono distribuite a macchia di leopardo sull’intero territorio cittadino e a Treviri, infine, i due impianti termali di mole gigantesca sorgono direttamente lungo l’asse viario principale della città. Se confrontiamo impianti termali maggiori e minori con la sessa scala, riscontriamo non soltanto enormi differenze nelle dimensioni, ma anche una grande varietà di configurazioni architettoniche, che vanno da ambienti destinati ai bagni veri e propri a una serie di spazi riccamente decorati, giardini e luoghi di intrattenimento. La potenza economica delle città potrebbe essere letta, con un sufficiente grado di approssimazione, proprio a partire dalle dimensioni degli edifici termali, almeno per quanto riguarda il periodo compreso tra il II secolo d. C. e gli inizi del II. Come ci si aspetterebbe, gli edifici termali più semplici e più piccoli si incontrano nelle province settentrionali, ma il fatto che anche cittadine e borghi agli estremi confini dell’Impero non volessero rinunciare a un proprio impianto termale sta ad indicare come il lusso dei bagni fosse diventato un aspetto fondamentale della vita quotidiana dell’Impero. Le sempre maggiori diffusione e dimensioni degli impianti termali corrispose ad una sempre più complessa struttura architettonica e organizzativa interna. La distribuzione degli ambienti dei bagni pubblici arrivò infine a fissarsi in questo modo: vi era un apodyterium, che serviva come indica il nome greco, da spogliatoio, aveva panche in muratura alle pareti e nicchie dove collocare gli abiti; e poiché le nicchie non avevano chiusura, diveniva necessario un servo che custodisse gli Nataly Mangini. Esercitazione di Storia Romana speciali schiave, erano addette a questo difficile compito e perfezionavano il lavoro con depilazioni, tinture e belletti. L’attività di balneazione e la cura della toletta e dell’igiene personale erano affiancate, nelle terme, all’attività sportiva. Molto praticati erano i giochi con la palla nell'ambiente apposito dello sphaeristerium, che potevano essere differenti: il trigon in cui tre giocatori si lanciavano la palla stando ai vertici di un triangolo; il “gioco della palma” simile alla pelota, in cui si utilizzava la palma della mano come racchetta; l’harpastum in cui si ghermiva la palla agli avversari. La palla poteva essere riempita di sabbia (harpasta), di piume (paganica) o semplicemente d’aria (follis). A fianco dei giochi con la palla si possono ricordare la pratica del pugilato contro un sacco riempito di terra (come testimonia Marziale), la corsa, le manovre con i manubri. Tutte queste attività erano svolte vestendo una tunica o una endromide (leggero mantello sportivo); la lotta atletica invece, per la quale era necessario spalmarsi la pelle di ceroma (un unguento di olio e cera), poi di uno strato di polvere che impedisse di sgusciare dalle mani dell’avversario, si svolgeva tra concorrenti svestiti di ogni indumento. Le lotte, maschili o femminili, avvenivano negli edifici centrali delle terme e le operazioni preliminari negli ambienti detti oleatoria e conisteri. L’atletismo era in stretta relazione con il bagno, che seguiva la lotta, e che di solito si divideva in tre momenti distinti, secondo le testimonianze di Plinio il Vecchio, Marziale e Petronio. In primo luogo il bagnante, che era coperto di sudore, andava a svestirsi, se non l’aveva già fatto, in uno degli spogliatoi o apoditeria dello stabilimento termale; poi entrava in uno dei sudatoria, che fiancheggiavano il calidarium ed attivava la sua traspirazione con il bagno secco di sudore; poi entrava nel calidarium. Quando era pulito ed asciutto si fermava nel tepidarium per graduare il passaggio, e infine si gettava nella piscina d’acqua fredda del frigidarium. Le terme erano organizzate però anche come luogo di vita pubblica ed eventi sociali. Se da un lato il rituale del bagno rispettava una sequenza ben precisa, dall’altro i grandi padiglioni centrali, le piscine, i cortili e i giardini offrivano un’enorme quantità di spazi in cui muoversi e fare incontri. I percorsi, i criptoportici, le sale per gli oratori, gli ambienti per passeggiate e per riposare, le esedre e le biblioteche, tutti integrati nel complesso termale, non avevano nulla a che fare coni bagni; erano strutture diversissime tra loro, destinate all’intrattenimento e allo svago. Le molteplici attività che si svolgevano contemporaneamente nei complessi termali sono testimoniate da una lucidissima descrizione, in chiave polemica, che Seneca fornisce a Lucilio di uno dei tanti bagni pubblici presenti a Roma: Ecco, intorno a me risuonano da ogni parte schiamazzi di tutti i tipi: abito proprio sopra uno stabilimento balneare. Immagina ora ogni genere di baccano odioso agli orecchi: quando i più forti si allenano e fanno sollevamento pesi, quando faticano o fingono di faticare, odo gemiti, e, tutte le volte che trattengono il fiato ed espirano, sibili e ansiti; quando capita qualcuno pigro che si contenta di un normale massaggio, sento lo scroscio delle mani che percuotono le spalle e che danno un suono diverso se battono piatte o ricurve. Se poi arrivano quelli che giocano a palla e cominciano a contare i colpi, è fatta. Mettici ancora l'attaccabrighe, il ladro colto in flagrante, quello cui piace sentire la propria voce mentre fa il bagno, e poi le persone che si tuffano in piscina e smuovendo l'acqua fanno un fracasso indiavolato. Oltre a tutti questi che, se non altro, hanno voci normali, pensa al depilatore che spesso sfodera una vocetta sottile e stridula per farsi notare e tace Nataly Mangini. Esercitazione di Storia Romana solo quando depila le ascelle e costringe un altro a gridare al suo posto. Poi ci sono i vari richiami del venditore di bibite, il salsicciaio, il pasticcere e tutti gli esercenti delle taverne che vendono la loro merce con una particolare modulazione della voce. (Epistulae ad Lucilium, 56, 1-2) Come nei teatri o nei portici del Campo Marzio o del Foro della Pace, tutta la popolazione poteva inoltre godere, nei bagni pubblici, della bellezza artistica. Tutti gli ambienti erano particolarmente curati ai fini del loro decoro, ossia all’ornamentazione degli spazi e delle superfici dei diversi elementi architettonici (pareti, volte, pavimenti), in maniera adeguata alla grandiosità e all’ampiezza delle strutture. I pavimenti erano di marmi pregiati, a questi facevano riscontro i marmi delle zoccolature e degli specchi parietali che si alternavano con le pitture (quadretti di genere o motivi ornamentali) e con gli stucchi policromi. Molto diffusi erano anche i mosaici distesi sui pavimenti o messi a rivestire il fondo delle vasche, spesso con raffigurazioni di pesci che l’effetto dell’acqua faceva sembrare vivi e in movimento. A parte l’infinita varietà dei motivi decorativi geometrici, floreali e fitomorfi, i soggetti erano tratti, appunto, dal mondo delle acque e del mare. Così, accanto ai pesci e ai delfini, erano frequenti le figure di divinità marine, di ninfe, tritoni e nereidi. Analogamente, negli ambienti delle palestre, le raffigurazioni erano per lo più di ginnasti e atleti. Un motivo molto frequente, infine, era quello dei sandali, ma esso aveva lo scopo pratico di ricordare ai bagnanti di non passare a piedi scalzi in ambienti dai pavimenti surriscaldati. Foltissima era poi la presenza di statue. Testimonianza della sfarzo artistico dei vasti ambienti termali è, di nuovo, una epistula di Seneca in cui l’autore, paragonando gli ambienti termali a lui contemporanei con le sobrie abitudini di Scipione l’ Africano, scrive: Ho provato un grande piacere a confrontare i costumi di Scipione e i nostri: in questo cantuccio "Il terrore di Cartagine", a cui Roma è debitrice di essere stata invasa una sola volta, lavava via la stanchezza della fatica nei campi. Si dedicava ai lavori agricoli e vangava la terra di sua mano, come era costume degli antichi. Abitò sotto questo tetto così squallido e calpestò questo pavimento tanto rustico: ma adesso chi sopporterebbe di fare il bagno in questo modo? Ci sembra di essere poveri e meschini se le pareti non risplendono di grandi e preziosi specchi, se i marmi alessandrini non sono adorati di rivestimenti numidici e la vernice, data con perizia e varia come un dipinto, non li ricopre da ogni parte, se il soffitto non è rivestito di vetro, se il marmo di Taso, che un tempo si ammirava, e di rado, in qualche tempio, non circonda le vasche, in cui immergiamo il corpo snervato dall'abbondante sudorazione, se l'acqua non sgorga da rubinetti d'argento. E ancora parlo di bagni plebei: che dovrei dire arrivando ai bagni dei liberti? Quante statue, quante colonne che non sostengono niente, ma sono solo un elemento ornamentale e una dimostrazione della spesa sostenuta! Che volume d'acqua viene giù fragorosamente dai gradini. Siamo arrivati a un lusso tale che vogliamo avere sotto i piedi solo pietre preziose. (Epistulae ad Lucilium, 86, 5-7) Nataly Mangini. Esercitazione di Storia Romana Declino Tutte le grandi terme continuarono ad essere utilizzate (e variamente tenute in efficienza) fin quasi alla fine del mondo antico. L’inizio dell’abbandono si ebbe a partire dall’avanzato V secolo quando tuttavia si hanno ancora notizie di interventi di restauro, fino agli ultimi promossi dal re goto Teodorico alle Terme di Caracalla. La fine sopravvenne nel VI secolo quando, già praticamente caduta in disuso la pratica del bagno pubblico quotidiano, i Goti di Vitige che assediavano Roma tagliarono gli acquedotti che rifornivano la città. L’interruzione dell’approvvigionamento idrico segnò la cessazione di ogni attività e il definitivo abbandono dei grandi edifici termali. Non più utilizzati essi rimasero deserti, privi di manutenzione e di sorveglianza, alla mercé di occupazioni e di riusi, parziali e temporanei, limitati a singole strutture o a piccoli settori, fino ad arrivare all'impianto, specie nelle aree libere, di veri e propri cimiteri (come avvenne nelle Terme di Caracalla). Ma la riutilizzazione più comune fu, con l’andare del tempo, quella connessa coni centri di accoglienza e di ricovero per pellegrini, forestieri e ammalati, tipici delle istituzioni ecclesiastiche altomedievali, come è documentato, tra VI e VII secolo, per le Terme di Caracalla, le Terme Surane e per quelle Deciane; mentre una diaconia con xenodochium e annesso cimitero erano insediati all’interno delle Terme di Nerone del Campo Marzio ancora nei secoli X e XI.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved