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LE VIE DELLA MODERNITA' - Riassunti di Storia Moderna, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunti dettagliati con aggiunta di mappe riguardo gli argomenti principali di STORIA MODERNA: lo stato moderno, la Riforma protestante e la Controriforma, Cinquecento e Seicento in Italia e in Europa, Assolutismo, il Secolo dei Lumi, espansione coloniale, rivoluzione industriale, Rivoluzione Americana, Rivoluzione francese, Impero napoleonico.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

In vendita dal 07/08/2020

Fra98P
Fra98P 🇮🇹

4.8

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Scarica LE VIE DELLA MODERNITA' - Riassunti di Storia Moderna e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA MODERNA Lo Stato Moderno è la nuova forma di organizzazione politica che caratterizza il sistema dei rapporti in Europa tra il XV e il XVII secolo. Nel caso italiano le Signorie sono il passaggio fondamentale verso lo Stato Moderno. Quasi tutti gli stati europei mostrano caratteri simili:  Tendenziale concentrazione del potere  Divisione tra la titolarità spettante al sovrano e l’esercizio del potere affidato all’amministrazione pubblica  Tendenziale unificazione del territorio e la delimitazione dei suoi confini  Protezione del territorio interno ed esterno da parte del sovrano  Tendenziale unificazione legislativa, giudiziaria e fiscale del Paese. Il principio fondamentale che distingue lo Stato Moderno dalle forme politiche medievali è l’unicità della funzione sovrana: deve conquistarsi piena autonomia ed essere indivisa. Lo Stato moderno si configura come un faticoso, in alcuni casi violento, processo. Le variabili sono molteplici:  Il rapporto tra l’organizzazione politica e la società  I conflitti e le contese politico-religiose  La minore o la maggiore omogeneità etnica e geografica del territorio I principali fattori di modernità sono:  Il principio di legittimazione dinastica (Francia, Inghilterra, Spagna)  Il sistema di governo del territorio  L’equilibrio costituzionale tra monarchia centralizzata e Parlamento  La capacità della monarchia di trasformare i ceti privilegiati da potenze antagoniste della sovranità a poteri sottomessi, Il Cinquecento ha conosciuto altri due modelli di stato: autocrazia e dispotismo. Il primo rappresenta la centralizzazione statale russa, il secondo l’Impero ottomano.  Rivoluzione dei prezzi: fu associata a una delle conseguenze della scoperta del Nuovo Mondo e cioè all’afflusso in Europa di grandi stock di metalli preziosi estratti oltre Atlantico. È piuttosto un indice di molteplici trasformazioni intervenute nell’economia, come l’evoluzione demografica.  Cambia il rapporto tra la domanda e l’offerta dei beni. Si mirò ad allargare le aree coltivabili e a rivedere le tecniche agricole, applicando anche maggiori capitali nell’economia agricola.  Nacquero nuove città con nuove funzioni urbane, centri di traffici finanziari e commerciali: si crearono nuove gerarchie nella divisione internazionale della produzione.  Si sviluppò la domanda dei prodotti industriali: molti storici indentificano questa fase come una prima età industriale, caratterizzata dalla produzione di articoli siderurgici e metallurgici, dallo sviluppo dell’età minerarie, dallo sfruttamento del patrimonio boschivo, dall’incremento dell’attività edilizia… la novità sta in una diversa organizzazione del lavoro.  Parliamo di “industria rurale” in cui emerge la figura del mercante in possesso di capitali e dei mezzi di produzione e i salariati che svolgono il lavoro a domicilio nella campagna. L’attività dei “mercanti imprenditori” si intensifica per la presenza del commercio internazionale e per la crescita delle esigenze finanziari degli Stati. Gerarchie sociali e gerarchie del potere Terra, commercio, esercizio delle professioni civili e pubblica amministrazione sono i settori da cui si traggono ricchezza e potere tra 1400 e 1500. In essi convivono antico e nuovo, prassi tradizionali e modelli moderni. Il sistema feudale prevale nell’Europa orientale dove vige ancora la servitù della gleba (anche in alcune aree dell’Europa centrale). Le professioni civili sono state chiamate “la civiltà bollata”. La fonte del diritto è Dio ma in assenza di codificazioni giuridiche si tiene conto del potere dei giuristi. La tendenza verso la centralizzazione dei poteri dello Stato è un fattore di modernità, anche se l’accesso alle cariche pubbliche è ancora legato alla tradizione feudale. Clero, aristocrazia e Terzo Stato non sono tre classi secondo lo schema di classificazione sociale che noi adottiamo nell’età industriale. Costituiscono tre ordini o ceti la cui gerarchia è fondata sulla tradizione medievale. La cultura non è solo un sistema di valori e idee: è diffusione e circolazione di valori e idee. Il Rinascimento si identifica con le grandi opere della pittura, della scultura, dell’architettura e con il libro moderno. Tra il 1495 e 1496 ci fu una notevole pubblicazione di libri, che trattavano di religione, letteratura, diritto e politica. Il protagonista dei libri è l’uomo, individuo e artefice di relazioni, soggetto e oggetto di comportamenti. Si forma anche la nuova identità dell’intellettuale, che ora rivendicano autonomia e riconoscimenti. Il periodo rinascimentale in Italia è caratterizzato dal passaggio progressivo dalle signorie ai principati, quell’organismo in cui troviamo già tutti gli elementi del cosiddetto “stato moderno”. È quello stato che prende la sua micro forma nella penisola Italica. Per poter comprendere lo stato moderno, occorre analizzare il COMUNE: una piccola realtà di origini meridionali, una città molto lontana dal mondo romano che ha concretamente istituzionalizzato il suo rapporto con le terre vicine, le controlla e le governa. Allargano il confine si ha molto più territorio su cui governare. Il comune è un’istituzione politica di un territorio. I DUCATI  sono l’evoluzione storica di modelli feudali. Ci sono le REPUBBLICHE (Venezia). Abbiamo Firenze che è una città-stato retta da un governo repubblicano: c’è un principe che comanda, ma c’è un contesto di “pares” i quali governano o aiutano il principe. La Chiesa  ha un proprio organismo politico con una particolarità: si estende molto oltre l’Italia, ossia in Germania fino alla Norvegia, fino alla Spagna, fino alle nuove Americhe. Si dovrebbe parlare di IMPERIALISMO CATTOLICO, più che di Stato. REGNO DI NAPOLI  un insieme di terre dal basso Lazio in giù, Sicilia e Sardegna compresa. Si parla di MEZZOGIORNO. Quando parliamo di “meridione” o di “sud Italia” intendiamo quell’area geografica in cui coesistevano Lucania, Basilicata, Calabria, Puglia, Campania; quando aggiungiamo a queste aree la Sicilia e la Sardegna parliamo di MEZZOGIORNO. Il Regno di Napoli è un insieme di territori riuniti sotto la corona che, storicamente dal Basso Medioevo, è sempre cambiata: Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Austriaci, Borboni. Dal ‘400 agli inizi del ‘500 non abbiamo ancora uno stato nazionale, ma una tendenza verso uno stato implicante stati moderni. Ci sono tutti i caratteri e gli elementi dello stato moderno: il principe, la corte, il consiglio dei re, i ministri, l’esercito, gli ambasciatori… I CARATTERI DELLO STATO DEL RINASCIMENTO 1. La sovranità (= esercizio del potere) si stacca dalle vecchie basi popolari e territoriali del Comune. 2. Maggiore e più compiuta organizzazione amministrativa fiscale e giudiziaria dipendente da un potere centrale. lo pecca, e nel momento in cui cade compie un giuramento rivolto a Sant’Anna “Se non mi uccidi io ti darò la mia vita”. Sceglie uno degli ordini religiosi più rigorosi del tempo: gli eremiti agostiniani, conducendo quindi una quotidianità rigida e schematica, al rispetto di regole severe. Condusse una vita fatta di preghiera e studi religiosi. Dalle sue confessioni comprendiamo il suo spirito inquieto e frammentato. Lutero comincia a considerare qualcosa che ha a che fare con le visioni, una serie di mali che andranno a compromettere anche i mali fisici. Huldrych Zwingli e Calvino Il primo è un cappellano preposto ad una cattedrale, studia ecclesiastici, vive nel centro di Zurigo e gestisce il duomo. I suoi studi sono essenzialmente teologici: è un uomo che guarda Dio e se stesso. Il secondo, Calvino, è piccardo (alta Francia), figlio di un notaio che lo indirizza verso gli studi di legge. Ma si accorge sin da subito che la sua vocazione è un’altra. All’età di 14 anni ha già scritto il suo Commentario su Seneca. Impara bene il greco antico e l’aramaico. TEMI Lutero: i temi si collocheranno alla base della sua protesta. Calvino: i temi si collocheranno alla base della sua riforma. È importante quindi porre una distinzione tra protestantesimo e riformati. La riforma si spiega passando attraverso due canali paralleli, mai coincidenti: i fatti e le interpretazioni di questi fatti. Molte di quest’ultime hanno risentito nel tempo dell’appartenenza confessionale degli storici: i cattolici, i protestanti… ognuno di loro ha dato una lettura diversa. Lutero scorge, osserva e ascolta in confessione (poiché sacerdote) e inoltre, dopo un viaggio a Roma, notò lo sfarzo alla corte papale, i vizi terreni e le ricchezze di cui godevano gli uomini di Chiesa. Per lui la Chiesa doveva salvare i fedeli e vivere per la salvezza del popolo. Il primo punto su cui Lutero si concentra è la mancanza di chiarezza nei messaggi tra Chiesa e fedeli. Tant’è che fu incaricato a tenere dei corsi di Sacra Scrittura all’università teologica di Wittenberg. Per Lutero l’unica persona che poteva giudicare o condannare l’uomo era solo Dio, non un altro essere umano. Sosteneva anche che tutti i gesti liturgici erano molto simili a dei riti, più che a dei gesti sacri e cominciò a chiedere, da umanista storico, le origini di questi. Cominciò a studiare la genesi della ritualità cattolica. Oggetto di studio furono anche i sacramenti e il dubbio se un vero credente debba attenersi a ciò che è scritto nella Bibbia dagli evangelisti. Lutero semplifica quindi i sacramenti a 2: battesimo e eucarestia (prima accetta anche la confessione e poi la rimuove). Si chiede anche come deve vivere realmente il prete. Secondo lui secondo la legge di Cristo: in povertà e umiltà, predicativo: per Lutero questa è la vera via verso la salvezza. Leggendo Agostino arriva direttamente a San Paolo (fede Cattolica Romana Paolina). San Paolo aveva detto: la vera salvezza sarà nella giustizia di chi crede e chi ha fede in Cristo, il giustiziere che ha portato il Dio in terra per una nuova alleanza. Il Giusto vivrà per fede: chi avrà fede nell’opera di Cristo sarà salvato. Sulla base di questo nasce il Protestantesimo di Martin Lutero. Erasmo e Lutero Erasmo da Rotterdam, nel 1524, pubblicò l’opera “De libero arbitrio” e l’anno successivo Lutero pubblicò “De servo arbitrio”. È il segno di una radicale diversità fra due modi di interpretare il rapporto tra ragione e fede che è il problema centro nell’Europa del Cinquecento. Erasmo è l’intellettuale più ammirato d’Europa, il vero denominatore fino all’esplosione della Riforma luterana. Il suo pensiero è una fusione tra Umanesimo e cristianesimo, tra l’ideale dell’humanitas della cultura classica e la morale cristiana. Erasmo mostra interesse nei confronti delle opere di Lutero, mentre Lutero mostra da sempre antipatia verso Erasmo. Si stabilisce un compromesso: Erasmo difende Lutero dagli attacchi delle gerarchie ecclesiastiche e Lutero mostra di apprezzare l’azione e l’interesse dell’altro. Fondamenti “De libero arbitrio”  Il libero arbitrio è l’esaltazione della religione naturale  L’unità e la pacificazione cristiana attraverso la tolleranza  Dubbio sistematico come metodo intellettuale  Sottolineatura dell’aspetto contraddittorio della realtà  Primato della volontà dell’uomo nella sua capacità di fare il bene ed evitare il male  Semplicità di spirito. Fondamenti “De servo arbitrio”  È l’esaltazione della religione soprannaturale  Assoluta certezza delle Sacre Scritture  Certezza della salvezza attraverso la fede  Assoluta impotenza della volontà umana  Totale divergenza tra fede e ragione ha la sua massima espressione nel sacrificio della crocifissione. Due vie alternative alla crisi religiosa del Cinquecento: 1. ERASMO  fondata su una religione ragionevole, su un equilibrio fra la grazia e la volontà umana, a cui è concessa la libertà di scegliere il bene e rifiutare il male 2. LUTERO  fondata sulla distanza tra Dio e l’uomo, il primo incondizionato e il secondo condizionato e dipendente da Dio. L’uomo sviluppa un’organizzazione sociale per la salvezza individuale e collettiva. Per alcuni interpreti di questo periodo storico, la città-stato è quella città che sta laicizzando ecclesiasticamente la vita in comunità. L’uomo calvinista e l’intera comunità sono responsabili della salvezza di ogni singolo cittadino e che controlla che tutti osservino le regole per raggiungerla. Calvino crea una nuova forma di disciplinamento sociale. Cosa può regolare una città? Al vertice della regolamentazione di un vivere in comunità c’è la legge divina. Calvino non traduce la Bibbia ma crea, per la prima volta nella storia, ciò che sarà contestualmente un libro sacro e soprattutto giuridico: la Insitutio Religionis Christianae (1536). È fondamentale perché si colloca al vertice della creazione di un profilo di rapporti strettissimi teologico-giuridici che governano dal centro una comunità. Quell’ordine si esprimerà in Ordinanze Ecclesiastiche: scriverà dei comandamenti, affinché tutti possano aspirare alla salvezza. Crea un disciplinamento sociale. Al centro c’è una logica ben precisa: nasce un nuovo uomo con un convincimento e una prospettiva per vivere sulla terra in maniera coerente a ciò che Qualcuno aveva predisposto per la salvezza. Calvino introduce questo principio: Dio ha predestinato ognuno di noi alla salvezza, oltre al peccato originale (anche questo viene attinto da Sant’Agostino che ha avuto un influsso fondamentale per questi pensatori). Secondo Calvino Dio osserva il comportamento non del singolo ma dell’intera comunità e questa, per dimostrare la predestinazione, deve vivere rispettando delle regole rigorosissime. Il tempo umano diventa tempo del capitalismo: accumulazione del tempo come accumulazione della ricchezza. Nasce così l’etica protestante e il capitalismo. La gente comincia ad accumulare il capitale: lavorare, così come è detto dagli ordinamenti, vuol dire guadagnare; guadagnare vuol dire “non spendere”; non spendere vuol dire “conservare”; conservare vuol dire “capitalizzare”. Nasce il principio attraverso il quale il lavoro costituisce la base su cui l’essere umano deve fondare la dimostrazione agli altri dell’essere stato predestinato. I fondamenti teologici del Calvinismo Organizzazione collegiale calvinista della società  PASTORI = addetti alla predica e ai sacramenti; non ha il compito di mediare ma di “contenere”.  DOTTORI = addetti all’insegnamento  DIACONI = addetti all’assistenza  ANZIANI = addetti alla disciplina della comunità Calvino pone una radicale alleanza tra politica e fede attraverso l’organizzazione del concistoro composto da 12 anziani e 10 pastori. Cosa intendiamo con l’espressione Riforma Protestante? La “riforma” è un concetto plurale e porta dentro di sé un contesto europeo, è un movimento. Abbiamo diversi aspetti da sintetizzare attraverso questa parola. Dentro troviamo Lutero con il Protestantesimo; Zwingli con l’Anabattismo (sezione del Protestantesimo); Thomas Müntzer con la Guerra dei Contadini. Lutero pone un problema di affermazione e sostituzione di una logica della fede ad un’altra logica di una fede. Calvino intende riformare invece il modo con cui va gestita la salvezza dell’uomo. Da qui la parola “riforma” che distingue e separa l’azione di Lutero e Zwingli da Calvino. Diffusione della riforma su scala europea Area Luterana  assai compatta (oggi è ancora così)  Germania centro – settentrionale  Europa del Nord (Norvegia, Svezia, Danimarca, Prussia)  Europa Orientale (Moldavia, Ungheria) Nega l’azione salvifica delle opere, ma assegna ad esse la funzione di segno della predestinazione Amministrazione dell’eucarestia Predestinazione Abolizione del clero Accesso alla fede mediante le Sacre Scritture CALVINISMO Chiesa e Politica devono coincidere nel fine (non alla maniera luterana ma alla maniera cittadina: c’è un collegio che deve guidare) *MONARCHIA DIVINA Siamo esattamente nel 1559: anno della pace di Cateau Cambrésis. L’Italia è sotto dominio spagnolo con Filippo II. Mediterraneo nel 1500 Nella prima metà del ‘500 il Mediterraneo non è soltanto il mare, ma è la culla di una civitas. Nel Mediterraneo, come identità storica, si erano sedimentate culture, civiltà, movimenti economici: un mondo da cui nascerà l’Europa. Parliamo di Euromediterraneo: è il centro di un interesse politico. L’Europa sta acquisendo una propria fisionomia. Quando sia Ferdinando sia Filippo II prendono il potere pieno (nel 1558 per Filippo; nel 1559 per Ferdinando quindi dopo la morte di Carlo) abbiamo delle permanenze che provengono da lontano percepite come pericolo. I francesi, dopo la pace di Cateau Cambresis, non dimenticano ciò che era accaduto a Milano o il Regno di Napoli. Dopo il 1559, la Spagna occupa il ruolo di potenza egemone in Europa. Da questo momento la Spagna si impegna maggiormente nello scacchiere mediterraneo ed europeo. La Spagna compie delle scelte politiche ben precise: rafforza la sua presenza in Italia, come spazio politico nel sistema imperiale.  La Spagna come sistema politico: questo sistema molto intelligente (istituito da Carlo V e poi portato avanti da Filippo) crea, per poter governare questo spazio immenso di dominio, dei sottosistemi. L’Italia e l’Europa sotto il dominio della Spagna Temi che Carlo V deve affrontare nell’arco della sua gestione politica e vicenda imperiale:  Deve difendere il suo patrimonio (ereditato dai nonni)  Deve amalgamare le diverse componenti di cui si nutre la Germania (in quel tempo era un territorio molto più ampio abitato da genti, nobili e feudatari forti): deve garantire l’interazione di più territori con caratteri differenti.  Sistema: complesso e meccanismo interattivo di strutture. Ogni sistema ha poi dei sottosistemi.  Deve consentire anche l’accesso dei Turchi che desideravano entrare in Europa. Carlo è imperatore del Sacro Romano Impero Germanico: si parla di mondo germanico e comprendeva altri paesi quali la Prussia, Polonia, Ungheria che facevano parte del sistema e chiedevano delle “diete”, delle riforme per essere riconosciute. C’è un problema di pacificazione dei territori. Carlo è chiamato a veder svanire davanti a sé un sogno: l’unità dell’Impero. Cos’era la Spagna?  Formazione politica  Guarda al Mediterraneo per uso politico ed economico: è una stazione di strategie militari soprattutto per difendersi dai Turchi e per proteggere il territorio.  Faceva da avamposto alla possibile temuta esperienza già fatta con l’ascesa di Carlo VIII: egli aveva dato delle indicazioni ben precise relative al difendere il territorio e a estenderlo verso l’Atlantico e verso i territori turchi. La Spagna fonda il suo potere su degli elementi in particolare:  Prestigio  Unità  Il valore politico della dinastia che forniva il titolo di nobiltà. Dove fonda Carlo V la sua base di potere?  Carlo fonda se stesso su un seggio imperiale.  Potenza militare: Carlo aveva un esercito che poteva attingere da più mondi, risorse e mercenari  È un imperatore il cui dominio si estende su ciò che oggi noi chiameremmo le “multinazionali”: è titolare patrimonialmente parlando e dinasticamente legittimato ad esserne l’erede di mondi connessi e meta-regionali (non esistono ancora le nazioni).  Tutto è regolamentato da consuetudini.  Ricchezza economica: Carlo vantava disponibilità finanziarie di un certo livello. In questo periodo l’economia europea registra un afflusso di oro e di argento mai registrato prima.  Carlo aveva ampliato la pax hispanica: dove c’è pace c’è crescita. Sotto il dominio spagnolo molti territori avranno la possibilità di crescere. In Italia dal 1494 al 1559 fu un periodo di guerre e di continue invasioni. Dove c’è guerra c’è distruzione ed è difficile la crescita sia economica che demografica. GLOSSARIO  GOVERNATORE = era così chiamato in passato il capo del potere esecutivo di una colonia o di un Regno, che governa e che aveva anche funzioni legislative e giurisdizionali  VICERE’ = (viene da vicario) chi governa, in nome del Re, quindi SOSTITUISCE sia in tutto il territorio dello stato sia in una sua parte. Reggente delle sorti della monarchia momentaneamente. Si passava da un apprendistato fino a diventare viceré. Entrambi svolgono la funzione sostitutiva del re ma hanno deleghe differenti. COSTI Costi da parte del dominato e costi da parte del dominante. Lo stesso rapporto si pone in termini di benefici a carico del governatore. La pax hispanica per l’Italia significò:  Dipendenza di quasi la metà del territorio italiano alla Spagna  Ducato di Milano  Regno di Napoli  Sicilia  Sardegna (Filippo II ne parlava come se quest’isola non occupasse un ruolo rilevante)  Stato dei Presidi (presidio che si affaccia al mar Tirreno e la Toscana; insieme di terre che servivano alla Spagna come controllo d’accesso dal mare alla terra) La pax hispanica ha determinato costi: si perse la libertà. Significò pacificazione ma anche dominio: quindi perdita di ampie sfere di libertà. Costi vuol dire tasse, aumentate soprattutto nei periodi di guerre e rivolte non ai contribuenti ma ai DOMINATI. Il Regno di Napoli nell’ambito dello schema imperiale svolgeva un importante funzione di sottosistema imperiale spagnolo: faceva da asse al sistema politico ed economico mediterraneo, senza il quale il sistema barcollava. L’Italia entrò in un sistema che aveva garantito mai più altrettante discese del tipo di Carlo VIII. La Spagna assunse nel suo corpo il carico di proteggere dai tentativi di invasione l’Italia. L’Italia passa da periferia a organismo interno dell’Europa. La Spagna quindi, dal 1559, consente all’Italia di far parte di un generale processo politico che definiamo EUROPA. Dopo il 1559 dominare l’Italia quindi significò:  Difenderla  Servirsi di essa non contro l’Europa cristiana ma contro i Turchi  Inserimento dell’Italia nella scena della grande politica imperiale anche attraverso il sistema delle alleanze della monarchia spagnola. A Carlo V gli fu fatta un’offerta: se cedeva Milano ai Francesi gli venivano concessi territori francesi. Naturalmente Carlo V rifiutò perché considerava Milano “la sua porta all’Europa” e veniva segnata come capitale economico-politica. I domini elencati su non si sottraevano all’influenza spagnola: vanno distinti i domini diretti e tutti i territori che ne restano fuori (Venezia, Toscana, lo Stato della Chiesa). La logica del potere era la politica dei compromessi, che determinò la ricchezza della Spagna. La Spagna comprese che aveva solo un canale su cui basare il proprio potere: IL COMPREMESSO. Si accordò con i baroni, le forze maggiormente rappresentative nei diversi territori dominati direttamente dalla Spagna: Carlo V estorse da loro il pegno feudale, dando loro in cambio ricchezze. Cosa portò come effetto questa politica del compresso? Impresse una forte accelerazione delle forme politiche statali nell’Italia Spagnola. Non ci furono rivolte ma lasciò vivere per vivere, così come disse Carlo V al figlio. Il Regno di Napoli, Milano, la Sicilia e la Sardegna sono delle strutture del sistema, l’asse portante di questa intelaiatura sistemica spagnola. Ci fu dominio ma non fu solo disastri. Si svilupparono anche molti rapporti proficui da un punto di vista economico e sociale. Ad esempio, Milano fu resa un importante centro di passaggi militari, centro di mercato e commercio. L’Italia comincia ad essere oggetto e soggetto di confronti e rapporti. In questo confronto comincia a prevalere il Ducato dei Savoia. Nel 1557, Emanuele Filiberto di Savoia ebbe un’intuizione da un sogno (girò il cavallo a favore degli Spagnoli e contro i Valois) che portò la loro ascesa. È il primo capitolo della storia di Italia, in termini di monarchia reggente. La Controriforma fu alla base di una riorganizzazione e di un rinnovamento della Chiesa come istituzione. Lutero dà uno scossone alla Chiesa. La Controriforma ha subito delle rivisitazioni. Nel concetto di Controriforma troviamo un decalogo all’interno del quale ci sono alcune delle risposte che la Chiesa offrirà alla reazione luterana, calvinista e zwingliana. La Controriforma è stata vista come: 1. Repressione antiprotestante 2. Consolidamento dei dogmi e delle strutture ecclesiastiche 3. Riorganizzazione interna della Chiesa Cattolica. Riorganizzazione interna della chiesa cattolica Consolidamento dogmi e strutture ecclesiastiche Repressione antiprotestante CONCETTI DI CONTRORIFORMA CHIESA POST-TRIDENTINA RIFORME Numerosi interventi papali, contemporanei o successivi al Concilio, la cui cronologia è la seguente:  1542 : Istituzione della congregazione del Sant’Uffizio dell’Inquisizione, con il compito di individuare e punire i colpevoli di eresia o devianza religiosa  1559 : Creazione dell’Indice dei Libri Proibiti, con la funzione di controllo e disciplinamento della cultura  1564 : Pubblicazione dei decreti del Concilio di Trento, ruolo di guida del processo di riforma  1568 : Emanazione della Bolla papale IN COENA DOMINI che, ridefinendo l’azione e gli ambiti della giurisdizione ecclesiastica, finiva per interferire nei rapporti Stato-Chiesa .  1585 : Introduzione dell’obbligo di redazione delle relationes ad limina da parte dei vescovi. IL CLERO Lo spirito riformatore della chiesa tridentina, che perseguiva un modello ecclesiastico fondato sulla cura d’anime e sulle missioni, si tradusse in una sistematica riorganizzazione del clero secolare (parroci, sacerdoti, ecc.) e del clero regolare (ordini religiosi), ce ne rappresentavano gli strumenti fondamentali dell’azione arginante e rigeneratrice del cattolicesimo. I parroci possono vivere nel secolo, secondo l’ordinamento diocesano; i monaci nel monastero o nel convento secondo una regolamentazione monastica. Già questa distinzione mette in moto la nascita di nuovi ordini religiosi. Potenziamento della giurisdizione ecclesiastica Affermazione del primato papale Rinnovamento dello spirito religioso e delle pratiche devozionali Repressione dell’eresia della devianza Sviluppo dello Stato pontificio sulla base della bidimensionalità monarchica pontificia. Il Papa come sovrano temporale di uno Stato territoriale, come capo sovrastatale della cattolicità TEATINI (Assistenza malati e feriti) GESUITI (Istruzione e missioni) BARNABITI (Formazione sacerdotale e predicazione missionaria) SCOLOPI (Formazione della gioventù, con l’istituzione di scuole gratuite) SOMASCHINI (Educazione fanciulli orfani abbandonati) Principali ordini religiosi GESUITI:  Ferrea obbedienza ai superiori: il modello ignaziano ispirava alla vita militare, la cui esperienza era ben nota al santo fondatore Ignazio, che prima della vocazione religiosa fu un uomo d’armi.  Quarto voto speciale: all’atto della professione religiosa. Totale obbedienza al pontefice (oltre ai tre voti tradizionali comuni a tutti e tre gli ordini religiosi: povertà, castità e obbedienza.  Rigida formazione culturale  Particolare impegno nel campo dell’istituzione della gioventù con l’istituzione numerosi e rinomati collegi, basati su un modello pedagogico fortemente meritocratico e su un chiaro e articolato percorso disciplinare (Ratio Studiorum). Tali collegi diventarono ben presto il luogo privilegiato di formazione dei ceti dirigenti.  Sant’Ignazio aggiunge come “comandamento” la DEVOZIONE AL PAPA. Il suo giuramento al Papa lo portò ad interessanti sviluppi: molti seguirono il suo exemplum per raggiungere la salvezza. Si diventa gesuiti solamente rispettando e eseguendo gli esercizi spirituali mostrati da Sant’Ignazio. Con lui nascono anche i missionari, proprio perché egli si era in messo in cammino per la fede e per il Papa. Questi missionari si muovono nel mondo per sviluppare non predicazioni ma popolano lezioni sulla e per la fede: creano profili di alta intellettualità. 1556: Carlo V abdicò e decise di cedere la corona al figlio Filippo, il quale ereditò tutti i domini europei e oltreoceano. Carlo dividerà questa immensa eredità tra il figli Filippo e il fratello Ferdinando d’Asburgo. Si verificò il passaggio tecnico tra l’essere imperatore del padre e l’essere monarca del figlio, una monarchia che ha comunque valore imperiale in merito alla vastità dei territori posseduti (sotto il profilo della POTESTAS). I POSSEDIMENTI IN EUROPA:  Spagna: Filippo è di sangue spagnolo. La madre Isabella d’Aviz è spagnola, figlia dell’imperatore del Portogallo. Legata anche agli Aragonesi.  Paesi Bassi (comprese le Fiandre Orientali, una parte dell’attuale Belgio)  Domini italiani  Franca Contea (la Borgogna)  Possedimenti americani Ferdinando assunse il titolo quando morì Carlo V, nel 1559. Non era legittimo erede ma venne eletto. Nel 1558 assunse una carica di passaggio ereditando:  Austria  Ungheria Filippo entrò in possesso di quella parte continentale europea all’interno della quale c’era la storia dei Borgognoni (Fiandre): il nonno, Filippo il Bello, era stato eletto “Principe ereditario delle Fiandre”. In questo territorio e da qui vennero introdotte delle spaccature che inclineranno profondamente la monarchia e il patrimonio di Filippo II. Con Filippo si ebbe un passaggio non dinastico ma un passaggio politico fondamentale: è spagnolo per sangue, per cultura e per religione (a favore della Controriforma) e quindi radicalizzò il suo governo e la sua condotta amministrativa in Castiglia (qui fece erigere il Monastero dell’Escorial). Nasce sostanzialmente l’idea che altre sedi, rette da monarchie stabili, possano svolgere la funzione di caput mundi oltre Roma. La crescita economica e il potere politico L’impero deve mettere insieme territori diversi e renderli omogenei, qui invece tutto viene unificato dal centro. Tutte le forze partono dal centro e diramano lungo tutte le dinamiche economiche e politiche. Tutta la forza è concentrata al centro e va verso la periferia. Filippo II dovette fronteggiare anche delle problematiche. I territori ereditati sono eterogenei: nella diversità si riconoscono in un’unità. Una prerogativa geopolitica di dominio non era scontata. Se Carlo V, anche negli anni ’20 del 1500, doveva affrontare i Comuneros, questi resteranno comunque fedeli al principio feudale. Adesso lo spirito di appartenenza sta rompendo i vecchi legami feudali e inaugura nuove forme di rapporti politici, per effetto anche dell’introduzione di nuovi principi confessionali: il Calvinismo. Un altro pericolo che Carlo V lasciò al figlio erano i musulmani. PRIMA FASE: 1559-1565 CASTIGLINIZZAZIONE DELL’IMPERO. Anche i viceré, i governatori e tutti i funzionari amministrativi venivano scelti da Castiglia che era diventata la base e il centro dell’impero. Rispetto all’impero di Alessandro Magno, ciò che adesso viene definito “impero” indica questo concetto: l’impero a basi territoriali definite. La Spagna è centro dello sviluppo economico, politico e sociale monarchico. Sul piano economico la Spagna è caratterizzata da:  Città medie e città grandi  Risorsa economica centrale: la lana (aveva un pregio economico fondamentale, poiché si prestava alla tessitura)  Esporta grandi quantità di vini e olii  Importa manufatti  Non ha articolazione produttiva Sul piano politico:  Squilibrio tra potenza politica e crescita economica  La gestione delle ricchezze del Nuovo Mondo è in mani: tedesche – fiamminghe – genovesi La Spagna era uno dei paesi a feudalesimo prevalente: esso aveva imposto, a differenza del mondo anglosassone, che il vero nobile non poteva toccare con le proprie mani ciò che produce ricchezza. Non lavorava. Le città sono nelle mani di nobili e latifondisti. Da un punto di vista culturale e religioso, le nuovo idee riformiste di matrice luterana e calvinista non entrarono in Spagna. Non si svilupparono forme di dissenso o di opposizione, ma semplicemente altre forme religiose vissute secondo criteri diversi rispetto al Cattolicesimo. Intellettivamente domina in Spagna Erasmo. Quest’ultimo sosteneva che occorreva considerare la Chiesa come Chiesa della Storia e come tale salvaguardia la fede, che è soggettiva. I valori radicati nella figura di Filippo II che rappresentano poi i valori di tutta la Spagna sono:  Una sola religione: CATTOLICA (i nemici storici degli spagnoli erano gli ebrei e i musulmani che poi anni dopo vennero espulsi dal territorio).  Un solo re  processo moderno dello stato. È sempre meno pares inter: sempre più distinguibile tra i pari. Nella modernità seguirà questo processo Luigi XIV (  La purezza della stirpe (la limpieza de sangre) In questa prima fase quindi viene descritta l’essenza politica di Filippo II. Erede al trono che diventa ‘monarchia’ ed eredita dal padre e dalla storia processi: Concilio di Trento, Controriforma, stabilità politica, eterogeneità e omogeneità di un mondo politico. separatismo avvicinandosi al calvinismo; l’altra parte, quella aristocratica, si mantenne fedele per interessi economici alla Spagna. Questo è il momento in cui stanno venendo fuori in Europa, come insieme di territori, quelle regioni che daranno vita all’Europa che oggi conosciamo. Carattere prevalente di queste due realtà: le province settentrionali erano prevalentemente calviniste. La parte invece meridionale sarà aderente alla Controriforma: cattolici spagnoli. Indipendentiste e calviniste. Come agisce la Spagna a questo? La Spagna cominciò ad organizzare un livello di governo (qui c’è la modernità) e affidò a persone di propria fiducia, il fratello, il governo dei Paesi. Non vennero mandati governatori perché si sentiva fortemente il senso di appartenenza e di possesso. Venne mandato lì il fratello di Filippo, Giovanni d’Austria, e anche il figlio del papa Paolo III, Alessandro Farnese, perché era importante evidenziare l’importanza e il rigore della Chiesa Cattolica Romana Paolina. Il progetto era recuperare quella parte dei Paesi Bassi, gestendo il tutto non più secondo i criteri medievali, ma mandando il rappresentante della Chiesa Cattolica e il fratello nella parte meridionale. Quella spaccatura aveva sottolineato la nascita di qualcosa di nuovo nella storia. Sette piccoli paesi al centro dell’Europa, con sbocco sul mare Atlantico, oceano economico, si unirono e crearono un modello che non si opponeva solo sul piano ideologico, ma crearono una nuova forma politica. “Questa è l’ora degli stati mediani”. La Spagna si garantì il governo delle province meridionali. Il nord si stacca. TERZA FASE: 1580-1598 7 ottobre 1571  Lepanto: battaglia nel Mediterraneo tra Turchi e la Lega santa (Spagna, Venezia e Papato) I Turchi, presenti e bravi militarmente, audaci. Aggredirono in maniera violenta con razzie. Dopo una sonora sconfitta, il papa creò la Lega Santa, perché in questo processo cognitivo c’è il medioevo che torna contro l’infedele. I cristiani ebbero la meglio e i musulmani cominciarono progressivamente a ritirarsi. Fu Lepanto ad incidere sulla retrocessione dei musulmani? Alle spalle del mondo musulmani e turco si stava organizzando un impero forte, quello dei persiani, la guerra santa. Ebbero paura e siccome erano attaccati anche alle spalle non sapevano come difendersi; arrivarono a Lepanto con vulnerabilità militare. Fu un processo di causalità. Nel 1574 Filippo si trovava al fronte di guerra. Il sistema economico era sbilanciato: vennero emanate tasse. Filippo II dal 1581 estese il proprio dominio sul Portogallo, sostenendo che gli spettava dinasticamente (madre e moglie portoghesi). Stava completando il processo della reconquista che era tutta nelle mani di un solo impero e di un solo uomo. I signori aristocratici e il ceto di governo portoghese erano contrari: avevano paura di essere assorbiti e di scomparire nella storia e per la storia: diventare spagnoli e perdere la propria identità. Il Portogallo mandò il Duca d’Alba, molto sensibile alla formazione della monarchia moderna. Il Portogallo serviva perché aveva una funzione di strategia militare, era uno sbocco ancor meglio delle coste occidentali della Spagna. Il Portogallo aveva comunque mostrato delle vulnerabilità: coloro che provenivano dalle coste dell’Africa del nord che fin dall’VIII secolo (Alto Medioevo) avevano occupato Tunisi, Marocco fino all’Egitto. Con il Portogallo non vi fu alcuna integrazione né politica né economica: Filippo non riuscì ad occuparlo. Il Portogallo non venne contestato perché qui c’era in atto un processo politico da cui siamo partiti: esso si oppose al centralismo spagnolo. Questa divisione ha fatto sì che noi oggi nella storia abbiamo due Stati separati. Filippo II morì nel 1598. Alla metà del 1580 Filippo incontrò la monarca inglese Elisabetta. C’era uno scontro tra la Controriforma e la Chiesa Anglicana. Filippo cercava di avvicinare l’Inghilterra alla Chiesa Cattolica però il progetto investiva un tema delicato: gli inglesi desideravano distinguersi dal resto dell’Europa e mantenere la propria identità culturale e religiosa. Filippo II aveva sposato Maria Tudor cattolica che apparteneva al ramo Tudor che non aveva letteralmente sposato il calvinismo, ma questo matrimonio aveva portato Filippo a qualche pretesa per la successione al trono inglese. Elisabetta era figlia bastarda e mai riconosciuta da Roma e dai paesi cattolici come vera erede della corona. La sua grande alter ego era Maria Stuart, scozzese, che pretendeva la legittimità (era figlia legittima erede). Elisabetta stava rivoluzionando non solo la fede, ma anche il governo, doveva essere eliminata. Tutto accadde quando Maria Stuart venne, con una serie di stratagemmi, invitata a ritirarsi. Dopo che gli morì il marito francese che aveva sposato a 16 anni, tornò a 20 anni in Inghilterra dove trovò un calvinismo forte e compatto che non l’accettava. Maria Stuart venne uccisa dai suoi consiglieri che decisero di decretare un processo poiché non era possibile la presenza di due regine. L’invincibile armata è la sintesi bellica di questa unica via, ora tutta medievale. Filippo II non era riuscito ad attivare le ambascerie, non aveva trovato un punto d’accordo tra Inghilterra e Spagna: prende un esercito e nel 1588 provò a conquistare l’Inghilterra. Le Fiandre vennero in gran parte disboscate per la costruzione delle flotte armate. Arrivarono sulle coste inglesi quando il mar Atlantico stava inondando l’Alta Europa. Cominciarono a girare attorno alla costa e ad ogni giro vi erano più di 100 cannonate. Affondarono e questa fu una delle più grandi sconfitte della storia. Motivi della rottura tra Spagna ed Inghilterra  Il Papa spingeva per la riconquista dell’Inghilterra al cattolicesimo  A questo riavvicinamento era favorevole il partito cattolico inglese  Filippo II vantava una legittimità dinastica al Trono inglese (aveva sposato Maria Tudor) Nascita dell’OLANDA Nel 1579, con l’Unione di Utrecht, le sette province settentrionali dei Paesi Bassi davano vita a una nuova realtà politica al centro dell’Europa; nel 1581 assunsero il nome di “Repubblica delle Province Unite”, in seguito chiamato “Olanda” dal nome della provincia più importante. Verso la fine del XVI secolo l’Olanda era un paese emergente destinato a giocare un ruolo di primo piano. Caratteristiche:  Originalità del modello politico-istituzionale  Potenza commerciale  Sviluppo artistico e culturale legato alla tolleranza religiosa Le popolazioni delle Province Unite, sul piano costituzionale, formavano una federazione repubblicana caratterizzata dalla centralizzazione dei poteri militari e dal decentramento di quelli civili. L’Unione di Utrecht stabiliva che ogni provincia doveva conservare privilegi, libertà, immunità particolari, diritti e statuti. La più importante caratteristica comune a tutti gli Stati provinciali riguardava il criterio della rappresentanza: due corpi, quello della nobiltà e quello delle città, componevano l’assemblea degli Stati provinciali. Quello olandese non era un sistema democratico. I poteri erano monopolio di poche famiglie aristocratiche. Il repubblicanesimo urbano si fondava su un’idea di costituzione assai diversa da quelle del nostro moderno Stato di diritto. Si basava sulla conservazione e la salvaguardia dei privilegi e dei diritti: i cittadini godevano di certi privilegi in quanto membri di una corporazione. Essi partecipavano attivamente alla vita politica: si praticavano le petizioni, mezzi di comunicazione per chiunque volesse richiedere e ottenere qualcosa da un corpo amministrativo. Nella crescita economica l’Olanda poté giovarsi anche di una cultura e di uno spirito religioso calvinista tendenti ad esaltare i valori del lavoro, del risparmio e della produttività. Fu un paese aperto e disponibile al contributo di energie e forze intellettuali vivaci: l’Olanda divenne l’isola europea della tolleranza. Elisabetta d’Inghilterra Le sue linee politiche adottate:  Sul piano religioso Elisabetta adottò una politica di graduale orientamento del Paese verso il protestantesimo, giungendo nel 1559 con un nuovo (il secondo) “Atto di su  ùpremazia” (superiorità della corona sul clero), mentre con l’“Atto di uniformità” ripristinò l’uso del “Libro delle preghiere” di Edoardo VI  Sul piano dottrinale l’Anglicanesimo adottò regole morali e sociali di chiara ispirazione calvinista, ma nel rispetto della organizzazione ecclesiastica Episcopale. Sotto il governo di Elisabetta si ebbe un aumento demografico notevole. Ciò portò anche al rafforzamento dei ceti sociali quali la gentry (nobiltà terriera non titolata, ma capace d’imprenditoria agricola) e dei gruppi mercantili. Questi ultimi investivano anche nella terra acquistando l’uso di territori e accorpandone le rese produttive attraverso le recinzioni, destinando i raccolti in eccedenza ai mercati. Molti però agivano privatamente: i Pirati (ben noti alla Corona), quali depredavano sovente i galeoni spagnoli e ciò a vantaggio della Corona inglese. Tra i più famosi pirati del tempo (al servizio occulto della Corona inglese) figurava Francis Drake. Il dispotismo è la volontà di potere, di disporre. L’Europa doveva fare i conti con una pluralità di forze. Il monarca come colui il quale vantava una dinastia che si imponeva e aveva un valore rilevante in campo militare, che venivano scelti come migliori. La modernità è una dinamica di ingresso di nuove forze, sembra che ci sia la nascita di un nuovo feudalesimo. C’è un rapporto di forza tra la centralità (prius) e tutto ciò che da questo momento è pares. All’esterno il potere monarchico comincia a vantare qualcosa di molto importante: l’appropriazione degli spazi. Questi sono i confini: non limes naturali ma appropriazioni politiche degli spazi. L’Italia nella politica di potenza spagnola Il Mediterraneo è il protagonista della storia del XVI secolo. I vantaggi della pax hispanica furono la protezione del territorio non contro l’Europa cristiana ma contro i turchi e l’entrata in scena dell’Italia nella grande politica europea. L’egemonia spagnola non volle dire pura oppressione politica, denominazione ferrea o dipendenza totale dallo straniero: questa è una rappresentanza stereotipata della denominazione spagnola. Essa fu un sistema di rapporti politici, diplomatici, economici, sociali fondati sull’equilibrio tra dominio e consenso. La monarchia spagnola tenne in considerazione i domini italiani che governò secondo la logica del compromesso fra gli interessi della Corona e le forze maggiormente rappresentative nei differenti Stati italiani. Ducato di Milano  nei primi decenni del Cinquecento era il territorio più ambito dalla Francia. I sovrani spagnoli l’hanno sempre considerato il “cuore della monarchia”, centro strategico da difendere costantemente. Qui c’era un governo basato sull’equilibrio tra il riconoscimento dell’autonomia giurisdizionale interna e il controllo spagnolo del ruolo del ducato nella politica imperiale. Il Regno di Napoli  la prima fase è caratterizzata dall’esigenza spagnola di neutralizzare nella società meridionale il trauma della successione, di ricucire la spaccatura profonda tra i ceti filofrancesi e quelli filospagnoli. La partecipazione alla guerra e alle relazioni diplomatiche contribuisce a formare la coscienza dell’Impero fra i ceti e i gruppi sociali del Mezzogiorno. Nella lotta contro i turchi concorreva a detenere il controllo del Mediterraneo, specialmente quello centrale.  GRANDUCATO DI TOSCANA  con Cosimo I de Medici l’accentramento assolutistico si realizzò attraverso la conservazione delle vecchie istituzioni repubblicane e lo sviluppo parallelo di nuove magistrature esecutive controllate dal granduca.  STATO PONTIFICIO  il papa istituisce una monarchia papale, detenendo il potere temporale (e territoriale) e spirituale.  REPUBBLICA DI GENOVA  il patriziato fu la base e il vero depositario della sovranità. Solo tra il tardo Cinquecento e la prima metà del Seicento divenne una repubblica aristocratica. La Controriforma in Italia Lo Stato Sabaudo di Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I era un baluardo contro l’eresia grazie all’attività dei gesuiti. L’impronta della Controriforma e della riforma cattolica a Milano fu data dall’ Carlo Borromeo. Venezia era molto autonoma da Roma e dal papa: la repubblica, per l’aria di relativa libertà e tolleranza che c’era, costituiva un mito nella coscienza del tempo e una meta ideale degli intellettuali anticonformisti. Il Regno di Napoli seppe sviluppare nei suoi intellettuali una cultura giurisdizionalista e regalista che si oppose all’estensione dei privilegi del clero. Non riuscì però a evitare l’Inquisizione romana e i processi del Sant’Uffizio che colpirono il movimento valdese. Ricordiamo Tommaso Campanella e Giordano Bruno. I PAESI EXTRAEUROPEI E IL MONDO MODERNO L’evoluzione del mondo islamico Tra il XV e il XVI secolo l’Islam si diffuse in vaste aree dell’Asia e dell’Africa. Furono costruiti inizialmente due potenti imperi:  Ottomani o osmanli dal nome di uno dei loro primi capi Othman o Osman  Persiano Un carattere comune fu l’intensità degli scambi con i paesi e le civiltà europee. Fu a metà del XV secolo con la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II che cominciò una nuova fase espansionista facendo diventare il regno nato nell’Asia minore uno dei più potenti imperi nel mondo in meno di cento anni. Questa avanzata viene spiegata dagli storici secondo molti motivi:  Vantaggi della posizione geografica  Personalità dei capi  Grande abilità militare e organizzazione dell’esercito  Interferenza tra le strutture politiche, religiose e militari che davano coerenza allo Stato ottomano. Gli anni di maggiore espansione turca in Europa coincisero con gli anni della fase più critica dello scontro tra Carlo V e Francesco I. Organizzazione imperiale: al vertice c’era il sultano e la sua potenza colpì anche gli osservatori occidentali contemporanei. Il punto di forza era il dispotismo ottomano, diverso da quello dello Stato moderno europeo, che prevedeva la quasi totale mancanza della proprietà privata. L’intero territorio era patrimonio del sultano, tranne quelli religiosi. Non si creò mai una nobiltà ereditaria e stabile. C’era la pratica del “timar”: concessione di terre da parte del sultano che non era ereditario e l’assegnatario era dotato di privilegi ma controllato dai governatori statali, quindi non esercitava alcun privilegio signorile. I vertici dell’apparato burocratico e militare erano ricavati tra gli schiavi cristiani: ogni anno un numero di bambini maschi era sottratto alle famiglie cristiane e inviato a Costantinopoli, venivano educati alla fede musulmana e nelle discipline militari e civili. Lo scopo centrale era lo sfruttamento fiscale dei possedimenti imperiali. Non erano previste conversioni di massa ma semplicemente bastava riscuotere dai ragh cristiani e dai contadini censi, canoni e decime. La decadenza dell’Impero ottomano fu determinata dalla superiorità militare ed economica dell’Europa assolutista, soprattutto dopo Lepanto. Ma fu anche la guerra con la Persia e la perdita del Caucaso e motivi di ordini interno: la debolezza del sultano a partire dalla fine del 1500 e la fragilità delle strutture economiche dell’impero, la debolezza finanziaria e monetaria. I vari seguaci di Maometto, i turchi sunniti, avevano mostrato una grande capacità di penetrazione dovuta a un basso tasso di integralismo religioso e una duttile organizzazione dell’Impero. Gli sciiti invece, discendenti da una delle sette musulmane che riconoscevano come soli eredi di Maometto suo genero il califfo Alì (sede in Persia), erano più legati alla purezza religiosa e avevano un rigido ordinamento ecclesiastico, un’organizzazione politica teocratica e un rapporto con gli infedeli fondato sulla conflittualità e la guerra santa, e non sul confronto come per i sunniti. Artefice fu la dinastia safavide. Anche la cultura visse una stagione florida grazie allo sviluppo dell’arte della miniatura e allo sviluppo di varie scuole di pensiero. Tra il XV e il XVI secolo si sviluppò un terzo nucleo di espansione dell’Islam dall’oceano Indiano ai confini del Pacifico, dall’Indonesia all’Africa orientale, dal Marocco e all’Africa nera. Gli strumenti di espansione furono i mercanti. La Cina: dalla fine dell’impero nomade dei mongoli alla dinastia ming A metà del XIV secolo il grande Impero mongolo creato da Gengis Khan e dai suoi eredi entrava in crisi. Le numerose rivolte portarono nel 1368 alla cacciata dei mongoli e alla creazione della dinastia cinese Ming che resse fino al 1644. L’apogeo fu nel XVI secolo. Era una dinastia di origine contadina che aveva promosso una politica di grande opere pubbliche. La capitale fu trasferita da Nanchino a Pechino, i confini furono fortificati e l’apparato militare reso efficiente per fronteggiare i pirati giapponesi. Il XV secolo fu per la Cina il periodo del consolidamento territoriale (annessione del Vietnam), della stabilizzazione interna attraverso la centralizzazione del potere monarchico, dello sviluppo economico e commerciale. Un contributo decisivo fu offerto dalle spedizioni marittime e dai rapporti diplomatici e commerciali tra l’Oriente e l’Europa mediterranea. Il riso divenne la principale coltura costituendo la funzione di “granaio” della Cina. Al vertice della gerarchia sociale c’era la ricca aristocrazia fondiaria formata dai discendenti di coloro che avevano combattuto con i Ming. Seguivano i funzionari intellettuali e i clan. Alla fine del Cinquecento furono intensi gli scambi tra Europa e Cina grazie anche all’opera di evangelizzazione dei gesuiti. Nel 1583 una loro missione guidata da Matteo Ricci costituì un importante scambio culturale: Ricci tentò un’integrazione tra confucianesimo, buddismo e cristianesimo e tradusse in cinese i testi principali occidentali. Il modello feudale giapponese Alla fine del Quattrocento il potere centrale in Giappone era disintegrato e si avviò un processo di feudalizzazione. Tra il XV e XVI secolo l’organizzazione magnatizia prese il sopravvento: i signori feudali controllavano compatti blocchi territoriali dove tutti i guerrieri, i samurai erano loro vassalli e le terre erano di loro proprietà. Differenze tra feudalesimo europeo e giapponese  Il feudalesimo in Giappone era più esteso che in Europa medievale: nelle campagne giapponesi non c’erano gli allodi, le terre di libera proprietà non sottoposte al feudalesimo.  In Giappone era il signore a concedere feudi a pieno titolo dopo il giuramento di fedeltà.  In Giappone il legame tra signore e vassallo era più forte del legame economico del vassallo con la terra.  Il vassallaggio giapponese aveva un carattere sacro e familiare. Nel 1573 iniziava in Giappone il periodo senza “shogun”, una fase in cui a governare erano i capi militari. Nobunaga impose il suo dominio sul Giappone centrale e pose fine all’indipendenza di alcune città mercantili. Si mirò ad un’unità senza centralismo, convivenza di regime feudale e sviluppo economico, feudalesimo controllato. In primis si cercò di ricomporre il mosaico delle sovranità regionali non nello Stato accentrato ma in un sistema feudale unitario. Al vertice vi era l’imperatore che non esercitava direttamente alcun potere ma questo era assegnato allo shogun che possedeva e amministrava le terre. Le principali gerarchie erano costituite dai daimyo, samurai, contadini e commercianti. Si trattava di un grosso innesto burocratico entro il feudalesimo. L’India Sulle rovine del sultanato si formò l’Impero moghul o mogol e il suo artefice è il re Akbar che dopo circa 50 anni sarà il padrone di tutta l’India settentrionale. Il fondamento di questo stato era militare: ogni funzionario era membro dell’esercito. Al vertice c’era l’imperatore, comandante delle forze militari e fonte di giustizia e dell’amministrazione. Non si formarono né un’aristocrazia terriera nazionale né una burocrazia ereditaria. La ricompensa per i servizi burocratici e militari era in denaro e non più in terre. A differenza della Cina, il reclutamento consisteva nella scelta autonoma dell’imperatore che li inquadrava in una rigida scala gerarchica stabilendo le condizioni del servizio. L’India si reggeva su un’economia agraria dove però a prevalere non erano le funzioni artigiane e mercantili ma quelle politiche e religiose. La prima fase dell’impero moghul sovrappose un corpo di leggi e ordinamenti conformi a usi locali eterogenei, mantenendo anche i capi indigeni. Il sistema di caste organizzava la popolazione in gruppi ereditari dove i maschi svolgevano lo stesso tipo di funzione sociale ereditata (sacerdote, guerriero, artigiano, coltivatore ecc.). La società veniva ulteriormente gerarchizzata condizionata dai pregiudizi religiosi. IL CENTRO DELLA CIVILTA’ EUROPEA: L’INGHILTERRA E L’OLANDA Un’anomalia nello schema europeo: l’OLANDA nel Seicento L’Olanda fu l’unico paese d’Europa a sottrarsi alla stagnazione economica generale. Riuscì dopo una lunga guerra a liberarsi dal dominio della Spagna e trovò i modi e gli strumenti per competere economicamente con i paesi più potenti. Consolidò la sua posizione nel Baltico e nel Mediterraneo; riuscì a costituire un sistema politico originale fondato sul federalismo e non sull’accentramento. Dopo la tregua dei dodici anni con la Spagna i Paesi Bassi si trovarono divisi in due parti: 1. Le Province Unite: stato indipendente a regime repubblicano con una sua organizzazione autonoma. Erano protestanti calvinisti ed era una potenza marittima borghese con forti interessi commerciali. 2. Paesi Bassi meridionali: appartenevano alla corona spagnola ed erano fedeli alla monarchia. Erano più che altro gesuiti e economicamente erano gestiti da una potente nobiltà. Le Province Unite vennero chiamate OLANDA dal nome della provincia più importante. Era una repubblica a carattere federativo gestita dagli Stati Generali a cui erano affidate la politica estera e le finanze, e il L’Europa aveva perso la Spagna, come motore egemonico, e altre potenze erano scese in campo. Da un polo dominante l’Europa si ritrovò articolata in una multipolarità. Stava nascendo la coscienza europea in ambito politico. Ogni stato aveva una sua etica e si comportava secondo etiche proprie. L’Inghilterra e l’Olanda costruirono un’alleanza in cui il polo più forte era costituito dalla potenza inglese; la pace di Oliva segnò l’ascesa della Prussia degli Hohenzollern; la monarchia austriaca di Leopoldo I consolidò il suo ruolo internazionale; la Spagna, nonostante avesse ceduto il suo ruolo egemonico alla Francia, continuò ad essere una realtà imperiale transoceanica. Luigi XIV Chiamato dai suoi sudditi “Re Sole”, era un uomo gentile e grande osservatore della realtà e percepiva l’esigenza di essere il dominatore. Nacque nel 5 settembre 1638. La sua infanzia e la sua giovinezza l’aveva vissuta sotto tutela della madre Anna d’Austria, moglie di Luigi XIII (tedesca e dal carattere forte e rigido anche nei confronti del figlio) e un grande consulente esterno che gli suggeriva cosa fare, Giulio Raimondo Mazzarino, il quale incideva molto sulla corte francese. Luigi XIV assunse tutto il potere che gli arrivò come riscatto alla sua “minorità”. Voltaire scrisse una biografia su Luigi XIV e da qui Immanuel Kant elaborò un concetto: “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità”. Dal 1661 la Francia rivolta se stessa. Il governo di Luigi XIV era statico e centralizzato.  Il potere di Luigi era un potere di dominio forte e assoluto.  Concentrò tutta la nobiltà in un solo luogo: Versailles, una corte e una reggia ma anche una prigione con giardini immensi all’interno della quale si consumavano cibi, fasti e giochi. Tutto questo perché Luigi doveva controllare e coordinare la nobiltà. Il passaggio dall’essere vicini alla monarchia all’essere controllati da essa: qui nasce lo Stato. Nasce una società di corte e il re aveva bisogno di uomini che governassero la Francia, fedeli. Erano ministri che però vivevano a Parigi perché avevano una delega.  A livello economico vi erano realtà diverse nelle varie zone francesi. Luigi XIV, insieme al ministro Jean-Baptiste Colbert si dedicarono alla riorganizzazione complessiva dell’apparato statale francese e con una più incisa politica di governo del territorio. Si cercò di migliorare l’industria, poiché la Francia era dipendente dall’estero soprattutto per i prodotti di lusso; il commercio con l’estero formando cinque compagnie commerciali sul modello olandese (le Compagnie del Nord, del Levante, delle Indie Orientali, delle Indie Occidentali e del Senegal); il settore fiscale tramite il protezionismo (realizzazione di una riserva di metalli preziosi nelle casse dello Stato). Tuttavia questi non servirono molto a causa della politica bellicista di Luigi XIV e la concorrenza inglese e olandese.  Il re allargò ancor di più la sua dimensione politica e si propose di estendere oltre i propri confini, che era una tecnica antica che la modernità aveva riscoperto con la Guerra dei Trent’anni.  Era un osservatore della realtà politica e conoscitore delle teorie economiche del tempo che erano due: fisiocrazia (dal greco, natura e potere) secondo cui la Francia avrebbe dovuto puntare sull’economia agricola, perché la natura è e sarà sempre la prima risorsa; mercantilismo secondo cui ogni paese fonda la propria economia sugli scambi commerciali, non eguali ma un prodotto interno più si sviluppa e più l’economia interna ha la possibilità di scambiare: parliamo quindi di “protezione economica”. Si deve importare meno e produrre di più: questo significa anche fare attenzione alle comunicazioni interne: la Francia venne investita da un’opera di risanamento territoriale con la costruzione di nuove infrastrutture per far sì che la produzione interna abbia sviluppi. Sta nascendo lentamente l’idea di nazionalismo.  Luigi XIV aveva un rapporto complicato con la fede. Nel 1598 la Francia aveva concesso molto agli Ugonotti, ma Luigi revoca con l’Editto di Fontainebleau costringendo la maggior parte degli Ugonotti all’esilio e perdendo artigiani, mercanti e intellettuali. Ha anche un rapporto complesso con la fede cristiana e con il personaggio che in questo periodo crea un’alternativa al cattolicesimo: il Giansenismo e Giansenio. Era movimento rigorosissimo concentrato sulla preghiera a Dio e la conduzione di una vita semplice e modesta. Dopo la condanna papale Luigi ordinò la chiusura di Port-Royal (sede di Giansenio). Questo fu condizionato dal rapporto di Luigi XIV con il papato il quale consigliava inizialmente di mantenere un rapporto forte con il Giansenismo per il controllo dei benefici ecclesiastici ma poi si cambiò strategia. 1668. L’essere in una fase politica ed espansiva, mette in moto il contesto dei confini europei. I paesi ai limes reagiscono e si coalizzano contro l’idea e la condotta espansionistica di Luigi. Egli richiese una Lega, creò una federazione. Tutto ciò che aveva conquistato a partire dal 1668-69 si mette in moto e perde tutto, anche quei territori ad ovest e ad est dell’Elba che verranno rivendicati poi dai francesi nella Prima Guerra Mondiale. Questo monarca era impegnato in prima persona nei suoi progetti e da qui viene l’Assolutismo. Fino al 1714 mosse guerre e venne sconfitto sui campi di battaglia. Quando morì nel 1715 la monarchia francese si chiuse in Versailles, perdente: questa retromarcia è l’atto di inizio di ciò che produrrà l’effetto scatenante della Rivoluzione Francese. L’assolutismo in Prussia Il modello in cui meglio si realizza il processo di centralizzazione è quello del Brandeburgo-Prussia di Federico Guglielmo. L’ascesa fu garantita dalla pace di Oliva del 1660: la Prussia non è più vassalla del re di Polonia e viene annessa al Brandeburgo. Qui non è sempre realizzare l’assolutismo. Federico Guglielmo riuscì a stipulare un compromesso con la nobiltà che dominava la Dieta estendendo privilegi e poteri giurisdizionali in cambio di finanziamenti per rafforzare la sua base militare. L’assolutismo nel Brandeburgo ha il suo fondamento nei Junker, nobili che si occupavano dell’amministrazione militare, civile e territoriale. L’assolutismo in Austria Qui si definì con Leopoldo I d’Asburgo e il suo predecessore Ferdinando II i quali riuscirono a congiungere il principio della fede cattolica con il principio dinastico, creando nei sudditi un forte senso di appartenenza agli Asburgo d’Austria. Rafforzarono l’amministrazione pubblica e formarono un esercito permanente guidato dall’italiano Raimondo Montecuccoli. Il problema dell’Austria era l’Ungheria per la creazione di un assolutismo omogeneo e accentrato. Nel 1678 Leopoldo annullò tutti i privilegi politici di cui godevano gli ungheresi e avviò una repressione nei confronti dei protestanti: questi reagirono con la rivolta. Erano appoggiati dai Turchi, che già avevano attaccato Vienna nel 1660, fermati e sconfitti da Montecuccoli. Nel 1683 Vienna fu assediata dai Turchi ma le truppe austro-polacche riuscirono a sconfiggerli. Con la pace di Carlowitz (1699) i Turchi cedettero agli austriaci l’Ungheria e la Transilvania. Nonostante questo, risultò difficile adottare una linea di governo assolutista perché non riceveva consensi. Un’età di decadenza? SPAGNA Non aveva più l’egemonia europea ed era un impero molto debole: non aveva più la capacità dimostrata nel XVI secolo di proteggere i propri territori dalle aggressioni esterne. Sulla scena internazionale il suo peso continuò ad essere rilevante: riusciva a far valere la sua forza militare e ad inserirsi nel sistema di alleanza antifrancese con Inghilterra e Olanda. Più fragili erano invece i fondamenti economici e sociali della monarchia spagnola. Si ebbe un arretramento della Castiglia rispetto ad altre regioni spagnole e siccome la Castiglia era il cuore dell’economia imperiale, la sua crisi coinvolse l’intera nazione. Questo processo riguardò soprattutto l’ultima fase del regno di Filippo IV e il primo periodo di Carlo II (1665-1700). Dalla fine del 1670 si avvertirono dei segnali di ripresa con il recupero parziale della moneta, della produzione agricola e delle attività industriali. Nel 1679 Carlo II creò la Giunta di Commercio e Moneta, il primo serio tentativo di politica economica statale. L’egemonia si spostava dal centro alla periferia dove la pressione fiscale era più contenuta: si stava verificando l’ascesa della Catalogna. La classe privilegiata spettava ai grandi proprietari fondiari e gli aristocratici. ITALIA Gli effetti della Guerra dei Trent’anni furono avvertiti soprattutto nell’Italia settentrionale. La crisi demografica fu determinata dalle epidemie di peste: quella del 1630-31 descritta da Manzoni (Nord Italia e Toscana) e quella del 1656-57 (Regno di Napoli, Lazio, Genova). La popolazione fu dimezzata e soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia ci fu uno squilibrio della struttura demografica. L’Italia uscì dal traffico internazionale: il settore merceologico della lana era in crisi e questo fu dovuto alla concorrenza dell’Europa nord-occidentale. Si verificò un “ritorno alla terra”, un immobilizzo generale dei capitali. Dal punto di vista politico l’Italia continuava ad essere un laboratorio di esperienza differenti.  Piemonte Fu influenzato dalla politica interna francese di Luigi XIV. Carlo Emanuele II adottò una politica mercantilista coinvolgendo anche l’aristocrazia e i suoi capitali. Dopo 10 anni di reggenza di Maria Giovanna Battista, assunse il potere con un colpo di stato Vittorio Amedeo II. Egli assunse un’aggressiva politica estera per liberare alcune zone dalla potenza francese. Partecipò alla guerra contro la Francia del 1690 alleandosi con gli Asburgo d’Austria e la Spagna.  Genova Luigi XIV costrinse la repubblica di Genova a un atto di sottomissione diplomatica: solo così poteva conservare la sua indipendenza.  Stato Pontificio Dopo la Pace di Vestfalia non fu più in grado di realizzare una presenza significativa sulla scena internazionale. Era assai complesso governare l’intero territorio poiché vi erano molte differenze tra le diverse regioni. Anche qui si sviluppò un accentramento dei poteri e un’efficace gestione del rapporto tra il centro e la periferia che portò ad un ammodernamento delle strutture amministrative dello Stato.  Venezia riflessione può essere la solitudine interiore dell’intellettuale ma anche il salotto, questo nuovo spazio mondano promosso dalla Francia di Luigi XIV. La psicologia diventa lo strumento di governo per disciplinare la società e per salvaguardare il potere. Il moralista quindi ha il compito di suggerire in maniera pratica strategie e tattiche. La rivoluzione scientifica Con questo termine intendiamo le mutazioni riguardo la cosmologia, il metodo di ricerca e della conoscenza, la figura professione dello scienziato. Galileo Galilei diffuse in maniera chiara la teoria copernicana eliocentrica e la diffuse in Europa. È all’origine dello scontro tra scienza e fede e nel 1633 inizia il processo di Galilei davanti al Sant’Uffizio dell’Inquisizione. Galilei crede nella loro necessaria conciliabilità e quindi va contro, più che altro, l’autorità: secondo lui l’unica autorità deriva dal metodo scientifico diretto. Solo nel 1992, papa Giovanni Paolo II cancella la condanna di Galilei e riconosce la sua grandezza. Altrettanto importante fu Cartesio (René Descartes) che esalta la forza della ragione, elogia il dubbio come strumento per conoscenza sistematica della realtà e propone un insieme di regole per la guida dell’intelligenza. La scienza è opera della ragione. Nel XVII queste tematiche coinvolgeranno anche altri campi della cultura: la dinamica e la statica (Isaac Newton scopre la legge della gravitazione universale); chimica (Robert Boyle è il fondatore della chimica moderna); la determinazione del tempo (Christian Huygens che costruisce l’orologio a pendolo); medicina (William Harvey e Marcello Malpinghi). Il Seicento viene definito dalla storiografia il “secolo della crisi”: rivolte, rivoluzioni, guerre. È anche l’anticamera del Settecento: tutto l’Illuminismo adesso viene predisposto da:  Rinnovato contatto tra l’Europa e il mondo: il Medioevo aveva allargato lo sguardo prima con Marco Polo, poi ci fu Cristoforo Colombo, adesso vedremo i colonialismi (forme di imperialismo commerciale) e primo momento di globalizzazione.  Nobili che vanno alla ricerca della curiositas e della novità, partono per l’America, Asia: quando questa gente torna dai propri viaggi portava nuove idee, possibilità di comparare l’Europa con il mondo. In questa comparazione si presentano nuove aperture mentali, nuovi modi di osservazione.  Si inclinano alcune certezze: la Bibbia viene discussa perché essendo un libro significa che dietro c’è una mente umana. Entrarono prepotentemente in gioco Leibniz, Hume e altri che cominciarono a pensare che altre religioni potevano essere ammesse. Nasce il concetto di tolleranza.  Cartesio che diede vita al piano cartesiano; Galileo Galilei che considerava il mondo un grande libro. Nasce la scienza sperimentale.  Tutto un pensiero politico ruota attorno alla Costituzione politica del tempo: nasce l’idea di equilibrio degli stati che possono essere considerati come una creazione umana.  Isac Newton: nasce la gravità. Colui che illuminerà il Seicento, il secolo della crisi, e aprirà le porte al Settecento illuministico sarà Giordano Bruno, il quale verrà arso vivo nel 1600. Il Settecento è un secolo caratterizzato da ulteriori novità, nuovi eventi, nuove suggestioni, nuove visioni. C’è un allargamento delle sfere umane e in queste vicende noi collochiamo ancora una volta gli Stati. Essi stanno dando vita a una formula interessante che noi chiamiamo EUROPA UNITA, l’Europa dei confini politici, con numerose guerre per l’equilibrio europeo. Francia e Spagna stavano già in conflitto e adesso si rinnova l’egemonia spagnola. Lo scenario internazionale  Musulmani e Turchi, i quali erano ancora presenti ma dopo Lepanto vennero allontanati dall’Europa progressivamente nel corso del Seicento.  L’Inghilterra e l’invincibile armata avevano siglato la nascita e l’affermazione di un’egemonia sui mari, rafforzando gli sbocchi commerciali.  La Francia di Luigi XIV che aveva perso tutto: egli aveva potere ma sempre meno illuminato. Tutta l’economia che aveva caratterizzato il Mediterraneo dopo la scoperta dell’America e dopo l’ascesa dei Paesi Mediani (Olanda, Inghilterra) posta il suo centro commerciale dal Mediterraneo verso questi nuovi spazi. Nasce un nuovo soggetto politico internazionale: l’Europa multipolare, che arriva fino ai nostri giorni. Cos’è l’equilibrio tra gli Stati e cosa produce sul piano storico? L’elemento più importante è la pace politica. L’equilibrio è un punto su un piano (direbbe Cartesio) e per esserci ci vogliono delle coordinate che mettono in relazione questo movimento. Se le coordinate si spostano svanisce l’equilibrio. Tutto ruota attorno ad una logica cartesiana. Questo è il momento in cui fa a capolinea nella storia un termine antichissimo: la Ragion di Stato che è quell’equilibrio che raggiunge attraverso scelte ponderate a carico di chi è chiamato a governare una comunità. È un criterio che porta con sé un ulteriore significato: non è la pratica dell’agire ma la scelta, il criterio. Passiamo dai modelli teorici medievali: adesso il Settecento chiede l’agire in termini concreti.  Il concetto di egemonia, rispetto a quella spagnola, è parzialità di sfera di influenza, articolazione.  Articolazione di poteri vuol dire che i poteri si pongono in punto di forza l’uno all’altro.  Comincia a prendere corpo la logica dell’importanza delle piccole forze in campo che sono utili al rapporto di equilibrio tra gli Stati: aggregandosi ai grandi stati in posizioni vulnerabili possono creare processi di coalizione difensiva o offensiva.  Ci sono ancora l’Umanesimo, il Rinascimento, il mondo classico che consegnano il primato della politica classica. I politici si dedicavano alle opere politiche di Aristotele, Platone… Si tratta di gente che riappropria a sé il valore della cultura classica.  Nasce il diplomatico, colui che verrà inviato da una corte all’altra. Si parla di “diplomazia istituzionalizzata” che va lì non con armi ma in termini “borghesi” (non hanno più lo spadino o la divisa). Sta nascendo il borghese che mette via la divisa militare per vivere nella società (aggregato umano dove la gente svolge una funzione). Sta nascendo l’uomo moderno, che arriva fino ai giorni nostri.  Nel cuore di questa storia c’è la precarietà della vita umana. Un re che muore mette in moto la logica dinastica. Cos’è la logica degli equilibri?  Si crea un interessante connubio e confronto, a volte scontro, tra la politica interna (cioè gli interessi di ciò che chiameremo dopo “nazione”) e i rapporti esterni, la politica esterna. Questo è il momento in cui morti a catena creano elementi di vuoto nei rispettivi regni e troni. Per prima abbiamo il monarca spagnolo, che dopo la morte aveva lasciato qualche indicazione testamentaria, aveva destinato il nipote Luigi ad ereditare il suo regno. Ma accettando quella successione e mettendo insieme Francia e Spagna avrebbero creato un’alleanza micidiale, visto anche il temperamento espansivo di Luigi XIV. Si generò una guerra che culminò con la pace di Utrecht. La Francia non ottenne la successione dinastica e, con ancora Luigi XIV che aveva promosso la guerra, venne privata di alcuni territori. La Spagna, che a suo modo aveva dovuto subito una monarchia proveniente dal mondo esterno asburgico. L’Olanda e la Svezia non ebbero un ruolo rilevante: si dedicavano esclusivamente ai commerci e a viaggi oltre l’Europa. Prussia, Austria e Gran Bretagna creeranno un impero che costituirà la premessa dell’impero austro-ungarico: sono i forti, coloro che realmente hanno vinto il confronto e godono della legalità sui troni. Nel 1613 c’è un nuovo equilibrio europeo e una nuova multipolarità. Cos’è la logica degli equilibri? Si parte dal 1648. L’Europa era polare e subisce delle multipolarità. Le multipolarità vanno intese come momenti di rinnovati equilibri europei, da qui si ristruttura tutta la dinamica delle potenze europee: il prevalere dell’uno che era già forte porta alla decadenza di altri. I nuovi equilibri e le nuove paci fanno emergere in ordine di successione nuove o vecchie potenze. È un’Europa in continua sistemazione. Nel 1600 e primi anni del 1700 (1715) il principio di uguaglianza tra gli Stati vuol dire: uguaglianza giuridica e uguaglianza formale. Nasce un rapporto gerarchico tra gli Stati. Cos’è l’equilibrio europeo nel 1700? È la coesistenza, non coesione, e concorrenza tra gli Stati. Queste due espressioni rendono possibile la vita degli stati europei. Coesistono guardandosi l’uno l’altro pronti a sfidarsi e a prevalere sull’altro. Massimo teorico di questo processo politico è David Hume. Con lui nasce il concetto di “bilancia” ed è proprio in questo periodo che nasce il concetto di “economia” (legge della casa e della città). L’equilibrio si assoggettava al controllo politico degli stati. Si opponevano le grandi potenze: Francia, Spagna, Prussia, Russia… l’Italia è ancora controllata in parte dalla Spagna (poi entreranno gli Austriaci fino al 1734-35; poi i Borboni). La ricerca ossessiva di questo momento, del primo ‘700: si dovevano affermare dei principi:  Ogni potenza vantava nella sua dimensione statale e nella sua sfera di potenza un’egemonia: alla base di questa logica vi è ancora il feudalesimo. Questo genera “equilibrio” che nel primo ‘700 è una parola plurale perché vengono intesi più stadi, più momenti.  Primato della politica classica: la classicità è quel feudalesimo che sta continuando a coesistere con il moderno.  I soggetti che in questo momento nella storia emergono nel loro splendore: le corti del 1700. ECONOMIA, SOCIETA’ E CULTURA NEL SECOLO DEI LUMI Che cos’è l’Illuminismo? Il secolo dei Lumi vide l’uso spregiudicato della ragione applicata a tutti i campi. Fu l’epoca della crisi della coscienza europea: dall’attenzione concentrata sui problemi religiosi e morali si passò al primato delle questioni politiche e sociali. La prima idea-guida del dibattito illuministico fu il nesso religione-libertà-tolleranza: era stato trattato per la prima volta dall’olandese Baruch Spinoza che aveva storicizzato i fondamenti della religione cristiana, le Sacre Scritture. Tolleranza e libertà di pensiero erano fondate nel mondo moderno. I fondamenti di questa teoria erano stati gettati dagli intellettuali libertini del XVII secolo. L’Illuminismo fu una cultura universale, cosmopolita e connotata nelle diverse aree europee. Parigi fu il centro del movimento, dove i filosofi illuministi si posero l’obiettivo di dirigere la società investendone con il lume della ragione tutti i settori e gli aspetti. In Germania l’Illuminismo si sviluppò in un contesto ostile poiché mancava l’unità nazionale e viveva un periodo travagliato dalle questioni religiose (protestantesimo e cattolicesimo che non favorivano una visione laica della realtà; feudalesimo e dispotismo politico). In Si avverte sempre più l’esigenza di una scienza dell’economia: nacquero i primi tribunali di commercio formati da giudici non togati (banchieri, mercanti) e giuristi di mestiere che si ispiravano ai principi dell’utilitarismo ed esprimevano i bisogni dei ceti medi produttivi. A metà Settecento si diffusero anche le prime cattedre di economia nelle università. A Napoli ricoprì la cattedra Antonio Genovesi. Al centro della sua riflessione c’erano l’agricoltura, produttività e sviluppo mercantile e sperava in un superamento dell’arretratezza del Mezzogiorno che non derivava dal suolo o dal clima ma dal governo, dalle leggi, dal culto religioso tendente a far amare la fatica. Dalla scuola di Genovesi uscirono i maggiori illuministi napoletani come Ferdinando Galiani. Il test-base della scienza economica moderna apparve in Inghilterra, scritto da Adam Smith, professore di filosofia e a contatto con i philosophes francesi tra cui David Hume. Ha come riferimento base la società inglese del tempo che sta vivendo la rivoluzione industriale e un intenso sviluppo delle forze produttive. Da un lato c’è la proprietà fondiaria e il capitale, dall’altro il lavoro salariato: il lavoratore non gode più dell’intero prodotto del suo lavoro. La teoria dei prezzi tiene conto di: salario dei lavoratori, il profitto, cioè la quantità addizionale di lavoro vivo per remunerare il capitale investito dagli imprenditori, e la rendita fondiaria che è la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario della terra. Profitto + vendita = PLUSVALORE. Per Smith è il lavoro sociale, la quantità di lavoro necessaria che crea il plusvalore, che è la parte del lavoro di cui si appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro: il proprietario terriero, il capitalista. Sia la fisiocrazia, sia Smith tendevano verso l’affermazione di quei valori di libertà d’impresa e di mercato che sarebbero stati alla base della prima economia capitalistica. Il partito degli intellettuali e la circolazione delle idee Un tratto distintivo dell’Illuminismo fu la sensibilità per gli strumenti della comunicazione. Nacque un vero e proprio partito degli intellettuali con caratteri simili nei vari paesi dell’Europa del Settecento: il sentimento di appartenenza alla stessa comunità (gens de lettres); capacità di incidere come gruppo di pressione nella formazione dell’opinione pubblica; rivendicazione della funzione della classe dirigente. È importante ricordare la produzione dell’Encyclopédie, un’opera di 17 volumi di testo e 11 illustrazioni pubblicata tra il 1751 e il 1772 diretta da Diderot e D’Alambert e con la partecipazione di Montesquieu, Rousseau, Quesnay, D’Holbach. Era un dizionario di scienze, lettere e arti. Il Settecento fu il secolo dell’editoria. I giornali italiani più famosi furono “La Frusta letteraria” (Venezia, 1763-65) e “Il Caffè” dei fratelli milanesi Verri e di Beccaria. Salotti e accademie furono il crocevia di costume, moda, società, cultura e politica. A questa cultura d’élite faceva riscontro una condizione culturale di massa differente. A metà del XVIII secolo gli analfabeti in Europa toccavano indici compresi tra il 70-80% e non si verificarono significativi progressi fino alla metà del XIX secolo. Gli illuministi si posero il problema dell’alfabetizzazione e dell’istruzione elementare delle classi sociali medie-basse ma nella pratica queste venivano gestite dalla Chiesa. SETTECENTO RIFORMATORE Caratteri di forza delle monarchie:  Eredità  Indipendenza  Il sovrano rispondeva solo a Dio  Il diritto di servirsi delle proprietà dei sudditi Il sovrano godeva di:  Attributi  Potere ASSOLUTISMO ILLUMINATO  possibilità di governare l’antico in maniera diversa Concentrazione capacità di governare il territorio e un maggior consolidamento interno e internazionale Del potere degli Stati mediante norme più precise e servitori privi di potere autonomo C’è un nuovo modo di governare e maggiore interazione tra il territorio e il sovrano, maggiore sensibilità verso la necessità dei sudditi. L’Assolutismo illuminato spinse verso un apparato amministrativo efficiente e c’era una più precisa distribuzione tra FUNZIONI e POTERE. C’è un nuovo soggetto: il popolo. Il tema non è lineare ma circolare. DIFFERENZA TRA ASSOLUTISMO E DISPOTISMO  DISPOTISMO  era quello dello zar di Russia che poteva essere paragonato al sultano ottomano o agli antichi re assiri per il suo governo autocratico. Lo zar trattava i sudditi come schiavi e governava OLTRE la legge.  ASSOLUTISMO  era il regime del sovrano per diritto divino che governava ATTRAVERSO la legge. 1) regimi in cui il potere del sovrano era limitato da altri organi costituzionali (Parlamento, Diete, Stati del regno…) 2) regimi in cui la libertà d’azione del sovrano era meno vincolata: in Prussia, Spagna e Danimarca il potere era più ampio rispetto in Inghilterra, dove l’equilibrio fra monarchia e Parlamento era stato ottenuto sulla base di una prassi costituzionale che faceva divieto al re di istituire nuove tasse, cambiare la religione o emanare nuove leggi senza consenso. I sovrani non governavano con il dominio ma furono costretti a cercare forme di collaborazione e di consenso con ceti provinciali, forze locali, signorie fondiarie e contadine. AMMINISTRAZIONE CENTRALE  specializzazione della pubblica amministrazione a causa del bisogno di potenza nell’equilibrio degli Stati, l’esigenza di un coordinamento tra il centro e la periferia del territorio nazionale, l’efficace controllo sociale del Paese. Ministeri e segreterie di Stato divennero gli organi politico- amministrativi più importanti degli apparati statali. Il primo ministro doveva costituire il canale di mediazione tra la volontà del re e i sudditi, assisteva a tutti i consigli e ne filtrava gli affari. Il XVIII secolo significò il passaggio da un sistema di governo in cui i rapporti tra politica e amministrazione erano assai confusi a un nuovo modello di divisione di funzioni tra il governo (direzione politica del paese) e la burocrazia (funzionari specializzati e competenti). Furono soprattutto le riforme dell’assolutismo illuminato a spingere verso un apparato amministrativo più efficiente: in particolare le riforme di Maria Teresa d’Austria che attuate per ottenere un accentramento del potere e perché si necessitava di funzionari più competenti. Il nucleo dell’apparato amministrativo austriaco era il Consiglio di Stato composto da funzionari con incarichi finanziari, commerciali e militari: qualcosa si sostituisce alla centralità. Gli affari giudiziari furono distinti da quelli amministrativi e fu creato un nuovo tribunale supremo con giurisdizione su tutto il territorio. LE RIFORME FISCALI  Tutti gli Stati ricorrevano all’imposizione indiretta perché di più facile riscossione ma era anche causa di malcontento e rivolte. Si verificò un censimento del contribuente. Fisco = distribuire le tasse sui sudditi; compilazione dei catasti = strumenti di certificazione fiscale più attendibili. Così era possibile accertare la ricchezza sul territorio statale: si afferma il “catasto onciario”, ossia il sistema di tassazione delle proprietà e delle industrie. Avevano trovato ispirazione dalla Chiesa Cattolica. LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA  gli illuministi combattevano per una giustizia più equa (non “egualitaria” perché è un principio non ancora presente nella coscienza dell’uomo moderno). La codificazione del diritto e la sua semplificazione contribuirono indubbiamente a unificare l’ordinamento. Ma le giurisdizioni privilegiate non furono abolite. Solo alcuni sovrani, tra cui Maria Teresa d’Austria, cercarono di affermare il principio che una sentenza pronunciata da un tribunale feudale dovesse essere ratificata da un rappresentante del governo imperiale. E Giuseppe II d’Austria promosse una legge di riforma agraria che limitava i poteri della nobiltà fondiaria. Sia sul fronte del fisco sia su quello del diritto si affermava il principio importante dell’unificazione dell’ordinamento e delle procedure: il catasto e la codificazione prepararono lo straordinario rinnovamento dell’età rivoluzionaria, soprattutto napoleonica. CENTRO E PERIFERIA  molti passi avanti furono compiuti nel rapporto tra il centro e la periferia dello Stato nel governo locale. Furono realizzati progressi per rafforzare il controllo del governo sull’attività economica e sull’amministrazione della giustizia all’interno del paese. Nasce la figura del prefetto (prima dell’effetto): la presenza dello Stato. Fu soprattutto l’Austria di Maria Teresa a delineare meglio le nuove riforme amministrative locali: creò 47 distretti, agglomerati amministrativi per mantenere l’ordine e vigilare su tutto ciò che riguardava il benessere pubblico (stavano nascendo le regioni). Un modello completamente diverso era quello dell’Inghilterra, affidata ai giudici di pace, nobili o gentiluomini di provincia che prestavano servizio nel fisco, nelle forze armate, nel commercio o nell’assistenza. Ottennero una carica grazie al loro prestigio locale conservato a vita, e non venivano pagati. LA SCIENZA CAMERALE  è la scienza dell’amministrazione pubblica, a cui si dedicarono molti studiosi, soprattutto tedeschi. I principi della scienza camerale sono: il primato del governo monarchico; la felicità dello Stato come fine della politica; lo sviluppo e l’utilizzazione delle risorse statali per garantire la sicurezza. L’ESPANSIONE COLONIALE: IL MONDO OLTRE L’EUROPA Dal commercio al dominio Prima della seconda metà del Settecento il dominio era un mezzo per l’espansione e il controllo di nuove fonti di sfruttamento delle risorse; in seguito il controllo commerciale divenne strumento per il fine del dominio politico che divenne l’obiettivo principale delle potenze coloniali. Da questo punto di vista l’India costituì il modello di un nuovo dominio coloniale e questo fu determinato da più variabili:  la rivalità tra Francia e Inghilterra scoppiata nella Guerra dei Sette Anni  disintegrazione dell’Impero moghul  divisione internazionale del mercato che richiedeva un maggiore controllo della madrepatria sui territori orientali. Prima dell’Inghilterra, l’Olanda aveva già promosso il passaggio dal rapporto di natura commerciale a quello coloniale. L’isola di Giava si era trasformata da Stato vassallo a provincia olandese e lo strumento del dominio era costituito dall’amministrazione indiretta: residenti olandesi che controllavano il governo locale e gestivano gli affari con l’aiuto di guarnigioni. Il dominio era esercitato dalle autorità locali chiamate “reggenti” che amministravano la giustizia. Ma fu l’India ad essere condizionata maggiormente da quei tre fattori precedenti, che determinarono la nuova fase della dominazione europea nel continente asiatico.
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