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Letteratura francese I: Medioevo, Appunti di Letteratura Francese

Dalle origini a Villon. ARGOMENTI TRATTATI.Il romanzo medievale, la lirica, centri di cultura, fabliaux, lai narrativo, le canzoni di gesta, Chrétien de Troyes, poesia del XIV - XV secolo, Francois Villon. Analisi dei brani: "la chanson de Roland" (dopo l'episodio di Roncevaux), "Le chevalier de la charrette" di Chrétien de Troyes, "l'épitaphe de Villon". appunti presi a lezione

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 12/01/2020

saimons96
saimons96 🇮🇹

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Scarica Letteratura francese I: Medioevo e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! MEDIOEVO Il Medioevo è il periodo che va dal 476 (caduta dell’ultimo imperatore romano d’Occidente Romolo Augusto) al 1453 che è considerato l’inizio dei tempi moderni e segna la presa di Costantinopoli (da parte dei Turchi ottomani). Dalla seconda metà del 1400 nascerà un nuovo mondo, in cui il sistema feudale diventa desueto (anche se viene definitivamente abolito solo con la rivoluzione francese). Nell’opera di CORNEILLE il “Cid” (1637) vediamo che l’ideologia della prima metà del ‘600 poggia ancora sui valori di tipo feudale (ma la struttura non è più così rigida tra baroni, vassalli, ecc). Anche la scoperta dell’America (1492) apre i tempi moderni. In quel periodo lo spirito del Rinascimento penetra in Francia con conseguente rinnovo della letteratura e delle arti. All’inizio del XVI secolo c’è la riforma che romperà l’unità religiosa dell’Occidente. Rispetto a un sistema che era fondato sull’autorità e sulla tradizione, avremo lo spirito del “libero esame”, portato avanti dai libertini. Erano dei liberi pensatori che sottoponevano tutto al libero esame: non si accontentavano delle verità rivelate ma volevano vagliare ogni cosa con spirito critico. Al giorno d’oggi invece per noi i libertini sono persone che hanno dei costumi fuori dagli schemi, che non tengono conto delle regole della morale. Il Medioevo si divide in Alto Medioevo (dal V al X secolo) e Medioevo (dal XI al XIII secolo). Alto Medioevo (V - X secolo) L’Alto Medioevo inizia nel 476 ed è un periodo di grandi sconvolgimenti. Dal punto di vista linguistico è importante perché le lingue iniziano a distinguersi dal latino. E’ il periodo delle invasioni barbariche dei Visigoti, Vandali, Ostrogoti, Franchi. CLOVIS, re dei Franchi della dinastia merovingia, riesce a unificare quella che all’epoca era la Gallia. Astutamente si converte al cristianesimo, per opportunità politica ovvero per avere l’appoggio dei cattolici e del papa. Alla morte di Clovis, i merovingi perdono il potere a favore dei maires (sindaco) du palais. Erano alti funzionari. Tra loro c’è CARLO MARTELLO e PIPINO IL BREVE (che era il padre di Carlo Magno). CARLO MAGNO diventa imperatore d’Occidente nell’ 800. Ha un ruolo importante a livello europeo, non è soltanto l’imperatore della Gallia. Le chansons de geste gli hanno dato un ruolo molto importante che è quello di essere il PADRE FONDATORE della nazione francese. Le chansons de geste riprendono ovviamente le imprese di cavalieri, di personaggi storici ma non sono delle “cronache storiche” e quindi rielaborano e creano il MITO delle origini dello stato francese dove appunto Carlo Magno ha un ruolo fondamentale. Alla sua morte nell’814 l’impero è completamente disgregato e subisce nuove invasioni da parte dei saraceni (sono stati grandi nemici di Carlo Magno), dei normanni, ungheresi ecc. (Per cui dall’epoca di Clovis fino all’epoca di Carlo Magno con la costituzione dell’impero carolingio abbiamo un’oscillazione tra la centralizzazione e l’indebolimento del potere regio.) Alla fine del X secolo (fine Alto Medioevo) abbiamo la fine della dinastia carolingia imperiale. L’impero di Carlo Magno viene diviso fra i suoi figli. Nasce la dinastia capetingia (nel 987) che è una dinastia regia e non imperiale. Da quel momento in poi non ci saranno più imperatori in Francia fino a Napoleone. Il fondatore della dinastia capetingia è HUGUES CAPET che è il primo re di Francia che parla un idioma non germanico, ovvero il roman, il volgare che poi diventerà il francese. Con Ugo inizia a delinearsi questo territorio abbastanza coeso e si delinea anche il potere dell’Ile-de-France (isola di Francia) che ora è la regione che contiene Parigi e la periferia. Il dialetto parlato nell’ Ile-de-France è il francien. Questo è il dialetto che avrà la meglio sugli altri. [La Francia ha iniziato presto a costruire la sua identità nazionale. Diversi popoli volontariamente decidono di aggregarsi e costituire un solo popolo, un solo paese.] Quindi il francese standard di oggi è una derivazione del francese dell’Ile-de-France. Medioevo (XI – XIII secolo) La conquista dell’Italia del sud e della Sicilia nel 1053 e poi dell’Inghilterra nel 1066 da parte dei Normanni estende in modo consistente il dominio della lingua romanza (roman). Numerose opere vengono scritte in dialetto anglo-normanno. Un re importante è stato PHILIPPE AUGUSTE/FILIPPO II che persegue un’opera di centralizzazione tra il 1180 e il 1223 e si afferma l’età feudale. L’età feudale da un punto di vista storico significa: - una lingua sempre più padroneggiata e arricchita. Parlare la stessa lingua è sinonimo di unione di un paese. La cultura viene quindi utilizzata a fini assolutistici. – L’alleanza con la fede cristiana (evidente nella “Chanson de Roland” che ripropone tutti i valori dell’epoca). – Ideale cavalleresco Dopo la morte di Carlo Magno ci sono delle istituzioni feudo-vassalliche. Il periodo XI-XII secolo è anche un periodo di rinnovamento economico. E’ il periodo delle crociate che come scopo dichiarato hanno il “riconquistare i luoghi santi in oriente”. Il vero motivo è che c’è un equilibrio precario tra i vari baroni che si fanno la guerra. Il potere del re non è molto saldo. La crociata diventa quindi un modo per evitare di diminuire il potere interno e combattere insieme per una causa comune. Nel XIV e nel XV secolo avremo un declino della civiltà del Medioevo. Sono i secoli più cupi della storia francese. Infatti ci sarà la guerra dei cento anni dal 1337 al 1453 tra Inghilterra e Francia. La Francia nel 1420 si ritrova in mano agli inglesi e poi verrà liberata da GIOVANNA D’ARCO. Con lei nasce il sentimento nazionale moderno. Farà incoronare CARLO VII a Reims. Molti re francesi saranno incoronati lì. La guerra dei cento anni finisce nel 1453 e coincide quasi con la presa di Costantinopoli. Questo è il periodo in cui abbiamo i due papi (scisma) poi nel 1414 il Concilio di Costanza metterà fine a questo grande scisma. La lingua Il francese è una lingua romanza che deriva dal latino. All’inizio nascono diversi dialetti. Inizialmente hanno importanza simile e poi si impone il francien, che era il dialetto dell’Ile-de-France. I dialetti si dividono in due rami: - Quelli al nord che fanno capo alla lingua d’ oil (anglo-normanno, francien, picardo..); - Quelli al sud riconducibili alla lingua d’oc. Nell’ 816 c’è il Concilio di Tours in cui si decide di usare il volgare nei sermoni in chiesa per farsi comprendere dai fedeli. L’esistenza del volgare si attesta attorno al VIII secolo. Al 842 risalgono i “Sermoni di Strasburgo”. Sono il primo documento scritto che ci è pervenuto, redatto in lingua volgare. E’ un accordo di mutua assistenza fatto dai due figli di Ludovico il Pio, contro le invasioni di Lotario. E’ un esempio di lingua giuridica in uso in epoca carolingia. Nel 881 invece abbiamo il primo testo letterario francese: La “Séquence de Sainte Eulalie” che è una poesia corta della liturgia popolare. E’ scritto in un dialetto dell’area d’ oil. Nel X secolo avremo la “Vie de saint Léger” e il manoscritto di Valenciennes che è un documento in lingua volgare ed è lo schema di un sermone su Giona. Qui troviamo l’alternanza tra francese e latino. Nel XI secolo avremo la “Vie de saint Alexis” e nel XII secolo il documento più importante che è la “chanson de Roland”. Nel XII secolo si impone il franconormanno e poi il franco-piccardo. Il francese parlato nel Medioevo corrisponde all’antico francese che viene elaborato a Parigi e serve agli scambi tra gente colta nell’area della lingua d’oil. E’ caratterizzato dalla distinzione tra il caso soggetto e il caso regime. Si può osservare che man mano che si evolve la lingua, c’è sempre un maggior numero di frasi con la struttura SVC. Nel 1539 c’è l’ Ordennance de Villers-Cotterets, ordinanza firmata da FRANCESCO I che dichiara il francese come lingua ufficiale. Dal XIV al XVI secolo abbiamo una grande creazione lessicale. Tra la metà del XIV e la fine del XV secolo abbiamo un periodo di transizione dall’antico al medio francese. Sparisce la distinzione tra i due casi e ovviamente l’ordine delle parole nella frase diventa fondamentale. Si usano sempre di più le preposizioni, per cui il francese diventa una lingua analitica. Il francese standard odierno si fisserà nel XVII secolo. Sotto Francesco I e con l’influsso del rinascimento italiano verranno fatte una serie di riflessioni sulla lingua. Verranno scritti dei trattati e delle grammatiche tra cui nel 1549 la “Défense et illustration de la langue francaise” di JOACHIM DU BELLAY che è un poeta della Pléiade. E’ il periodo in cui si riscoprono gli antichi, il latino e il greco. Du Bellay dice che bisogna difendere la lingua francese. Emulare e superare gli antichi in lingua francese. Nel 1634 viene fondata l’Accademia francese dal cardinale RICHELIEU. Uno dei primi compiti è quello di redigere un dizionario che uscirà dopo 60 anni nel 1694. La lirica domina nel sud della Francia, nell’Italia settentrionale espressa in d’oc, nella fiandra e nella champagne in d’oil. La cronaca e le chansons de geste si trovano in Normandia, in Inghilterra, e in Anjou. La corte di Francia predilige la letteratura politica. Città e università Ci sono due luoghi della elaborazione della cultura e sono le città e le università: Città. Parigi, Reims, città del bacino del Rodano: Lyons, Avignon, Marseille, Aix. Un po’ di meno nel bacino della Loira: Tours, Orléans, Troyes. È il periodo in cui continuano a vivere le chansons de geste ma inizia anche a nascere il teatro; nascono dei generi nuovi come i fabliaux. Alla fine del XII secolo nascono dei testi che possono essere difficilmente paragonati a forme letterarie precedenti. I fabliaux sono testi narrativi brevi in ottosillabi rimati a coppie e raccontano storie che si svolgono quotidianamente in città. Hanno un intento comico. Difficile è distinguerlo, se non per le tematiche, dal lai. I lais sono simili ai fabliaux (testi narrativi brevi) ma hanno intenti meno comici. Vengono entrambi prodotti tra la fine del XII secolo fino alla metà del XIV secolo soprattutto nella zona nord-orientale (d’oil) della Francia. Nei fabliaux le situazioni e l’ambiente sono riconducibili alla borghesia. Questi rappresentano il versante comico della letteratura cortese. Se da una parte della letteratura del tempo abbiamo gli exempla (“esempi morali”. Genere della tradizione latina che insegna le buone abitudini da seguire) con i fabliaux ne abbiamo un rovesciamento poiché mostrano i vizi da evitare con una vena comica. Scritti con un linguaggio basso. C’è un interesse per la trama. I fabliaux avranno contatti con il teatro, soprattutto con la farsa. In città si sviluppano le prime forme teatrali. C’è una continuità tra il teatro antico e il teatro medievale (viene ripreso il mimo). Alle origini il teatro era legato esclusivamente ai monasteri. In seguito, il teatro si trasferisce in città, dove scandirà le varie festività religiose. Tali rappresentazioni vengono fatte nei sagrati delle chiese. Poiché è un teatro di tipo religioso, poteva avere parti in latino. Il primo testo teatrale interamente in volgare (dialetto anglo-normanno) è le “Jeu d’Adam”. Composto tra il 1150-75. Racconta della tentazione di Adamo ed Eva, dell’uccisione di Abele, e della promessa di redenzione attraverso i profeti. In quest’opera, la caratterizzazione dei personaggi non è molto nitida. C’è una buona padronanza della lingua volgare perché ci sono scambi di registri linguistici. JEAN BODEL d’ Arras (città nel nord della Francia), scrittore di fabliaux, scrive anche il primo testo teatrale in volgare (sempre di argomento religioso) che viene rappresentato interamente lontano dalla chiesa. Si intitola le “Jeu de saint Nicolas”. Alla fine del XIII secolo ADAM DE LA HALLE d’Arras scrive i primi due testi teatrali in volgare di argomento profano: -“Jeu de la feuillée”.è legato all’ambiente mercantile di Arras; -“Jeu de Robin et de Marion”. È la messinscena di una pastourelle. Il teatro dal XIII secolo esce definitivamente dagli ambienti religiosi per legarsi agli ambienti cittadini. Continua la ritualità delle rappresentazioni della Passione, soprattutto. Successivamente vengono scritti i Mystéres (mistero della Vergine ecc) e i Miracles (miracoli dei santi…). Un altro centro di produzione culturale è l’università. La più antica è quella di Bologna, la seconda è la Sorbona. La loro costituzione ha ricevuto un impulso dalle città. Bologna è un’associazione di studenti, Parigi è un’associazione di maestri istituita nel 1200 da Philippe Auguste con il nome di “Université de Paris”. Nel 1252 Robert de Sorbon aggiunge un collegio che diventerà la Sorbonne. Nel XII secolo ci sono molti dibattiti teologici a Parigi che attirano studenti. Sebbene sia una corporazione urbana è comunque sottoposta dalla Chiesa. È considerata un centro di elaborazione di nuovi strumenti per interpretare la realtà. Un personaggio di spicco della letteratura volgare del XIII secolo legato all’ambiente universitario è RUTEBEUF, originario della Champagne. Poeta. Scrive dei testi religiosi con una certa preferenza per le vicende introspettive, di teatro, dei fabliaux. Un’altra figura legata all’ambiente universitario è lo scrittore di una delle due parti del “Roman de la rose”. Questa opera è costituita da due parti diverse sia per numero di versi che per contenuti: La prima è scritta da GUILLAUME DE LORRIS. È di impianto allegorico: è inserito all’interno di un sogno fatto dal narratore da giovane (scopriamo solo alla fine che era un sogno). Racconta di aver incontrato una Rosa in un giardino e di essersene innamorato. Dovrà superare delle prove che ostacolano il suo cammino, organizzate da delle allegorie per poterla cogliere. Alla fine la raggiunge e le dà un bacio. Si ferma al verso 4028. La seconda parte è dell’universitario JEAN DE MEUNG che aggiunge circa 17.000 versi. Riprende una tradizione legata all’ambiente universitario: la summa, le sintesi, le enciclopedie. De Meung fa una sintesi di tutte le conoscenze dell’epoca, ricondotte alla teologia. L’impianto della seconda parte del “Roman” è anche molto legato alla natura. Ci sono diversi generi nel Medioevo come i fabliaux, il teatro, le cronache storiche (storici seguono il Re, i baroni nelle Crociate), le memorie, le enciclopedie, la geografia. Sono generi didattici o religiosi. Il romanzo medievale Nel Medioevo si sviluppa soprattutto il romanzo. Sebbene abbia delle radici che risalgono al Medioevo, il romanzo ha impiegato secoli ad imporsi come genere letterario perché si è cercato a lungo. Alcuni generi nascono e muoiono (nell’ 800 alcuni autori spiegheranno, secondo le teorie di Darwin, che i generi sono come le creature viventi: nascono, raggiungono una maturità, muoiono) Sopravvivono quei generi che riescono a rinnovarsi, ad adeguarsi ai tempi, così da poter esprimere le visioni nuove che l’uomo ha del mondo. Il romanzo si rivelerà il genere più adatto a fare questo. Per questo è cambiato così tanto durante i secoli. All’inizio la parola “roman” indica un testo scritto in lingua volgare. Successivamente designa un testo narrativo lungo scritto in ottosillabi a rime piatte che ha sviluppi narrativi, descrittivo, con dialoghi e con aspetto introspettivo. Il romanzo è il primo genere formato interamente nell’ambito della scrittura: non c’è una tradizione orale. Alcuni usano il romanzo come un esercizio pratico per la scrittura. I primi romanzi appaiono a metà del XII secolo e si possono classificare per argomento . Romanzo d’ argomento classico. la “Tebaide” di Stazio ispira “Le roman de Thèbe”, l’”Eneide” di Virgilio ispira il romanzo in volgare “Éneas. Un altro romanzo che può essere ricollegato a questo argomento è “Roman d’ Alexandre”. “Roman d’ Alexandre” è una forma intermediaria tra il romanzo d’argomento classico e il romanzo d’avventura perché abbiamo l’esotismo dell’avventura. Alexandre le Grand incarna i valori dei nobili del XI - XII secolo che sono inquieti, sempre alla conquista di territori e di altro. Le virtù cavalleresche del sovrano si trovano o in questo tipo di romanzo o nelle chansons de geste. La prima versione, di ALBERIC DE PISANÇON, è dell’inizio del XII secolo (1100 – 1130). Comprende 105 ottosillabi organizzati diversamente: in lasse. La lassa è un’unità narrativa che non ha un numero fisso di versi. È un organizzazione presente anche nelle chansons de geste. Tra il 1160-5 viene composta una nuova versione chiamata “Alexandre” scritto in decasillabi. Alla fine del XII secolo esce una versione in dodecasillabi (=alessandrini). Ci dirigiamo verso l’epica. Romanzo d’argomento cortese e cavalleresco. È un romanzo d’avventura legato alla materia di Bretagna (= ciclo arturiano). Alludono a una tradizione celtica precedente e sembrano testi celtici tradotti e adattati. La corrispondenza con la letteratura celtica si riflette in quattro elementi: - si ritrovano sempre strutture parentali e familiari; - presenza dell’elemento meraviglioso; - divinità sotterranee, legate alla vita terrestre e sotterranea; - schema del viaggio come condizione d’esistenza; - emerge l’elemento amoroso. Chrétien de Troyes scrive il romanzo “Le conte du Graal” (conte = racconto ). Si racconta la storia di Lancillotto. In questo genere viene collocato l’autore. È uno dei più grandi poeti e romanzieri del Medioevo. Nativo di Troyes. Protetto da Marie de Champagne. Ha ricevuto una formazione da chierico. Al centro dei suoi romanzi c’è l’amore e l’avventura. In lui l’elemento arturiano fa spesso solo da scenario per riflettere sull’ideale cavalleresco e cortese. Essendo di formazione religiosa non condivide molto l’amore cortese adultero. Spesso i romanzi richiesti da Marie de Champagne rimangono incompiuti perché trattano di tale argomento. Si interroga sulla necessità di far convivere nel cavaliere l’amore per una donna e sul poter conciliare i valori cavallereschi con quelli cortesi (“Le chevalier à la charette”). Si chiede come si fa a conciliare lo spirito d’avventura con l’amore per una donna in “Érec et Enide”. Il valore cavalleresco per antonomasia è l’onore. Il romanzo di Tristano forma un filone a sé. È di origine celtica per questo vi sono anche delle versioni inglesi. Le versioni francesi, scritte intorno al 1185 sono a opera di BÉROUL e THOMAS (non è scritta come le “Roman de la Rose”). La versione di Béroul è conosciuta come “comune”, quella di Thomas come “cortese” cortese. Thomas è più attento all’organizzazione e all’orchestrazione del romanzo. Sono presenti schemi e valori etici. Tratta del rapporto tra dolore e amore, riguardo l’appagamento del desiderio e la paura della lontananza: tenta di spiritualizzare i problemi legati alla storia di Tristan e Yseut; comune. Béroul è meno attento alla costruzione del romanzo. Si distingue per le situazioni più tragiche e per l’assenza di sovrapposizioni di schemi e di valori etici. All’inizio del XIII secolo si avrà una traduzione (=mettere il romanzo in prosa) nominata “Tristan en prose”. Filone di romanzi realistici (metà e fine XII secolo). Si assiste a uno spostamento dell’elemento meraviglioso dal contenuto alle dinamiche degli intrecci del destino che subiscono i personaggi; Il realismo è contraddistinto dalla mescolanza di stili e registri; la sintassi è più vicina alla prosa, frammentaria; la versificazione è meno attenta. Romanzi allegorici. Raccolgono le eredità delle tradizioni precedenti; Vi è la centralità del tema dell’amore; Dietro al romanzo allegorico c’è sempre un intento moralizzatore; Presente un gusto dell’elemento simbolico/metaforico; L’organizzazione dell’intreccio ruota intorno al concetto di viaggio come simbolo di ricerca del perfezionamento di sé: il viaggio è scoperta di sé. Lai narrativo Genere medievale sviluppatosi nella metà del XII e nella fine del XIII secolo. È difficile da definire e da distinguere dai fabliaux. A differenza dei fabliaux, essi sono scritti con un linguaggio raffinato. È un racconto breve in versi che si organizza intorno a un episodio/ tema elementare. I primi lais sono di argomento bretone, in cui è presente l’elemento del meraviglioso. Si pensa che designi anche un canto accompagnato dall’arpa: forse è un componimento lirico - narrativo. La più grande scrittrice è Marie de France. che libera il lai coscientemente dalla tradizione orale e dalla sua musicalità trascrivendo i canti. La scrittura deve integrare la musicalità persa tant’è che la scrittrice ha raffinato il linguaggio. Le situazioni amorose sono verosimili e semplici ma siamo nel mondo cortese. Lirica del XII - XIII secolo Esiste una lirica in lingua d’oil (trouvèrs) e una lirica in lingua d’oc (troubadors) ma le corti del nord preferiscono raccontare le loro ideologie attraverso le chansons de geste. La lirica viene fondamentalmente dalle regioni meridionali della Francia, dove si parla il provenzale. Il provenzale tra il XII e il XIII secolo è sovrannazionale cioè è compreso e letto anche al nord, nel nord Italia, nella penisola iberica, nell’Inghilterra anglo-normanna. Il primo testo letterario, quindi di natura lirica, in lingua provenzale è composto da Guillaume IX d’ Aquitaine o GUILLAUME DE POITIERS nell’XI secolo. Questi componimenti mostrano una codificazione (significa che è presente una tradizione letteraria. Per mancanza di testimonianze scritte è andata perduta). Il tema predominante nella poesia è l’amore. Il mondo cortese ha elaborato dei modelli di comportamento nei quali si rispecchiano gli ideali della chansons de geste e del romanzo cortese: - La prodezza; - La generosità; - La misura (mai eccedere); - L’eleganza di vita. La più raffinata ed elitaria concezione della cortesia è la fin’amor. Essa elabora dei codici di comportamento molto rigidi nella loro eleganza, dove c’è la sublimazione del desiderio amoroso e il desiderio di compierlo, tant’è che comunque viene ricercato. C’è una tensione tra volontà e frustrazione, tra amore cercato e amore voluto. Si svilupperà una poesia su ciò che JAUFRÉ RUDEL chiama “amor de lonh” in cui la donna è È la più antica chanson pervenuta. Il manoscritto che la contiene risale al 1080. La “Chanson de Roland” contiene 4002 decasillabi divisi in 291 lasse ed è scritto in dialetto anglo-normanno. È la più antica testimonianza letteraria in lingua volgare di una certa ampiezza. Si ispira ad un evento storico di fatto di scarsa importanza. L’imboscata di Roncisvalle viene modificata assicurando il passaggio dalla storia alla leggenda. La chanson presenta due movimenti: 1. Charlemagne è nella penisola iberica dove combatte i Saraceni. Deve tornare in Francia. L’esercito è composto da un’avanguardia e una retroguardia. Tutto ha inizio dal tradimento di Ganelon, il suocero di Roland, geloso del prode cavaliere. La retroguardia, il cui è capo è Roland, viene attaccata dai Saraceni. Ci sarà una difesa eroica. Muoiono tutti: Oliviér, arcivescovo Turpin, Roland, ecc. Roland ha peccato di orgoglio poiché credeva di riuscire a sconfiggere il nemico. Avrebbe potuto suonare prima il corno per chiedere aiuto all’esercito di Charlemagne. Invece lo suona solo sul punto di morte. 2. Arrivo tardivo di Charlemagne. Vendicherà Roland e tutti i franchi morti con l’aiuto di Dio. Nella “Vita Karoli”, l’imboscata si svolge quando Carlo è solo un giovane re di 36 anni, alleato di alcuni capi arabi in lotta contro altri musulmani. Passa i Pirenei nella primavera del 778, sottomette la città di Pamplona, città cristiana, e assedia Saragozza. Nel frattempo i Sassoni attaccano la Francia e c’è un sollevamento anche in Aquitania. Il re deve ritornare per difendere la patria. Nel passaggio verso i Pirenei distrugge Pamplona. Il 15 agosto 778 la retroguardia viene attaccata da dei montanari baschi cristiani che viene saccheggiata e massacrata. Tra le vittime c’è un certo Roland, un conte di Bretagna. Da questo episodio è nata questa chanson con tutte le modifiche e le amplificazioni: - il conte di Bretagna diventa il nipote dell’imperatore; - il giovane re diventa l’imperatore di 200 anni con la “barba fiorita”; - l’amico Oliviér è un personaggio inventato; - la spedizione in Spagna diventa una Crociata che dura ben 7 anni; - l’imboscata di questi montanari baschi diventa l’attacco di 400.000 soldati Saraceni. Qui vengono esaltati i sentimenti dei francesi dell’epoca per la fede religiosa, l’amore per i grandi combattimenti, il senso dell’onore feudale, l’amore per la “dulce France”. È una delle prime manifestazioni di patriottismo. “La Chanson de Roland” (pervenuta nel manoscritto di Oxford), appartenente al ciclo di Carlo Magno ha fatto la differenza. Un episodio realmente accaduto è diventato un attacco grandioso con elementi quasi fantastici: - Carlo Magno è imperatore di 200 anni dalla “barba fiorita”; - l’imboscata è di 400.000 Saraceni. L’amplificazione e la magnificazione di un episodio dalla scarsa importanza storica lo ha trasformato in leggenda. BRANO (lasse CCIV-CCX). [Lassa: è un’unità narrativa di lunghezza variabile fondata sull’assonanza, quindi sul ritorno del suono vocalico dell’ultima sillaba. Solitamente i versi sono decasillabi.] C’è la perdita dell’assonanza dovuta alla traduzione in francese odierno. Il brano si trova nella terza parte che segna la vendetta e il trionfo di Charlesmagne. La prima parte riguarda il tradimento di Ganelon, la seconda l’episodio di Roncevaux. Charles arriva, richiamato dal corno di Roland (orgoglioso) ma è troppo tardi. L’arcangelo Gabriele è già venuto a prendere l’anima del prode cavaliere. Charlesmagne non può fare altro che portare il lutto per i suoi baroni e per il nipote. In queste lasse si può vedere il profondo dolore dell’imperatore. È una scena molto umana quella a cui si assiste. Nel suo rimpianto per la morte dei suoi baroni Charlesmagne trae una lezione. L’autore (o gli autori) ha saputo mettere nella bocca del vecchio imperatore parole pungenti sulla sua solitudine e sulla sua debolezza. Una grande debolezza consentita poiché dopo ci sarà la rivincita. Il messaggio che deve arrivare è che i pagani non posso ambire di sfidare il grande imperatore. Qui il dolore ispira in Charlesmagne un sentimento patetico e sincero. È come se non riuscisse a sopravvivere ai cavalieri che sono morti per lui perché l’idea è che loro sono morti per difendere la loro “dulce France”. C’è la presenza di tante ripetizioni che traducono la disperazione di Charlesmagne. La ripetizione è tipica delle chansons. Poiché le chansons venivano recitate, per poter imprimere i concetti nella mente dell’ascoltatore, c’era l’uso frequente di anafore e, in questo caso, anche di esagerazioni rilevanti. L’immagine che abbiamo di Charlesmagne è molto umana, una figura debole. Tanto debole e addolorato che sviene spesso. C’è quindi un’esagerazione anche nella dimostrazione dei sentimenti. Il suo è un dolore umano con un risvolto politico. Non teme solo la sua solitudine poiché il suo valido cavaliere è morto ma Charles è preoccupato anche per le sorti del suo regno: teme l’invasione dei suoi nemici. Charlesmagne è il grande imperatore dell’esercito più forte del mondo, padre fondatore della Francia (bisogna creare la leggenda). Siccome è alla fine del suo regno si sente profondamente debole anche se riuscirà comunque a sconfiggere i suoi nemici. Il ciclo di Carlo Magno deve costruire il patriottismo, l’attaccamento alla Corona: bisogna difendere il proprio territorio. La preoccupazione e la paura di non riuscire a farlo ce l’ha in primis il re. Nello stesso tempo in cui Charlesmagne è una figura leggendaria, per avvicinarla al popolo, bisogna fornire l’idea di una figura molto umana. Un’umanità che si esprime attraverso il dolore per un lutto. I campi semantici che troviamo in questa chanson sono del pianto, del dolore e dell’angoscia Le chansons riprendono gli stessi valori del sistema feudale che devono essere alimentati per portarli avanti. Questi sono l’appartenenza alla Francia, la fede in Dio, i valori cavallereschi e i legami che esistono nella struttura sociale del sistema feudale (legami baroni-re, legami signore-vassalli). Chrétien de Troyes (1135? – 1190?) Il romanzo appare verso la metà del XII secolo quindi più tardi rispetto alla chanson de geste e alla poesia lirica. Con il romanzo abbiamo la possibilità di vedere le tappe dello sviluppo di questo genere. Le prime attestazioni degli altri generi mostrano invece una certa codificazione ma, per mancanza di testimonianze, non ne possiamo conoscere le primissime forme. Fin dall’inizio il romanzo è un genere di tipo riflessivo, cioè interessato ai suoi stessi procedimenti. (nel 700 ci sarà una riflessione meta-romanzesca all’interno del romanzo.) La chanson de geste e la lirica hanno in comune il fatto che sono legate a una tradizione orale invece il romanzo è il primo genere letterario destinato alla lettura. Il romanzo nasce in un periodo di crisi dei valori come surrogato del poema epico e della tragedia i quali fornivano dei modelli alla società aristocratica. All’inizio la parola “romanzo” delinea delle narrazioni in versi e in prosa. Verso il XIII secolo il sostantivo “roman” indica quasi esclusivamente dei romanzi in prosa. Nel romanzo c’è un rapporto che unisce il raccontare e il leggere e questo, che si è strutturato nel tempo, è indice di un cambiamento letterario, tecnico e mentale che sta avvenendo. Il consumo di opere narrative risente non solo del diverso modo che esiste di raccontare (passaggio alla prosa) ma anche di un nuovo modo di leggere. Il romanzo antico è fiorito in età ellenistica (“Satyricon” di Petronio, “L’asino d’oro” di Apuleio…). Ha come struttura di base una situazione conflittuale che si esprime attraverso numerose peripezie fino a un esito perlopiù felice. Il romanzo medievale/cavalleresco presenta un intreccio avventuroso, di solito complicato che viene modellato sullo schema narrativo ideologico dell’inchiesta cavalleresca. Il territorio della Gallia è divisa in due macro-aree ognuna con la propria lingua: -area d’oil che corrisponde al nord; -area d’oc al sud. Oil e oc sono due modi diversi di dire “sì”. Sul territorio si incontrano anche altre lingue che non derivano dal latino (bretone, fiammingo, ecc…). La superiorità linguistica è quella della lingua parlata nelle corti (“volgare illustre”) e quella del francese dell’Ile-de-France, il francien. Molti scrittori nei loro scritti si scusano perché non usano il francien. Si nota che c’è un’affinità di certi dialetti con materie letterarie particolari. Per esempio un filologo romanzo dice che la lingua francese [d’oil] è adatta per comporre romanzi e pastorali, la lingua dei trovatori [d’oc] per la lirica (una leggenda narra che quando Charlesmagne ha diviso i suoi territori avrebbe consegnato la Provence ai menestrelli e ai giullari che hanno seguito il suo esercito. Questo spiegherebbe perché questa pratica letteraria sia nata qui. Viene tramandata l’idea che la poesia si trasmettesse con la terra.). Questo spiega perché la parola “roman” in origine designa il volgare. (“Roman de Renard” tratta la storia di una volpe, Renard. Oggi la parola “renard” in francese significa volpe. In origine il nome dell’animale era “goupil” ma, a seguito del successo del romanzo, c’è stata una sostituzione con il nome proprio del personaggio) Anche Chrétien rifletterà sulla parola “roman”. Farà una distinzione tra le roman e le conte. Attribuisce a queste parole e a quelle lingue una capacità diversa di adattarsi a diversi generi Esistono vari argomenti di romanzo: - il romanzo d’argomento antico; - la materia di Bretagna; - la materia di Francia. Ogni materia, che viene ripresa in determinati generi, serve ad esprimere dei concetti diversi. Ad es. le chansons de geste che sono legate alla materia di Francia devono esprimere la verità, una verità trasformata e sublimata, ispirandosi alla realtà. Dietro la chanson de geste c’è un messaggio, c’è il creare delle radici comuni, il creare un’identità di popolo attraverso una cultura comune partendo da elementi veri della Storia; le opere legate alla materia di Bretagna, come i romanzi arturiani, devono dedicarsi al piacere. Questo spiega perché il romanzo sarà sempre stato associato al concetto divertimento e non verrà preso sul serio come genere; la materia antica che produce romanzi pieni di saggezza, che devono essere istruttivi, ha alla base il concetto di utilità, deve veicolare una morale e quindi istruire. La materia di Bretagna è rivolta al divertimento e ambientata nella finzione. C’è un fondo celtico che possiede un certo numero di leggende e di forme letterarie inedite. Questa materia viene tramandata da dei narratori bretoni. Il fenomeno più compiuto è quello del ciclo arturiano e del santo Graal. Nella materia di Bretagna, e anche nei romanzi di Chrétien de Troyes, non c’è distinzione tra mondo reale e mondo meraviglioso (maghi, “altromondo”, fate, nani ecc). Molto probabilmente c’è un’influenza da parte di leggende irlandesi. Anche il Graal ha un’origine celtica: nella tradizione celtica il Graal è un alter ego del calderone magico usato dai druidi per preparare le loro pozioni che verrà attribuito all’eroe. Il calderone è diventato il corno d’abbondanza perché il suo contenuto è capace di sfamare un esercito. Il Graal si ritroverà anche nei romanzi di Chrétien de Troyes dove non ci dà un’idea precisa di cosa sia. Il mistero intorno a questo oggetto deriva dal fatto di non sapere cos’è. Tra il 1160-70 arriva il romanzo bretone che sviluppa in modo particolare Chrétien de Troyes. Il romanzo con la materia di Bretagna veicola le virtù cavalleresche e i valori cortesi. Il romanzo antico non scompare. Infatti Chrétien scrive “Cligès”. È un crocevia tra il romanzo antico e il romanzo bretone. Il suo eroe Cligès è greco, promesso all’impero di Costantinopoli, ma è venuto alla corte di re Artù per imparare l’arte della cavalleria. Ci sono degli autori che nella loro stessa opera segnano il passaggio. Ad esempio Chrétien de Troyes è il romanziere del Medioevo e il romanziere della materia di Bretagna (Mme de la Fayette inaugura il romanzo psicologico moderno con “La princesse de Clèves” ma il suo “Za ïde ” è un crocevia tra romanzo barocco e romanzo moderno). L’opera di Chrétien sembra che ruoti intorno al personaggio di Tristan. La leggenda vuole che Tristan, nipote di re Marc, e Yseut, moglie del re, bevono per sbaglio un filtro d’amore e si innamorano. Chrétien non crede nell’amore fatale e non accetta la posizione presa da Isotta secondo cui c’è una divisione tra corpo e spirito (“Do il mio cuore al mio amante e il corpo a mio marito”). Cerca di conciliare i valori della cavalleria con quelli cortesi, soprattutto con quelli della fin’amor. In “Erec et Enide” Chrétien cerca di conciliare passione e matrimonio. Erec durante una delle sue avventure incontra Enide, se ne innamora e la sposa. Il matrimonio è “troppo” felice: Erec per stare con la moglie dimentica che un cavaliere ha dei doveri; deve sempre andare all’avventura, deve sempre cercare di migliorare se stesso, deve sempre dare prova del suo onore e del suo valore. Ben presto gireranno delle voci su questo cavaliere récréant (= colui che si disonora rinunciando alle imprese, dimenticando la sua condizione di cavaliere. Accusa di “récréantise”) che ormai pensa solo a stare con la moglie. La stessa Enide si lamenta perché si parla male del marito, Erec la sente e così inizia l’avventura. Questo è un romanzo singolare: il matrimonio avviene subito. Erec dovrà riconquistare il suo onore per se stesso e perché deve essere degno dell’amata. Partirà all’avventura con la moglie a cui chiederà di precederlo, dicendole di non avvisarlo dei pericoli. Enide in realtà diventerà un’aiutante. È un romanzo in cui si riescono a conciliare i valori cavallereschi con quelli cortesi. anche un uomo raffinato che sa stare a corte. La dama nobilita il cavaliere sottoponendolo a delle prove per permettergli di manifestare il suo valore. Un amore che a volte agisce contro la prodezza ma che alla fine la salva. La donna è anche tiranno (ricorda che questo avviene in letteratura perché nella realtà la condizione della donna è diversa). Le prodezze non bastano a convincere la dama dell’amore del cavaliere perché per esempio spesso è inaccessibile. Il cavaliere deve avere la capacità di amare e soffrire in silenzio, con discrezione, con pazienza, deve essere ingegnoso nel dimostrare la propria passione senza che gli altri se ne accorgano. [[RICORDA: sono cose che ritorneranno alla fine del Seicento in Mme de la Fayette. Infatti ne “La princesse de Clèves” il duca di Nemours innamorato della protagonista non la mette in difficoltà facendo sì che gli altri non se ne accorgano]]. Se il cavaliere sottostà alla donna, se supera tutte le prodezze, se dimostra di saper soffrire in silenzio e di saper umiliarsi alla fine viene ripagato dalla donna che lo ricompensa. Tutto questo è un’idealizzazione della società dell’epoca. La letteratura ha semplicemente raffinato i costumi di una società in cui inizia il regno (simbolico) della donna. « Le chevalier de la charrette » (1179 ca) Un ulteriore romanzo terminato da un suo continuatore poiché abbandona il progetto. Infatti l’argomento gli è stato imposto da Marie de Champagne. Illustra perfettamente la fin’amor adultera a cui aveva proposto un’alternativa nel primo romanzo. Questo è il primo romanzo in cui si vede Lancelot du Lac diventare l’amante di Guinièvre. Sottomesso ai capricci della sua dama, la libererà dalla cattività grazie alla sua prodezza. Il nemico appartenente all’Altromondo è Méléagant de Gorre. L’autore si interrompe dopo aver unito per una notte i due amanti. Nel suo progetto sarebbe stata anche l’ultima. Il suo continuatore si occuperà di risolvere il contenzioso guerresco tra Lancelot e Méléagant. BRANO ( pp. 61 – 69). Lancelot decide di salire sul carretto dell’ignominia poiché è l’unico modo per avere notizie della sua amata. Prima di salirci però Lancelot esita un attimo. La sua amata verrà a sapere di questo momento di esitazione e glielo rinfaccerà. Viene messa in scena la rinuncia al proprio onore, che per il cavaliere è tutto, per amore di una donna di fatto tirannica. Prima di arrivare a questo episodio, Arthur riunisce la propria corte a Camelot. Arriva un cavaliere sconosciuto, Méléagant, che dice di aver preso in ostaggio alcuni valorosi guerrieri di Arthur e, da quel momento, anche la regina. Offre di riconsegnarglieli a patto che un campione, ovvero un cavaliere importantissimo ritenuto anche migliore del re venga a disputare con lui nella foresta (luogo simbolico). Un campione è il cavaliere Keu che accetta di andare a combattere contro questo nemico. Va verso la foresta, luogo di mistero e di tenebre. Dopo un po’ torna nella corte il cavallo di Keu senza il cavaliere: molto probabilmente è morto o è stato preso come prigioniero. Il nipote di Arthur, Gauvain, ha il dovere di partire alla ricerca della regina. Per strada incontra un cavaliere sconosciuto, che in realtà è Lancelot, senza cavallo. Il cavaliere si distingue per il suo onore, per la sua spada e per il suo cavallo. Il cavallo è un suo prolungamento metonimico. Gauvain, anche per la solidarietà tra i cavalieri, gli presta uno dei suoi cavalli. Poco dopo trova il cadavere di questo cavallo circondato da armi spezzate, senza il cavaliere. C’è stata una battaglia. Di solito i romanzi sono scritti in ottosillabi organizzati in distici che formano un pensiero compiuto. Invece in questo romanzo il distico si espande in cinque versi. Questa espansione da un maggiore effetto prosastico e spiega anche perché il romanzo pian piano diventa prosa. C’è anche la perdita della rima piatta a causa della traduzione in francese moderno. C’è l’alternanza dei punti di vista, volte quello del narratore onnisciente, ovvero il narratore che entra nella mente dei personaggi, sa cosa pensano, che sa tutto, a volte di Gauvain. Alterna frasi lunghe, con descrizioni funzionali alla narrazione, con frasi brevi. Le frasi lunghe precedenti creano il ritmo del passo dei cavalieri. La frase breve produce un effetto sorpresa; v.321 “Il avait rejoint une charrette” è un momento cruciale. Questo verso mette il lettore in allarme perché contiene la parola che spiega il titolo. Questa “charrette” ha un significato simbolico. Inoltre c’è l’articolo indeterminativo che evidenzia come sia un carretto qualunque. Ma dal titolo si capisce che il carretto ha un significato particolare. Dopo la “corsa” c’è suspense e una pausa…; il narratore onnisciente è molto attivo nella storia. Fa degli aparté al lettore in molti punti del romanzo. Ad es. dal v.322-345 Chrétien spiega cosa siano le charrettes, al v.402 l’imperativo “sachez-le”; v.322 “à l’époque”: la storia non è posizionata in un quadro cronologico e in uno spazio preciso. Il cronotopo (=il rapporto tra lo spazio e il tempo) qui è abbastanza indefinito. Il décor scelto da Chrétien de Troyes è quello della materia di Bretagna. Quindi il lettore capisce più o meno in che epoca remota è ambientata la storia, in uno spazio corrispondente alla corte del roi Arthur e al territorio che lo circonda; vv.343-345 c’è una frase costruita sotto forma di proverbio. C’è infatti l’assenza del pronome personale soggetto e dell’articolo. Il complemento oggetto precede il verbo senza il relativo. Il francese, dal momento in cui cadono i casi del latino, si basa sulla costruzione soggetto-verbo-complemento oggetto. La frase sarebbe dovuta essere “quand tu verras et rencontreras une charrette…” v.355-360 “L’infâme nain, cette sale engeance…”: Chrétien utilizza termini per rafforzare l’idea che si ha all’epoca di cosa rappresenti simbolicamente il nano. Ciò si spiega poiché il nano sa qualcosa della regina ma non gli risponde. Lo sfida a salire sul carretto semplicemente per pura cattiveria. Ora si spiega l’importanza della spiegazione data dal narratore onnisciente: il lettore capisce che se il cavaliere dovesse salirci sarebbe identificato come un criminale. Il nano è una prova che il cavaliere deve superare per essere degno agli occhi della dama; v.364-367 “Ce fut là son malheur!...”: questa esclamazione ora non è chiara. Il narratore anticipa velatamente (prolessi) cosa succederà quando la regina rinfaccerà al cavaliere il fatto che ha tardato a salire sul carretto; v.368-380 “Mais Raison qui s’oppose à Amour…”: c’è un dibattito tra allegorie (=personificazioni di sentimenti astratti) che spiega l’esitazione del cavaliere. Il linguaggio dipende dalla Ragione, che non si trova nel cuore. Ma Amore gli dà un ordine opposto. Questa velocità con cui il narratore ci sta spiegando sembra contraddire l’apparente esitazione e lentezza con cui il cavaliere è salito sul carretto. Ha scelto la vergogna pur di raggiungere la sua regina; vv.387-390 “Si tu te hais…”: Gauvain potrebbe dedurre che anche il cavaliere ha chiesto notizie sulla regina ma non è detto. Sa solo che conduce questo cavaliere da qualche parte. Questo mostra l’arte del narrare di Chrétien che lascia molta ambiguità. Nelle chansons de geste le peripezie sono già note e a ciò che viene cantato occorre dare un significato altro. Nel romanzo invece sono le peripezie stesse che creano suspense; vv.394-395 “Ce serait perdre hontuesement…. Contre une charrette ! » : Gauvain ritiene che il cavaliere sia salito sul carretto solo perchè è senza cavallo. Ecco perché Chrétien insiste nel ricordare che sia senza cavallo e che Gauvain non abbia assistito alla scena col nano; Poesia tra il XIV – XV secolo Nella poesia del XIV secolo sbocciano: - un filone didattico e morale rappresentato da ALAIN CHARTIER e EUSTACHE DESCHAMPS; - e un filone lirico con GUILLAUME MACHAUT e CHRISTINE DE PISAN. La poesia lirica del XV secolo è rappresentata da FRANÇOIS VILLON e CHARLES D’ORLÉANS. La poesia trobadorica inizia a decadere già all’inizio del XIII secolo mentre la poesia dei trovieri diventa sempre più rara. L’ideologia cortese non è più un modello, non si adatta più alle realtà politico-economiche del Paese. Perciò nel XIV - XV secolo appaiono dei nuovi generi di poesia. All’inizio, il lirismo cede il posto a una poesia didattico-morale, simile alla parte enciclopedica di De Meung nel “Roman de la rose”. Queste sono opere che vogliono istruire il lettore rinunciando alla portata enciclopedica. Vogliono cercare di risolvere dei problemi morali che suscitano le difficoltà politiche dell’epoca. Uno dei generi nuovi è il dit (=detto), composizione di ottosillabi a rime piatte (AA, BB, ecc) che tratta di argomenti di carattere generale e dimostra come viene meno l’ideologia cortese. Emerge il lirismo con Guillaume Machaut che separa la poesia dalla musica: questa musica deve essere compresa nella poesia. Nascono nuove forme fisse di poesia: la ballade, il rondeau, il virelai, il chant royal: - Il virelai inizia con una strofa-ritornello ripresa interamente alla fine e parzialmente all’interno delle tre strofe che si trovano al centro della composizione; - Il rondeau è composto da tre strofe che di solito sono formate da 5 – 3 – 5 versi o 4 – 2 – 4 versi, con due rime in tutta la poesia e un refrain (=ritornello) alla fine della seconda e della terza strofa. Questo ritornello riprende il primo emistichio del primo verso; - La ballade è un componimento di forma regolare composta da tre strofe di dieci versi l’una, un refrain alla fine di ogni strofa e un envoi (=invio), una strofa finale di cinque versi che funge da dedica a qualcuno. Ci sono quattro rime in tutta la poesia: nelle strofe da dieci versi le rime sono ABABBCCDCD, nell’envoi sono CCDCD. I due suddetti poeti del XV secolo sono due personalità opposte sia per l’opera che per la figura. Charles D’Orléans è un grande signore, dal lirismo tipico del Medioevo, Villon invece è il mauvais enfant, il condannato della giustizia. Una delle sue poesie più celebri, “Je meurs de soif auprès de la fontaine” è stata composta per partecipare a un concorso di poesia di Charles d’Orléans il quale l’ha conservata. François Villon (1431-1463) Poeta del XV secolo, è considerato uno dei primi poeti maledetti, cioè un poeta moderno. La biografia di questo autore può essere utile per capire la discontinuità dell’opera; nè io-uomo e io-scrittore sono due entità completamente diverse (Rimbaud nella “Lettera del veggente” dell’800) e né sono da confondere, cioè non si deve cercare la biografia dell’autore nell’opera (Sainte-Beuve, critico positivista dell’inizio dell’800). Di origini umili nasce verso la fine del 1431. È stato educato da un certo maître Guillaume de Villon, un cappellano dell’abbazia di Saint Benoît le Bestourné da cui ha preso il nome. Sotto la sua protezione ha intrapreso studi anche alla Sorbonne alla Faculté des Arts (= facoltà di Lettere). Nel 1452 diventa maître ès Arts. È il classico scolaro irrequieto dalla vita agitata [Rabelais userà Villon come modello per il suo personaggio Panurge]. Nel 1455 pare che abbia ucciso un prete durante una rissa a Parigi. Deve quindi lasciare la città. Ottiene una lettre de rémission, una specie di grazia. Inizia a rubare. Nel 1456 è implicato nel furto di Collége de Navarre, una vecchia istituzione dove all’epoca si studiavano materie umanistiche come teologia e lettere [Il futuro Collège de France, dove vige l’insegnamento libero e dove non c’è la consegna di alcun diploma]. Nello stesso anno Villon scrive il “Lais”, inteso come il lascito (dal verbo laisser), quindi non nel senso di lai narrativo medievale. Tra il ‘56 e il ’62 conduce una vita errante. In questo periodo viene protetto da Charles D’Orléans a cui lascia dei versi per sdebitarsi. Nel ’61 viene imprigionato per motivi sconosciuti dal vescovo D’Orléans a Meung- sur-Loire (città di Jean de Meung). Da poco re e in occasione di un suo passaggio, Luigi XI decide di concedergli la grazia. Tra il ’61 e il ’62 compone la sua opera più importante “Testament”. Viene di nuovo incarcerato a Parigi nel 1462. Liberato nuovamente. Ma dopo essere stato coinvolto in una rissa viene arrestato e stavolta condannato a morte. Villon aspetta l’impiccagione e sembra che in questa attesa abbia scritto la “Ballade des pendus” una sorta di grido del condannato a morte che si vede già morto. Nel 1463 il Parlamento annulla la sentenza ma a causa dei suoi precedenti non può rimanere a Parigi per i prossimi dieci anni. Da questo momento in poi si perdono le sue tracce. La poesia di Villon comprende quindi: - il “Lais” [oggi si scriverebbe legs] ou “Petit Testament”; - “Testament” ou “Grand Testament”; - una raccolta intitolata “Poésies Diverses”; - sette ballades en jargon Il “Lais” (1456) è un insieme di 40 poesie, tutte composte da otto ottosillabi. Siccome il poeta deve lasciare Parigi e non sa cosa lo attende, decide di distribuire ai suoi conoscenti dei lasciti. Questi sono piuttosto buffi: a uno lascia dei capelli, ad un altro lascia delle vecchie scarpe per esempio. C’è un’intenzione satirica. L’argomento annuncia quello del “Testament” anche se qui il tono è più ironico e il lirismo tipico di Villon è semplicemente abbozzato. Dietro questa ironia però si nasconde una certa angoscia per il futuro. Il “Testament” (1461) riprende il tema del “Petit Testament”. Comprende 186 versi di ottonari, ogni tanto interrotti da ballate e qualche altro componimento lirico. La forma del testamento è solo un pretesto anche qui. Questo gli fornisce un contesto piuttosto felice per il suo lirismo. Infatti, dovendo lasciare i suoi
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