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Letteratura francese: Seicento e Settecento, Appunti di Letteratura Francese

Da Corneille a Voltaire. Mondanità e moralità tra XVII e XVIII secolo.

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 25/06/2019

AndreaRaso
AndreaRaso 🇮🇹

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Scarica Letteratura francese: Seicento e Settecento e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! 1 LETTERATURA FRANCESE II Seicento e Settecento A.A. 2018/2019 2 IL SEICENTO FRANCESE Al termine delle guerre d’Italia, la Francia precipitò in una crisi interna, che ebbe gravi conseguenze. Nonostante la conclusione di un Concordato tra la Francia e il Papato (1516), che garantiva alla corona la nomina dei vescovi, la Francia fu profondamente colpita dai tentativi della riforma protestante di rompere l'unità cattolica. Una crescente minoranza protestante su base urbana, gli Ugonotti, affrontò la dura repressione all'epoca di re Enrico II. Dopo la morte di Enrico II durante un torneo, il paese venne retto dalla vedova Caterina de' Medici e dai suoi figli Francesco II, Carlo IX ed Enrico III. La reazione cattolica comandata dal potente Enrico, duca di Guisa culminò nel massacro degli Ugonotti del 1562, il primo delle guerre di religione, durante la quale eserciti inglesi, tedeschi e spagnoli intervennero in una o nell'altra delle fazioni rivali. Le guerre di religione culminarono nella guerra dei tre Enrichi, nella quale Enrico III assassinò Enrico di Guisa, capo della Lega cattolica, appoggiata dagli spagnoli, e a sua volta il re venne ucciso. Dopo gli assassinii di Enrico di Guisa ed Enrico di Valois, il conflitto terminò con l'ascesa al trono del protestante Enrico di Borbone, primo della famiglia. Re di Navarra, si legò in prime nozze con Margherita di Valois (la Reine Margot di Alexandre Dumas, 1845. V. film di Chéreau, 1994). Fu proprio in occasione delle nozze che avvenne il massacro della famosa notte di San Bartolomeo, nell’agosto del 1572, dove i cattolici – si dice sotto l’incitazione della regina stessa – uccisero il seguito protestante giunto da Navarra. L’instabilità politica che ne derivò e i benefici che si prospettavano spinsero Enrico IV ad abbandonare definitivamente il protestantesimo nel 1594 (“Parigi val bene una messa”), fino a giungere alla promulgazione del Decreto di tolleranza, noto come Editto di Nantes, nel 1598 (poi revocato da Luigi XIV), con cui si poneva fine alle guerre di religione, concedendo libertà di culto ai protestanti, i quali avevano per lo più trovato rifugio a sud, nella regione delle Cévennes. La pacificazione della Francia sotto Enrico IV fu un elemento essenziale per l'inizio dell'egemonia francese in Europa, sebbene alla sua morte, avvenuta nel 1610 per mano del fanatico cattolico Ravaillac, la reggenza della sua seconda moglie Maria de' Medici dovette sopportare conflitti interni con le famiglie nobili. Quella della reggenza femminile fu una questione molto sentita in Francia. Non a caso cominciavano a proliferare opere in elogio delle donne reggenti: Caterina e Maria de’ Medici, Anna d’Austria. Il figlio di Enrico IV, Luigi XIII, salì al trono ancora bambino. Si assiste ora alla complicata reggenza della madre durante la quale, con la figura del cardinal Richelieu (cardinale = principe della Chiesa), ci si avviò verso il sistema assolutista già preannunciato con Enrico IV e che prevedeva la messa da parte del potere politico della nobiltà. Dopo la morte del re e del cardinale, la reggenza di Anna d'Austria (moglie di Luigi XIII) e del suo ministro il cardinale Mazzarino conobbero crescenti rivolte note come la Fronda dei Parlamentari e la Fronda dei Principi (1648-1653), represse da Mazzarino. La nobiltà si divideva in: • Noblesse d’épée: nobiltà di spada, di sangue; • Noblesse de robe: titoli nobiliare comprati. Si trattava per lo più di avvocati magistrati (uomini di legge). 5 • LES REMARQUES DI VAUGELAS: Testo veramente riformatore è Les Remarques sur la langue française di Vaugelas, delle annotazioni che sono ancora in gran parte alla base del lessico odierno. Vaugelas si basa su due principi: - bon usage: l’uso della lingua che fa la parte più sana della corte e degli scrittori (quindi scritto e orale). Vi è il rifiuto di termini per lo più usati dalla robe, dai magistrati. - raison Es: le héros --> h aspirata, a differenza di termini come honneur, dal latino honor e per questo l’honneur con h muta. Rencontre in medio francese è “scontro militare” o “occasione”. • ACADÉMIE FRANÇAISE L'Académie française, o Accademia francese, fondata nel 1635 sotto re Luigi XIII dal cardinale Richelieu, è una delle più antiche istituzioni di Francia ed è composta di quaranta membri eletti dai loro pari. È anche detta ‘Coupole’, cupola, come quella che sovrasta l’Institut de France, sede dell’Accademia. Diverse sono le funzioni dell’Académie, ma sopra ogni cosa con la sua istituzione si mirava a tenere sotto controllo gli intellettuali, ora pensionati e stipendiati dal Governo. Sotto la “protezione” di Richelieu non si aveva dunque totale libertà ideologica. A questo si legavano questioni politiche e culturali, soprattutto per il confronto con le Accademie italiane, oltre che linguistiche, in quanto si favorì l’epurazione del francese. Del 1694 è la prima edizione del dizionario dell’Académie, un lavoro lento. (“Dieci anni per riformare sei parole”). Si tratta del secolo detto "d'oro", saturo come fu di raffinate erudizioni e rielaborazioni dell’antichità classica, insieme però con una nuova esigenza di moralità e con il diffondersi dello spirito Cristiano in autori come Pascal o Arnauld, nelle discussioni tra giansenisti e gesuiti, fiorite intorno al convento di Port-Royal e Port-Royal-des-Champs. Dunque, dal tardo-rinascimentale neostoicismo (corrente filosofica, la cui finalità era di unificare lo stoicismo con la fede cristiana) si passa al giansenismo. Giansenio estremizzava l'idea di Agostino, esasperando la questione della grazia che non è possibile acquisire con le azioni. Si tratta di questioni sentite anche in letteratura; in questo caso si parla di agostinismo. Nel Seicento la spiritualità elitaria (appunto, agostiniana) verrà dunque prediletta da quell’aristocrazia che ormai da tempo si sentiva messa da parte a corte. Opere centrali sono: − Pascal, Les Pensées (1670); Les Provinciales (1657), quest’ultime lettere in cui vi è uno scambio tra l’autore e un gesuita su questioni teologiche, come ad esempio l’intenzione. Il successo mondano di quest’opera è senza precedenti: un secolo prima era impensabile che un testo così profondo eticamente fosse scritto in francese e non in latino. 6 − La Rochefoucauld, Les Maximes (1665), opera che si apre con la massima: “Il più delle volte le nostre virtù sono soltanto vizi mascherati” − Mme de La Fayette, La princesse de Clèves (1678) Quella di Port-Royal, in contrapposizione a quella gesuita e istituita sulla Rive Gauche, fu una grande scuola di traduttori. È qui che si ha la prima traduzione estetica giansenista della Bibbia da parte dei solitaires, alla cui direzione fu posto Louis-Isaac Lemaistre, conosciuto come Sacy. A differenza dell’Italia, dove nel Cinquecento le traduzioni in volgare della Bibbia sono condannate in quanto più accessibili a donne e gente non colta, in Francia si assiste ora ad un’evoluzione che mette al centro l’importanza del francese. [Traduzione cinquecentesca in Italia della Bibbia è la Vulgata]. La cultura del primo Seicento si pone come l’erede di quella umanistico-rinascimentale, con tutta l’erudizione che portava in sé (si pensi alla lettera istruttiva di Rabelais). I principali veicolatori di tale cultura saranno i cosiddetti “doctes” e i robins come Alciato, un avvocato. Tuttavia, già andava a costituirsi una cultura più mondana grazie a figure come la Marquise de Rambouillet, che era solita ricevere aristocratici, letterati (ma anche uomini che non lo fossero) nella sua Chambre bleue. Tra l’altro fu una delle prime arredatrici in senso moderno: preferì grandi finestre con vista sui giardini e diede inizio alla moda di tenere fiori recisi in casa. Dunque, nasce con lei anche l’idea di casa come spazio per l’ospitalità. Anima di tale ambiente fu Vincent Voiture, massimo poeta del primo Seicento, il quale riprende il modello petrarchesco soprattutto dell’elegia, a cui affiancherà però versi più adatti al mutare della società, come i divertissements. Si attua così una separazione estetica dell’oraziana “docere et delectare”, in cui prevarrà infine il divertimento sull’insegnamento (si pensi a Diderot con Jacques le fataliste o a Voltaire con Candide). Ma la Marquise era legata anche a Guez de Balzac, teorizzatore del concetto di urbanitas, a cui giunse raccogliendo l’eredità italiana cinquecentesca trasmessa da tre testi: Il cortegiano di Castiglione (col concetto di “sprezzatura”), La civil conversazione di Guazzo e Il Galateo di Monsignor della Casa (con l’inno al sonno, topos legato alla ‘pausa’, allo ‘stacco’). | Del 1632 è L’honneste homme di Nicolas Faret, un adattamento al regno di Luigi XIII proprio de Il cortegiano di Castiglione. Emerge così una nozione estetica fondamentale, quella del naturel, termine che traduce la ‘sprezzatura’ di Castiglione. Contrario di sprezzatura è l’affettazione. Lo sgretolarsi dell’erudizione è legato alla nozione di ‘corretta negligenza’, la quale deve essere comunque adattata. Nasce per questo l’espressione “digerire la dottrina”. Non a caso la conversazione diventa centrale nei salotti: si assiste infatti alla nascita di un pubblico che non è detto sappia il latino. Ecco la necessità di nuovi autori, detti dalla critica les nouveaux doctes. L'eredità della Marquise de Rambouillet verrà poi ripresa da figure quali Mlle de Scudéry e Mme de Sablé. 7 Al letterato si chiede ora di essere “enjoué” e “agréable” per poter rispondere alle esigenze del pubblico, sebbene rimarrà sottinteso un certo insegnamento, al di là del divertimento. Ma quella dell’essere autore era una questione molto sentita, soprattutto dalla nobiltà. Firmare un’opera significava infatti avere un mestiere, mentre chi si fregiava di un titolo nobiliare – vedi La Rochefoucauld – non doveva che rispondere al proprio rango. Le opere di questo periodo - in cui prevale la forma breve del frammento - si contrappongono alla forma del trattato di matrice scolastica (vedi San Tommaso), che possedeva una struttura rigida e schematica. Sparisce così anche il romanzo lungo; testimone di ciò è il proliferare di opere intitolate “Dialogues”, “Conversations”, “Entretiens”, “Promenades”, ecc. Ad esempio, proprio Mlle de Scudéry pubblicò nella prima metà del Seicento tre romanzi lunghi, per poi passare, negli anni Sessanta, a novelle quali La promenade de Versailles (1669). Tra gli anni Ottanta e Novanta arriverà persino ad estrapolare dai suoi romanzi i dialoghi dei personaggi per poi riproporli in 10 volumi di raccolte di conversazioni. IL TEATRO CLASSICO Il teatro diventa un fenomeno sociale vasto, in cui si assiste al passaggio da opere irregolari definite ‘barocche’ (come la tragicommedia) a opere di impronta classicista. L’estetica arriva infatti a reggersi sul principio d’imitazione, contrapposto a quello della creazione. Tale principio di imitazione rimarrà costante fino a una buona parte del Settecento a partire da autori come La Bruyère, il quale traduce nel miglior modo il concetto di imitazione. La tragedia Una volta entrata in crisi la tragedia umanistica, si impongono due nuove forme: la tragicommedia e la pastorale. Verso il 1630 però Jean Mairet propone la ripresa rigorosa delle regole aristoteliche e si ha il passaggio essenziale dalla tragicommedia alla tragedia, direttamente osservabile con Corneille, il quale si sposta da un’opera come Le Cid ad una come l’Horace. Da qui, lavori come quelli di Montchrestien e Garnier presenteranno in prevalenza un aspetto lirico con lunghi monologhi in cui l’elemento poetico prevale su quello drammatico (dell’azione). Il palcoscenico offriva una scena multipla ossia più luoghi nello stesso momento. La scena multipla andrà scomparendo fino a Racine, in cui la scena viene definita come una cellula, un luogo vuoto. LA STRUTTURA DEL DISCORSO RETORICO La struttura del discorso presenta uno schema che può essere seguito rigorosamente nell'ordine proposto o meno. L'orazione prevede quattro fasi: * exordium, esordio, tentativo di accattivarsi l'uditorio delectando e movendo con ornamenti; * narratio, esposizione dei fatti, per docere l'uditorio, in ordine cronologico o con una introduzione ad effetto in medias res; * argumentatio, argomentazione; dimostrazione delle prove a sostegno della tesi (confirmatio) e confutazione degli argomenti avversari (refutatio); * peroratio, epilogo, la conclusione del discorso, muovendo al massimo gli affetti dell'uditorio e sviluppando pathos. 10 30 Albe mon cher pays et mon premier amour, Quand entre nous et toi je vois la guerre ouverte, [ 3 ] Je crains notre victoire autant que notre perte. Rome, si tu te plains que c'est là te trahir, Fais-toi des ennemis que je puisse haïr : 35 Quand je vois de tes murs leur armée et la nôtre, Mes trois frères dans l'une, et mon mari dans l'autre, Puis-je former des voeux, et sans impiété Importuner le Ciel pour ta félicité ? Je sais que ton État, encore en sa naissance, 40 Ne saurait, sans la guerre, affermir sa puissance ; Je sais qu'il doit s'accroître, et que tes grands destins Ne le borneront pas chez les peuples Latins, Que les dieux t'ont promis l'empire de la terre, Et que tu n'en peux voir l'effet que par la guerre. 45 Bien loin de m'opposer à cette noble ardeur Qui suit l'arrêt des dieux et court à ta grandeur, Je voudrais déjà voir tes troupes couronnées, D'un pas victorieux franchir les Pyrénées. Va jusqu'en l'orient pousser tes bataillons, 50 Va sur les bords du Rhin planter tes pavillons, Fais trembler sous tes pas les colonnes d'Hercule, Mais respecte une ville à qui tu dois Romule ; Ingrate, souviens-toi que du sang de ses rois Tu tiens ton nom, tes murs, et tes premières lois : 55 Albe est ton origine : arrête, et considère Que tu portes le fer dans le sein de ta mère. Tourne ailleurs les efforts de tes bras triomphants, Sa joie éclatera dans l'heur de ses enfants ; Et se laissant ravir à l'amour maternelle, 60 Ses voeux seront pour toi, si tu n'es plus contre elle. il nome di Roma non è in anafora. Il registro è quello del consiglio quindi deliberativo, in parte epidittico e il giudiziario con la messa sotto accusa di Roma. v.53, rottura con il “mais”, che va a dividere la narratio, la quale si compone di 1) elogio alla grandezza di Roma, col registro dimostrativo; 2) consiglio di rispettare Alba v.60, peroratio, sintesi finale. 11 Scène II: Camille, Julie La seconda scena è parallela alla prima. Entra in scena Camille, in quanto la scena classica non può mai rimanere vuota: nell’ultima scena saranno presenti tutti i personaggi rimasti vivi. CAMILLE. 135 Pourquoi fuir, et vouloir que je vous entretienne ? [ 9 ] Croit-elle ma douleur moins vive que la sienne, Et que plus insensible à de si grands malheurs À mes tristes discours je mêle moins de pleurs ? De pareilles frayeurs mon âme est alarmée, 140 Comme elle je perdrai dans l'une et l'autre armée, Je verrai mon amant, mon plus unique bien, Mourir pour son pays, ou détruire le mien : Et cet objet d'amour devenir pour ma peine Ou digne de mes pleurs, ou digne de ma haine. 145 Hélas ! JULIE. Elle est pourtant plus à plaindre que vous ; On peut changer d'amant ; mais non changer d'époux. Oubliez Curiace, et recevez Valère, Vous ne tremblerez plus pour le parti contraire, Vous serez toute nôtre, et votre esprit remis 150 N'aura plus rien à perdre au camp des ennemis. CAMILLE. Donnez-moi des conseils qui soient plus légitimes, Et plaignez mes malheurs sans m'ordonner des crimes : Quoiqu'à peine à mes maux je puisse résister, J'aime mieux les souffrir que de les mériter. JULIE. 155 Quoi ! Vous appelez crime un change raisonnable ? CAMILLE. Quoi ! Le manque de foi vous semble pardonnable ? JULIE. Envers un ennemi qui nous peut obliger ? [ 11 ] Permane il campo lessicale del dolore (“mélancolie, soupir” etc.), come con Sabine. L’ethos di Camille è quello di una donna addolorata che si compiace però di paragonarsi all’altra donna (ecco le forme comparative plus/moins). → Già i primi versi danno l’idea del contrasto Sabine-Camille « l’une e l’autre », forma antitetica, o balancement Mourir/détruire, forma antitetica Julie accusa Camille di aver incontrato Valère 12 CAMILLE. D'un serment solennel qui peut nous dégager ? JULIE. Vous déguisez en vain une chose trop claire, 160 Je vous vis encore hier entretenir Valère, Et l'accueil gracieux qu'il recevait de vous Lui permet de nourrir un espoir assez doux. CAMILLE. Si je l'entretins hier et lui fis bon visage, N'en imaginez rien qu'à son désavantage, 165 De mon contentement un autre était l'objet. Mais pour sortir d'erreur sachez-en le sujet, Je garde à Curiace une amitié trop pure Pour souffrir plus longtemps qu'on m'estime parjure. Quelques cinq ou six mois après que de sa soeur [ 12 ] 170 L'hymenée est rendu mon frère possesseur (Vous le savez Julie) il obtint de mon père Que de ses chastes feux je serais le salaire. Ce jour nous fut propice et funeste à la fois, Unissant nos maisons, il désunit nos Rois, 175 Un même instant conclut notre hymen, et la guerre, Fit naître notre espoir et le jeta par terre, Nous ôta tout sitôt qu'il nous eut tout promis, Et nous faisant amants il nous fit ennemis. Combien nos déplaisirs parurent lors extrêmes, 180 Combien contre le ciel il vomit de blasphèmes, Et combien de ruisseaux coulèrent de mes yeux, Je ne vous le dis point, vous vîtes nos adieux : Vous avez vu depuis les troubles de mon âme, Vous savez pour la paix quels voeux a faits ma flamme, 185 Et quels pleurs j'ai versés à chaque événement, Tantôt pour mon pays, tantôt pour mon amant. Enfin mon désespoir parmi ces longs obstacles M'a fait avoir recours à la voix des Oracles, Écoutez si celui qui me fut hier rendu 190 Eut droit de rassurer mon esprit éperdu. Ce Grec si renommé qui depuis tant d'années Au pied de l'Aventin prédit nos destinées, 1^ PARTE: giustificazione Camille si giustifica con una lunga tirade. Promessa sposa di Curiace (e sorella di Horace), si ha 1) giustificazione a Julie; 2) narratio con la situazione del suo promesso matrimonio dal proprio punto di vista. Camille e Sabine vedono in modo diverso la guerra, il che è sottolineato dalla preponderanza del “je” in anafora e anche qui da forme antitetiche. 15 JEAN RACINE (1639 – 1699) Con Racine il processo di revisione classicista del teatro francese si compie. Era stato educato nel clima giansenista di Port-Royal. A tale formazione vanno ricondotte sia la conoscenza della cultura greca sia la tendenza al pessimismo circa la capacità dell’uomo di salvarsi per forza di volontà. Giansenismo e senso “greco” della fatalità contribuiscono a delineare la figura dell’eroe raciniano la cui crisi passionale ha spesso esiti distruttivi. In Andromaque (1667), la passione amorosa spinge i protagonisti ad azioni ignobili per poi precipitarli nella rovina. PHÈDRE (1676; 1677) In Phèdre, l’amore mostra la sua forza divorante. Derivata dall’Hippolyte di Euripide, la tragedia ha per soggetto l’amore di Phèdre, moglie di Thésée, per il figliastro Hippolyte. Dopo aver meditato il suicidio, Phèdre osa dichiarare a Hippolyte il suo amore. Dopo la Phèdre, Racine non scrisse più opere teatrali, ma verrà nominato da Luigi XIV come historiographe du roi. Riprenderà il teatro più tardi con Esther e Athalie, due tragedie in cui viene inserito il coro. Nel 1677 ci si avvia verso la fine del ventennio 1660-80 e si passa dalla storia al mito. In origine il mito ha una funzione: quella di spiegare l’inspiegabile. La scena diventa una cellula, un luogo chiuso, claustrofobico; “una stanza, una sedia”. ACTEURS THÉSÉE, fils d'Égée, roi d'Athènes. PHÈDRE, femme de Thésée, fille de Minos et de Pasiphaé. HIPPOLYTE, fils de Thésée, et d'Antiope reine des Amazones. ARICIE, princesse du sang royal d'Athènes. OENONE, nourrice et confidente de Phèdre. THÉRAMÈNE, gouverneur d'Hippolyte. ISMÈNE,confidente d'Aricie. PANOPE, femme de la suite de Phèdre. GARDES. Acte I Hippolyte intende partire alla ricerca del padre che si trova nell'Epiro e del quale non si hanno più notizie. Théramène lo rassicura: il re sarà incappato nell'ennesima avventura galante. Ma la vera ragione di Hippolyte è un'altra, egli vuole sfuggire al fascino di Aricie, di cui è innamorato. Nel frattempo, Phèdre, moribonda confessa a OEnone il motivo delle sue tribolazioni: è ardentemente innamorata del figliastro sebbene abbia sempre e solo ostentato odio nei suoi riguardi. Panope 16 annuncia la dipartita di Thésée e la nutrice, perciò, dà alla regina una nuova speranza: lottare per i suoi figli e preservare il trono da Hippolyte e Aricie, possibili eredi. Scène première: Hippolyte, Théramène Questa scena è l’anticamera della stanza del sovrano, dei segreti del potere. L’esterno è del tutto assente e viene portato nella pièce dai messaggeri. Siamo nel Peloponneso, ma la Grecia antica non è mai evocata se non nel récit della morte di Hippolyte in cui si fa appello a figure mitologiche e mostri. HIPPOLYTE. Le dessein en est pris, je pars, cher Théramène, Et quitte le séjour de l'aimable Trézène. Dans le doute mortel dont je suis agité, Je commence à rougir de mon oisiveté. 5 Depuis plus de six mois éloigné de mon père, J'ignore le destin d'une tête si chère. J'ignore jusqu'aux lieux qui le peuvent cacher. THÉRAMÈNE. Et dans quels lieux, Seigneur, l'allez-vous donc chercher ? Déjà pour satisfaire à votre juste crainte, 10 J'ai couru les deux mers que sépare Corinthe. J'ai demandé Thésée aux peuples de ces bords Où l'on voit l'Achéron se perdre chez les morts. J'ai visité l'Élide, et laissant le Ténare, Passé jusqu'à la mer, qui vit tomber Icare. 15 Sur quel espoir nouveau, dans quels heureux climats Croyez-vous découvrir la trace de ses pas ? Qui sait même, qui sait si le roi votre père Veut que de son absence on sache le mystère ? Et si lorsque avec vous nous tremblons pour ses jours, 20 Tranquille, et nous cachant de nouvelles amours, Ce héros n'attend point qu'une amante abusée... Hippolyte è sempre sul punto di partire, ma non lo fa mai; quando lo farà, morirà. v. 6, “J’ignore” è in anafora e sottolinea l’assenza di Thésée v.14, la Grecia mitologica viene qui vagamente evocata con la caduta di Icaro Thésée è presentato come un libertino; è anche da ciò che nascono gli interrogativi sulla sua assenza e le diverse ipotesi. 17 HIPPOLYTE. Cher Théramène, arrête, et respecte Thésée. De ses jeunes erreurs désormais revenu, Par un indigne obstacle il n'est point retenu ; 25 Et fixant de ses voeux l'inconstance fatale, Phèdre depuis longtemps ne craint plus de rivale. Enfin en le cherchant je suivrai mon devoir, Et je fuirai ces lieux que je n'ose plus voir. THÉRAMÈNE. Hé depuis quand, Seigneur, craignez-vous la présence 30 De ces paisibles lieux, si chers à votre enfance, Et dont je vous ai vu préférer le séjour Au tumulte pompeux d'Athènes et de la cour ? Quel péril, ou plutôt quel chagrin vous en chasse ? [ 1 ] HIPPOLYTE. Cet heureux temps n'est plus. Tout a changé de face 35 Depuis que sur ces bords les dieux ont envoyé La fille de Minos et de Pasiphaé. THÉRAMÈNE. J'entends. De vos douleurs la cause m'est connue, Phèdre ici vous chagrine, et blesse votre vue. Dangereuse marâtre, à peine elle vous vit, 40 Que votre exil d'abord signala son crédit. Mais sa haine sur vous autrefois attachée, Ou s'est évanouie, ou s'est bien relâchée. Et d'ailleurs, quels périls vous peut faire courir Une femme mourante, et qui cherche à mourir ? [ 2 ] 45 Phèdre atteinte d'un mal qu'elle s'obstine à taire, Lasse enfin d'elle-même, et du jour qui l'éclaire, Peut-elle contre vous former quelques desseins ? HIPPOLYTE. Sa vaine inimitié n'est pas ce que je crains. Hippolyte en partant fuit une autre ennemie. 50 Je fuis, je l'avouerai, cette jeune Aricie, Reste d'un sang fatal conjuré contre nous. v.50, Hippolyte confessa il suo amore per Aricie, presentando il proprio ethos. Dice poi di fuggire da Aricie in quanto mortale. 20 Et mes genoux tremblants se dérobent sous moi. Hélas ! Elle s'assied. OENONE. Dieux tout-puissants ! Que nos pleurs vous apaisent. PHÈDRE. Que ces vains ornements, que ces voiles me pèsent ! Quelle importune main, en formant tous ces noeuds, 160 A pris soin sur mon front d'assembler mes cheveux ? Tout m'afflige et me nuit, et conspire à me nuire. OENONE. Comme on voit tous ses voeux l'un l'autre se détruire ! Vous-même condamnant vos injustes desseins, Tantôt à vous parer vous excitiez nos mains. 165 Vous-même rappelant votre force première, Vous vouliez vous montrer et revoir la lumière ; Vous la voyez, Madame, et prête à vous cacher, Vous haïssez le jour que vous veniez chercher ? PHÈDRE. Noble et brillant auteur d'une triste famille, 170 Toi, dont ma mère osait se vanter d'être fille, Qui peut-être rougis du trouble où tu me vois, Soleil, je te viens voir pour la dernière fois. OENONE. Quoi ! vous ne perdrez point cette cruelle envie ? Vous verrai-je toujours, renonçant à la vie, 175 Faire de votre mort les funestes apprêts ? PHÈDRE. Dieux ! Que ne suis-je assise à l'ombre des forêts ! Quand pourrai-je au travers d'une noble poussière Suivre de l'oeil un char fuyant dans la carrière ? Phèdre è una donna addolorata che si sottrae alla luce che desiderava vedere e la ferisce. Campo lessicale della luce (“brillant, soleil”) v.161, assonanza stridente (passaggio da sonorità liquida a stridente) Permane il tema del trouble, del désordre già menzionato v.171, “Soleil” in forma vocativa; Sole come nonno di Phèdre. La donna si sottrae alla sua stessa genealogia nobile e splendente ma generatori di una triste fine. → ossimoro intrinseco di Phèdre. v.176, forêts: evocazione di un’immagine legata tacitamente a Hippolyte 21 OENONE. Quoi, Madame ! PHÈDRE. Insensée, où suis-je ? et qu'ai-je dit ? 180 Où laissé-je égarer mes voeux, et mon esprit ? Je l'ai perdu. Les dieux m'en ont ravi l'usage. OEnone, la rougeur me couvre le visage, Je te laisse trop voir mes honteuses douleurs, Et mes yeux malgré moi se remplissent de pleurs. OENONE. 185 Ah ! s'il vous faut rougir, rougissez d'un silence, Qui de vos maux encore aigrit la violence. Rebelle à tous nos soins, sourde à tous nos discours, Voulez-vous sans pitié laisser finir vos jours ? Quelle fureur les borne au milieu de leur course ? 190 Quel charme ou quel poison en a tari la source ? Les ombres par trois fois ont obscurci les cieux, Depuis que le sommeil n'est entré dans vos yeux ; Et le jour a trois fois chassé la nuit obscure, Depuis que votre corps languit sans nourriture. 195 À quel affreux dessein vous laissez-vous tenter ? De quel droit sur vous-même osez-vous attenter ? Vous offensez les dieux auteurs de votre vie. Vous trahissez l'époux à qui la foi vous lie, Vous trahissez enfin vos enfants malheureux, 200 Que vous précipitez sous un joug rigoureux. Songez qu'un même jour leur ravira leur mère, Et rendra l'espérance au fils de l'étrangère, À ce fier ennemi de vous, de votre sang, Ce fils qu'une Amazone a porté dans son flanc, 205 Cet Hippolyte... PHÈDRE. Ah dieux ! OENONE. Ce reproche vous touche. PHÈDRE. Malinteso dato dall’assenza di dialogo. v.179, “insensée”, ancora il trouble, il désordre + interrogativi + accusa agli dèi v.183, aggettivo “honteuse”, riferimento al male In questa prima parte della scena, Phèdre non risponde a OEnone: non vi è dialogo → Tutto sfocia in un malinteso da parte di OEnone (“Quoi, Madame!”) + presa di coscienza di Phèdre di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto, “Qu’ai-je dit?” v.188, silenzio di Phèdre che sembra lasciarsi morire, oltre ad essere sorda. 22 Malheureuse, quel nom est sorti de ta bouche ? OENONE. Hé bien, votre colère éclate avec raison. J'aime à vous voir frémir à ce funeste nom. Vivez donc. Que l'amour, le devoir vous excite. 210 Vivez, ne souffrez pas que le fils d'une Scythe, Accablant vos enfants d'un empire odieux, Commande au plus beau sang de la Grèce, et des dieux. Mais ne différez point, chaque moment vous tue. Réparez promptement votre force abattue, 215 Tandis que de vos jours prêts à se consumer Le flambeau dure encore, et peut se rallumer. PHÈDRE. J'en ai trop prolongé la coupable durée. OENONE. Quoi ! de quelques remords êtes-vous déchirée ? Quel crime a pu produire un trouble si pressant ? 220 Vos mains n'ont point trempé dans le sang innocent ? PHÈDRE. Grâces au ciel, mes mains ne sont point criminelles. Plût aux dieux que mon coeur fût innocent comme elles ! OENONE. Et quel affreux projet avez-vous enfanté, Dont votre coeur encor doive être épouvanté ? PHÈDRE. 225 Je t'en ai dit assez. Épargne moi le reste. Je meurs, pour ne point faire un aveu si funeste. OENONE. Mourez donc, et gardez un silence inhumain. Mais pour fermer vos yeux cherchez une autre main. Quoiqu'il vous reste à peine une faible lumière, OEnone crede che l’eredità debba andare ai figli di Phèdre. In fondo, OEnone qui evoca un ostacolo esterno, quello che non è; non capisce che Phèdre non sta male per la questione dell’eredità. Ma OEnone è rappresentate di una posizione anti-tragica rispetto a quella tragica di Racine. v.216, ancora la flamme noire onnipresente + continua l’assenza di dialogo. Il discorso di OEnone non la tocca: è sorda + le battute di Phèdre a confronto sono brevi, si riducono speso a una mera esclamazione. v.221, contrapposizione colpa materiale vs. colpa etico-religiosa: “mains” vs. “coeur”, insistenza sull’interiorità + Altro tentativo da parte della nutrice di esteriorizzare “Projet”, come prima aveva usato “dessein” v.226, “aveu funeste”, come il “nom funeste” con cui OEnone aveva chiamato Hippolyte → La lingua di Racine è povera; ritornano termini, il che è legato però alla ripresa del dialogo. OEnone è dura – e ‘cheap’ – ma per amore di Phèdre. È la sua nutrice, dopotutto. 25 Fallait-il approcher de tes bords dangereux ? PHÈDRE. Mon mal vient de plus loin. À peine au fils d'Égée, 270 Sous les lois de l'hymen je m'étais engagée, Mon repos, mon bonheur semblait être affermi, Athènes me montra mon superbe ennemi. Je le vis, je rougis, je pâlis à sa vue. Un trouble s'éleva dans mon âme éperdue. 275 Mes yeux ne voyaient plus, je ne pouvais parler, Je sentis tout mon corps et transir, et brûler. Je reconnus Vénus, et ses feux redoutables, D'un sang qu'elle poursuit tourments inévitables. Par des voeux assidus je crus les détourner, 280 Je lui bâtis un temple, et pris soin de l'orner. De victimes moi-même à toute heure entourée, Je cherchais dans leurs flancs ma raison égarée. D'un incurable amour remèdes impuissants ! En vain sur les autels ma main brûlait l'encens. 285 Quand ma bouche implorait le nom de la déesse, J'adorais Hippolyte, et le voyant sans cesse, Même au pied des autels que je faisais fumer, J'offrais tout à ce dieu, que je n'osais nommer. Je l'évitais partout. Ô comble de misère ! 290 Mes yeux le retrouvaient dans les traits de son père. Contre moi-même enfin j'osai me révolter. J'excitai mon courage à le persécuter. Pour bannir l'ennemi dont j'étais idolâtre, J'affectai les chagrins d'une injuste marâtre, 295 Je pressai son exil, et mes cris éternels L'arrachèrent du sein, et des bras paternels. Je respirais, OEnone ; et depuis son absence, Mes jours moins agités coulaient dans l'innocence. Soumise à mon époux, et cachant mes ennuis, 300 De son fatal hymen je cultivais les fruits. Vaines précautions ! Cruelle destinée ! Par mon époux lui-même à Trézène amenée J'ai revu l'ennemi que j'avais éloigné. Ma blessure trop vive aussitôt a saigné. 305 Ce n'est plus une ardeur dans mes veines cachée : C'est Vénus tout entière à sa proie attachée. Vi è poi l’esclamazione di OEnone e a seguire la celebre tirade di Phèdre sulla nascita di questo amore nero. Atene, soggetto, che ‘mostra’ + passaggio al je v.273, celebre verso Phèdre, prima definita sorda, qui è cieca e muta per la passione. Di nuovo il silenzio, ma non di un aveu (confessione), bensì di un sentimento. v.276, fisicità del sentimento amoroso (mon corps” _ IMPERFETTO: La narrazione al pass. remoto indicava l’immediatezza del coup de foudre, mentre l’imperfetto indica prima il turbamento anche fisico di Phèdre e poi i tentativi di lei di combattere questo orrore attraverso le offerte agli dèi → esterno + passaggio all’interno col tentativo di odiare Hippolyte. Combatte con sé stessa, mettendo in opera strategie di odio anch’esse di fatto esterne: l’esilio. v.288, di nuovo il tabù del nome che non può essere menzionato v.300, “fatal” v.306, celebre verso: Phèdre come preda di Venere 26 J'ai conçu pour mon crime une juste terreur. J'ai pris la vie en haine, et ma flamme en horreur. Je voulais en mourant prendre soin de ma gloire, 310 Et dérober au jour une flamme si noire. Je n'ai pu soutenir tes larmes, tes combats. Je t'ai tout avoué, je ne m'en repens pas, Pourvu que de ma mort respectant les approches Tu ne m'affliges plus par d'injustes reproches, 315 Et que tes vains secours cessent de rappeler Un reste de chaleur, tout prêt à s'exhaler. FINE, una sorta di peroratio: sintesi dell’odio per la vita e la ricerca della morte [Nell’iconografia la malinconia è indicata dal gesto del mento appoggiato] La parola proferita è quella che scatenerà la tragedia e porterà alla morte; appunto, di nuovo il sole nero Scène IV: Phèdre, OEnone, Panope Scène di transition in cui vi è l’annuncio della morte di Thésée. Scène V: Phèdre, OEnone «Votre flamme devient une flamme ordinaire» → consiglio dato da OEnone, quindi sempre dal mondo umano. Aricie potrebbe rimettere in causa la questione dell’eredità tra i figli e la questione politica. Si prolifera quindi un’unione tra Phèdre e Hippolyte. Acte II Ismène, confidente di Aricie, svela alla ragazza la morte del suo persecutore e la possibilità che il giovane Hippolyte restituisca lei la libertà e forse anche il trono. Hippolyte parla alla ragazza confermando gli auspici di Ismène e rivelandole il suo amore. OEnone annuncia al principe che la regina intende parlargli: Phèdre è infatti preoccupata che Hippolyte, da lei oltremodo odiato, una volta al potere, si vendichi sui suoi figli. Ma il giovane la tranquillizza: non nutre simili sentimenti e non ha alcun proposito di vendetta. La regina si lascia trasportare e finisce col svelargli la sua passione, un sentimento obbrobrioso instillato in lei da qualche dio vendicativo, un amore colpevole che la rende miserabile agli occhi del mondo: è lei la prima a detestarsi. Invoca il giovane di ucciderla ma Hippolyte fugge lasciandole avventatamente la spada. Théramène lo avvisa che il partito di Phèdre, i suoi figli, sono in vantaggio nella corsa alla successione al trono e che, secondo alcune indiscrezioni, Thésée sarebbe ancora in vita. 27 Thésée rappresenta il potere politico e familiare. La sua assenza fa parte di una costante di questa tragedia: i personaggi primari non si incontrando; non a caso si confidano solo con i propri servi. Sarà proprio in questo atto II a comparire Aricie, ad esempio, con cui si nota che non vi sono problemi sociali (di casta) tra personaggi alti e bassi, in quanto questi ultimi sono figure tipiche della tragedia. È la morte presunta o meno di Thésée che, nonostante la sua assenza, struttura e muove la scena. I soggetti iniziano così a parlare tra loro, aprendo la diga degli ‘aveu’. → Il DIRE e il VOIRE sono tematiche che tornano incessantemente. Scène première: Aricie, Ismène Aricie confessa alla sua confidente Ismène l’amore che prova per Hippolyte. Scène II: Hippolyte, Aricie, Ismène Hippolyte confida il proprio amore ad Aricie. Scène IV: Hippolyte, Théramène Come sempre Hippolyte è sul punto di partire: si fa qui riferimento alla “diligence”. Scène V: Phèdre, Hippolyte, OEnone PHÈDRE, à OEnone. Le voici. Vers mon coeur tout mon sang se retire. J'oublie, en le voyant, ce que je viens lui dire. OENONE. Souvenez-vous d'un fils qui n'espère qu'en vous. PHÈDRE. On dit qu'un prompt départ vous éloigne de nous, 30 640 Tel qu'on dépeint nos dieux, ou tel que je vous vois. Il avait votre port, vos yeux, votre langage. Cette noble pudeur colorait son visage, Lorsque de notre Crète il traversa les flots, Digne sujet des voeux des filles de Minos. 645 Que faisiez-vous alors ? Pourquoi sans Hippolyte Des héros de la Grèce assembla-t-il l'élite ? Pourquoi trop jeune encor ne pûtes-vous alors Entrer dans le vaisseau qui le mit sur nos bords ? Par vous aurait péri le monstre de la Crète 650 Malgré tous les détours de sa vaste retraite. Pour en développer l'embarras incertain Ma soeur du fil fatal eût armé votre main. Mais non, dans ce dessein je l'aurais devancée. L'amour m'en eût d'abord inspiré la pensée. 655 C'est moi, Prince, c'est moi dont l'utile secours Vous eût du Labyrinthe enseigné les détours. Que de soins m'eût coûtés cette tête charmante ! Un fil n'eût point assez rassuré votre amante. Compagne du péril qu'il vous fallait chercher, 660 Moi-même devant vous j'aurais voulu marcher, Et Phèdre au Labyrinthe avec vous descendue, Se serait avec vous retrouvée, ou perdue. HIPPOLYTE. Dieux ! Qu'est-ce que j'entends ? Madame, oubliez-vous Que Thésée est mon père, et qu'il est votre époux ? PHÈDRE. 665 Et sur quoi jugez-vous que j'en perds la mémoire, Prince ? Aurais-je perdu tout le soin de ma gloire ? HIPPOLYTE. Madame, pardonnez. J'avoue en rougissant, Que j'accusais à tort un discours innocent. Ma honte ne peut plus soutenir votre vue. 670 Et je vais... PHÈDRE. Ah ! cruel, tu m'as trop entendue. v.640, il VOIRE decisivo: all’immagine di Thésée va a stagliarsi quella di Hippolyte, bello come gli dèi → “Je vous voi”, il vedere fatale + insistenza dei possessivi (es. “votre port”) + Torna al passato dal v.641 | Tutto ciò è anche una sostituzione politica e storica tra Thésée e Hippolyte, non a caso si parla del Minotauro e del labirinto (relativamente “le monstre de Crète” e il “vaste retraite”) v.653, passaggio al “je” + “C’est moi!”, con il c’est nella forma presentativa, con cui Phèdre si sovrappone ad Ariane (sono sorelle), proprio come Hippolyte su Thésée. v.656, connotazione sessuale (“Labyrinthe”, “détours”) Viene usato il condizionale: sogno irrealizzato e rimpianto Hippolyte ricorda a Phèdre il legame parentale che li lega v.665, ultimo sussulto di dignità di Phèdre. v.666, il riferimento alla “gloire” come in Corneille, inteso come dignità e non come gloria militare. + qui Hippolyte è “Prince” e non più “Seigneur” Hippolyte è tragico solo nel momento in cui muore, altrimenti è fuori dalla tragedia 31 Je t'en ai dit assez pour te tirer d'erreur. Hé bien, connais donc Phèdre et toute sa fureur. J'aime. Ne pense pas qu'au moment que je t'aime, Innocente à mes yeux je m'approuve moi- même, 675 Ni que du fol amour qui trouble ma raison Ma lâche complaisance ait nourri le poison. Objet infortuné des vengeances célestes, Je m'abhorre encor plus que tu ne me détestes. Les dieux m'en sont témoins, ces dieux qui dans mon flanc 680 Ont allumé le feu fatal à tout mon sang, Ces dieux qui se sont fait une gloire cruelle De séduire le coeur d'une faible mortelle. Toi-même en ton esprit rappelle le passé. C'est peu de t'avoir fui, cruel, je t'ai chassé. 685 J'ai voulu te paraître odieuse, inhumaine. Pour mieux te résister, j'ai recherché ta haine. De quoi m'ont profité mes inutiles soins ? Tu me haïssais plus, je ne t'aimais pas moins. Tes malheurs te prêtaient encor de nouveaux charmes. 690 J'ai langui, j'ai séché, dans les feux, dans les larmes. Il suffit de tes yeux pour t'en persuader, Si tes yeux un moment pouvaient me regarder. Que dis-je ? Cet aveu que je te viens de faire, Cet aveu si honteux, le crois-tu volontaire ? 695 Tremblante pour un fils que je n'osais trahir, Je te venais prier de ne le point haïr. Faibles projets d'un coeur trop plein de ce qu'il aime ! Hélas ! je ne t'ai pu parler que de toi-même. Venge-toi, punis-moi d'un odieux amour. 700 Digne fils du héros qui t'a donné le jour, Délivre l'univers d'un monstre qui t'irrite. La veuve de Thésée ose aimer Hippolyte ? Crois-moi, ce monstre affreux ne doit point t'échapper. Voilà mon coeur. C'est là que ta main doit frapper. 705 Impatient déjà d'expier son offense Au devant de ton bras je le sens qui s'avance. Frappe. Ou si tu le crois indigne de tes coups, Si ta haine m'envie un supplice si doux, Ou si d'un sang trop vil ta main serait trempée, v.673 inizia senza compl. ogg. e termina con (“je t’aime”) In questi versi della tirade è contenuta una tattica politica. In realtà vorrebbe incitare l’odio. v.688 plus/moins → antitesi Il GIOCO DI SGUARDI è accentuato: Hippolyte non regge la vista di Phèdre, vedi v.692 v.701, tornano i mostri, ma stavolta interiori: Phèdre si definisce un mostro lei stessa 32 710 Au défaut de ton bras prête moi ton épée. Donne. OENONE. Que faites-vous, Madame ? Justes dieux ! Mais on vient. Évitez des témoins odieux, Venez, rentrez, fuyez une honte certaine. v.711, “Donne.” -> secchezza della richiesta della morte da parte di Phèdre. (È questo l’uso che si fa qui degli imperativi). Scène VI: Hippolyte, Théramène Gira una voce che Thésée sia vivo (v.729: “Cependant un bruit sourd veut que le Roi respire”). Di nuovo la reazione di Hippolyte si concentra in un verso come “Partons!”, senza mai partire. Si tratta in realtà quasi di un parallelo all’interno della tragedia: Hippolyte morirà non appena partirà, proprio come Phèdre morirà (e vedrà la luce) dopo aver parlato. Permane il disinteresse per il retaggio politico, che Phèdre usa solo per cercare di incitare l’odio. Fine atto I: annuncio della morte di Thésée; Fine atto II: possibilità che Thésée sia vivo; Acte III I fiumi si sono aperti. Come già detto, la curva strutturale della tragedia è determinata da Thésée – in quanto potere politico e familiare –, il quale compare solo a metà di questo terzo atto, momento centrale della tragedia (climax o acmé). Phèdre supplica OEnone di trovare uno stratagemma che faccia ritornare Hippolyte: è disposta pure a cedergli il trono o a fargli addestrare i figli. Rimasta sola, si abbandona a un monologo in cui sollecita l'intervento di Venere; in fondo respingendola, Hippolyte ha commesso uno sgarbo nei confronti della regina dell'amore. OEnone la avvisa che Thésée è prossimo al ritorno: lei si dispera, sarebbe stato meglio morire prima anziché ora, disonorata e adultera. Ma OEnone ha un piano diabolico: accusare Hippolyte di aver tentato di stuprarla, presentando la spada perduta come prova inconfutabile del misfatto. Thésée punirà il figlio con l'esilio ma se lo uccidesse tanto meglio: sacrificare gli innocenti pur di non pagare il fio. Phèdre infatti, al suo arrivo, non va ad abbracciare il marito, informandolo che un grande disonore è piombato sulla sua famiglia. Il re è sbigottito da questa accoglienza e cerca di vederci chiaro. Hippolyte rifiuta di fuggire perché convinto della propria innocenza, e decide di affrontare il genitore. 35 Starobinski: Racine et la poétique du regard Ne L’oeil vivant del 1961, Jean Starobinski parla del senso del vedere in Racine, partendo da una riflessione su Corneille. In Corneille: - L’eroe ha come testimone l’universo: non rinuncia mai a mostrarsi, persino nell’atto stesso del sacrificio; - l’eroe ribadisce sempre il proprio diritto a regnare. Ecco che rivelarsi corrisponde a stabilire la propria grandezza. Le tragedie di Corneille si basano tutte su questa reconnaissance abbagliata. Oltre questo abbagliamento vi sarebbe il “trouble”, ma Corneille non va mai oltre, al contrario l’essere abbagliante e lo sguardo abbagliato arriveranno quasi ad unirsi. In Racine: - Lo sguardo non è meno importante; non è l’intensità ad essere diversa, ma la completezza. Rispetto a Corneille, in Racine lo sguardo è sempre legato al tragico. - lo sguardo universale non è motivo di “gloire”, bensì di “honte”. - più che vedere si intravede. Con Racine, nel teatro tragico i gesti tendono a scomparire e per questo entra in gioco lo sguardo: le scene si configurano come “entrevues”. Si tratta di una sorta di epurazione, tramite cui tutto può esprimersi senza un’eccessiva presenza del corpo (es. v.134: “Chargés d'un feu secret vos yeux s'appesantissent”). Per tale motivo le immagini sono poche. Si hanno piuttosto dualità astratte, come ombra- luce (vedi Phèdre). - La lettre d’Uzès: la lettera contiene quella che sarà una situazione tipica per Racine: il primo sguardo su un essere la cui immagine si rivela su un fondo notturno. Ma il tutto è sempre accompagnato dall’interdit e dal péché. Nella lettera si fa riferimento allo sguardo di un prete che controlla quello di Racine, da cui il tema del regard regardé. La pena di Phèdre si concentrerà nella prima vista di Hippolyte (es. v.273: “Je le vis, je rougis, je pâlis à sa vue”). La flamme noire nasce dall’interiorizzarsi di questo vedere e fa nascere il bisogno della ripetizione: vedersi più e più volte, accrescendo l’agonia. - La faiblesse et la faute du regard: nasce dall’incontro tra teatro greco e pensiero giansenista. Ciò che rimane da fare per chi soffre è être regardé, ossia mostrare il proprio dolore a chi ne è la causa, accrescendo così la loro colpa. Al contrario, l’être vu accresce la propria colpevolezza agli occhi degli altri. 36 La commedia MOLIÈRE (1622 – 1673) Jean-Baptiste Poquelin, educato in un collegio di gesuiti, divenne attore sotto il nome di Molière e fondò a Parigi la compagnia del Théâtre. Tra l’altro, già da bambino era solito frequentare il teatro insieme al nonno e a maestri quali Gassendi, formatore di liberi pensatori. Si è parlato di Molière come il tramite tra Corneille e Racine. In lui sembra concentrarsi quel passaggio dall’eroe – ancora feudale, legato al neostoicismo e alla società cavalleresca – all’epoca dell’agostinismo e di stampo giansenista. Molière è forse il personaggio della letteratura francese più completo, sebbene iniziò a scrivere tardi. Del 1659 è la création [termine tecnico che sta per prima rappresentazione] di Les precieuses ridicules, solo un intermezzo. Inoltre, avendo un difetto di pronuncia, malvisto nella tragedia classica, Molière era chiaramente più vicino all’ambiente della commedia. Nel 1677, l’anno de Le Misanthrope, Molière è l’autore di commedie più celebre della Francia, ma anche colui contro cui si scaglia la critica, in particolare la Compagnie de Saint-Sacrement, una sorta di compagnia di spionaggio che gli mise contro delle cabale, poi conosciute come “Cabale des dévots”. - Cabale contro l’École des femmes: La rappresentazione de L’École des femmes (1662) fu un tale successo che Molière ottenne la protezione di Luigi XIV, il quale gli affida l’organizzazione delle grandi “fêtes” di Versailles. In seguito agli attacchi ricevuti dalla critica, l’autore enunciò le proprie idee sulla commedia, dando inizio alla cosiddetta guerre comique; - Cabale contro il Tartuffe: altre polemiche suscitò la rappresentazione a Versailles della prima versione in 3 atti di Tartuffe ou l’Hypocrite (1664): il protagonista è un ipocrita che dietro la devozione religiosa cela i suoi intenti di arrivista. Nel 1667 verrà accettata la versione in 5 atti. - Cabale contro il Dom Juan: del 1665 è il Don Giovanni, che ha per protagonista un uomo considerato un libertino (in particolare di esprit e dunque di mente aperta e libera) e un ateo, il quale proclama apertamente la propria non-fede. Inoltre, non piacque il fatto che la difesa della religione cristiana fosse stata affidata a Sganarello, il servitore, il quale ricopre tutti i luoghi comuni. 37 LE MISANTHROPE (1666) Le Misanthrope si inserisce appieno nella problematica sociale. Misantropo è un uomo che odia l’umanità; colui in cui Jean-Jacques Rousseau vedrà un personaggio glorioso, mentre all’epoca della création non era altro che un personaggio comico, votato tuttavia ad uscire di scena senza risolvere nulla. Si tratta di una commedia che presenta in qualche tutte le caratteristiche di una tragedia, sebbene non vi siano morti. Si ha invece il paradosso di un uomo che odia gli uomini, ma si innamora di Célimène, la coquette per eccellenza, incarnazione di quella società mondana e galante tipica seicentesca. Alla problematica sociale si intreccia così una certa tristezza. Ed è in questo senso che nel Seicento Alceste è accolto come personaggio comico, ma avvolto dall’infelicità data dal non rientrare nella doxa, nella regola sociale. ACTEURS ALCESTE, amant de Célimène. PHILINTE, un ami d'Alceste. ORONTE, amant de Célimène. CÉLIMÈNE, amante d'Alceste. ÉLIANTE, cousine de Célimène. ARSINOÉ, amie de Célimène. ACASTE, marquis. CLITANDRE, marquis. BASQUE, valet de Célimène. DU BOIS, valet d'Alceste. UN GARDE de la maréchaussée de France. La scena è Parigi: è ora che si crea la dualità court vs. ville (Versailles diventa sede del trono). Acte I Per l’orrore del suo entourage, Alceste rifiuta la politesse, le convezioni sociali tipiche dei salotti nel XVII secolo. Il suo rifiuto di essere “complaisant” lo rende impopolare e lo spinge a lamentarsi dell’isolamento in un mondo che crede essere superficiale. Scène première: Philinte, Alceste Si tratta di una scène d’exposition lunga, divisa in due parti. ALCESTE. Allez, vous devriez mourir de pure honte ; 15 Une telle action ne saurait s'excuser, Et tout homme d'honneur s'en doit scandaliser. Je vous vois accabler un homme de caresses, Et témoigner pour lui les dernières tendresses ; De protestations, d'offres et de serments, 20 Vous chargez la fureur de vos embrassements ; Et quand je vous demande après quel est cet homme, À peine pouvez-vous dire comme il se nomme ; Votre chaleur pour lui tombe en vous séparant, 1^ PARTE Campo lessicale1: vergogna, accusa giudiziaria; Campo lessicale2: lusinga esagerata, manifestazione iperbolica. _ v.21 “Et quand”, marque temporale che divide in due la tirade. 40 80 Lui doit-on déclarer la chose comme elle est ? ALCESTE. Oui. PHILINTE. Quoi ? Vous iriez dire à la vieille Émilie Qu'à son âge il sied mal de faire la jolie, Et que le blanc qu'elle a scandalise chacun ? ALCESTE. Sans doute. PHILINTE. À Dorilas, qu'il est trop importun, 85 Et qu'il n'est, à la Cour, oreille qu'il ne lasse À conter sa bravoure et l'éclat de sa race ? ALCESTE. Fort bien. PHILINTE. Vous vous moquez. ALCESTE. Je ne me moque point, Et je vais n'épargner personne sur ce point. Mes yeux sont trop blessés, et la Cour et la ville 90 Ne m'offrent rien qu'objets à m'échauffer la bile ; J'entre en une humeur noire, en un chagrin profond, Quand je vois vivre entre eux les hommes comme ils font ; Je ne trouve partout que lâche flatterie, Qu'injustice, intérêt, trahison, fourberie ; 95 Je n'y puis plus tenir, j'enrage, et mon dessein Est de rompre en visière à tout le genre humain. PHILINTE. Ce chagrin philosophe est un peu trop sauvage, Je ris des noirs accès où je vous envisage, Et crois voir en nous deux, sous mêmes soins nourris, 100 Ces deux frères que peint l'école des maris, Dont... v.90, sottotitolo dell’opera è l’Atrabilaire amoureux, ossia un melanconico, che ha la bile nera. Nel Seicento la malinconia è considerata una malattia, legata alla follia. Solo col tempo – riprendendo la questione aristotelica, secondo cui malinconia=genio – si rivaluta questo aspetto, ponendo l’accento sulla sensibilità più che sulla pazzia. In questa tirade tornano termini come “lâche”, vigliacco. Essere sinceri richiede coraggio; essere flateur, il contrario. v.97 “ce chagrin philosophe” è teorica: impartisce una lezione, teorizzando il mondo in modo univoco e quindi limitativo. “Sauvage” riprende il campo lessicale della malattia. v.99, linguaggio modalizzato. Modalizzazione = attenuazione dell’affermazione v.100, referenza a un’altra opera di Molière. 41 ALCESTE. Mon Dieu ! Laissons là vos comparaisons fades. PHILINTE. Non : tout de bon, quittez toutes ces incartades. Le monde par vos soins ne se changera pas ; Et puisque la franchise a pour vous tant d'appas, 105 Je vous dirai tout franc que cette maladie, Partout où vous allez, donne la comédie, Et qu'un si grand courroux contre les moeurs du temps Vous tourne en ridicule auprès de bien des gens. ALCESTE. Tant mieux, morbleu ! Tant mieux, c'est ce que je demande ; 110 Ce m'est un fort bon signe, et ma joie en est grande : Tous les hommes me sont à tel point odieux, Que je serais fâché d'être sage à leurs yeux. PHILINTE. Vous voulez un grand mal à la nature humaine ! ALCESTE. Oui, j'ai conçu pour elle une effroyable haine. PHILINTE. 115 Tous les pauvres mortels, sans nulle exception, Seront enveloppés dans cette aversion ? Encore en est-il bien, dans le siècle où nous sommes... ALCESTE. Non : elle est générale, et je hais tous les hommes : Les uns, parce qu'ils sont méchants et malfaisants, 120 Et les autres, pour être aux méchants complaisants, Et n'avoir pas pour eux ces haines vigoureuses Que doit donner le vice aux âmes vertueuses. De cette complaisance on voit l'injuste excès Pour le franc scélérat avec qui j'ai procès : 125 Au travers de son masque on voit à plein le traître ; v.101, autoironia di Molière. v.105, torna il tema della malattia, esplicitato con “maladie”. Campo lessicale del riso (“comédie, ridicule”) v.106, non si ha modalizzazione: la parola torna indietro ad Alceste. v.111, Alceste preferisce la comicità. A questo verso cambia la prospettiva. “Sage” fa riferimento a “philosophe”, ma vi è il rifiuto di una saggezza pubblica. v.113, Philinte riprende le parole di Alceste v.114, la “haine” di Alceste v.118, torna il “non” che qui interrompe, quasi con maleducazione. v.119, forma di CHIASMO data da una diversa posizione grammaticale con “les uns” e “les autres”. Il primo “méchants” si incrocia con “complaisants”; il secondo è “être aux méchants”, che si incrocia con “malfaisants”. * v.122, antitesi data da “vice” e “vertueuses”. *L’oggetto della haine di Alceste è doppio: per quelli che sono cattivi (i méchants malfaisants) e per quelli che non provano haine per i 42 Partout il est connu pour tout ce qu'il peut être; Et ses roulements d'yeux et son ton radouci N'imposent qu'à des gens qui ne sont point d'ici. On sait que ce pied plat, digne qu'on le confonde, 130 Par de sales emplois s'est poussé dans le monde, Et que par eux son sort de splendeur revêtu Fait gronder le mérite et rougir la vertu. Quelques titres honteux qu'en tous lieux on lui donne, Son misérable honneur ne voit pour lui personne ; 135 Nommez-le fourbe, infâme et scélérat maudit, Tout le monde en convient, et nul n'y contredit. Cependant sa grimace est partout bienvenue : On l'accueille, on lui rit, partout il s'insinue ; Et s'il est, par la brigue, un rang à disputer, [ 2 ] 140 Sur le plus honnête homme on le voit l'emporter. Têtebleu ! Ce me sont de mortelles blessures, De voir qu'avec le vice on garde des mesures ; Et parfois il me prend des mouvements soudains De fuir dans un désert l'approche des humains. PHILINTE. 145 Mon Dieu, des moeurs du temps mettons-nous moins en peine, Et faisons un peu grâce à la nature humaine ; Ne l'examinons point dans la grande rigueur, Et voyons ses défauts avec quelque douceur. Il faut, parmi le monde, une vertu traitable ; 150 À force de sagesse, on peut être blâmable ; La parfaite raison fuit toute extrémité, Et veut que l'on soit sage avec sobriété. Cette grande raideur des vertus des vieux âges Heurte trop notre siècle et les communs usages; 155 Elle veut aux mortels trop de perfection: Il faut fléchir au temps sans obstination ; Et c'est une folie à nulle autre seconde De vouloir se mêler de corriger le monde. J'observe, comme vous, cent choses tous les jours, 160 Qui pourraient mieux aller, prenant un autre cours ; malfaisants (ossia i méchants complaisants, criticati a partire dal v.123) -> ecco chi si indica con “tout le monde”. v.124, dimensione empirica data da “le franc scélérat”: ci dà la sua esperienza. v.129, pied-plat: i provinciali, contrapposti agli aristocratici, che invece portavano i tacchi. Philinte non è portatore solo di complaisance, ma del principio di MEDIETAS, legato al concetto di naturel. Quello della medietas è uno stile né troppo saggio né troppo pazzo: in mezzo sta la virtù. Il campo semantico è della VISTA. 45 Avant que nous lier, il faut nous mieux connaître ; Et nous pourrions avoir telles complexions, Que tous deux du marché nous nous repentirions. ORONTE. 285 Parbleu ! C'est là-dessus parler en homme sage, Et je vous en estime encore davantage : Souffrons donc que le temps forme des noeuds si doux ; Mais, cependant, je m'offre entièrement à vous: S'il faut faire à la Cour pour vous quelque ouverture, 290 On sait qu'auprès du Roi je fais quelque figure ; Il m'écoute ; et dans tout, il en use, ma foi ! Le plus honnêtement du monde avecque moi. Enfin je suis à vous de toutes les manières ; Et comme votre esprit a de grandes lumières, 295 Je viens, pour commencer entre nous ce beau noeud, Vous montrer un sonnet que j'ai fait depuis peu, Et savoir s'il est bon qu'au public je l'expose. ALCESTE. Monsieur, je suis mal propre à décider la chose; Veuillez m'en dispenser. ORONTE. Pourquoi ? ALCESTE. J'ai le défaut 300 D'être un peu plus sincère en cela qu'il ne faut. ORONTE. C'est ce que je demande, et j'aurais lieu de plainte, Si, m'exposant à vous pour me parler sans feinte, Vous alliez me trahir, et me déguiser rien. ALCESTE. Puisqu'il vous plaît ainsi, monsieur, je le veux bien. v.283, concezione dell’amicizia da parte di Alceste, col richiamo alla MEDICINA (“complexions”). Alceste ora rifiuta di essere “distingué”, messo in guardia dall’ethos di Oronte. Ad aggravare la situazione di Oronte e l’elogio di sé stesso, con la richiesta di ottenere una posizione “auprès du Roi”. Oronte si presenta al pubblico come poi non sarà. Alceste rimane fedele al proprio ego. v.303, vengono riprese le parole di Alcest (“trahir”) 46 ORONTE. 305 Sonnet... C'est un sonnet. L'espoir... C'est une dame Qui de quelque espérance avait flatté ma flamme. L'espoir... Ce ne sont point de ces grands vers pompeux, Mais de petits vers doux, tendres et langoureux. À toutes ces interruptions il regarde Alceste. ALCESTE. Nous verrons bien. ORONTE. L'espoir... Je ne sais si le style 310 Pourra vous en paraître assez net et facile, Et si du choix des mots vous vous contenterez. ALCESTE. Nous allons voir, Monsieur. ORONTE. Au reste, vous saurez Que je n'ai demeuré qu'un quart d'heure à le faire. ALCESTE. Voyons, Monsieur ; le temps ne fait rien à l'affaire. ORONTE. 315 L'espoir, il est vrai, nous soulage, Et nous berce un temps notre ennui ; Mais, Philis, le triste avantage, Lorsque rien ne marche après lui ! PHILINTE. Je suis déjà charmé de ce petit morceau. ALCESTE. 320 Quoi ? Vous avez le front de trouver cela beau ? ORONTE. Vous eûtes de la complaisance ; Mais vous en deviez moins avoir, Et ne vous pas mettre en dépense Pour ne me donner que l'espoir. v.305, celebre scena del sonetto. “C’est une dame” è un elemento biografico. →Da notare nella punteggiatura l’esitazione di Oronte. | Antitesi: “Vers pompeux”-“doux, tendres”. Il paradosso di Oronte sta nel commentare il proprio sonetto (in una poetica del secondo Seicento) 1.FUTURO (“Nous verrons”) “Le style”: prima presenta la forma, poi lo stile, appunto. | E poi il lessico, “mots”. 2.FUTURO IMMEDIATO (“Nous allons voir”) “Ne… que”: avvalora i versi, oltre che l’ego. 3. PRESENTE (“Voyons”) Incipit con “l’espoir”, tipico della poesia galante. Inoltre l’elemento biografico del v.305 diventa generale.| Riempitivi come “Il est vrai”| “Ennui” nel Seicento è l’ennui pascaliano, l’uomo incapace di stare nel presente. | “marche”: banalizzazione con espressione trita. Il “déjà” esprime approvazione senza ancora aver sentito il tutto: è il primo suo intervento con cui mette subito in atto la sua politica civile “Complaisance”, campo semantico che qui si lega all’amore e non alla flaterie. “Mettre en dépense”, banalizzazione con termini triti. Il finale (e fine verso) sull’espoir, così come aveva iniziato (e a inizio verso). 47 PHILINTE. 325 Ah ! Qu'en termes galants ces choses-là sont mises ! ALCESTE, bas, à Ph. Morbleu ! Vil complaisant, vous louez des sottises ? ORONTE. S'il faut qu'une attente éternelle Pousse à bout l'ardeur de mon zèle, Le trépas sera mon recours. 330 Vos soins ne m'en peuvent distraire : Belle Philis, on désespère, Alors qu'on espère toujours. → PHILINTE. La chute en est jolie, amoureuse, admirable. ALCESTE, bas. La peste de ta chute ! Empoisonneur au diable, 335 En eusses-tu fait une à te casser le nez ! PHILINTE. Je n'ai jamais ouï de vers si bien tournés. ALCESTE. Morbleu ! ... ORONTE. Vous me flattez, et vous croyez peut-être... PHILINTE. Non, je ne flatte point. ALCESTE, bas. Et que fais-tu donc, traître ? ORONTE. Mais, pour vous, vous savez quel est notre traité : 340 Parlez-moi, je vous prie, avec sincérité. ALCESTE. Monsieur, cette matière est toujours délicate, Et sur le bel esprit nous aimons qu'on nous flatte. Mais un jour, à quelqu'un, dont je tairai le nom, Je disais, en voyant des vers de sa façon, 345 Qu'il faut qu'un galant homme ait toujours grand empire « Attente éternelle », iperbole; « Ardeur », iperbole ; « Trépas », iperbole. →Verso oggi quasi proverbiale. “Toujours”: antitesi nell’avverbio tra termini con la stessa radice (“désespère”-“espère”) | Crescendo di aggettivi. “Chute” ha due sensi: la chiusa del sonetto e il senso legato a “casser le nez”. Il possessivo “ta” sottolinea la responsabilità di un giudizio su Philinte. Si noti la STICOMITIA: parte dialogica del in cui due attori recitano alternativamente un verso per ciascuno. Nella commedia questa si concentra sulla rivelazione dei caratteri. Il “bel esprit” è un’invenzione seicentesca che indica la persona che brilla o vuole brillare (riprende il v.307). | Alceste riporta allo stile indiretto le sue stesse parole. – “Qu’il faut”, “Qu’il doit”, tono prescrittivo generale: si parla ora di ESTETICA e non di ETICA (vedi il passaggio dai “je veux” all’impersonale). 50 Acte II A discapito delle sue convinzioni, Alceste non resiste di fronte all’amore per Célimène, la coquette per eccellenza. Nonostante le reprimende che Alceste le fa, la donna rifiuta di cambiare, controbattendo che Alceste non è fatto per la società. Scène première: Alceste, Célimène ALCESTE. Madame, voulez-vous que je vous parle net ? De vos façons d'agir je suis mal satisfait ; Contre elles dans mon coeur trop de bile s'assemble, 450 Et je sens qu'il faudra que nous rompions ensemble. Oui, je vous tromperais de parler autrement ; Tôt ou tard nous romprons indubitablement ; Et je vous promettrais mille fois le contraire, Que je ne serais pas en pouvoir de le faire. CÉLIMÈNE. 455 C'est pour me quereller donc, à ce que je vois, Que vous avez voulu me ramener chez moi ? ALCESTE. Je ne querelle point ; mais votre humeur, Madame, Ouvre au premier venu trop d'accès dans votre âme : Vous avez trop d'amants qu'on voit vous obséder, 460 Et mon coeur de cela ne peut s'accommoder. CÉLIMÈNE. Des amants que je fais me rendez-vous coupable ? Puis-je empêcher les gens de me trouver aimable ? Et lorsque pour me voir ils font de doux efforts, Dois-je prendre un bâton pour les mettre dehors ? ALCESTE. 465 Non, ce n'est pas, madame, un bâton qu'il faut prendre, Mais un coeur à leurs voeux moins facile et moins tendre. Je sais que vos appas vous suivent en tous lieux; Il discorso di Alceste è retoricamente strutturato: 1) ESORDIO (ribadisce il proprio ethos di uomo sincero ed espone la situazione); Nella prima parte il campo lessicale è: “parler net” vs. “tromper”. + Registro giudiziario (l’atto di accusa) vv. 466-474: esposizione del problema 51 Mais votre accueil retient ceux qu'attirent vos yeux ; Et sa douceur offerte à qui vous rend les armes 470 Achève sur les coeurs l'ouvrage de vos charmes. Le trop riant espoir que vous leur présentez Attache autour de vous leurs assiduités ; Et votre complaisance un peu moins étendue De tant de soupirants chasserait la cohue. 475 Mais au moins dites-moi, Madame, par quel sort Votre Clitandre a l'heur de vous plaire si fort ? Sur quel fonds de mérite et de vertu sublime Appuyez-vous en lui l'honneur de votre estime? Est-ce par l'ongle long qu'il porte au petit doigt 480 Qu'il s'est acquis chez vous l'estime où l'on le voit ? Vous êtes-vous rendue, avec tout le beau monde, Au mérite éclatant de sa perruque blonde ? Sont-ce ses grands canons qui vous le font aimer ? L'amas de ses rubans a-t-il su vous charmer ? 485 Est-ce par les appas de sa vaste rhingrave Qu'il a gagné votre âme en faisant votre esclave? Ou sa façon de rire et son ton de fausset Ont-ils de vous toucher su trouver le secret ? CÉLIMÈNE. Qu'injustement de lui vous prenez de l'ombrage ! 490 Ne savez-vous pas bien pourquoi je le ménage, Et que dans mon procès, ainsi qu'il m'a promis, Il peut intéresser tout ce qu'il a d'amis ? ALCESTE. Perdez votre procès, madame, avec constance, Et ne ménagez point un rival qui m'offense. CÉLIMÈNE. 495 Mais de tout l'univers vous devenez jaloux. ALCESTE. C'est que tout l'univers est bien reçu de vous. CÉLIMÈNE. C'est ce qui doit rasseoir votre âme effarouchée, v.475, rottura con il “Mais” e segue poi l’argomentazione (=NARRATIO) “Non” e “Mais” strutturano il discorso + l’aggancio dello stile epidittico (descrittivo) con il giudiziario: si tratta di un RITRATTO, ossia in cui i due generi porta sull’elogio o sul biasimo e il ritratto è parte integrante del discorso. Qui il ritratto è esteriore, dove ciò che viene messo in luce non è neanche il fisico, ma il modo di acconciarsi (i capelli, il tono della voce in falsetto, ecc). Termine onnipresente è “coeur”. Il campo lessicale di Alceste (“facilité, tendresse”, ecc) è opposto a quello che vuole mantenere. Alceste ha nella commedia un processo che perderà (in seguito ad aver insultato il sonetto di Oronte). Qua veniamo a sapere che Célimène si avvale dell’aiuto di Clitandre per farsi raccomandare in un altro processo in cui è coinvolta in prima persona. v.493, imperativo usato da Alceste Quello che per Alceste è un difetto, l’être aimable, per Célimène è una qualità di pregio nel rapporto amoroso. Il gioco di Alceste è sempre tra l’un e tout l’univers. 52 Puisque ma complaisance est sur tous épanchée ; Et vous auriez plus lieu de vous en offenser, 500 Si vous me la voyiez sur un seul ramasser. ALCESTE. Mais moi, que vous blâmez de trop de jalousie, Qu'ai-je de plus qu'eux tous, Madame, je vous prie ? CÉLIMÈNE. Le bonheur de savoir que vous êtes aimé. ALCESTE. Et quel lieu de le croire à mon coeur enflammé? CÉLIMÈNE. 505 Je pense qu'ayant pris le soin de vous le dire, Un aveu de la sorte a de quoi vous suffire. ALCESTE. Mais qui m'assurera que, dans le même instant, Vous n'en disiez peut-être aux autres tout autant ? CÉLIMÈNE. Certes, pour un amant, la fleurette est mignonne, 510 Et vous me traitez là de gentille personne. Hé bien ! Pour vous ôter d'un semblable souci, De tout ce que j'ai dit je me dédis ici, Et rien ne saurait plus vous tromper que vous- même : Soyez content. ALCESTE. Morbleu ! Faut-il que je vous aime ? 515 Ah ! Que si de vos mains je rattrape mon coeur, Je bénirai le ciel de ce rare bonheur ! Je ne le cèle pas, je fais tout mon possible À rompre de ce coeur l'attachement terrible ; Mais mes plus grands efforts n'ont rien fait jusqu'ici, 520 Et c'est pour mes péchés que je vous aime ainsi. Secondo momento in cui Alceste è stato “distingué” (ora nell’amore, mentre prima era nei rapporti sociali). La domanda che si fa è perché Célimène l’ha scelto tra tanti. v.520, compare il personaggio tragico. “Coeur” è sempre presente. Il “fond du coeur” delle terre incognite (La Rochefoucauld). 55 905 Non que j'y croie, au fond, l'honnêteté blessée : Me préserve le ciel d'en avoir la pensée ! Mais aux ombres du crime on prête aisément foi, Et ce n'est pas assez de bien vivre pour soi. Madame, je vous crois l'âme trop raisonnable, 910 Pour ne pas prendre bien cet avis profitable, Et pour l'attribuer qu'aux mouvements secrets D'un zèle qui m'attache à tous vos intérêts. CÉLIMÈNE. Madame, j'ai beaucoup de grâces à vous rendre : Un tel avis m'oblige, et loin de le mal prendre, 915 J'en prétends reconnaître, à l'instant, la faveur, Par un avis aussi qui touche votre honneur ; Et comme je vous vois vous montrer mon amie En m'apprenant les bruits que de moi l'on publie, Je veux suivre, à mon tour, un exemple si doux, 920 En vous avertissant de ce qu'on dit de vous. En un lieu, l'autre jour, où je faisais visite, Je trouvai quelques gens d'un très rare mérite, Qui, parlant des vrais soins d'une âme qui vit bien, Firent tomber sur vous, Madame, l'entretien. 925 Là, votre pruderie et vos éclats de zèle Ne furent pas cités comme un fort bon modèle: Cette affectation d'un grave extérieur, Vos discours éternels de sagesse et d'honneur, Vos mines et vos cris aux ombres d'indécence 930 Que d'un mot ambigu peut avoir l'innocence, Cette hauteur d'estime où vous êtes de vous, Et ces yeux de pitié que vous jetez sur tous, Vos fréquentes leçons, et vos aigres censures Sur des choses qui sont innocentes et pures, 935 Tout cela, si je puis vous parler franchement, Madame, fut blâmé d'un commun sentiment. À quoi bon, disaient-ils, cette mine modeste, Et ce sage dehors que dément tout le reste ? Elle est à bien prier exacte au dernier point ; 940 Mais elle bat ses gens, et ne les paye point. Dans tous les lieux dévots elle étale un grand zèle ; le monde”, essendo però al contempo anche la visione di Arsinoé stessa. vv.910-913, IPOCRISIA: dire quello che non è. vv.914-915, “prendre” e “prétends”: assonanza v.925, « pruderie », « zèle » : siamo in pieno Tartuffe (qui in versione femminile). v.935, qui Célimène adotta lo stesso “franchement” del fidanzato Alceste. IL GIOCO È SPECULARE. 56 Mais elle met du blanc et veut paraître belle. Elle fait des tableaux couvrir les nudités ; Mais elle a de l'amour pour les réalités. 945 Pour moi, contre chacun je pris votre défense, Et leur assurai fort que c'était médisance ; Mais tous les sentiments combattirent le mien ; Et leur conclusion fut que vous feriez bien De prendre moins de soin des actions des autres, 950 Et de vous mettre un peu plus en peine des vôtres ; Qu'on doit se regarder soi-même un fort long temps, Avant que de songer à condamner les gens ; Qu'il faut mettre le poids d'une vie exemplaire Dans les corrections qu'aux autres on veut faire; 955 Et qu'encor vaut-il mieux s'en remettre, au besoin, À ceux à qui le ciel en a commis le soin. Madame, je vous crois aussi trop raisonnable, Pour ne pas prendre bien cet avis profitable, Et pour l'attribuer qu'aux mouvements secrets 960 D'un zèle qui m'attache à tous vos intérêts. ARSINOÉ. À quoi qu'en reprenant on soit assujettie, Je ne m'attendais pas à cette repartie, Madame, et je vois bien, par ce qu'elle a d'aigreur, Que mon sincère avis vous a blessée au coeur. CÉLIMÈNE. 965 Au contraire, Madame ; et si l'on était sage, Ces avis mutuels seraient mis en usage : On détruirait par là, traitant de bonne foi, Ce grand aveuglement où chacun est pour soi. Il ne tiendra qu'à vous qu'avec le même zèle 970 Nous ne continuions cet office fidèle, Et ne prenions grand soin de nous dire, entre nous, Ce que nous entendrons, vous de moi, moi de vous. ARSINOÉ. Ah ! Madame, de vous je ne puis rien entendre: C'est en moi que l'on peut trouver fort à reprendre. vv.958-960, ripresa delle parole di Arsinoé, lì dove lo spettatore si aspetta una difesa. Al contrario ACCUSA&DIFESA corrispondono. L’accusa di Célimène stupisce Arsinoé. v.970, “office” nel doppio senso anche religioso vv.973.974, nega sé stessa. 57 CÉLIMÈNE. 975 Madame, on peut, je crois, louer et blâmer tout, Et chacun a raison suivant l'âge ou le goût. Il est une saison pour la galanterie ; Il en est une aussi propre à la pruderie. On peut, par politique, en prendre le parti, 980 Quand de nos jeunes ans l'éclat est amorti : Cela sert à couvrir de fâcheuses disgrâces. Je ne dis pas qu'un jour je ne suive vos traces : L'âge amènera tout, et ce n'est pas le temps, Madame, comme on sait, d'être prude à vingt ans. v.975, “louer”&“blâmer”: siamo nell’epidittico | Forse una delle fonti di questo brano è Stances à Marquise di Corneille («Marquise, si mon visage / A quelques traits un peu vieux, / Souvenez-vous qu’à mon âge / Vous ne vaudrez guère mieux»), che ispirò anche George Brassens per la canzone, nel cui finale Corneille viene mandato a quel paese dalla Marquise. Acte IV Arsinoé, cercando di conquistarlo, mostra ad Alceste dei biglietti d’amore che Célimène ha inviato a diversi uomini (compreso Oronte), con lo stesso contenuto. Acte V Alceste dà un ultimatum a Célimène: la perdonerà se fuggirà con lui in esilio, ma lei si rifiuta, ritenendosi troppo giovane e bella per lasciare la società. Nel frattempo, Philinte si fidanza con Éliante. Infine, Alceste sceglie l’esilio e l’opera si chiude con Philinte e la sua amata che accorrono per cercare di convincerlo a tornare. Scène IV: Acaste, Clitandre, Arsinoé, Philinte, Éliante, Oronte, Célimène, Alceste Tutti i personaggi sono sulla scena per il finale, come da consuetudine nel teatro classico. ARSINOÉ. Hé ! Croyez-vous, Monsieur, qu'on ait cette pensée, Et que de vous avoir on soit tant empressée ? Je vous trouve un esprit bien plein de vanité, 1730 Si de cette créance il peut s'être flatté. Le rebut de madame est une marchandise Dont on aurait grand tort d'être si fort éprise. Détrompez-vous, de grâce, et portez-le moins haut : Ce ne sont pas des gens comme moi qu'il vous faut ; 1735 Vous ferez bien encor de soupirer pour elle, Et je brûle de voir une union si belle. vv.1736-1747, Célimène sembra adattarsi alla 60 1795 Je m'en sens trop indigne, et commence à connaître Que le ciel pour ce noeud ne m'avait point fait naître ; Que ce serait pour vous un hommage trop bas Que le rebut d'un coeur qui ne vous valait pas ; Et qu'enfin... ÉLIANTE. Vous pouvez suivre cette pensée : 1800 Ma main de se donner n'est pas embarrassée ; Et voilà votre ami, sans trop m'inquiéter, Qui, si je l'en priais, la pourrait accepter. PHILINTE. Ah ! Cet honneur, Madame, est toute mon envie, Et j'y sacrifierais et mon sang et ma vie. ALCESTE. 1805 Puissiez-vous, pour goûter de vrais contentements, L'un pour l'autre à jamais garder ces sentiments! Trahi de toutes parts, accablé d'injustices, Je vais sortir d'un gouffre où triomphent les vices, Et chercher sur la terre un endroit écarté 1810 Où d'être homme d'honneur ont ait la liberté. PHILINTE. Allons, Madame, allons employer toute chose, Pour rompre le dessein que son coeur se propose. I due esempi della saggezza media che corrisponde all’etica e all’estetica seicentesca: Philinte ed Éliante. | + unico momento in cui Alceste si mostra generoso e fa gli auguri ai due innamorati. FINE non tragica, ma che vede l’allontanamento di Alceste dal mondo, reso in termini prettamente pascaliani (il quale parlava di un mondo “cavo e pieno d’immondizia”) | Il theatrum mundi è un ABISSO. 61 IL ROMANZO DEL SEICENTO Conclusasi l’epoca sanguinosa e inquieta delle guerre di religione, la produzione di romanzi aumenta: nel periodo compreso fra il 1600 e il 1660 vengono pubblicati infatti dai cinque ai sei romanzi l’anno, e ciò non è poco se si considera che solo un’esigua minoranza di persone era alfabetizzata. I grandi autori del romanzo francese secentesco sono Honoré d’Urfé, Madeleine e Georges de Scudéry, Paul Scarron, Charles Sorel e soprattutto Madame de La Fayette. Il francese “roman” deriva dal latino volgare “romanice loqui” (parlare in lingua volgare, romanza); contrazione = romanda (in Svizzera), il romanzo, la romanza, il Romanticismo, e così via.Nel Medioevo con ‘romanzo’ si intende un testo narrativo in versi o stanze assonanzate. Nel Seicento, l’Orlando Furioso di Ariosto e la Gerusalemme di Tasso sono ancora chiamati “romans”. Nello stesso secolo, in Francia, si assiste però alla trasposizione dai versi alla prosa, il che portò all’affermazione del romanzo come genere letterario indipendente. Tuttavia, vi sono delle differenze sostanziali tra il romanzo francese del primo Seicento e quello della seconda metà del secolo. I longs romans • Honoré d’Urfé, Astrée. Si tratta del romanzo pastorale più celebre, vasto e riuscito del secolo. Il cui nucleo narrativo – intorno ai protagonisti, Astrée e Céladon (v. il verde Céladon) – si estende per numerosi volumi e si chiude solo con una fine posticcia (infatti, non fu d’Urfé a terminare l’opera). L’Astrée, situata cronologicamente intorno al remoto V secolo d.C., è ambientata in una sorta di isola dorata nel Forez e presenta numerosi riferimenti alla società dell’epoca, in accordo alla tradizione letteraria europea del tempo (vedi l’Aminta di Tasso). Di grande importanza è la struttura di questo romanzo, la quale risulterà rilevante per tutta la prima metà del Seicento per i cosiddetti romans à tiroirs (letteralmente “romanzi a cassetti”): - Inizio in medias res (vedi la Clélie di Mlle de Scudéry, con il terremoto che separa i due innamorati). Si tratta di un elemento già presente nelle epopee; a differenza di queste, però, il romanzo non è codificato, sebbene ne adotti – in prosa – la struttura; - Le histoires intercalées. x y z a b c = i personaggi possono essere così indicati. Il lettore non sa niente di loro; saranno questi a presentarsi di volta in volta tramite analessi (appunto, i “tiroirs”). A partire da d’Urfé, i romanzi cosiddetti ‘longs’ svilupparono proprie caratteristiche: - Tutti i romanzi sono ambientati in epoche remote, ma i personaggi hanno caratteristiche e comportamenti della contemporaneità. Viene quindi messa in scena un’antichità posticcia, in cui si muovono pirati, fanciulle in difficoltà, ecc.; - Tutti i romanzi sono estremamente lunghi, principalmente composti da 10 volumi; - Tutti i romanzi contengono l’elemento “romanesque” (romanzesco), tipico delle peripezie – prettamente inverosimili – e la cui tematica essenziale è l’amore. Tipica è anche l’agnizione. Il romanzo verrò per questo preso di mira, in quanto non codificato (ESTETICA) e non morale (ETICA. Nella stessa Astrée, il protagonista maschile si ritrova con grande piacere tra i veli trasparenti delle fanciulline druidi). 62 La nouvelle Nella seconda metà del Seicento, la moda dei longs romans va scemando e si assiste al passaggio alla narrativa breve, sebbene rimasero alcuni elementi della letteratura precedente, tra cui le histoires intercalées (anche dette histoires exemplaires). Ci si sposta però verso la cosiddetta nouvelle, la quale possiede diverse qualificazioni, per lo più due: galante oppure historique. In genere, possiedono tutte caratteristiche comuni: - La struttura cambia, con un inizio e una fine ben definiti; - Spariscono gli episodi romanzeschi (e con questi le agnizioni e l’analessi); - Scompare la maschera di ambientazioni antiche posticce (nella Princesse de Clèves, l’autrice presenta un chiaro quadro storico sulla corte di Enrico II di Francia); - Cambia drasticamente la lunghezza dei romanzi. Tra questi, l’aspetto più importante è forse un diverso riannodarsi del rapporto con la storia: o siamo nella contemporaneità o comunque scompare l’inverosimile. Ma soprattutto: nei longs romans ciò che guida l’eroe è la provvidenza divina, mentre nella nouvelle è il protagonista a scegliere finalmente la propria strada. L’anti-roman Oltre ai primi due esempi, esiste un terzo tipo di romanzo, il cosiddetto anti-roman (o roman bourgeois): • Furetière, Le roman bourgeois: il primo grande romanzo su Parigi e sulla vita nella capitale; • Scarron, Le roman comique: qui con comique si intende ‘dei comici’. Il riferimento è a una troupe di attori che attraversava la Francia recitando presso le sedi dei signori (non vi sono problemi di analessi/prolessi); • Sorel, L’histoire comique de Francion: in questa sorta di roman d’apprentissage (o Bildungsroman), comique sta invece ad indicare un registro basso. Si parla di ‘antiromanzo’ in quanto, nonostante la narrazione in terza persona, vi sono dei lunghi interventi dell’autore la cui funzione è quella di mettere a nudo la finzione romanzesca (vedi anche Sterne in Inghilterra, con le sue pagine bianche o persino marmorizzate). In seguito, nel Settecento, il romanzo sarà di due tipi: gli pseudo-memoires (vedi Manon Lescaut di Prévost, 1731) e i romans par lettres (vedi Les liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos). Nel primo caso compare il topos del manoscritto ritrovato o la dinamica del “qualcuno racconta a qualcun altro”, come in Mérimée (autore di Carmen, 1845). Mérimée non usa il narratore onnisciente, il quale verrà messo definitivamente in crisi a fine Ottocento (a partire da Les lauriers sont coupés, 1887, di Dujardin, col primo esempio di flusso di coscienza), fino al nouvel roman sperimentale e a Proust con il rapporto ormai mutato tra Io narrante e lettore. 65 de Valentinois paraissaient partout, et elle paraissait elle−même avec tous les ajustements que pouvait avoir mademoiselle de La Marck, sa petite−fille, qui était alors à marier. La présence de la reine autorisait la sienne. Cette princesse était belle, quoiqu'elle eût passé la première jeunesse ; elle aimait la grandeur, la magnificence et les plaisirs. Le roi l'avait épousée lorsqu'il était encore duc d'Orléans, et qu'il avait pour aîné le dauphin, qui mourut à Tournon, prince que sa naissance et ses grandes qualités destinaient à remplir dignement la place du roi François premier, son père. L'humeur ambitieuse de la reine lui faisait trouver une grande douceur à régner ; il semblait qu'elle souffrît sans peine l'attachement du roi pour la duchesse de Valentinois, et elle n'en témoignait aucune jalousie ; mais elle avait une si profonde dissimulation, qu'il était difficile de juger de ses sentiments, et la politique l'obligeait d'approcher cette duchesse de sa personne, afin d'en approcher aussi le roi. Ce prince aimait le commerce des femmes, même de celles dont il n'était pas amoureux : il demeurait tous les jours chez la reine à l'heure du cercle, où tout ce qu'il y avait de plus beau et de mieux fait, de l'un et de l'autre sexe, ne manquait pas de se trouver. Jamais cour n'a eu tant de belles personnes et d'hommes admirablement bien faits ; et il semblait que la nature eût pris plaisir à placer ce qu'elle donne de plus beau, dans les plus grandes princesses et dans les plus grands princes. Madame Élisabeth de France, qui fut depuis reine d'Espagne, commençait à faire paraître un esprit surprenant et cette incomparable beauté qui lui a été si funeste. Marie Stuart, reine d'Écosse, qui venait d'épouser monsieur le dauphin, et qu'on appelait la reine Dauphine, était une personne parfaite pour l'esprit et pour le corps : elle avait été élevée à la cour de France, elle en avait pris toute la politesse, et elle était née avec tant de dispositions pour toutes les belles choses, que, malgré sa grande jeunesse, elle les aimait et s'y connaissait mieux que personne. La reine, sa belle−mère, et Madame, soeur du roi, aimaient aussi les vers, la comédie et la musique. Le goût que le roi François premier avait eu pour la poésie et pour les lettres régnait encore en France ; et le roi son fils aimant les exercices du corps, tous les plaisirs étaient à la cour. Mais ce qui rendait cette cour belle et majestueuse était le nombre infini de princes et de grands seigneurs d'un mérite extraordinaire. Ceux que je vais nommer étaient, en des manières différentes, l'ornement et l'admiration de leur siècle galanteria e torna il seicentesco “paraître” (mostrarsi). Si parla inoltre delle “belles personnes”: si tratta di un’iperbole che, applicata a tutti, appiattisce i personaggi, così come l’uso dei superlativi (“les plus beaux”, “les plus grands”). | Abbiamo una “galerie de portraits”. Le roi avait toujours aimé le connétable, et sitôt qu'il avait commencé à régner, il l'avait rappelé de l'exil où le roi François premier l'avait envoyé. La cour était partagée entre messieurs de Guise et le connétable, qui était soutenu des princes du sang. L'un et l'autre parti avait toujours songé à gagner la duchesse de Valentinois. Le duc d'Aumale, frère du duc de Guise, avait épousé une de ses filles ; le connétable aspirait à la même alliance. Il ne se contentait pas d'avoir marié son fils aîné avec madame Diane, fille du roi et d'une dame de Piémont, qui se fit religieuse aussitôt qu'elle fut accouchée. Ce mariage avait eu beaucoup d'obstacles, par les promesses que monsieur de Montmorency avait faites à mademoiselle de Piennes, une des filles d'honneur de la reine ; et bien que le roi les eût surmontés avec une patience et une bonté extrême, ce connétable ne 2^ PARTE: passaggio dall’apparire (esteriore) al fare (con gli intrighi di corte). Si passa infatti dalla meraviglia in cui tutti sono galanti a una svalutazione quando si analizza cosa fanno e come agiscono. Il campo lessicale è infatti 66 se trouvait pas encore assez appuyé, s'il ne s'assurait de madame de Valentinois, et s'il ne la séparait de messieurs de Guise, dont la grandeur commençait à donner de l'inquiétude à cette duchesse. Elle avait retardé, autant qu'elle avait pu, le mariage du dauphin avec la reine d'Écosse : la beauté et l'esprit capable et avancé de cette jeune reine, et l'élévation que ce mariage donnait à messieurs de Guise, lui étaient insupportables. Elle haïssait particulièrement le cardinal de Lorraine ; il lui avait parlé avec aigreur, et même avec mépris. Elle voyait qu'il prenait des liaisons avec la reine ; de sorte que le connétable la trouva disposée à s'unir avec lui, et à entrer dans son alliance, par le mariage de mademoiselle de La Marck, sa petite fille, avec monsieur d'Anville, son second fils, qui succéda depuis à sa charge sous le règne de Charles IX. quello del dissidio, della discordia “gagner”, “incertitude”, “s’appuyer”, “mépris” e soprattutto “partagée”: la corte è divisa in due. Il parut alors une beauté à la cour, qui attira les yeux de tout le monde, et l'on doit croire que c'était une beauté parfaite, puisqu'elle donna de l'admiration dans un lieu où l'on était si accoutumé à voir de belles personnes. Elle était de la même maison que le vidame de Chartres, et une des plus grandes héritières de France. Son père était mort jeune, et l'avait laissée sous la conduite de madame de Chartres, sa femme, dont le bien, la vertu et le mérite étaient extraordinaires. Après avoir perdu son mari, elle avait passé plusieurs années sans revenir à la cour. Pendant cette absence, elle avait donné ses soins à l'éducation de sa fille ; mais elle ne travailla pas seulement à cultiver son esprit et sa beauté ; elle songea aussi à lui donner de la vertu et à la lui rendre aimable. La plupart des mères s'imaginent qu'il suffit de ne parler jamais de galanterie devant les jeunes personnes pour les en éloigner. Madame de Chartres avait une opinion opposée ; elle faisait souvent à sa fille des peintures de l'amour ; elle lui montrait ce qu'il a d'agréable pour la persuader plus aisément sur ce qu'elle lui en apprenait de dangereux ; elle lui contait le peu de sincérité des hommes, leurs tromperies et leur infidélité, les malheurs domestiques où plongent les engagements ; et elle lui faisait voir, d'un autre côté, quelle tranquillité suivait la vie d'une honnête femme, et combien la vertu donnait d'éclat et d'élévation à une personne qui avait de la beauté et de la naissance. Mais elle lui faisait voir aussi combien il était difficile de conserver cette vertu, que par une extrême défiance de soi−même, et par un grand soin de È in questo theatrum mundi compare la bellezza senza pari di Mlle de Chartres, attraverso il personaggio materno (Mme de Chartres), sua prima guida. Qui – anche grammaticalmente parlando – la futura principessa è oggetto e quando è soggetto, lo è alla forma impersonale (“Il parut”). È dunque lodata attraverso il punto di vista della madre e in maniera esagerata; si tratta di una iper-iperbole. Viene avvalorata la BELLEZZA e la MENTE, ma soprattutto la VIRTÙ (pedagogia cristiana) e l’ÊTRE AIMABLE. Si tratta dunque dell’anti- mondanità per eccellenza, col rifiuto della corte che preannuncia il futuro ritiro spirituale di Mlle de Chartres. In questo brano abbiamo anche l’implicita presenza dell’autrice («l’on doit croire» che precede una riflessione morale a metà paragrafo, «La plupart des mères s'imaginent qu'il suffit de ne parler jamais de galanterie devant les jeunes personnes pour les en éloigner»). Si noti l’opinione di Mme de Chartres con la contrapposizione tra virtù e amore, quest’ultimo “agréable” ma “dangereux” (forme di manicheismo), a cui si allaccia un’immagine pericolosa dell’uomo: un libertino. Infine, PERORATIO: difficoltà nel prendere la ‘strada stretta’ ma giusta della virtù (è sempre 67 s'attacher à ce qui seul peut faire le bonheur d'une femme, qui est d'aimer son mari et d'en être aimée. Cette héritière était alors un des grands partis qu'il y eût en France ; et quoiqu'elle fût dans une extrême jeunesse, l'on avait déjà proposé plusieurs mariages. Madame de Chartres, qui était extrêmement glorieuse, ne trouvait presque rien digne de sa fille ; la voyant dans sa seizième année, elle voulut la mener à la cour. Lorsqu'elle arriva, le vidame alla au−devant d'elle ; il fut surpris de la grande beauté de mademoiselle de Chartres, et il en fut surpris avec raison. La blancheur de son teint et ses cheveux blonds lui donnaient un éclat que l'on n'a jamais vu qu'à elle ; tous ses traits étaient réguliers, et son visage et sa personne étaient pleins de grâce et de charmes. meglio avere “défiance de soi-même”, diffidare di sé stessi). TEMPO: imperfetto (durata). Vi è poi una descrizione fisica tipica della fanciulla: candore della pelle (“blancheur”) e capelli biondi. Si intuisce che la madre, tanto pia, è in realtà ambiziosa (“glorieuse”). Importante è “il fut surpris” (si pensi a Marivaux con la Surprise de l’amour)→ è questo l’effetto che ha sugli altri, compreso M. de Clèves in occasione del loro primo incontro. Le lendemain qu'elle fut arrivée, elle alla pour assortir des pierreries chez un Italien qui en trafiquait par tout le monde. Cet homme était venu de Florence avec la reine, et s'était tellement enrichi dans son trafic, que sa maison paraissait plutôt celle d'un grand seigneur que d'un marchand. Comme elle y était, le prince de Clèves y arriva. Il fut tellement surpris de sa beauté, qu'il ne put cacher sa surprise ; et mademoiselle de Chartres ne put s'empêcher de rougir en voyant l'étonnement qu'elle lui avait donné. Elle se remit néanmoins, sans témoigner d'autre attention aux actions de ce prince que celle que la civilité lui devait donner pour un homme tel qu'il paraissait. Monsieur de Clèves la regardait avec admiration, et il ne pouvait comprendre qui était cette belle personne qu'il ne connaissait point. Il voyait bien par son air, et par tout ce qui était à sa suite, qu'elle devait être d'une grande qualité. Sa jeunesse lui faisait croire que c'était une fille ; mais ne lui voyant point de mère, et l'Italien qui ne la connaissait point l'appelant madame, il ne savait que penser, et il la regardait toujours avec étonnement. Il s'aperçut que ses regards l'embarrassaient, contre l'ordinaire des jeunes personnes qui voient toujours avec plaisir l'effet de leur beauté ; il lui parut même qu'il était cause qu'elle avait de l'impatience de s'en aller, et en effet elle sortit assez promptement. Monsieur de Clèves se consola de la perdre de vue, dans l'espérance de savoir qui elle était ; mais il fut bien surpris quand il sut qu'on ne la connaissait point. Il demeura si touché de sa beauté, et de l'air modeste qu'il avait remarqué dans ses actions, qu'on peut dire qu'il conçut pour elle dès ce moment une Da notare il riferimento a Caterina de’ Medici all’inizio, la quale portò in Francia con sé diverse figure (tra cui si dice stregoni che la aiutassero a sconfiggere i nemici). Abbiamo poi una cosiddetta SCÈNE DE PREMIÈRE VUE. All’incontro tra i Clèves, vi è il topos del primo incontro, in cui esplode la “surprise”, “l’étonnement”, “l’admiration” (campo lessicale + l’iperbole topica del colpo di fulmine). Mlle de Chartres non è più solo oggetto, ma è comunque ancora molto limitata (“elle sortit”); resta per lo più oggetto della vista, mentre il suo agire è meccanico (a parte per il “rougir”). Per il resto non fa che entrare e uscire dalla gioielleria. È anonima: non la conosce il gioielliere, non la conosce M. de Clèves (ripetizione per 3 volte di “qui ne la connaissait point”). |+ METAFORA: l’incontro avviene in un negozio di pietre preziose. Lo “éclat”, la luce splendente qui ripresa di Mlle de Chartres, pietra tra le pietre. 70 galant et d'extraordinaire. Madame de Clèves revint chez elle, l'esprit si rempli de tout ce qui s'était passé au bal, que, quoiqu'il fût fort tard, elle alla dans la chambre de sa mère pour lui en rendre compte ; et elle lui loua monsieur de Nemours avec un certain air qui donna à madame de Chartres la même pensée qu'avait eue le chevalier de Guise. Le lendemain, la cérémonie des noces se fit. Madame de Clèves y vit le duc de Nemours avec une mine et une grâce si admirables, qu'elle en fut encore plus surprise. Les jours suivants, elle le vit chez la reine dauphine, elle le vit jouer à la paume avec le roi, elle le vit courre la bague, elle l'entendit parler ; mais elle le vit toujours surpasser de si loin tous les autres, et se rendre tellement maître de la conversation dans tous les lieux où il était, par l'air de sa personne et par l'agrément de son esprit, qu'il fit, en peu de temps, une grande impression dans son cœur. (le anonimità e la corte come il diamante più importante). TEMPO: passato remoto. IL MODELLO NARRATIVO evocato dall’ambiente della corte è quello della FIABA: principe&prin-cipessa, il ballo. Non ci sarà tuttavia il lieto fine. [“Fable” con la maiuscola significa mitologia; le “conte de fées” è la fiaba. Nel Seicento abbiamo Perrault, prima ancora dei Grimm]. «Le lendemain», «les jours suivants»→ si tratta in generale di una dimensione in cui temps du récit e temps de l’histoire coincidono (a differenza dei longs romans con l’analessi). | Vi è quindi una linearità cronologica. Troisième partie − Je vois bien, dit monsieur de Nemours, que l'on ne peut être dans un plus grand embarras que celui où vous êtes, et il faut avouer que vous le méritez. On m'a accusé de n'être pas un amant fidèle, et d'avoir plusieurs galanteries à la fois ; mais vous me passez de si loin, que je n'aurais seulement osé imaginer les choses que vous avez entreprises. Pouviez−vous prétendre de conserver madame de Thémines en vous engageant avec la reine ? et espériez−vous de vous engager avec la reine et de la pouvoir tromper ? Elle est italienne et reine, et par conséquent pleine de soupçons, de jalousie et d'orgueil ; quand votre bonne fortune, plutôt que votre bonne conduite, vous a ôté des engagements où vous étiez, vous en avez pris de nouveaux, et vous vous êtes imaginé qu'au milieu de la cour, vous pourriez aimer madame de Martigues, sans que la reine s'en aperçût. Vous ne pouviez prendre trop de soins de lui ôter la honte d'avoir fait les premiers pas. Elle a pour vous une passion violente : votre discrétion vous empêche de me le dire, et la mienne de vous le demander ; mais enfin elle vous aime, elle a de la défiance, et la vérité est contre vous. Nel corso della storia, Mme de Clèves è un personaggio possibile e passivo che però prende progressivamente possesso di sé. “Peut-être”: modalizzazioni. Sono utilizzate figure retoriche, applicabili sia alla poesia sia alla prosa. Quella del romanzo è un’epoca di incertezze e di ignoranza. → Emerge nel dialogo (indiretto) tra Mme e M. de Clèves. Il “repos” è centrale già da adesso. 71 Elle avait ignoré jusqu'alors les inquiétudes mortelles de la défiance et de la jalousie ; elle n'avait pensé qu'à se défendre d'aimer monsieur de Nemours, et elle n'avait point encore commencé à craindre qu'il en aimât une autre. Quoique les soupçons que lui avait donnés cette lettre fussent effacés, ils ne laissèrent pas de lui ouvrir les yeux sur le hasard d'être trompée, et de lui donner des impressions de défiance et de jalousie qu'elle n'avait jamais eues. Elle fut étonnée de n'avoir point encore pensé combien il était peu vraisemblable qu'un homme comme monsieur de Nemours, qui avait toujours fait paraître tant de légèreté parmi les femmes, fût capable d'un attachement sincère et durable. Elle trouva qu'il était presque impossible qu'elle pût être contente de sa passion. "Mais quand je le pourrais être, disait−elle, qu'en veux−je faire ? Veux−je la souffrir ? Veux−je y répondre ? Veux−je m'engager dans une galanterie ? Veux−je manquer à monsieur de Clèves ? Veux−je me manquer à moi−même ? Et veux−je enfin m'exposer aux cruels repentirs et aux mortelles douleurs que donne l'amour ? Je suis vaincue et surmontée par une inclination qui m'entraîne malgré moi. Toutes mes résolutions sont inutiles ; je pensai hier tout ce que je pense aujourd'hui, et je fais aujourd'hui tout le contraire de ce que je résolus hier. Il faut m'arracher de la présence de monsieur de Nemours ; il faut m'en aller à la campagne, quelque bizarre que puisse paraître mon voyage ; et si monsieur de Clèves s'opiniâtre à l'empêcher ou à en vouloir savoir les raisons, peut−être lui ferai−je le mal, et à moi−même aussi, de les lui apprendre." Elle demeura dans cette résolution, et passa tout le soir chez elle, sans aller savoir de madame la dauphine ce qui était arrivé de la fausse lettre du vidame. Il pensiero dell’autrice emerge riguardo la gelosia: la gelosia si configura in lei come un atto di coscienza. “Il faut” è molto presente, insieme a numerose interrogazioni: monologo. − Ne craignez point, Madame, reprit monsieur de Clèves, je connais trop le monde pour ignorer que la considération d'un mari n'empêche pas que l'on ne soit amoureux de sa femme. On doit haïr ceux qui le sont, et non pas s'en plaindre ; et encore une fois, Madame, je vous conjure de m'apprendre ce que j'ai envie de savoir. − Eh bien, Monsieur, lui répondit−elle en se jetant à ses genoux, je vais vous faire un aveu Silenzio nel dialogo tra i due coniugi: bisogno di prendere una decisione. -> elemento teatrale. TEMA: la vita, non solo esterna, ma interiore. Sentimento & Azione + Virtù. Le azioni non sono virtuose. La testa fra le mani→ simbolo della malinconia. “J’ai envie de savoir”: l’incapacità di M. de Clèves di capire. Contrapposizioni : Mme & M. de Clèves ; Etre&Paraitre. 72 que l'on n'a jamais fait à son mari, mais l'innocence de ma conduite et de mes intentions m'en donne la force. Il est vrai que j'ai des raisons de m'éloigner de la cour, et que je veux éviter les périls où se trouvent quelquefois les personnes de mon âge. Je n'ai jamais donné nulle marque de faiblesse, et je ne craindrais pas d'en laisser paraître, si vous me laissiez la liberté de me retirer de la cour, ou si j'avais encore madame de Chartres pour aider à me conduire. Quelque dangereux que soit le parti que je prends, je le prends avec joie pour me conserver digne d'être à vous. Je vous demande mille pardons, si j'ai des sentiments qui vous déplaisent, du moins je ne vous déplairai jamais par mes actions. Songez que pour faire ce que je fais, il faut avoir plus d'amitié et plus d'estime pour un mari que l'on en a jamais eu ; conduisez−moi, ayez pitié de moi, et aimez−moi encore, si vous pouvez. Lorsque ce prince fut parti, que madame de Clèves demeura seule, qu'elle regarda ce qu'elle venait de faire, elle en fut si épouvantée, qu'à peine put−elle s'imaginer que ce fût une vérité. Elle trouva qu'elle s'était ôté elle−même le coeur et l'estime de son mari, et qu'elle s'était creusé un abîme dont elle ne sortirait jamais. Elle se demandait pourquoi elle avait fait une chose si hasardeuse, et elle trouvait qu'elle s'y était engagée sans en avoir presque eu le dessein. La singularité d'un pareil aveu, dont elle ne trouvait point d'exemple, lui en faisait voir tout le péril. Cependant monsieur de Nemours était sorti du lieu où il avait entendu une conversation qui le touchait si sensiblement, et s'était enfoncé dans la forêt. Ce qu'avait dit madame de Clèves de son portrait lui avait redonné la vie, en lui faisant connaître que c'était lui qu'elle ne haïssait pas. Il s'abandonna d'abord à cette joie ; mais elle ne fut pas longue, quand il fit réflexion que la même chose qui lui venait d'apprendre qu'il avait touché le coeur de madame de Clèves le devait persuader aussi qu'il n'en recevrait jamais nulle marque, et qu'il était impossible d'engager une personne qui avait recours à un remède si extraordinaire. Il sentit pourtant un plaisir sensible de l'avoir réduite à cette extrémité. Il trouva de la gloire à s'être fait aimer d'une femme si différente de toutes celles de son sexe ; enfin, il se trouva cent fois heureux et 1^ PARTE : Mme de Clèves DICE a suo marito nelle vesti di un’eroina-> si costruisce attraverso le parole (“Jamais fait à son mari”) Gérard Genette, critico del XX secolo, mette sotto accusa il romanzo riguardo la vraisemblance: un dialogo simile non corrisponde alla realtà storica del secondo Seicento. La sincerità di lei è una caratteristica moderna, non accettata al tempo. “Quelque dangereux”: appunto, un’eroina. Mme de Clèves: ascesa verso l’eroina ; M. de Clèves : perde il potere di marito (e quindi in casa). L’interiorità di lei è toccata da un sentimento che non appartiene al marito. Mme de Clèves non espone mai tutta la sua interiorità. Sono marcate le forme impersonali “Epouvantée” evidenzia un’azione eccezionale, non ordinaria. Lei rispetta la virtù di suo marito Ego maschile: M. de Nemours, dopo aver ascoltato la conversazione = estremità. « Une femme si différente de toutes celles de son sexe » 75 −− Je l'ai su par vous−même, Madame, répondit−il ; mais, pour me pardonner la hardiesse que j'ai eue de vous écouter, souvenez−vous si j'ai abusé de ce que j'ai entendu, si mes espérances en ont augmenté, et si j'ai eu plus de hardiesse à vous parler. Il commença à lui conter comme il avait entendu sa conversation avec monsieur de Clèves ; mais elle l'interrompit avant qu'il eût achevé. −− Ne m'en dites pas davantage, lui dit−elle ; je vois présentement par où vous avez été si bien instruit. Vous ne me le parûtes déjà que trop chez madame la dauphine, qui avait su cette aventure par ceux à qui vous l'aviez confiée. Monsieur de Nemours lui apprit alors de quelle sorte la chose était arrivée. −− Ne vous excusez point, reprit−elle ; il y a longtemps que je vous ai pardonné, sans que vous m'ayez dit de raison. Mais puisque vous avez appris par moi−même ce que j'avais eu dessein de vous cacher toute ma vie, je vous avoue que vous m'avez inspiré des sentiments qui m'étaient inconnus devant que de vous avoir vu, et dont j'avais même si peu d'idée, qu'ils me donnèrent d'abord une surprise qui augmentait encore le trouble qui les suit toujours. Je vous fais cet aveu avec moins de honte, parce que je le fais dans un temps où je le puis faire sans crime, et que vous avez vu que ma conduite n'a pas été réglée par mes sentiments. −− Croyez−vous, Madame, lui dit monsieur de Nemours, en se jetant à ses genoux, que je n'expire pas à vos pieds de joie et de transport ? −− Je ne vous apprends, lui répondit−elle en souriant, que ce que vous ne saviez déjà que trop. −− Ah ! Madame, répliqua−t−il, quelle différence de le savoir par un effet du hasard, ou de l'apprendre par vous−même, et de voir que vous voulez bien que je le sache ! −− Il est vrai, lui dit−elle, que je veux bien que vous le sachiez, et que je trouve de la douceur à vous le dire. Je ne sais même si je ne vous le dis point, plus pour l'amour de moi que pour l'amour de vous. Car enfin cet aveu n'aura point de suite, et je suivrai les règles austères que mon devoir m'impose. −− Vous n'y songez pas, Madame, répondit monsieur de Nemours ; il n'y a plus de devoir qui vous lie, vous êtes en liberté ; et si j'osais, je vous dirais même qu'il dépend de vous de faire Mme de Clèves “interrompit” Ancora, CACHER-AVOUER → è la dichiarazione d’amore ACTION vs. SENTIMENT già espresse da lei Le aveus sono accompagnate da indicazioni teatrali (lui in ginocchio ecc) Nemours è contento che Mme de Clèves abbia piacere a dirglielo -> il piacere di lei a confessare, mentre con il marito l’aveva fatto soffrendo. | è la prima volta che la prise de parole è per Mme de Clèves un piacere Campo lessicale: dovere, regole austere | Poi tutto viene spezzato dalla confessione che non ci sarà seguito alla loro relazione. Clèves aveva accusato la moglie di averlo ucciso. La causa viene però riportata su Nemours ad opera di Mme de Clèves. M. de Clèves vedeva in lei la causa DIRETTA, mentre ora non sembra lei quella diretta, ma l’object du conflit. 76 en sorte que votre devoir vous oblige un jour à conserver les sentiments que vous avez pour moi. −− Mon devoir, répliqua−t−elle, me défend de penser jamais à personne, et moins à vous qu'à qui que ce soit au monde, par des raisons qui vous sont inconnues. −− Elles ne me le sont peut−être pas, Madame, reprit−il ; mais ce ne sont point de véritables raisons. Je crois savoir que monsieur de Clèves m'a cru plus heureux que je n'étais, et qu'il s'est imaginé que vous aviez approuvé des extravagances que la passion m'a fait entreprendre sans votre aveu. −− Ne parlons point de cette aventure, lui dit−elle, je n'en saurais soutenir la pensée ; elle me fait honte, et elle m'est aussi trop douloureuse par les suites qu'elle a eues. Il n'est que trop véritable que vous êtes cause de la mort de monsieur de Clèves ; les soupçons que lui a donnés votre conduite inconsidérée lui ont coûté la vie, comme si vous la lui aviez ôtée de vos propres mains. Voyez ce que je devrais faire, si vous en étiez venus ensemble à ces extrémités, et que le même malheur en fût arrivé. Je sais bien que ce n'est pas la même chose à l'égard du monde ; mais au mien il n'y a aucune différence, puisque je sais que c'est par vous qu'il est mort, et que c'est à cause de moi. −− Ah ! Madame, lui dit monsieur de Nemours, quel fantôme de devoir opposez−vous à mon bonheur ? Quoi ! Madame, une pensée vaine et sans fondement vous empêchera de rendre heureux un homme que vous ne haïssez pas ? Quoi ! j'aurais pu concevoir l'espérance de passer ma vie avec vous ; ma destinée m'aurait conduit à aimer la plus estimable personne du monde ; j'aurais vu en elle tout ce qui peut faire une adorable maîtresse ; elle ne m'aurait pas haï, et je n'aurais trouvé dans sa conduite que tout ce qui peut être à désirer dans une femme ? Car enfin, Madame, vous êtes peut−être la seule personne en qui ces deux choses se soient jamais trouvées au degré qu'elles sont en vous. Tous ceux qui épousent des maîtresses dont ils sont aimés, tremblent en les épousant, et regardent avec crainte, par rapport aux autres, la conduite qu'elles ont eue avec eux ; mais en vous, Madame, rien n'est à craindre, et on ne trouve que des sujets d'admiration. N'aurais−je envisagé, dis−je, une si grande félicité, que pour vous y voir apporter vous−même des obstacles ? Ah ! LITOTE : “Ne haïssez pas” (già usato) – dire « non tu odio » per non dire un più diretto “ti amo” Nemours fa la stessa distinzione che aveva fatto Clèves tra ‘marito’ e ‘amante’, che qui diventa però tra ‘moglie’ (femme) e ‘amante’ (maîtresse) → si tratta di un’opinione dell’autrice: un uomo che sposa l’amante, ha paura che lei possa tradirlo con un altro. 77 Madame, vous oubliez que vous m'avez distingué du reste des hommes, ou plutôt vous ne m'en avez jamais distingué : vous vous êtes trompée, et je me suis flatté. −− Vous ne vous êtes point flatté, lui répondit−elle ; les raisons de mon devoir ne me paraîtraient peut−être pas si fortes sans cette distinction dont vous vous doutez, et c'est elle qui me fait envisager des malheurs à m'attacher à vous. −− Je n'ai rien à répondre, Madame, reprit−il, quand vous me faites voir que vous craignez des malheurs; mais je vous avoue qu'après tout ce que vous avez bien voulu me dire, je ne m'attendais pas à trouver une si cruelle raison. −− Elle est si peu offensante pour vous, reprit madame de Clèves, que j'ai même beaucoup de peine à vous l'apprendre. −− Hélas ! Madame, répliqua−t−il, que pouvez−vous craindre qui me flatte trop, après ce que vous venez de me dire ? −− Je veux vous parler encore avec la même sincérité que j'ai déjà commencé, reprit−elle, et je vais passer par−dessus toute la retenue et toutes les délicatesses que je devrais avoir dans une première conversation, mais je vous conjure de m'écouter sans m'interrompre. "Je crois devoir à votre attachement la faible récompense de ne vous cacher aucun de mes sentiments, et de vous les laisser voir tels qu'ils sont. Ce sera apparemment la seule fois de ma vie que je me donnerai la liberté de vous les faire paraître ; néanmoins je ne saurais vous avouer, sans honte, que la certitude de n'être plus aimée de vous, comme je le suis, me paraît un si horrible malheur, que, quand je n'aurais point des raisons de devoir insurmontables, je doute si je pourrais me résoudre à m'exposer à ce malheur. Je sais que vous êtes libre, que je le suis, et que les choses sont d'une sorte que le public n'aurait peut−être pas sujet de vous blâmer, ni moi non plus, quand nous nous engagerions ensemble pour jamais. Mais les hommes conservent−ils de la passion dans ces engagements éternels ? Dois−je espérer un miracle en ma faveur et puis−je me mettre en état de voir certainement finir cette passion dont je ferais toute ma félicité ? Monsieur de Clèves était peut−être l'unique homme du monde capable de conserver de l'amour dans le mariage. Ma destinée n'a pas voulu que j'aie pu profiter de ce bonheur ; peut−être aussi que sa “Sans m’interrompre”: presa di parola definitiva che spiega le ragioni della scelta presa. – Ormai Mme de Clèves è “devenue”, non ha bisogno di scusarsi, bensì prende la parola e basta. È ‘sujet’ della parola in senso completo. SCÈNE D’AVEU ET D’ADIEU. Struttura dell’aveu : - aveu stesso - «je veux vous parler » « L’amour dans le mariage » : senza ostacoli la passione svanisce. Il rifiuto di lei rende vivo l’amore di lui -> lessico metaforico del ‘combat’ 80 IL SETTECENTO FRANCESE Esemplare, nel passaggio dal Seicento al Settecento, è l’opera di Paul Hazard la Crise de la conscience européenne (1935), in cui vengono messi in luce alcuni aspetti del mutamento che avvierà al secolo dei Lumi. Si tratta di una messa in discussione di Cartesio stesso, di cui si rifiuta il pensiero metafisico: l’accusa è rivolta al fatto che Cartesio non abbia rinnegato completamente la metafisica. Concretamente, la revoca dell’Editto di Nantes (= editto di Fontainebleau, 1685) darà libero sfogo a un’intransigenza religiosa che si concretizzerà nella distruzione dell’Abbazia di Port-Royal des Champs. A livello ideologico, ci si avvicina all’empirismo e alla querelle des Anciens et des Modernes, una polemica nata nell'Académie française, portata avanti soprattutto da Fontenelle, il quale propose la divulgazione di una cultura scientifica: è così che i Modernes, capaci di vedere più lontano, hanno la meglio nel lungo conflitto. Per scrittori quali Pierre Bayle, autore di un grande dizionario, vi è una rimessa in questione delle certezze scientifiche. Non a caso, Bayle utlizzava dei renvois (rinvii), con cui nel dizionario si rimandava, per questioni scomode, a voci (entrée) secondarie. La sua critica riguardava la superstizione; in questo senso i renvois potevano evitare la censura (vedi il testo sulla cometa). L’avanzamento delle scienze resterà in effetti per lungo tempo bloccato – si pensi a Galileo. Un vero cambiamento avverrà con la caduta dell’Ancien Régime e del système de Law (dei soldi). Dunque, a giocare un ruolo centrale sarà anche la nascita di un nuovo sistema economico. IL ROMANZO DEL SETTECENTO Nel Settecento la poesia scompare: non si parla più di “poètes”, ma di “versificateurs”. A eccezione della poesia didattica – tornerà alla fine del secolo con André Chénier –, il genere poetico passa dunque in secondo piano rispetto alla prose d’idées, ai contes philosophique (come Candide). Proprio il testo “filosofico” (erede dei moralistes e dei rifiutatori della metafisica), tende ora verso il materialismo (appunto, l’empirismo) e l’osservazione scientifica: sono questi gli anni dell’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert (nella quale vengono tra l’altro usati i renvois, come nel caso di Bayle). Ma l’interesse scientifico non si manifesta solo nella ricerca: l’Enciclopedia stessa è di grande interesse anche per l’“artigianato tecnico” (ad esempio, pagine e pagine sono dedicate alle parrucche). JEAN-JACQUES ROUSSEAU→ - Nel XVIII secolo, centrale è la recherche du bonheur, individuale e sociale (vedi l’Emile - 1762 - il più grande testo pedagogico del secolo). - In generale, nel Settecento, per il romanzo si può parlare di roman d’idées: dietro la storia vi è sempre un’idea che legittima il pensiero dell’autore. - Vi è poi l’importanza della sensibilité (vedi Les Rêveries du promeneur solitaire, 1782). - Rousseau è poi contro il progresso, il cui ordine viene messo in questione (Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes, 1755; il Contrat Social, 1762). 81 - Nasce l’idea di una demolizione del teatro, sostituito da “fêtes” che riunissero attori e pubblico. Montesquieu aveva parlato del lusso come un bene; Rousseau rimpiazzerà tale visione con quella di una “fête populaire”. - Per tracciare un parallelo con la Princesse de Clèves, si pensi alle Confessions (1782): l’eccezionalità iperbolica del tutto, ma la centralità del “moi”. Il roman libertin • Crébillon fils, Les Égarements du coeur et de l’esprit: scritto alla prima persona, si narra di un maestro libertino della Parigi del tempo. Ciò che viene insegnato al giovane inesperto è di conquistare senza farsi problemi: si può parlare dunque di un’opera didattica, ma nell’ottica di una felicità legata all’alta società; • Vivant Denon, Point de lendemain: Denon attraverserà tutti i regimi e organizzerà diverse mostre al Louvre, dove oggi si trova un padiglione a lui dedicato. Il suo romanzo narra la storia di una seduzione che si svolge in una sola notte. Scritto in prima persona, è caratterizzato da una forte modernità nello stile e nel non imporre una morale, fin dall’incipit. Il roman à lettres Les liaisons dangereuses di Chaderlos de Laclos è esemplare del genere epistolare. Vi sono comunque delle distinzioni da fare. In opere come Les lettres portugaises (Le lettere di una monaca portoghese) il punto di vista è solo uno e non vi è uno scambio. E ancora, le lettere possono anche presentare una visione sociologica, come nelle Lettres persanes (1721) di Montesquieu, con lo sguardo sull’Europa attraverso la lente di un occhio estraneo ed ingenuo e per questo sempre sorpreso. I faux mémoires I faux mémoires (o pseudo-mémoires) sono romanzi che fingono di essere le memorie di qualcuno. Un grande esempio è dato da Manon Lescaut dell’Abbé Prévost. 82 ANTOINE FRANÇOIS PRÉVOST (1697 – 1763) L'abate Prévost è il narratore che rappresenta il punto di riferimento del romanzo settecentesco, sintesi originale delle tendenze narrative che lo hanno preceduto, interprete sensibile della sofferenza che arreca la passione amorosa. MANON LESCAUT (1731) Dal titolo completo Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut, l’opera rappresenta l’ultimo volume del romanzo Mémoires d’un Homme de Qualité. Tutto il problema è nella questione di autore, narratore e i rapporti che tra i due si istituiscono (a partire dall’avis de l’auteur). Avis de l’Auteur Emerge il concetto di “utile et agréable”, con la ripresa dell’utile et dulci oraziano, oltre al riferimento alla recherche du bonheur e l’evocazione del vecchio otium litteratum. Si parla inoltre di exemple e di modèle (“L’ouvrage entier est un traité de morale, réduit agréablement en exercice). | Viene tracciata una differenza tra i precetti della morale (astratti) e la loro messa in pratica con l’esperienza (concreta). Ciò che resta è l’esempio: non bisogna formulare regole, bensì presentare esempio (sia modelli sia contro-modelli). L’Abbé Prévost presenta dunque questo testo come un trattato morale sottoforma di esercizio narrativo. Si tratta di una giustificazione, in quanto a scrivere è un uomo di chiesa: ecco la necessita del ‘sospetto’ con cui raggirare la già presente reticenza nei confronti del romanzo come genere non codificato. DISCORSO SULLA DIEGESI (da Figure III, G. Genette) Un narratore può essere: • Extradiegetico-eterodiegetico: narratore di 1° grado che racconta una storia da cui è assente (è il caso del narratore onnisciente); • extradiegetico-omodiegetico: narratore di 1° grado che racconta la propria storia (come nella Recherche di Proust, o Renoncourt in Manon Lescaut); • intradiegetico-eterodiegetico: narratore di 2° grado che racconta una storia da cui è assente (è il caso del Decameron di Boccaccio); • intradiegetico-omodiegetico: narratore di 2° grado che racconta la propria storia (come nel caso di des Grieux in Manon Lescaut.
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