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Letteratura francese Vol. 1 Dalle origini al Settecento - Landi - Riassunto per capitoli, Appunti di Letteratura Francese

riassunto capitolo per capitolo del libro "Letteratura francese . Vol. 1 . Dalle origini al Settecento", a cura di Michela Landi.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 01/06/2023

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Scarica Letteratura francese Vol. 1 Dalle origini al Settecento - Landi - Riassunto per capitoli e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! IL SETTECENTO Quando Luigi XIV (il Re Sole) muore, nel 1715, gli succede il bisnipote di soli 5 anni, Luigi XV. La reggenza (1715-1723), sotto Filippo D’Orléans è considerata, insieme alla Belle Epoque, uno dei periodi più felici della storia francese.  RIC! Luigi XIV: prese personalmente il potere segnando la fine delle grandi rivolte che avevano segnato i decenni precedenti, impose l'obbedienza a tutti gli ordini della popolazione e il controllo anche sulla religione. Fino alla morte fu convinto assertore di una monarchia di tipo assolutistico e della legittimità dei diritti divini del monarca. Continuò inoltre l'opera dei suoi predecessori nel tentativo di creare uno Stato sempre più centralizzato governato direttamente dalla capitale: Parigi. È l’epoca in cui Versailles perde il suo potere (come rappresentato da Proust in “Le temps retrouvé”), sfavorito dalla capitale; è l’epoca delle feste galanti immortalate da Verlaine; del Rococò (ex/ Boucher e Watteau), che con lo sfumato e le curve rappresentava la leggerezza senza peccato cui molti aspiravano; di una maggiore libertà di costumi, cui si associa una maggiore libertà economica (i fisiocrati favoriscono la produzione di beni, piuttosto che import ed export e introducono il liberismo economico, in cui lo stato deve ridurre al massimo il suo intervento nel mercato). Colbert, ministr delle finanze del periodo di Luigi XIV, aveva attuato una politica centralizzante e restrittiva, ma avendo chiesto alle parti in causa consigli per far rinascere l’economia, si era sentito dire in risposta “laissez-nous faire”, cui motto fu ripreso successivamente dal ministro del commercio Vincent de Gournay, che promosse il libero scambio. Questa fase apre ad una nuova mentalità: il benessere del singolo è necessario al benessere sociale. Il liberismo si svilupperà poi con Leibniz e con le teorie di Adam Smith e la sua mano invisibile (la provvidenza divina fa sì che la ricerca del proprio benessere porti vantaggio a sé e agli altri), che daranno vita al capitalismo. 1. L’ORIENTALISMO: Tra settecento e ottocento l’America è la terra del rinnovamento filosofico e politico, il Settecento inizia con l’esplorazione reale o immaginaria dell’Oriente: nel 1644 venne fondata la Compagnia francese delle Indie Orientali, diverse colonie francese si insediarono nel territorio indiano, si diffusero i viaggi in oriente -> fascino per l’Oriente / orientalismo. Di fronte a tale novità ci furono due tendenze: fiabesca e immaginaria (da Le Mille e una Notte, di Galland) e realistica filosofica (Es. Lettres Persanes di Montesqieu). - Antoine Galland era un erudito che apprese greco e latino e venne nominato ambasciatore di Francia a Costantinopoli dal sultano ottomano. Viaggiò in Asia Minore, Siria e Palestina, dove acquisisce manoscritti (per arricchire la biblioteca di Luigi XIV, che lo nomina suo antiquario ufficiale) e oggetti, redige un diario di viaggio e apprende diverse lingue medio-orientali (turco, persiano e arabo). Celebre la sua opera De l’origine et du progrès du café, che illustrava la bevanda sempre più diffusa in occidente. Al ritorno in Francia insegna arabo e collabora alla traduzione di una serie di racconti orientali, che prenderanno poi il nome di Les Milles et Une Nuits, opera che lo accompagnerà alla sua morte, nel 1715 (come il Re Sole). Il manoscritto, giunto dal libano, è già una traduzione all’arabo di un corpus misto di 3 tradizioni: indo-persiana, araba e egiziana; ad esso Galland aggiungerà diversi racconti, o che gli furono narrati durante il viaggio (come Sindbad le marin), o inventati (come Ali Baba et les 40 voleurs). In diversi racconti lui adatta alla cultura occidentale la cultura orientale, come l’adattamento in chiave mondana e galante della principessa Shéhérazade. Per interessare il pubblico francese, Galland aveva preso a modello le fiabe di Madame d’Aulnoy, una delle più celebri autrici di fiabe del 600. Nel 1704 uscì il primo degli undici volumi di Les MIlles et une Nuits (l’ultimo nel 1717), che interessarono anche i filologi per i manoscritti rari. - Ancor prima che il mondo venisse esplorato c’era la ricerca di realismo, che portò allo sviluppo dei romanzi epistolari di viaggiatori orientali in occidente. Essi vedono come protagonisti personaggi che trascorrono un periodo di tempo in un territorio a loro estraneo e, caratterizzati da una grande curiositas, inviano lettere ad amici e familiari rimasti in patria, in cui raccontano il loro giudizio su quanto osservato, confrontandolo con il conosciuto. Le Lettres Persanes di Montesquieu hanno inaugurato il genere, ma si basano su un racconto precedente, L’esploratore turco – Marana. Le costanti tematiche di questo genere sono la dialettica tra natura e società e la trasformazione del personaggio orientale in selvaggio, in cui il desiderio di regressione dell’Occidente si va a identificare. Di questi racconti si sono viste molte rivisitazioni, come la continuazione dell’opera di Marana, fatta da Defoe (A continuation of letters written by a Turkish spy at Paris), e Lyttelton, che si richiama a Montesquieu nell’opera Letters from a Persian in England to his friends in Ispahan, entrambe della prima metà del 1700. Solo alla fine del secolo compare la traduzione francese del testo inglese: L’Espion dans les cours des princes chretiens. L’estremo oriente inizia ad affascinare l’Europa più tardivamente: mentre Voltaire faceva della Cina confuciana un modello di tolleranza, nasceva la figura dell’”espion chinois”. Il romanzo epistolare trionfava con le Lettres Chinoises di D’Argens, et Le Citoyen du Monde. Prassi ricorrente in tutte queste opere è il travestimento: anche il turco di Marana, con il ruolo di spione, viaggia sotto mentite spoglie, idea ripresa poi anche da Montesquieu, che lo userà come risorsa filosofica ed ermeneutica “comment peut-on etre persans?” dal punto di vista parigino? Nasce, con l’orientalismo, lo spirito critico moderno e l’alterità. 1. IL TEATRO GALANTE: MARIVAUX Adolphe Jullien, nella premessa a La comédie et la galanterie au XVIIIe siècle au théâtre, dans le monde, en prison , presenta la relazione tra galanteria e commedia: egli afferma che la commedia e la galanteria all’inizio del 17° secolo (per le condizioni sociali favorevoli) sono il passatempo preferito di ambi sessi, che oltre a assistere spesso recitavano anche. In questa premessa egli inserisce il termine “maridauvage” come caratteristica del XVIII secolo, che si riferisce al grande protagonista del teatro di questo periodo, Marivaux. Il “maridauvage” è stato definito come “una ricerca nel linguaggio e nello stile, nell’analisi e l’espressione dei sentimenti. In senso lato, si intende “un atteggiamento o discorso di delicata galanteria, ricercata e sottile, spesso in ambito amoroso”. In questo periodo, quindi, ci sono due costanti letterarie nella cultura francese: il preziosismo, che proviene dal mondo cortese e passa attraverso la galanteria e i salotti del Seicento fino ad arrivare al secolo dei Lumi, e lo spirito critico, polemico, pamphlétaire, spesso burlesco e parodico, di stampo borghese e realista, che prende di mira la letteratura seria. Marivaux incarna entrambe queste anime (il che verrà ripreso da De Musset, che ripropone ne “Les caprices de Marianne”, due personaggi antitetici). La documentazione biografica su Marivaux è molto lacunosa: si sa che era di famiglia nobile e che studiò diritto, arriva a Parigi, dove frequenta molti salotti, che lo allineano inizialmente alla preziosità moderna nello stile di Watteau (che Verlaine rivisita), che tratti di argomenti seri o amorosi. È forte sostenitore della modernità e scrive cronache giornalistiche polemiche (come su Le Spectateur Français) e opere burlesche e parodiche (come Télémaque travesti, Iliade travestie, Pharsamon e il Prince travesti). Rovinato dalla bancarotta del Law nel 1720 (cui fa riferimento anche Montesquieu nelle Lettres Persanes), è uno dei primi autori a vivere della propria penna, dando vita al mestiere della letteratura. Egli lavora per gli “italiens”, fornendo soggetti tipicamente francesi, nella cosiddetta lingua “della conversazione” (es Arlequin poli par l’amour, in cui il rustico Arlecchino diventa un raffinato uomo di mondo e un seduttore). Il tratto più caratteristico della penna di Marivaux è la fusione tra elementi “bouffons” ed elementi lirico-sentimentali e fu accusato di utilizzare una lingua troppo spuria e neologismi (es. ha creato l’espressione “tomber amoureux”). Riconosciuto come l’inventore della “commedia sentimentale”, in cui fa convergere il mimetico alto (mondo nobiliare) e basso (mondo borghese e popolare), la cui trama prevede uno scambio di personaggi, un rovesciamento di ruoli sociali, il quid pro quo, la focalizzazione interna e la ricongiunzione finale. Le Jeu de l’Amour et du hasard, commedia in tre atti e prosa, forse la più celebre, venne rappresentata per la prima volta dagli “Italiens” all’Hotel de Bourgogne. In essa troviamo un borgese che ha promesso sia figlia in sposa ad un amico, concede alla figlia di vedere il futuro marito travestita da serva, non sapendo però che il protagonista sembra svolgere il ruolo dell'autore E alla fine della quinta parte si rivolge al lettore comunicando che lo intratterrà nella sesta parte con attori e attrici molto in voga. Tuttavia a questo punto Marivaux torna a scrivere la Vie de Marianne siglando una stretta interrelazione tra le opere, un vero e proprio parallelismo tra i due itinerari attraverso Parigi. Nel caso dei Memoires et Aventures d’un homme de qualité qui s’est rétiré du monde, di Prévost, romanzo à tiroirs, in cui i singoli quadri narrativi si imbrigliano l'uno nell'altro, non vi è che il settimo e ultimo volume che ha superato le insidie del tempo E ha incontrato l'empatia di un lettorato soprattutto femminile. In esso si tratta di eroi ed eroine maledette del quotidiano, espressione di un desiderio che veniva controllato. La decadenza che conosce la coppia a causa di un desiderio condannato dalla legge morale ha lo scopo di edificare il lettore e dall'altro lato il lettorato desidera il desiderio. Da un lato il romanzo fu criticato per l'eccessiva immaginazione e pathos che mettevano in discussione il realismo finalistico dell'opera, ma dall'altro la storia breve catturò l'attenzione del pubblico, diventando un capolavoro della letteratura europea. Manon Lescaut Vuoi un romanzo di formazione che tratta dell'ascensione morale dei protagonisti, direttamente proporzionale al triste destino cui vanno incontro a seguito della loro passione. Il romanzo volge alla catastrofe e trae una parte del suo fascino da un profitto proibito è un ignoto che non è solo morale, ma anche geografico: vergini territori d'oltreoceano. Le Americhe, conquistate dai francesi, avevano il fascino ambiguo di una terra al contempo posseduta e sconosciuta ed è lì che la Francia cerca nuovi modelli. Nell'opera, un Cavaliere, caduto vittima di una seduzione, rinuncia a tutto per fuggire con una donna destinata al convento a causa della sua eccessiva propensione al piacere; i due amanti vanno a Parigi, la capitale dei sogni, dove il Cavaliere per soddisfare i capricci dall'amata ricorre alle più svariate strategie (gioco e prestiti) vo rovinandosi, mentre lei non esita a tradirlo per soldi. Finiti in carcere per truffa e separati, i due si ritrovano ma continuano gli stessi obiettivi con gli stessi mezzi, vengono esiliati Negli Stati Uniti, dove il governatore della città si invaghisce della donna e l'uomo è costretto a sfidarlo a duello. Credendo di averlo ucciso, fuggono in mezzo ai boschi, dove la donna muore sfinita e l'uomo, tornato in Francia, torna alla carriera ecclesiastica. Prévost non vuole essere uno scrittore esatto, si rende conto che la quantità di aspetti della vita produrrebbe l'eleggibilità e quindi occorre fare una selezione e si richiama al docere delectando, invitando a inseguire la felicità nel senso morale e borghese del termine, le ricchezze materiali e naturali. In questo punto di vista l'amore è innocente perché è naturale e nulla si può contro il suo imperioso richiamo, ragione per cui Prévost ritiene che Dio perdoni l'uomo in ragione delle sue miserie. Inoltre, per l'autore l'animo femminile è un enigma e volerlo comprendere è il principio di una condanna. Altro elemento è l'importanza del denaro, il cinismo e gli arrampicatori sociali. Vi è certo nel romanzo una componente autobiografica: Prévost, di temperamento malinconico, è un ecclesiastico è un avventuriero che alterna la vita religiosa e quella militare; Entrò nell'ordine dei benedettini, ma abbandona il monastero senza autorizzazione e per questo riceve la condanna all'esilio dal re e fugge a Londra, poi nei Paesi Bassi e infine torna dai benedettini pubblicando opere senza sospetto di immoralità. Anche Voltaire era stato ricevuto in Inghilterra per e aveva fornito agli illuministi il modello grazie al suo sistema parlamentale. In Cleveland, titolo tratto da una città degli stati uniti, opera roman-mémoire, voi la natura ha una grande importanza e si pone l'accento su una discendenza fittizia (Cleveland e anche il presunto figliastro di Oliver cromwell, condottiere uomo politico inglese), inserendo l'enigma delle origini. 1. IL NUOVO LIBERTINISMO Il termine “bonheur”, derivato dal libertinismo filosofico seicentesco, assume insieme a quello di “natura” un ruolo rilevante nel Settecento. È proprio su questo concetto, secondo Mauzi, il perno attorno cui ruotano la cultura, l’uomo e la società del secolo dei Lumi, un periodo che va incontro a molti cambiamenti e contrasti, i quali vengono tenuti uniti da questo perno. La natura, invece, in questo contesto viene vista come ideale sostitutivo di Dio. Secondo Le Brun, il bonheur dei philosophes altro non è che una riconciliazione idilliaca, esistita in un tempo mitico, tra uomo e natura. Tuttavia, dagli anni 50 del secolo, la “quete du bonheur” viene vista sempre più come irraggiungibile e l’oscurità inizia a pervadere il periodo dei Lumi. Si inizia a parlare di “fausses lumières”, si iniziano a riprendere valori preromantici quali le emozioni non misurate. Questo periodo vede dunque una cultura poliedrica, con convergenze che danno vita alle “querelles des philosophes”, ovvero a aspre lotte ideologiche. Nel 1743 compare il manifesto dei Lumi, Le philosophe, attribuinile a Du Marsais anche se anonimo, che elogia l’uomo della ragione e del metodo critico, ma anche dell’osservazione e dell’esercizio dei sensi. Nel periodo di pubblicazione dell’emcyclopédie anche gli oppositori ai lumi prendono il nome di philosophes, i quali credevano che senza il Dio biblico non potesse mai esserci immoralità, il che è stato altamente criticato. Lo stesso termine “philosophes” potrebbe essere attribuito agli scrittori di testi libertini, che non sono riuniti in un’unica scuola e che si dedicano a singoli interventi. È per questo motivo che i curatori dell’Encyclopédie preferiscono al lemma “matérialisme” “naturalisme”, sul quale però il primo si imporrà inizialmente. In questo periodo, inoltre, i romanzi libertini godono dell’appellativo di “ouvrages philosophiques”, opponendosi ai “romans sentimentaux”, di ambito illuminista. Dunque, il romanzo è il genere prediletto dalle due correnti ideologicamente contrastanti. Il romanzo è da sempre il genere più libero da criteri formali e contenutistici -> mezzo più adeguato a esplorare il piacere e l’ambizione di conoscere la totalità del ondo. In questo contesto l’uomo non è più concepito solo come fedele o suddito ma come cittadino e singolo individuo, il romanziere è colui che detiene un “savoir sur la nature humaine” e il romanzo esprime “un libre rapport critique entre savoir et récit, vérité et fiction, dogme et imposture”. Nei termini del romanzo di formazione rientrano quindi il “roman sentimental”, sia il romanzo libertino, i quali hanno lo stesso obiettivo di “éclairer” e “intéresser” il pubblico per inviare il messaggio dei lumi -> “docere delectando”. I punti di contatto tra illumismo e libertinismo sono: il romanzo, la coscienza modernista sviluppatasi a seguito della cosiddetta “querelle des Anciens et des Modernes”, il razionalismo di eredità cartesana, ma rivisitato in chiave sensualista ed empirista, l’elezione della natura a modello della morale umana, principio e guida della felicità di tutti gli uomini. La “legge di natura” (giusnaturalismo) implica il rifiuto della teocrazia cattolica, sia della religione, sia del potere ecclesiastico. Il “naturalismo” assume tratti differenti da una corrente all’altra: per gli illuministi la natura ispira una virtù comprensiva tanto del piacere e dell’interesse del singolo quanto dell’utilità pubblica; mentre per i libertini la virtù sta nel seguire i desideri del singolo in quanto portatori della sola verità umana. Ancora, alcuni illuministi, come Diderot, accolgono il sensualismo come una delle fondamentali forme di affrancamento del soggetto dal principio di autorità. Vi è un sensualismo ascendente di matrice borghese, a sfondo più utilitaristico (la riproduzione) ed uno, ancora dominante. Raffinato e disinteressato, di matrice aristocratica. L’utilitarismo dei philosophes concepisce la libertà dei costumi, il libertinaggio, come uno spreco di energie, perché nel 700 esso portò conseguenze sulle spese pubbliche in termini di sanità, di polizia, di giustizia, così che il termine arrivo a designare la fascia più povera della popolazione. La nascente psichiatria fa rientrare tra le malattie sessuali anche l’omosessualità e ogni altra sorta di “mania” sessuale; tuttavia, il represso scatena il desiderio e il romanzo libertino rappresenta un piacere censurato e ottiene successo. Il recupero della componente sessualmente trasgressiva, nei testi libertini, ha una forte motivazione ideologica: ci si beffa dell’amore puro e sentimentale degli illuministi per scopi utilitaristici. L’autore libertino più radicale è Sade: “l’école du libertinage”, «les 120 journées de Sodome» … in queste opere egli rovescia il romanzo pedagogico, poiché riproduce le tappe della struttura narrativa del romanzo di formazione (iniziazione, esplorazione del mondo delle passioni, emancipazione, stato finale dell’evoluzione della persona…), ma le ripropone in forma negativa. 2. MORALISTI SETTECENTESCHI : VAUVENARGUES, CHAMFORT, JOUBERT In questo periodo si vede quindi un mutato atteggiamento nei contronti dell’uomo per il suo progressivo affermarsi in autonomia rispetto ad un sistema politico. In questo contesto emergono 3 moralisti: i. Luc-Clapiers de Vauvenargues (1715-1747), nobile che scrive all’epoca di Voltaire, quando il principio autoritario cominciava a vacillare. Egli si distinfu da La Rochefoucauld e da la Bruyère perché non crede nel potere della parola non corroborata dall’azione. Durante la sua vita, precocemente spezzata dal vaiolo, egli coniugò l’attività militare e la scrittura. Dopo una serie di delusioni in ambito militare, tuttavia, si dimise nel 1744 e si dedicò alla scrittura. Ne “Réflezions et maximes” egli si contrappone al pessimismo di Rochefoucault e alla tradizione moralistica francese che denunciava la vanità dell’uomo, narcisista e misero. Contrariamente a Rochefoucault, per il quale la virtù è un vizio mascherato, per Vauvenargues è sinonimo di forza, grandezza d’animo. Infine, egli afferma “la politique est la plus grande de toutes les sciences » « les vrais polotiques connaissent mieux les hommes que ceux qui font métier de la philosophie ». Per lui l’umanità è la prima delle virtù, non l’uomo. Baudelaire non amò Vauvenargues, così come non amò tutti i progressisti, fiduciosi nella natura umana. ii. Sébastien- Roch Nicolas, conosciuto sotto il nome di Chamfort (1741-1794) è il continuatore del pensiero positivo di Vauvenargues: nobiltà dell’azione, grandezza dell’uomo… egli imputò la miseria umana ad errori politici, e ne soffrì a tal punto da sfiorare il suicidio. Le sue “Maximes et pensées” furono pubblicate un anno dopo la morte. iii. Joseph Joubert (1754-1824), dapprima vicino ai philosophes, rinnegò poi la loro mondanità per ritirarsi a vita privata. La sua fama arrivò postuma e legata alla figura ottocentesca di Chateaubriand, il quale fece pubblicare le sue carte solo nel 1838. Egli è caratterizzato dalla presenza di sogno e illusione, dell’isolamento come condizione della scrittura -> autore preromantico. La vita stessa, però, può essere vista come un perpetuo conflitto con la scrittura. Tuttavia, dichiaratosi incapace di scrivere, non abbandonò mai la penna. La lacerazione tra il suo sogno di perfezione formale e il sentimento della propria inadeguatezza fanno di lui una delle figure emblematiche della “crisi dei lumi”. 3. IL ROMANZO EPISTOLARE Il Settecento è il secolo d’affermazione del romanzo borghese in Europa: un tipo di letteratura sempre meno interessata a narrare le gesta della classe nobile o a celebrare il passato glorioso di una nazione, ma volta a porre al centro dell’interesse la dimensione privata dell’esistenza e a rappresentare vicende spazio- temporali più vicine al lettore e ciò comporta la preponderanza dell’uso della prima persona. L’attenzione al mondo circostante è legata alla cultura dei Lumi e al suo empirismo: è l’esperienza che assurge a principio di conoscenza del mondo. Il romanzo diviene così uno spazio privilegiato per narrare le esperienze umane più svariate, per fantasticare e indagare sensazioni e passioni e per esperire il reale e trarne insegnamento. Nuove finalità implicano nuovi strumenti narrativi: si abbandona il romanzo avventuroso ed episodico à tiroirs e si inizia a prediligere l’unità di azione, ossia una trama più semplice ed essenziale, incentrata su una sola storia. Questo ritorno alla classicità è anche un modo per riabilitare la forma del romanzo spesso criticata per ragioni tanto morali quanto estetiche. Il romanzo stenta, infatti, ad essere accettato come genere letterario di primo ordine non solo per il fatto che tratta temi considerati immorali quali l'amore, ma anche perché non è annoverato tra i generi della retorica classica. Si rimprovera il genere di non possedere una discendenza letteraria nobile e di non rispettare i requisiti qualificati delle belles lettres. Anche alla fine del 700, nonostante questo genere si sarà definitivamente affermato con grandi autori, l'aggettivo romanzesco continuerà a conservare una connotazione negativa. romanzo epistolare In Italia dai primi dell'Ottocento sono le ultime lettere di Jacopo Ortis, di Foscolo dal 1802. 4. IL ROMANZO LIBERTINO Nelle Lettres de la Marquise di Crébillon fils, vediamo come l'autore rivendichi ironicamente, attraverso la voce solitaria della marchesa, il primato della spontaneità della natura, cui si contrapporrebbe l'artificio della scrittura. Il tema è simile a quello della Vie de Marianne di Marivaux, in cui L'ingenuità e passione della donna introduce la necessità di un ritorno alle origini sotto il segno della natura. Crébillon fils (1707-1777) è definito così anche se ha interamente oscurato il padre virgola che fu un poeta drammaturgo e membro dell’Académie française. Lui e il padre vengono definiti come due figure agli antipodi: il padre gigante, robusto, cupo e sanguigno e il figlio alto, magro, raffinato e amante delle donne. Tuttavia, egli non viene tanto rappresentato come un romanziere libertino, quanto come un romanziere che rappresenta dei libertini; Il suo fine non è di assecondare il lettore insinuando l'oscenità sotto il buon costume, bensì coloro che potrebbero trovare maggior piacere in questo gioco sono proprie destinatari della sua satira. Cionostante, è un anticonformista in politica, nella morale e nella religione e per questo è stato condannato all'esilio: La sua lotta contro l'ipocrisia cattolica arriva a qualificare il divino come “Grand Singe”. Per lui la libertà non è frutto di sistemi oppositivi, come fu la rivoluzione, bensì di una pluralità di aspetti e di punti di vista ed è per questo che ha adottato il sistema epistolare che, con la sua forma polifonica, moltiplica le prospettive. Il suo miglior risultato resta al romanzo epistolare monodico (una sola corrispondente) e in particolare le Lettres de la marquise. Egli non ama posizionamenti dogmatici e non crede alla bontà assoluta dalla natura, tutta la sua produzione contiene il cinismo, nichilismo e pessimismo naturalistico di La Rochefoucauld. Egli critica sia gli ecclesiastici che i libertini, opportunisti, non crede al lirismo e al trionfo sentimentale dell'amore, visto come un grande edificio di illusioni. Sei per alcuni aspetti Crébillon si avvicina a Marivaux, Per lui la maschera non è mai finalizzata alla definitiva rimozione e all'affermazione della verità, ciascuno la calza sempre bene in volto per necessità; inoltre, egli ridicolizza il sentimentalismo di Marivaux, mostrando come le schermaglie amorose nascondano il mero desiderio carnale. Se l'amore carnale è solo la parte più vile del libertino, vi è nel libertinismo intellettuale un grande piacere narcisistico che si ricava dal dominio sugli altri. Su questo aspetto, Crébillon anticipa Laclos e Il Marquis de Sade. Egli ripropone in forma parodica il grande tema borghese moderno, ovvero quello della riscoperta delle origini e la ricostituzione di una famiglia; nelle sue opere, quindi, si prende gioco della tradizione di Richardson. Crébillon e figlio tardivo di una epoca in decandenza, condannato al risentimento di fronte al mondo borghese che si affaccia sulla scena; comincia presto a scrivere, ma pubblica tardi. Un legame più stretto tra libero pensiero e liberi costumi sia con diderot, il quale, dopo Marivaux, è autore di un pamphlet in difesa delle donne (Sur les femmes, 1772), in cui prende in contropiede la prospettiva metafisica di Platone, poi ripresa dai padri della chiesa, secondo cui la donna è di un gradino inferiore all'uomo. Egli non esalta la donna in nome della sensibilità, ma in nome della scienza: molti sono gli studi medici che si soffermano sulla natura delle donne da un punto di vista scientifico. ´Fedele allo spirito dell’Encyclopedie, vv didero lamenta il fatto che le donne siano “plus contraintes et plus négligées” e ‘reduites au silence dans l’age adulte”. Tuttavia, il pamphlet e destinato a non aver seguito perché la mentalità borghese e protestante propenderà per l'atteggiamento di controllo morale del gentil sesso, che appariva necessario all'ordine sociale e al profitto economico. Nel 1748 egli pubblica il romanzo libertino dal titolo Les Bijoux indiscrets, In cui approfitta della pratica dello spostamento per ambientare una fantasia erotica in Oriente, che riscosse molto successo grazie all'immaginario delle Mille e una notte. Tuttavia, egli rinnegherà in parte questo romanzo, considerandolo il semplice frutto di una necessità di denaro. Il protagonista è un sultano che, come l'autore, si annoia mentre la sua “favorite” ha esaurito le risorse narrative per il suo divertimento; così, il un genio gli propone un anello magico, il bijoux indiscret, con cui la donna rivelerà “la partie la plus franche qui soit en elle”. Chi possiede il gioiello non può trattenersi dallo svelare i suoi segreti più intimi, liberando così le pulsioni femminili. Diderot rivisita il tema del desiderio femminile e della sua repressione in La Religieuse, scritto negli anni 80 ma pubblicato postumo nel 1796, dove L'autore assume la voce della protagonista (il racconto in prima persona è una forma ibrida tra memorie e romanzo epistolare) e rende conto delle pressioni familiari sociali, sentimentali e fisiche, che trasformano la normale ragazza in una suora patologica, costringendola ad una trasformazione fino a diventare una figura torbida, tra sadismo e misticismo. In esso la monacazione forzata assurge a metafora della condanna di ogni donna al controllo delle proprie pulsioni; così, e gli anticipa il tema poi studiato da Freud delle nevrosi femminili. Il tema della monacazione forzata e ricorrente nella storia della letteratura francese e ha anche grande risonanza nel diciottesimo secolo: La vie de Marianne, Marivaux e Paysanne parvenue di Mouhy. Tuttavia, la prerogativa di diderot e la compenetrazione di elementi psicologici e sociologici; in questo caso la liberazione delle pulsioni che comporta la liberazione dell'individuo rispetto alla legge. La protagonista dopo tutte le sventure vissute diventa una carnefice delirante responsabile della morte di tre consorelle. Si potrebbe parlare di quest'opera come un romanzo naturalista ante litteram virgola in cui la repressione del desiderio e l’affettività scatenano risentimento e malvagità. Spegni prende spunto da un processo intentato ad una suora, ma denuncia implicitamente la falsità del documento a scopi morali. Tuttavia, studi scientifici mostrano come la clausura produce forme patologiche di comportamento, come delirio individuale o collettivo. Anche Laclos, nelle Liaisons dangereuses introduce un tipo di clausura, sebbene diversa. Quest’ opera epistolare contiene degli aspetti legati a libertinismo, che si associa a spazi angusti e soffocanti, Opponendosi agli spazi aperti e borghesi di rousseau. Lo spazio chiuso e governato dalla menzogna e dall'ipocrisia sociale e mostrano una classe ormai limitata entro i ristretti spazi dei suoi privilegi. Il filo portante della trama virgola che si sviluppa attraverso 175 lettere è costituito dalle lettere che due ex amanti e compagni di libertinaggio si scambiano tra di loro. La donna rappresenta la menzogna, nonostante alla società appaia come una vedova rispettabile, mentre l'uomo ha la fama di seduttore. L'uomo pianifica di sedurre una virtuosa e casta donna, mentre la donna vorrebbe che il visconte seduce cesse una giovanissima promessa sposa di un suo ex amante di cui si vorrebbe vendicare. E entrambi riusciranno nel proprio scopo, ma cadono nel loro stesso inganno e si innamorano l'un l'altro e la gelosia porta alla morte dell'uomo in duello e la donna verrà smascherata in società è condannata alla solitudine. Il romanzo venne condannato per aver rivelato i vizi di una società corrotta, così come Baudelaire e Flaubert, che presero spunto da quest'opera per condannare l'ipocrisia morale del secolo borghese. Il pensiero Baudelaire prevede principalmente l'idea che sia meglio il male fatto con coscienza che il bene fatto per convenienza. Secondo lui, la donna è la vera protagonista del libro per essere più fredda e meno vittima del desiderio di gloria del suo antagonista. Sebbene essa si dica “née pour venger son sexe”, la sua soluzione del tutto personale e trionfa solo laddove le altre donne conservano la loro posizione subalterna. L'uomo, invece, somiglia al don Giovanni i alla ricerca del potere; ognuno dei due ha una rivincita da prendere sull'altro. L'unica figura borghese della donna conquistata dall'uomo cade vittima del vecchio cinico mondo aristocratico. Quest'opera è il romanzo dal risentimento di un rivoluzionario nei confronti della classe nobiliare, il cui potere discende dai privilegi non dai meriti poiché Laclos è un uomo d'armi come il padre. Suo contemporaneo ma di tutt'altro temperamento e Restif de la Bretonne (1734-1806), giornalista, filosofo e scrittore libertino che, destinato alla vita ecclesiastica, ne sfuggì e si dedicò a lavori di tipografia, si fece fama di grande seduttore e di frequentatore solitario della Parigi notturna. Ai suoi primi romanzi di stampo borghese, fecero seguito Le Paysan perverti (1776) e La Paysanne pervertie (1784), che lo resero famoso, insieme a Le Pornographe (1784) come autore libertino. Nota la sua fissazione erotica per i piedi femminili virgola che è all'origine del termine retifismo, essa si ripropone più volte nei suoi romanzi. Restif e Sade Si destarono è il primo propone una versione antifrastica della Justine sadiana. Il libertinismo di Restif e gioviale e goliardico, sanguigno e leggero, ben diverso da quello cupo e crudele del marchese. Egli non tollerava che piaceri della carne fossero indissolubilmente legati al dolore e alla morte, credeva invece che l'amore dovesse godere dei privilegi che offre all'uomo la natura, ridente e voluttuosa. Per la sua visione aperta verso la vita fu amato dai primi romantici, mentre Sade, pensatore radicale, darà avvio al filone della crudeltà, da Baudelaire, a Rimbaud e Lautréamont, ai surrealisti. Tuttavia, l'indignazione di Restif di fronte alle oscene opere di Sade si mostra più come un rivale fin troppo stimato piuttosto che un autore disprezzabile. La differenza tra le loro opere è dovuta anche dalla loro rispettiva estrazione sociale: Sade un aristocratico, mentre Restif è un uomo del popolo. Le opere del primo hanno luogo in castelli, mentre gli ambienti del secondo sono contadini o borghesi virgola che vivono il piacere dei sensi a contatto con la natura o nella vita quotidiana E per questo e vicino per molti aspetti al sentimentalismo borghese di Marivaux. Restif ama, come Rousseau, la verità pura e la trasparenza e non la menzogna propria di un'aristocrazia corrotta; più volte evoca il sogno di una vita comunitaria e della condivisione dei mezzi. 5. STORIE NATURALI. LE NUOVE FRONTIERE DELL’EPISTEMOLOGIA MODERNA Per molto tempo, il fissismo è stata la teoria biologica più accreditata è difesa dal pensiero scientifico e filosofico occidentale. Esso consiste nell'idea che tutte le specie, animali e vegetali, sarebbero destinate a rimanere sempre uguali a se stesse nel corso della storia dell'universo. Questa idea derivava da una particolare interpretazione letterale della Bibbia e in particolare del libro della genesi. Questo punto di vista dava la consolazione di un'immagine di ordine naturale assolutamente determinato e incorruttibile virgola che rispecchiava la magnanima volontà di Dio nei confronti dell'uomo. Fu solo con l'avvento delle prime teorie materialistiche, introdotte da pensatori come Diderot, che queste idee iniziarono a vacillare, fino ad arrivare alla consapevolezza di oggi che gli organismi mutano nel tempo. Prima, l'evoluzionismo costituiva un'eresia bella e buona, ma il dibattito porto a diverse visioni settecentesche della storia naturale: - Nel Traité du monde (1633) di Descartes, ci si interrogava su quali fossero le leggi della natura divina e si utilizzava per la prima volta un approccio alla materia sistematico e scientifico: . Il filosofo cerco di illustrare la causalità meccanica del creato attraverso le innovative teorie matematiche e geometriche del periodo, leggi universali che avevano il solo compito di individuare la dinamica della natura e non la sua essenza. Egli era convinto che l'opera di Dio fosse un mistero insondabile e insistette molto sui limiti conoscitivi del filosofo virgola che doveva limitarsi a rappresentare la creazione e non a spiegarla. - Più tardi, filosofi come Malebranche e Leibniz, persuasi anch'essi di poter ritrovare nell'ordine fisico del mondo la prova della saggezza della provvidenza, ampliarono il dibattito con l'introduzione della questione morale e finalistica: essendo Dio onnipresente nell'universo, la natura doveva essere per forza benigna. In quest'ottica lo studio della natura diventava il presupposto della bontà morale dell'uomo, che avvicina a Dio. - Persino l’economista Quesnay, nel gettare le basi del modello economico fisiocratici si appellava continuamente a questa tipologia di interpretazioni. - L'opera di Linneo, importantissima per lo sviluppo generale della storia delle scienze, si fondava esattamente su questi postulati metafisici. Nello specifico, per lo scienziato svedese la comprensione della natura doveva consistere anzitutto nella sua messa in ordine o classificazione e nella codifica di un nuovo linguaggio che permettesse di circoscriverne le componenti elementari. Il Systema Naturae (1735) segnava una tappa decisiva per l'istituzione della nuova storia naturale: rispetto ai generici bestiari del passato essa si concentrava sull'elaborazione di una rigida tassonomia dei corpi naturali, distinti in tre grandi regni – animale, vegetale e minerale - a loro volta suddivisi in classi, ordini, generi, e specie. Il suo scritto deve i suoi meriti soprattutto all'invenzione della nomenclatura binomiale, ancora oggi utilizzata, e del sistema classificatorio artificiale-sessuale dei vegetali. Il biologo tentava di collocare ogni cosa del mondo al proprio posto, basandosi sulle impostazioni metafisiche di fine 600 e inizio 700 per legittimare le proprie ricerche al fine dichiarato dimostrare la presenza dell'ordine sovrannaturale. L'attitudine religiosa si combinava così con l'osservazione metodica della natura, si voleva mostrare l'armonia sovrana della creazione e, in questo modo, l'opera venne accettata e il Papa Clemente XIV impose l'adozione del sistema tassonomico di Linneo in tutto lo stato pontificio; persino Rousseau si dichiarò un grande ammiratore della teologia creazionista del biologo. Tuttavia, l'opera fu anche oggetto di feroci attacchi che costituirono appunto di partenza per una ridefinizione radicale del concetto di natura. - E soprattutto nell'opera Histoire naturelle, générale et particulière di Georges-Louis Leclerc de Buffon (1749) che prese forma un'idea di storia naturale differente e anzi netta controtendenza spetta a quella di Linneo: secondo lui la scienza può legittimamente proporsi di spiegare il come delle cose e non il perché, classificare i minimi essere presenti in natura per cercare di rintracciarvi rompere le convenzioni, pensare nuovi modi per il perseguimento della felicità terrena e andare al di là dei canoni estetici del gusto. Tramite le loro argomentazioni, i philosophes dimostrano i contemporanei che nulla possiamo sapere al di là di quanto ci giunge dalle sensazioni. Si passa così dall’Homme machine (Descartes) a l’homme sensible. Ad esempio, si vede necessario lo studio pragmatico delle malattie, cercando cioè di individuare con maggiore determinatezza le cure necessarie a contrastarle, piuttosto che concedere ad astratto interpretazioni sulle loro origini come era consuetudine fare. La nuova mentalità pragmatica degli enciclopedisti contribuì inoltre ad invertire la tendenza, tipicamente di antico regime, alla gerarchizzazione delle arti e dei mestieri. Si estende l'indagine sperimentale alla totalità delle attività umane, interessandosi anche alle tecnologie industriali, rivalutando in questo modo i mestieri manuali e artigianali, ponendoli su uno stesso piano delle arti intellettuali. Il progresso delle tecniche coincide ora con il progresso del pensiero e il filosofo diventa colui che indaga e sbaglia virgola non è più colui che pensa e basta. L'enciclopedia espresse infine la forte volontà di riforma civile insita nella nuova ideologia illuminista della seconda metà del diciottesimo secolo: attraverso la liberazione materiale e morale degli uomini auspicata nelle pagine di quest'opera, i philosophes concepirono la filosofia come un potente mezzo emancipatori di azione pubblica. Rimettendo al centro l'azione dell'uomo, il progetto incontrava le aspirazioni del terzo stato. L'impegno culturale degli autori influenzò l'opinione pubblica è muto il modo di pensare ordinario in maniera definitiva. 10. LA DIALETTICA DEI LUMI E LO STRANIAMENTO. MONTESQUIEU, VOLTAIRE E DIDEROT. Con la definizione “dialettica dell'illuminismo” si intende infatti il ritenere che, dietro l'ottimismo civilizzatore dei lumi, si Celi il suo contrario: la regressione e la barbarie, che germina dal potere occulto esercitato sugli uomini dalla tecnica. L'assolutizzazione razionale del reale che era maturata in seno all’élite illuminista avrebbe infatti portato a far coincidere il disegno, progressivo, della prosperità materiale a quello, regressivo, di una volontà di potenza esercitata attraverso i mezzi tecnici, dando così luogo alle nefandezze che i secoli a venire avrebbero tragicamente esperito. Il diciottesimo secolo fu il secolo in cui si concretizzò quella crisi della coscienza europea delineata da Paul Hazard nel suo famoso studio del 1935. Soprattutto in ambito francese, dopo i fasti del Regno di Luigi XIV, la società il sistema di saperi in generale conobbero un momento di vero e proprio smottamento sul piano politico, filosofico, ed epistemologico. L'avvento della cultura razionalistica prima e del newtonianismo dopo, mutò nel profondo le secolari credenze scolastiche e feudali su cui si era fondata sino ad allora la legittimità divina del Regno di Francia e, più in generale, delle monarchie europee. Sul piano pragmatico, furono in particolare le crisi economiche e politiche che caratterizzarono la Reggenza (1715-1723) Ehi il successivo Regno di Luigi XV (1723-1774). Nacquero nuove linee di pensiero e i letterati si trovavano a cavallo tra due schemi mentali in netta contrapposizione tra loro: la tradizione classicista, fissa nelle sue prerogative culturali, voi è un modo devi pensare la realtà il mondo più fluido, aperto cioè al confronto con altre realtà e schemi di pensiero. Molti intellettuali di quel secolo si concentrarono sulla messa in discussione della presunta supremazia eurocentrica poiché, la riscoperta di un mondo esotico e orientale costituì il punto di partenza per un confronto tra la propria società e una dimensione culturale e morale differente. Una delle tematiche più trattate del 700 francese è stata proprio quella del relativismo culturale, dei viaggi di scoperta e dell'esotismo. I lunghi viaggi compiuti a inizio secolo da importanti esploratori europei, come James Cook, riportare un in patria un lungo bagaglio di suggestioni che contribuì all'emergere di un nuovo interesse antropologico, che si accompagnava allo studio della flora e della fauna di lontane zone del mondo. Le società umane d'oltreoceano adesso non erano più comunità primitive, barbari pagani bisognosi dell'intervento del cristianesimo e dell'azione civilizzatrice dell'uomo europeo; tuttavia, le differenze tra mondo civile e mondo primitivo permangono, così come i celati i desideri di dominio dei gesuiti, ma questa volta si mettono in discussione i propri i principi religiosi, morali e politici. L'oriente, le Americhe e il mondo boreale rappresentarono per tutto il secolo i grandi poli di attrazione alternativi a una civiltà che stava mostrando le proprie contraddizioni interne e dove la diretta esperienza del viaggio era carente, specie per i paesi più lontani, i resoconti degli avventurieri giocarono un ruolo di primaria importanza per la costruzione del mito dell'alterità: pagine che parlavano di isole felici in cui la proprietà privata non esisteva virgola in cui i culti erano dedicati alla natura e l'amore era libero da qualsiasi costrizione sociale. L'interesse dell'esotico dell'età dei lumi celava l'inquietudine dell'uomo moderno, inserito in un quadro di costumi e di leggi che non gli apparivano più adeguati e soddisfare i suoi desideri di emancipazione. Nasce così il mito dello straniero, talvolta saggio e virtuoso, talaltra primitivo e violento, ma pur sempre degno di essere interrogato e ascoltato per la sua provenienza. E in questo contesto che nascono le sperimentazioni dei più arditi philosophes del secolo, riformatori e ideatori di una felicità individuale reperita in società ideali, rette da governi saggi e moderati. Il capofila di questa requisitoria è da individuare sicuramente in Montaigne, il quale, nel suo saggio Des Cannibales scardinava il rigido etnocentrismo della cultura dell'ancien regime. Voi per dare un fondamento di autenticità al racconto e ridurre così la distanza tra lettore e materia affrontata egli utilizza per la prima volta la voce narrante di un servo vissuto per più di 10 anni nel nuovo mondo, periodo lungo a sufficienza per avergli permesso di assimilare i costumi e la tradizione dei cannibali. La parola viene quindi affidata ad un personaggio che crede oramai a un altro Dio virgola che non è più suddito di Francia e proveniente da un altro orizzonte etnoculturale. Egli quindi si serve della tecnica dello straniamento, ovvero la tecnica dello spostamento dal punto di vista diegetico verso luoghi e tempi lontani, per muovere critiche ai pregiudizi. Gran parte della letteratura del XVIII secolo è improntata a questa strategia virgola che permette di criticare l'ordine tradizionale e di trasformare l'Europa in un enorme carnevale di culture, valori e sentimenti. Tre sono i più celebri esempi: - Lettres persanes, Montesquieu: pubblicate anonimamente, sono una delle prime opere dissacratorie euro video, dal momento che vanno a innescare quel processo di rovesciamento valoriale che sovverte il sistema teocratico su cui poggia la legittimità di clero e regnanti. Quest'opera sovversiva riscosse così tanto successo da far ammettere l'autore nell'elitaria cerchia dell’Academie française, sebbene, pur nel clima permissivo della reggenza di Filippo d’Orleans, non sarebbe stato certo possibile attaccare le principali cariche del Regno senza soccombere alla censura monarchica. Ciononostante, consegnando l'autorità della parola e del racconto alla coppia di persiani in viaggio per conoscere la civiltà occidentale Montesquieu rendeva i due mondi complementari e controvertibili. La tecnica dello straniamento gli permise di osservare non Occidente con gli occhi ingenui di un orientale quella decadenza che caratterizzava agli occhi degli europei l'oriente. Montesquieu grande viaggiatore aveva a disposizione molto materiale etnologico che gli permetteva di stuzzicare la curiosità del pubblico. Ogni episodio assume i tratti tipici della tradizione moralistica, con massime travestite sotto forma di trattato o di dialogo. Montesquieu è innanzitutto scrittore politico e il clima generale di intolleranza che fa da sfondo alle vicende osservate dai due persiani cela profondi dubbi in merito alla stabilità della monarchia francese del primo 700. Per fare questa critica egli crea un parallelismo tra la crisi economica e istituzionale del Regno e la rivolta delle concubine nel Regno di Uzbek: Il potere viene esercitato sulle vite delle donne da parte dei guardiani al soldo di Uzbek, il quale, lontano dalla sua terra, cerca in tutti i modi di tenere strette le redini del suo potere, fino alla degenerazione finale. Egli incarna infatti tutte le contraddizioni della reggenza: voi il parassitismo dei cortigiani, la disastrosa politica economica, l'elogio della liberalizzazione dei costumi delle lettere; si può dunque leggere questo romanzo come il fallimento del progetto del re sole. - Contes philosophiques, Voltaire. In particolare, l’Ingénu, che si colloca sulla scia del mondo dello inaugurato da Montesquieu. Volterra affida la critica sociale politica alle digressioni di un giovane proveniente da un paese selvaggio lontano dall’Europa (Canada, già francese), che viene accolto da una bigotta famiglia europea. Quest'ultima cercherà di civilizzare l'ingenuo affinché possa grazie ai precetti morali della Chiesa cattolica inserirsi appieno nella tradizione dell'ancien régime. Tuttavia, l'innocenza e ingenuità con le quali il protagonista concepisce l'amore e i rapporti sociali finiranno per volgere la vicenda in tragedia, perché si innamorerà della madrina e verrà denunciato e sbattuto nelle prigioni della Bastiglia. Venuta a conoscenza la prigionia, l'amante farà di tutto per liberarlo fino a sacrificare la propria virtù a un'importante politico parigino punto la morte della donna divorata dai sensi di colpa sancisce il cupo finale dal racconto. Il carattere spiccatamente stereotipato dei personaggi e delle loro peripezie, la pluralità di voci e di credenze, i repentini stravolgimenti psicologici e labile alternarsi dei più svariati registri stilistici, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere l'opera uno dei più riusciti lavori di Voltaire. VR ambientato nell'ultima fase del Regno di Luigi XIV, l’Ingénu mette in scena la crisi religiosa conseguente alla revoca dell'editto di Nantes avvenuta nel 1685, un provvedimento che aveva sancito appena un secolo prima la fine delle guerre di religione e concesso la libertà di culto agli ugonotti. In questo contesto di intolleranza religiosa Voltaire, attraverso lo straniamento, può criticare il fanatismo cattolico e predicare la coesistenza pacifica delle religioni e la necessità della libertà di culto. Alla fine del racconto l'ingenuo si troverà ad essere un homo novus, civilizzato e rigenerato, ma non tanto nell'accezione Franco centrica quanto in senso filosofico e umanistico universale: amante delle arti, delle tecniche, aperto all'alterità del mondo. In conclusione, l'ingenuo passa nel corso della vicenda da una condizione di ignoranza primitiva allo statuto di philosophe. L'incontro con il giansenista Gordon nella prigione della Bastiglia è molto significativo: Egli gli farà da maitre à penser e questo momento rappresenta il punto di svolta della formazione dell’ingenuo, la sua esperienza intellettuale. Nonostante gli ambienti giansenisti fossero tra i bersagli della battaglia illuminista, la scelta di voltaire è dovuta al fatto che esso ha ritenuto più aperto e ragionevole di quanto non fossero all'epoca gli avversari gesuiti, i reali detentori del potere spirituale. Sei selvaggia cede così agli strumenti della cultura nel suo educatore si verifica una conversione in senso opposto e da teologo si muta della filosofia naturale. La conversazione è il processo indispensabile l'acquisizione dei lumi e al riconoscimento di una nuova concezione della realtà. L'ingenuo è la conclusione di un'indagine storica e antropologica che tenne occupato Voltaire per tutta la vita. - Supplément au voyage de Bougainville, Diderot: pubblicato postumo, ribadisce l'ingiustizia che sta alla base dei programmi espansionistici europei. Quest'opera nasce come una prosecuzione fittizia del resoconto della celebre circumnavigazione del globo terrestre compiuta dal barone di Bougainville tra il 1766 e il 1769, vero e proprio best seller dell'epoca. Esso riportava le impressioni scaturite dall'osservazione di numerosi arcipelaghi della Polinesia, una zona esplorata per la prima volta dall'ammiraglio francese. Le riflessioni di Diderot scaturiscono dalle illusorie convinzioni di Bougainville di una missione civilizzatrice dell’Europa, che vedeva i popoli visitati inferiori per costumi, credenze e intelletto e quindi una superiorità etnocentrica. Didero quindi si lancia nella condanna del fenomeno che, a partire dal secolo successivo, si sarebbe chiamato colonialismo, In cui la Francia ha avuto un ruolo da protagonista. La tendenza tipica degli europei di credersi superiore a ogni altro gruppo etnico e di legittimare tale credenza a mezzo di stereotipi storici e pregiudizi religiosi evolve nell'opera di Diderot in un atteggiamento di particolare violenza contro i gesuiti, maestri della persuasione retorica con un progetto di egemonia culturale. La denuncia di Diderot vuole salvaguardare il patrimonio culturale dei popoli del globo e evitare ogni forma di etnocidio e sottomissione. L'opera si caratterizza per la forma del dialogo che permette il confronto aperto tra più punti di vista senza che nessun personaggio dovesse prevalere. I protagonisti del supplemento sono due interlocutori immaginari, A e B, voi intenti a discutere dell'opera di Bougainville, dando vita ad una mise en abyme, un racconto nel racconto. I due maturano osservazioni di natura filosofica e antropologica, e il tema principale del discorso è il tema principale del libro ovvero la superiorità o meno dello Stato di natura rispetto a quello civilizzato. Anche in questo caso l'autore si eclissa dal discorso e fa parlare attori, lasciando però intravedere una presa di posizione. Egli ripropone l'antico conflitto tra natura civiltà e finisce per scagliarsi contro il progresso delle scienze che avrebbe portato alla corruzione degli uomini e allo scontro tra civiltà. Al vuoto sentimentale e all'artificiosità della società colta d’Europa, egli oppone un grado zero di moralità, un concetto regolativo che possa sottoporre a un profondo esame la civiltà del progresso e farne emergere i disagi. L’opera serve ad individuare un “état de moeurs” che possa costituire un punto di incontro tra il progresso civile della società europea, ormai in stato di crisi, e l'utopia della naturalezza esemplificata dall'isola di Tahiti e dai suoi abitanti. Verso la fine del dialogo, B fa osservare ad a, come la storia dell'uomo sia sempre stata segnata dallo scontro di tre fondamentali passioni, tolleranza e indulgenza nei confronti del prossimo, semplicità e schiettezza nelle azioni e nelle parole. Ad esempio,, dopo essere stato nominato primo ministro del re di Babilonia, viene accusato di non saper ordinare i suoi discorsi e di non avere “le bon style oriental” e lui in risposta, rappresentante della nuova borghesia, afferma di aver semplicemente “le style de la raison”; e così attraverso il personaggio di zadig, Voltaire lascia intendere ancora una volta che e la ragione che sgretola le tradizioni barbare e modera gli impulsi. Per quanto riguarda gli affari religiosi, il protagonista dimostra rettitudine morale perché ha una visione laica del mondo e vede le dispute teologiche presenti nel racconto come discorsi vuoti pronunciati da uomini avidi e vecchi. Ad essi egli oppone il suo relativismo e la sua razionalità, il riconoscimento di un solo Dio creatore ordinatore dell'universo diventa così il leitmotiv che percorre tutta la narrazione e che riunisce uomini di fedi differenti. Di conseguenza, egli presenta la sua visione secondo cui è inutile massacrarsi il nome di divinità, frutto della fantasia di singole civiltà, poiché esiste è un l'unico Dio in tutto l'universo e l'armonia naturale e il segno della sua benevolenza. In un episodio in mezzo al deserto da solo, zadig si interroga sul senso di piccolezza di fronte all'immensità dell'universo, sull’insignificanza della terra e dei suoi abitanti in mezzo a questo infinito e soprattutto su cosa importa Dio delle misere passioni e sofferenze dai terrestri che si comportano come “des insectes se dévorant les uns les autres”. In tutto questo risiede la faccia più oscura del finalismo, ovvero il provvidenzialismo cosmico che ordina l'universo, ma che non c'entra con la felicità umana perché se il mondo fosse governato da un benigno piano provvidenziale, a ogni azione giusta dovrebbe seguire prosperità, mentre spesso i malvagi prosperano e i giusti sono perseguitati. L'angelo tuttavia informa l'eroe che tutto ha un fine, che i malvagi « servent à éprouver un petit nombre de justes » e che « il n’y a point de mal dont il ne naisse un bien », « il n’y a point de hasard ; tout est épreuve ». 2. MICROMÉGAS (1752) che, ispirato ai viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, stato scritto e pubblicato durante il suo soggiorno in Russia come ospite di Federico II, racconta la relatività dell'universo e delle gesta umane. Il titolo Rimanda al nome del protagonista e si compone di due suffissi dal significato opposto, il piccolo e il grande, e l'opera si basa su una visione relativista. In esso Voltaire mette in ridicolo l'illusione della superiorità della terra su altri pianeti attraverso un viaggio nello spazio del protagonista che termina con la serena constatazione dell'inutilità di ogni giudizio valoriale. La vicenda narra quindi del viaggio di Micromégas, saggio cacciato dall'accademia scientifica di Sirio virgola in seguito alla pubblicazione di un controverso lavoro. Arrivato su Saturno, inizialmente il gigante siriano sbeffeggia gli abitanti a causa della loro minore statura, diventa amico del segretario dell'accademia del pianeta e inizia con lui un viaggio che lo porterà ad accettare la relatività del valore dell'essere umano rispetto alla vastità della creazione: osservando mondi e creature a volte più grandi e a volte più piccoli, assumerà la consapevolezza che esistono ovunque differenze, ma anche proporzioni, quindi, occorre basarsi sull'osservazione e la misurazione dei rapporti che reggono l'universo stesso. Il viaggio diventa uno strumento di educazione generale sull'uomo, si discute di scienza, di metafisica e di morale, si cambia prospettiva continuamente e , attraverso la tecnica dello straniamento, Voltaire assume il punto di vista dei due per osservare gli uomini. In particolare, i terrestri sono molto più piccoli di loro, ma si rivelano intelligenti e capaci di giudizio quanto loro, conoscono le distanze tra i pianeti, il peso specifico della materia, riescono a calcolare l'altezza dei giganti con grande precisione e espongono bene le proprie teorie. Di fronte al confronto sulla natura della loro anima e le idee, i giganti ridono della visione terrestre del Dio creatore che vuole la felicità degli uomini, mentre sono d'accordo con un altro scienziato, che incarna il pensiero di Voltaire, e che sostiene di non poter esprimere giudizi se non a partire dalla sola esperienza sensibile. Quando il protagonista deciderà di mettere le proprie esperienze, con la spiegazione di tutto, in un libro da mostrare ai terrestri, questo si rivelerà vuoto Ehi Ciao mostra l'impossibilità di cogliere “le bout des choses”. 3. CANDIDE, OU L’OPTIMISME (1759) In cui le sventure del protagonista, per quanto allegoriche, alludono alle vicende della guerra dei 7 anni e criticano la dottrina ottimistica di Leibnitz. In quest'opera il pessimismo prende il sopravvento, la prospettiva della teodicea subisce una considerevole mutazione è la fede che il creatore intervenga per dare al corso degli eventi un ordine preciso e per realizzare un progetto provvidenziale al di là delle azioni morali degli uomini è caduta. Il male appare sempre più evidente e inspiegabile e la condizione umana sempre più triste. Questa crisi dell'ottimismo provvidenzialità che colpì la maggior parte dei filosofi di metà 700 e probabilmente causa degli stravolgimenti di cui fu vittima l'Europa tra gli anni 40 e 50 del secolo, soprattutto le guerre dinastiche e territoriali e il disastroso terremoto di Lisbona nel 1755, che assestare un duro colpo all'ottimismo perché era difficile sostenere che quella strage fosse per la realizzazione del migliore dei mondi possibili. Ora Dio veniva visto come un orologiaio: creatore di un perfetto meccanismo, che lascia vivere senza intervenirvi e quindi la ragione ultima delle cose è ignota e inconoscibile all'uomo. Tuttavia, nel Candide questa condizione umana è diventata per la prima volta meschina. In essa Voltaire si schiera contro tutti quei pensatori che pretendevano che il mondo fosse “le meilleur des mondes possibles” e nell'opera contro Pangloss, dal greco “tutto- lingua”, che è raffigurato come un mago delle parole e dei sistemi filosofici, il cui fondamento poggia sul nulla metafisico e secondo cui tutto è stato creato per il bene dell'uomo “les nez ont été faits pour porter des lunettes”. Se entro le sue rassicuranti mura del castello il suo ottimismo poteva ancora reggere, con le catastrofi della storia esso viene meno: Candide cacciato dal castello, gli eventi precipitano e avvengono una serie di episodi che mettono a dura prova l’ottimismo del precettore, che aveva sedotto il protagonista con le lusinghe di una vita felice. I due incontreranno la guerra con le sue carneficine senza senso, la catastrofe del terremoto, la persecuzione dell'inquisizione, le malattie, la schiavitù e la povertà e Pangloss continuerà a negare l'evidenza persino di fronte alla sua sofferenza, mentre in Candide avviene un cambiamento graduale che porta alla sua formazione, da uno stato di minorità ad uno stato di maggiorità. Il dolore diventa maestro di vita e il protagonista smette alla fine di ascoltare il precettore. Al termine delle loro tremende avventure, i protagonisti si trovano a vivere finalmente ricongiunti in una modesta fattoria, frutto delle fatiche, così come voltaire alla fine della sua vita. Alla fine dell'opera c'è la celebre frase “il faut cultiver notre jardin”, con cui Candide zittisce il maestro, dubita delle sue parole il nome delle cose concrete, nella ricerca di una morale pratica e quotidiana che lo aiuti a vivere. Egli diventa un buon borghese che si convince che la verità si trova nell'azione, qua rappresentata dalla coltivazione del giardino domestico, e che dal bene che ciascuno può fare per sé discende il bene per tutti. In quest'opera l'avena comico parodistica oltrepassa qualsiasi principio di verosimiglianza. Nella sua volontà di prendere tutto in esame Voltaire è l'emblema della sua epoca 12. I PENSATORI RADICALI All'ombra di Voltaire e di Rousseau matura tutta una corrente edonista, atea, materialista e rivoluzionaria, la quale costituisce il primo nucleo di quello che viene definito “l'utilitarismo francese”. Lontani dal pensiero kantiano, questi pensatori radicali, come La Mettrie, Maupertuis, Hlvétius, d’Holbach, lo sono da qualsiasi pensiero filosofico. Julien Offray de La Mettrie è forse l'autore più rappresentativo di quel materialismo radicale che, perfino nel contesto autoritario dell'illuminismo francese, è destinato a suscitare scandalo e una violenta censura. Il suo approccio integra la riflessione filosofica con l'osservazione medica, aprendo così la strada al determinismo fisiologico ottocentesco. Negando ogni prospettiva teologica egli estende la definizione cartesiana dell'animale macchina anche all'essere umano, negando l'esistenza di un presunto dualismo tra spirito e materia. La differenza tra essere umano e animale viene così a essere semplicemente una differenza di grado di complessità, non qualitativa. Egli è figlio di un commerciante formato al giansenismo e poi alla filosofia, nel 1733 si trasferisce in olanda dove gli studi di medicina sono meno condizionati dalla tradizione metafisica. I suoi maestri conservano, nonostante l'approccio meccanicista, un afflato religioso deista. Tornato in Francia, esercita la professione medica e partecipa alle operazioni militari della guerra di successione austriaca. Fin dalla pubblicazione delle prime opere, viene osteggiato da una feroce censura (L’Histoire naturelle de l’ame (1745) viene bruciata pubblicamente). In Olanda, paese della libertà di pensiero dove anche voltaire pubblica molti dei suoi libri, egli si realizza attraverso l'analisi scientifica e anche attraverso la commedia satirica, come La Faculté vengée, che prende di mira i medici parigini della sorbona, da sempre avversatori del libero pensiero. Eppure, anche in Olanda suscita scandalo con l'opera L’Homme machine, così si rifugia in Prussia presso la Corte di Federico il grande, che adotterà nei suoi confronti un atteggiamento ambivalente, ammirandolo e proclamandone spesso la follia. Nel 1748 esce il Discours sur le Bonheur, che riesce ad aggirare la censura attraverso l'espediente del paratesto: propone il suo discorso come introduzione ad una traduzione di Seneca e il trattato, in cui si afferma l'innaturalezza di ogni senso di colpa e vergogna, provoca l'ira di Federico il grande che ordina il ritiro di tutte le copie circolanti. Morirà la Corte di Federico ma le reazioni suscitate dalla sua figura continueranno anche dopo la morte e la sua corrispondenza verrà completamente distrutta. Ne “l’homme machine” egli rifiuta di spiritualizzare la materia, ed è per lui un atto politico perché comporta che ogni tentativo di spiritualizzazione procede dal potere temporale di un'istituzione religiosa. Un'indagine sulla natura l'autorità ecclesiastica deve essere sostituita dall'osservazione diretta (Galilei), obiettiva, che non denigri gli aspetti sgraditi dell'essere umano e non ne celebri le virtù. Occorre mostrare la materialità dell'anima, ovvero la modalità attraverso cui il corpo agisce su di essa e l'anima influisce sulla condizione del corpo; la malattia, il sonno e l'effetto delle droghe sono alcuni dei fenomeni direttamente osservabili di cui la Mettrie si serve. Egli utilizza affermazioni provocatorie, teorie fisiognomiche e esempi tratti dalla storia popolare. Lo stesso principio intellettuale non è più ricondotto a una sfera divina, ma si origina dalla capacità umana di utilizzare il linguaggio che apre la dimensione della conoscenza simbolica. Anche i confini tra poesia e scienza diventano fluidi, nel momento in cui si riconosce, come principio unitario della conoscenza, l'immaginazione, vale a dire la capacità di conservare tracce mentali degli oggetti assenti. La continuità tra uomo e male implica anche la ridefinizione della sfera morale: secondo l'onnipresente legge naturale ogni crimine contro la natura stessa porta con sé, attraverso il senso di colpa la giusta punizione. Partendo da queste premesse, si mostra critico verso ogni ulteriore pena inflitta dai giudici agli accusati poiché i giudici stessi per essere veramente equi dovrebbero possedere una formazione medica. La Mettrie Ritiene che tutto sia pervaso da un principio di unità e movimento, l'anima non è divina e isolata dal mondo, bensì un muscolo dell'immaginazione situato nel cervello virgola in grado, attraverso i nervi virgola di trasmettere la volontà al resto del corpo. Paul Henri Thiry d’Holbach (1723-1789) è uno dei più attivi collaboratori dell’Enciclopédie e nel suo salotto di Parigi si incontra nelle maggiori figure intellettuali dell’illuminismo, tra cui Rousseau e Diderot. Uno dei punti focali delle sue opere è certamente la critica della religione come fonte di pregiudizi e violenza; egli commenta i quattro Vangeli canonici con l'intento di evidenziarne le contraddizioni. Nonostante porti all'estremo le posizioni materialiste dell'illuminismo e rifiuti conseguentemente ogni tradizione filosofica di stampo metafisico, egli agisce con prudenza pubblicando le sue opere maggiori sotto pseudonimo. Egli accetta con benevolenza i limiti della conoscenza umana, invitando l'uomo a con riconciliarsi con sé stesso e con la natura punto anche la fede non è condannata in modo sommario ma analizzata sulla base del desiderio naturale che gli uomini hanno di rendere eterna la propria esistenza. Ad essa, tuttavia, egli oppone il buon senso, strumento in grado di riconoscere al di là della paura la natura delle cose che non ha mai cessato di essere davanti agli occhi degli uomini. Egli vede quindi la fragilità dell'essere umano e la conoscenza come uno strumento attraverso cui l'uomo cerca di soddisfare i propri bisogni. Ogni attività intellettuale che non si confronti con l'esperienza è per lui un delirio dell'immaginazione che rischia di creare pericolose gerarchie sociali: l'individuo tende a riconoscere il sistema gerarchico in essere e a sottomettersi ai capricci dei suoi capi virgola che sono superiori solo grazie a tale pregiudizio. Come nel caso di La Mettrie, il materialismo giunge così alla domanda che sembra evidenziarne i limiti conoscitivi: da dove la natura ha ricevuto il movimento? D’Holbac può fornire solo risposte in negativo: si esclude la presenza di un creatore divino, l'unico modo per dare un senso alla morte e dunque considerarla nell'ambito della trasformazione vitale, come dissoluzione di un essere che contribuisce alla produzione di un altro. Egli postula l'illusorietà del libero arbitrio, poiché afferma che la libertà completa e l'indipendenza dal movimento della natura e quindi implica l'impossibilità di essere felici, perché la volontà può solo reagire a stimoli sensibili. 13. SADE E IL TRAMONTO DELL’ARISTOCRAZIA Il marchese de Sade è stato per molti autori, come Bataille, Blanchot, Foucault e Lacan, il mezzo per pensare e articolare la negazione. Inoltre, già nell’Ottocento, Sade è visto come “l’inspirateur clandestin des modernes” da autori come Balzac, i Goncourt, Barbey d’Aurevilly, Rimbaud, Baudelaire e George Sand. calvinista di Ginevra, sua città di origine. Anche Voltaire, drammaturgo prolifico e sostenitore del potere del teatro come “école de moeurs” utile al progresso, aveva lottato invano al fine di ottenere l'apertura di una sala di spettacolo a Ginevra, dove risiedeva. Le autorità ginevri.ne tuttavia, non acconsentirono per la tradizionale condanna ecclesiastica al teatro considerato quale fonte di peccato di corruzione (tesi sostenute anche da Calvino). Voltaire aveva chiesto a D’Alambert voi di farsi interprete di quella battaglia, ma Rousseau si oppose con la Lettre à d’Alambert, che contribuì a distaccare il filosofo ginevrino e gli altri philosophes parigini. In essa egli affermava che l'idea di Voltaire e d’Alambert dell'influenza benefica del teatro sulla società è solo illusoria, che l'esempio di azioni virtuose a teatro non ha influenza sull’animo degli spettatori anche a causa del carattere fittizio delle rappresentazioni teatrali, le sale di spettacolo sono un luogo di menzogna di cui gli spettatori hanno costante consapevolezza. Proprio come la tragedia, la commedia non contribuisce a migliorare l'animo umano, anzi virgola in un certo modo la corrompe. Egli fa l'esempio di Molière, definendolo il più perfetto autore comico, che ha reso ridicolo con Le Misanthrope il protagonista in cui Rousseau si riconosce, al solo scopo di far ridere il pubblico. Alla sua pubblicazione, la lettera suscitò varie polemiche, tra cui la stessa di d’Alembert, che rispose a sua volta con una lettera in cui ribadì il suo punto di vista sull'utilità morale del teatro e sulla sua funzione moralizzatrice e benefica.  Questa discussione andò avanti per secoli e il teatro fu oggetto all'epoca non solo di discussioni teoriche, ma si trasformò ad un certo punto in un campo di battaglia tra “philosophes” e “antiphilosophes”. L'avvio della guerra teatrale fu sancito dalla pièce Les Originaux, di Charles Palissot de Montenoy, il quale, ammiratore di Voltaire ma ostile agli enciclopedisti, compose una commedia in cui compariva un philosophe, che fu facilmente associato a Rousseau, il quale si lamentava di essere diventato “philosophe”, che si definiva malattia infettiva (“épidemique”). Anche in una commedia successiva, Les Philosophes, Palissot vi ridicolizzava stavolta in particolare Diderot, già oggetto di accuse sarcasmo in precedenza, il quale rispose con particolare violenza agli attacchi nel Neveu de Rameau. Di particolare interesse in questa guerra teatrale e la pièce di Voltaire Le café ou l’écossaise, presentata al pubblico come una commedia inglese di un pastore della Chiesa di Edimburgo è concepita come risposta indiretta alla Le Philosophes. Vb in realtà Voltaire attacca un giornalista, fondatore della rivista L’Année littéraire, voi ostile ai filosofi illuministi. I palcoscenici finirono così per diventare luoghi in cui propagare le proprie idee. 15. ROUSSEAU E GLI EPIGONI Russeau è una delle figure più controverse del 700 francese e il suo pensiero ha avuto una vasta risonanza nella filosofia di fine secolo, come Goethe e Kant. Egli rifiutò qualsiasi tipo di classificazione, fu pensatore politico, filosofo, autore di una delle più famose autobiografie, amante di botanica… la morte della madre ha la sua nascita segnò profondamente la sua infanzia e il rapporto con il padre; ottenne un'educazione poco rigorosa, ma lesse moltissimi romanzi e a soli 16 anni fuggi da Ginevra; andò prima a Annecy, dove fece la conoscenza di Madame de Warens, poi a Torino, dove si convertì alla fede cattolica virgola e infine tornò in Francia, ospite ancora di Madame de Warens (che chiama maman), periodo che descriverà come l'unico tempo veramente felice della sua esistenza. Durante il concorso indetto dall'accademia di digione, egli conosce fama grazie al Discours sur les sciences et les arts, nel quale l'autore si pone provocatoriamente contro le scienze e le arti che egli considera come il principio dei mali dell'umanità. L'idea del trattato, come racconta lui stesso nella sua autobiografia Les Confessions (1782), sarebbe nata durante la passeggiata con un'illuminazione che lo portò a cercare la verità tramite la scrittura, dando vita ad una svolta nella sua vita. Per un periodo si guadagna da vivere copiando musica e componendo opere teatrali, scrisse anche la lettre sur la musique française, in difesa della musica italiana e pubblico in seguito il suo secondo trattato sul suo pensiero politico Voltaire accusa Rousseau di scagliarsi contro il genere umano e quest'ultimo non era in buoni rapporti neanche con gli altri philosophes, così passo il resto della propria vita in solitudine, al riparo dall'opinione pubblica è in antagonismo con la tradizione della “sociabilité” del secolo.Attorno agli anni 60 scrisse la lettera a d’Alembert e il romanzo sentimentale Julie, ou la nouvelle Helöise, che hanno molti punti in comune. Scrisse anche trattati politici, come Du Contrat Social, una delle sue opere più conosciute per l'influenza che ebbe sugli ideali della Rivoluzione francese, ispirando la “Déclaration des droits de l’homme”. Il trattato sull'educazione, Émile, voi sarà invece bruciato a Parigi e l'autore sarà costretto alla fuga a causa di un mandato di arresto. Dato che le sue opere sono condannate anche a Ginevra si vede costretto ha un periodo tra la Svizzera, la Francia e l'Inghilterra, durante il quale scrive le Confessions, opera autobiografica con la quale desidera riscattare la propria immagine per la posterità, a fronte del complotto di cui sente di essere vittima. Gli ultimi anni sono caratterizzati da un ritiro ormai totale dalla società voi e da un aumento della sua paura del complotto di cui sente di essere vittima e redige altre opere. Con i primi due Discours, Rousseau dà forma alla propria idea di “homme naturel” e espone il proprio pensiero riguardo alla società contemporanea: nel primo risponde all'idea di stampo illuminista secondo cui all'epoca buia del medioevo avrebbe fatto seguito una rinascita delle scienze e delle arti, ponendosi su un piano astorico e interrogandosi sul fatto se le arti siano o meno nocive alla virtù dell'uomo. Egli si rifà al concetto classico di Virtus nel senso di devozione dell'uomo ai propri simili e del cittadino alla propria patria virgola e constata che anziché migliorare con il progresso della civilizzazione queste virtù si sono indebolite. Anche nel secondo trattato ritorna l'idea di “homme naturel”, in contrasto con i valori della civilizzazione e non lo scrittore si pone al punto zero della storia tentando di ricostruire i primi momenti di socializzazione attraverso la riflessione ipotetica. Lo scopo non è ricostruire i fatti storici, ma è etico e vuole mostrare l'uomo come sarebbe se non fosse stato corrotto dalle passioni e dagli egoismi della civiltà. Secondo lui il momento dell'età dell'oro virgola di piena felicità, si è visto solo nel passaggio da uno stato primitivo di completo isolamento alle prime forme di organizzazione comunitaria. Tuttavia, questo periodo fu immediatamente seguito da sofferenze e divisioni, di cui la proprietà privata è la maggiore responsabile. Questo tema era già stato trattato da Montesquieu e ispirò gli ideali rivoluzionari, Affermando che alla base di tutte le uguaglianze vi è la società stessa che ha strappato l'uomo ha una condizione di libertà. Sebbene sia scettico rispetto all'idea di progresso, si nutre della speranza di una bontà insita nell'essere umano e di capacità che portino alla consapevolezza e necessità di fondare un nuovo sistema etico. Egli, infatti crede che ad ogni male possa seguire un rimedio. Il problema del teatro si Lega principalmente a quello delle passioni: se il teatro è un vicolo di queste ultime, scopo dell'uomo e difendersi da esse. Per lui il termine piacere si Lega alle inclinazioni negative dell'uomo, situandosi all'anticipo rispetto a Sade, e non esiste purificazione attraverso il male, invece, lo spettatore a teatro tende a vedere l'eroe con una certa indulgenza anche quando questi è colpevole. Nel romanzo non rappresenta invece nessun personaggio negativo, né un'azione malvagia. Convinto dell'importanza di un orientamento alla lettura a scopi educativi, antepone due prefazioni nelle quali tenta di conciliare la propria visione filosofica con la scrittura del romanzo, destinato ad un pubblico mondano. In esse ritiene i romanzi, come gli spettacoli, nocivi per il popolo, soprattutto per le giovani donne, ma voi possono essere proficue nel caso in cui siano destinati a persone già corrotte. La letteratura e il teatro potrebbero così non istruire i popoli ma combattere con il male e fornirvi rimedio. L'argomento amoroso, infatti, attira voi i lettori corrotti, ma, il comportamento dei personaggi darà un esempio di virtù. Fuori contemporanei rimasero ammaliati dal personaggio di Julie e la varietà di provenienza sociale consenti a Rousseau di trattare i temi scottanti della società contemporanea, come il matrimonio come istituzione sociale o libera scelta, il conflitto tra i valori borghesi e quelli della classe aristocratica, la religione o l'ateismo. In particolare, secondo lui le persone devono seguire un'etica per libera decisione. Nell’Émile, Trattato sull'educazione, uno dei primi in Europa, l'autore si finge maestro di un individuo seguito sin dalla nascita fino all'età adulta con il matrimonio. Composta da 5 libri, il trattato assume un aspetto romanzesco virgola in cui lo scrittore immagina tutte le diverse fasi del bambino prima e del giovane uomo poi voi. Il tipo di educazione che propone non è empirista, non vuole insegnare nozioni preliminari al bambino e anzi egli non leggerà fino all'adolescenza; invece, il progetto pedagogico si basa, soprattutto in tenera età, su uno sviluppo dei sensi ed alle percezioni, sull'indipendenza di pensiero e di azione e quindi su un'educazione in negativo in cui non gli si imporranno regole da seguire, ma il bambino sarà costretto a imparare tutto ciò di cui ha bisogno nelle prime fasi della vita per necessità. Una volta entrato nel periodo dell'adolescenza, occorre risvegliare in lui l'immaginazione e l'empatia, ovvero la capacità di identificarsi con gli altri, in particolare con coloro che soffrono. L'autore vede nella pietà il sentimento più importante virgola che consente agli umani di vivere felicemente in comunità, eliminare l'egoismo e aiutare l'altro. Nel processo di educazione rientra anche l'istruzione religiosa, che differisce da quella diffusa tra i philosophes, per i quali la religione costituiva la principale fonte di intolleranza e di conflitto. Rousseau invece ritiene che la religione faccia nascere passioni, elevando il cuore dell'uomo e facendogli disprezzare la morte; egli oppone l'uomo di religione allo spirito filosofico che avvilisce l'anima e concentra tutta l'attenzione sugli interessi particolari e per questo deve avvenire nell'età adolescenziale, quando il ragazzo inizia a sentire il desiderio di essere amato (i sentimenti dell'entusiasmo spirituale sono molto simili a quelli della passione amorosa). Gli studiosi contemporanei tendono a considerare le Confessions come la prima autobiografia moderna, che poco ha a che fare con le confessioni di Sant'Agostino: quella di Rousseau è un'opera laica, che si rivolge ai propri contemporanei per riscattare la sua immagine, divisa in due parti, ognuna ha a sua volta divisa in sei capitoli. La prima parte dedicata agli anni della gioventù ha uno stile leggero, è un racconto romanzato, in cui costruisce una sorta di mito della purezza riguardo la sua infanzia; la seconda parte invece racconta le fasi più dolenti della sua vita, in seguito alla sua affermazione come scrittore virgola quando si sente perseguitato è vittima di un complotto, con un registro più polemico. Quest'opera a tratti di grande modernità sia per il carattere laico sia perché racconta la vita del singolo in un modo assolutamente originale, con una grande capacità di introspezione. Egli fa della sua vita un documento che possa essere utile all'umanità intera poiché l'interesse della vita del singolo secondo lui risiede nel suo essere parte di un disegno collettivo. Egli, tuttavia virgola non riporta con esattezza tutte le fasi della sua vita perché la memoria è uno strumento fallace e comporta lacune, quindi è necessario lavorare anche con l'immaginazione. Ciò che è interessante di questa autobiografia e che man mano lo scrittore mostra sempre più la propria dipendenza dal lettore, ad esempio l'episodio in cui racconta come da bambino abbia rubato un nastro e abbia accusato la governante della casa e assume le proprie colpe come se fosse davanti a una Corte di giustizia. In questo caso, dalle sue parole traspare non tanto il bisogno di confessare l'accaduto quanto il desiderio di essere amato da chi lo ascolta. L'autobiografia è profondamente legata a Il contesto della Svizzera francese dove l'autore ha vissuto e i luoghi sono spesso revocati con toni nostalgici; la topografia dell'opera ti verrà così celebre da dare luogo a una forma moderna di turismo sulla scia della sua vita. Anche nell'opera Reverues du promeneur solitaire (1776) voi si può vedere un'autobiografia del suo periodo da conosciuto, in cui è convinto di essere rifiutato da chiunque, ma non vuole più racconta la propria vita, vuole raccontare un'istante, le passeggiate nella natura e la descrizione della felicità che prova a contatto con essa. Anche il rapporto col lettore cambia, egli non si apre più all'altro ma è una sorta di diario intimo scritto per sé stesso come terapia della solitudine. Molti studi recenti hanno evidenziato la presenza di temi ricorrenti nelle sue varie opere di genere diverso, tra cui il sentimento di frattura tra le aspirazioni autentiche dell'uomo e le condizioni arbitrarie della società moderna; la visione della società moderna come luogo della perdita dell'identità che, con il suo linguaggio artificioso, le sue convenzioni e la sua mania per l'apparenza appiattisce e banalizza i valori umani più profondi; La critica allo spettacolo che, come la società, ruba l'uomo a se stesso e lo distoglie dalla verità; il fascino per la festa campestre, un momento di comunione in cui gli attori sono anche spettatori e ciascuno può godere interamente di sé e dagli altri nella bellezza del canto e della danza; il concetto fondamentale di popolo visto come non tanto una realtà sociologica, ma una categoria intellettuale alla base della sua idea di democrazia, una collettività trasparente dove tutte le contraddizioni siano riconciliate, simbolo di una umanità giusta è buona in modo spontaneo; Il desiderio di felicità illimitata legata a una partecipazione alla vita comunitaria; la consapevolezza che il progresso è un'amara illusione. Molti saranno i suoi epigoni, tra questi Bernardin de Saint-Pierre, Che, pur non avendo mai voluto diventare romanziere, diede un grande contributo allo sviluppo del genere romanzesco con il suo celebre Paul et Virginie. Egli abbandona il suo sogno di farsi missionario per dedicarsi allo studio, viaggerà moltissimo e inizialmente si stabilirà all'isola di Maurizio, ma poi non trova il luogo paradisiaco ambasciatore piemontese a Pietroburgo che, nelle sue Considérations sur la France del 1796, attacca la Rivoluzione, riducendola ad un inutile “bain de sang”, esito storico del movimento illuminista. Egli auspica una liberazione del « popolo di Dio” da ogni tipo di “tentazioni intellettuali” e un ritorno a quello stato di necessario asservimento dell’uomo che la Rivoluzione francese aveva tentato di abbattere. La critica al potere intellettuale delle “lumières” dà vita ad una letteratura della cospirazione, che ha avuto successo negli anni dopo la rivoluzione. Essa si basa sull’idea del complotto filosofico, ovvero di sette che congiuravano all’ombra per far crollare le monarchie europee e screditare il cattolicesimo. Questo filone letterario-polemico, introdotto nel 1790 dal conto di Ferrand con “Les Conspirateurs démasqués”, comprende altri autori come Augustin Barruel, che nel 1797 pubblica i “Mémoires pour servir à l’histoire du jacobinisme”, in cui illuminismo e rivoluzione sono presentati come due aspetti sullo stesso piano, volti a rovesciare l’Antico Regime europeo e attaccare la proprietà privata. Secondo lui non solo filosofi e illuminati, ma anche alcuni sovrani avrebbero concorso ad aprire le porte alla democrazia e al repubblicanesimo (ad esempio, analizza la corrispondenza tra Voltaire e Federico II di Prussia). Tuttavia, la scrittura della Rivoluzione non comprende solo il suo senso reazionario e filo-monarchico, c’’e anche quella filo-rivoluzionaria, sebbene sia stata vittima del pregiudizio di essere rivoluzionaria in politica, ma conservatrice in letteratura. In realtà, dagli anni 80 e 90 del XVIII sec, i rivoluzionari hanno proposto un rinnovamento culturale e una nuova concezione dell’arte e della letteratura, con una vena realistica e individualistica. La scoperta della libertà della creazione artistica, portata avanti sul genio di Diderot, portò allo sviluppo di un nuovo rapporto tra scrittura e temporalità, unendo l’autonomia della creazione letteraria con l’utilizzo di forme e temi tradizionali. Dal punto di vista letterario sono stati i fratelli Chénier, Marie- Joseph e André a costituirne gli esempi più rappresentativi: essi, il primo drammaturgo, il secondo poeta, cercarono di rappresentare la storia immediata, con un modello anti-allegorico. In particolare, André Chénier è considerato il cantore della rivoluzione: fu condannato alla ghigliottina pochi giorni prima della caduta di Robespierre (27 luglio 1794) a causa delle sue tendenze politiche moderate – dissenso nei confronti delle politiche radicali del gruppo parlamentare della Montagna -, ma prima visse a Londra per un periodo e poi tornò a Parigi, dove aderì alla “Société de 1789”, che appoggiava una monarchia costituzionale di stampo inglese. Rimase sempre a distanza dai gruppi repubblicani, ma fece le sue idee della Rivoluzione, inserendole nei suoi versi. Un esempio è Le Jeu de Paume. À Louis David, peintre, un lungo poema di 22 strofe di 19 versi ciascuna, in cui il poeta, alternando alessandrini e ottosillabi, canta la rigenerazione politica e l’entusiasmo artistico che aveva spinto David a realizzare il suo quadro. È un manifesto poetico, un’esortazione a concepire la poesia come canto di una nuova generazione umana. Egli, parallelamente alla sua carriera di poeta, si è impegnato in un “journalisme de combat”, rendendo l’arte uno strumento polemico ed ideologico, con una poesia impegnata e combattiva. Questo riflette l’eroismo di un’intera generazione di artisti, pronti a sacrificare la propria penna (e a volte anche la vita) nel tentativo di diffondere un messaggio di rinnovamento: “sur des pensers nouveaux faisons des vers antiques” (Chénier). Anche il teatro ebbe un ruolo decisivo nella rivoluzione, basandosi sui temi dei fratelli Chénier dell’audacia e della forza, dell’umanità come ideale insieme virile e virtuoso. In questo periodo il teatro ha una funzione civile ed educativa, esalta le virtù patriottiche, civili e militari, con figure virili, les “citoyens”, come quelle di Bruto. Questo per far identificare il pubblico con grandi eroi della storia, renderlo partecipe dell’azione drammatica, con personaggi positivi che combattono contro i cattivi 18. IL « TOURNANT DES LUMIÈRES » : DA DIDEROT A GOETHE Con l’espressione « tournant de Lumières» si intende il 50ennio che va all’incirca dal 1770 al 1820 e che vede una continuità tra Lumières e romantisme, nonostante la “fin de siècle”, determinata dalla Rivoluzione. In questo periodo, risalta la figura di Diderot, che incarna l’espirt philosphique del nuovo umanesimo, sebbene alla fine della sua vita la maggior parte delle sue opere non fossero ancora state pubblicate. Egli è importante anche per l’influenza che il suo pensiero avrà in Germania, dove fece stampare molte opere (mentre Voltaire pubblicava in Olanda per motivi di censura). Dopo la sua prigionia per la pubblicazione della Lettre sur les aveugles, Diderot aveva infatti rinunciato al pubblico francese, affidando le sue opere al periodico “La Correspondance littéraire, philosophique et critique” dell’amico Friedrich Grimm, tedesco stabilitosi a Parigi. Questo periodico era destinato all’aristocrazia illuminata, quindi al riparo dalla censura, il che gli permise una grande libertà. Alla rivista Diderot consegnerà i suoi romanzi più scomodi, come LA Religieuse, Jacques le fataliste e Le Reve de D’Alembert, che rimarranno quindi per molto sconosciuti in Francia. Per quanto riguarda “Neveu de Rameau”, sarà un’opera che rimarrà non pubblicata per molto tempo, prima della versione di Goethe. Essa verrà ritrovata presso un bouqiniste parigino e pubblicata, dopo che la copia di Goethe era stata perduta. Goethe oltre a tradurre cambia il nome dell’opera, originariamente Satire Seconde, e, approfittando di un’annotazione a margine dell’autore, sostituisce il titolo generico con “Rameau’s Neffe”. In questo libro si trova, secondo Foucault, la prima testimonianza moderna del tema della follia: il testo consiste in un dialogo tra un moralista e il nipote di Rameau ed entrambi che riflettono aspetti della personalità di Diderot (un lato philosophe e da un lato giovane bohémien). Il nipote, sfruttando le sue naturali doti teatrali, riesce ad ottenere vantaggi economici e sociali. L’ecclettismo geniale e l’improvvisazione lo rendono una delle figure cardine del futuro romanticismo. L’età classica aveva distinto la ragione dalla non-ragione, escludendo la follia dallo spazio sociale; il Neveu, portando la follia e facendo dialogare ragione e delirio inaugura la modernità. Diderot era già conosciuto in Germania, ancor prima della pubblicazione del Neveu de Rameau, perché era stato nominato da Federico II di Prussia come membro dell’Accademia di Berlino, e molti autori, come Leibniz e Schlegel, avevano giudicato la sua figura, sia positivamente perché critico della cultura francese, sia negativamente per le sue riflessioni teoriche. Quando negli anni 70 del XVIII secolo in Germania prende piede lo Sturm und Drang, la nuova rivoluzione letteraria tedesca che pone al centro della creazione l’autenticità, la natura quale forza vivificante e il genio, che è in grado di percepire il bello e il sublime, non possono non tener conto delle teorie estetiche diderotiane. Diderot criticava nella letteratura francese la mancanza di originalità, il prevalere del buon gusto sulla naturalezza, e esaltava invece “le sublime et le génie” di Shakespeare e Omero. Per lui l’arte doveva risvegliare le emozioni e la scrittura doveva colpire la sensibilità grazie ad uno stile naturale. Egli, quindi, rappresenta al massimo il movimento dello Sturm und Drang e verrà definito da Goethe “il più tedesco fra gli autori francesi”. Goethe apprezzava la vena dialogica di Diderot, l’attacco al genio e al bello da parte di alcuni personaggi diderotiani, che calpestano ogni valore per elevare le bassezze umane. Le Neveau de Rameau sarà tuttavia molto criticato, soprattutto dagli spiriti antifrancesi dell’epoca, ma sarà anche affascinante per molti, come Hoffmann, musicista e scrittore di racconti, che ne apprezzerà l’elemento musicale, ma anche la forma dialogica, la veridicità e la naturalezza della narrazione, tanto da prenderne spunto nelle sue opere. Anche in filosofia quest’opera colpisce: Hegel lo prenderà come esempio di scissione dell’Io, della società in decadenza, ma non lo citerà mai, il che mostra la diffusione del dialogo, divenuto un elemento talmente conosciuto da non ritenere necessaria la fonte. Da Hegel si passerà poi a Marx ed Engels che vedranno nel testo un’anticipazione del materialismo storico (abbiamo traccia di una lettera inviata da Marx a Engels in cui gli invia delle copie del dialogo che ha in casa).
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