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Letteratura Giapponese I, Sbobinature di Letteratura

Letteratura classica dai racconti mitologici dell'ottavo secolo fino alla letteratura d'intrattenimento del sedicesimo secolo.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

In vendita dal 02/08/2022

sararosolino
sararosolino 🇮🇹

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Scarica Letteratura Giapponese I e più Sbobinature in PDF di Letteratura solo su Docsity! Letteratura Giapponese I Periodizzazione storia giapponese Sistema di periodizzazione tratto dal Nengo, sistema che viene adottato dal 645 d.C., è un sistema organizzato in ere ed era diviso dalla corte in maniera arbitraria in base ad episodi significativi. ES: il 650 era l’era Hakuchi (fagiano bianco) perché un fagiano bianco viene dato all’imperatore. Questo sistema crea grossi problemi storici. La situazione cambia nel 1868 (governo illuminato), viene istituito il sistema Issei Ichijen ossia un’era per ogni imperatore. Il concetto di jidai La storia della letteratura giapponese inizia dal periodo Nara (710-784) ,viene chiamato periodo Nara perché la capitale viene spostata a Nara, dopo c’è il periodo Heian (784-1185) nome dato dalla capitale che sarebbe l’attuale Kyoto, periodo Kamakura (1185-1333), Heian in realtà rimane la capitale fino al 1868 ma il periodo finisce molto prima a causa del passaggio del potere dalle mani dell’aristocrazia al aristocrazia emergente che porta alla militarizzazione del paese, il governo si instaura a Kamakura. Basi dello stato centralizzato del periodo Nara Parte dal III sec. d.C. con il clan di Yamato da cui discende il clan imperiale, il clan Yamato all’inizio governa attraverso l’esercizio della forma militare e rapporti diplomatici dando cariche nella propria coorte a rappresentanti di clan vicini rafforzando il loro dominio ed espandendosi sempre di più, c’era un sistema amministrativo fortemente gerarchizzato cosa che indebolì il potere aristocratico. Nel VI secolo avvenne l’introduzione del buddhismo, religione indiana che arrivò in Giappone grazie alla Cina e alla Corea, il Giappone all’epoca era shintoista e la decisione di rendere il buddhismo religione di stato fu’ più politica che spirituale perché essendo una religione di origine continentale da una maggiore aura di rispettabilità al governo giapponese. Limitazione del governo continentale L’influenza della Cina era fortissima e il Giappone basa il suo modello istituzionale su essa, lo vediamo con la riforma Taika (grande cambiamento) che riorganizza il sistema di tassazione e nazionalizzazione della terra cioè tutti i terreni appartenevano allo stato che li restituiva ai contadini in cambio di tasse. Nel 710 la capitale viene trasferita a Heijo (Nara), imitazione della capitale cinese Chang’an che aveva una struttura reticolare cioè strade che si intersecano perpendicolarmente tra di loro. Shotoku Taishi (574-622) Colui che più si approda per una sinizazzione del paese, dalla Cina veniva importato tutto, lui crea il Kan’i junikai (sistema dei 12 gradi) cioè un sistema politico-amministrativo della corte diviso in 12 gradi e i militari indossavano un cappello di colore diverso in base al grado Dal punto di vista letterario viene ricordato per la Jushichijo kenpo (la costituzione dei 17 articoli- 604), costituzione significativa come “linea guida” comportamentale. A lui si deve il nome Giappone perché in una lettera inviata a Yangdi, sovrano cinese, egli scrive “Dal sovrano del Sol Levante, al Sovrano del Paese del Sole Calante” in riferimento alla posizione dei due paesi, sottolinea anche la nuova nascita del Giappone. Kojiki Il clan Yamato aveva bisogno di validare il suo potere politico attraverso una prova della discendenza diretta del sovrano dalla dea Amaterasu (la dea del sole) cioè la divinità principale del pantheon, shintoista, per farlo viene commissionato il Kojiki (cronaca di antichi eventi), opera giapponese più antica, viene presentata a coorte nel 712 d.C. ed è un testo fondamentale dello shintoismo e ci da tante informazioni sulla mitologia. Nel 1946 a seguito delle bombe su Hiroshima e Nagasaki il Giappone perde la guerra e gli americani pretendono dall’imperatore una dichiarazione, fatta per radio, della sua umanità nel senso di non essere davvero discendente della dea Amaterasu (“dichiarazione della natura umana dell’imperatore”). Il Kojiki è molto importante anche per quello che riguarda la storia della scrittura perché prima di esso non c’era un sistema di scrittura, i giapponesi videro la scrittura cinese per la prima volta nel III secolo ma non ne capirono la funzione (le scritte erano riportate per esempio su specchi o su spade o sigilli imperiali) perché li vedevano come elementi ornativi, solo in seguito iniziarono ad importarla e utilizzarla come lingua scritta ufficiale ma chiaramente era un utilizzo limitato, il Kojiki infatti era scritto in 3 modi diversi: introduzione scritta in prosa in cinese puro, il testo narrativo scritto in “similcinese” dove a volte i caratteri vengono utilizzati per il loro valore semantico, altre volte per valore fonetico e attraverso i diacritici viene riorganizzata la sintassi del testo cinese, le poesie invece sono scritte in giapponese attraverso i sinogrammi soltanto per il loro valore fonetico. A causa della sua difficile scrittura perde ben presto il suo ruolo di fonte di informazioni poiché illeggibile fino a quando Motoori Norinaga, il più grande filologo della storia giapponese, in 35 anni di lavoro scrive il Kojikiden (note al kojiki). I compilatori del Kojiki sono due: O no Yasumaro e Heida no Are che è una figura leggendaria a cui viene affidato il compito di andare per il paese a raccogliere tutti i miti e le leggende sulla nascita del Giappone che O no Yasumaro mise poi per iscritto, la stesura del opera venne commissionata dal imperatore Tenmu che però non fece in tempo a vederne la realizzazione poiché viene presentato a coorte nel 712 all’imperatrice Genmei. Come fonti vengono prese le Cronache Imperiali, i Detti fondamentali e le Cronache scritte nel 620 da Shotoku Taishi di cui però non si hanno testimonianze dirette. L’opera è divisa in tre volumi:  Libro I: si riferisce all’epoca mitologica e descrive le vicende cosmologiche (nascita dell’universo) e vicende teogoniche (la nascita delle singole divinità) svoltesi in cielo, sino alla leggendaria fondazione dell’impero ad opera del leggendario imperatore Jinmu nel 660 a.C.  Libro II: la narrazione arriva al 300 d.C.  Libro III: si spinge fino al 628, anno in cui termina il regno dell’imperatrice Suiko. Racconti del primo libro L’opera si apre con una serie di divinità che stanno nel cielo che affidano il compito a Izanaki (maschio) e Izanami (femmina) che cagliano il mare con un bastone al cui termine è legata una lama facendo solidificare dalle gocce piene di sale che cadono nell’acqua e formano le isole giapponesi, dopo le due divinità scendono sulle isole per popolarle, per far ciò hanno bisogno di fare un rito cioè i due girano intorno ad un palo e una roccia scambiandosi delle battute ma questo tentativo fallisce e le divinità gli spiegano che il primo a parlare avrebbe dovuto essere Izanaki e non Izanami, ripropongono il rito e va a buon fine portando alla nascita di diverse divinità legate a elementi e fenomeni naturali, questo fino a quando Izanami non muore ustionata dando alla luce Ninigi riceve una proposta di matrimonio da parte di un vecchio che vuole fargli sposare sua figlia a egli rifiuta perché non è interessato alla ragazza e per questo motivo il vecchio lo maledice dicendogli che a causa del suo cattivo comportamento da quel momento in poi tutti i tuoi discendenti saranno mortali, questo spiega la mortalità dell’imperatore nonostante la discendenza diretta dalla dea Amaterasu. Secondo libro Narrazione dedicata al regno degli uomini. Da Jinmu, pronipote di Ninigi, vissuto 137 anni a Suijin, primo imperatore storico del Giappone (III-IV sec.). Yamato Takeru Uno degli eroi più importanti della cultura giapponese. Si tratta di un guerriero sanguinario, violento e astuto in maniera scorretta, la sua storia inizia a coorte quando il padre gli chiede di andare a fare una reprimenda al fratello che non si è presentato in tempo ad un evento di coorte, Yamato Takeru prende troppo sul serio il suo ruolo e massacra il fratello nella vasca da bagno, il padre preoccupato per questo suo carattere violento decide di mandarlo in missione e saranno 3 le missioni da lui compiute:  La prima sarà rivolta a sedare una ribellione avvenuta a Kumaso, Yamato Takeru si reca in questa regione, si travesta da cameriera di una locanda in cui ci sono i ribelli e dopo di che di notte fa eruzione approfittando del fatto che stavano tutti dormendo ubriachi e li uccide.  Nella seconda missione va a sconfiggere Izumo Takeru fingendosi suo amico, i due vanno a fare una gita insieme e Yamato Takeru gli sostituisce la spada vera con una spada di legno, dopo la sfida a duello e lo sconfigge molto facilmente, gli compone anche una poesia di sfottò.  L’ultimo episodio è quello della spedizione contro gli Emishi, sua zia sacerdotessa del tempio di Amaterasu gli regala una pietra focaia che lo aiuterà in questa missione poiché viene circondato da un incendio dei nemici dal quale riesce a scappare accendendo un contro fuoco. La sua vita finisce in maniera ingloriosa perché lui sfida un cinghiale bianco e da esso viene ucciso, si dice che il cinghiale fosse in realtà uno spirito della montagna e dopo la sua morte Yamato Takeru diventa un uccello e vola via. La sua figura è importante perché ricalca l’immagine del guerriero- poeta. Terzo libro Da Nintoku a Suiko (628 d.C.). In quest’opera viene raccontato il famoso episodio dell’imperatore Nintoku che a un certo punto sale sulla terrazza del suo palazzo e vede che dalle case dei contadini non si alza più nemmeno un filo di fumo, segno evidente della povertà del suo popolo, e quindi decide di sospendere per tre anni le tasse destinando la coorte alla povertà pur di permettere al popolo di riprendersi fino a quando la situazione non ritorna stabile. Nihonshoki Compilato sotto la supervisione del principe Toneri, presentato a coorte nel 720. Dal punto di vista del contenuto era un’opera difficile da realizzare ed era anche analoga al Kojiki perché dal punto di vista della funzione entrambi dovevano validare il potere imperiale, il Nihonshoki aveva come target però non la coorte imperiale giapponese ma la Cina e il continente. Il Nihonshoki era scritto in cinese classico, per alcune leggende vengono riportate fino a 12 versioni differenti, questo per dare una sorta di valore scientifico alle diverse fonti ed escludere un’idea di arbitrarietà e si fa riferimento anche a fonti estere. Nel Kojiki le date sono imprecise mentre nel Nihonshoki le date sono precise, è un’opera destinata ad un uso internazionale. Fudoki ‘Gazzette’ locali scritte in cinese nelle quali vengono riportate informazioni di genere misto sulle varie regione, ad oggi ce ne sono arrivate quasi una cinquantina in parti frammentari, solo due integri e sono Izumo Fudoki e Hitachi Fudoki (i nomi di due province), l’Izumo fudoki non è particolarmente interessante dal punto di vista del contenuto se non per quel che riguarda la ricchezza di informazioni che viene riportata, l’Hitachi fudoki è più interessante dal punto di vista letterario perché raccolgono anche leggende folkloriche. Le due famose leggende del Hitachi fudoki La leggenda del boschetto di pini di Unai e la leggenda di Urashima Taro, la leggenda del boschetto tratta di un ragazzo e una ragazza che si incontrano ad una festa e decidono di passare una notte romantica sulla spiaggia e travolti dalla passione non si accorgono del sopraggiungere dell’alba e presi dalla paura di essere scoperti si trasformano in due pini, gli studiosi hanno ipotizzato che questo racconto possa essere legato a qualche tipo di taboo sessuale dell’epoca. Il racconto di Urashima Taro narra di questo ragazzo che un giorno va a pescare e un giorno pesca una tartaruga che si trasforma in una bellissima ragazza che si rivela una divinità e lo porta con se nel mondo sottomarino e lui passa li tre anni, dopodiché il ragazzo inizia a sentire la nostalgia di casa e chiede il premesso di tornare, il permesso gli viene accordato e gli viene consegnato uno scrigno con il divieto di aprirlo, quando Urashima torna a casa però non resiste alla tentazione e immediatamente i tre anni che aveva trascorso nel regno sottomarino si trasformano in 300 anni, tutte le persone che conosceva ormai sono morte da tempo. Questa leggenda è stata chiaramente sottoposta alle influenze cinesi e al richiamo alla filosofia taoista soprattutto per l’idea dell’immortalità. Kaifuso- poesie raccolte rimpiangendo lo stile antico (751) Non sappiamo chi lo abbia compilato, si tratta di una raccolta di poesie, 120 kanshi (poesie cinesi) associate a 64 poeti giapponesi, non è un’opera particolarmente rilevante dal punto di vista letterario proprio per questo motivo, la poesia cinese si basa tutta sulle rime e ciò è difficile da gestire da persone non madrelingua che conoscevano poco la lingua, la poesia cinese inoltre per poter essere considerata culturalmente importante doveva fare necessariamente al passato della storia cinese e ovviamente fatto da uno straniero risultava un’opera artificiale. I temi di quest’opera sono tanti: esaltazione della figura imperiale, elogio dei principi confuciani, scene di corte, battute di caccia, descrizioni di banchetti tenuti nei giardini di corte o nelle residenze nobiliari, la vita di eremitaggio dei monaci, la passione per la natura e il mondo magico e soprannaturale degli immortali del taoismo, la triste storia d’amore di Vega e Altair, lo scorrere del tempo, l’alternarsi delle stagioni e l’amore. Man’yoshu Antologia privata completata nel 759, a metà dell’VIII secolo, rappresenta 500 poeti (70 donne) di tutte le classi sociali, abbiamo poesie scritte da monaci e monache, contadini, principi, cortigiani, scrittori anonimi, questa scelta non si ripeterà mai più nella storia giapponese. Tra i compilatori c’è certamente Otomo no Yakamochi, non conosciamo i nomi di altri compositori. Questa antologia è composta da circa 4500 poesie organizzate tendenzialmente in ordine cronologico o per categorie, non è un’opera importante solo dal punto di vista letterario ma anche perché può essere considerato una sorta di enciclopedia, contiene tantissime informazioni sulla botanica infatti, queste informazioni venivano riportate spesso non solo nelle poesie ma anche in prosa in piccoli passaggi chiamati kotobagaki (introduzione sul tema della poesia) che a volte erano composti da una sola parola, altre erano lunghi diverse righe. Se volessimo catalogare le poesie del Man’yoshu in base alla metrica potremmo dire che: le 4500 liriche presenti nell’antologia 4200 sono tanka, seguono la metrica 5-7-5-7-7, questa metrica diventerà lo standard poetico giapponese, passeranno secoli prima che avvenga un rinnovo. A queste 4200 tanka si affiancano 260 choka o nagauta, sono poesie destinate a scomparire, mentre le tanke erano una poesia di 5 versi che seguivano lo schema metrico sopracitato le choka erano di lunghezza variabile per quanto riguarda il numero dei versi anche se seguivano anche esse sempre la stessa metrica. Abbiamo poi 60 sedoka cioè poesie che vanno a capo composte da due versi che seguono la metrica 5-7-7. Se volessimo catalogare queste poesie dal punto di vista del contenuto i tipi di poesia che ritroviamo all’interno dell’Man’yoshu sono varie:  Zoka: parlano di miti, leggende, banchetti, viaggi, cerimonie varie  Le mondo-uta: poesie di botta e risposta con qualcuno che compone una poesia per qualcuno e l’altra persona che risponde  Somonka: poesie d’amore  Banka: poesie funebri  Hanka: poesie che in soli 5 versi riprendono il tema trattato nelle nagauta  Tatoe no uta: poesie metaforiche  Shiki kusa-gusa no uta: poesie su un tema legato alle quattro stagioni  Shiki- somon: poesie che hanno come tema la natura e i sentimenti romantici Nel Man’yoshu coppie di caratteri o singoli caratteri vengono utilizzati per il loro valore fonetico oppure per valore fonetico + valore semantico o composti con caratteri utilizzati semanticamente, c’è anche l’utilizzo di una scrittura logo fonografica dove viene utilizzato un determinato set di caratteri cinesi per rappresentare le particelle. La poetica Ricchezza di temi e vocabolario, i grandi filoni tematici che vengono riconosciuti al Man’yonshu sono il Makoto e il Masuraoburi e il Kotodama, i primi due esprimono concetti simili, Makoto significa sincerità quindi una poesia basata sull’espressione autentica del sentimento, Masuraoburi significa mascolinità intesa come capacità di esprimere i propri sentimenti in maniera non artefatta, Kotodama significa parole portatrici di un potere magico che influenzano gli uomini. Dal punto di vista della tematica e del contenuto quindi abbiamo espressione sincera e immediata che incontra però la difficoltà linguistica che ha molto poco di poetico. I quattro periodi del Man’yoshu  Primo periodo: primi anni del 600-672 (jinshin no ran)  Secondo periodo: 672-710 (nara capitale)  Terzo periodo: 710-733 (morte di Yamanoue no Okura)  Quarto periodo: 733-759 (ultima poesia Mys) immagina che le gru siano partite perché ad Ayauchi la marea si sia ritirata, il termine naku (piangere degli essere umani) indica anche il piangere degli uccelli poiché nonostante i due verbi si scrivano diversamente sono omofoni, questo richiama il concetto di sovrapposizione tra uomo e natura. Il fatto che venga ripetuto due volte lo stesso verso richiama la poesia arcaica, cosa importante soprattutto perché si tratta di una poesia tanka, Takechi inizia a usare l’honkadori letteralmente “prendere una poesia originaria” cioè prendere una poesia scritta da altri, incorporarla nel proprio testo e farci un riferimento. Yamabe no Akahito e la natura A coglier violette Venni in questo Campo di primavera. Ma andar via fu duro, sicché vi passai tutta la notte. Considerato il cantore della natura, il poeta si reca nel campo e resta estasiato dalla bellezza dei fiori di lilla e decide di passarvi la notte, l’immediatezza dei versi fece si che non ebbe una grandissima fortuna nei secoli successivi. Otomo no Tabito Siamo in un momento n cui la corte giapponese sta cercando di centralizzare il potere per cui in tutto il Giappone vengono creati dei centri amministrativi per non perdere il contatto con le province e tra questi c’è quello di Dazaifu amministrato da Otomo no Tabito ed era tra le 4 principali del Konshu, era un centro importante grazie alla sua posizione continentale e infatti da lì passavano le ambasciate cinesi. La famiglia di Otomo era importante a corte e infatti lui diventa governatore di Dazaifu, nonostante questo si trovava molto lontano dalla capitale e ciò non era gradevole. Tabito aveva una grande familiarità con la poesia cinese e quasi tutte le sue poesie del Mys, tranne due, sono scritte dopo che è diventato governatore di Dazaifu. Più di un elisir Per volar tra le nubi Vorrei riveder la capitale Questo povero corpo mio Tornerebbe di nuovo giovane Il termine kusuri (medicina) in questo caso indica un elisir di lunga vita, accennando dall’alchimia taoista che ambiva all’immortalit, questo ci riporta a Qin Shi Huang yi che inseguiva l’idea dell’immortalità e addirittura finisce per farsi avvelenare, probabilmente in buona fede, dagli alchimisti che gli somministravano dosi massicce di mercurio liquido, Tabito rinuncerebbe all’elisir di lunga vita pur di rivedere la capitale perché ciò gli allungherebbe la vita più dell’elisir. Più che indulgere In vacui pensieri È molto meglio Bere un’unica coppa Di sake non filtrato Scrisse 13 poesie sul sake, si parla del sake tenendo presente la filosofia taoista di cui il concetto fondamentale è il tao che è il tutto, è il continuo cambiamento dell’universo che segue l’idea dell’agire senza agire a cui richiama con questa poesia. I sette saggi del boschetto di bambù (IV d.C.) In tempi antichi C’erano sette saggi Ciò che anche questi uomini Desideravano più di ogni altra cosa Era il sake. Il riferimento è ai sette saggi che costituivano il bosco di bambù cioè persone storiche realmente esiste che abbandonano la politica della capitale per ritirarsi nel bosco di bambù per ozieggiare e bere sake. Altre due poesie sul sake richiamo sempre il concetto della non azione e l’idea che è meglio non agire e bere sake. Le poesie sui pruni Fiori di pruno Che con la neve Rimanete sui rami Non cadete troppo in fretta Anche se la neve dovesse sciogliersi Richiamo alla cultura cinese per la scelta dei fiori, in questo periodo il fiore di pruno era il fiore per eccellenza elogiato alla corte cinese, è un fiore primaverile ma in giapponese fiorisce a febbraio quando ancora nevica. Il poeta si rivolge direttamente al fiore. Yamanoue no Okura, Dialogo sulla povertà Siamo nell’ambito del circolo di Dazaifu, è di origine coreana ma aveva una forte cultura cinese ed era riuscito a fare carriera, in molte delle sue poesie c’è un’introduzione scritta in cinese, esse sono interessanti perché esprimono opinioni di carattere sociale, questa cosa poi sparirà completamente. Delle sue opere una particolarmente famosa è il “Dialogo sulla povertà” in cui il poeta immagina di parlare con un povero, è stato ipotizzato che fosse in realtà un funzionario ma non un vero povero perché nomina il sake e il sale duro da sgranocchiare che non era alla portata dei poveri. Il quarto periodo (733-759) Chiude il mys, il 759 è l’anno in cui risulta scritta l’ultima poesia, è il periodo in cui finisce la vera poesia poiché essa sarà uno strumento letterario in cui i sentimenti verranno espressi in maniera meno genuina, inizia in questo periodo lo studio dei precetti dei maestri, si guarderà al passato, infatti, per tutto il corso della storia giapponese. Otomo no Yakamochi Figlio di Otomo no Tabito, unico nome certo che sappiamo tra i compilatori del Mys, gli ultimi 4 libri del mys occupano tantissimi suoi componimenti. Nella sua poesia iniziamo a vedere quella che sarà la poesia tipica del Kokinshu, la natura diventa preponderante nella sua poesia, è importante considerare i cinque sensi in queste poesie soprattutto visivo, uditivo e olfattivo. Rigonfio di nubi il cielo E la neve cade incessante E tuttavia Nel mio giardino Un usignolo canta La scena visiva iniziale è cupa e viene rallegrata dalla presenza dell’usignolo risollevando il poeta dalla sua profonda malinconia. In casa tutto il giorno Chiuso in casa per pioggia Mi prende la malinconia mi prende la malinconia Sicché per rallegrar lo spirito ma poi esco e vedo Esco di casa e delle cicale che il monte Kasuga Che son giunte odo la voce s’è tinto di rosso Le scene iniziali sono simili ma il tema della malinconia è sviluppato diversamente, nella prima riguarda il senso uditivo, le cicale cantano a fine estate e sono malinconiche perché rappresentano un presagio di morte, la visione del Kasuga tinto dalle foglie rosse invece rappresenta l’arrivo dell’inverno e della malinconia che lo accompagna. In un giorno di primavera In cui il sole splende stupendo Un’allodola si alza in volo Sono triste e solo Perso nei miei pensieri Scena di un bel giorno di primavera in cui il poeta si rattrista osservando il volo dell’allodola. Kokinwakashu o Kokinshu- Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne Il periodo Heian (794-1185): la capitale passa da Nara ad Heiankyo, è un momento storicamente importante, Heian rimase capitale fino al 1868 quindi fino alla modernità, però nel 1865 la fisionomia del paese cambia radicalmente, in questo periodo l’imperatore diventa simbolicamente sempre più importante, in Giappone l’imperatore non ha mai esercitato realmente il potere politico, delega la funzione del potere politico alla classe aristocratica e dopo la militarizzazione del paese ai capi del bakufu, in questo periodo la corte si trasforma in un microcosmo isolato. e dunque sempre più intesa cade la pioggia che misura la mia miseria. -Ariwara no Narihira Scritta per una dama della sua casa che aveva una relazione con Fujiwara Toshiyuki, è una poesia recitata da una donna ma scritta da un uomo, la pioggia da forma al sentimento della malinconia poiché l’acqua viene usata come metafora delle lacrime. Se in questo mondo Non esistesse affatto Il fiore di ciliegio L’anima in primavera Sarebbe serena. -Ariwara no Narihira Esprime l’angoscia di poter perdere la bellezza dei fiori che hanno vita breve e da un momento all’altro perdono la bellezza, è una sorta di paragone con la vita umana. L’attitudine cerebrale I poeti del Kokin realizzano spesso dei versi che mettono in scena l’attitudine cerebrale dell’autore cioè l’idea di comporre dei versi successivamente ad un ragionamento, dal punto di vista poetico non hanno una grandissima qualità. Kotobagaki: una piccola introduzione che da informazioni o sulla poesia o sull’occasione in onore della quale un dato componimento è stato composto, possono essere anche parole singole Kotobagaki della poesia: Sul susino in fiore presso una corrente d’acqua. Ad ogni primavera Lo specchio della corrente Pare fiorito E per il ramo coglier non posso Si bagnerà la mia manica -Ise Altre kotobagaki sono molto lunghe e spiegano perché la poesia è stata composta, sono importanti perché danno la giusta chiave di lettura soprattutto quando le poesie sono vaghe o nascondo significati metaforici. Gli artifici retorici Ne esistono alcune importanti usate con la stessa regolarità e frequenza, una di questi è la makurakotoba letteralmente significa “parola cuscino”, si tratti di epiteti di lunghezza fissa, di 5 0 7 more (sillabe) di origine molto antica che in realtà già al momento della composizione del Kokin queste makurakotoba avevano perso di significato, erano significanti vuoti che mantenevano una sfumatura lieve di significato, di alcune sono state tentate anche delle analisi filologiche, le loro due funzioni principali erano quelle di conferire un’aura arcaica quasi magica alla poesia, e soprattutto avevano una funzione di riempimento per quanto riguardava la metrica, le 5-7 more si potevano tranquillamente adattare alla poesia. Un altro elemento tipico della poesia di questo periodo sono le jokotoba che sta per introduzione, queste possono occupare due o tre versi e non hanno una struttura fissa, compaiono sempre all’inizio di una poesia e hanno quasi sempre come oggetto elementi naturali oppure paesaggi, sono seguite dall’espressione del sentimento umano a cui fanno da sfondo e sono variabili. Ecco canta il cuculo, nella quinta luna stagione dell’iris e smarrito sono in un labirinto d’amore L’ayame è il nome dell’iris ma scritto con gli stessi caratteri è anche il nome del calamo aromatico ed è la pianta che viene usata alla quinta luna, giugno secondo il calendario lunare, ed è questa una stagione di purificazione spirituale in cui il calamo aromatico si appendeva alle porte delle case e ci si asteneva anche dai rapporti sessuali per ragioni religiose; con il calamo aromatico veniva fatto il kusudama cioè delle sfere contenenti profumi o erbe mediche spesso portate dalle donne appese al polso, l’introduzione quindi è un setting sacro accentuato dalla parola ayame nel primo verso che viene ripetuta in quello successivo con un significato diverso cioè “ragione”, non conoscere la ragione ed essere presi dal sentimento dell’amore nonostante ci si trovi in un periodo sacro, ci allontaniamo quindi dal significato di quanto detto nell’introduzione della poesia. Poi ci sono le kakekotoba che sono parole omofone ma che appartengono a due campi semantici diversi cioè quello della natura e quello del sentimento umano. I colori dei fiori Sono, ahimè, sbiaditi Mentre io invano Assorta nei pensieri Vedevo passare i giorni di Pioggia ostinata -Ono no Komachi Questa è la sua poesia più famosa, dal punto di vista delle kakekotoba i termini a cui dobbiamo fare attenzione sono furu e nagame, furu significa piovere/passare del tempo che si riferisce alla donna che vedeva i colori dei fiori sbiadire la propria bellezza, nagame significa lunga pioggia e anche esserti assorti nei propri pensieri malinconici. Mono no na: gioco consistente nel nascondere una data parola all’interno di un verso o a cavallo di due versi, il poeta abile le spezza in due mettendo una parte alla fine del verso e l’altra all’inizio del verso successivo, non era necessario che ci fosse una correlazione semantica tra il termine e il contenuto della poesia Alla rapida ove s’increspano le onde Ecco le perle Candide si spargono Se le raccolgo, nelle mie maniche Svaniranno effimere -Ariwara no Narihira Utsusemi (le spoglie della cicala) è la parola che viene divisa e ha anche un valore semantico perché nasconde la parola ma le da anche un significato profondo poiché l’immagine che viene realizzata è tipica dell’iconografia buddhista cioè l’immagine della spuma sull’acqua, le spoglie della cicla nell’iconografia buddhista sono paragonate agli esseri umani che sono destinati a sparire, tutte le cose nominate, quindi, hanno un carattere effimero. Engo: significa parole correlate che si richiamano a vicenda per associazioni di idee, in linea di massima ci troviamo anche qui in presenza di kakekotoba ma le engo creano un doppio flusso semantico. Mi ripudiasti Alla baia di Naniwa E così trascinato dalle onde Della sofferenza, approdai a Mitsu Ove mi feci monaca È una poesia importante dal punto di vista tecnico, Naniwa è l’antico nome di Osaka ma significa anche porto, ura significa baia ma è anche parte del verso uramu che significa provare risentimento per qualcuno, ukime significa alghe che galleggiano sull’acqua e anche esperienza dolorosa, mitsu significa porto/ nome di un tempio, ama significa pescatore/monaca, in realtà queste parole possono essere divise in due gruppi, uno in cui parlano dei pescatori di alghe della baia di Naniwa e l’altro gruppo indica l’esperienza dolorosa di prendere i voti. Midate: un paragone che mette in scena un alto grado di sorpresa da parte del poeta. Gijinho: cioè la personificazione, alcuni elementi naturali vengono personificati prendendo una forma umana La veste di foschia Che indossa la Primavera Ha trame sottili Al vento di montagna Sembra si sciolga a squarci Questa poesia nel 600 verrà usata a mo di sfottò. Nella notte d’autunno La rugiada si posa E tinge il campo, ma sono le lacrime Forse di oche selvatiche Ad infondermi il colore vermiglio Il poeta non sta dicendo nulla di particolarmente poetico per la visione dell’epoca poiché come dato scientifico si credeva che la rugiada determinasse l’accendersi di rosso delle foglie, le oche selvatiche del nord producevano un verso molto malinconico che ricordava il pianto. Il Nikki (diario) Ci troviamo in un momento molto importante per la cultura, abbiamo già parlato di come il termine hiragana fosse in realtà stato coniato tempo dopo la sua nascita, in origine ci si riferiva ad Il nome Izumi Shikibu viene da Izumi cioè il nome di un’antica provincia della quale era stato governatore suo marito Tachibana o Michisada e Shikibu che significa maestro cerimoniale che era la carica assunta da suo padre Oe no Masamune. Il diario è di attribuzione incerta, è scritto in terza persona, gli eventi non sono divisi per giorni e mesi e ci troviamo in presenza di un autore diegetico e onnisciente. Il diario contiene 150 poesie e racconta la scandalosa storia d’amore dell’anno 1003 con Atsumichi, fratello di Tametaka (con cui aveva avuto una relazione), c’era una differenza forte di classi sociali tra i due e appartengono a fazioni diverse della corte; Atsumichi in occasione dell’anniversario di morte del fratello manda alla poetessa un ramo di mandarino selvatico in fiore, la donna capisce quello che vuole dire Astumichi e risponde con questa poesia: Più che ricordare Con il profumo dei fiori Vorrei ascoltare il cuculo Per vedere se la sua voce È uguale a quella che Conosco Uno scambio di comunicazione criptico, ci troviamo alle porte dell’estate, i giapponesi dell’epoca legavano gli elementi naturali alla comunicazione e l’estate è legata a questo fiore perché fiorisce appunto in estate ma questo fiore qui siccome fiorisce in estate si lega a sua volta all’immagine del cuculo che è un uccello che dall’autunno alla primavera vive sulle montagne e si avvicina ai villaggi solo in estate nella stagione degli amori, un animale che fa avanti e indietro dalle montagne ai villaggi può essere considerato un messaggero dell’aldilà oppure la reincarnazione dello spirito del defunto, per questo motivo lei scrive che preferirebbe udire la voce del cuculo, per capire se Astumichi e suo fratello siano uguali. La comunicazione alla corte Heian era quasi tutta fatta di poesie con significati nascosti che per essere compresi dovevano essere accompagnati da una serie di accessori: la poesia doveva essere scritta su un pezzo di carta o di stoffa, su un ventaglio etc e dovevano essere in tema con la stagione in cui veniva scritta, l’inchiostro scelto era importante, stessa cosa per l’incenso con cui venivano profumati i fogli; addirittura Atsumichi le invia una poesia con attaccata la penna di un gallo che aveva ucciso perché li aveva svegliati quella mattina, il canto del gallo era doloroso anche perché gli amanti si incontravano di notte e l’arrivo del alba che portava il gallo a cantare indicava all’uomo che era ora di lasciare gli alloggi della sua amante. Un gioco raffinato per donne invisibili, l’episodio del tenarai: era un esercizio di calligrafia perché era uno degli impegni più comuni delle donne quello di copiare testi antichi poiché gli uomini che le conoscevano attraverso lo scambio di lettere, visto che non le vedevano direttamente, erano interessati alla presenza di riferimenti letterari. Izumi risponde con un set di 6-7 poesie ad Atsumichi, dal punto di vista letterario non erano eccelse: Se durante l’autunno Le mie maniche diventeranno fradice Quando inevitabilmente Arriverà la pioggia di fine autunni Chi mi presterà le maniche? Le maniche bagnate sono un riferimento al pianto, il menzionare l’autunno è importante perché è la stagione che precede la paura della fine di qualcosa, in questo caso l’amore, e il termine aki che indica l’autunno che è anche alla base di akiru che sarebbe il raffreddore quindi il sottotesto di questa poesia è il vento d’autunno che si sovrappone alla paura del raffreddamento della passione da parte dell’amante; lui le risponde: Durante l’autunno Le mie maniche Sono diventate fradice Pensavate che Succedesse soltanto a voi? Significa che ha pianto per la paura di perderla. Lei scrive un’altra poesia: Quante notti Sono passate Senza mai dormire Non faccio che ascoltare Le oche selvatiche Le oche selvatiche sono degli animali migratori che hanno un canto molto triste, questo ci da una conferma della chiave di lettura dell’epoca; lui risponde: è senz’altro a causa del vostro modo di essere che ascoltate il verso delle oche che volano in cielo senza mai chiedere occhio Significa che non sono tristi le oche ma è lei a sentirsi così. Altra poesia: Oltre a me Ci sarà qualcuno Che la starà contemplando Niente è più toccante Della luna dell’alba del nono mese La luna è uno dei protagonisti della letteratura di questo periodo, l’autore guarda la luna e pensa che la starà guardando anche la persona lontana a cui pensano, l’alba del nono mese indica la solitudine e il nono mese è anche il mese del crisantemo che è il simbolo reale ma è anche simbolo di longevità, lui le risponde: Non pensate che La vostra esistenza sia rugiada Destinata a svanire. Perché non vi augurate La lunga vita del crisantemo? La rugiada è legala all’evanescenza della vita, lui le dice di non essere triste e pensare invece alla longevità del crisantemo. Altra poesia: Da chi mai dovrei andare Per sapere se Da qualche parte Qualcuno osserva la luna Col mio stesso stato d’animo? L’angoscia dei pettegolezzi: La nutrice di Atsumichi gli scrive e gli consiglia di avere Izumi come dama al suo servizio in modo tale che non rovini la sua reputazione anche perché non appartiene ad un rango sociale molto elevato, lui propone infatti a Izumi di diventare ufficialmente la sua amante, lei pensa di accettare anche perché la sposa ufficiale viveva per conto proprio, oltretutto Izumi pensa che vivendo lì in disparte poteva stare tranquilla e non temere nulla. Murasaki Shikibu Nikki Donna senza nome, figlia di Fujiwara no Tametoki, Shikibu indica la carica di maestro delle cerimonie assunta da suo padre e Murasaki è il colore dei fiori di glicine (simbolo dei Fujiwara) ed è il personaggio femminile principale del suo romanzo. Questo testo non reca date, nella prima parte racconta la nascita del principe Atsuhira, il primo figlio dell’imperatrice Shoshi, la figlia di Fujiwara no Michinaga, la seconda parte racconta la vita a corte sotto forma di lettera ad un’amica e l’ultima è un racconto di ricordi apparentemente slegati tra loro riguardanti la vita di corte. In tutto il diario ci sono scarsi riferimenti alla stesura del Genji monogatari, in una parte racconta che nei suoi appartamenti Fujiwara no Michinaga aveva trovato una bozza del romanzo e l’aveva data a sua figlia; in un altro punto la definisce un’opera non interessante che si vergognava a far leggere a chi la conosceva. Il romanzo è ambientato cento anni prima in una corte molto sfarzosa, questo sfarzo però non lo ritroviamo nelle parole che lei riserva al suo diario in cui descrive una corte poco lusinghiera, è come se nel diario raccontasse la corte che vive e la lascia indignata mentre nel romanzo ne immagina una ideale. Nel diario fa riferimento a Izumi Shikibu che pensa non sia un’abile poetessa e Sei Shonagon che definisce presuntuosa perché conosce i caratteri cinesi e la cultura intercontinentale. Le donne dell’epoca dovevano essere belle e colte ma non dovevano superare gli uomini. La vita di queste donne era breve perché legata all’effimerità della loro bellezza. Sarashina Nikki Del 1060, scritto dalla figlia di Sugawara no Takasue, buona parte del testo racconta il viaggio da Kazusa alla capitale, la narrazione copre virtualmente tutta la vita dell’autrice ed è quasi un diario di viaggio, è più un’autobiografia che un diario ed è stato redatto dalla sua autrice in un’unica soluzione quando aveva 53 anni, è una narrazione dai contorni sfumati. L’autrice era affascinata dai racconti del Genji monogatari e dai vari monogatari dell’epoca e per questo per poterseli prcopurare si fece costruire una statua di buddha Yakushi che pregava bambù l’elisir di lunga vita che lo rifiuta e lo butta nel monte Fuji, alla fine dell’opera leggiamo anche una spiegazione sul monte Fuji che significa immortale, veniva chiamato dunque cosi proprio a causa dell’elisir che era stato gettato al suo interno, è un Utamakura cioè una categoria di parole poetiche, che spesso coinvolgono nomi di luoghi, che consentono maggiori allusioni e intertestualità nelle poesie giapponesi; la storia è tutta basata su elementi contrastanti, il vecchio essere umano in contrasto con la ragazza lunare, il vecchio è buono e lei si mostra a volte crudele, l’opposizione tra gli uomini e il mondo non umano, le prove infatti vengono rese impossibili proprio per non creare l’incontro tra i due mondi e seguendo questa logica capiamo anche perché il vecchio rifiuta cioè perché non vuole vivere senza la figlia, l’imperatore invece rifiuta l’elisir perché è sia umano sia nipote della dea amaterasu e se diventasse immortale spezzerebbe l’equilibrio tra le sue due naturale, tutta la tensione narrativa deve essere quindi risolto dal ritorno della principessa sulla luna, c’è anche il tema della perdita perché il vecchio perde la figlia, i cortigiani si dimostrano imbroglioni e perdono la faccia e la principessa stessa perde il suo genitore adottivo. A differenza di altri testi la struttura dell’opera è molto compatta nonostante vengono raccontati singoli episodi perché sono ben collegati tra loro, i personaggi sono privi di introspezione anche se c’è una caratterizzazione psicologica perché rimangono sempre coerenti nelle loro azioni, solo la principessa viene descritta esteticamente, gli altri possiamo analizzarsi solo attraverso le loro azioni; nelle prove la principessa chiede ai pretendenti degli oggetti che non esistono e loro le portano dei falsi, ad esempio al principe Ishitsukuri viene chiesta la ciotola del buddha o a Chunagon isonokami no marotari viene chiesta la conchiglia che facilita il parto e lui è l’unico che non imbroglia ma muore ed è l’unico a cui non è stato chiesto di attraversare il mare; l’episodio più articolato è quello di Kuramochi a cui viene chiesto un ramo gemmato dal monte Horai, Qin Shi Huang yi era fissato con l’immortalità e leggenda vuole che un giorno invii sul Penglai un migliaio di persone alla ricerca dell’elisir, il monte è un monte cinese mitologico, questi soldati arrivarono in Giappone sul Fuji e non trovando nessun elisir rimangono sul monte, è per questo che viene scelto questo monte, come riferimento alla cultura degli alchimisti, Kuramochi paga un orafo per farsi costruire un ramo che corrisponde a quello della leggenda, da qui evince la conoscenza del autore delle persone di corte che più sono ricche e più non vogliono pagare perché Kuramochi non paga per il ramo che ha fatto realizzare dall’orafo e infatti mentre la principessa stava per cedere perché credeva fosse il vero ramo, arriva l’orafo per riscuotere il compenso per il gioiello, la principessa dice: Mi chiedevo se fosse vero Ed ecco che il ramo gemmato È coperto di foglie di parole C’è un richiamo al valore magico delle parole che in questo caso richiama però alla falsità e infatti la principessa manda via il pretendente. L’altro episodio: la principessa deve partire e tornare sulla luna, il vecchio minaccia di far del mal a chi provi a portarla via, la principessa si sente desolata all’idea di andarsene senza aver mostrato la sua gratitudine nonostante sa che deve andarsene soprattutto dopo aver rifiutato di sposarsi, cosa che chiaramente la metteva in cattiva luce, aveva infatti chiesto di poter rimanere sulla terra per un altro anno ma le era stato rifiutato, gli abitanti della capitale della luna non invecchiano e non hanno preoccupazioni, questo è un riferimento alla filosofia buddhista e alla terra pura, nonostante questo però la principessa voleva restare sulla terra ma alla fine non ci riuscirà. Utusho monogatari :Il racconto del albero cavo, scritto da Minamono no Shitago nel X secolo, è molto più lunga rispetto alle precedenti, nelle varie sezioni cambia il modo narrativo e in questo cambiamneto troviamo lo stesso tipo di logica del kojiki che diventa sempre più realistico. La storia inizia con il naufragio del nobile Kyowara no toshikage che incontra tutta una serie di divinità che gli regalano 12 koto (strumento musicale mobile) insieme alla profezia che i suoi discendenti avranno fortuna a corte grazie alle loro doti musicali, due di questo koto hanno poteri magici e quando Toshikage torna a casa insegna a sua figlia i segreti del koto, la figlia ha un figlio, Nakatada, da Kanemasa, nakatada e madre vanno a vivere in un albero cavo per miseria e il potere magico del koto riunisce la donna e Kanemasa, a quel punto tornano a corte e Nakatada si fa notare per le sue abilità nel suonare; nella seconda parte il racconto si sposta a corte e diventa più realistico, si parla della rivalità tra Nakatada e 15 pretendenti per la principessa Atemiya; nella terza la sorellastra di Nakatada, Nashitsubo, diventa concubina del principe dandogli un figlio e Atemiya cade in depressione; nella quarta parte Nakatada costruisce due torri e insegna alla figlia, inumiya, i segreti del koto e alla fine viene fatto un banchetto in cui cadono fulmini per elogiare la sua bravura. Nonostante questo testo si sforzi di articolarsi attraverso il tema della musica, nel suo complesso la narrazione risulta altamente episodica e frammentaria, manca totalmente l’introspezione ma ci sono tantissime informazioni nelle descrizioni degli ambienti e tanti discorsi e ripetizioni, ci sono anche tante poesie che però non solo legate alla situazione descritta. Ochikubo monogatari: anonimo, scritto alla fine del X sec, ha uno sviluppo armonico della narrazione. I principiali personaggi sono Ochikubo, figlia del consigliere di mezzo, Minamoto no Tadayori, la matrigna e Fujiwara no Michiyori. La trama: Ochikubo rimane orfana di madre e viene cresciuta dalla matrigna che la odia, la ragazza ha una storia con Fujiwara no Michiyori e la matrigna presa dalla gelosia la rinchiude in una stanza, Michiyori la va a salvare ma la matrigna cerca di organizzare un’unione tra Michiyori e una delle sue figlie, così lui le fa uno scherzo per cui fa finta di acconsentire alla nozze ma il giorno del matrimonio si fa sostituire dall’uomo più brutto della corte, la matrigna cade in disgrazia e va a vivere nella casa che Ochikubo aveva ereditato dalla madre morta, la matrigna e il padre spendono tutti i loro averi per ristrutturare la casa e Michiyori si presenta a rivendicarne la proprietà in qualità di marito di Ochikubo, ma alla fine trovano un accordo risanando i rapporti familiari e addirittura Michiyori fa si che il padre di Ochikubo abbia un incarico più importante a corte. Ochikubo è un termine presente solo in questo monogarati ed è stato ipotizzato che riguardi lo Shindenzukuri che è il complesso residenziale dei nobili costituito da residenze indipendenti, la cosa interessante è che questo tipo di residenza è che è equiparata col valore sociale delle singole abitazione e le coordinate spaziali, tutto questo si collega allo ochikubo cioè ad una residenza matrimoniale provvisoria, due persone sposate non andavano subito a vivere insieme e si incontravano in queste stanze prima di andare a vivere insieme, in questo genere di stanza probabilmente era stata rinchiusa Ochikubo. L’ochikubo monogatari rientra nei Mamako monogatari cioè racconti di figliastre, le due caratteristiche sono: prematura scomparsa della madre, promessa del padre di occuparsi della bambina, seconde nozze del padre con una donna malvagia, odio della matrigna, incontro con il principe azzurro, trionfo del bene sul male, karma preso dalla visione buddhista della vita. Come colloazione nei monogatari ha una posizione di mezzo tra passato e futuro, mancano gli elementi fantastici ma manca l’introspezione psicologica. Sumiyoshi monogatari: XI sec, viene citato nel Makura no soshi e nel Genji monogatari. I personaggi sono Himegimi, figliastra maltrattata dalla matrigna, ma non dalle sorellastre, il Tenente che era lo spasimante di cui era innamorata, la matrigna cerca di ostacolarli ma la ragazza suona il koto che le permette di rincontrare il suo amante. Questo genere di racconti metaforicamente ci raccontava un archetipo culturare, la ragazza maltrattata rappresentava una ragazza giovane in età di marito, con la prima mestruazione c’è il passaggio da bambina a donna e all’epoca in questo periodo le ragazze venivano isolate, rappresentava quindi un rito di iniziazione per le donne che rinascevano a nuova cita dopo questo cambiamento, potevano quindi indossare l’abito da donna adulta (12-14 anni) e tutti i maltrattamenti possono essere interpretati come i riti per preparare le donne la matrimonio che devono sapere come comportarsi, un’altra tesi è che questi testi fossero solo racconti per bambine. Sia Ochikubo che Himegimi rappresentavano l’iimagine della perfetta donna heian, obbediente e taciturna mentre il Tennete e Michiyori erano diversi tra loro, Michiyori era un guerriero ideale e il Tenente era il classico gentiluomo di corte. Uta monogatari Nella cultura giapponese classica la poesia rappresentava un mezzo di comunicazione importantissimo ed è per questo che la loro struttura era così rigida, c’era la tendenza alla antologizzazione, c’erano raccolte pubbliche e private; le poesie erano un elemento cardine per due tipi di testo cioè i diari di viaggio e i diari autobiografici, fondamentali anche nei testi in prosa. Gli uta monogatari sono dei racconti in cui l’equilibrio tra la parte in prosa e la parte in poesia è equilibrato; sono due gli elementi da cui nascono gli uta monogatari: i kotobagaki cioè le introduzioni in prosa che troviamo prima della poesia in cui vengono date informazioni sul tema della poesia o sulla circostanza per la quale la poesia è stata scritta, le poesie giapponesi tendono ad essere criptiche senza una spiegazione del contesto e a un certo punto a corte nasce una sorta di gioco di società in cui i cortigiani si riunivano e prendevano delle poesie sprovviste di kotobagaki e inventavano loro delle introduzioni in modo che a posteriori le poesie avrebbero potuto acquisire un significato più specifico di quello superficiale che evinceva solo leggendo la poesia, questo gioco si chiama utagatari e con lo strutturarsi di questi utagatari nasce ,la possibilità di creare un racconto omogeneo, per quanto episodico, incentrato su un determinato personaggio. Ise monogatari: incentrato sulla figura di Ariwara no Narihira (820-885), è considerata un’opera anonima nonostante contenga diverse poesie di Nrihira stesso, era un capo della guardia reale molto importante nella corte del IX secolo, ricordato come il cortigiano per eccellenza, colui che fa del godimento estetico la sua ragione di vita; l’opera è composta da 125 episodi tutti incentrati sulle poesie con delle introduzioni di lunghezza variabile, in questo contesto l’elemento fondamentale prima del soddisfacimento della passione amore quello che è particolarmente significativo è il corteggiamento, in un passo parla di un uomo, se stesso in realtà, che si recò a caccia nel villaggio di Kasuga, vicino alla capitale Nara, in quel villaggio vivevano due sorelle che l’uomo scrutò di nascosto attraverso lo steccato della casa e si sentì assorbito da quella vista, Vanamente Ogni giorno attendo D’avanzare nel mondo Mi domando se siano più alte questa O le cascate delle mie lacrime Le cascate servono come metro di paragone alla sfera umana delle lacrime, è una poesia semplice da comprendere conoscendo la sua posizione politica ma ci sono comunque dei sottotesti che il giusto destinatario riesce ad interpretare come nel caso di Yukihira, il fratello di Narhira, invita tutti i rappresentanti della corte ad un banchetto e nel organizzare il banchetto Yukihira fa portare ad ogni ospite un vaso all’interno del quale è posto un lungo ramo di glicine e Narhira compone questa poesia: Molti sono coloro Che si nascondono sotto questi fiori Splendidamente fioriti Dunque, l’ombra del glicine È grande più che in passato Il termine arishi nella poesia originale in giapponese richiama Ariwara e fuji richiama fujiwara nel verso in cui dice “all’ombra del glicine” per indicare la corte che sottostava ai Fujiwara e che era opportunista e partecipava ai giochi di potere. Yamato monogatari Compilato tra il 951 e il 953, quindi a metà del X secolo, ha 173 episodi e viene normalmente diviso in due parti, la prima che va dall’episodio 1 al 146 e racconta storie sull’imperatore Uda e la seconda che va dal 147 al 173 e racchiude molte storie e leggende di natura folklorica. Un delle leggende è quella della fanciulla di Unai (147), narra di una fanciulla, il quale amore viene disputato tra due pretendenti e la ragazza non sa chi scegliere allora i due decidono di sfidarsi e come sfida scelgono di provare ad uccidere un uccello che vola sul fiume e scoccano contemporaneamente una freccia ed entrambe trafiggono l’uccello che cade a terra morto, i due si sfidano allor a duello ma la ragazza per paura che uno dei due possa morire si getta nel fiume per uccidersi, i due si gettano dopo di lei per salvarla e in pochi minuti affogano tutti e tre, la vicenda si conclude con delle poesie che le dame di corte si raccontano commentando un byobu (paravento colorato) in cui è raffigurata questa scena con gli aironi che volano. Un secondo episodio importante è quello di Obasute (156), parla di un ragazzo che viene allevato dalla zia con cure amorevoli fin quando lui non raggiunge la maggior età, si sposa, e la moglie non vuole più l’anziana signora in casa quindi istiga il marito ad abbandonare questa donna sulla vetta della montagna che si trova di fronte casa loro e di abbandonarla lì, si tratta di una pratica che aveva una certa corrispondenza nei tempi antichi in cui gli anziani che non erano più utili per il villaggio venivano abbandonati al loro destino, a malincuore il ragazzo decide di assecondare la moglie, inganna la zia dicendole che vuole portarla a seguire un rito religioso sul tempio sulla vetta della montagna e se la carica in spalla portandola lì e una volta fatta scendere la lascia lì e andandosene la sente piangere perché aveva capito di essere stata abbandonata, tornato a valle la scena della luna che rischiara il monte gli fa provare un sentimento straziante nei confronti della donna e decide di andarla a recuperare, il sentimento di questa scene viene in qualche modo ristretto a questi versi che dicono: Invano cerco di placare La mia anima sconsolata A Sarashina Contemplando la luna che splende Sul monte della zia abbandonata L’uomo dunque risalì sul monte per andarsi a riprendere la zia, da allora il monte è noto col nome di Obasute, ecco perché questo monte viene usato in poesia per alludere a dolori inconsolabili, sottolinea quindi la nascita di un utamakura. Takamura monogatari: non sappiamo chi lo abbia scritto, il takamura protagonista di questa vicenda probabilmente è lo stesso Takamura che all’epoca era un poeta di corte discretamente importante, l’opera è divisa in due parti, le due parti sono state scritte con un linguaggio tale che ha portato gli studiosi ad ipotizzare che in realtà risalgano a due poche diverse, la prima sarebbe stata scritta intorno al X sec, la seconda intorno al XII sec, ha un’unica narrazione con un alto numero di poesie che sono parte integrante della narrazione; trama: una ragazza cui genitori hanno cresciuto con amore facendole avere un’istruzione sofisticata per renderla appetibile agli occhi della corte, le fecero leggere gli scritti cinesi e questo indicava la loro apertura mentale poiché il cinese era una lingua parlata dagli uomini, si rivolsero a un loro parente, Takamura, per farle da insegnante e l’uomo vedendo la bellezza della giovane familiarizzò con lei e le raccontò varie cose iniziando a corteggiarla, i due iniziano a scambiarsi poesie che entrambi erano in grado di decodificare: Per poterla vedere attraversando Le montagne di Imo e Se Si abbassi il fiume Yoshino Che scorre tra di esse. E lei risponde: Vorrei che il fiume Yoshino Diventasse torbido Per non vedere nemmeno il riflesso Delle montagne di Imo e Se. Lo scenario è quello del fiume Yoshino chiamato anche fiume Imose perché scorre tra queste due montagne chiamate rispettivamente Imo e Se, e che esattamente rappresentano il principio maschile e quello femminile, il significato quindi dei versi di Takamura è che vorrebbe che il fiume Yoshino si abbassasse in modo tale che le due montagne potessero unirsi, sostanzialmente le sta chiedendo di sposarlo, lei si irrigidisce a questa proposta e dice che addirittura vorrebbe che il fiume diventasse torbido in modo da non vedere nemmeno il riflesso delle montagne cioè non voleva sentirne parlare e così lui le scrive ancora: la corrente resta torbida solo per breve tempo se vi fosse acqua desidererei proprio che diventasse chiara le dice quindi che vorrebbe che lei gli facesse capire se ci fosse almeno speranza che lui possa sposarla, a quel punto lei risponde: acque basse e profonde cosa sapete? Desiderate attraversarle E anticipando il mio cuore Voi parlate? Con questi versi vuol far capire che secondo lei la proposta di matrimonio di Takamura è prematura, il tutto si chiude con questi versi di lui: pur non conoscendo le acque in cui il mio essere finirà soltanto sento che devo scendere e stare nel fiume Imose Fa capire dunque che non troverà pace fin quando non si sposeranno, i due cominciano una relazione e la ragazza resta incita, i genitori, in particolare la madre, si oppongono alla relazione pensando a tutto lo sforzo che avevano fatto per dare alla figli un’istruzione consona ad avere delle relazioni socialmente utili, quindi si oppongono e la confinano in una stanza all’interno della quale la ragazza finisce per morire di crepacuore, nella seconda parte della storia si parla di Takamura che ha fatto carriera e ha sposato la figlia del ministro, lui vede in sogno il suo antico amore e ne parla alla sua nuova sposa la quale non mostra gelosia ma ha parole di pena per lei, poesia recitata dalla dona nel sogno di Takamura: siete o non siete voi la persona che vedo non riesco a distinguere pensavo proprio che non mi avreste mai dimenticata Heichu Monogatari: composto tra il 960 e il 965, è un monogatari della seconda metà del X secolo composto su Taira no Sadafun e contiene circa 150 poesie, il poeta era realmente esistito a corte, la cosa divertente di questo monogatari è che risulta la controparte comica del Ise monogatari, si raccontano gli episodi amorosi di questo poeta che vorrebbe comportarsi come Narhiwara no Narhira ma finisce spesso per fallire in maniera goffa, ad esempio lui decide di nascondersi un’ampolla con dell’acqua in una manica per poi versarla a tempo debito e far vedere di aver bagnato con le lacrime le maniche, questo piano viene scoperto e la dama di turno fa sostituire l’acqua con l’inchiostro così che Sadafun rimarrà coperto di inchiostro quando si sfregherà il viso con la manica; donna stava tornando nelle sue stanze e andando cita una poesia bisbigliando, Genji la tira per la manica ed ella si spaventa ma lui la tranquillizza e si aggancia alla poesia citata dalla donna inventando una poesia, citando anche questa volta il karma delle vite passate, dopodiché prese la donna tra le braccia e la portò nella stanza esterna chiudendo la porta alle loro spalle, la paura della ragazza la rendeva più attraente ai suoi occhi, la donna era troppo spaventata per respingerlo, la storia si conclude con una poesia che corona la scena: Se questa vita infelice Dovesse dissolversi in un momento Non verreste dunque a cercare La mia tomba nella distesa d’erba Solo perché non sapete il mio nome? L’alba è un concetto già visto, simboleggia il triste momento in cui gli amanti si separano, lui chiede alla donna di digli il suo nome e ella gli risponde con questa poesia in cui cita l’Ise monogatari in cui si parla di una tomba che era stata abbandonata, per decifrare il significato delle sue parole bisognava conoscere questa poesia. Dopo questo episodio Genji si auto esilia a causa della pressione sociale subita dopo l’essere stato scoperto, si reca quindi a Suma, un posto molto desolato dove incontra un vecchio governatore che lo salva in una notte di tempesta e lo porta a casa sua e fa di tutto per farsi di che Genji si avvicini sentimentalmente a sua figlia, la dama di Akaashi, Genji ha una storia con lei e hanno una figlia insieme, quando Genji torna a corte dopo aver visto in sogno suo padre che gli diceva di tornare, siccome la figlia era nata da una donna di basso rango decide di crescerla lui e di affidarne le cure a Murasaki che prima si addolora per la storia tra Genji e la principessa ma poi accetta volentieri. Genji era afflitto e triste durante l’esilio e descrive uno scenario desolato, nella poesia in cui ne parla dice che la poesia è l’unico modo per dar voce alla sofferenza che provava; quando Genji torna a casa l’imperatore Suzaku gli chiede di sposare sua figlia, la terza principessa, perché alla ragazza serviva una protezione e una posizione sociale e Genji la prende con se come consorte nonostante non sia interessato a lei, Murasaki non la prende bene perché una posizione sociale inferiore alla donna e ha paura di essere rimpiazzata, la terza principessa nel frattempo ha una relazione con Kashiwagi che è il figlio di To no Chujo che è il migliore amico di Genji, Kashiwagi fa vivere a Genji la stessa cosa che Genji ha fatto vivere a suo padre, dalla relazione tra la principessa e Kashiwagi nascerà Kaoru che ufficialmente Genji riconosce come suo figlio ma Kaoru sa di non esserlo, a differenza del figlio di Genji che l’imperatore all’epoca aveva dichiarato come suo; nel frattempo la salute di Murasaki si aggrava e pensa che la colpa sia della dama Rokujo che era un amante di Genji di grado elevato verso la quale quest’ultimo prova una forte attrazione nonostante ne fosse intimorito perché la donna aveva un carattere molto difficile e si pensa che la malattia di Murasaki sia dovuta alla sua gelosia; Murasaki prima di morire voleva dedicarsi alla vita religiosa ma Genji rifiutò in maniera egoista per tenerla vicino a se fino alla fine, era un divieto molto grave perché secondo la religione buddhista non darle la possibilità di redimersi era come condannarla al non poter avere la salvezza. Nel ciclo di Uji Genji muore e ci rendiamo conto che senza Murasaki anche la funzione di Genji come personaggio diventa nulla e così la narrazione si posta a Uji con un ambientazione cupa che turba l’animo dei personaggi, i tre principali sono una ragazza chiamata Ukifune, il figlio illegittimo di Genji cioè Kaoru e Niou cioè il suo nipote legittimo figlio della dama di Akaashi , i due hanno ereditato delle caratteristiche di Genji ma non arrivano alla sua grandezza, entrambi sono innamorati di Ukifune che fa capire di volersi suicidare per vitare lo scontro tra i due ma alla fine scappa e prende i voti. Analisi dell’opera: Genji il principe splendente era in realtà caratterizzato da luci e ombre, era il cortigiano perfetto acculturato, che sapeva dipingere e danzare ma che in realtà dietro la sua grandezza grazie alla bravura nello scrivere dell’autrice vediamo il suo grande egoismo. Abbiamo anche un aspetto sociale del suo modo di agire cioè ad esempio una volta Genji si invaghì di Seutsumuhana e si intrufolò nella sua stanza, la mattina seguente si rese conto che questa ragazza aveva un naso lungo e rosso e lui che aveva degli standard molto elevati resta shoccato anche perché la donna era di stato sociale basso ed era molto rozza ma nonostante non continui la relazione con lei la porta a vivere nella sua residenza togliendola dalla povertà. È un’opera che presenza una forte introspezione psicologica dei personaggi, 400 personaggi diversi, più di 700 poesie, cura dei dettagli, struttura complessa, ripetizione e sostituzione con la sensazione del deja vu e la visione buddhista del mondo, la narrazione gira attorno al mono no aware cioè la sensibilità verso le cose che appare costantemente. La sostituzione la troviamo nelle scene in cui Genji cambia l’oggetto del suo desiderio così come suo padre aveva sostituito Kiritsubo con Fujitsubo che assomigliava alla madre di Genji, cosa che lo porta a provare attrazione verso di lei, a causa dell’impossibilità della loro relazione la sostiutice con la sua nipotina che le somiglia, Genji trasferisce poi il suo senso di colpa per la relazione avuta con Fujistubo sulla relazione avuta con la dama della luna esiliandosi da solo, quest’espiazione è uno spostamento della colpa. L’amore romantico non era ben visto all’epoca perché nell’ottica buddhista era una passione che allontana dalla verità, era quindi stigmatizzato; Murasaki crea un microcosmo all’interno della corte grazie al rapporto tra murasaki e Genji che vanno a vivere insieme, questo modo di vivere lo spazio matrimoniale è esternamente fittizio perché nella realtà un’orfana non avrebbe potuto stabilire un legame del genere con un uomo del livello sociale di Genji. Le donne di basso rango non venivano considerate, quelle di rango medio erano ideali e quelle di rango alto erano troppo difficili da controllare; tutto questo discorso trova una condensazione nel personaggio di Murasaki perché non le viene riconosciuto il diritto di esprimere la propria opinione in merito a nulla, tutto quello che riceve deve ripagarlo a Genji, ad ogni modo i personaggi femminili sono centrali in questa opera. Mono no ke: le donne hanno come unica arma per far sentire la propria voce quella della possessione spiritica, serviva per protestare contro il sistema poliginico in maniera indiretta creando un’alleanza tra le donne, il mono no ke implica un’inversione di potere tra uomo e donna perché i demoni sono più potenti degli uomini ma viene tollerata perché è un’inversione momentanea e non una vera minaccia al potere maschile, l’esorcismo viene visto come una forma di terapia per tutta la società per scaccia un pericolo, non ci si interessa mai realmente al malessere che la donna possa vivere e ci si concentra solo sull’esorcismo. Triangolo mortale: tra Genji e Aoi che erano coniugi e l’amante di Genji che era la dama di Rokujo, Aoi non era mai stata davvero corteggiata da Genji nonostante si fossero sposati quando lei aveva 17 anni, era infatti molto fredda e altera, Genji nel frattempo aveva una relazione passionale con Rokujo che a un certo punto lascia facendola arrabbiare, Aoi e Rokujo sono quindi rivali; nel episodio delle carrozze (kuruma arasoi) un giorno al tempio di Kamo c’è una grande parata per la festa della dacrdotessa di Kamo e tutti i nobilki arrivano trasportati da queste carrozze, i servitori di Aoi e Rokujo si scontrano verbalmente la carrozza di Rokujo è costretta ad arretrare tra la folla lasciando che Aoi vada più avanti, questo evento scatena l’ira di Rokujo soprattutto perché Genji assiste alla scena e non fa nulla, da questo momento inizia una duplice narrazione in cui ci viene mostrata la rabbia di rokujo nei confronti di Genji e dall’altra la prospettiva di Aoi che era incinta di 5 mesi, era un momento delicato della gravidanza e la donna rischiava di morire, già le donne dovevano reincarnarsi in uomini per poter salvarsi ma se fosse addirittura morta partorendo sarebbe stata condannata all’inferno, Rokujo vive un mix tra rabbia e indecisione perche sa che la sua storia con Genji è finita ma allo stesso tempo non vuole allontanarsi da lui anche per timore delle chiacchiere della gente e comincia a risentire di ciò fisicamente, Aoi invece stava male per la gravidanza sia mentalmente che fisicamente e Genji pensa che sia posseduta da uno spirito maligno, si sospettava che forse lo spirito maligno di una dama vivente con cui era stato Genji e infatti si sospettava di dama Rokujo, quando quest’ultima viene a saperlo inizia a sospettare di avere davvero la colpa di ciò che stava accadendo e per questo si trasferì altrove, a questo punto la possessione non rappresenta più la loro rivalità ma il loro risentimento verso Genji. La metamorfosi di Aoi: Aoi stava molto male perché era posseduta dallo spirito e Genji era profondamente commosso a vederla in quello stato e in quello stato Aoi cambia atteggiamento e Genji la rincuora dicendole che si sarebbero rincontrati nella prossima vita, Aoi in punto di morte compone una poesia: La mia anima che Si aggira senza meta nel cielo Sconsolata e dolente Trattenetela voi Legando l’orlo della veste Una poesia semplice, recitata con voce strana che stranisce Genji e lo porta ad immaginare che sia stata dama Rokujo a comporla e recitarla attraverso Aoi, Genji non capisce che Aoi la sta implorando di amarla almeno in punto di morte e le parla come se fosse convinto che la donna fosse posseduta da Rokujo. I forti sensi di colpa che l’accaduto aveva procurato nella dama di Rokujo le avevano procurato delle forti allucinazioni e addirittura arriva a percepire profumi e incensi inesistenti e provando paura per le chiacchiere che sarebbero state fatte su di lei decise di nascondere questa sua sofferenza a tutti, la violenta lotta tra le due diventa quindi una sorta di rito esoterico. Nel Genji il suo vero messaggio si nasconde nel gioco tra luci e ombre. Racconti guerreschi Siamo nel XII secolo, assistiamo a un profondo cambiamento della fisionomia del Giappone, nasce una nuova classe che è quella militare, è una nuova istituzione di autorità politica e di controllo territoriale (quartier generali con ampi poteri civili) ma nonostante questo cambio di scenario in realtà l’aristocrazia l’imperatore e la corte continuavano ad esistere. A partire dal IX secolo il microcosmo della corte riesce con grande difficoltà a tenere il contatto con la realtà esterna e nascono sempre di più situazioni di poteri locali e prende piede l’abitudine di far si che i titoli governativi siano ereditari e questo aiuta l’instaurazione della classe aristocratica militare e la militarizzazione dei governatorati dove addirittura nascono i servizi militari su base locale e degli eserciti privati che mano mano crescendo volevano estendere il proprio dominio creando conflitti; forti tensioni tra clan nel X-XI sec. Tra i Taira e Minamoto dove persero i Taira. Tutto quello che succede nel paese viene testimoniato nello Shomonki, è scritto in simil cinese (kanbun), tratta di Taira no Masakado che nel 935 uccide Taira no Kunika, governatore aggiunto Un episodio molto famoso ma irrilevante dal punto di vista della storia giapponese mette in risalto la figura arrogante di Kiyomori in relazione ai valori buddhisti, l’episodio vede prptagoniste due donne Gio e Hotoke, la prima era una danzatrice che danzava per strada e a un certo punto decise di farsi ricevere da Kiyomori per danzare al suo cospetto e ottenere visibilità, Kiyomori apprezza tanto la danza della donna e si invaghisce di lei rendendola una delle sue amanti, l’episodio f a scalpore e un’altra danzatrice cioò Hotoke tenta di fare la stessa cosa di Gio, viene rifiutata da Kiyomori ma Gio lo convince e quest’ultimo si invaghisce di Hotoke sostituendo Gio, dopo un po’ Hoteke si era annoiata a corte e Kiyomori manda a chiamare Gio per farla danzare per Hotoke e quindi rallegrarla, prima di andar via Gio lascia una poesia che recita: Alcune crescono rigogliose, altre appassiscono ma tutte sono erbe dello stesso prato forse che una di esse potrà sfuggire all’arrivo dell’autunno? Tutte le persone vanno incontro al destino della decadenza, la storia si conclude con Gio che decide di prendere i voti e una notte sentono bussare alla porta e con sorpresa si ritrovano Hotoke davanti a loro. Minamoto no Yoshitsune: se ne parla nell’Heike monogatari, nel Gikeiki che è concentrato su di lui e due opere del teatro no che sono Ataka e Kanjincho. Minamoto no Yoshitsune è il fratellastro di Minamoto no Yoritomo, era molto versato nelle arti marziali e si diceva fosse stato istruito da un demone. La sua storia inizia quando era ancora ragazzo e incontrò il monaco-guerriero Benkei che non era particolarmente spirituale, andava in giro a rubare spade ai samurai per fare una grande donazione al suo tempio, secondo la leggende riuscì a conquistarne 99 mentre invece la 100esima era quella di Yoshitsune che riesce a disarmarlo senza nemmeno sfoderare la spada ma utilizzando un ventaglio, Benkei colpito da questa cosa diventa il più fedele servitore e sacrificando la sua vita per Yoshitsune. Minamoto no Yoshitsune è importante perché nella guerra Genpei ha partecipato a tre grandi battaglie:  La battaglia di Ichi no tani del 1184: l’esercito dei Taira si era ritirato su una spiaggia e dormiva sogni tranquilli perché davanti aveva il mare e dietro aveva un dirupo che non ipotizzavano potesse essere utilizzata come via d’accesso al campo, e invece Yoshitsune decide di usare proprio quella strada per sorprendere i nemici alla spalle attraverso il dirupo e con tutta la sua cavalleria attacca il nemico vincendo la battaglia.  La battaglia di Yashima del 1185: in cui una sua piccola flotta riesce ad avere la meglio sull’esercito dei Taira.  Lo scontro finale cioè la battaglia di Dan no ura nel 1185: con imbarcazione piccole e veloci sconfigge i Taira. Come sappiamo Yoshitsune e Yoritomo sono fratellastri e dopo le conquiste di Yoshistune di cui abbiamo parlato vediamo che Yoritomo emana un ordine di cattura nei suoi confronti perché lo considera una minaccia per il suo potere, i nuovi capi militari pretendono di avere un rapporto esclusivo con l’imperatore ma Yoshistune va oltre questa legge ed accetta delle cariche che lo mettono in una posizione di favore rispetto all’imperatore, questo e il fatto di aver disubbidito ad un ordine militare di Yoritomo lo trasformano in un fuggiasco. Yoshistune scappa e durante la fuga è accompagnato da Benkei, si travestono da monaci e a un certo punto devono attraversare la barriera di Ataka che è controllata dalle guardie di Yoritomo, il racconto è famosissimo perché Benkei ha uno scontro verbale col governatore Togashi e gli dice che il suo è un gruppo di monaci itineranti e Togashi ha il sospetto che la cosa non sia vera e Benkei afferma che stanno andando in giro a raccoglie fondi per la ricostruzione del Todaichi, Togashi non si fida egli chiede di mostragli il Kanjincho che era un testo che normalmente veniva stilato quando si andava in giro a fare richieste di sottoscrizioni, è un testo particolare perché scritto con uno stile elaborato, riferimenti letterari e termini tecnici, Benkei non si perde d’animo, prende un rotolo da una cesta, lo srotola e comincia a leggere il Kanjincho in maniera impeccabile, peccato che il foglio da cui stesse leggendo in realtà era un foglio bianco, Togashi non era convinto di questa cosa ma comunque decide di farli passare, Yoshitsune nel frattempo si era travestito da portantino e per vincere i dubbi di Togashi che credono di riconoscerlo, Benkei allora sceglie di salvare la vita di Yoshitsune prendendolo a bastonate e andando così contro il codice del boshido, Togashi li fa passare commosso dal grande sacrificio morale di Benkei. La battaglia del Koromogawa: nel quinto mese nel 1189 e Yoshitsune è in fuga e viene tradito dai suoi alleati, si ritrova con un manipolo di soli 9 uomini ad essere attaccato invece da un esercito di ben 3000 soldati, approffitando di una strettoia riescono a tenergli tetsta ma la fine era inevitabile, Yoshistune chiede a Benkei un ultimo sacrificio, cioè di bloccare l’ondata che lo sta andando ad uccidere in modo da dargli il tempo per commettere il suicidio, Benkei obbedisce a questa richiesta, si pianta sulla strada e uccide decine di nemici usando un bastone lungo a cui era legata una lama affilata e per evitare lo scontro diretto con lui gli fanno piovere addosso una cascata di frecce, Benkei viene colpito da diverse frecce e rimane in piedi immobile, i nemici non capiscono subito se sia morto o meno ma decidono di superarlo per raggiungere Yoshistune, che si era tolto la vita. Il teatro no Ci spostiamo nell’epoca Muromachi (1336-1573), passiamo dai Minamoto agli Ashikaga che decisero di fondare il loro centro di potere nella capitale in un quartiere chiamato Muromachi, stando molto vicini all’imperatore prendono tutti gli elementi sofisticati della corte. Siamo nel pieno del XIV e si parla del Nogaku, termine che indica due generi teatrali diversi l’uno dall’altro per tematiche e stile ma che condividono le stesse tematiche e gli stessi tempi dato che spesso vengono rappresentate intervallandosi l’una col l’altra. Prima del teatro no il tipo di intrattenimento che c’era era diviso a seconda del ambiente, a corte esistevano il Bugako e il Gagaku che consistevano in danza e musica di origine cinese d indiana, il popolo invece veniva intrattenuto in altri ambienti con un genere molto diversificato che va sotto il nome generico di Sangaku che venne poi chiamato Sarugaku, l’intrattenimento consisteva in giochi da fiera, allo stesso tempo erano presenti i biwa-hoshi che raccontavano storie comiche o edificanti, c’erano anche i dengaku che erano danze agresti realizzate da monaci; arrivati in epoca Muromachi gli artisti specializzati nel dengaku e nel sarugaku cominciarono a diversi in confraternite che spesso vivevano vicino ai templi che li patrocinavano e spesso passavano parte del tempo in tournee nelle province vicine alla capitale; sarà però il genio Kan’ami, artista del sarugaku, a comprendere che entrambi le arti avevano delle qualità che se messe insieme potevano portare a qualcosa di più raffinato, unì alla parte danzata del dengaku la parte mimica del sarugaku formando il sarugaku no no che è quello che oggi conosciamo come teatro no, il sarugaku darà invece origine al kyogen che era una forma di teatro più comica. Cenni storici: nel 1374 inizia il patrocinio del no da parte di Ashigaka Yoshimitsu affascinato da Kan’ami e suo figlio Zeami che per puro caso nel 1384 assisti per puro caso ad una rappresentazione di teatro no, prese sotto la sua ala protettiva Zeami che potette godere di un ambiente molto più raffinato da frequentare portando il teatro no al punto più alto di eleganza che ancora oggi viene rappresentato, quando nel 1408 muore Ashikaga Yoshimitsu inizia il declino per il gruppo di Zeami perché il figlio di Yoshimitsu, Yoshimochi, favorì il teatro no di un’altra troupe, a questo punto Zeami iniziò a sentire l’esigenza di fare una cosa molto inedita cioè mettere per iscritto i saperi di suo padre, ha scritto 21 trattati teorici che all’epoca erano solo per la sua troupe e che sono stati resi pubblici casualmente nel 1900; il più importante di questi trattati è il Fushikaden (Kadensho) che significa “la trasmissione segreta del fiore” che simboleggiava il massimo dell’eleganza. Le sorti di Zeami continuano a precipitare perché viene esiliato a Sado dallo shogun Yoshinori, bisogna aspettare che Yoshinori venga assassinato per far si che nel 1441 Zeami ritorni a Kyoto, nel 1443 muore lasciandoci trattati ed opere inedite ancor oggi portate in scena. Definizione di no: miscelava esorcismi e danze realizzati da monaci all’intrattenimento popolare, in molte delle danze l’elemento sacro permane, per danza non si intende il balletto e il canto non è la lirica, ma è molto più vicino a un sermone del testo, danza e canto erano primari per Kan’ami, Keami alla danza e al canto accostò l’importanza del testo; azione e trama non hanno come intento quello di creare una storia ma di ricostruire un’atmosfera ricreando episodi più noti tratti da classici o da episodi religiosi che il popolo conosce già, la perfezione del teatro no è intesa come il massimo della bellezza, le opere girano attorno al protagonista che racconta un episodio della sua vita e che incontra un monaco che gli fornisce preghiere e assoluzione. Elementi del no: la musica, ci sono 3\4 strumentisti del palco e poi c’è la parte cantata, le tecniche di recitazione sono perfettamente organizzate, i movimenti sul palco non sono mai liberi e vengono chiamati kata, il momento di danza viene chiamato mai, l’arte scenografica si realizza su un palco, ci sono maschere e accessori scenici tipici ma non c’è una scenografia riconoscibile, lo spazio è spesso volutamente spoglio e questo si collega al tempo perché nelle opere di teatro no c’è spesso uno spirito che torna a raccontare la sua vita e ci sono frequenti flashback in cui passato e presente coesistono, il palco soglio è un non luogo ed è adatto a far si che lo spettatore riesce insieme alla bravura degli attori ad avere un’idea chiara tra passato e presente senza la presenza di una scenografia. Butai: è il palco, sul palco non è presente il sipario perché si richiede un’attiva partecipazione dello spettatore, è presente invece un tetto; il palco si trova ad una posizione rialzata di un metro rispetto al pavimento ed è circondato da uno strato di ghiaia che circonda un po’ le ambientazione all’aperto delle prime rappresentazioni il palco è diviso in due parti cioè il ponte sospeso e il butai, dal ponte gli attori salgono sul palco ed è delimitato da una balaustra con dei piccoli pilastri, una volta raggiunto il palco vediamo i quattro pilastri che reggono il tetto: il pilastro del protagonista, il pilastro del suonatore di flauto, il pilastro del comprimario che spesso è il monaco, e poi c’è il pilastro che serve a fissare lo sguardo, un altro elemento sono i gradini che si trovano davanti al palco che oggi non sono più presenti ma che all’epoca probabilmente c’erano maschera manbi si usa per rappresentare le donne molto seducenti e sono in realtà demoni, semimaru è la maschera che ha la flessura ma l’attore recita con gli occhi chiusi, le maschere di demoni sono le onryo omote che portano i personaggi la cui violenza viene mostrata nel corso dell’opera. Shozoku: sono i costumi e sono l’unica libertà che il teatro no si prende rispetto alla ricerca di semplicità assoluta, non sono realistici perché possiamo vedere una pescatrice vestita come una dama di corte perché lo shite deve sempre apparire rispetto agli altri personaggi, alle donne più giovani viene spesso associato il rosso, il blu viene associato agli spiriti con un animo vemente, i costumi sono costosissimi per cui ogni volta che li si indossa si cerca di preservarli il più possibile soprattutto dal sudore del performer, per vestirsi esistono gli addetti per aiutare l’attore ma l’attore prima di indossare il costume deve indossare una maglia e delle calze di cotone bianco, in vita gli viene legato un cuscino e sui fianchi viene messo un kimono bianco, tutti questi strati dovrebbero proteggere il costume, il costume può avere anche una sola manica ed indica un personaggio che da segni di pazzia. Katsura: diversi tipi di parrucche a seconda del personaggio, la parrucca katsura è quella delle nobil donne e gentiluomini ed è quella più importante. Tsukurimono: kodogu sono oggetti portati o indossati dall’attore e sono molto leggeri da spostare, tayu dogo oggetti che hanno vari usi, la campana è l’oggetto più pesante da spostare ed è fatta interamente di bambù, un altro oggetto è il pozzo, un ventaglio. Categorie di no: 5 categorie in base alla natura dello shite, la divisone principale è tra mugen no cioè la dimensione onirica con le apparizioni di spiriti che raccontano la loro storia e sono opere non divise in atti, nelle genzai no il tempo della narrazione corrisponde al reale scorrere del tempo; le altre categorie sono le waki mono che hanno come protagonista una divinità, shura mono che parlano di guerrieri, katsura mono con protagoniste spesso donne, zatsu mono sono difficlmente catalogabili e hanno una sotto categoria chiamata monogurui mono cioè i no dei lunatici, infine ci sono i kiri mono che sono quelle sui demoni che in origine potevano essere anche essere umani la cui cattiveria li ha trasformati in demoni o più raramente sono demoni al 100%. Jo Ha Kyu: principio preso dalla musica che serve a dare un ritmo, inizio lento, sviluppo e finale possibilmente veloce perché lo spettatore deve rimanere con l’animo in subbuglio, nell’introduzione vanno bene trame scialbe e poca azione, lo sviluppo è il momento della bellezza massima in cui gli attori iniziano a far vedere la loro bravura e la conclusione è più veloce. Kyogen: sono brevi, si alternano al teatro no e non si utilizzano molto maschere, è tutto molto più realistico, i personaggi rappresentano la loro classe sociale e i vestiti sono in cotone, lo shite è spesso un personaggio ingenuo che viene preso in giro dall’ado che è più furbo e poi ci sono altri personaggi minori. Antologie poetiche per decreto imperiale: nella storia della poesia giapponese classica di antologie poetiche ne sono state scritte 21, le più importanti sono quella del 905 ovvero il Kokinwakashu e quella del 1205 cioè lo shin Kokinwakashu, il Kokinwakashu rappresenta il primo passo per questo tipo di poesia, lo shin kokinwakashu è il punto più alto della sofisticatezza poetica, dopo ci sarà un declino; i compilatori dello shin kokinwakashu furono Minamoto no Michitomo, Fujiwara no Ariie, Fujiwara no Teika, Fujiwara no Ietaka, Fujiwara no Masatsune, Jakuren che era un monaco buddhista che morì da lì a poco dopo l’ordine della compilazione dell’opera, bisogna nominare anche Go-toba tra i compilatori, era un imperatore in ritiro e nel momento in cui si ritira ha l’agio di potersi dedicare a tutta una serie di attività tra cui la letteratura e la poesia, Go toba è anche un personaggio sanguigno e nonostante la sua posizione di imperatore crea uno strappo con la tradizione perché a differenza di quello che era successo con le antologie precedenti, Go toba non si limita a commissionare questa antologia ma partecipa in maniera più o meno diretta alla compilazione e infatti ci sono 36 suoi componimenti all’interno; su questo personaggio molto particolare, che si trovò in un momento di transizione tra il potere nelle mani della corte a quello militare, troviamo dei riferimenti nel diario privato di Minamoto no Ienaga alcune considerazione su di lui, lo elogiava ed elogiava l’eccellenza delle sue poesie che sarebbero state ricordate dalle generazioni future. Motivazioni storiche della compilazione: Minamoto no Yoritomo vince la guerra Genpei nel 1192, la corte si ritrova ad essere un guscio vuoto anche dal punto di vista economico; infatti, nel 1221 Go toba cerca di organizzare la rivolta Jokyu no ran che finirà malissimo e lui verrà esiliato ad Oki dove passerà gli ultimi 16 anni della sua vita, prenderà i voti e continuerà a scrivere poesie. La stesura è ambientata nel X sec., c’è un ritorno ai moti dell’età d’oro, ci sono vari richiami al Kokinwakashu per creare un legame simbolico, l’opera viene presentata nel 1205 in un banchetto anche se non era ancora completa. Le direttive imperiali per la compilazione: Go toba da delle direttive specifiche su come devono essere portati avanti i lavori di compilazione, i punti essenziali sono quattro: 1) Divieto di inserire poesie già inserite in una delle 7 antologie precedenti. 2) Obbligo di dare la giusta visibilità ai poeti contemporanei 3) Obbligo di curare in modo particolare i libri dedicati alle stagioni e all’amore 4) Obbligo di curare fin nei dettagli i criteri di associazione e progressione delle poesie, in realtà si tratta di un elemento venuto fuori già dalle prime affermazioni di Fujiwara no Teika nel Koraifuteisho che è un tratto poetico in cui Shunzei dice che quando si crea un’antologia poetica il punto dedicato alle stagioni, il punto dedicato alle poesie sulle stagioni una volta messe tutte quante in fila il lettore debba avere la sensazione del passaggio graduale dello scenario naturale. Le fasi del processo di compilazione: nel 1201 viene aperto il wakadokoro cioè l’ufficio della poesia, gli impiegati di questo ufficio dal 1201 al 1203 leggono migliaia di poesie e le selezionano, dopo di che le sottopongono a Go toba il quale con un segno di approvazione sceglie quelle che gli piacciono e questa operazione viene ripetuta tre volte, tutta questa mole di poesie deve essere divisa e ciò viene fatto dal 1204 al 1205 dividendole in poesie dedicate all’amore, alle stagioni etc., una volta stabilito in che libro quella poesia deve andare si deve decidere l’ordine con cui farle comparire quindi i compilatori prendono poesie scritte da persone diverse su temi diversi in contesti diversi e le ricontestualizzano creando una sorta di storia; i manoscritti erano ricopiati a mano e spesso la calligrafia originale non viene rispettata, questi manoscritti in alcuni casi riportano una piccola leggenda con i nomi dei compilatori. Struttura dell’opera: molto classica, 6 libri dedicati alle stagioni, 5 sull’amore, alcuni su poesie varie e gli ultimi due sulla religione, ci sono due prefazioni nella versione definitiva, una in cinese e l’altra in giapponese. Quando parliamo della poesia dello shin kokinshu rappresenta il punto più alto della letteratura giapponese classica, i nomi più importanti sono Fujiwara no teika e Fujiwara no Shunzeim, sono stati due dei più grandi poeti di questo periodo non solo per la produzione poetica ma anche e soprattutto alla teorizzazione della partica poetica, sono autori di importanti trattati poetici, il nucleo della loro visione della poesia è dato dal motto “che la dizione sia antica” come nel Kokinshu, il poeta per trovare immagini da rappresentare cercava nello spirito, usava la poesia classica e le dava nuova vita allo stesso tempo; assistiamo a un cambio di descrizione della natura, la natura che abbiamo visto essere la protagonista assoluta della poesia giapponese classica, troviamo adesso un nuovo equilibrio tra il personale e l’impersonale, viene operata la ricerca della profondità di significato grazie alla simbolizzazione della natura, lo shin kokinshu è importante perché è il terzo pilastro di un discorso che va visto nella sua interezza, il poeta prima ammirava uno scenario naturale e metteva su carta le emozioni da lui provate, con il kokinshu non c’è più uno stimolo emotivo diretto ma si passa per un ragionamento, il poeta prova un sentimento, si guarda intorno e cerca nella natura la metafora per esprimere quel sentimento, nello shin kokinshu invece si passa dalla dimensione del singolo a quella generale parlando della condizione umana; un altro elemento molto importante del SKK è il “fukaki kokoro” cioè la profondità di sentimento: Pur chi cuore non ha Si commuove A veder sulla palude Levarsi in volo i beccaccini Nel tramonto d’autunno È una delle poesie più famose dello Skk, ci sono degli elementi da tenere in conto, Sayo autore della poesia era un monaco buddhista, pur chi cuore non ha non indica una persona senza sentimenti ma una persona che ha raggiunto uno stato mentale libero dalle passioni seguendo proprio l’ideologia buddhista e nonostante questo viene comunque smossa dalla visione di questo paesaggio quindi lo spirito di Sayo che è uno spirito puro e in questo caso si trasforma in uno specchio nel quale si rispecchia il sentimento della scena che viene mostrata. Lo yugen: profondità e mistero Notte di primavera Il ponte fluttuante Dei sogni s’è spezzato S’allontanano dalla Vetta nubi sottili - Fujiwara no Teika Il poeta si sta svegliando alla fine di una notte di primavera, guarda in lontananza la vetta di un monte da cui un sottile filo di nubi si sta allontanando spezzandosi così come si è spezzato il ponte fluttuante dei sogni, è una poesia descrittiva, l’idea delle nubi che si diradano è un’idea buddhista a quel profumo d’un amore antico le maniche fragranti Le variazioni: nel sonno d’una breve notte d’estate del mandarino si fresco il profumo sulle maniche mie i kimono erano del colore adatto alla stagione e profumati con gli odori adatti a quella stagione. Vecchio villaggio Chi aspettavo partì Ma dal giardino Quel suo profumo pare Spanda il mandarino \\ Del mandarino In fiore il profumo Brami cantando Per un antico amor O cuculo ti struggi? \\ Attendo giugno Il mandarino in fiore A quel profumo D’un amore antico Le maniche fragranti Del mandarino Profumato nei pressi M’assopisco e Delle maniche antiche Nel sogno la fragranza \\ Solo quest’anno Fiorì il mandarino La prima volta Ma perché il profumo È quello del passato? La scena che viene costruita è quella di una persona che si addormenta e si risveglia e sia in un momento che nell’altro sta in una fase di dormiveglia che è un momento in cui si ragiona in maniera insensata, il profumo del mandarino ricorda il profumo della persona amata; nella poesia in cui si parla del cuculo c’è una sovrapposizione con il proprio stato d’animo e il canto triste del cuculo che è l’uccello del quinto mese legato all’idea della morte e anche legato all’idea di una persona che non c’è più; nella prima poesia attraverso il sonno arriva un ricordo inaspettato grazie al profumo, col cuculo nella terza si immagina che la persona in questione sia triste come la voce narrante e poi il sonno riprende il sopravento nelle ultime poesie e prima che il sonno riprenda completamente il sopravento, nella logica del dormiveglia ci si domanda perché nonostante quel anno il mandarino stesse fiorendo per la prima volta quel profumo riportasse alla mente momenti passati. Le Uta-awase: Sono gare poetiche, hanno un’origine antica e nascono dal gusto dei giapponesi di mettere a confronto le cose tra loro, le uta-awase erano eventi importanti dal punto di vista sociale, a volte organizzate da nobili con pochi poeti in gara, in altri casi furono parte di enormi celebrazioni a corte; i partecipanti venivano divisi in due gruppi cioè la destra e la sinistra, gli veniva assegnato un dai cioè una tematica e c’erano uno o più giudici a giudicare il vincitore. Una delle più importanti gare fu la Roppyakunban uta-awase con 12 partecipanti con 100 poesie ciascuno, fu patrocinata da Fujiwara no Yoshitsune nel 1192 e furono usati 100 dai organizzati in 5 gruppi: primavera, estate, autunno, inverno e amore, l’unico giudice fu Fujiwara no Shunzei e questa uta-awase è molto famosa perché mise in scena lo scontro tra Rokujo e Mikohidari che erano due grandi scuole poetiche, molte uta-awase, alcune anche importanti, furono organizzate da Go Toba; i giudizi dei giudici potevano essere in prosa o in poesie dal cui significato si capiva chi avesse vinto o si poteva realizzare un acrostico di cui Go Toba era appassionato. Come consultare l’opera: al centro c’è il testo con il kotobagaki, la fonte e il nome dell’autore della poesia, le note sopra e traduzione e commento in giapponese moderno sotto. Letteratura degli eremiti: esprime l’incertezza che il paese inizia a vivere a causa delle guerre civili, nasce in questo periodo il buddhismo kamakura, il buddhismo era già presente, ma in questo periodo viene reso più flessibile per avvicinarsi all’esigenze di quel periodo; questo genere di buddhismo trova la sua espressione in tre famosi commentari cioè i Sangyogisho (commentari annotati da tre sutra) che sono l’Hokke Gisho: commentario annotato del sutra del Loto, Shomangyo Gisho: commentario anotato dello Srimala sutra, Yuimagyo Gisho: commentario annotato del Vimalakirti sutra. Termini importanti da ricordare in questo clima di guerra: mappo e mujokan, il mappo sarebbe la fine del mondo, idea molto diffusa nel periodo kamakura, il mujokan rappresenta la percezione dell’evanescenza dell’esperienza umana che abbiamo visto anche nell’Heike Monogatari. Il primo dei due rappresentati molto famosi di questo tipo di letteratura è Kamo no Chomei, il testo di cui ci occuperemo è l’Hojoki, è un testo diviso in due parti Il primo dei due rappresentati molto famosi di questo tipo di letteratura è Kamo no Chomei, il testo di cui ci occuperemo è l’Hojoki, è un testo diviso in due parti, nella prima si parla di catastrofi naturali, l’dea che il monde stese per finire non veniva solo dalle guerre civili ma anche dalle catastrofi naturali che erano successe in quel periodo, l’autore era nato tra il 1153 e il 1155, era figlio di Kamo no Nagatsugu, il negi cioè l’oratore del santuario shintoista Kamo no Mioya, nel 1173 rimane orfano del padre e Chomei non segue la strada del padre nel diventare oratore, fu un membro del wakadokoro di Gotoba-in, abbandonato il mondo, visse gli ultimi anni della sua vita a Toyama Il primo dei due rappresentati molto famosi di questo tipo di letteratura è Kamo no Chomei, il testo di cui ci occuperemo è l’Hojoki, è un testo diviso in due parti, nella prima si parla di catastrofi naturali, l’dea che il monde stese per finire non veniva solo dalle guerre civili ma anche dalle catastrofi naturali che erano successe in quel periodo, l’autore era nato tra il 1153 e il 1155, era figlio di Kamo no Nagatsugu, il negi cioè l’oratore del santuario shintoista Kamo no Mioya, nel 1173 rimane orfano del padre e Chomei non segue la strada del padre nel diventare oratore, fu un membro del wakadokoro di Gotoba-in, abbandonato il mondo, visse gli ultimi anni della sua vita a Toyama. Tra il 1177 e il 1185 si verificano cinque catastrofici eventi di cui nella prima parte dell’Hojoki si parla, quattro sono di origine naturale e invece la quinta è il trasferimento momentaneo della capitale a Fukuhara nel 1181 da parte di KIyomori, il testo è molto pessimista, ci sono anche momenti in cui esalta la bellezza della libertà della vita da eremita; nella seconda parte dell’opera si concentra sulla esperienza personale in quanto eremita che di tanto in tanto tornava alla capitale, si pone nell’opera come un eremita fallito poiché il buddhismo rinnegava l’attaccamento emotivo a tutte le cose materiali ma l’autore crede di aver fallito perché è legato alla modesta abitazione in cui vive. Il secondo autore di cui parliamo è Kenko Hoshi, facciamo un salto 100 anni in avanti, è un monaco nato intorno al 1283, il testo per cui è famoso si intitola Tsurezuregusa che dal punto di vista del contenuto cataloghiamo come un testo di eremitaggio però dal punto di vista formale è molto più poetico Il secondo autore di cui parliamo è Kenko Hoshi, facciamo un salto 100 anni in avanti, è un monaco nato intorno al 1283, il testo per cui è famoso si intitola Tsurezuregusa che dal punto di vista del contenuto cataloghiamo come un testo di eremitaggio però dal punto di vista formale è molto più poetico, è composto da 243 sezioni con paragrafi di poche righe o poche pagine su diversi argomenti, il testo è molto particolare perché è un insieme di idee che possono sembrare contrastanti tra loro, l’impermanenza secondo Kenko è diversa rispetto alla visione di Kamo no Chomei, è una visione più estetica che filosofica, la vita è fugace e possiamo morire da un momento all’altro ed è per questo che bisogna apprezzare tutto quello che ci viene dato, la visione della morte può sembrare cupa ma il modo in cui ne parla mostra in realtà una visione positiva del flusso della vita; Kenko deve molto al taoismo per il concetto del grande mutamento, il cambiamento è l’unica cosa che dura per sempre e per collegarsi a questo concetto parla delle stagioni, cita anche dei testi taoisti come il Libro dei mutamenti, le due grandi figure culturali a cui fa riferimento sono Laozi e Zhuangzi, Laozi è considerato il fondatore del taoismo e autore del libro della vita e della virtù (daodeijing) cosi come Zhuangzi. realizzati principalmente dai samurai ma poi passera gradualmente ai commercianti per poi ai cittadini. Shogunato Tokugawa: viene dopo quello dei Minamoto e degli Ashikaga, viene fondatp dopo la battaglia di Sekigahara del 1600 da Tokugawa Ieyasu. Lo shogunato Tokugawa è l’artefice del Sakoku ovvero il lungo periodo in cui il Giappone decide di blindarsi, ha un incontro-scontro con l’occidente, in particolare con i portoghesi che andarono lì per evangelizzare il paese e vennero banditi e perseguitati, l’intervento più significativo di questo shogunato è la divisione della società in quattro classi cioè i guerrieri, i contadini, gli artigiani e i mercanti con una gerarchia costruita in base al valore morale che viene assegnato a queste classi, vediamo al vertice i guerrieri, poi i contadini, poi gli artigiani e poi i mercanti; il paese è fortemente feudalizzato con un capo politico centrale e i vassalli che si rifanno a lui, lo shogunato per accertarsi che i vari daimyo gli siano fedeli e non mettano da parte troppe ricchezze inventa il sistema del Sankin kotai cioè l’obbligo che ogni singolo daimyo ha di recarsi a rotazione alla capitale con tutto un enorme seguito di servitori e di carri con un grande dispendio economico, dal proprio han ad Edo i daimyo spendevano l’80% del loro patrimonio, una volta arrivati ad Edo lasciavano lì mogli e figli; fu un periodo di riforme e censure, l’epoca Genroku è quella più significativa sotto questo punto di vista, va dal 1688 al 1704 ed è il periodo d’oro della produzione del teatro del periodo Tokugawa. Gerarchia sociale: al vertice ci sono i guerrieri a cui vengono associati monaci e sacerdoti, poi i contadini, artigiani e mercanti, i mercanti sono paradossalmente i più ricchi ma questa piramide è concepita secondo una logica confuciana, il mercante essendo colui che fa soldi senza lavorare è considerato un parassita della società, infatti gli aristocratici non fanno parte di questa gerarchia, fanno parte della corte che è una bolla chiusa, sotto i mercanti troviamo gli eta e gli hinin, gli eta sono persone al quale è affidato il trattamento di animali morti o criminali, sono impuri e hanno a che fare con materiale impuri, lo stesso vale per gli hinin. Quando parliamo di società basata su ideali confuciani, il concetto più importante è quello del rapporto tra inferiore e superiore, un rapporto che non si concretizza solo in ambito militare ma in ogni aspetto della società, anche in ambito familiare il capo famiglia viene rispetto più degli altri, il rapporto commerciale tra padrone e servo etc, in questo contesto il rapporto familiare è basato sulla ie cioè sulla casa ed è un sistema che non si sovrappone al nucleo familiare ristretto ma va in relazione a tutti quelli che gravitano attorno alla famiglia compresi i servi e prende il nome di kacho , non è detto che il kacho, quindi il capo famiglia, abbia legami di sangue con la famiglia ma può essere anche un esterno che ha dimostrato fedeltà alla famiglia; in un momento di pace come questo i samurai vengono stipendiati dai daimyo e nasce la figura del ronin cioè un samurai senza padrone, percheè il padrone è morto, perche ha disertato, perché non è stato assunto e sono quindi dei girovaghi che per guadagnare si buttano sulla letteratura producendo testi letterari da vendere. All’interno di questo quadro della società confuciana il ruolo della donna crolla, se prima durante il periodo Heian nonostante i vari limiti aveva comunque una sua dignità, in questo periodo si trova in una condizione di difficoltà ed inferiorità. Economia: lo shogun ha distribuito la terra ai vari daimyo i quali devono pagare le tasse, queste tasse vengono pagate in termini di entrate alimentari, la misura di uno han è il koku quindi 180 litri di riso, questa abbondanza di cibo viene portata nei magazzini ad Osaka e affidata ai commercianti che li vendono trasformando il riso in soldi, nel attimo in cui si sviluppa in economia monetaria nasce l’esigenza del divertimento e della bellezza in tutte le sue forme e si aprono così le porte ad una nuova cultura, a metà del 18esimo sec. Edo si trasforma in città di produttori e la fisonomia del paese cambia, Edo era abitata dai samurai, Osaka era la città dei commercianti e Kyoto continua ad essere la depositaria della cultura tradizionale, fiorirà lì l’industria tessile e rimane il luogo più importante per il turismo religioso. Quartieri di piacere e la produzione artistica: vengono istaurati una 20eina di quartieri in tutto il Giappone dedicati al sesso, a Kyoto il quartiere era frequentato dagli aristocratici, ad Osaka da viaggiatori e commercianti, ad Edo da daimyo e cittadini, i quartieri di piacere si legano strettamente all’esperienza del kabuki; a un certo punto il baricentro culturale passa da Kyoto ed Osaka ad Edo e nasce tutta una letteratura sui testi che parlano dei quartieri di piacere e di come comportarsi in essi. In questi quartieri le prostitute non potevano uscire ed entrare liberamente e infatti erano recintati e c’era un solo ingresso in modo da essere meglio controllato. Il termine con i quale ci si riferisce a queste donne generalmente è yujo oppure joro o keisei che indica la donna bellissima per la quale si perde la testa, all’interno di questo contesto c’è una gerarchia: la prostituta più importante è chiamata Tayu ed era costosissima, sapeva ballare, cantare, recitare, ha una buona dialettica e non era tenuta ad andare con clienti che non fossero di suo piacimento e infatti i clienti dovevano dimostrare di essere adatti a lei, le Tenjin costavano un po’ di meno e venivano esposte nei koshi cioè finestroni che davano sulla strada, sotto di loro ci sono le sancha e le umecha che servivano thè nelle sale da thè e che ovviamente offrivano anche altri servizi e non avevano la possibilità di ribellarsi, nel 1760 Tayu e Tenjin vengono sostituite dalle Oiran e dalle Chusan che erano apprendiste, la differenza con le Tayu e che le Oiran non vivono in un loro mondo isolato ma venivano chiamate all’occasione, quando venivano chiamate arrivavano con una processione molto strutturata all’insegna dello sfarzo e della sensualità, le oiran erano accompagnate da geisha che erano uomini e donne, erano persone artistiche che contornavano le processioni delle oiran, le kamuro erano delle bambine assistenti che venivano fortemente sessualizzate e che erano destinate a diventare anche esse prostitute, l’hakoya invece era un’assistente adulta. Cultura e alfabetizzazione: Il governo Tokugawa pur essendo un governo militare porta avanti una strategia molto astuta per controllare la società senza far ricorso alla forza militare, usa la stampa come strumento per indottrinare la popolazione creando un’atmosfera basata sulla legge e sulla moralità e per far si che questa operazione vada a buon fine c’è bisogno che il destinatario sappia leggere i testi in questione ed è per questo che l’istruzione si diffonde, i samurai in questo periodo diventano burocrati amministrando gli han, i commercianti sono i fautori di questa economia monetaria, nasce il mestiere di scrittore per necessità economiche quindi aumenta la quantità di testi ma diminuisce la qualità, le donne in questo periodo non sono presenti nella scena letteraria a parte Arakida Reijo e Ono no Otsu, le uniche cose che le donne tendono a scrivere sono diari di viaggi e waka, i testi sono scritti da uomini per uomini, le donne hanno un’istruzione bassa rispetto a loro, hanno accesso ai classici in forma semplificata, per le donne vengono scritti testi come l’onna daigaku e l’onna kyokun shitsusukekata ovvero lezioni di buone maniere per donne, tutti testi di carattere confuciano per insegnare alle donne come comportarsi soprattutto dopo che il marito l’ha presa con se, hanno accesso anche ai testi di joruri. Per buona parte della letteratura del periodo Tokugawa la donna viene rappresentata come remissiva e ubbidiente, questo inizia a cambiare a cavallo tra il 1700 e il 1800 quando si inzia a vedere la donna come capace di un forte sentimento di vendetta nell’attimo in cui viene trattata male dal marito che non viene però stigmatizzato, anzi si mette solo in risalto come la donna possa diventare pericolosa, in questo discorso la figura della donna viene vista solo attraverso una visione utilitaristica, le donne o diventavano mogli e madri oppure prostitute, se sceglie di essere moglie deve assicurare un erede al marito, la prostituzione invece ha un valore sociale perché soddisfa un bisogno della collettività maschile, l’atto sessuale è presente in entrambi le situazioni quindi ma con valore diverso, da un lato è legato al lignaggio e alla fertilità, dall’altro lato verte solo sul piacere maschile; in termine metaforici la donna vista come moglie è sole, vista come prostituta è luna, la letteratura jokun nasce per istruire le donne che vogliono essere mogli; il rito assume importanza in questo periodo, prima i riti erano solo per le divinità mentre adesso invece si sposta l’attenzione sulle donne, si tratta di riti sociali, per quanto riguarda dele donne che si sposano nell’ottica confuciana parliamo di ryoosaikenmo contro il fare carriera che è un qualcosa che riguarda gli uomini, alle donne è riservato il ruolo di ryoosai quindi di moglie e kenmo cioè madre saggia, la figura femminile gravita attorno agli uomini per tutta la vita, padre, marito e figlio, il matrimonio serve a stabilire l’equilibrio tra questi due ruoli, l’onna chohoki cioè note preziose per le donne tratta proprio la sottomissione che la donna deve vivere nei confronti del marito, deve appagarlo sessualmente, deve procreare e diventando una brava moglie ripaga i sacrifici che la sua famiglia ha fatto per renderla adatta al matrimonio spendendo soldi su di lei, i matrimoni infatti erano basati su contratti economici tra ragazze di circa 13 anni e ragazzi intorno ai 17 anni, il rito in base al quale la donna entra a far parte di una famiglia si articola in: yometori prendere una moglie, yomeiri far entrare la moglie in casa e yomemuke cioè andare in contro alla moglie che sta arrivando in casa, alle donne l’eredità non era concessa, avevano solo kaioke cioè una scatola di conchiglie colorate, avevano un valore economico e psicologico perché erano l’unico oggetto di cui potessero rivendicare la proprietà; a un certo punto comincia a girare un testo buddhista in cui si dice che la donna è un messaggero diabolico che ha dentro di se un fuoco malefico che solo l’uomo può contenere e ha bisogno quindi del matrimonio, stessa cosa si fa col taoismo in cui l’emotività femminile diventa un elemento devastante che va a contrare l’equilibrio naturale, un rito taoista chiamato koshin machi che era sia per maschi che per femmine col tempo si lega soprattutto alle donne, è un rito che si compie ogni 60 giorni e in base al quale bisogna astenersi da attività sessuali, c’è il divieto di discutere, analizzare e criticare, colei che non rispetta il rito rischia di genere un figlio che diventa un famoso criminale e può rischiare problemi di carattere respiratorio che era effettivamente un problema da cui erano affette tante donne all’epoca. Alcune cortigiane diventavano tali perché venivano vendute o rapite ma c’erano anche casi in cui “per libera scelta” decidevano di diventare prostitute, era aperto a tutte le classi sociali, le donne che si sentivano soffocate all’idea del matrimonio senza un briciolo di libertà pur di sentirsi libere decidevano di prostituirsi, la logica religiosa veniva attribuita anche alle prostitute, la figura della Tayu viene associata a quella del Bodhisattva e alla figura della volpe che persuade le persone a fare quello che vuole. Viaggio: durante il periodo Tokugawa viene creata una rete stradale che permetteva il movimento di soldati, merci, turismo etc. la vita più importante che viene creata è la Tokaido che collega Edo, Osaka e Kyoto, il rito a cui abbiamo fatto riferimento in merito alla donna che sia nel caso della moglie che della prostituta ha bisogno di un rito di passaggio si ricollega a ciò perché andava fatto per strada, la ragazza è accompagnata da parenti maschi, da una vecchia parente e dalle ragazze che erano sciamane che cantano dei canti purificatori, come carico psicologico alla donna vengono dati amuleti, immaginette sacre e kokeshi per sottolineare il suo ruolo da brava moglie e madre. Lo stesso rito lo fanno le donne che diventano prostitute, attraverso il rito dochu che viene fatto anche esso per strada ed è completamente diverso, viene imbastito uno spettacolo, è vestita in maniera sfarzosa ed è accompagnata da oggetti come lanterne e ombrelli e ha giovani fanciulle a farle da accompagnatrici. alternative, non stanno mai insieme nella poesia giapponese classica e per questo risulta comico, per comprenderlo c’è bisogno che il lettore modello sia informato di ciò, c’è assonanza tra tsuyu e kasumi e contrasto tra mono iwanu che significa non dire niente e oto wa shite che significa fa sentire. Arakida Moritake: altro rappresentante anche lui autore di un umorismo molto sobrio È pericoloso Ma è anche fausto Accogliere un genero Attraversando di sera Un traballante tronco che fa da ponte \\ È davvero spiacevole Ma altrettanto divertente Che anche adesso che mio padre è morto Io non possa smettere di far puzzette Opposizione tra tragico e comico, molto criticato da Matsunaga Teitoku, queste poesie vanno contro gli ideali confuciani. Inu tsukuba   shu: è una raccolta associata a Sokan, il titolo è in riferimento al Tsukuba shu del 1356, si tratta di un repertorio selezionato di hokku e tsukeku, non è stato stampato fino al 1615 e viene disprezzato da Teikoku, l’opera diventa modello della scuola Danrin. L’abito di foschia primaverile Ha gli orli bagnati Questa è la poesia di riferimento originale e diventa così: la dea Sao in primavera alzata mentre fa la pipì in altri casi con uno stesso incipit la poesia poteva essere svolta in maniera diversa: Vorrei tagliarlo (ammazzarlo) Ma vorrei anche non farlo. Continua in due modi diversi: il ladro che afferratolo a ben guardarlo è mio figlio. \\ Adesso che è in piena fioritura Della luna mi cela la vista Il ramo di fiori di ciliegio L’idea che questi autori dovessero tenere conto dei committenti lo vediamo anche perché a volte si cade in un umorismo troppo scuro: Che volgarità Al tramonto autunnale Misurare con la mano e scoprire Che è ben 18 centimetri La luna che esce\ ciò che tiro fuori. Matsunaga Teitoku (1571-1653): produzione molto varia che va dalla prosa alla poesia ai diari e il suo stile è profondamente anonimo, è importante però perché rappresenta uno dei due poli che danno inizio alla poesia bansho, Teitoku insiste sulla forma, sulla composizione formale e classica, ha studiato il Genji monogatari, nel 1603 su richiesta di Hayashi Razan, tiene lezioni pubbliche su due opere in particolare cioè lo Tsurezuregusa e l’Hyakunin isshu che è una centuria di poesie scritta da Fujiwara no Teika e che è diventata la più famosa di tutte, Tsurezuregusa fino a quel momento in realtà non era un testo molto famoso e grazie alle lezioni di Teitoku inizia ad acquisire fama; Teikoku si concentra sulla produzione haikai di tsukeku principalmente con versi virtuosi, poco spontanei e genuini, la vera poesia per lui è solo la waka e questa forma di poesia la considera solo un passatempo; due suoi allievi raccolgono in un testo che prende il nome di Enoko Shu 178 poeti tra hokku e tsukeku, in questo testo Teitoku riconosce il valore educativo dell’haikai perché in un ottica confuciana secondo lui aiuterebbe a combattere i 3 veleni che sono l’avarizia, l’ira e la stupidità; seguono altre raccolte come il Takatsukuba del 1638 e il Tensuisho, un punto che Teitoku elogia tantissimo sono le parole haigon cioè parole vernacolari e di origine cinese quindi kango ma non volgari, questo per avvicinare la gente comune alla poesia. Teitoku scrive anche dei codici perché si rende conto che questa forma d’arte ha preso così piede che ha bisogno di regole, ne scrive un primo chiamato Aburakasu in cui elenca 10 regole, i suoi allievi gli chiedono di aggiornarlo e quindi scrive il Kururu con consigli più specifici e parla anche del sarikirau cioè quelle parole che o non devono essere usate o sono parole che vanno usate frapponendo il determinato spazio tra un utilizzo e l’altro, l’ultimo codice è il Gosan che è il più popolare. Quando Matsunaga Teitoku muore si scatena la battaglia per la successione, in parte dovuta all’affetto che il discepolo nutre verso il maestro ma è anche vero che prendendo il suo posto si eredita tutta la sua fama, in questa situazione ha la meglio Teishitsu che ridona dignità poetica allo haikai anche se è un poeta più virtuoso e inizia a dare importanza al contenuto a differenza di Teitoku che si concentrava sulla forma: Guarda quello! E guarda quell’altro! Solo questo so dire dei fiori Del monte Yoshino! Il poeta rimane inerme davanti alla natura, abbiamo una scena bucolica con il poeta che non riesce nemmeno a descrivere i fiori che vede davanti a sé. Matsue Shigetori: meno ortodosso dei discepoli di Teitoku e comincia ad essere intollerante al dogmatismo e alla forma che porterà al Danrin, c’è anche un’intolleranza alla ristrettezza di numero delle sillabe: Dei pellegrini Solo i bastoni incedono Tra i campi estivi? Sono immagini umili e c’è una percezione semplice del sé. Nishiyama Soin: leader della scuola Danrin che si pone in esatta polarità a Teitoku che era confuciano e attento alla forma, la scuola Danrin è completamente opposta, lo haikai di questo periodo attinge dal teatro no e si sviluppa il cosiddetto Ji amari cioè il non rispettare la metrica, abbiamo quindi Teitoku a Kyoto e Soin ad Osaka ed Edo, ovviamente nonostante ci sia l’idea di fare parodie sulle opere classiche, la scarsa cultura degli interlocutori impedisce di farlo. Ihara Saikaku: è stato un grande autori di haikai, riusciva a scrivere ad un enorme velocità e un giorno riuscì a scrivere 23500 versi tutti concatenati, nella sua poesia ci sono pochi riferimenti classici perché concepisce l’haikai come divertimento. In questo periodo c’è un ritorno agli studi cinesi chiamato Kanshinbun cho, si utilizzano le kango e la sintassi cinese, ci sono operazioni in cui vediamo uno spostamento dalla parodia dei classici giapponesi a quelli cinesi e anche la cultura cinese da aulica si fa popolare; tutto questo è una forma di evasione dal governo Tokugawa che era fortemente oppressivo. Haiku: l’hokku inizia ad avere sempre più importanza, polarizza l’attenzione dell’autore e del lettore a tal punto che si stacca e diventa autonoma, l’haiku è caratterizzata da un’immediata intellegibilità e sono poesie che non vogliono dire nulla, sono versi che celebrano l’assenza e questo si collega alla filosofia zen. Zen: linea di pensiero che sostiene che il mondo sensibile sia illusorio, ci da la sensazione che tutto ciò che percepiamo attraverso i sensi esista ed abbia un senso; i due grandi termini attorno ai quali gira la filosofia zen sono satori e kensho, satori è la comprensione della realtà, kensho cioè guardare la propria natura di Buddha e comprendere come il nostro essere sia profondamente veicolato a tutto l’universo, il concetto fondamentale è quello di vuoto che viene simboleggiato dall’ensò che viene realizzato in un unico tratto, può essere un cerchio chiuso o aperto ed è un cerchio quasi perfetto, questo disegno rappresenta il principio di non dualità cioè il fatto che il mondo non può essere diviso in categorie, il soggetto viene fuso all’oggetto. Chashitsu: stanza del thè progettata seguendo questa filosofia, è un ambiente completamente spartano, non ci sono elementi di distrazione con soltanto un kakemono che è un rotolo con disegni o con dei testi che si sposano con la stagione in cui si è e lo stesso vale per il fiore decorativo che viene posto all’interno della stanza a richiamare l’ambiente esterno, è tutto realizzato secondo la povertà ricercata e il rifiuto dell’ostentazione, segue l’dea del mushin cioè della chashitsu bisogna abbandonare il pensiero ruminante e giudicante per un approccio spontaneo e totalizzante con oggetti, il vuoto materiale corrisponde quindi al vuoto mentale. Una rana salta Suono dell’acqua All’inizio il primo verso doveva essere “oh rose selvatiche” ma non avrebbe avuto lo stesso effetto estraniante che ha realizzato attraverso lo stagno, la rana è sempre stata associata agli stagni ma con accezioni positive che in questo caso non ci sono. Un’altra raccolta e Sarumino che viene considerata la più importante, è una raccolta di hokku e haikai in shofu, l’hokku diventa un microcosmo indipendente; le ultime due collezioni di versi sono Sumidawara e Zoku Sarumino che sono importanti perché viene fuori l’ideale del karumi cioè la leggerezza. Diari di viaggio: Haibun che erano diari poetici che si limitavano ad inserire dei passi in prosa che introducevano brevemente gli hokku ed esistevano da prima di Basho che però li rende più elevati grazie ad un richiamo ai classici giapponesi e cinesi, i temi sono quelli del viaggio e toccano realtà popolari con linguaggio vernacolare, utilizza le haigon ma non in maniera volgare attraverso uno stile ellittico e sincopato. Nozarashi kiko: diario di viaggio di un viaggio durato 9 mesi dal 84 al 85, fatto dall’autore per tornare nel Kansai per l’anniversario di morte della madre, viaggiare all’epoca non era molto sicuro e l’autore infatti esprime la sua paura di non fare ritorno eppure parte nonostante questo, in questo testo c’è uno strano equilibrio tra prosa e poetica per cui le parti in prosa si limitano ad essere chiavi di lettura per l’interpretare l’haiku, durante tutto il testo il tono cambia velocemente e questo riflette l’influenza dell’haikai vissuta da Basho, l’ incipit cupo della morte della madre e la paura del viaggio viene piano piano alleggerito verso la fine dell’opera e l’autore è contento di aver vissuto questa esperienza, non tutti gli episodi che vengono raccontati sono realmente accaduti, alcuni invece vengono romanzati ripercorrendo le orme dei grandi poeti passati; tra le poesie che raccontano episodi troviamo questa: sul ciglio della strada un’altea dal mio cavallo mangiata descrizione di una scena che sembra asettica e senza significato, il poeta si limita a descriverla facendo si che il lettore gli dia un significato proprio, questa poesia ha diverse interpretazioni, una di carattere buddhista secondo la quale la scena descritta rappresenta l’evanescenza della vita, il fiore sul ciglio della strada pensa di essere eterno ma arriva il cavallo e lo mangia a dimostrazione di quanto sia effimera la vita, un’altra interpretazione dice che invece il fiore subisce una conseguenza morale poiché sul ciglio della strada solo voleva dare sfoggio della sua bellezza e per questo è stato mangiato, queste interpretazioni non tengono conto del fatto che nell’haiku non ci deve essere una morale, il titolo della poesia è “a cavallo” perché il poeta è a cavallo, a un certo punto il cavallo si abbassa e lui vede quest’altea come se fosse un’epifania e in qualche modo ciò gli fa provare un’emozione, probabilmente questa interpretazioni è quella più valida. Kashima mode: racconta di un viaggio di 16 giorni che il poeta fa per vedere la luna al santuario di Kashima e nel dare notizia del viaggio stavolta scrive in una posa più semplice dove c’è più l’influenza dello stile classico giapponese che non di quello cinese, non tutti i versi sono suoi, alcuni sono delle persone che incontra durante il viaggio, un momento interessante è quando Basho si paragona ad un pipistrello perché si rivede dal punto di vista sociale, si veste da monaco senza predicare e si paragona al pipistrello. Oi no Kobumi: viaggio che lui fa tornando alla sua città natale, il poeta è circondato da affetti e discepoli e nell’incipit Basho nobilita l’arte dell’haikai. Sarashina Kiko: Basho parte per vedere la luna piena dell’equinozio d’autunno a Sarashina. Oku no Hosomichi: parla di un nomade che si indentifica con Matsuo Basho, il tema del diario è il ripercorrere le tracce degli antichi poeti, ciò che lo ha ispirato nel compiere questo viaggio è l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Saigyo che è stato uno dei più importanti poeti del periodo dello Shin Kokinshu e Basho vuole andare a vedere e rivedere i luoghi che sono stati cantati nelle poesie dai poeti del passato, ritrovandosi fisicamente in questi luoghi crea tutta una serie di allusioni poetica in riferimento ad essi, nel fare questo mette in scena l’atteggiamento del waki cioè il monaco del no, rende omaggio a spiriti e guerrieri del passato attraverso preghiere; il testo è stato rimaneggiato tante volte perché lo scopo non era quello di riportare i fatti in maniera accurata ma di realizzare un’opera letteraria, riguardo al titolo significa lo stretto sentiero Oku che è una regione di Giappone ma allo stesso tempo il kanji di ichi si può anche riferire all’arte o in realtà può essere anche un riferimento ad un viaggio interiore; in questo viaggio Basho è accompagnato da Sor che dci da una versione più oggettiva, rimaneggia la cronologia degli eventi per far si che la cronologia segua la logica renga e quindi della concatenazione dei versi e delle immagini; questo diario è la somma dell’arte di Basho perché ritroviamo l’amore per l’artificio retorico di Teitoku, la spontaneità della scuola Danrin e l’influenza cinese coniugata con l’aspirazione per la semplicità; il viaggio è compiuto a piedi ed è importante la sua visione dei paesaggi naturali, nota come siano diversi rispetto a come li descrivevano ai vecchi poeti e nota come la natura venga immortalata attraverso la poesia; dal diario emerge anche la sua riluttanza verso l’idea di tornare ad Edo, per Basho la strada diventa la propria casa. Genjuan no ki: raccolta di impressioni sul passaggio di BIwako, nell’anno successivo scrisse il Saga Nikki, forniscono informazioni sulla sua vita quotidiana. Poetica: usa le kireji e le kigo, le kireji sono le parole cesura cioè particelle che danno un taglio alla sintassi della poesia, Basho divide i versi in base all’atmosfera creando secondo la sua sensibilità legami tra le parole, la sua poetica si divide in tre periodi:  1684-88: periodo fukyo cioè poeta pazzo, un poeta che si esalta non soltanto per le antiche poetiche ma anche per quelle nuove legandosi ad immagine più cupe cioè il wabi, il percepire in prospettiva tutta la storia di un oggetto  1689-91: fase in cui crea una fusione tra mondo classico e contemporaneo  1691-94: la poetica della semplicità della vita quotidiana cioè karumi Basho vive tutta la sua vita mettendosi in contrapposizione alla cultura consumistica del periodo Tokugawa, le figure che popolano i testi dell’epoca quindi attori e cortigiane non appaiono nei suoi testi, i suoi ambienti sono de centralizzati, siamo lontani dalla bellezza Heian e si avvicina di più all’atmosfera spartana del medioevo, non è attratto dai drammi sentimentali ma dalle storie su guerrieri; nel periodo Tokugawa si sviluppa la parodia dei classici e così nel ribaltare il classico non usa il moderno per creare la parodia ma usa il classico per dare dignità al moderno, rivista la natura recuperando i paesaggi poetici classici espandendone i confini topografici, culturali e sociali, a differenza dello haikai con Basho il paesaggio suggerisce un’emozione senza dichiararla; tradisce le aspettative nell’essenza poetica e nelle sue associazioni come nella poesia sulla rana e le sue haiku danno l’impressione di essere quasi incomplete come se si aspettasse una risposta del poeta, come nelle haikai. Kana Zoshi: sono dei testi scritti quasi esclusivamente in kana, in corsivo a mano, erano caratterizzati dalla presenza di immagini, dal punto di vista del contenuto i testi avevano due dimensioni cioè quella medievale del passato e quella moderna, il riferimento al medioevo è in merito alle atmosfere e ai temi, la modernità invece riguarda la stampa, si passa dal sakusha al sakka, entrambi i termini significano autore ma sakka implica la consapevolezza di essere un autore e sapere di star scrivendo per qualcun altro, molti di questi testi in lìkana sono dei testi che si propongono di avere una valenza didattica e sono stati molto diffusi tra samurai e commercianti, erano testi estramente variegati, uno di questi per esempio è l’Uraminosuke che parla di Urami no suke che incontra una bellissima ragazza e dopo averla vista sogna la dea Kanon che gli spiega come fare ad incontrare la ragazza, i due si incontrano, sognano di potersi sposare, passano insieme una notte ma il giorno dopo la ragazza gli dice che non possono stare insieme perché lei è promessa ad un mobile, lui afflitto dal dolore si ammala e sul letto di morte le manda una lettera in cui le dichiara tutto il suo amore, e lei dopo aver letto la lettera si uccide, questo tipo di testo fa parte dei chuseifu monogatari cioè medievali, sono tutti uguali, con le stesse tematiche e stessa cronologia degli eventi, l’elemento interessante sta nello jikosei cioè l’amore per le cose moderne che si realizza inserendo nella trama un evento di cronaca, c’è la descrizione di caratteristiche della società e di ambienti moderni. Ci sono 3 gruppi di kana-zoshi: 1. Intrattenimento: narrazione concentrata sulle storie d’amore con a volte elementi sovrannaturali oppure sono parodie 2. Illuminazione: da una parte c’è un atteggiamento di tipo eclettico con sincretismo religioso ma ci sono anche atteggiamenti didattici in cui l’autore pone una dottrina in una posizione superiore rispetto alle altre, ci sono anche opere di carattere moraleggiante. 3. Praticità e indrottinamneto: manuali che spiegano come comportarsi in determinate situazioni, sono guide, epistolari e giudizi Con le kana zoshi si vuole ristabilire il canone letterario attraverso una rappresentazione realistica, satirica e comica della società Tokugawa cercando di evitare la censura. Meishoki: annotazioni sui luoghi famosi, guide di viaggio, il periodo Tokugawa è quello in cui si iniziano a creare le vie di trasporto e i meishoki trattano spesso di ciò che accadeva ad Edo perché erano rivolti anche a chi non poteva affrontare il viaggio e volevano sapere le bellezze dei luoghi che non avrebbero mai visto, non erano guide sterile ma l’autore si inventava un personaggio bidimensionale attorno al quale vengono costruite piccole trame dando informazioni pratiche e culturali. principali in cui si dividono gli adattamenti: o adattamenti di opere cinesi, o racconti buddhisti sulla casualità del karma oppure racconti di fantasmi di varie province. Otogi boko: ha tutte e tre le categorie di adattamento letterario perché l’autore, Asai Ryoi, adatta racconti fantastici cinesi del periodo Ming al contesto giapponese, il tema principale è il sovrannaturale che diventa immagine speculare della dimensione psicologica dei personaggi. La storia è ambientata durante la festa dei morti e un samurai vedovo, Ogihara, è affacciato alla finestra e osserva il passaggio sotto casa sua, a un certo punto veder arrivare una bellissima donna preceduta da una ragazza di circa 14 anni che ha in mano una lanterna di peonie, in occasione della festa dei morti le case e le tombe dei defunti si decoravano con queste lanterne, Ogihara resta folgorato da questa visione e così scende e inizia a seguire la donna, i due parlano e lui le chiede chi sia, lei gli dice di essere figlia di una famiglia decaduta di samurai e se ne stava andando in giro ad ammirare la luna quando a un certo punto si era persa, i due si confidano il loro reciproco amore e passano la notte insieme, ne seguiranno altre dopo qualche sera un vecchio insospettito dalle voci che vengono dalla casa di Ogihara decide di sbirciare e vede che in realtà l’uomo sta giacendo con uno scheletro, cerca di convincerlo della pericolosità di questa cosa e all’inizio Ogihara tentenna ma quando va a cercare la casa della donna non la trova e trova invece vicino ad un tempio una tomba con sopra una bambolina e capisce che questa donna è un fantasma, non la vede per alcuni giorni ma poi non resistendo alla tentazione cede un’ultima volta che sarà fatale perché il giorno dopo viene ritrovato morto avvinghiato ad uno scheletro; leggenda vuole che da quella notte in poi i due ogni tanto se ne andassero in giro con la lanterna di peone e che chi avesse avuto la sfortuna di incontrarli sarebbe morto. Ukiyo monogatari: Asai Ryoi nasce come samurai in questo periodo di pace e quindi si trasforma in ronin ma poi si dedica alla letteratura come fonte di sostentamento, è un uomo molto istruito, scrive in kana con uno stile semplice e senza ornamenti letterari, la sua opera più importante è l’Ukiyo monogatari che è un testo in cui viene realizzato un importante movimento culturale. Abbiamo un passaggio dal buddhismo visto attraverso la prospettiva del mondo di sofferenza con il distacco dalle passioni e la necessità di non avere un forte attaccamento alle cose materiali ad un mondo fluttuante in cui ci sono piacevoli incertezze della vita e ci si lascia trasportare dal momento che è proprio la definizione di ukiyo. Nell’opera dice che bisogna essere come una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua, la metafora richiama il buddhismo e questa zucca in giapponese si chiama hyo ed è un chiaro riferimento al protagonista dell’opera che si chiama Hyotaro. Hyotaro è un libertino che spreca tutti i soldi in poco tempo ritrovandosi sull’asterico e decidendo così di farsi monaco e prendere il nome di Ukiyo-bo, la trama è molto discontinua probabilmente a causa del fine commerciale e il tono che all’inizio e leggero piano piano si fa più cupo; dal punto di vista culturale è importante la critica che l’autore rivolge verso la società, condanna lo sfruttamento dei contadino la stravaganza di alcuni daimyo, sono critiche molto focalizzate su alcuni soggetti e questo fa sì che non vengano censurate dal governo, si condanna l’avidità dei commercianti ed esprime compassione per i ronin. Nei suoi testi abbiamo sì la voglia di intrattenere il pubblico ma anche il valore didattico. Fujimoto Kizan: dobbiamo ricordare la sua opera “Shikido Okagami” cioè il grande specchio della via dell’amore, nel testo si parla dei quartieri di piacere di come bisogna comportarsi in essi, l’autore lì frequentò per 20 anni prima di comporre quest’opera, si racconta del mondo delle cortigiane, dell’amore fisico e rientra nei manuali di apprendimento pratico e didattico, il testo è pieno di citazioni di classici cinesi e giapponesi; il codice di comportamento nei quartieri è il così detto do e ciò di cui si parla è il cosiddetto sui che è la lettura dei due caratteri di deduzione e di puro, nel mondo fluttuante il vero protagonista era infatti colui che possedeva il sui cioè da una parte riusciva a godere nella maniera più pura possibile i piaceri che gli venivano offerti e d’altra parte aveva anche una sorta di sesto senso nel sapere leggere le varie situazioni e capire come comportarsi. Nello Shikido Monogatari le cortigiane vengono divise in due grandi gruppi cioè quelle di alto rango colte e raffinate e quelle di basso rango che si concedono per poche monete, si parla dei pegni d’amore cioè shinju, i pegni dovevano essere fatti dalle prostitute per convincere i loro clienti di quanto fossero innamorate di loro, potevano tagliarsi una ciocca di capelli, un’unghia, farsi un tatuaggio col nome del cliente etc. ma erano tutti pegni che l’autore vede come insignificanti, l’unico a cui da credito è la recisione del mignolo fatta da alcune prostitute che lo regalavano al proprio amante. Ihara Saikaku: vive nella seconda parte del 17esimo secolo, appartiene ad una facoltosa famiglia di mercanti di Osaka, a 20 anni perde sua moglie che lo lascia da solo con tre figli, diventa un monaco laico e si dedica alla letteratura anche perché a un certo punto avrà un grandissimo successo e si renderà conto di poter vivere di questo, è stato un maestro di haikai in grado di scrivere 1000 e più versi in una sola produzione, in un primo momento per quanto riguarda la sua attività di maestro haikai fu legato principalmente alla scuola Teimon concentrata sulla forma, passa poi alla Danrin perché viene affascinato dall’uso del vernacolo, meno regole e dall’umorismo più basso e anche dell’aspetto parodico, lega infatti il suo nome a una letteratura in lingua vernacolare, in alcuni momenti della sua produzione letteraria però predilige il linguaggio classico. La produzione di Saikaku può essere divisa in diversi periodi: 1. In un primo periodo si dedica alla narrativa estesa, mette in scena racconti unitari ed estesi, fa uso delle fonti classiche e nella sua scrittura si sente l’influenza dell’haikai su haibun, parodia e retorica 2. Secondo periodo (1686) una volta che Saikaku ha stabilito la sua fama a livello nazionale grazie alla stampa comincia a scrivere sempre di più e ovviamente la qualità ne risente, in questa fase della sua carriera si ispira ai setsuwa che sono racconti buddhisti a fine didattico, si dedica a storie brevi, riadatta storie e temi noti ma non a scopo parodico. La sua non è alta letteratura, nasce per il popolo ma tuttativa Saikaku rimane lo scrittore più rilevante di questo periodo, la sua scrittura è incentrata sul realismo e sull’umorismo con il quale guarda la società Tokugawa. La tipologia di testi che scrive può essere raggruppata in 3 grandi macrocategorie: 1. Koshoku mono: testi di natura erotica 2. Buke mono: testi militari 3. Chonin mono: testi in cui i protagonisti sono i cittadini Koshoku ichidai otoko: il protagonista è Yonosuke, il narratore segue le sue avventure erotiche dai 7 ai 60 anni, si racconta nel testo tutto il suo viaggio fisico nel mondo del piacere che si conclude con il suo salpare con degli amici sulla Nyogo no shima alla volta della isola delle donne, dopo aver conosciuto uomini e donne di tutto il Giappone decide di andare a cercare l’isola sulla quale vivono sole donna a bordo di una nave carica di afrodisiaci, alcuni studiosi hanno voluto vedere questo fonale come un messaggio da parte dell’autore contro il governo Tokugawa che era oppressivo e dal quale i commercianti volevano evadere. La storia si divide in due blocchi, una prima parte in cui si parla di Yonosuke da piccolo e poi la parte principale che racconta la vita di Yonosuke dai 19 ai 34 anni che è un periodo in cui il protagonista pur essendo vittima delle pulsioni sessuali vive in uno stato di povertà perché il padre non vuole che lui sperperi tutti i suoi soldi e lo disereda, quando ha 34 anni suo padre muore la madre decide di dargli comunque la sua eredità e di farlo vivere nella richezza, Yonosuke non mostra alcuna tristezza verso la morte del padre e dichiara che spenderà si soldi per appagare i suoi piaceri; a un certo punto la narrazione si sposta sulle cortigiane di cui vengono descritti costumi e abitudini e poi si ritorna su Yonosuke nella parte finale quando decide di intraprendere il viaggio per l’isola delle donne. Con Saikaku abbiamo il passaggio definitivo dai kana zoshi agli ukiyo-zoshi e Saikaku ridefinisce il termine ukiyo che stava ad indicare il mondo fluttuante e lo fa diventare sinonimo di koshoku che significa amore fisico; racconta le storie d’amore dei quartieri del piacere attraverso un approccio erotico e non di tipo pornografico che in quel periodo era molto in voga sia per quanto riguardava i testi e i disegni. Il Koshoku ichidai otoko dal punto di vista letterario non è un grande testo, nonostante la presenza in un unico protagonista gli episodi sono comunque molto frammentati e ci troviamo alla presenza di un personaggio bidimensionale, ciononostante l’opera ha un grande pubblico e Yonosuke rappresenta l’ideale dei chonin quindi dei cittadini, la nuova società viene descritta come un mondo fatato grazie alla ricchezza e quando si arriva a parlare dei quartieri di piacere lo si fa descrivendoli come una sorta di oasi in cui è possibile sovvertire le classi sociali di stampo confuciano a cui era sottoposta la società per volere del governo. Yonosuke porta la vita erotica a un nuovo ideale estetico, c’è una nuova tecnica, non c’è più il valore didattico dei kana zoshi, non c’è il mono no aware del periodo Heian o lo zen del periodo Muromachi e ci troviamo davanti ad un nuovo genere con un nuovo eroe e ciò porta alla dissipazione della malinconia della produzione precedente. Da una parte l’opera è desinata al pubblico ma d’altro canto Saikaku aveva una formazione letteraria notevole e non riesce a non cedere alla tentazione di usare allusioni letterarie che alla maggior parte del pubblico sfuggivano, in questo senso risente molto dello stile haikai con giochi di parole, linguaggio colloquiale e alternanza tra passaggi classici e colloquiali; non si avverte da parte della noce narrante un coinvolgimento emotivo o un coinvolgimento nelle vicende dei personaggi, è quindi una descrizione distaccata e asettica che risente di un’influenza buddhista, non si parla tanto del dolore e del attaccamento ma dell’effimerità della vita. Ci sono diversi richiami al Genji Monogatari, il testo è diviso in 54 capitoli come il Genji, c’è un apparente similitudine tra Yonosuke e Genji per il rapporto con le donne ma Yonosuke è solo spinto dai suoi desideri e manca della complessità psicologica di Genji, per la stessa ragione viene associato anche a Narihira; Yosonosuke ha sui e fascino, è superficiale e senza sentimenti; dal 6 al 8 libro l’attenzione si sposta sulle cortigiane e si racconta di come spesso infrangano le regole dell’yukiyo tra cui quella di non innamorarsi. Opere minori: Saikaku shokoku hanashi nel titolo c’è il suo nome a dimostrazione di quanto fosse diventato famoso, si tratta di 35 storie brevi di eventi strani in vari luoghi del Giappone, si parla soprattutto di credenze popolari; il Wankyu issei no monogatari che è la storia di un ricco cittadini che perde tutto, è ispirato ad una storia vera e viene raccontata con una lavorazione frettolosa da le donne o nei teatri per i giovinetti, che erano considerati akusho cioè luoghi malvagi, lo stile è diventato più semplice; nella prima metà dell’opera si concentra sugli amori dei samurai, si tratta di 20 storie, nella seconda metà parla di amori tra attori di kabuki e i giovinetti dediti alla prostituzione, qui lo stile è più prosaico e sembra che ci sia una mancanza di equilibrio, nella prima metà c’è il trama della fedeltà e toni romantici mentre nella seconda parte i toni sono più leggeri; è possibile che Saikaku all’inizio volesse trattare l’amore omosessuale nella classe dei chonin ma che poi a un certo punto abbia sentito la necessità di esplorare il mondo dei samurai; l’opera è a metà sulla produzione precedente dedicata ai chonin e la successiva dedicata ai samurai. Nella società dei samurai l’amore omosessuale si svolge tra un adulto che prende il nome di renja e da un giovane che prende il nome di wakashu, in genere questi giovani hanno 8na frangia che all’età di 19 anni viene tagliata perché simboleggia il passaggio alla vita da adulto, l’adulto in questo tipo di storia 9n genere offre lavoro e protezione al giovane che lo ripaga con una totale dedizione e lo ricopre di attenzioni, i protagonisti di questi amori omosessuali vengono descritti senza umorismo e senza critica probabilmente perché Saikaki non aveva avuto a che fare con questa classe, ne fa un ritratto di impeccabile devozione ed apollinea bellezza, uomini che disegnano le donne ma sono pronti a morire per la devozione verso un altro uomo, la maggior parte di questi giovani mettono fine alla loro vita prima di divenire adulti. In tempi di pace i guerrieri avevano perso le occasioni per dimostrare la loro lealtà in battaglia e quindi non restano che episodi di vendetta e alcuni di questi amori nascono in questi contesti. Saikaku opera una distinzione tra due tipi di nenja tra coloro che si dilettano con i giovinetti pur avendo una moglie e coloro che invece disegnano le donne e si dedicano solo ai ragazzi e prendono il nome di onnagirai, l’opera si concentra quasi interamente su di loro e sulla passione verso i giovani con toni romantici. Budo denraiki: storie raccontate della via del guerriero, 32 storie di vendetta dove le circostanze che portano a tale gesto sono solo accennate o risultano eccessive, in alcuni casi la vendetta. Iene consumata pur essendo nel torto, sullo sfondo ci sono amori eterosessuali e omosessuali; va detto che all’epoca ogni dominio amministrato dal daimyo veniva gestiti anche dal punto di vista della ripartizione delle punizioni per i crimini commessi motivo per il quale se qualcuno dopo aver commesso un crimine si fosse rifugiato in un altro dominio non avrebbe subito ripercussioni. I samurai vengono descritti con toni epici, richiamo alla memoria degli stati combattenti a cavallo tra il 15 e 16 secolo, fu tutta una serie di guerre civili che sconvolsero il paese e in cui i samurai diedero prova del loro coraggio e diedero prova del loro codice morale, guerrieri valorosi sprezzanti di vita che potevano morire o togliere la vita in qualsiasi momento. Buke giri monogatari: scritto nel 1688 in risposta al tema della vendetta, in questa raccolta Saikaku sceglie come tema il giri tra samurai ovvero il senso di obbligo e devozione totale verso il loro signore; nella prefazione l’autore infatti sotto linea come ognuno nella sua classe rispetta il suo ruolo, l’elemento simbolo dei samurai è la spada, l’abaco è quello dei commercianti, l’abito nero quello dei monaci, la zappa è l’elemento dei contadini, artigiano con l’ascia o con qualsiasi strumento di lavoro per fabbricare; i samurai abili con l’arco e a cavalcare non è bene che buttino via la loro vita per affari personali e dono dedicarsi solo a servire al loro signore che da loro uno stipendio, i giri può anche essere definito come il naturale sentimento umano di ricambiare gli atti di gentilezza ricevuti dagli altri, il giri può essere freddo quando è frutto delle convenzioni sociali anche date dall’idea di gratitudine e compassione insegnate dal confucianesimo, quello più sentito è quello che scaturisce da una relazione emotiva, è il modo attraverso cui un uomo dimostra la sua purezza d’animo, in contrasto con le vendette dell’opera precedente, in questo testo vediamo un ritratto più pacato dei samurai; i valori dei samurai contagiarono anche le altre classi ma Saikaku ci tenne a mantenere la classe samurai separata dalle altre, il giri non era a senso unico perché anche il signore si sentiva chiamato a rispondere a questo obbligo. Insieme alla realtà va di pari passo la prudenza, messo da parte l’aspetto vendicativo per cui non c’era più spazio in un periodo di pace, vediamo dei samurai che compiono scelte ponderate; alcuni attribuiscono questo passaggio di Saikaku alcuni lo attribuiscono alla censura, altri invece al suo interesse per la classe dei samurai che era in declino, questi testi erano in realtà destinati anche ai chonin che erano affascinati dai samurai che facevano parte di una classe sociale superiore a loro. Nihon etaigura: raccolta di storie di mercanti, sottolinea come avesse due visioni distinte della classe dei samurai e quella dei mercanti, pensa infatti che i mercanti non debbano cercare di imitare i valori dei samurai e concentrarsi invece sull’onestà e la parsimonia, sulla resistenza alle avversità, non c’è alcun giudizio sui loro valori perché si addicono alla loro classe, l’importante è che si addicano ad essi perché sono i valori che appartengono alla loro classe. In questa raccolta Saikaku è più a suo agio rispetto alla raccolta sui samurai, c’è più umorismo e i personaggi risultano più vividi, per ogni storia c’è un preambolo didattico e occupa a volte quasi metà della storia, nel preambolo Saikaku da delle dritte su come fare fortuna nel mondo dei commercianti, i mezzi sono il duro lavoro, la parsimonia e un pizzico di fortuna, gli uomini che mettono in pratica le virtù dei mercanti possono passare dalla povertà alla ricchezza, celebra quindi il Choja cioè l’uomo che si è fatto da solo, i soldi sono un elemento basilare che va accostato alla parsimonia e non si deve cadere in avarizia, si deve essere sempre diligenti negli affari ma ci si deve anche godere la ricchezza che si è giustamente guadagnati. A differenza della monotonia delle storie sui samurai, qui abbiamo una varietà di temi, storie di fortuna e sfortuna, le storie sono ambientate in luoghi diversi con personaggi e temi differenti tra loro, l’opera è contradittoria perché nonostante dia consigli sul come fare fortuna allo stesso tempo dice che è effettivamente difficile raggiungere la ricchezza e critica anche la sterile adorazione per i soldi che va confusa con la parsimonia. Il tono dell’opera è ottimista anche se a quei tempi la classe dei mercanti non stava vivendo un buon momento perché la politica di Tsuneyoshi rendeva le loro ricchezze insufficienti, la classe dei samurai stava sì al vertice ma non era benestante così come anche i daimyo che erano in ristrettezza a causa del sankin kotai e per questo si deve tenere presente il loro aspetto psicologico perché si vedevano superati dai mercanti che in alcuni casi vivevano nello sfarzo e quindi il governo con una serie di leggi cerca di limitare l’invidia dei samurai. Saikaku non menziona la situazione sociale e ci parla di una classe che vive isolata e si sente minacciata dal piacere che attira la loro attenzione e potrebbe lenire le loro fortune. Seken mune san’yo: 20 storie di uomini e di loro espedienti disperati perché non riuscivano a pagare i loro debiti alla fine dell’anno: le storie si concentrano ad Edo ed Osaka, la narrazione è tragicomica, si passa dai metodi su come fare soldi ad elaborati schemi su come evitare gli esattori; il momento del capodanno era quando il cittadino cercando di pagare i loro debiti rivelava la propria vera natura, i creditori pur essendo agguerriti per ottenere i propri soldi risultano comunque comici. Anche questa raccolta ha un’introduzione lunga seguita da storie brevi che presentano un tema comune, i personaggi sono tutti di bassa estrazione sociale e danno un senso di unità all’opera, le preoccupazioni economiche dei cittadini rispecchiano la realtà della società in quel periodo, lo scrittore conosceva profondamente la figura del cittadino nonostante rimanesse oggettivo e condannasse soprattutto la disonestà Opere postume: morì a 52 anni lasciando una serie di pere pubblicate in maniera postuma, su alcune ci sono dubbi di autenticità, questi testi trovati e curati da un suo discepolo risultano essere solo riorganizzazione di un materiale sparso che è stato probabilmente rielaborato per essere adeguato alla lunghezza richiesta dalla stampa; altre opere risultano semplicemente incomplete, probabilmente lasciate così perché l’autore di ammalò ad un occhio e si dedicò all’haikai che lo portava a sforzare meno l’occhio; Saikaku okimiyage è forse l’opera a cui stava lavorando quando è morto, il tema è quello del uomo distrutto dalla schiavitù del sesso, l’altra opera postuma rilevante è Saikaku oritome che unisce due opere che dovevano formare con Nihon etaigura una trilogia, doveva presentare una carrellata di chonin modello in base alle loro virtù. Ukiyo zoshi: la produzione narrativa dell’epoca Genroku (1680-1783) pur potendo vantare influenze dall’antica corte Heain fu sempre bistrattata dal punto di vista letteraria perché veniva considerata scandalosa con protagonisti come attori, cortigiane e frequentatori di akusho che erano personaggi interessanti che affascinarono anche il mondo del teatro, era la parte basse della società tokugawa che si era guadagnata una certa libertà ed era stata riconosciuta come chonin, con questo termine dispregiativo si indicano gli artigiani e i mercanti che alimentavano l’amore per il lusso e che erano ben lontani dai valori dei samurai, anche i contadini avevano più valore morale dei mercanti perché compivano un lavoro manuale. Nel 1649 furono emanate una serie di leggi che prevedevano varie restrizioni per i chonin, non potevano indossare seta, non potevano avere case a tre piani, non dovevano vivere nel lusso, bisognava che queste persone avessero coscienza della loro inferiorità, era un ordine sociale artificiale perché economicamente i chonin prosperavano, gli artisti prima di Kyoto e poi per il resto del paese iniziano a lavorare e a competere tra loro per l’attenzione del pubblico di questa classe sociale rappresentando stravaganze e lussi nelle loro opere. In quest’epoca vediamo l’attenzione per l’etichetta, il sui, il do etc.ma non ci sono preoccupazioni morali o intellettuali, è un’immagine che esclude l’oppressione socioeconomica che si viveva in quel periodo. Nelle opere c’era una combinazione magica e originale tra classico e tradizionale, si celebravano da un lato i principi confuciani e dall’altro l’edonismo e il materialismo con abbondanti descrizioni di oggetti di lusso. La donna era più impulsiva e diretta rispetto all’epoca Heian, spesso forse troppo sfacciata e vanitosa che ostenta il proprio trucco, è una donna troppo civetta e licenziosa. Negli Ukiyo zoshi non troviamo mai autori con l’indice puntato a sferrare giudizi contro determinati comportamenti, gli autori sono semplici osservatori che raramente fanno prediche spesso per effetto parodico o per sfuggire alla censura, si voleva attirare l’attenzione dei lettori che credevano ancora che la letteratura dovesse avere un fine didattico. L’arte di quel periodo rifletteva la mania dell’epoca per l’intrattenimento, i zana zoshi sono stati i primi libri stampati e destinati ai cittadini, in libreria si stampava, si pubblicava e si vedeva, il passaggio dai kana zoshi agli ukiyo zoshi è palese, le informazioni pratiche vengono inserite in una storia che fa da cornice e sono abbellite, gli insegnamenti morali vennero inframmezzati da aneddoti divertenti e le vecchie e romantiche storie iniziano a essere caratterizzate da tocchi di realismo. Sono tutte storie con brevi episodi sbrigativi e con fugaci riferimenti all’ukiyo. Hojo Dansui: si auto definisce il secondo Saikaku e non si fa scrupoli nel plagiare le sue storie, non inventa neanche nei titoli. che era una donna, cosa curiosa perché in realtà a partire dal 1629 verrà preclusa qualsiasi possibilità per le donne al partecipare agli spettacoli pubblici. Una prima fase di questo teatro inizia a Kyoto e una seconda fase dal 1625 al 1690 in cui quest’arte viene modificata ed elaborata e nascono nuovi declamatori e musicisti che ricevono il favore del pubblico soprattutto ad Edo, la terza fase va dal 1690 al 1725 e vine definita l’età dell’oro grazie alle figure di Chikamatsu autore di teatro e il suo declamatore di fiducia Gidayu soprattutto ad Osaka. Gli elementi costitutivi di questo tipo di teatro sono la musica, i burattinai, il testo, i declamatori, gli autori e gli aspetti tecnici; la musica viene creata attraverso lo shimasen che sostituisce il biwa perché ha un suono più dolce pur essendo uno strumento ritmico, diventa lo strumento della geisha, lo strumento nasce in Giappone nelle isole Ryukyu, costruito con pelle di cane, di gatto o di serpente, la musica è affidata al suonatore di shimasen che risiede sul palchetto a sinistra insieme al declamatore che racconta la storia e da voce ai personaggi, i due insieme costituiscono il chobo, il ritmo che creano insieme è sincronizzato al movimento dei burattini; gli elementi fondamentali sono la voce e il canto, il declamatore legge il testo e non si limita a dare voce ai personaggi ma da anche informazioni sul tempo in cui si sta svolgendo la storia, sui luoghi e sullo stato d’animo; i burattini all’inizio erano esternamente semplici e poi nel tempo diventarono molto elaborati, da semplici pupazzi usati come strumento per medium e attività di preghiera diventano degli amuleti per proteggere i bambini contro le malattie, erano manovrati con bastoni e fili all’inizio, uno dei primi modelli prevedeva un manovratore che manovrava il burattino con delle leve che stavano sul bastone, in alcuni palchi piccoli il manovratore è visibile, in palchi più grandi invece è nascosto, in seguito il manovratore si posizionava sulla stessa pedana del suonatore di shimasen e del decantatore, nella forma finale sul palco dietro una prima separazione ci sono i manovratori nascosti. I burattini erano prima di creta e poi in legno, inizialmente senza le gambe e poi con le gambe solo ai personaggi maschi perché quelli femminili avevano il kimono e non si vedeva l’assenza delle gambe, i personaggi piccoli venivano mossi da un solo manovratore, quelli più grandi da più manovratori; c’è una distinzione tra burattini di personaggi maschili e quelli di personaggi femminili dove i maschi sono più alti e grandi mentre i femminili sono più bassi, più piccoli e più leggeri, la testa dei burattini era molto delicata perché all’interno c’erano varie leve che permettevano al manovratore di modificarne le espressioni e le teste erano intercambiabili, sulle teste di donne i capelli sono capelli veri acconciati, anche mani e piedi erano articolati in modo da poter essere mossi, il personaggio tipico era l’anziano, c’era anche il bambino piccolo, il comico e personaggi secondari. I burattinai hanno un’origine molto antica sin dal periodo Heian in cui erano considerati come zingari che andavano in giro con una scatola che conteneva burattini rudimentali e venivano considerati male a causa della presenza di donne; per diventare burattinai ci volevano 30 anni, 10 anni per imparare a muovere i piedi, 10 anni per il braccio sinistro e 10 anni per il braccio destro e la testa, i burattinai erano prima nascosti e poi dal 1705 diventano dezukai ovvero manovratori a vista, si passa da un manovratore a tre manovratori che sono l’omozukai che è il principale e muove testa e braccio destro, l’ashizukai che è il secondo e si occupa di piedi e gambe e l’hidarizukai che si occupa del braccio sinistro utilizzando un asticella di 40 cm, l’omozukai si occupa anche dell’andatura e delle espressioni del burattino ed è l’unico ad essere vestito in maniera visibile e indossa dei zoccoli altissimi, gli altri sono vestiti interamente di nero. Il testo è un testo molto elevato dal punto di vista della qualità letteraria visto che non c’erano attori e quindi nessuno poteva compensare ad un testo magari di basso livello, la caratteristica di questi testi è il fatto che a volte è difficile definirli testi teatrali perché somigliano più a zana zoshi che ai classici testi di teatro, grande importanza è data ai declamatori che a differenza dei burattinai sono intellettualmente raffinati, a un certo punto c’è un’unione di narrazione e musica, discorso che si lega anche al kabuki in cui testo e musica avevano come argomenti la fondazione di templi, leggende buddhiste e gesta epiche. Un’altra figura rilevante di questo periodo a parte Sawazumi Kenkyo che fondò una scuola rigida abbiamo Takino Koto che fondò una scuola più flessibile, i loro allievi faranno nascere il joruri. I testi più antichi che vanno sotto il nome di shohon si occupavano di Heike monogatari, temi religiosi e miracolosi e di storie tragiche di famiglie. Il primo declamatore fra tutti fu Satsuma Joun, allievo di Sawazumi, si trasferì ad edo e legò il suo nome a delle evoluzioni dei burattini, fu sia declamatore che burattinaio, inizialmente la sua produzione andò in contro ai gusti dei militari, il personaggio tipico di questo tipo di narrazione è Sakata Kimpira che è un eroe fortissimo con poteri straordinari, a tratti irresponsabile che cadeva in errori e commetteva scherzi macabri, c’erano spesso elementi fantastici che nel tempo spariranno, quello che viene messo in scena è l’esaltazione del coraggio e l’eroe interviene contro le ingiustizie; è un tipo di personaggio caro al pubblico di Edo che poi sparirà, sono stati prevenuti circa 40 testi con illustrazioni su questo personaggio con trama grossolana e linguaggio semplice senza aspetti psicologici. Izumidayu: aveva una gran foga del declamare i testi e non dava il ritmo con un ventaglio ma con una barra di ferro, nel kamigata si fa un nome perché comincia ad usare tecniche ingegnose per manovrare le bambole creando una sorta di effetti speciali. Inoue Harima: viene influenzato dal teatro no, fonda ad Osaka un teatro e da più importanza alla dimensione psicologica che agli elementi fantastici. Uji Kaga no jo: infuelnzato dal no cerca di ricreare il no con burattini e shamisen, da importanza alla raffinatezza dei testi, il testo passa da 6 a 5 dan recuperando la struttura johakyu, il suo lavoro rappresenta un ponte tra il vecchio e nuovo joruri, mette in scena una varietà di stili con realismo ed l’ultimo cantore-drammaturgo. Takemono Gidayu: allievo di Uji kaga no jo, saràa solo cantore e collaborerà con Chikamatsu nel 1685, nel 1684 fonda ad Osaka il teatro e la sua prima opera sarà Shusse Kgekiyo e le sue abilità recitative ancora oggi dettano lo stile recitativo. I declamatori devono essere in grado di dar voce sia ai personaggi maschili che a quelli femminili, nell’ambito dei declamatori non ci sono divisioni in casta e bisogna solo avere un tono naturale. Kabuki Il termine kabuki viene fuori dal nome kabuki-mono che viene dal verbo kabuku che significa impinnarsi perché con il termine kabuki-mono si indicavano quei soggetti che nell’oppressiva società Tokugawa erano refrattarie verso il seguire le regole ed erano quindi ribelli, erano persone che con i loro atteggiamenti esprimevano il loro disappunto verso il governo, lo facevano soprattutto attraverso l’abbigliamento; in questo cotesto spesso si assisteva a delle risse in cui spesso venivano coinvolti i ronin cioè i samurai senza padrone ed erano coinvolti anche ragazzi provenienti da famiglie nobili; i kabuki-mono sono visti come un elemento immorale da stigmatizzare ma anche come soggetti che accendono la fantasia del popolo che li vede come eroi che combattono contro le ingiustizie, di conseguenza il kabuki diventerà un atto di anti- conformismo. I protagonisti del kabuki saranno ad esempio i samurai, spesso rappresentati come caduti in disgrazia e nonostante i samurai stessi avessero il divieto di frequentare bordelli e teatri si travestivano e ci andavano comunque, nei drammi i samurai sono rappresentati presi nella morsa di due fedeltà contrapposte ovvero una persona era titolare di giri singoli, quindi di obblighi morali, verso persone diverse che poi andavano a contrastarsi tra loro. Si parla a volte di personaggi come Nagoya Sanza che è stato un famoso kabuki-mono. Anche i contadini sono presenti in questi drammi ma sia fuori che dentro il teatro rimangono estranei a questo mondo, vengono rappresentati come schiocchi e codardi e fanno da comparse. Il mercante è il vero protagonista di questo periodo e detta legge per quanto riguarda la creazione di opere di intrattenimento. Gli attori di kabuki in una prima fase sono visti come dei fuori casta, vengono ghettizati e costretti a vivere in quartieri bistrattati, devono portare abbigliamenti che li permettano di essere subito identificati e vivere in case piccole, la cosa assurda era però che il pubblico li vedesse come idoli. Spesso i drammi messi in scena sono ispirati dai dettami confuciani con la divisione in classi sociali, i 5 rapporti e la fedeltà all’autorità, quando un soggetto ha più rapporti nasce il conflitto morale; nei drammi di kabuki assistiamo a una trasposizione dei valori tipici dei samurai che vengono trasportati nel mondo dei mercanti. Un elemento fondamentale del kabuki è la presenza del sovrannaturale, in particolare dell’onryo che sono spiriti vendicativi di persone morte in circostanze tragiche ed erano spiriti particolarmente temuti all’epoca, il kabuki stesso nasce come tama shizume che significa pacificare perché nasce come una forma di pacificazione degli spiriti; nel ambito della convivenza tra naturale e sovrannaturale una congiunzione tra i due è data dai kamigakari cioè dalla possessione di un uomo da parte di una divinità che lo trasforma in un hito-kami cioè una divinità conferendogli dei poteri che gli permettono di realizzare delle imprese straordinarie. La nascita del kabuki si lega al nome di Okuni ovvero una donna, è un personaggio particolare, mette in scena il testo Kunijo kabuki e kotoba nel 1614 nel tempio Kitano e la storia che viene narrata è la storia di Okuni stessa e di Nagoya Sanza che all’epoca era da poco morto e tutta la narrazione funziona come una sorta di tamashizume perché la protagonista esalta lo spirito di Nagoya a manifestarsi ed esprimere tutti i suoi rancori verso la vita, l’attore che interpetra Nagoya Sanza comunica i risentimenti del defunto e poi c’è una pacificazione e un allontanamento. Possiamo dividere la storia del Kabuki in 5 periodi: un primo periodo in cui c’è Okuni, si passa poi all’onna kabuki cioè il kabuki delle donne, il wakashu il kabuki dei ragazzini e lo yaro kabuki cioè il kabuki dei ragazzi; una seconda fase che è quella del Genroku kabuki che era ancora un po’ primitivo, fino ad arrivare alla fine del 18esimo secolo che viene considerata l’età d’oro di questa È stato un genio teatrale, nasce a Fukui da un importante famiglia di samurai e il padre decide di diventare un ronin e trasferirsi a Kyoto, studia haikai mentre è a servizio di un nobile ella sua residenza e entrò a contatto con il joruri e con Uji kaga no jo, la sua passione per il teatro fu una grande delusione per la sua famiglia. Chikamatsu scrisse prima in collaborazione con attori e poi si consultò con attori e impresari, uji kaga no jo fu il suo maestro di joruri che all’inizio non gli permise di firmare le sue opere, grazie al suo maestro Chikamatsu imparò l’importanza del no e i tempi soprattutto del teatro no; agli inizio le sue opere venivano modificate in base al decantatore che dovevano recitarle, a Kyoto c’era Uji kaga no jo e Gidayu a Osaka, il loro successo insieme portò a una competizione tra Gidayu e il suo maestro Uiji kaga no jo che si trasferì apposta poi ad Osaka collaborando con Saikaku e un incendio distrusse il suo teatro per questo abbondò questo campo e tornò a Kyoto; nel 1685 Chikamatsu comincia a scrivere per il kabuki e lo fa fino al 1705 componendo circa 30 opere, una buona parte dei teatri di kabuki avevano il loro drammaturgo ma Sakata Tojuro che era un importante attore capì la sua bravura e collaborò con lui, Chikamatsu creò il wagoto nel Kamigata; era abituato a scrivere per il joruri quindi opere in 5 atti e questo lo aiutò col kabuki che aveva 3 atti e molte scene, scrive 24 sewamono che sono opere composte da un singolo atto che corrisponde all’intenso terzo atto di un jidaimono di 5 atti, i sewamono non hanno elementi fantastici e sono realistici, i suoi oltre 70 jidaimono hanno trame multiple ed elementi fantastici che si svolgono lungo ampi lassi di tempo, il 3 atto è realistico e culminante ed è il momento in cui la narrazione si compatta; mentre i sewamono trattano dei temi inerenti alla società contemporanea di cronaca rosa o nera e si concentravano sui singoli cittadini, i jidaimono usano una complessa interazione tra testi cinesi e giapponesi con ambientazioni nel passato che permettevano di inscenare l’ambiente politico contemporaneo e quindi sulla società. Nel 1706 Chikamatsu si trasferisce da Kyoto ad Osaka e scrive per Gidayu, lascia la gestione del suo teatro a Takeda Izumo I che promosse un teatro più tecnico e che incoraggiò Chikamatsu a scrivere opere che mettevano in risalto le capacità tecniche dei burattini, in questo periodo mentre il kabuki lo spingeva verso il realismo, izumo con lo joruri lo spingeva verso una teatralità spettacolare e quindi le sue opere presentavano una dualità con un secondo e quarto atto spettacolare e un terzo atto realistico. Chikamatsu definisce jo il sentimento del dar vita ai burattini, la base della scrittura in questo periodo è il pensiero confuciano (giri/ninjo), diede molta importanza al realismo e i personaggi dovevano rispettare la loro posizione nel rango anche nel linguaggio, da molta importanza anche all’aware soprattutto nel momento tragico della narrazione e il più delle volte il conflitto è tra desideri umani innati e la razionalità, Chikamatsu vede i sentimenti umani come essenzialmente buoni ma che vanno temperati dalla moralità altrimenti le passioni eccessive diventano tragedie; le sue 30 opere di kabuki ci sono arrivate attraverso riassunti e illustrazioni, i 90 testi joruri vennero stampati integralmente anche perché erano opere che potevano essere semplicemente lette. Yotsugi Soga: la sua prima opera per Uji kaga no jo, ebbe un immediato successo, la trama rocambolesca presenta un linguaggio altisonante, la trama riguardava un episodio di vendetta riguardante i fratelli Soga che l’autore rielabora, ambienta la storia una generazione dopo quella dei fratelli che Soga che sono Juro e Goro, all’inzio della scena il primo è già morto, il secondo appare all’inizio e viene decapitato per ordine di Minamoto no Yoritomo, i protagonisti del testo sono due fratelli che sono loro servitori e si chiamano Onio e Dosaburo che volevano vendicare la calunnia su Juro che era stato paragonato dai suoi aguzzini ad un trofeo di caccia, i due litigano su chi deve rimanere a casa a vegliare sulla vecchia madre dei Soga e chi invece possa avere l’onore di andare a compiere la vendetta, diventano nemici e nella scena successiva la scena è ambientata in un bordello del 12esimo secolo ma tuttavia le abitudini sono quelle del periodo Tokugawa, in questo bordello lavorano due prostitute che sono Tora che è l’amante di Juro e Shosho che è l’amante di Goro, le due si chiedono come mai non ricevano lettere dai loro amanti e mentre stanno parlando di questo ricevono la visita di coloro che avevano offeso la memoria dei defuniti e che addirittura avanzano la pretesa di giacere con loro, Onio li scaccia senza sapere che fossero proprio loro e informa le due donne della morte dei loro rispettivi amanti, nel terzo atto c’è il michiyuki che è un viaggio che viene descritto e diventa un’occasione per esprimere i sentimenti dei personaggi ma anche per fare riferimento a noti toponimi letterari, il viaggio viene compiuto da Tora e Shosho, le due vanno a comunicare alla madre dei fratelli l’accaduto e alla due viene detto di non farlo in maniera troppo diretta così le due indossano dei katami cioè cose lasciate in ricordo dai defunti e che serve anche a creare una sorta di possessione da parte della persona morta che si sovrappone a quella viva, si presentano così dalla donna fingendo di essere i loro figli e la madre capisce che i suoi figli sono morti, Tora dice alla donna di aver dato alla luce il figlio di Juro che chiamerà Sukewaka e che è l’erede, nel quarto atto tornano Onio e Desaburo che venuti a conoscenza di dove siano i cattivi litigano di nuovo tra loro su chi debba andare a vendicarsi, nel frattempo i cattivi progettano di rapire Sukewaka e si dirigono da Tora e Shosho, le due fingono di amarli e di volergli far catturare i nemici così li nascondono in delle ceste che chiudono e quando Onio e Dosaburo arrivano i cattivi vengono uccisi e solo uno viene portato come trionfo a Kamakura, questo è l’atto più vicino alla farsa, i due fratelli sono più interessati a litigare tra loro che alla vicenda in se e al pubblico la rappresentazione piacque molto, nel quinto capitolo a Kamakura Yoritomo risparmia la vita al sopravvissuto e regala le terre dei Sogo a Sukewaka e la moglie di Yoritomo loda le due cortigiane che si sono comportante in maniera fedele e Yoritomo le invita ad esibirsi in una danza che racconti la loro storia, l’opera finisce con Tora che si allontana con Sukewaka convinta che la fortuna dei Soga continuerà nelle generazioni. Shusse Kagekiyo: testo sperimentale scritto per GIdayu, opera con toni cupi spezzati da azioni sovrannaturali per evidenziare le potenzialità dei burattini, il personaggio più interessante è Akoya che è l’amante del protagonista Kagekiyo e che viene a conoscenza dell’matrimonio organizzato tra quest’ultimo e una donna di nobili origini e lo tradisce rivelando ai suoi nemici il suo nascondiglio, la donna si pente di ciò che ha fatto ma è troppo tardi, Kagekiyo viene imprigionato e incatenato e Akoya si presenta con i suoi figli ad implorare perdono ma non lo ottiene e Kagekiyo ripudia i suoi figli, la donna allora minaccia di ucciderli davanti ai suoi occhi e arriva a pugnalarne uno, l’altro cerca protezione dal padre ma non la ottiene, il ragazzo viene convinto dalla madre e si lascia uccidere, la donna si suicida e nel quinto atto si dice che Kagekiyo è stato decapitato e la sua testa esposta come trofeo si trasforma nella testa della dea kanon e kagekiyo si capisce che è stato miracolato dalla dea a cui era devoto e si riconcilia col suo nemico che era Minamoto no Yoritomo; dal punto di vista letterario non si parla di capolavoro però il personaggio di Akoya è intenso e presenta la complessità femminile che la rendono molto umana nonostante sia un burattino, la sua testa però rimane uguale per tutta la rappresentazione e questo è un limite del joruri perché non gli permette di avere la giusta espressione, Akoya compie un atto inconcepibile perché nonostante la morte sia un elemento discusso un atto del genere fatto solo sulla base della sua collera va ben oltre e non è in linea con lo stampo confuciano. Dal 1688 al 1703 Chikamatsu scrive solo per il kabuki, i testi non sono all’altezza di quelli joruri, i personaggi sono stereotipati e fatti per accontentare il desiderio di Sakata Tojuro che era specializzato in wagoto, la maggior parte di queste opere sono oiemono. Keisei mibu dainenbutsu: è uno dei testi più famosi con una trama complicata, quest’opera garantisce ad ogni attore di manifestare le sue qualità senza tenere molto conto della qualità letteraria, anche se l’opera ci è giunta come un riassunto illustrato in realtà in origine era un testo molto complesso. A partire dal 1703 si dedica al joruri, aveva un difficile rapporto con gli attori che modificavano i suoi testi e fu spinto a questa decisione probabilmente anche a causa del ritiro di Sakata Tojuro, un altro motivo forse era che Chikamatsu sapeva che Gidayu avrebbe attirato pubblico e tolto l’attenzione dal kabuki. Sonezaki shinju: del 1703, scritto da Gidayu, ottenne un grande successo e risollevò le sorti del teatro di GIdayu che in quel momento era vicino alla bancarotta, si tratta di un’opera divisa in 3 atti e viene scritta sull’onda della tendenza dei doppi suicidi d’amore che aveva inondato il Giappone alla fine del XVII secolo, anche il kabuki metteva in scena questa tematica, il primo suicidio venne messo in scena nel 1683 però il joruri fu più lento e conservativo. Nel quinto mese del 1703 la notizia del doppio suicidio di Tokubei, un commesso e Ohatsu, una prostituta, si sparse in tutta Osaka e Chikamatsu ci scrisse velocemente un’opera, una settimana dopo venne messa in scena anche se in realtà ne era già stata fatta una versione per il kabuki, la storia narra della storia d’amore dei due, Tokubei si rifiutò di sposare la figlia adottiva del vecchio zio per cui lavorava, apparteneva alla classe sociale bassa e non aveva molti soldi perciò rifiutando il matrimonio doveva restituire allo zio ka dote che gli aveva dato per farlo sposare e lui non può farlo perché ha prestato i soldi ad un suo amico che finge di non averli mai avuti ingannandolo, i due amanti decidono di suicidarsi; Chikamatsu gli da così un grande valore letterario e il pubblico aveva la sensazione di aver assistito al fatto così com’era accaduto essendo l’opera un sewamono che dovevano essere vero simili, anche se non rispettavano i fatti di ciò che era accaduto gli eventi sembravano comunque realistici, l’amico di Tokubei infatti fu’ un’invenzione dell’autore; Tokubei risulta debole, inetto, buono ed ingenuo ma ammirevole per aver rifiutato il matrimonio, la scena drammatica è quando Ohatsu attende Tokubei per sapere se è pronta a morire con lei, Tokubei prende un piede di Ohatsu, se lo passa sotto il collo per farle capire che è pronto, i burattini femminili non hanno gambe e piedi solitamente ma in questa unica opera viene mostrato il piede di un burattino femmina, il michiyuki che è il passaggio a stampo poetico è tra i più poetici in assoluto, serve sia a pacificare gli spiriti degli amanti e anche a mettere in mostra le capacità dei declamatori, Tokubei acquista spessore perché viene messa in mostra la potenza del suo amore arrivando ad uccidere la donna che ama, Chikamatsu ci rassicura sul futuro dei due amanti perché sicuramente otterranno la salvezza buddhista, si credeva che gli amanti suicidi sarebbero rinati nel paradiso, soltanto Chikamatsu garantiva però la salvezza buddhista e la felicità che era stata negata loro in vita, questo tono buddhista non ci riporta però a quello delle atmosfere medievali, è tutto molto contemporaneo come l’importanza dei soldi che in questo caso avrebbero risolto tutto, in un’opera di teatro no questa cosa sarebbe stata inconcepibili. I sewamono di Chikamatsu non esaltano i valori della classe dei mercanti, pescano piuttosto ì valori della classe dei samurai per valori come la lealtà, la devozione e l’onore. Shinju Ten no Amaijima: significa doppio suicidio d’amore ad Amijima, viene considerato il suo capolavoro, è un’opera che ne ha ispirate altre, il protagonista dell’opera è Jihei e ama due donne,a prostituta Koharu e sua moglie Osan, Koharu gli è fedele e solo il rispetto per la moglie dell’amante le impedisce di proporre a lui il suicidio, la moglie voleva che lui stesse solo con lei ma nonostante ciò spinge Jihei a riscattare Koharu dandogli i soldi per poterlo fare, il padre di Osan lo
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