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Letteratura inglese 2: La letteratura Inglese ‘Early modern’- testi e contesti, Appunti di Letteratura Inglese

Appunti completi del corso di letteratura inglese 2 (anno accademico 2019-2020) per la facoltà di Lingue e letterature straniere di Pisa. Corso seguito con la professoressa Nicoletta Caputo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 15/02/2021

Micheleem
Micheleem 🇮🇹

4.3

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Scarica Letteratura inglese 2: La letteratura Inglese ‘Early modern’- testi e contesti e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! La letteratura Inglese ‘Early modern’: testi e contesti 23.09.2019 Early modern si traduce come prima età moderna e copre un periodo fino al 1660. Nel 1660 c’è la Restaurazione dopo la guerra civile del 1642. Viene richiamato sul trono il monarca. Il testo poetico Ha una struttura complessa e articolata, caratterizzata da vari livelli (o strati). Questi livelli non possono essere presi singolarmente per cogliere il significato della poesia. È attraverso i rapporti che si stabiliscono tra i diversi strati o livelli che il testo poetico si carica di significati profondi, che assume quella particolarità connotativa che le è propria: una poesia da emozioni, può suggestionare grazie a tale ricchezza. Bisogna analizzare il testo poetico in tutti i suoi livelli, sia quelli superficiali che quelli più profondi. Non si può parlare del piano fonologico senza che esso non incida sul piano del significato. Esistono 6 strati: ➢ Strato fonologico: siamo al livello dei suoni → si percepisce con l’udito e con la vista. È il primo ad essere percepito. La struttura fonica diventa significativa quando ogni singolo suono tesse una rete di corrispondenza e richiami con gli altri suoni presenti nel testo poetico. Spesso nelle poesie il suono dell’acqua è richiamato attraverso l’uso delle consonanti liquide (l e r). ci sono consonanti che richiamano sensazioni e oggetti. I suoni trasmettono impressioni e suggestione (le fricative s e z danno un carattere sussurrante). Dei fenomeni fonici sono allitterazioni (ripetizione dello stesso suono ad inizio delle parole) e anafore (ripetizione della stessa parola all’inizio di ogni verso) ➢ Strato ritmico: siamo al livello dello schema metrico. La poesia è organizzata in versi che hanno un ritmo. Il ritmo italiano si basa sul numero di sillabe e quello più usato è l’endecasillabo. Nella poesia inglese il ritmo è basato sugli stresses, sui numeri di accenti e il verso principe è il pentametro. La metrica inglese si basa sui piedi (feet) ovvero le unità minime del verso, costituite da una sillaba accentata e da una (o due) sillabe non accentate. Il piede giambico (iamb → iambic) è costituito da una sillaba non accentata e da una accentata. Il contrario del piede giambico è il piede trocaico (trochee → trochaic) è costituito da una sillaba accentata e da una non accentata. Il poeta spesso introduce un’inversione iniziale e il verso giambico può quindi iniziare con una sillaba accentata. Quindi lo schema può apparire confuso. I versi inglesi vengono distinti a seconda del numero e del tipo si piedi da cui sono costituiti. ➢ Rima: può creare un effetto musicale. Spesso però svolge anche una funzione semantica perché mette in relazione delle parole, sottolineando delle analogie o contrasti. Nella poesia inglese, rispetto a quella italiana, è meno presente perché il pentametro giambico non rimato è il verso principe (viene usato da Shakespeare) questo unrhymed iambic pentameter viene chiamato blank verse ed è la forma metrica propria del grande teatro elisabettiano. La distinzione tra sonetto inglese e sonetto italiano non risiede nel numero dei versi (sono 14) ma nel modo in cui sono sistemati. In quello italiano sono due quartine e due terzine, in quello elisabettiano o shakespeariano sono 3 quartine e 1 distico rimato finale. Questa divisione ha effetto sul piano semantico. Nel sonetto inglese abbiamo un discorso filato e semplice nei dodici versi delle 3 quartine mentre nell’ultimo distico abbiamo uno stravolgimento, una sorpresa finale che da una parte stupisce il lettore e dall’altra diventa una chiosa del componimento. ➢ Sintassi: ordine delle parole nel discorso → nella poesia c’è sempre una variazione per evidenziare elementi e creare suggestioni giocando sul rapporto fra periodo metrico e periodo sintattico (ci sono accelerazioni e rallentamenti per dare un impulso dinamico o più meditativo alla poesia). Non sempre verso e senso coincidono (ad esempio nell’enjambement o run in line il senso travalica la pausa metrica). L’inversione del normale ordine sintattico della frase ha la funzione di dare rilievo: alcuni elementi infatti assumono più importanza nel discorso poetico grazie alla loro posizione. Alla sintassi si collegano figure retoriche che rappresentano irregolarità grammaticali, variazioni nel genere, numero, concordanza, funzione ecc. rispetto al normale svolgimento sintattico. Anacoluto → non ha un accordo logico grammaticale Asindeto → quando si elencano termini e proposizioni senza uso di congiunzioni Polisindeto → quando si elencano termini e proposizioni usando numerose congiunzioni Chiasmo → incrocio, si crea una croce immaginario tra due coppie di parole Ellissi → omissione di un elemento sintattico nella frase che viene sottointeso Enallage → uso di una parte del discorso al posto di un’altra, ad esempio quando un aggettivo viene usato al posto dell’avverbio. Iperbato → inserimento tra due o più parole connesse da un punto di vista sintattico di uno o più elementi che non dovrebbero stare lì Pleonasmo → espressione sovrabbondante che si ottiene con l’aggiunta di una o più parole che non sono necessarie dal punto di vista concettuale e grammaticale Sillessi → concordanza grammaticale a senso, ad esempio ‘un gruppo di soldati venivano’ al posto di ‘un gruppo di soldati veniva’ Zeugma → far dipendere da un unico predicato due complementi o due costrutti diversi) ➢ Strato semantico: ha a che fare con il significato, anche se quest’ultimo è determinato da tutte le componenti del testo, tutti gli strati. Alcune parole, con l’aiuto di mezzi formali acquistano pregnanza, diventano parole tema e vanno a costruire con altre parole una rete semantica di rapporti di analogia e contrasto: fanno parte di isotopie. Correlativo oggettivo: si ha quando vengono usati oggetti che appartengono al mondo dell’esperienza per esprimere stati emotivi. Tropi: figure di significazione, hanno a che fare con i contenuti delle parole (metafora→ un vocabolo viene usato per esprimere un concetto che normalmente non esprime; metonimia → contenente per il contenuto, il materiale per l’oggetto, il simbolo per la cosa, il luogo di origine per la cosa prodotta; sineddoche → parte per il tutto, singolare per il plurale, genere per specie; antonomasia → traslato per cui si adopera, per designare una persona celebre, in luogo del nome proprio, il suo attributo o la sua apposizione più nota, o, viceversa, si indicano, col nome di persona o cosa famosa, persone o cose che ne posseggano o ne ricordino le qualità). ➢ Strato simbolico, antropologico e mitico: è quello più profondo, fa appello alla nostra memoria culturale e va al di là del significato palese, più letterale della poesia. Isotopie → quando parole si raggruppano intorno a un significato unico, un fil rouge che si ripete nel componimento; le isotopie si collegano a livelli più profondi del testo: simbolico, mitico, psicanalitico, antropologico. Narratività Quando si legge qualcosa bisogna tener conto anche di come viene raccontato, di come viene espresso, questa è la narratività. È l’insieme dei caratteri specifici che fanno di un testo un testo narrativo. La branca che studia i caratteri appartenenti a ciò è la narratologia, e bisogna far riferimento a Gerard Genette. La narrativa presuppone una comunicazione che prevede un emittente e un destinatario. Quando invece parliamo di narratologia abbiamo: ➢ Autore reale: chi materialmente ha scritto l’opera, è la persona storica dell’autore. ➢ Autore implicito: l’immagine dell’autore consegnata all’opera, l’idea dell’autore che il lettore desume dalle informazioni presenti nel testo. Ha creato il narratore che è la versione implicita di sé stesso che l’autore reale crea quando scrive. E una sorta di alter-ego dell’autore reale. L’autore implicito non ha voce nel testo non ha dei mezzi di comunicazione diretti. ➢ Narratore: il personaggio che dice “io” nel racconto, anche se questo può non accadere, ovvero il responsabile dell’atto di enunciazione del racconto. È la voce che parla e narra i fatti che accadono nasce dal bisogno di una comunicazione reale che viene richiesta. ➢ Narratario: il destinatario della narrazione del narratore e può essere rappresentato da un personaggio o essere immaginario. ▪ Scena: tempo della storia e tempo del racconto tendono a coincidere. Tendono perché la lettura è sempre più lenta del parlato. TR=TS. Accade nel dialogo ▪ Estensione: quando il tempo del racconto ha una durata maggiore del segmento del settore che corrisponde. Si ha un rallentamento, quando il narratore riferisce e analizza pensieri, sensazioni. TR>TS ▪ Pausa: si ha quando il tempo della storia si ferma completamente mentre procede il racconto. Si ha nelle descrizioni. TR=n TS=0 ➢ Frequenza: distinguiamo vari racconti: ▪ Racconto singolativo: racconta una sola volta ciò che è accaduto una volta oppure a raccontare n volte ciò che accade n volte ▪ Racconto ripetitivo: racconta n volte ciò che è accaduto una volta sola (romanzo epistolare a più narratori). Conferisce importanza all’episodio narrato più volte, lo mette sotto i riflettori. Ad esempio si vede nel giallo. ▪ Racconto iterativo: racconta una volta ciò che è accaduto più volte. Il suo tempo tipico è l’imperfetto (quello del racconto singolativo è il passato remoto). Può evidenziare la monotonia di una certa situazione, la ripetitività, oppure può essere utilizzato per sottolineare delle analogie tra diversi momenti temporali, tra diverse esperienze. La focalizzazione è la prospettiva da cui la vicenda è narrata, il punto di vista. Ne esistono 3 tipi: ➢ Focalizzazione zero: quando il narratore non assume mai il punto di vista dei personaggi ➢ Focalizzazione interna: quando il narratore si identifica in un personaggio. Può essere fissa quando il punto di vista è di un solo personaggio, variabile quando cambia e multipla quando lo stesso avvenimento è visto con occhi di personaggi diversi ➢ Focalizzazione esterna: quando il narratore vede i personaggi che gli agiscono davanti e ci riporta ciò che fanno senza però descriverne le emozioni. (Es. libro giallo) 26.09.2019 Il setting Si indica l’ambientazione del racconto e comprende lo spazio (il luogo in cui si svolgono gli eventi) e il tempo (l’epoca in cui la vicenda ha luogo). Il setting può fornire un background riconoscibile oppure inventato alla vicenda. In un romanzo di fantascienza non riusciamo a riconoscere né il luogo né lo spazio, il setting è inventato dall’autore. Il setting può comprendere scene in interno o in esterno. Ci sono poi dettagli relativi ad abbigliamento o arredamento che cogliamo dalle varie descrizioni e questi forniscono il setting sociale della vicenda. Personaggi Sono delle persone fittizie che non hanno mai un corrispettivo nel mondo reale, questo anche quando sono personaggi riconoscibili e storici (per esempio un romanzo che parla di Napoleone rappresenta comunque un personaggio fittizio, non sarà mai il vero Napoleone). Si tende a trattarli come fossero persone reali ma sono sempre dei costrutti fittizi. Un personaggio ben finito deve sembrare come se vivesse di vita propria. I personaggi sono dei paradigmi aperti che il lettore è tenuto a completare. Quando il narratore è palese ci descrive il personaggio e ci dà delle informazioni. Comunque, il lettore deve lavorare su di esso. I personaggi esistono limitatamente da quanto ci viene raccontato di loro, per le vicende che vivono, dalle relazioni che hanno e si concretizzano in base alle loro parole che pronunciano o che altri pronunciano su loro. Dobbiamo distinguere tra personaggi primari e secondari. Questa distinzione ha a che fare con il ruolo che svolgono nella vicenda. una prima cosa che il lettore fa in modo automatico è individuare i protagonisti della storia. Inoltre, un personaggio è caratterizzato dall’essere (insieme delle sue qualità), dal fare (insieme delle sue azioni), dal vedere (prospettiva dalla quale osserva la realtà) e dal parlare (atti linguistici di cui è soggetto se è emittente o atti linguistici che riceve se è destinatario). Il narratore può evidenziare del personaggio i tratti fisici e anagrafici (non sempre presenti, non sempre il narratore ci dice l’aspetto o l’età precisa), i tratti socioeconomici (lo status sociale, il livello culturale, la posizione economica, il modo di vivere), i tratti ideologici (concezione del mondo, i suoi valori esistenziali e posizione politica) e i tratti psicologici (carattere, comportamenti e qualità umane). Tutto questo crea la complessità di un personaggio. Ovviamente non sempre viene detto tutto, sono le scelte del narratore. Il personaggio può essere: ➢ A tutto tondo: sono dei personaggi complessi, hanno molti tratti psicologici e conflittuali. Sono dinamici, si evolvono nel corso della narrazione. In un romanzo di qualità i personaggi sono sempre a tutto tondo ➢ Piatti: sono caratterizzati da pochi tratti distintivi. A volte sono costruiti intorno a una sola qualità o caratteristica (ad esempio l’avaro). Sono dei personaggi statici, non si evolvono nel corso della narrazione. Possono esserci anche nei romanzi di qualità e spesso sono i personaggi secondari. Il personaggio può essere introdotto nel racconto mediante una presentazione diretta o indiretta. Nella presentazione diretta il personaggio viene presentato in modo chiaro a lettore. Il personaggio può presentarsi da sé (l’autore cerca degli escamotage per non far suonare l’autopresentazione forzata), può essere presentato da un altro personaggio secondo il suo punto di vista (racconta ciò che vede) oppure può essere presentato dal narratore attraverso una descrizione fisica o psicologica. Generalmente questi modi coincidono. Nella presentazione indiretta l’autore non presenta il personaggio ma lascia che sia il lettore a formarne un profilo in base alle azioni e relazioni che ha nel racconto. Questa presentazione ha a che fare con un narratore nascosto, non intrusivo. Tema Il tema letterario non coincide con il soggetto di un’opera. È un quadro di riferimento attraverso cui leggiamo un testo. È qualcosa di astratto e metatestuale. È il prodotto di una lettura e interpretazione, è l’atto sia creativo che interpretativo, l’autore tematizza alcuni nuclei narrativi e ne lascia altri sullo sfondo. Dall’altro lato il lettore sceglie di leggere un’opera privilegiando una o più prospettive. Questo perché il lettore è una presenza attiva del testo. Come i personaggi sono paradigmi aperti, il lettore dialoga con il testo e ne porta a rilevo le sue peculiarità. Es. un libro cambia il significato e l’importanza a seconda di vari fattori, per esempio l’età, l’esperienza. Il corrispettivo concreto e testuale del tema è il motivo. È più oggettivo ed è un’unità del contenuto di un’opera. Al motivo si collegano i Topoi, ovvero motivi standardizzati che sono stati consacrati dalla tradizione che hanno tutta una loro storia alle spalle, sono quelli consoni e utilizzati più frequentemente (ad esempio il Topos del viaggio.) Un elemento molto importante in narrativa è l’intertestualità intesa come il recupero all’interno di un testo di altri testi. Tutti i testi sono intrinsecamente intertestuali, ogni opera si pone in relazione con le altre opere che appartengono, ad esempio, ad un unico genere, che costituiscono il sistema letteratura. Come dice Eco “i libri parlano sempre di altri libri e ogni storia racconta una storia già raccontata”. Julia Kristeva ha dato una prima definizione del termine intertestualità nel 1967 in un saggio: “Ogni testo si costruisce come mosaico di citazioni, ogni testo e assorbimento e trasformazione di un altro testo. Al posto della nozione di intersoggettività si pone quella di intertestualità, e il linguaggio poetico si legge per lo meno come ‘doppio’”. Comunque vari teorici hanno ripetuto lo stesso concetto ovvero che tutta la letteratura e intertestuale. Il Tentativo di sistematizzare in modo organico l’intertestualità si deve a Gerard Genette in Palinstesti del 1892. Genette non la chiama intertestualità ma utilizza il termine trans-testualità per indicare tutto ciò che mette in relazione, manifesta o segreta, con altri testi; Genette identifica 5 forme che la trans-testualità può assumere: ➢ Intertestualità: si divide in plagio, citazione e allusione. Il plagio (o come dice Julia Kristeva ‘prelievo’ in relazione agli scrittori post-moderni) è la citazione non dichiarata ed è un reato, l’allusione è quando non si cita ma si allude a qualcosa di un po’ più lato. ➢ Paratestualità: la relazione tra testo e paratesto, fa riferimento a tutto ciò che sta intorno al testo: indice, note a piè di pagina, epigrafi, illustrazioni… ➢ Metatestualità: relazione che raccoglie tutti i casi in cui il testo diventa oggetto di commento o interpretazione da parte di un altro testo, è il rapporto critico e riflessivo tra i testi. Il metatesto parla del testo senza necessariamente citarlo o nominarlo. I testi di critica letteraria sono metatesti. ➢ Ipertestualità: ogni relazione che unisce un testo posteriore chiamato ipertesto e un testo anteriore chiamato ipotesto. Questi due si legano mediante un rapporto di derivazione e trasformazione, adattazione (Odissea è l’ipotesto dell’Ulysses, che è ipertesto) ➢ Architestualità: determinazione dello statuto generico di un testo, la sua appartenenza a un genere o allo stesso sottogenere. È il rapporto tra testi che hanno caratteristiche comuni. Tutte queste definizioni sono tratte dal palinsesto di Genette. Il Teatro Il teatro inteso non come luogo fisico è il complesso fenomeno associato alla comunicazione e produzione di senso che avviene durante la performance tra l’attore e il pubblico e ai sistemi che soggiacciono a questa transazione. Il dramma è il testo scritto, quella modalità di fiction che è destinata a essere rappresentata ed è scritta secondo particolari convenzioni. → convenzioni drammatiche Il testo teatrale e un pre-testo per la scena, non è fine a sé stesso ma sta a monte di qualcos’altro a differenza del romanzo. Il teatro a differenza di qualunque genere è multidimensionale e pluricodificato, ha molte dimensioni e molteplici codici e non si limita alla pagina scritta ma comunica qualcosa, ha bisogno di realizzarsi nella messinscena. Il dramma è il pretesto della scena ed è un linguaggio speciale che contiene, in parte, dentro di sé le direttive. 30.09.2019 Shakespeare dice che “Un testo teatrale, per grande che sia, resta sempre un pre-testo per la scena. […] Un testo drammatico è scritto per essere rappresentato, e a tal fine contiene, porta inscritte nel suo linguaggio, non solo le didascalie sceniche, ma anche le sue piene potenzialità di significato in correlazione ai canali, o codici, propriamente teatrali-scenici in cui le unità del ‘parlato’ (le battute, se si vuole) devono realizzarsi. E tali potenzialità, o disponibilità (non normative, perché si offrono ad un ampio ventaglio di transcodificazioni sceniche, in sincronia e in diacronia), riguardano l’intonazione recitativa, la mimica, i movimenti (cinesica), le distanze fisiche tra gli attori (prossemica), e infine – non meno fondamentale – il rapporto, implicito o esplicito, che il personaggio o i personaggi, e l’intera scena, sempre intrattengono con il pubblico.” Le didascalie si distinguono in: ➢ Didascalie implicite: sono inscritte nel testo, nel dialogo drammatico. Qui non ci sono le parentesi ma sono parte delle battute degli attori. Ad esempio: W. Shakespeare, Hamlet. Bar. “Looks a not like the King? Mark it, Horatio.” Hor.” Most like. It harrows me with fear and wonder. (46-7)” Bar.” See, It stalks away […] How now, Horatio? You tremble and look pale” Sappiamo cosa fanno questi personaggi perché le didascalie sono inscritte. Gli attori comprendono le azioni da compiere attraverso le battute che contengono informazioni sul comportamento da tenere e sulle emozioni che i personaggi provano. ➢ Didascalie esplicite: sono le istruzioni evidenti del drammaturgo su come il testo dovrebbe essere messo in scena. Spesso sono in corsivo e in parentesi quadre. La lunghezza delle didascalie può essere molto molto variabile, da alcune parole a periodi più lunghi e dettagliati. In Shakespeare sono molto limitate. Ad esempio Anton Čechov, Il giardino dei ciliegi. LOPACHIN. “Che cos'hai, Dunjaša...” La conseguenza di questa duplice comunicazione è che le informazioni che le due classi di destinatari, (personaggi e spettatori) hanno all’inizio del dramma sono quantitativamente diverse: i personaggi sanno più del pubblico, uno spettacolo si apre sempre in media res perché i personaggi sanno già tutto. Il drammaturgo, per colmare questo divario, deve mettere in atto delle strategie, deve mettere in opera dei dispositivi, dei trucchi che cambiano nel corso degli anni. Ad esempio: ➢ nel teatro elisabettiano, il divario viene colmato grazie al personaggio del prologo che si interfaccia con il pubblico (asse esterno) → un esempio è il prologo di Romeo and Juliet, dove ci viene della l’ambientazione, chi sono i protagonisti, che la storia è tragica e che la performance dura due ore. ➢ Autopresentazione dei personaggi (sempre sull’asse esterno): tipico del teatro medievale dell’epoca di Tudor. → un esempio è Like Will to Like di U. Fulwel. ➢ Il teatro dell’illusione veicola informazioni nuove per lo spettatore all’interno dei dialoghi (asse interno). vuole ricreare un universo pseudo- reale dove non è possibile l’autopresentazione dei personaggi, usa i dialoghi per dare informazioni al pubblico tutto ciò avviene sull’asse interno, le informazioni non sono ridondanti per i personaggi che le sanno già ma servono al pubblico per capire meglio. ➢ Il teatro dell’assurdo sfrutta la ridondanza per creare un effetto straniante e comico. La quarta parete è muro immaginario tra il mondo della finzione, la scena e il pubblico. Rappresenta il rapporto tra l’universo drammatico e il mondo reale. Nel teatro elisabettiano non esisteva, questo concetto viene formulato nel 700 e si diffonde nella metà dell’800. Le a parte (a side) invece è quando viene a crearsi una crepa nel mondo della finzione da cui il personaggio può momentaneamente uscire. Il Rapporto tra pubblico e attori cambia a seconda del periodo storico. Anche il teatro come luogo fisico e cambiato nel tempo nella composizione e nella dislocazione degli elementi che lo compongono. Nel teatro medievale il pubblico si trova intorno agli attori, si crea un rapporto di intimità tra pubblico e attori, cosa simile si vede nel teatro elisabettiano. Il teatro della restaurazione cambia dal 1660 al 1700. Nel 1660 si ha la riapertura dei teatri. Nel teatro moderno si ha una separazione netta tra pubblico e scena, come se il pubblico non esistesse per gli attori perché si trova completamente al buio a differenza del teatro elisabettiano dove il pubblico era illuminato. 02.10.2019 Il Rapporto tra pubblico e attori cambia a seconda del periodo storico. Anche il teatro come luogo fisico è cambiato nel tempo nella composizione e nella dislocazione degli elementi che lo compongono. Fino alla metà dell’800, benché ci fosse già la struttura del teatro moderno, la platea era illuminata e il pubblico interveniva e aveva un comportamento rumoroso e più irrispettoso rispetto a quello di oggi. Nel teatro medievale la messinscena aveva luogo in una piazza. Si passa dal teatro Elisabettiano a quello della Restaurazione (1660) perché durante la guerra civile i teatri chiudono e una volta riaperti la tradizione è cambiata. ➢ Teatro medievale: Nel teatro medievale il pubblico si trova intorno agli attori, si crea un rapporto di intimità tra pubblico e attori, cosa simile si vede nel teatro elisabettiano ➢ Teatro della restaurazione: Teatro della restaurazione cambia va dal 1660 al 1700. 1660 è la riapertura dei teatri ➢ Teatro moderno: Si ha una separazione netta tra pubblico e scena e come se il pubblico non esistesse per gli attori perché si trova completamente al buio a differenza del teatro elisabettiano dove il pubblico era illuminato. I performance studies sono un fenomeno recente sviluppatosi alla fine del ventesimo secolo. È una disciplina che studia la performance nelle sue molteplici forme (concerti, spettacoli teatrali, performance art, eventi sportivi, sociali e religiosi, cerimonie di ogni tipo). I performance studies sono interdisciplinari e intergenerici perché hanno un campo di studio molto vasto studiano l’effimero, quello che passa e quello che non lascia traccia. La performance è instabile perché il testo è pretesto per la scena, il testo è ripetibile un’infinita di volte nel tempo e nello spazio, le realizzazioni sceniche di un testo drammatico sono potenzialmente infinite, una realizzazione teatrale non è mai la stessa ma cambia. L’evento teatrale, che sia oppure no transcodificazione di un testo teatrale, è transeunte ed effimero, irripetibile. La transcodificazione è l’attualizzazione di codici che sono impliciti nella scrittura teatrale. Ogni volta che un testo viene rappresentato si instaura un dialogo tra testo, attori e registra. Le messinscene storiche Le messinscene storiche lasciano delle tracce che lo studioso deve recuperare. Per intraprendere lo studio delle messinscene storiche bisogna studiare: ➢ Le convenzioni storiche → studiare il teatro dell’epoca nelle sue manifestazioni ad esempio le varie tipologie e dimensioni del teatro, la forma e struttura del teatro, le convenzioni teatrali negli aspetti più disparati (stili recitativi, scaletta di una serata teatrale, tecniche scenografiche, costumi e tecniche d’illuminazione) ➢ Le testimonianze dell’epoca → sono le tracce che questi eventi effimeri, sfuggenti, hanno lasciato in vari tipi di documenti. Vanno cercati i resoconti in lettere, memorie, biografie, diari, pamphlets (gli spettatori scrivevano e raccontavano ciò che vedevano). Si possono analizzare anche recensioni in giornali e periodici, però solo dal XVIII secolo in poi. Inoltre dobbiamo analizzare locandine (playbills), copioni (prompt-books), rappresentazioni pittoriche, disegni e stampe satiriche. Le locandine erano gonfiate per fenomeni pubblicitari, venivano fatte operazioni di marketing molto evidenti. Introduzione storica Il primo monarca TUDOR, Henry VIII, lo troviamo nel 1485, con la sconfitta di Richard III, si conclude la guerra delle due rose fra i Lancaster e gli York. Egli era legato alla casa dei Lancaster ma non era un erede diretto, per questo sposò la figlia dell’ultimo re York. Nel 1509 Henry VIII sale al trono. Lo stemma inglese ingloba il giglio di Francia perché l’Inghilterra aveva ancora possedimenti in Francia (in questo momento aveva Calais). Nel 1533 Henry VIII divorzia da Caterina d’Aragona senza il permesso papale e sposa Anna Bolena. Questo divorzio causa uno scisma e nel 1534 nasce ufficialmente la chiesa d’Inghilterra con l’act of supremacy. La chiesa di Henry VIII era fortemente cattolica, nel primo periodo non è una chiesa riformata. Per avere un erede maschio Henry VIII non poteva essere sposato con Caterina d’Aragona. Non tutti accettarono il suo divorzio, ad esempio Thomas More fu imprigionato e in seguito decapitato. Caterina d’Aragona era moglie di Enrico VII morto 18enne prima di poter salire al trono: si erano sposati da poco. Il padre di Enrico VIII era molto tirchio e piuttosto che rimandare la sposa e perdere il potere decise di farla sposare al figlio Enrico VIII. Fu un matrimonio felice fin quando il re comincia ad essere ossessionato dal volere un figlio maschio e per questo tira fuori la faccenda del precedente matrimonio per liberarsi della moglie. Anna Bolena è la figlia di Elizabeth, alla fine Enrico VIII riuscì ad avere l’erede dalla terza. Anna Bolsena, nel 1536, fu mandata al patibolo accusata di tradimento, incesto con il fratello e stregoneria. Pochi giorni dopo Henry VIII sposò Jane Seymour che morì al parto per dare alla luce l’erede maschio, battezzato con il nome Edward. Sfortuna volle che morisse giovane. Jane Grey salì al trono per nove giorni nel 1553. Mary, la primogenita di Henry VIII era cattolica e moltissimi in Inghilterra non volevano il ritorno al cattolicesimo. Jane in seguito venne imprigionata e morì. Nel 1553 salì al trono Mary Tudor, figlia di Caterina d’Aragona e sposò Filippo II di Spagna. Gli inglesi non volevano avere contatti con la Spagna. Mary morì dopo 5 anni senza figli e le succedette nel 1558 Elizabeth I, figlia di Anna Bolena. Il suo regno fu molto lungo e durò per 45 anni. Nel 1587 ci fu la decapitazione di sua cugina, Mary Stuart, regina di Scozia. Lei era un pericolo per Elizabeth in quanto era cugina della regina e poteva acquisire il trono e inoltre era cattolica. Elizabeth non voleva farla uccidere e quindi la tenne segregata per molto tempo a Londra. Non venne uccisa finché non furono trovate delle lettere che davano prova del complotto con i cattolici che erano in Inghilterra. Non si sa se queste lettere fossero autentiche o se contraffatte dai ministri del governo di Elizabeth che volevano porre fine ad una situazione di stallo. Nel 1588 la flotta inglese sconfigge l’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna. Nel 1603 si conclude il regno di Elizabeth che non si è mai sposata e il trono passa a James VI di Scozia, il figlio di Mary Stuart. Diventa quindi contemporaneamente James I of England e James VI of Scotland. Comunque il regno di Scozia e il regno di Inghilterra non saranno uniti fino al 1707 quando si promulgherà l’act of union. Con James si apre la dinastia Stuart. Una data importante fu il 1605 quando ci fu il Gunpowder Plot, ovvero un tentativo fallito da parte dei cattolici estremisti di far saltare in aria il Parlamento e il sovrano. Nel 1625 Charles I, figlio di James I, diventa re. Nel 1642 ci fu lo scoppio della Guerra civile e i puritani al potere chiusero i teatri. Nel 1649 ci fu l’esecuzione di Charles I e l’inizio dell’Interregnum suddiviso in due periodi: ➢ Il Commonwealth ➢ Il protettorato (sotto Oliver Cromwell). Nel 1660 si ha la fine del protettorato e la restaurazione di Charles II (figlio di Charles I che era fuggito in Francia). Nel 1685 a Charles II succede il fratello James II. Il problema è che James II si era convertito al cattolicesimo e l’Inghilterra non lo vuole. Allora abbiamo nel 1688 la Glorious (o Bloodless) Revolution. James II viene deposto e vengono chiamati a regnare, Mary, figlia protestante di James II, e il marito olandese William of Orange. A questo punto abbiamo un regno congiunto, lei con il titolo di Mary II e lui con il titolo di William III. Nel 1702 salirà al trono la regina Anne, figlia minore di James II che morì senza eredi. Alla sua morte il regno passerà agli Hannover, una dinastia tedesca. Epoca Tudor Parola chiave di questo periodo è mutamento. Si trovano cambiamenti di ogni tipo: religioso, commerciale e militare. L’Inghilterra che era sempre stata dedita all’allevamento ovino comincia a produrre e a esportare tessuti. Questo implica che le terre vengono recintate per permettere il pascolo su larga scala, il commercio tessuti diventa industriale e i contadini (non erano proprio contadini ma erano dei poveri che si mantenevano coltivando le terre comuni) vengono cacciati dalle terre e quindi abbiamo il fenomeno delle “enclosures” ovvero una recinzione delle terre che non appartenevano a nessuno e potevano essere coltivate. La recinzione di queste terre provoca una migrazione verso la città. In Utopia di More Raphael Hythloday (uno dei personaggi principali) si lamenta proprio di questo fenomeno, utilizzando come metafora “le pecore stanno divorando gli uomini”. Attirati dai proventi cospicui che potevano ottenere con il commercio della lana, i proprietari terrieri recintarono le terre comuni, dove le classi più povere (commoners) potevano coltivare le loro cose. Inoltre la riduzione delle terre coltivate privò dall’impiego molti contadini. Questi contadini si trasferirono in città e la popolazione londinese crebbe a dismisura. Nel 1520 a Londra c’erano 60000 abitanti la recinzione delle terre provoco un aumento esponenziale della popolazione, questo aumento ebbe un grosso influsso sul teatro. Ci furono notevoli successi e scoperte in ambito militare con la creazione di nuove armi, cambiamenti religiosi frenetici e disequilibranti → questo provocò il declino del sistema feudale. Tuttavia i cambiamenti più destabilizzanti furono quelli che si ebbero in ambito religioso perché furono i più frenetici. Nel 1474 ci fu l’introduzione delle stampa di William Caxton che favorì la circolazione di libri e la diminuzione dell’analfabetismo, anche se i manoscritti mantennero il loro prestigio soprattutto nei circoli di élite. 04.10.2019 La società tudor era altamente gerarchizzata. Il posto e la funzione di ogni individuo erano definiti in base a coloro che si trovavano al di sopra e al di sotto di lui. Chi non era inserito in questo schema di ruoli era ritenuto potenzialmente pericolosi. Erano i masterless men, coloro che non erano collegati con nessuno e non lavoravano per nessuno. Si sottraevano alla gerarchizzazione della società voluta da Dio. Ogni cosa era in un certo modo perché così ➢ Ritratto del 1546, attribuito a William Scrots, di Elizabeth a tredici anni, questo dipinto fu donato al fratello accompagnato da una lettera. Sia Mary che Elizabeth non vivevano a corte. Nel dipinto lei tiene in mano un libro di preghiere o un vangelo a dimostrare la devozione e alle sue spalle sul leggio c’è un grande libro che sta a significare la sapienza della regina, i messaggi subliminali dei ritratti erano molto importanti. ➢ Ritratto dell’incoronazione. È una copia del 1600 perché l’originale è andato perso. In mano Elizabeth ha lo scettro e il globo, i capelli sono sciolti come si conviene per una ragazza non sposata. Infatti Queen Elizabeth, una volte che divenne sposa dell’Inghilterra, si rasò i capelli e iniziò ad indossare parrucche. il colore dei capelli è in contrasto con la carnagione chiara. Sono messe in evidenza le mani, notoriamente bellissime. Serie di ritratti simili tra loro per un motivo preciso. ➢ È un dipinto del 1575. È il cosiddetto Darnley portrait dipinto da Federico Zuccaro. Il vestito è molto sontuoso e riprodotto nel minimo dettaglio ➢ Pelican portrait prende il nome dal pendente della regina fatto a forma di pellicano, questo ritratto di Nicholas F. risale al 1575 circa. Sia qui che in quello successivo c’è una progressiva stilizzazione dell’immagine della sovrana. Al di sopra di ogni spalla ci sono due simboli, due corone nello specifico, quella a sinistra sovrasta la rosa dei Tudor mentre quella a destra sovrasta il giglio francese e questo sta a simboleggiare e il suo diritto dinastico in Francia e in Inghilterra. Il pellicano è simbolico e simboleggia sacrificio e redenzione. ➢ Phoenix portrait, (Nicholas Hilliard, c. 1576) ritratto con la fenice. La fenice ovviamente è il simbolo di rinascita. I ritratti iniziano ad essere tuti molto simili, il viso sembra senza età e c’è sempre il contrasto tra la chioma rossa e la carnagione chiara. ➢ Peace Portrait. È a figura intere. Viene chiamato così perchè la regina tiene in mano un ramo d’ulivo ed è rappresentata come messaggera di pace. Inoltre c’è anche una spada nel fodero a conferma del suo animo pacifista. È del 1580/1585. ➢ The Hardwick Portrait. 1595 molto dettagliata è la gonna, ricamata con figure mitologiche, serpenti marini e draghi. La gonna fu ricamata dalla moglie della persona che poi commissiono il dipinto, spesso queste persone erano quelle che gravitavano intorno alla corte per omaggiarla. Vi sono delle cifre alla sua destra E.R., ovvero Elisabetta Reina. ➢ Rainbow Portrait. È presente una stilizzazione massima del volto, l’abito è ricamato con dei fiori selvatici e permette l’associazione con Astrea, dea verginale della mitologia classica collegata alla natura. Il mantello è decorato con degli occhi e delle orecchie è ciò implica che la regina ha il controllo totale vede e sente tutto. Le perle e l’acconciatura simboleggiano la purezza, la corona la regalità ed è sormontata da un gioiello a forma di luna crescente, che allude a Cynthia, la dea della luna. Intorno al braccio sinistro è attorcigliato un serpente gioiello che tiene in bocca un rubino a forma di cuore. Il serpente simboleggia la saggezza, il rubino il cuore della regina e il fatto che il serpente tenga in bocca questo rubino, sta a simboleggiare che con la sua saggezza lei domina i suoi istinti e le sue passioni. Sopra la testa della regina c’è una sfera celeste che simboleggia il comando della sovrana sopra la natura. La mano destra regge un arcobaleno e c’è un’ iscrizione latina non sine sole iris → “non c’è arcobaleno senza sole”: la regina sarebbe il sole e l’arcobaleno è il simbolo della pace. La regina è ultra sessantasettenne ma rappresentata senza età. ➢ Simile a un altro ritratto, la regina usciva con i cortigiani vicino a lei che la trasportavano. ➢ Ci sono due dipinti che sono molto simili tra loro: lo sono perché venivano dallo stesso pattern, modello. Un proclama reale del 1563 vietava la circolazione indiscriminata di dipinti non accettati da lei: lo fece perché i ritratti che circolavano non erano veritieri e venivano definiti “deformed”. Ordinò la distruzione di tutti questi ritratti non approvati e commissionò ad artisti scelti l’esecuzione di modelli che sarebbero stati mandati in giro per il regno per essere copiati dai pittori qualificati assoldati dalle autorità civiche. Questo fa capire quanto la regina fosse promotrice di sé stessa. Le “proclamation” sono atti del sovrano. ➢ Elizabeth in old age. Uno dei pochi ritratti in cui Elizabeth è rappresentata in età avanzata. Non venivano fatte rappresentazioni di lei anziana perché mostrare segni di decadimento della persona poteva portare a rivolte popolari. ➢ Ritratto eseguito probabilmente dopo la morte della regina. È ritratta vecchia e stanca con due figure allegoriche alle spalle il tempo e la morte. Sono due cherubini che tolgono la corona dalla testa stanca della sovrana. Tiene in mano inoltre un libro che simboleggia la sua devozione. ➢ Effige marmorea sulla tomba di Elizabeth a Westminster. La tomba di Elizabeth si trova accanto a quella della sorella Mary. C’è un’iscrizione latina sulla tomba che recita “compagne sul trono e nella tomba, qui riposano Elizabeth e Mary, nella speranza della resurrezione”. Il patronato Il dominio di Elizabeth non è solo a livello iconografico. I monachi Tudor tutti avevano i loro apologeti e i loro propagandisti perché all’epoca non esistevano scrittori professionisti e non si poteva vivere di letteratura, considerata un’attività accessoria, perché c’erano pochi lettori, in quanto l’analfabetismo era dilagante, pochi acquirenti di libri e pochi stampatori e poi non esisteva il copyright. Gli scrittori vendevano i loro manoscritti a stampatori e librai per somme irrisorie. Gli scrittori di corte di Elizabeth non si reputavano scrittori ma erano soldati, cortigiani etc. perché la scrittura era una proprietà accessoria. La scrittura era un passatempo cortese e le cose prodotte venivano fatte circolare in forma manoscritta negli ambienti da loro frequentati. Gli scrittori di rango inferiore, che non potevano vivere di rendita, cercavano lavoro in altri modi diventando funzionari, precettori, dipendenti statali o servitori del culto seguendo la carriera ecclesiastica. La vita artistica in epoca elisabettiana si fondava sul patronato. Questo spiega le lettere dedicatorie che si trovano in apertura delle opere letterarie: l’artista sperava in questo modo di avere regali e favori dal patrono, da persone di rango sociale più elevato che volevano innalzare il loro status sociale che potevano essere compensi monetari... I patroni principali erano la corte, i ministri, i favoriti del sovrano e gli appartenenti alle famiglie più importanti (alta borghesia). I rapporti tuttavia fra gli scrittori e i loro patroni non erano sempre idilliaci. Robert Greene, ad esempio, è autori di pamphlets e prose, ebbe 16 patroni per 17 libri, cosa che dimostra il cattivo rapporto che ha con essi. Fu autore di Coney Catching, pamphlets che prendevano a tema la vita dei bassifondi e della criminalità londinese, con lo scopo di mettere in guardia le persone per bene circa i trucchi che usavano i malviventi per abbindolarli. Era una letteratura che aveva seguito perché ritraeva un mondo sconosciuto alla maggior parte della popolazione e inoltre era riportato il gergo utilizzato. Gli artisti non solo adulavano i loro padroni ma cercavano di persuaderli a fare loro regali e avanzavano richieste. Umanesimo inglese In Inghilterra fiorì durante il regno di Henry VIII, quindi fu più tardo dell’umanesimo italiano del 400. L’umanesimo in generale e concepito come una riscoperta dei classici e un accentramento della figura dell’uomo. È come il rinascimento, un fenomeno di matrice italiana, che stimola un interesse per le lettere e per le arti che appartenevano alla civiltà classica. Anche le mode ripresero il periodo classico e questa diffusione del classicismo favorì la diffusione di valori che si andarono a sostituire a quelli ultraterreni del medioevo. Durante il rinascimento viene enfatizzata la dignità dell’individuo e viene messa in evidenza l’importanza della vita in questo modo. Il rinascimento mette l’uomo al centro nel qui e ora, l’uomo viene preso come unità di misura di tutte le cose. 09.10.2019 Quando si parla dell’umanesimo inglese si tende a definirlo ‘Sir Thomas More’s circle’. I maggiori esponenti dell’umanesimo furono Thomas More, il teologo John Colet e Erasmo da Rotterdam messo tra gli inglesi per il suo legame con More e per i suoi tre lunghi periodi trascorsi in Inghilterra. Una preoccupazione primaria per gli umanisti fu l’istruzione e si intendeva sia l’istruzione del principe sia quella del cortigiano. John Colet (fondatore della St.Paul’s school), Roger Ascham (precettore della Princess Elizabeth e autore di The Schoolmaster, pubblicato nel 1570) e Thomas Elyot (the Book Named the governour) scrivono importanti trattati sull’argomento, miranti a promuovere quel tipo di sapere che ritenevano fosse la preparazione più adatta per chi era destinato a svolgere un ruolo pubblico. Fondamentale nell’istruzione dei giovani aristocratici era lo studio del latino che all’epoca era la lingua non solo usata dalla chiesa ma anche nella diplomazia e nella legge, aveva un ruolo determinante nell’istruzione e i classici venivano studiati non soltanto per studiare la grammatica e la retorica ma anche perché contenevano delle linee guide per la vita, le verità morali politiche e filosofiche. Alcuni degli umanisti Il rapporto tra Utopia e Inghilterra è molto importante: vengono continuamente proposte come una l’opposta dell’altra ma ci sono numerose similarità, per esempio sono entrambe isole, la città principale di Utopia e il suo fiume ricordano Londra e il Tamigi. Ad una visione più attenta Utopia sembra una versione distorta dell’Inghilterra, non è totalmente altro ma è qualcosa di distorto. La distinzione tra il narratore di secondo grado e quello di primo (More) non è così lontana perché entrambi hanno lavorato nella casa del cardinale Morton e la riluttanza di Hythloday a prestare servizio per un principe in qualità di consigliere ricorda i dubbi dello stesso More. Però ci sono anche molte differenze in quanto Hythloday elogia delle pratiche e credenze che More aborriva →A Utopia è consentito che le donne diventassero preti, le pratiche pagane sono tollerate, l’eutanasia è incoraggiata, gli avvocati sono banditi e le persone possono divorziare e risposarsi. L’ambiguità di Utopia, l’enfasi del nonsense e la non-esistenza permette a More di dire verità scomode senza rischi (cfr. fool di King Lear). Tuttavia l’enfasi sulla finzione si mescola paradossalmente con il realismo: infatti il personaggio di Hythloday viene introdotto in un passaggio autobiografico che descrive un viaggio nelle Fiandre che More effettuò nel 1515, Hythloday racconta la sua storia alla presenza di Peter Gilles, un amico di More che ad Anversa svolgeva realmente le funzioni di segretario municipale e i viaggi immaginari di Hythloday sono modellati su quelli storici di Amerigo Vespucci. Questi dettagli traggono in inganno i lettori più ingenui ma accontentano le aspettative dei lettori più acuti. Un’altra tecnica difensiva è la strategia del racconto di seconda mano: è Raphael che fa conversazione eterodossa e che dice le cose più rischiose mentre More da contributi convenzionali. Non si capisce se le idee di Raphael vengono da More perché i pronomi sono confusi (“I” sarebbe “He”). La forma di Utopia non è pensata solo per intrattenere i lettori e divertire ma anche per far sì che l’autore potesse dire ciò che voleva senza essere criticato, è un prendere le distanze della propria narrazione. Questa distanza dava a More la libertà di non ammettere personalmente i suoi pensieri. Questa tecnica era perfettamente in linea con la personalita di Thomas More. Comunque alla fine, quello che More ammira degli usi e costumi di Utopia non è chiarito. Il More personaggio dichiara di trovare il comunismo di Utopia irragionevole: Utopia non è l’alternativa perfetta all’Inghilterra e ai suoi problemi. La risposta stessa a Utopia resta ambivalente e ambigua e leggere il testo come una burla sarebbe un tentativo di depoliticizzare il testo → la società di Utopia è troppo autoritaria per sembrare ideale, ma il suo subordinare la felicità e la libertà di scelta individuali al bene comune non è del tutto irragionevole, così come rifiutare la pena capitale per i ladri. Come deterrente al furto viene proposto di abbassare il numero di poveri in modo da diminuire il numero dei ladri. Comunque le intenzioni autoriali restano enigmatiche e soprattutto le prime parti dove vengono delimitati i limiti della società inglese va presa sul serio, mentre il secondo libro risulta ideale solo dino ad un certo punto. Il testo risulta ambiguo e aperto perché non ci viene data nessuna conclusione., nessuna summa. Alla fine della narrazione, il More fittizio accompagna Hythloday a cena, poi gli dice che e stanco e rimanda il tutto ad una discussione successiva che non viene mai narrata. Il testo resta pragmaticamente aperto, probabilmente è quello a cui il testo mira → More vuole invitare i lettori al dibattito. L’autore termina la narrazione dicendo di non essere totalmente d’accordo con la società di Utopia ma di apprezzarne solo alcuni aspetti senza specificare quali → la vaghezza di cui si e parlato accompagna il lettore fino alla fine dell’opera. Un'altra cosa visibile nel finale è come More, in quanto umanista, si colloca in una posizione sovranazionale, infatti in latino si parla “nei nostri stati”, “in nostri civitatibus” ovvero lui non parla solo per l’Inghilterra ma per tutto il mondo occidentale. 11.10.2019 Estratto Si tratta di un dialogo tra la maschera di More e Raphael che racconta la società di Utopia. I due avevano una discussione sull’opportunità o meno che il filosofo si occupasse in prima persona di politica e aiutasse il sovrano come consigliere. Thomas More, riportando le parole di Platone, ritiene che il filosofo metta le sue conoscenze a disposizione dello stato, mentre Raphael sostiene che il filosofo debba scrivere trattati e il sovrano debba imparare da questi; è inutile quindi che il filosofo si metta a servizio del sovrano. Raphael quindi esprime il suo scetticismo portando degli esempi, anche in base ai viaggi che ha fatto: la comunità che sceglie è quella dei Machalions, un popolo che vive non lontano da Utopia e immagina un consiglio immaginario dove l’umanista dà dei consigli al re che vanno però contro il pensiero comune. Fa tutto ciò considerando tutte le società che lui ha incontrato nel corso dei suoi viaggi. Nell’estratto c’è una discussione sul ruolo dell’umanista all’interno del governo, c’erano due posizioni opposte e questo era un tema caldo al tempo, riguardava la scelta di More. Questa discussione era realmente avvenuta con Erasmo → la posizione di Erasmo era scrivere trattati per istruire (Raphael non è filosofo come lui, ma è viaggiatore). Altra figura importante che emerge è la figura del Good ruler → il re di solito pensava al suo tornaconto; è una posizione controcorrente il fatto che un regnante si occupi prima dei suoi sudditi. Ovviamente se i sudditi sono ‘protetti’ dal sovrano, non gli si ritorceranno contro. Abbiamo poi the king as shepherd (pastore, che solitamente è cristo e non il re) a pag. 41. Sono tutti giudizi in linea una con l’altra: è una visione altruistica che andava controcorrente visti i re che si trovavano all’epoca. More è consapevole che il re guarda in primis alla crescita del suo potere, ciò non toglie che un filosofo possa aiutarlo. Egli a pag. 42 usa la metafora della nave: il filosofo dovrebbe restare a timone della nave e cercare di rendere le cose meno gravi di come sono, anche se non può renderle perfette poiché gli uomini sono imperfetti. Bisogna cercare indirettamente di rendere le cose un po’ meno peggio, perché non saranno accettate le idee del tutto nuove. Nella discussione tra i due, More si rifaceva alla repubblica di Platone. La dimensione teatrale in More Vi sono dei riferimenti metadrammatici nel brano (Seneca, Terenzio ecc.). Troviamo riferimenti metadrammatici anche in The History of King Richard III (di T. More). Si narra che More in gioventù avesse scritto farse contro i frati. More è grande amante del teatro i riferimenti meta-drammatici. Il teatro era un elemento fondamentale all’epoca, la dimensione teatrale era ovunque e onnipresente e caratterizza tutto il periodo, definito Renaissance Self- Fashioning. infatti Queen Elizabeth dice “noi regnanti siamo su un palco alla vista di tutto il mondo”. Questo spiega la sua personalità istrionica che seppe creare un culto intorno a sé. Testo chiave del pensiero umanista è il Discorso sulla dignità dell’uomo di Pico della Mirandola, dove viene sottolineata la figura dell’uomo nell’umanesimo ovvero forgiatore del suo destino. Stephen Greenblatt è l’iniziatore del New Historicism, la corrente forse più innovativa degli ultimi anni, il quale principio era di mostrare la mutua permeabilità delle opere letterarie e del contesto, ovvero di come le creazioni letterarie siano formate dal rapporto con la storia e la società. Umanesimo in Italia Gli inglesi avevano un atteggiamento ambivalente nei confronti dell’Italia: da una parte l’Italia veniva vista come culla della civiltà moderna e modello di cultura mentre dall’altra era una terra guardata con sospetto, considerata terra di complotto, omicidi e veleni. La chiesa era notoriamente corrotta e gli inglesi vedevano il Papa con cattivo gusto. Questa concezione dell’Italia deriva dalla circolazione delle idee di Macchiavelli, di cui transitò un’immagine distorta all’estero e che venne visto come un opportunista. Altro fattore determinante nell’immagine negativa dell’Italia era la riforma religiosa: l’Italia era anche la sede del papato visto come un’entità corrotta e compromessa (quest’immagine dell’Italia non era del tutto sbagliata) Sir Thomas Wyatt introdusse in Inghilterra il sonetto e Petrarca, ma dichiarò che lo stereotipo dell’italiano è di un uomo senza scrupoli, traditore e avvelenatore. Sir Thomas Wyatt (1503-1542) Morì all’età di 39 anni. Era un diplomatico al servizio di Henry VIII e conosceva l’italiano (andò in Italia per la prima volta nel 1527). Venne arrestato per due volte: ➢ Nel 1534 per aver ucciso una guardia in uno scontro ➢ Nel 1536 a causa di pettegolezzi di corte, che collegarono il suo arresto con la caduta in disgrazia di Anne Boleyn, decapitata nel maggio del 1536 con 5 suoi presunti amanti → Wyatt però fu liberato. Dal 1537 al 1539 fu ambasciatore in Spagna e nel 1541 fa nuovamente arrestato. Questo personaggio nobile che venne arrestato più volte è l’esempio di come fosse semplice al tempo cadere in disgrazia anche se si era benestanti. Le sue opere non furono pubblicate ma circolarono tra i gruppi aristocratici in forma manoscritta. Queste vennero pubblicate per la prima volta nel 1557 nella Tottel’s Miscellany, chiamate così perché messe insieme da Richard Tottel, il quale fece delle modifiche ai testi. Il bisogno di revisionare spesso le opere era legato all’evoluzione veloce della lingua che avveniva in quegli anni. Wyatt non era uno scrittore professionista ma era un gentleman poet (così come Surrey e Sidney). Questi gentleman poet scrivevano per occasioni private e non pubbliche, a differenza dei poeti laureati che erano mantenuti dalla corte ed erano degli scrittori veri e propri. Wyatt considerava la poesia un passatempo cortese e non una professione. Tradusse e adattò Petrarca e anche altri sonettisti italiani, introdusse in Inghilterra la lirica petrarchesca e la forma del sonetto, ma si allontanò dal sonetto italiano nella struttura e nello schema delle rime. Nel sonetto inglese tutto viene portato aventi in modo coerente e sequenziale per poi terminare con l’effetto sorpresa del distico finale che può essere un proverbio, un epigramma o una frase lapidaria ma è sempre qualcosa che cambia le carte in tavola. Un’altra differenza la abbiamo nei temi dei sonetti inglesi rispetto a quelli italiani: Il sonetto petrarchesco tipico è un lamento e benché Wyatt assuma il ruolo petrarchesco dell’amante insoddisfatto, le sue donne di non sono caste ma si concedono e poi cambiano idea → le storie di Wyatt sono più piccanti rispetto a quelle di Petrarca. Whoso list to hunt è un adattamento libero e audace della rima CXC di Petrarca. La rima però è la stessa, ovvero incrociata. Hind: cerva femmina. List: desiderio. La cerva potrebbe essere Anna Bolena. WYATT, Whoso list to hunt PETRARCA, Rima CXC Whoso list to hunt, I know where is an hind, A But as for me, hélas, I may no more. B The vain travail hath wearied me so sore, B I am of them that farthest cometh behind. A Yet may I by no means my wearied mind A Draw from the deer, but as she fleeth afore B Fainting I follow. I leave off therefore, B Sithens in a net I seek to hold the wind. A Who list her hunt, I put him out of doubt, C As well as I may spend his time in vain. D And graven with diamonds in letters plain D There is written, her fair neck round about: C Noli me tangere, for Caesar's I am, E And wild for to hold, though I seem tame. E Una candida cerva sopra l’erba verde m’apparve, con duo corna d’oro, fra due riviere, all’ombra d’un alloro, levando ’l sole a la stagione acerba. Era sua vista sí dolce superba, ch’i’ lasciai per seguirla ogni lavoro: come l’avaro che ’n cercar tesoro con diletto l’affanno disacerba. "Nessun mi tocchi”, al bel collo d’intorno scritto avea di diamanti et di topazi. “Libera farmi al mio Cesare parve ". Et era ’l sol già vòlto al mezzo giorno, gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi, quand’io caddi ne l’acqua, et ella sparve. 14.10.2019 L’erotismo di lega alla politica dato che l’io poetico pensa di avere diritto a questo possesso della dama, vista come un bottino di guerra. Tuttavia, l’esperienza raccontata in questo componimento, si conclude con sofferenza e sconcerto, dato che nel distico finale egli si rivolge al pubblico ed esprime le sue perplessità → chiede al pubblico cosa avrebbe dovuto fare. Una chiave della poesia si trova nell’avverbio kindly, presente nella seconda stanza. Ha sia un’accezione odierna “in modo gentile” inteso in senso ironico, ma anche un’accezione più antica “secondo natura” Kind è inteso come modo in cui si comporterebbe un animale selvatico che obbedisce al suo istinto naturale di cambiare continuamente. Da un lato si ha una richiesta di solidarietà al pubblico, dato che l’ego maschile è ferito, tanto che l’amante è disorientato dato che si è attenuto alle regole del gioco cortese, non riuscendo a raggiungere l’obbiettivo. Nella prima stanza Wyatt non specifica se they siano donne o bestie, tutto il linguaggio si riferisce alla caccia (seek, stalking, wild). ➢ La prima stanza descrive il modo in cui è cambiato (in peggio rispetto al passato) il rapporto consueto tra l’io poetico e le donne. ➢ La seconda stanza descrive una scena di seduzione. Ci mostra una donna che si spoglia, una donna che gli ha fatto visita di notte nella sua camera, indossando abiti notturni. Qui è presente una tipica fantasia erotica maschile. Le donne di Wyatt sono volubili, si stancano in fretta. La donna prima animale divenuta la cacciatrice, chiama il poeta dear heart. È presente un gioco di parole tra due termini omofoni heart e hart (cervo maschile) quindi il poeta da cacciatore diventa preda sottomessa. Importante è anche il termine fortune. ➢ Nella terza stanza abbiamo l’epilogo. L’io poetico afferma che non si trattava di un sogno ma che tutto si è trasformato, grazie alla sua gentilezza, in una strana forma di abbandono, così che egli ha il permesso di andare. Le regole cortesi secondo le quali lui aveva condotto il gioco sono state minate da un’esperienza d’amore inusuale, peculiare (once in special) alla quale il suo training da cortigiano non lo ha preparato alla situazione di abbandono. L’esperienza erotica segue i codici del dominio politico → le alternative sono due: sottomettere o essere sottomesso, essere l’aggressore o la vittima. Il lamento dell’innamorato abbandonato dall’amata è tipico della poesia rinascimentale, alla corte di Henry VIII si scriveranno poesie d’amore per ottenere favori sessuali dalle donne e la dama, una volta sedotta perdeva il suo potere, veniva lasciata da parte e il poeta passava ad altre prede. Era insolito che qualcuno dopo aver ricevuto favori sessuali si lamentasse dell’abbandono. Il cortigiano, raggiunto il suo scopo era preparato a lanciarsi in nuove conquiste Nella poesia di Wyatt c’è un’inversione di ruoli → nella prima stanza le donne sono preda, nella seconda stanza c’è una donna seduttrice che lui era solito amare, nella terza stanza i ruoli si invertono e lui diventa la preda e quindi è sconcertato; l’abbandono non è inteso come tradimento ma come una gentilezza (But all is turned thorough my gentleness) → ironia. In qualità di amante, di cavalier servente, lui avrebbe dovuto servire invece viene servito → sarcasmo. Il lamento dell’amante insoddisfatto si fonde con l’attacco storico → Wyatt fonde due tipologie poetiche distinte. C’è un apporto metaforico che converge intorno al campo semantico della caccia. Nel distico finale notiamo che il lamento inaspettato e sconcertante della dama porta l’io poetico ad interrogare il pubblico: dice che gli piacerebbe sapere come fare per comprendere l’accaduto e quindi esprime le sue perplessità, c’è una richiesta di solidarietà da parte dell’ego maschile fuggito dall’amor cortese, chiede al pubblico di trovare una soluzione al suo problema per metabolizzare l’esperienza. Fa due domande → il poeta merita di essere compianto come vittima? E la donna merita di essere attaccata perché promiscua? La donna si comporta secondo la sua natura così che non deve essere colpevolizzata, ma l’io poetico non riesce ad accettarlo così che chiede aiuto al suo pubblico. L’apparato metaforico, come già detto, converge intorno al campo semantico della caccia. To sum up In ambedue le poesie troviamo un’equazione fra amore sensuale e caccia → l’amante, cacciatore, è in primo luogo un seduttore, un predatore. L’amore è un’attività che raggiunge il suo climax con la cattura o l’uccisione della dama. È naturale quindi che la dama (the hind) fugga dal suo amante-cacciatore. La docilità occasionale della donna è una sorta di miracolo per il quale si deve ringraziare la Fortuna. La fortuna era considerata fondamentale nel Rinascimento, sia quella economica, quella politica, quella religiosa e quella sessuale. La fortuna politica era legata al favore del principe mentre quella religiosa alla lotteria della Grazia e della predestinazione che ossessionava i protestanti. 16.10.2019 Philip Sydney (1554-1586) Poeta diplomatico, incarna i tratti elisabettiani, cortigiano, perfetto ritratto da Baldassare di Castiglione, era protestante fu ucciso in battaglia nei Paesi Bassi all’età di 32 anni, si autoconsiderava mecenate piuttosto che poeta. Era nipote ed erede del conte di Leicester (grande amore di Elizabeth), non pubblicò le sue poesie. Autore di “Arcadia”, un romance pastorale, un poema che contiene molti componenti poetici (egloghe e canzoni) di cui ne sono state fatte due versioni: ➢ la prima era più lineare, conosciuta come Old Arcadia ➢ la seconda fu ripresa per un progetto più ambizioso ma fu lasciata incompiuta per via della prematura morte. Fu autore anche di The Defence of Poetry, anche conosciuta come Apologize for Poetry. Rifacendosi ad Aristotele, Sidney definisce la poesia un’imitazione della natura, a cui aggiunge la concezione del poeta demiurgo (attività che riflette quella del creatore. Il poeta ha il compito di andare oltre la realtà corrotta che ha davanti e proporne una epurata grazie al suo erected wit). Il poeta imita la natura ideale, non quella reale e imperfetta in cui si trova “viviamo nell’età del bronzo ma il poeta trasmette la natura dorata”. Da questa capacità del poeta, deriva l’ingegno dell’erected wit che si contrappone all’infected will che ci ostacola nel raggiungere l’ideale e ci tiene ancorati al basso, Sidney credeva nel ruolo didattico della poesia e attraverso il precetto oraziano del miscere utile dulci sostiene che la poesia insegna attraverso il diletto, essa sprona alla virtù. Sottolinea la nozione del decorum, ovvero far aderire il soggetto al genere, lamenta l’artificiosità di molte poesie d’amore. Scrive la Defence of Poetry in risposta al trattato del puritano Stephen Gosson The school of abuse (1579), in cui venivano attaccati ”poets, pipers, players, jesters, and such like caterpillars of a commonwealth”. Questo trattato è uno dei primi ad essere anti- teatrali di matrice puritana. I puritani erano contro il teatro ma erano tenuti sotto controllo durante il regno di Elizabeth, ma con l’ascesa della dinastia Stuart ripresero il potere chiudendo i teatri. Fu ucciso nella battaglia di Low Countries a 32 anni, combattendo per la causa protestante contro gli spagnoli e assistette in Francia al massacro del giorno di San Bartolomeo → questo evento rafforzò il credo protestante di Sidney. Sidney cataloga anche i “LITERARY MODES”, che lui chiama kinds. Questi modi hanno a che fare con il tono e il soggetto e non con la metrica come per i testi poetici. Sono rispettivamente: ➢ Pastoral mode ➢ Satirical mode ➢ Lyric mode ➢ Tragic mode ➢ Mythological-erotic mode ➢ Heroic mode. Gli elisabettiani comunque amavano gli ibridi e non si accostavano ai generi letterari con la rigidità e il purismo degli italiani o dei francesi, ma con lo spirito inclusivoo di Sidney. Astrophel and Stella L’opera che più rimarca il gusto elisabettiano è la raccolta di sonetti Astrophel and Stella, composta da 108 sonetti (più 11 canzoni) ispirati al modello Petrarchesco della lirica amorosa ma in cui il poeta inglese aggiunse dei tratti personali. Questo aspetto introspettivo ha fatto crescere i sospetti che la raccolta fosse una sorta di autobiografia sul rapporto tra il poeta e Penelope Devereux Rich, Contessa di Devonshire (identificata con Stella). La raccolta pero non è un racconto ma un’analisi dei sentimenti, dei pensieri e dell’anima dell’innamorato. La prima pubblicazione risale al 1591, ben 5 anni dopo la morte. La seconda versione fu rivisitata dalla sorella del poeta nel 1593, la quale unificò anche gli ultimi due volumi della Old Arcadia in un unico testo. Entrambe le versioni sono ricche di oracoli, amazzoni, principi che vengono scambiati per pastori. Molti poemi, che vanno dal genere pastorale a quello eroico, passando per quello mitologico, rappresentano il desiderio di Sidney di entrare in contatto con diversi tipi di poesia. Il titolo dell’opera presenta due personaggi: Astrophel e la sua amante Stella. Il nome Astrophel è abbastanza trasparente, questa parola in greco vuol dire “Amante di Stella” ed è un nome fittizio. Penelope Devereux Rich è la sorella del conte di Essex, ultimo favorito della regina che mise in atto una ribellione fallita e che poi venne giustiziato. Si chiama Rich perché andò in moglie a Lord Rich, uomo che la portò ad un matrimonio infelice. I cicli dei sonetti dell’opera seguono un intreccio che ripercorre le fasi di una relazione amorosa: prendono mossa dall’attrazione che l’amante prova per la bellezza della dama e attraversa fasi come prove, sofferenze, conflitti e incoraggiamenti occasionali. In queste situazioni, il poeta esplora tutti i sentimenti contrastanti di un amante, come speranza e disperazione, tenerezza e amarezza, esultanza e sfiducia. Questi vengono espressi mediante l’uso dei conceits, paragoni ingegnosi, metafore tutt’altro che scontate. Benché Sidney segua delle convenzioni ben note, i suoi sonetti sono vigorosi e freschi grazie alla sua abilità di drammatizzare lo stato d’animo di Astrophel attraverso l’uso del dialogo, di un linguaggio colloquiale e un’acuta introspezione. Astrophel risulta essere un personaggio vivo. A volte sembra che in forma di sonetto anticipi il Dramatic Monologue (che si sviluppò in periodo vittoriano) → Nella sequenza troviamo una straordinaria varietà di umori, con cambiamenti anche repentini. La struttura drammatica è coerente, vi sono tocchi colloquiali e dissonanze vuote. Un altro fattore che rende interessanti questi sonetti e il forte ancoraggio alla realtà, difatti si ritrovano degli squarci sul mondo esterno: anche Sidney, come Wyatt, era cortigiano e in questi sonetti la relazione erotica analizzata viene trasposta come relazione di potere. inoltre sia in italiano sia in inglese c’è una relazione tra il termine cortigiania (courtership) e corteggiamento (courtship). La relazione tra l’amante e la sua amata riflette quella tra il vassallo e il suo signore, nella sequenza di sonetti si trovano tutta una sequenza di omologie che si rifanno amante-amata, postulante-mecenate e cortigiano-principe. Questo ha un significato importante perché ci indica che il rapporto amante- amata non è lo stesso che vigeva all’epoca, in quanto la donna era in una condizione di subordinazione rispetto al compagno e al padre quindi nella vita reale non c’era questo tipo di rapporto che si ritrova nei sonetti. Anche il silenzio dell’amata che non parla spesso ricorda il silenzio del principe ogni sguardo dell’amata, così come quello del principe, deve essere scrutato e interpretato per scorgervi un senso di favore o di disapprovazione. Sonnet I Loving in truth, and fain in verse my love to show, That she, dear she, might take some pleasure of my pain, Pleasure might cause her read, reading might make her know, Knowledge might pity win, and pity grace obtain, I sought fit words to paint the blackest face of woe; Studying inventions fine, her wits to entertain, Oft turning others' leaves, to see if thence would flow Some fresh and fruitful showers upon my sunburned brain. But words came halting forth, wanting Invention's stay; Invention, Nature's child, fled stepdame Study's blows; And others' feet still seemed but strangers in my way. I beg no subject to use eloquence, Nor in hid ways do guide philosophy; Look at my hands for no such quintessence. But know that I, in pure simplicity Breathe out the flames which burn within my heart, Love only reading unto me this art. Astrophel ha imparato la lezione del sonetto I → è soltanto l’amore per Stella che gli detta cosa scrivere e cosa fare. In questo sonetto, l’io poetico si rivolge ai lettori (narratari nel genere narrativo) e si lamenta del changeling (che nella credenza popolare era un bambino brutto e deforme che le fate avevano sostituito con il bambino sano e bello della coppia. Con il termine changeling si possono intendere entrambi i bambini) → In questo caso si intendono le poesie. L’io poetico si lamenta che le sue poesie sono fraintese. 18.10.2019 L’io poetico chiede al lettore di non distorcere il significato delle sue poesie e di non leggerle come un’allegoria. Lamentandosi del fraintendimento delle sue poesia dichiara la sua indipendenza dai modelli, attacca le affettazioni della poesia d’amore contemporanea, che finge di parlare d’amore ma in realtà parla di altro, e torna a Stella, per sottolineare le peculiarità e il carattere diretto del suo amore per lei, che rifugge modelli e stereotipi (è una ripresa del I sonetto). Nel medioevo l’allegoria non era solo una figura retorica ma era anche un modo letterario. C’era una lunga narrazione metaforica in cui una figura (ad esempio il Cavaliere della Croce rossa della Faerie Queene) stava per una qualità specifica (la santità). L’io poetico si lamenta con il lettore che la sua poesia venga fraintesa ed utilizzata a fini teologici, dichiara la sua indipendenza da dai modelli e attacca le affettazioni della poesia d’amore contemporanea. Il lettore viene sempre messo in guardia da strane interpretazioni allegoriche → secondo quanto ci chiede Astrophel in questo sonetto non possiamo vederlo come l’animo umano in cerca di Dio (Stella). L’io poetico dichiara che la sua poesia non è una scusa di parlare di filosofia o teologia. Tuttavia anche qui Sidney ci parla però di amore e di letteratura. V.8 → “nations” sta al posto di people e indica l’insieme delle persone non dei paesi V.10 → l’io poetico ci indica di non leggere in chiave filosofica e teologia la sua poesia, qui lo dice chiaramente che non sospinge la poesia per strade nascoste, è l’amore che lo ha iniziato alla scrittura. Oltre all’interpretazione manifesta per la poesia rinascimentale, un’interpretazione politica è sempre possibile, in questo caso quasi doverosa: Sydney era esperto nell’arte dell’allusione politica e negli anni della pubblicazione di Astrophel non aveva l’appoggio della regina poiché era stato escluso dalla corte → venne escluso perché essendo un protestante convinto si era opposto, nel 1579, al matrimonio della regina con il Duca d’Anjou cattolico, fratello del re di Francia e figlio di Caterina de Medici, che era mal vista dal popolo perché considerata responsabile del massacro degli Ugonotti (i protestanti francesi) avvenuto la notte di S. Bartolomeo. Sydney cercò di convincere la regina a non sposare il duca francese e esplicò la sua disapprovazione in una lettera alla regina scrivendo: “ the hearts [of the English people] will be galled when they shall see you take to husband a Frenchman, and a Papist ... the very common people well know this: that he is the son of the Jezebel of our age". Jezebel, che compare nella lettera era il nome di una principessa fenicia che sposò il re dei giudei e lo convinse a cambiare religione. Questo riferimento è presente perché Elizabeth veniva spesso paragonata ad eroina e principesse della mitologia classica e biblica ma Jezebel non rientrava in questo range, aveva una connotazione negativa. La regina la prese male perché non voleva che le venisse detto cosa fare e non gradiva i consigli. Questa proposta di matrimonio era vista come l’ultima possibilità di avere un erede. Sydney in questo periodo era in disgrazia e viveva dalla sorella. C’è stato chi ha visto in Stella non solo Penelope, ma la stessa Elizabeth di cui il poeta voleva riconquistare il favore. La visione di Stella come Elizabeth non viene esplicitata anzi viene detto proprio il contrario, ma continuando sulla linea dello scherzo poetico è possibile vedere, in un così enfatico rifiuto di una dimensione allegorica per la sua opera, un invito alla lettura di questo tipo. Astrea (che significa Stella), che era scesa dal cielo per formare la costellazione della vergine e rappresentava una figura centrale nel culto di Elizabeth era uno dei personaggi mitologici a cui la regina veniva comunemente associata. Questa nomea della regina si trova in molte opere come ad esempio in The prologue at court. Elizabeth viene chiamata Astrea anche nel canto pastorale Adialogue between two shepherds, Thenot and Piers, in praise of Astrea, della sorella di Sidney, scritto in onore della regina in occasione di una sua visita nella contea che avrebbe dovuto aver luogo nel 1599. Quindi il rifiuto tanto enfatico di un qualsiasi significato allegorico potrebbe proprio essere un invito a cercarlo → Stella viene definita princess of beauty e quindi potrebbe anche rappresentare la regina. Sidney sapeva di poter contare sul gusto dei suoi contemporanei per l’allusione politica, specialmente dei cortigiani appartenenti al milieu della corte. Nel 500 era molto diffusa la capacita di afferrare significati nascosti di natura politica nel testo e decodificarli → politi clock-picking. David Bevington dice che allegorical lock-picking was a courtly pastime amounting to a disease. Si dice che la stessa Queen Elizabeth fosse molto abile nel trovare significati nascosti. Il lock-picking di tipo allegorico permetteva di dire cose e poi respingere la responsabilità di quanto detto, aiutava l’intelligentia elisabettiana a sopravvivere in tempi pericolosi. George Puttenham, in The Art of English Poesie (1589), fuse un tropo sociale con un tropo retorico e definì l’allegoria come (slide) Qui ritroviamo la figura del cortigiano come ‘simulatore’ e ‘dissimulatore’, già incontrata nella satira di Wyatt. John Lyly (1554-1606) John Lyly e nipote di William Lyly, il direttore della St. Paul’s school e autore di una celebre grammatica Latina. È il primo ad avere un’istruzione universitaria che era una cosa che avevano in pochi a quei tempi. Gli altri con carriera universitaria erano Christopher Marlowe, Robert Greene, Thomas Nashe, Thomas Lodge, George Peele e Thomas Middleton (University Wits). Shakespeare non compare perché non andò all’università, il che portò a credere che non fosse stato l’autore delle sue opere. Lyly era molto conosciuto nel corso della sua vita ma fu velocemente dimenticato dopo la sua morte, il suo successo fu determinato dalla pubblicazione di Euphues: the anatomy of Wit (1578) e dal suo seguito Euphues and his England (1580). Nonostante il grande successo morì in ristrettezze economiche. John Lyly fu autore di otto drammi, rappresentati a Corte, da una compagnia di ragazzi chiamata The Children of St. Pual’s e poi al Blackfriarsi theater. Scrisse anche satire politiche → nel 1589 contribuì alla cosiddetta Marprelate Controversy con un pamphlet in risposta ai Marprelate Tracts, violenti attacchi di ispirazione puritana contro l’episcopato inglesi. Questi libelli apparvero nel 1588-1589 ad opera di un anonimo che si firmava Martin Marprelate, avevano un contenuto scurrile, scritti con uno stile popolare e un linguaggio volgare e colloquiale. I vescovi ne furono tanto spaventati da ingaggiare alcuni scrittori affinché sferrassero un contrattacco servendosi di opuscoli altrettanto esuberanti. Euphues, The anatomy of wit Il titolo della sua opera Euphues, The anatomy of wit viene dal greco euphyés (ben cresciuto, ben fatto, ben formato), già usato da Roger Ascham in Schoolmaster (1570). Euphues richiama l’eroe greco e il sottotitolo ci anticipa invece un’introspezione all’interno della psiche del protagonista. La storia parla di un giovane ateniese che lascia l’università (va intesa come Oxford) attirato dalla bellezza della città di Napoli (intesa come Londra). Qui tradisce il suo migliore amico Philatus venendo poi a sua volta tradito e alla fine ne esce con una maggiore saggezza. In quest’opera, l’ambientazione non inglese è un pretesto → vuole conferire un’aura esotica alla vicenda e vuole essere una strategia di mascheramento, di distanziamento che mette l’autore al riparo da eventuali critiche per contenuti che possono risultare scomodi. Euphues viene visto come uno studente di Oxford e Napoli viene intesa come Londra, nella narrativa infatti troviamo una satira trasparente di ambienti e costumi britannici che suscita proteste. In Euphues and his England esalta l’Inghilterra e la società inglese nei suoi vari aspetti. Benché il setting napoletano sia un pretesto per parlare più liberamente dell’Inghilterra, troviamo in Euphues i soliti luoghi comuni dell’Italia: ➢ I napoletani sono sospettosi e gelosi ➢ Napoli è la patria della lascivia ➢ Napoli è un luogo in cui vi troviamo più piacere che profitto e più profitto che devozione. Un altro tema importante è l’esaltazione tipicamente rinascimentale dell’amicizia fra uomini superiore all’amore di un uomo per una donna: infatti abbiamo la straordinaria amicizia tra Euphues e Philatus (descritta pp. 1041-104). Tutto questo però era in contrapposizione con la Buggery Act del 1533 che puniva con la morte i rapporti omosessuali. Euphues e Philatus si contendono l’amore di Lucilla (volubile, fickle lady) ma poi entrambi si rendono conto che la loro amicizia è più importante. 21.10.2019 È possibile cogliere la preoccupazione tipica degli umanisti inglesi per l’istruzione. Si esprime l’importanza di imprimere nei giovani un’istruzione solida. Ci dice che i giovani sono come cera, atti a ricevere qualsiasi forma. L’autore fa un paragone con il vasaio che maneggia l’argilla e con il ferro che quando è caldo può ricevere qualsiasi forma grazie al fabbro. Un altro tema di questo romance è l’influsso delle questioni d’amore in voga alle corti elisabettiane. Questo passatempo cortese viene così introdotto: ‘Supper being ended, the order was in Naples that the gentlewomen would desire to hear some discourse, either concerning love or learning’. Nel romanzo è presente un triangolo amoroso con al centro Lucilla, una dama volubile. È presente un lapsus freudiano, il cosiddetto Slip of the tongue di Lucilla che ci rivela la sua vera natura. Il fulcro dell’interesse in Euphues non risiede nella parodia di certe pose cortesi ma nello stile in cui viene narrata una vicenda molto esile: ➢ Ci sono moltissime similitudini prese un po’ da ogni campo ➢ È fortemente allitterativo: Euphues, having read the content, was well content (pag.139) oppure Love knows no laws (pag.140) ➢ È caratterizzato da una sintassi costruita su antitesi perfettamente bilanciate e in cui gioca un ruolo fondamentale l’uso accomunativo di analogie illustrative, spesso paradossali, ricavate dalla mitologia preciso, con episodi svoltisi negli anni 30 del 500 e con episodio inventati che vedono coinvolti personaggi storici: un esempio è la descrizione di un incontro con More ed Erasmo a Rotterdam (mai successo perché loro si incontrarono solo in Inghilterra) e un elogio a questi ultimi. La mescolanza di falso e vero è una strizzata d’occhio per il lettore che sa e un escamotage di intrattenimento per il lettore che non sa. More viene descritto come merry perché era noto per le sue satire indirizzate ai frati mentre Erasmo come supergenius. A pag. 240 More è descritto come acuto, termine che riprende il merry. C’è la spiegazione del fatto che i due per descrivere uno stesso evento intraprendono due strade diverse: More scrive un Utopia, Erasmo scrive The Praise of folly: i due erano diversi anche nel modo di porsi nel confronto del potere. In Italia è ambientata un’ampia sezione di Unfortunate Traveller e l’ambientazione varia da Firenze, Venezia, Roma e Bologna → questo fa supporre che l’autore non vi fosse mai stato. L’Italia, convenzionalmente allo stereotipo elisabettiano, viene presentata come terra di corruzioni, intrighi, veleni e omicidi. In questo testo si percepisce l’italofobia, che suggerisce in maniera implicita ai lettori a non andare in Italia. Roma viene vista come sede di empietà pagane a causa della sede del papato. Secondo Roger Ascham, l’inglese italianato era il massimo livello di aberrazione raggiungibile. Nel testo non viene stigmatizzato solo il viaggio in Italia ma il viaggiare in generale, visto come poco proficuo se non dannoso. Infatti scoraggia anche dall’andare in Francia, Spagna, Danimarca e Olanda. Il narratore Jack Wilton si reca con il Conte di Surrey (rappresenta la figura del cortigiano entrata nel mito e fece tanto per introdurre il sonetto in Inghilterra), il quale non è mai stato in Italia (finzione si innesta nuovamente nella storia) e ci mostra il paese come una culla della cultura. Tuttavia questo viaggio pero ha dei risvolti negativi e infatti ci sono attacchi per le successive 5 pagine non solo all’Italia ma anche verso altri paesi. Countryman, tell me, what is the occasion of thy straying so far out of England to visit this strange nation? If it be languages, thou mayest learn them at home; naught but lascivousness is to be learned here. Perhaps, to be better accounted of than other pf thy condition, thou ambitiously undertakest this voyage; these insolent fancies are but Icarus’ feathers, whose wanton wax, melted against the sun, will betray thee into a see of confusion. In questo estratto il narratore si rivolge direttamente ai suoi connazionali e ci parla a tu per tu. Icaro che compare nel testo, rappresenta la superbia che si ritorce contro l’uomo stesso, c’è un richiamo a questo sentimento nella descrizione delle piume delle ali di Icaro. Quella di Nashe non è una prosa sciatta, ci sono molti riferimenti classici, è una prosa molto molto curata, il lessico è ricercato anche se a volte scende nella scurrilità e anche se a volte si ritrovano delle cadute nella sciatteria. È tutto voluto e sono tutti dei calchi ideati dall’autore per racchiudere in un’opera tutti i tipi di poesia presenti al suo tempo. God had no greater curse to lay upon the Israelites than by leading them out of their own country to live as slaves in a strange land. That which was their curse, we Englishmen count our chief blessedness; he is nobody that hath not travelled; we had rather live as slaves in another land, crouch and cap, and be servile to every jealous Italian’s and proud Spaniard’s humour where we may neither speak, look, nor do anything but what pleaseth them, than live as freemen and lords in our own country. Alla fine dell’estratto c’è il riferimento al fatto che gli uomini preferiscono vivere come servi piuttosto che trasferirsi, ci sono toni struggenti e tornano le accuse verso gli italiani. Nella lunga invettiva ritroviamo tutti i luoghi comuni sugli stranieri come la gelosia morbosa degli italiani e la loro vendicatività, la loro maestria con i veleni, la loro completa assenza di scrupoli, la loro dissolutezza, corruzione e ipocrisia. Si afferma che se un italiano offende e l’inglese reagisce l’italiano lo ammazza. È un elogio molto molto ambiguo, la cosa positiva che traspare è il fatto che l’Italia forma dei perfetti cortigiani che però sono senza volontà → di conseguenza non è vista in maniera pienamente positiva. A più riprese, nel testo, viene menzionata la dissolutezza del papa che è un bersaglio facile, il quale mantiene le concubine e si carica di sicari per sbarazzarsi dei nemici. Questa visione non è del tutto infondata perché nel 500 c’era stato Papa Brogia. C’è un duro attacco che viene pronunciato da Zachary, medico del papa, personaggio molto negativo. L’attacco al papa non è fatto dal narratore per far sì che non si possa ricollegare l’autore all’attacco verso il papa → qui Nashe utilizza la stessa tecnica di More. Il cappello a tre punte era il simbolo del Papa e della sua corruzione, Roma era nella propaganda riformata ed era chiamata la puttana di Babilonia. Roma viene identificata con un’immagine apocalittica ed il papa viene visto in viaggio in groppa al demonio, quindi ci si ricollega tutta la tradizione Tudor ma allo stesso tempo c’è distanza. Questa narrativa è piena di descrizioni molto cruente e raccapriccianti, c’è la descrizione di stermini, stupri, torture e omicidi efferati ma allo stesso tempo raggiunge degli alti livelli lirici. Tutti questi eventi truci avvengono su sfondo italiano. L’illustrazione del carattere violento degli italiani raggiunge l’apoteosi nella descrizione dell’esecuzione del criminale Cutwolfe a Bologna. Questa è l’ultima tappa del viaggio, l’Italia è paragonata a Sodoma (il paese corrotto per antonomasia), ma comunque non mancano in questo testo gli attacchi satirici dell’Inghilterra del suo tempo. Già nell’epistola dedicatoria è preannunciato che la sua penna non risparmierà i suoi nemici, la sua penna è come un pugnale che vuole essere letale per i suoi nemici. Infatti abbiamo le frecciate ai puritani nell’elogio di Pietro Aretino e nella conclusione del tragico episodio degli Anabattisti di Münster. Nella beffa ordita ai danni di un capitano dell’esercito di Henry VIII, Wilton si sofferma sulle qualità indispensabili ad un cortigiano, che deve essere maestro nel simulare e nel dissimulare. Ci sono parodie dello stile eufuistico, parodie del linguaggio lirico (nella sezione dedicata a Surrey, poeta e modello di amante nella tradizione cortese). Geraldine, personaggio fittizio, è l’amata di Surrey: i raggi di sole descritti sono gli occhi della donna, appena si trova in questa stanza Surrey si dilunga in adulazioni per lei. La sua bocca si schiude in magnificenze, il suo linguaggio è elevato. Jack e Surrey si trovano poi a Wittenberg, sede di una celeberrima università tedesca, in cui assistono ad una cerimonia parodica → a tratti può essere vista come una satira di Cambridge. A Wittenberg i due partecipano ad una disputa teologica tra Lutero e un altro protestante radicale, la situazione è strana perché non ci vengono presentati gli argomenti di cui discutono, ma è come se il narratore ci mostrano un film senza audio. Altro evento degno di nota che avviene a Wittenberg è l’incontro con il mago Cornelius Agrippa che ha dato l’ispirazione per il personaggio di Faustus creato da Marlowe → questa associazione viene descritta in maniera molto esplicita ed inoltre il doctor Faustus era stato messo in scena nello stesso anno in cui fu scritto The Unfortunate Traveller. Anche la presenza di tutti questi richiami intertestuali è molto post-moderna, ci viene anche narrato un episodio che vede Thomas Cromwell (cancelliere di Henry VIII che poi si dimise perché non era d’accordo sul divorzio) alla Corte Imperiale, evento mai avvenuto. 25.10.2019 La narrazione è condotta in modo molto consapevole: il narratore tiene salde le redini della storia grazie ai giochi di parole, metafore e commenti metanarrativi. Ci sono molte digressioni che vengono annunciate con espressioni come “la narrazione si dilata, si sofferma”, mostrando che il narratore è consapevole di andare contro l'economia della storia, tanto che a volte egli simula una preoccupazione per la brevitas. Egli afferma: “non situerò un volume nel recinto di un pamphlet” e chiede al lettore di immaginare autonomamente quello che viene omesso, ovvero la fine della campagna (ellissi esplicitata). Ancora, per porre fine al flusso delle parole scrive: “il mio soggetto primario (la narrazione) mi tira per il gomito →c'è una sorta di personalizzazione della materia narrativa. Per porre fine alla narrazione di uno stupro su un cadavere dice: “le mie parole si sono impantanate nel fango e sono stanche (mire vs clean // ossimoro). Mai avessi preso le redini di questo racconto”; è come se il narratore fosse trascinato dal racconto. Catwolf è l’autore di questo atto di necrofilia, tanto che poi sarà giustiziato in maniera cruenta a Bologna. Alcune di queste inserzioni ci mostrano anche un narratore inaffidabile e smemorato, unreliable, come è tipico della narrazione postmoderna (“Vi ho già detto o avrei dovuto dirvi”) → ci sono estratti che ci fanno capire questa caratteristica. Questi commenti metanarrativi, oltre a tenere le redini della narrazione, le aggiungono un sapore di oralità: si rivolge ai lettori, sia come lettori (“gentle readers, look you be gentle now, since I have called you so”) che come ascoltatori (“Oh my auditors”) e questo fa pensare che la narrazione sia prima orale che scritta. Questo tipo di inserzioni rendono il racconto effervescente. La narrazione viene introdotta nella lettera dedicatoria ai paggi (colleghi), conferendole immediatezza e tratti di oralità: “every man of you take your places and hear Jack Wilton tell his own tale”. Nell'episodio bolognese (esecuzione del criminale che aveva compiuto lo stupro) il lettore (o l’ascoltatore) viene preparato per quello che seguirà e viene preannunciata la portata morale dell’episodio. Tutta questa crudeltà non è fine a sé stessa ma mira a dare un insegnamento: “prepare you ears and your tears, for never, till this, thrust I any tragical matter upon you”. La scena che viene narrata è di una violenza estrema e non è edificante come aveva affermato (fasten your eyes spectacle that will add to your faith) → si tratta di una sorta di revenge tale; anche la vendetta viene associata all'Italia nelle parole del condannato e la parola revenge viene ripetuta più volte: “All true italians imitate me in revenging constantly and dying valiantly”. La narrazione si conclude appropriatamente con un'osservazione metanarrativa pluri-ironica e densa di giochi di parole (puns): “All the conclusive epilogue I will make is this, that if herein I have pleased any, it shall animate me to more pains in this kind. Otherwise, I will swear upon an English chronicle (si presenta come cronaca questo testo) never to be outlandish chronicler (cronicista stralunato) more while I live. Farewell, as many as wish me well.”. Il giuramento presente nella conclusione + sulla cronaca inglese, anche se ormai è chiaro che quest’opera non si tratta di una cronaca. Francis Bacon (1561-1626) Studiò legge, fu un avvocato e uno statista ed era un uomo ben conscio delle sue capacita, aveva un'idea molto alta del suo ruolo. Nonostante ciò, la sua ambizione personale tendeva a distrarlo. Entrò in parlamento a 23 anni nel 1584 e diventò Lord Cancelliere nel 1617, ma nel 1621 decadde del ruolo perché accusato di corruzione e si dichiarò colpevole, cadendo in disgrazia. La pratica all'epoca era molto diffusa, incoraggiata dal sistema del mecenatismo e dal sistema del patronato che prevedeva l’appoggio ad un personaggio potente. Oltre che statista, fu anche filosofo e la sua enfasi sul metodo sperimentale ed empirico era molto avanzata per il suo tempo. La fede nel metodo empirico viene espressa nel Novum Organum, pubblicato in latino nel 1620. Il titolo si riferisce all'Organum di Aristotele ma le due opere sono in contraddizione: la filosofia di Aristotele era fondata sul metodo deduttivo, alla base della formazione scientifica universitaria del Cinquecento, mentre Bacon propone un metodo induttivo basato sulla sperimentazione. È autore di una narrazione utopica, New Atlantis del 1627 (pubblicata postuma) in cui la scienza è considerata la strada per l'utopia; questa, infatti, è stata considerata come la prima utopia tecnologica, dato che vi si esprime la fede nella scienza e nel progresso scienti Of Great Place (1612) in “Essays” L'unico predecessore nel campo del saggio era stato Montaigne, , un saggista francese,i cui Essais, pubblicati in Francia nel 1850, erano stati tradotti da John Florio e pubblicati in Inghilterra nel 1603. Gli Essays di Bacon, tuttavia, sono molti diversi da quelli di Montaigne dato che hanno un taglio più personale: Bacon scriveva assiomi di natura pratica che possono fornire una guida per una condotta accorta e assennata. Furono pubblicati per la prima volta nel 1597 (10 saggi), poi nel 1612 (38 saggi) e in forma definitiva nel 1625 con 58 saggi, le cu locandine non contengono spesso il nome dell’autore Of Great Place è un saggio suddiviso in tre parti e questa divisione è abbastanza netta anche a impatto visivo: Il distico finale del sonetto inglese è tipicamente forte, ad effetto e ha sempre lasciato il lettore interdetto: quelli shakespeariani sono simili a epigrammi (genere di tradizione classica che veniva usato per scopi satirici) con cui l’io poetico sembra cercare il supporto dell’auditorio attraverso l’uso di proverbi o massime note, cerca il consensius gentium. Sonnet 94 They that have power to hurt and will do none, That do not do the thing they most do show, Who, moving others, are themselves as stone, Unmoved, cold, and to temptation slow: They rightly do inherit heaven's graces And husband nature's riches from expense; They are the lords and owners of their faces, Others but stewards of their excellence. The summer's flower is to the summer sweet Though to itself it only live and die, But if that flower with base infection meet, The basest weed outbraves his dignity: For sweetest things turn sourest by their deeds; Lilies that fester smell far worse than weeds. Non è un sonetto d’amore ma è una sorta di aforisma che si rivolge in termini generici verso coloro che detengono il potere ma restano inattivi. Il testo presenta moltissime ripetizioni subito evidenti (flower è ripetuto due volte, sia al verso 9 sia al verso 11 e anche weed. Le parole vengono ripetute per essere messe in risalto perché sono delle parole chiave): è l’unico sonetto della raccolta (oltre al sonetto 129) ad essere impersonale, non rivolto al fair youth, il quale non viene descritto esplicitamente e non vengono mai usate né la prima né la terza persona singolari (evita pronomi come he, I e my). Il poeta, così facendo, vuole comunicare una sorta di verità universale. Come il saggio di Bacon, questo sonetto ha un tono aforistico: il sonetto, infatti, presenta il tema centrale del saggio, riassunto nella frase centrale “la vera e legittima aspirazione è il potere di fare del bene” → si tratta dell’ambiguità dei potenti, i quali non abusano del loro potere ma hanno il perfetto controllo di sé stessi e delle loro emozioni, apparendo distanti e potenti, ma esposti ad una corruzione nascosta (“weeds”); si parla di quanto il potere sia suscettibile alla corruzione. Come in tutti i sonetti, si trovano tre quartine e un distico finale. Le prime due quartine hanno a che fare con il mondo sociale e trovano il suo completamento nel verso 13, mentre la terza quartina passa a parlare del mondo vegetale: il senso di questo passaggio si riassume nell’ultimo verso del distico finale, nel verso 14. In questo modo, il distico finale è spezzato, chiamato split couplet, dato che ognuno dei due versi chiude una sezione della poesia. La terzina metaforica ha la funzione di exemplum: essa aggiunge un senso di degrado e di putrescenza che nell’ottava era latente, presente ma invisibile, materializzata attraverso immagini prese dal mondo vegetale. Il sonetto, nella sua unicità, è collegato ad altri sonetti, chiamati morali (66, 116 e 129). In esso il poeta tratta dei potenti che appaiono molto forti ma sono in realtà corruttibili; la corruzione viene fuori nella terza quartina. ➢ Verso 1: allude al detto latino di Publio Siro (I secolo a.C.) → poter nuocere e non volere è merito grandissimo, presente anche nell’Arcadia di Sydney (the more power he hath to hurt the more admirable is his praise that he will not hurt). L’elogio, però, si rivela subito ambiguo: stone e cold sono due termini non nettamente positivi, usati per riferirsi alle persone al potere. Essi comunicano un senso di distacco, di indifferenza, di apatia, così che il loro non agire non è dovuto alla virtù ma all’indifferenza e al distacco. ➢ Verso 2-3: presenta un nodo traduttivo → si accenna di nuovo al distacco, ma anche all’ipocrisia, dato che si parla di una discrepanza tra l’apparenza e il comportamento. ➢ Verso 4: descrive i potenti come “to temptation slow” e, dunque, non immuni alla tentazione ma lenti a seguirla. La corruzione viene introdotta per la prima volta ma semplicemente come una possibilità → questo tema emerge più chiaramente nella sestina mediante un paragone con il mondo vegetale. Le virtù attribuite ai potenti sono molto ambigue ➢ Verso 5: si allude ironicamente ad una ricompensa divina. È in maniera ironica perché nel vangelo sono gli umili che ereditano il Regno dei Cieli, c’è un’allusione evangelica ma è rovesciata. Questa allusione continua nel verso 6 e conferisce connotazioni negative alla descrizione “le ricchezze della natura guardano allo spreco” in questo caso husband è inteso come qualcuno che gestisce una fattoria → anche quest’allusione evangelica è da intendersi in maniera negativa. ➢ Verso 6: si allude alla parabola dei talenti → i talenti sono soldi, distribuiti dal padrone ai servi in modo non uniforme: chi ne ha avuti meno li sotterra e li restituisce al padrone al suo ritorno, venendo definito pigro e malvagio dato che non li ha fatti fruttare. In quest’ottica, anche questo riferimento al vangelo è ironico dato che il mantenimento disinteressato delle ricchezze appare come una caratteristica negativa. ➢ Verso 7: si sottolinea di nuovo la discrepanza tra apparenza e realtà → loro hanno il controllo completo sulla loro espressione facciale, non tradiscono sentimenti e sono sempre padroni di sé stessi, sono freddi come la pietra e non si muovono come detto nei versi 3-4 per non far trasparire cose illecite, ma questo non vuol dire che non ce ne siano. Letto nel contesto dell’intera sequenza questo verso equivale ad un’accusa di sterilità e un rimprovero al Fair Youth che non vuole sposarsi e non vuole procreare. Quando si fa un figlio si tramanda la propria immagine, quindi non ha troppo senso tenerla tutta per sé. ➢ Verso 8: tratta della figura degli stewards, figure che possono solo tributare e rendere omaggio alla grandezza del signore, senza l’esistenza di un rapporto reciproco. Gli altri possono solo ruotare intorno a questi potenti e possono solo guardarli dal basso, questo perché l’ordine sociale si basa su relazioni asimmetriche → Questa interpretazione viene sostenuta nel verso successivo. ➢ Verso 9-10: introduce il mondo vegetale inaugurando la sestina con l’exemplum → un fiore estivo fa quello che deve fare e dà il suo profumo alla stagione, anche se vive e muore solo per sé stesso: non gli viene rimproverato niente perché comunque è un fiore e qui abbiamo un’altra allusione alla bellezza sterile fine a se stessa che non si spreca. Tuttavia è possibile anche un’ interpretazione più sinistra del verso 8 → lo steward, che Serpieri traduce con il termine guardiano, può essere interpretato anche come colui che amministra i beni altrui e a cui viene lasciato l’incarico di svolgere lavori sporchi per salvaguardare la magnificenza dei potenti, facendoli rimanere nude and stoned → in questa luce, il verso 8 ha un significato più inquietante, in linea con le altre ambiguità presenti in tutta l’ottava. Questa interpretazione sinistra è utile per capire il verso 11. ➢ Verso 11-14: aperto con un’avversativa, esce allo scoperto quello che al verso quattro era solo una possibilità → la corruzione, anche se trattata sempre con termini ipotetici, arriva al fiore, aprendo la strada alla conclusione affermata nel distico finale, in cui si afferma che la corruzione dei potenti, apparsi fino a quel momento come modelli di perfezione, è molto più infima della corruzione delle persone normali. ➢ VV. 13-14: questi versi sviluppano il senso dei due versi che precedono e contengono una dichiarazione molto forte perché i gigli sono simbolo di purezza e se imputridiscono puzzano più delle erbacce. Questo sonetto ha un’aura inquietante: si parla di persone al potere, del fatto che sono corruttibili e del risvolto putrido della loro corruzione. Si può trattare di una riflessione generale sul governo, ma ci si può anche leggere una valutazione su eventi e persone particolari, celata dietro metafore e allusioni data la passione per la ricerca dei significati nascosti nella letteratura in tutte le sue forme (lock-picking): i significati allegorici permettevano di mascherare una denuncia e renderla accettabile e possibile. Sappiamo che i possibili destinatari dei sonetti appartenevano alla cerchia del Conte di Essex, ai cui membri è probabile che fosse arrivata la poesia; agli occhi di Essex, come a quelli di Bacon, Queen Elizabeth era diventata il prototipo dell’inazione, in quanto non faceva quello che secondo questi intellettuali avrebbe dovuto fare (il fatto che lo stesso tema venga trattato nel saggio di Bacon, datato 1612, dimostra che all’interno del circolo si discuteva della tematica, ben prima di quando l’autore dette alla stampa la sua opera). secondo Essex la regina si faceva manipolare, non stava nuocendo ma non stava nemmeno facendo ciò che lui e il suo consigliere Bacon ritenevano buono. Ci sono dei collegamenti possibili con King Richard II (1596): anche qui si trovano il concetto di stuardship, il contrasto tra realtà e apparenza e la metafora delle erbacce che soffocano il giardino (weeds è la parola conclusiva del sonetto). Richard The Second → III, iv, 29-71 GARDENER: Go, bind thou up yon dangling apricocks Which, like unruly children, make their sire Stoop with oppression of their prodigal weight. Give some supportance to the bending twigs - Go thou, and like an executioner Cut off the heads of too fast-growing sprays That look too lofty in our commonwealth. All must be even in our government. You thus employed, I will go root away The noisome weeds which without profit suck The sod's fertility from wholesome flowers. SERVANT: Why should we, in the compass of a pale, Keep law and form and due proportion, Showing as in a model our firm estate, When our sea-wallèd garden, the whole land, Is full of weeds, her fairest flowers chok'd up, Her fruit trees all unprun'd, her hedges ruined, Her knots disordered, and her wholesome herbs Swarming with caterpillars? GARDENER: Hold thy peace. I love to hear her speak, yet well I know That music hath a far more pleasing sound; I grant I never saw a goddess go; My mistress when she walks treads on the ground. And yet, by heaven, I think my love as rare As any she belied with false compare. O! let me, true in love, but truly write, And then believe me, my love is as fair As any mother's child, though not so bright As those gold candles fixed in heaven's air: Let them say more that like of hearsay well; I will not praise that purpose not to sell. Per quanto riguarda la struttura interna, nei primi sei versi domina la vista, nel settimo e nell’ottavo l’olfatto, nel nono e nel decimo l’udito, e nel distico finale di nuovo la vista. Per quanto riguarda i temi, si definisce il sonetto anti- petrarchesco → si rovescia la visione della donna angelo petrarchesca, massimo paragone di bellezza e perfezione. Anche le ragioni che spingono il poeta ad amare la donna sono anticonvenzionali: benché la donna sia completamente umana, egli ammette che il suo amore è raro. Il sonetto è parodico e, per questo, si collega al sonetto 21, in cui si prendeva in giro il modo di scrivere componimenti privi di inventiva ma basati sulla ripetizione di temi giù codificati → Egli non si prende gioco di Petrarca ma dei poeti tardo-petrarchisti inglesi, meri epigoni dello stile del poeta italiano. Nel Sonetto 130 la parodia è ancora più esplicita rispetto al sonetto 21: si riprendono una per una le iperboli usate per elogiare la donna (iperboli encomiastiche) e si smitizzano, decostruendo la figura della donna angelo che si rivela fittizia. In questo modo, si può trovare un collegamento con i componimenti di Sydney, anche lui critico nei confronti degli stereotipi che caratterizzavano i versi dei poeti a lui contemporanei in favore di un canto veritiero corrispondente ad un amore sincero → il Sonnet 3 di Astrophel and Stella ha uno schema rimico non convenzionale, quasi dividendo il componimento in due quartine, un distico e un’altra quartina (non ha neanche la struttura del sonetto italiano). Se si leggono il “Sonnet 31” di Richard Linche (“Diella”, 1596), o il “Sonnet 39” di B. Griffin (“Fidessa”, 1596), si nota che essi sono solo un accumulo di stereotipi privi di poeticità. Il sonetto 130 va oltre il semplice gioco letterario e l’evidente parodia → il distico finale inizia con il pronome “I”, inserendo la prospettiva del soggetto che sostiene che l’amore non dipende dalla bellezza angelicata della donna ma dalla sua prospettiva → “love is in the eyes of the beholder”. L’io poetico si libera degli stereotipi femminili che popolavano i versi composti dai suoi contemporanei e sottolinea che, quando ci si innamora, occorre considerare solo il punto di vista personale. Egli non sta prendendo in giro una donna, descrivendola negativamente. Anzi, egli spiega che non vuole denigrare la sua donna ma solo dirci che l’amore non ha bisogno di iperboli falsificanti, che le donne non hanno bisogno di essere angeli, soli o fiori per far innamorare un uomo, il quale è attratto dal loro essere umane e vere, più che dei modelli ai quali esse vengono associate: “belied” e “false compare” si legano al campo semantico dell’inganno. I poeti erano soliti paragonare l’amata ad elementi naturali e divinità mitologiche tanto che anche Shakespeare stesso usa le immagini tipiche dei sonetti petrarcheschi, di cui si hanno molti esempi nei sonetti dedicati al fair youth → l’autore decostruisce dei cliché usati da lui stesso, ma non si tratta di una contraddizione, in quanto l’amore per il fair youth è ideale e sublimato, mentre nella seconda sequenza, legata ad un ambito molto più terreno, non c’è spazio per la donna idealizzata. Amore angelicato e amore terreno venivano messi a contrasto nel “Sonetto 144”, in cui si esprime “the better angel is a man right fair / a worser spirit a woman coloured ill” → in esso si presenta anche il triangolo amoroso di cui avevamo parlato, in cui la dark lady viene immaginata come seduttrice del fair youth, responsabile della contaminazione e della rovina della purezza dell’oggetto dell’amore platonico dell’io poetico. Il teatro del periodo Tudor Prima di avvicinarsi al grande teatro elisabettiano, occorre comprendere ciò che lo ha preceduto. Le prime rappresentazioni teatrali avvennero nelle chiese ma la storia del teatro inglese inizia quando le rappresentazioni vi escono e si riversano nelle strade, in forma di mystery plays prima e morality plays in seguito, che non partivano dalla bibbia ma erano allegorici. Le due forme convissero per tutto il Cinquecento, fino alla riforma di Henry VIII, nel 1534, quando si proibirono i mystery plays perché erano di matrice cattolica. Il teatro delle moralità era di natura didattica e allegorica ed è un fenomeno che si trova in tutta Europa. I due tipi di teatro hanno scopo edificante, con la differenza che questi non erano collegati alle sacre scritture ma al sermone medievale e alla letteratura devozionale. Ancora, i mystery plays erano messi in scena in particolari giorni di festività, mentre i morality plays potevano essere messi in scena in momenti diversi: per questo, gli esecutori delle rappresentazioni potevano spostarsi in più località, favorendo la nascita della professione d’attore e la diffusione dell’attività teatrale. I mystery plays, essendo recitati in un luogo preciso e in un momento preciso, venivano rappresentati dai membri compagnie delle arti e dei mestieri. I personaggi del teatro delle moralità sono delle astrazioni: viene messa in scena la psicomachia, ovvero il conflitto tra i sette vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, ira, gola e accidia) e le virtù (tre teologali → fede, speranza e carità e quattro cardinali → prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), con lo scopo di mostrare che le virtù sconfiggono i vizi in battaglia. Il protagonista è il rappresentante del genere umano: si può chiamare “Everyman”, “Mankind”. Le vicende drammatizzate sono la tentazione, la perdizione, il pentimento, la redenzione e la penitenza. Non si trattava di fonti di intrattenimento ma avevano il ruolo di insegnare, svolgendo una funzione centrale nella vita di ogni cristiano. Gli interludi Tudor sono molto diversi dai morality plays ma, venendo da essi, sono molto persuasivi. ➢ “The Castle of Perseverance” (1425) conta 3700 versi e 35 personaggi. il protagonista è Humanum Genus e la vicenda molto complessa segue la vita del protagonista dalla nascita al giudizio universale. Egli viene conteso tra le forze del bene e le forze del male. Una pianta riporta il modo in cui veniva messo in scena → intorno allo spazio centrale si avevano cinque palchi, ognuno riservato ad un’entità (Dio, Avarizia, etc.). ➢ “Mankind” (1475 circa) è molto breve e ha solo 7 personaggi: questo dipende dal fatto che essa veniva portata in tour da una compagnia itinerante. Cambia anche il tono e i personaggi sono rappresentati più concretamente: dominano le scene comiche collegate ai vizi, rappresentati anche in modo scurrile; esse mantenevano il ruolo edificante, in quanto si conclude con la disperazione e il pentimento del protagonista. ➢ “Everyman” (1495) appartiene già all’epoca Tudor e viene considerato il capolavoro di questo genere. Probabilmente è una traduzione di una moralità fiamminga. È breve e narra come il protagonista, alla fine della sua vita, è terrorizzato dalla morte e trova soltanto Good-deeds che si propone di accompagnarlo fino alla tomba. È importante perché introdotto da una prefazione che dimostra che il genere ha acquisito piena consapevolezza. 04.11.2019 Il teatro nel periodo Tudor vede la messa in scena di interludi. Si tratta della fine del ‘400, quando finiscono le guerre civili con l’arrivo della dinastia Tudor al trono, grazie alla sconfitta di Riccardo III nel 1485. Gli interludi sono rappresentazioni drammatiche provenienti direttamente dalle moralità, i quali hanno uno scopo edificante → essi reinventano la psicomachia, sotto vari influssi: ➢ in ottica umanistica la lotta fra vizi e virtù si trasforma in lotta tra ignoranza e intelligenza ➢ gli interludi di argomento politico presentano un personaggio che rappresenta principe, a differenza di quello nelle moralità che rappresentava il genere umano. Il suo obiettivo non è la salvezza dell’anima ma il buon governo ➢ con la riforma protestante l’interludio assume i toni della polemica religiosa, la quale diventa spesso cruda, così che la lotta tra vizi e virtù diventa lotta tra il cattolicesimo e la nuova fede ➢ negli anni 50 e 60 del Cinquecento gli interludi diventano satira sociale contro il materialismo della nuova borghesia inglese → questo tipo di interludi vengono chiamati “money plays”. Gli interludi sono allegorici e popolati da astrazioni, come era tipico delle moralità, ma rappresentano anche dei tipi sociali e dei personaggi storici → Essi esaltano ancora di più la loro natura ibrida, data dalla mescolanza di comicità e serietà. La figura del vice è importante in tutto il teatro successivo agli interludi → egli deriva direttamente dai vizi delle moralità, dai quali uno diventa dominante e protagonista, mentre gli altri sono suoi accompagnatori. Egli non si limita a rappresentare simbolicamente un vizio, ma diventa un personaggio drammatico che tiene le fila della performance, dirige l’azione e annuncia le sue intenzioni al pubblico, con cui ha un rapporto privilegiato dato che ne fa il suo confidente e il bersaglio ei suoi sbeffeggiamenti. Si tratta di un personaggio allo stesso tempo allegorico e umorista → ha il compito di tentare il protagonista ma anche quello di generare il riso del pubblico e dirigere la performance. Il finale resta invariato: egli sarà sconfitto dalla virtù, ma questo non intacca il suo essere seducente. Questo fatto dimostra la contraddizione su cui si basa il teatro Tudor → il rappresentante delle forze del male è il preferito dal pubblico, che si lascia sedurre dal vice. Questo ha un grande riscontro nel teatro elisabettiano, in cui il vice ha due incarnazioni: esso si trova nei villains nel teatro shakespeariano, ma anche nel fool. Richard III è discendente diretto della figura del vice → è un villain ma ha un fascino indiscutibile, dato dal suo umorismo e dal suo ruolo di conducente dell’azione. Gli interludi sono generalmente di drammi, non sempre brevi. Essi venivano rappresentati nelle sale dei banchetti delle dimore signorili o a corte, ma a volte anche nelle piazze, nelle chiesi e in altri luoghi pubblici. Il termine “interludio” veniva usato tantissimo, anche a sproposito, in quanto l’espressione non designava un genere drammatico ma piuttosto ogni tipo di rappresentazione teatrale → per questo, tutta la produzione drammatica dal 1485 (inizio dinastia Tudor) al 1576 (primo teatro pubblico a Londra) viene convenzionalmente chiamata “interludi”. Gli interludi potevano presentare contenuti molto diversi, ma erano sempre molto legati al contesto politico e sociale, come ogni altra produzione artistica del periodo → si tratta degli anni in cui si forma lo Stato inglese moderno, in cui si afferma il potere centrale del sovrano e si costituisce la corte come centro propulsore della cultura, con Londra che sta diventando una vera e propria metropoli. Sono gli anni delle grandi controversie religiose, in quanto ogni sovrano porta una versione diversa della riforma → per tutti questi motivi il teatro non può allontanarsi dalla rappresentazione dei fenomeni politici e sociali, anche perché si è convinti della sua capacità di istruire e influenzare il pubblico. La differenza maggiore tra interludi e moralità è l’alto grado di topicalità → nelle moralità si tende a rappresentare una situazione atemporale e valida per tutto il genere umano, mentre l’interludio rispecchia i cambiamenti avvenuti nel suo tempo e, addirittura, è in grado di divulgare e promuovere tali cambiamenti, diventando propagandistico e didattico e agendo direttamente sulla realtà, performativo. Le compagnie che mettevano in scena gli interludi erano sia itineranti che non itineranti: ➢ le compagnie non itineranti erano formate da gruppi di persone che occasionalmente si esibivano in rappresentazioni drammatiche ➢ le compagnie itineranti, invece, non sono composte da attori amatoriali ma da attori professionisti → gli interludi hanno un numero di personaggi meno ampio delle moralità, così come una struttura The Viceroy himself arrives at the end of the act. While the nuptial celebrations are prepared, the Duke confronts Lorenzo and Hieronimo about the negative rumors surrounding the two. Hieronimo denies any wrongdoing on Lorenzo's part, and Bellimperia seems to have reconciled with Balthazar. The Ghost is alarmed at such an unexpected turn of events, but Revenge once again reassures him that all is well (or, for the characters in the tragedy, quite amiss). In the final act, Bellimperia and Hieronimo work together to exact their revenge on Lorenzo and Balthazar. Hieronimo wrote a tragedy in his youth, which the two young men now act out for the royal audience. Back in the arbor where Horatio was murdered, Isabella commits suicide. As for Hieronimo's play, the plot is executed smoothly, and Lorenzo and Balthazar are killed on stage. Bellimperia, too, commits suicide. The King, the Viceroy, and the Duke are all horrified when they discover that the play seemed to merely be a simulation. They demand to know Hieronimo's motives, but the latter bites off his tongue, stabs the Duke, and finally commits suicide. La parola revenge è il leit motif della tragedia → un personaggio si chiama così e la vicenda si basa sulla sete di vendetta. Hieronimo, trovando il corpo di suo figlio impiccato dopo essere stato scoperto con Bellimperia, giura vendetta. La sete di vendetta aumenterà nel momento in cui la moglie muore di dolore per la perdita del figlio. Questo avviene nel secondo atto, ma la vendetta appare già nell’ultima scena del primo, in cui Balthazar giura di vendicarsi contro Horatio, che gli ha sottratto la libertà e la donna. Ancora, Bellimperia nel primo atto afferma che vuole vendicarsi per l’uccisione di Andrea, avvenuta in battaglia. Tuttavia, Hieronimo è il personaggio che vive la vendetta in modo maniacale e ossessivo, a differenza degli altri → questa porta alla morte di quasi tutti i personaggi. Il secondo leit motif dell’opera ha a che fare con la fortune, topos ricorrente nella letteratura del Cinquecento. Nel primo atto si ha una disquisizione sulla fickle fortune, volubile per eccellenza, fatta dal viceré del Portogallo; egli torna sullo stesso tema nel momento in cui parla della sfortunata condizione dei sovrani (“wheel of chance”). La tragedia è molto cruenta, ma è importante perché alla sua uscita ebbe un enorme successo scenico, anche se oggi è poco studiata. Tra il 1592 e il 1597 se ne ebbero poco meno di trenta repliche, se ne scrissero di prequels e dei sequels e se ne ebbero undici edizioni stampate. Inoltre, la letteratura contemporanea contiene un enorme quantità di riferimenti a quest’opera, nota a tutti. Si tratta della prima tragedia ad aprire la stagione fiorente del teatro elisabettiano. Questa è ambientata in Spagna, considerata un luogo esotico → si tratta di un paese passionale e truce. Un play del genere non avrebbe potuto essere ambientato in Inghilterra, in Spagna era credibile una tale passionalità, violenza e gelosia. Questa spagna così piena di emozioni si pone come un luogo tropicale, così come l’Italia. Vi si trova il motivo della malvagità perversa, conosciuta come machiavellica. Lorenzo, il fratello di Bel-Imperia e assassino di Horatio, è uno dei primi grandi villains del teatro elisabettiano → non ha caratteristiche positive, è solo malvagio, spregiudicato e immorale che ordisce una serie di complotti e cerca di eliminare le tracce dei suoi crimini, non lasciando niente al caso, uccidendo i testimoni dei suoi omicidi. Abbiamo anche il motivo del teatro nel teatro → si ha una rappresentazione teatrale all’interno della rappresentazione principale, come avviene anche in Hamlet. Ancora, un altro tratto di unione con la tragedia shakespeariana è la follia simulata e la presenza di fantasmi che cercano vendetta (qui Andrea, mentre in Hamlet abbiamo il fantasma del padre). La follia in Spanish Tragey non è una follia comica come in Hamlet ma è una decisione estemporanea perché alla fine Hieronimo mostra il cadavere di Horatio e questo vuol dire che non sono passati molti giorni. La tragedia si pone come prototipo che dà vita ad un genere drammatico, la revenge tragedy → questo si esaurisce nel giro di meno di trent’anni, ma conta un gran numero di lavori teatrali (come avvenne per “Euphues”). Prima di parlare di Marlow, occorre precisare cosa si intende per “Elizabethan Machiavel”: nel “Jew of Malta” di Marlow troviamo una delle rappresentazioni teatrali del Machiavel, in cui ha il ruolo dello sponsor del villain. In quest’opera si trova la visione distorta del Machiavel, così come viene erroneamente percepito in Inghilterra → si tratta di un macchinatore senza scrupoli, amorale se non malvagio. Questa figura assorbe delle caratteristiche dal Vice del teatro delle origini, così come dal furfante delle tragedie senechiane. Ne abbiamo il prologo su Moodle, fatto tutto per voce di Machiavel. 08.11.2019 Cristopher Marlowe (1564-1593) e il Doctor Faustus Egli appartiene al gruppo degli university weets e morì a soli 29 anni. Lo studiamo come drammaturgo e traduttore da Ovidio a Lucano. Egli ha messo in scena la poetica del potere. Non è un nobile, andò a studiare a Cambridge ma non ha preso la laurea, fu vittima di accuse feroci e di omosessualità (all’epoca era un reato molto grave) e fu arrestato per ateismo. Era un personaggio spregiudicato, un trasgressivo e la sua vita si concluse tragicamente quando fu pugnalato in una caverna (probabilmente per un diverbio). prima di lasciare Cambridge aveva già composto una delle sue opere più note, Timburlaine, che drammatizza lo sfruttamento di un guerriero mongolo per conquistare un territorio che va dal Mar Nero a Delhi. Il protagonista-eroe dell’opera è il mezzo d’espressione dell’energia libera e delle ambizioni. Le opere di Marlowe sono in un certo senso rivoluzionarie, i suoi versi colpiscono il pubblico come nessun altro. L’uso che Marlowe fa del verso è estremamente potente e riesce a raggiungere delle vette altissime: -faustus (esclamazione alla vista di Elena di troia del 5 atto-slide) Marlowe ha cominciato nel 1587 a mettere in scena plays, prima rispetto a Shakespeare, trasformando il teatro inglese. Nelle sue maggiori tragedie, c’è sempre un protagonista che è alla ricerca disperata del potere (la sovranità di Tamburlaine, i soldi di Barabas, la conoscenza del Doctor Faustus). Troviamo varie ricerche estreme in questi drammi. I personaggi marlowiani sembrano incarnare lo spirito rinascimentale, cosi come espresso nel Discorso sulla dignità dell’uomo di Giovanni Pico della Mirandola. L’ispirazione massima per il Dottor Faustus è la divinità, perché non si accontenta di essere un imperatore in quanto lo porta ad essere limitato. Faustus non si accontenta della conoscenza tradizionale → vuole di più e non si cura del possibile costo. Nel soliloquio iniziale Faustus pratica la cosiddetta “magia bianca” ovvero la conoscenza delle materie scientifiche e dei fenomeni naturali, ma poi si appella alla magia nera e stringe un patto col demonio, il quale gli consente di attingere a questo tipo di conoscenza soltanto se l’uomo accetta la dannazione eterna della sua anima → Il suo scopo è ‘’to gain a deity’’. Le azioni di Faustus sono guidate da un senso di inevitabilità. Il suo però non è fatalismo, ma un atto di volontà estremo che è anche un peccato contro Dio stesso. Marlowe recupera il concetto greco di trasgressione → la Hybris, cioè l’orgoglio estremo, la superbia, la tracotanza, l’eccessiva fiducia in se stessi. Spesso la hybris si lega al peccato contro la divinità e guida i personaggi della classicità. La caduta di Faustus, come quella di Icaro, è causata dal suo orgoglio e dalla sua ambizione e può essere paragonata alla caduta degli angeli dal paradiso, poiché così come gli angeli dannati è condannato dalla sua stessa voglia di conoscenza. La hybris è anche il peccato che muove Lucifero (voleva essere come Dio e fu punito) e l’umanità in Paradise lost ne causa la caduta. L’orgoglio e l’avidità erano considerati i peccati più demonizzati e più gravi del medioevo. In Doctor Faustus abbiamo degli elementi dei morality plays del 400 → vengono presentati i sette peccati capitali, il cui ruolo è tentare il protagonista umano, il good angel e il bad angel, che agiscono come consiglieri del rappresentante dell’umanità. La struttura morale qui collassa proprio perché Faustus non viene salvato, in quanto manca la redenzione che dovrebbe seguire al pentimento del personaggio. Marlowe sovverte dunque la tradizione e crea un anti-morality. Ciò rende questo play altamente trasgressivo, sia dal punto di vista teatrale che morale. Fonti di Doctor Faustus La fonte del dramma è un racconto tedesco del 1587, il Faustbuch, tradotto in inglese nel 1592 con il titolo The history of the damnable life and deserved death of Doctor John Faustus. Come quasi sempre nel 500, la traduzione è più propriamente un adattamento → il traduttore definisce l’autore tedesco ‘rude’. Troviamo il Doctor Faustus in due versioni: ➢ Un A text del 1604 → è più breve (1517 versi) e puramente tragico → le scene comiche vengono omesse. È una tragedia morale con percorso discendente, culminante nella dannazione, di un’amica che si perde a causa dell’hybris (il suo eccessivo desiderio di conoscenza) che la spinge a travalicare i limiti imposti all’umanità. In questo testo abbiamo come un movimento verso il basso: la caduta di Faustus è sia morale che fisica. È molto simile ai morality plays, ma qui il percorso non è parabolico perché manca il convenzionale pentimento di humanity. Il Doctor Faustus è probabilmente l’ultimo play che Marlowe scrisse: morì nel 1593 e la traduzione del Faustbuch in inglese fu pubblicato nel 1592. Se accettassimo questo A text come più autorevole, il dramma segnerebbe una sorta di riforma morale di Marlowe alla fine della sua vita. ➢ Un B text del 1616 (qui il nome dell’autore era sbagliato, poiché era poco importante) → è più lungo (2121vv) ed è una tragicommedia satirica. Troviamo un altalenarsi tra tragedia e commedia; non troviamo una discesa lineare, ma uno schema oscillatorio, con picchi e deflazioni. Non è una parabola, ma una satira delle pretese umane di raggiungere la conoscenza. Abbiamo poi una struttura altalenante dove scene serie sono seguite da scene comiche. La struttura dialettica è tragedia/commedia; alto/basso; serio/comico; elite/popular. Esso ricorda il carnevale elisabettiano che offriva una versione scherzosa, parodica del lato serio della vita e in particolare delle autorità. In apertura Faustus è uno studioso serio, mentre Wagner e i suoi compari sono la fonte del riso e ricordano il vice degli interludi Tudor. Nelle scene successive Faustus incorpora in sé le caratteristiche del vice e viene coinvolto in scene comiche. Nella sua degenerazione, gioca scherzi volgari e offre uno spettacolo poco edificante. Ricorre a tutti i trucchi possibili per divertire e destare curiosità → diventa un mercenario del palcoscenico, un fenomeno da baraccone. Alla fine della sua carriera, Faustus appare come un intrattenitore professionista → non vediamo più in lui il desiderio di sfidare Dio, che fu la molla iniziale, adesso vuole solo soddisfare il suo pubblico. Faustus ha dunque tradito il suo progetto iniziale ed è diventato un performer da circo. Dobbiamo scegliere tra due drammi diversi per due diversi pubblici → accettare il B text sarebbe più in linea con gli altri plays marlowiani → Marlowe è solito prendersela con la tradizione e farla collassare. Il B text corrisponde anche alla forma popolare della tragicommedia che si stava sviluppando negli anni 90. Le scene comiche sono state scritte probabilmente da un altro drammaturgo, Samuel Rowley. Il prologo può essere diviso in 5 sequenze: ➢ Vv. 1-6 → troviamo la trasgressione del drammaturgo. In questa sequenza il soggetto è invertito col verbo, quindi abbiamo un’inversione dell’ordine sintattico. Troviamo una serie di negazioni che creano aspettative e suspense → si crea un vuoto durante il quale il pubblico si chiede quale sarà effettivamente l’argomento del dramma (che in realtà non viene proprio menzionato). ➢ Vv. 7-10 → abbiamo il circuito teatrale comunicazionale. Questa sequenza inizia con una dissimulatio → only this, la portata della vicenda di Faustus, altamente trasgressiva, viene sminuita. Compaiono qui tutti i partecipanti dell’evento teatrale. È interessante il gioco di parole tra perform e form ai versi 7-8, in cui vengono incluse la recitazione, la magia e l’idea di essere pura forma, concetto centrale del dramma. Spesso si ritrova Faustus come un performer vuoto nelle apparizioni rievocate da uno, tutti i personaggi sono dei performers, e a volte Faustus sembra un cattivo attore Marlowe è irriverente nei confronti di Faustus, enfatizza le sue debolezze e lo delinea come un divoratore insaziabile di conoscenza e esperienza, ci sono molti aggettivi che sottolineano la fame di conoscenza di Faustus. Tutti questi aggettivi, che hanno a che fare con il cibo, ci fanno capire che Faustus con l’esperienza ha un rapporto di dipendenza, è insaziabile. ➢ Vv. 11- 22 → la fabula drammatizzata. In pochissimi versi è condensata la vita di Faustus, dalla nascita alla morte. Abbiamo poi dei cambiamenti di tempo verbale past - present. Riferimento al mito greco di Icaro, il prototipo dell’over reacher, che anticipa la fine di Faustus. scena: così era nell’interesse sia dell’autore che della compagnia che l’opera non diventasse di dominio pubblico. I drammi venivano comunque pubblicati, dato che i tipografi li acquistavano dagli autori o dalle compagnie nel momento in cui un’opera era già stata rappresentata molte volte, ma anche in modo illegale, per opera di persone che li rubavano alle compagnie o li scrivevano velocemente durante le rappresentazioni. A volte è evidente che si tratta di costruzioni memoriali di attori, i quali decidevano di ricostruire un testo teatrale (non avevano copioni, ma solo la loro parte) per poi venderlo e guadagnare. Ancora, a volte succedeva che dei membri delle compagnie rivali mandavano degli amanuensi che avevano il compito di scrivere velocemente quello che si diceva in scena. Tutto questo modo di agire ci permette di capire il motivo per cui esistono più versioni di uno stesso testo, più o meno attendibili. Inoltre, un testo poteva avere anche più versioni ufficiali, magari a causa dei tour delle compagnie a cui non partecipavano tutti i membri, per cui era necessario adattare il play. La filologia shakespeariana si occupa di risolvere tutti questi problemi. Venti dei 36 drammi del First Folio erano già apparsi in forma di Quarto, spesso etichettati come “Bad Quartos” in quanto diversi dalle versioni originali e spesso più brevi. Questo non vuol dire che i Quartos sono sempre “bad”, così come non vuol dire che i testi appartenenti al Folio siano totalmente attendibili: infatti, a volte dei versi presenti nel Quarto non appaiono nel Folio. Il Bad Quarto per eccellenza è quello dell’Amleto. Questo spiega perché le opere contemporanee sono delle “Conflated editions”, in quanto contengono tutto quello che ci è arrivato nelle varie versioni. Le “Variorum editions” sono quelle edizioni molto studiate, le quali prendono in considerazione tutte le versioni che si hanno di un testo. La disciplina della filologia shakespeariana inizia a fine Settecento, quando gli editori iniziano ad operare scelte in tutto il materiale che avevano a proposito delle opere di questo autore. King Richard III circa 1592 Il Quarto esce 26 anni prima del Folio → si tratta di un Quarto abbastanza affidabile, anche se il Folio ha circa 200 versi in più; tuttavia, il Quarto ha circa 37 versi assenti nel Folio. Quella che leggiamo noi ha tutti i versi (sia i 200 che i 37). Oltre a questa differenza, se ne hanno altre minori: ➢ la trasposizione di parole all’interno di un discorso ➢ lo spostamento di parola da un discorso all’altro ➢ il cambiamento di parole con sinonimi ➢ le differenze grammaticali e di spelling. È il secondo play più lungo dopo Hamlet e fa parte della prima tetralogia di drammi storici. Il titolo delle pubblicazioni è The Tragedy of King Richard III, cosa che lo rende un caso unico dato che non si tratta di una tragedia ma di un dramma storico. Un’altra peculiarità e che nonostante sia un dramma storico, sia il frontespizio del porto sia quello del folio viene definito Tragedy, quindi è un dramma che si pone in maniera ambivalente. Fonti del King Richard III Richard è il più giovane dei tre figli della casata York, la quale sostituisce i Lancaster al trono → siamo nel periodo delle Guerre delle due Rose, su cui si basano tutti i drammi storici shakespeariani. Essi vengono composti a partire dalle cronache, soprattutto The Union of the Two Noble and Illustre Families of Lancaster and Yorke e Chronicles of England and Scotland, oltre alla storia incompiuta History of King Richard III di Thomas More, integrata con l’opera dello storiografo di corte di Henry VIII, Polydore Vergil. Per quanto riguarda le fonti letterarie, Shakespeare usa il Mirror for Magistrates di William Baldwin, pubblicato per la prima volta nel 1559 → essa dimostra l’importanza dell’exemplum nella letteratura Cinquecentesca, in quanto racconta in versi la vita e la tragica fine dei personaggi, alcuni dei quali sono personaggi del dramma shakespeariano. È interessante vedere come queste fonti dipingono il re → gli storici Tudor lo rappresentano come un mostro tirannico, brutto dentro e fuori, in quanto Henry VII è il primo re Tudor che sale al trono dopo aver ucciso Richard III, così che era necessario rappresentare l’omicidio come una cosa necessaria e positiva. Prima di affrontare il dramma, occorre considerare il terzo atto dell’opere precedente, Henry VI, in cui il personaggio di Richard III prende forma, si mette a nudo davanti al pubblico e ci svela i suoi loschi propostiti → egli si presenta come un macchinatore machiavellico e diabolico, immorale e omicida. Dall’altro lato, egli è un abile oratore e ha uno spiccato senso dell’umorismo: proprio come il Vice degli interludi, egli è carismatico e attraente per il pubblico, nonostante non si possa mai dubitare della sua malvagità. Il pubblico conosce già il protagonista dell’opera, grazie alle anticipazioni contenute in quest’altro dramma. Richard stesso si associa al Vice e rivela essere un grande attore, padrone dell’arte della dissimulazione (V scena, III atto). Il rapporto tra Richard e Richmond, suo contendente e futuro Henry VII → Richard diventa il rappresentante del disordine che caratterizza l’Inghilterra durante il periodo delle guerre civili. Per di più, per i Tudor egli rappresenta anche un nemico ideologico, da eliminare per poter salire al trono legittimamente. Richard è condannato moralmente e ideologicamente → egli serve a creare il contrasto con la grandiosità del suo successore Tudor, con il quale l’Inghilterra torna ad essere fiorente. Henry VII è rappresentato come l’uomo che salva l’Inghilterra e la corona, il contrario del suo predecessore. Il dramma si conclude con il discorso finale di Richmond, il quale esprime l’ideologia ufficiale Tudor, basata sulla conclusione di un periodo sanguinolento in favore di prosperità e pace. È evidente l’intento propagandistico dell’opera, contenuto già nelle fonti stesse di Shakespeare. 15.11.2019 Albero genealogico su Moodle. Possiamo dividere il testo in due macro-sequenze: ➢ La prima è composta dai primi tre atti, in cui Richard è in grado di controllare tutto quello che accade con un atteggiamento machiavellico e grazie alla sua abilità istrionica, ovvero grazie alla sua capacità di simulare e dissimulare. ➢ La seconda è composta dagli ultimi due atti, in cui il protagonista perde il controllo e la lucidità e viene sopraffatto dagli eventi, a differenza di come aveva fatto fino a quel momento. Il turning point è l’arrivo alla tanto agognata corona → nel momento in cui il suo potere dovrebbe essere al massimo della sua ascesa, inizia a perderlo e a decadere. Questa ascesa seguita dall’improvvisa caduta una volta raggiunto l’apice, si lega al topos della wheel of fortune tipicamente cinquecentesco. Richmond, appartenente ai Tudor, è presentato come colui che mette fine alle guerre, essendo legato ad entrambe le famiglie dei Lancaster e degli Yorke. In quest’ottica, Richard è rappresentato come un villain a tutto tondo, caratterizzato da soli tratti negativi. All’inizio del dramma Richard si fa beffe delle profezie e dei sogni. La sua sete di corona si vede anche nel monologo presente in Henry VI, in cui esprime anche la convinzione di potersi prendere gioco delle profezie. Nella seconda parte, invece, sogni e profezie diventano un’ossessione, tanto che verrà schiacciato da essi → alla fine dell’opera, infatti, dei fantasmi appaiono a Richard e Richmond, annunciando al primo la sconfitta e al secondo la vittoria. Shakespeare riesce a rappresentare una sorta di attacco di schizofrenia del protagonista, rendendolo spaventato del suo io, come se non lo riconoscesse più. La prima parte si definisce towards the crown (libido coronae) → si tratta di una sorta di tragedia degli intrighi, in cui Richard è un vice trionfante con il pieno controllo delle sue passioni, seduttore (sia del pubblico che degli altri personaggi), machiavellico e macchinatore. Richard è un villain anche nelle fonti a cui si ispira Shakespeare, ma la sua malvagità è ancora più accentuata in questo dramma. Storia, Stato e corona sono gli oggetti passivi delle sue manipolazioni → manipola tutti, dal re al fratello, dai sudditi ai cortigiani, fino al pubblico. Il ribaltamento avviene con il raggiungimento della corona; storia, Stato e corona diventano fonti di giustizia e di vendetta, incarnata dai fantasmi, dalle donne e da Richmond, giustiziere che porterà a compimento la vendetta. Richard diventa il re usurpatore e omicida, vittima delle sue passioni e anche di quelle degli altri, viene schiacciato dalla storia e diventa oggetto dell’azione e non più soggetto attivo. Se prima si aveva una commedia degli intrighi, questa viene rovesciata nella seconda parte e il protagonista è schiacciato dalla storia. Il turning point è nella prima scena del quarto atto, in cui si ha una lunga scena con il lamento delle regine, sue vittime, le quali gli profetizzano sconfitta, sofferenza e morte. Le tre regine sono la nemesi di Richard → esse hanno un ruolo simile a quello svolto dal coro nelle tragedie greche, tanto che esse vengono spesso rappresentate vestite di nero e uguali. Adesso tutti riescono a vedere e a capire la sua ipocrisia e la sua malvagità, non è più un dissimulatore. Si trova anche sua moglie, Lady Anne, sua prima vittima. La scena seguente mostra la prima perdita di autocontrollo → Richard si arrabbia e tutti lo possono vedere, a differenza di prima, quando non si faceva mai vedere arrabbiato ed era sempre freddissimo. Ora le sue emozioni si mostrano e gli altri possono leggergli dentro. Si ha uno schema di giustizia retributiva. Si realizza il mito Tudor della storia come processo di giustizia divina, operante non solo nell’aldilà ma anche in terra, dove punisce chi deve essere punito e porta al trionfo chi se lo merita. Questa giustizia è incarnata nella figura di Margareth, moglie di Henry VI, ucciso da Richard. Si tratta di una figura quasi completamente teatrale, dato che al tempo la donna avrebbe dovuto già essere morta → Shakespeare la mette in scena per farle svolgere la funzione di nemesi e, presentandola come moglie di una delle vittime della cattiveria del re (quando in realtà ne era solo la promessa sposa), rende ancora più negativa la figura del protagonista (come aveva fatto attribuendogli l’uccisione di Henry VI, storicamente non attuata veramente da Richard). La donna rappresenta la sacralità della corona, mentre questa è vista da Richard come un oggetto di smisurato desiderio. La donna è come una parte del coro, è profetica, ha poco di umano. Il suo ruolo è di scagliare maledizioni sui responsabili della rovina della sua famiglia (Lancaster), come una furia classica. Appena Margareth entra in scena viene rappresentata come l’antagonista di Richard → essa inizia ad insultare Richard, a cui il protagonista risponde secondo le convenzioni del flyting medievale (scambio di provocazioni verbali prevedibili e stilizzate) → Richard vede il tempo e la storia come una successione di eventi lineari e controllabili, mentre per Margaret la storia è ciclica e simbolica, con la colpa sempre seguita dalla punizione. Questa visione della donna è tipicamente medievale, ormai superata, mentre Richard, nella sua cattiveria, incarna l’uomo rinascimentale che sente di essere in grado di controllare anche l’andamento della storia. La parola guilt ricorre spessissimo nel dramma → non solo Richard è colpevole, ma ognuno ha avuto un ruolo nella lotta sanguinosa che ha devastato l’Inghilterra. Tutti vanno incontro alla propria morte consapevoli di avere delle colpe da espiare, tranne i due principini figli del fratello: la loro uccisone rende Richard inumano, iniziando il processo di giustizia retributiva che ne sancisce la sconfitta. I suoi crimini precedenti erano machiavellici, calcolati, utili alla sua ascesa al potere, mentre l’uccisione dei bambini è gratuita e solamente malvagia. The Third Part of Henry VI Si tratta di una dichiarazione di intenti da parte di Richard, senza la quale non si può comprendere l’inizio di Richard III. Mette tutti in guardia ed elenca le persone da eliminare prima di arrivare alla corona. Nella messa in scena del monologo iniziale, alcuni hanno deciso di integrarlo con delle parti prese delle opere precedenti, in modo da renderlo più esaustivo e rappresentativo del personaggio principale. Richard III Act I ➢ I.1: Il verso 14 inizia con un’avversativa che marca la distanza tra gli Yorke in festa e Richard da solo, diverso dalla famiglia che celebra e fa festa. Prende le distanze dall’estate gloriosa degli Yorke e l’opposizione è enfatizzata dalla posizione anaforica di our e I → lui è diverso, nessuna cerimonia ne potrà cambiare il senso di deformità, le sue caratteristiche fisiche sono la negazione del decoro, dell’ordine e dell’armonia, lo rendono rappresentante del caos così che egli, per vendetta, vuole soltanto nel 1689, quando il fratello cattolico di Charles II, James II, iene deposto e mandato in esilio. A regnare vengono chiamati quindi la figlia protestante di James II, con il marito, il principe olandese William of Orange: i due regnano congiuntamente con il nome di Mary II e William III → siamo di fronte alla Glorious Revolution. Il parlamento stila il Bill of Rights e lo fa firmare ai nuovi sovrani. Qui viene definito l’assetto costituzionale attuale e si mette fine alla lotta tra il Parlamento e la Corona: la monarchia viene ripristinata ma le sue funzioni sono limitate per legge ed è soggetta al controllo del Parlamento → viene quindi scongiurato il pericolo dell’assolutismo. Durante il regno di Elizabeth la corte era il centro indiscusso da cui tutto derivava (l’autorità nazionale, il potere, le ricompense…). Le carriere e le fortune dipendevano dalle connessioni che si avevano a corte, tanto che gli intellettuali vivevano l’esilio da essa come una condanna. Le forme di letterature tipiche dell’epoca erano di natura cortese, ad esempio la sonettistica e la poesia lirica. I cortigiani amavano il teatro e sponsorizzavano le compagnie. Il patronato, il mecenatismo, era quasi l’unico modo che uno scrittore aveva di mantenersi scrivendo, poiché non venivano pagati molto nella professione di attore teatrale. Questo stato continuò sotto i primi due sovrani Stuart, fino all’epoca della restaurazione. Un predominio tale presupponeva l’accettazione di un ordine gerarchico all’interno di un rigido sistema che implicava l’obbedienza alla Chiesa nazionale e la lealtà al legittimo monarca che era l’unto del signore. I cortigiani valorizzavano le passioni eroiche come amore, pietà devozionale, coraggio nel combattimento. Una grandissima importanza, fino al 1642, veniva data all’onore. Con la guerra civile, a livello di valori, tutto cambiò → quando si torna alla monarchia il sistema di valori è completamente diverso: la corte non è più il centro indiscusso di influenza letteraria e intellettuale, i soldi e il potere non derivano più esclusivamente dalle connessioni a corte perché Londra è ormai una fonte altrettanto importante di soldi e potere (grazie alle sue banche, mercanti, commercianti…) → è la metropoli ora il centro propulsore del potere. Il principio guida non è più l’onore ma l’interesse → stiamo quindi entrando in un’era borghese. La chiesa nazionale, nel periodo precedente, era ritenuta unica guardiana del corretto comportamento umano e di ciò che atteneva al benessere spirituale → dopo il 1660 la chiesa nazionale diventa solo una delle molte possibili comuni religiose a cui appartenere in quanto le sette puritane si sono moltiplicate durante l’interregnum → questo causa la nascita del relativismo: dalla rivoluzione era emersa la verità universale ovvero non c’è più bisogno di una verità universale. Le persone possono essere in disaccordo su molte questioni senza che il Paese precipiti necessariamente nel caos sociale. In questo modo la società inglese cambia da una società fondata su concetti come gerarchia, uniformità e connessioni personali, ad una fondata sui concetti di molteplicità, diversità e tolleranza. La nazione, in pochi decenni, passa da un regime severamente autoritario legittimato per statuto divino ad una comunità rigorosamente materialistica, con gruppi di pressione in competizione all’interno di un sistema accettato da tutti in cui coesistono differenze politiche, religiose e sociali, appunto una società relativistica. Cambiamenti nelle forme letterarie ➢ Teatro → quando riaprono nel 1660, per un periodo mettono in scena drammi vecchi, ma poi si viene a costituire un repertorio di drammi nuovi di vario tipo: ▪ Commedie licenziose → aspramente attaccate da moralisti e Puritani ▪ Tragedie scritte in un tono retorico e declamatorio → heroic è il nome dato a queste tragedie e al distico nel quale sono scritte. ➢ Poesia → abbiamo un declino nell’impulso lirico. I sonetti quasi scompaiono dal repertorio poetico. L’allegoria dominante e i poemi pastorali perdono il loro fascino. Si afferma la satira in versi, e anche le elegie amorose, gli epigrammi, le liriche di tipo religioso-meditativo e le poesie campestri. ➢ Prosa → diventa più semplice e meno articolata. Si diffondono libri di consigli domestici, trattati di polemica politica e religiosa. Si diffonde il saggio (introdotto in Inghilterra da Francis Bacon) Abbiamo quindi nuovi tipi di ricchezza e si afferma una nuova classe dirigente, composta da uomini intraprendenti e rispettabili, ma sprovvisti di modi cortesi e raffinatezza intellettuale, non hanno il background che poteva avere un aristocratico, per seguire il cambiamento e i gusti di questa nuova classe dirigente, gli stampatori si specializzano in questa nuova tipologia di mercato → per fornire il pubblico reclutano scrittori che producono opere su ordinazione. I librai si sostituiscono ai mecenati di corte nel soddisfare i gusti del pubblico, sono loro che indirizzano i gusti. 25.11.2019-27.11.2019 John Donne (1572-1631) Figlio di Elizabeth Heywood, figlia di John Heywood, che aveva sposato Elizabeth Rastell, che era a sua volta la nipote di Sir Thomas More. La sua raccolta, dal nome anonimo Poems vene pubblicata per la prima volte nel 1633. La raccolta Songs and Sonnets ha generalmente come tema l’amore. Dal titolo si pensa che sia formata da sonetti ma in realtà non ne è presente neanche uno → all’epoca il termine veniva usato anche per indicare semplicemente lirica amorosa. Oltre a queste poesie dal tema mondano scrisse le Holy Sonnets (o Divine Sonnets). In vita era conosciuto soprattutto come predicatore e autore di testi devozionali, genere molto in voga nel 600. Frequentò l’università ma non si laureò, fece pratica come avvocato ma non esercitò mai la professione. Cercò un impiego a Corte e diventò segretario di Sir Thomas Egerton, un uomo molto influente. Purtroppo cadde in disgrazia perché si sposò segretamente con la nipote diciassettenne di Lady Egerton e questo segnò la fine della sua carriera. Fu imprigionato e la famiglia di Donne attraversò anni difficili fino a quando non riuscì a trovare un nuovo patrono. Nel 1615 diventò ministro della chiesa, si dette alla carriera ecclesiastica ma nel 1617 la moglie morì di parto e lo lascio solo con 7 figli. Continuò comunque la carriera di ministro della chiesa e nel 1621 fu nominato Decano di St. Paul, cattedrale molto importante al tempo. Love’s Alchemy Some that have deeper digged love's mine than I, Say, where his centric happiness doth lie: I have loved, and got, and told, But should I love, get, tell, till I were old, I should not find that hidden mystery. Oh, 'tis imposture all! And as no chemic yet th'elixir got, But glorifies his pregnant pot If by the way to him befall Some odoriferous thing, or medicinal, So, lovers dream a rich and long delight, But get a winter-seeming summer's night. Our ease, our thrift, our honour, and our day, Shall we for this vain bubble's shadow pay? Ends love in this, that my man Can be as happy as I can, if he can Endure the short scorn of a bridegroom's play? That loving wretch that swears 'Tis not the bodies marry, but the minds, Which he in her angelic finds, Would swear as justly that he hears, In that day's rude hoarse minstrelsy, the spheres. Hope not for mind in women; at their best Sweetness and wit, they are but mummy, possessed. Conta 24 versi ed è diviso in due stanzas. Ogni strofa è divisa a sua volta in due parti e il verso che divide è più corto (verso 6). Ha il ritmo giambico con inversione iniziale, dovrebbe iniziare con un piede giambico non accentrato mentre invece in questo caso inizia con un verso accentato. I primi due versi sono pentametri mentre il terzo è un verso giambico di tre piedi. In questo componimento i pentametri si alternano in versi di tre piedi. La rima è AAbBAc DDcCEE. ➢ La prima strofa è costruita su un’antitesi al livello di significato tra gruppi di soggetti diversi → Nel primo verso il soggetto è some mentre il soggetto poetico è I. His (verso due) è una personificazione. Nel terzo averso abbiamo il soggetto lirico I. Questa antitesi è segnata dall’avversativa but, mentre hidden mystery è la felicità amorosa. Al verso 6, il soggetto poetico che parla dice che tutto quanto è un’impostura, una fregatura → è la chiave della poesia ed è diverso anche nel tono, utilizza un tono colloquiale. ➢ La seconda semistrofa è costruita su una similitudine tra gli alchimisti e gli amanti, tra chemists and lovers → questa similitudine viene usata come consits (paragoni ingegnosi, metafore complesse ed elaborate) centrale della poesia. È importante l’analogia alchemica → L’analogia tra la ricerca alchemica e l’amore spirituale non è così originale anzi era un luogo comune nel Rinascimento, ma qui Donne lo rende originale perché sovverte la convenzione, in quanto usa l’analogia alchemica per affermare l’impossibilita di questo amore. ➢ La terza semistrofa si costruisce intorno a due domande retoriche ➢ La quarta semistrofa si trova una storiella raccontata, il cui protagonista è un poveraccio innamorato che giura di credere ancora nell’amore spirituale ('Tis not the bodies marry, but the minds) e vede nella donna amata qualcosa di angelico (Which he in her angelic finds). Quest’uomo giurerebbe che nel giorno del matrimonio sente risuonare le sfere angeliche al posto della musica rozza e sciatta (In that day's rude hoarse minstrelsy, the spheres). Nonostante non sia un sonetto, nel distico finale e nella chiosa abbiamo una frase lapidaria → dice di non sperare di trovare il cervello nelle donne. Questo sposo viene inserito nella poesia come exemplum della concezione che l’io poetico ha dell’amore, Analisi dei temi ➢ I strofa → amore paragonato all’alchimia ma non in senso positivo come nel cliché rinascimentale ma nel senso negativo del termine, viene inteso come sinonimo di inganno e di imbroglio. ➢ II strofa → Un matrimonio non può essere felice ed appagante a causa dell’inadeguatezza delle donne, si conclude con una forte nota misogina. Donne sembrerebbe descrivere la visione negativa delle donne, le donne possono essere graziose ed anche argute ma hanno poco cervello e una volta possedute diventano come cosa morta → questo rimanda ad un’altra poesia di Donne, Air and Angels: Just such disparity As is 'twixt air and angels' purity, 'Twixt women's love, and men's, will ever be John Donne termina asserendo che l’amore degli uomini è puro come lo sono gli angeli mentre l’amore delle donne e impuro come lo è l’aria. La purezza dell’amore maschile ricorda il Simposio di Platone (La Venere celeste, Urania, e la Venere volgare, Pandemia) e di conseguenza il Fair Youth di Shakespeare. ➢ III strofa → Nella prima domanda retorica Donne dice: dobbiamo rimetterci la saluta per qualcosa di inconsistente? ➢ IV strofa → il protagonista è il bride, lo sposo, e poi my man che sta per il servitore del poeta, una persona di rango inferiore. Poesia di John Donne La sua poesia, così come la sua vita, è una costante contraddizione → Donne mette sempre in contraddizione lessemi, concetti, strutture, sentimenti, nozioni e forme metriche nelle sue poesie e nei suoi sermoni. La sua poesia diventa dramma e mette in contrapposizione un’idea con l’altra come se i protagonisti fossero dei personaggi di un play, si assiste ad una sorta di conflitto drammatico e qualcosa di più profondo che ha a che fare con il macrotesto di Donne e con questa continua contraddizione che compare a più livelli. Nella poesia di Donne è visibile una costante tensione tra sacro e profano, tra sensuale e metafisico, ci sono poesie strane, si ha una visione della fede molto dura. La poesia di Donne è fortemente argomentativa ed è dominata dal Wit (nel senso di ingegno) e nel suo caso l’ingegno consiste proprio nella capacità di far coesistere gli opposti. In Donne si vede operante la discordia concors ovvero la figura retorica che fa combaciare due significati opposti. Nel 1780, Samuel Johnson nella sua biografia Life of Cowley, difenderà il Wit dei poeti metafisici come la combinazione di significati dissimili. John Donne viene considerato il capostipite della poesia metafisica e attraverso la discordia concors dava espressione agli impulsi opposti che si agitavano dentro sé stesso. Riusciva a non risolvere i suoi dissidi interiori ma a dar loro una forma unificata → sviluppò una forma di conceits, creò delle immagini molto concentrate che portano una sorta di contrasto drammatico come si vede in love’s alchemy (amore freddo come l’inverno e corto come una notte estiva). Le caratteristiche della poesia di Donne (e dei poeti metafisici) sono: ➢ Il paradosso ➢ Il wit ➢ I conceits ➢ Lo scetticismo ➢ Il cinismo ➢ L’uso di immagini dialettiche, compresse e ellittiche ➢ Le esplosioni colloquiali Il termine metafisico sta passando di moda e va inteso come tentativo incessante da parte dei poeti di esprimere qualcosa che va oltre le connotazioni ovvie di una questione.T.S. Eliot nel 1921 fece una constatazione: “[metaphysical poets felt] their thought as immediately as the odour of a rose. A thought to Donne was an experience; it modified his sensibility. When a poet’s mind is perfectly equipped for its work, it is constantly amalgamating disparate experience; the ordinary man’s experience is chaotic, irregular, fragmentary. The latter falls in love, or reads Spinoza, and these two experiences have nothing to do with each other, or with the noise of the typewriter or the smell of the cooking; in the mind of the poet these experiences are always forming new wholes. [...] In the seventeenth century a dissociation of sensibility set in, from which we have never recovered”. Andrew Marvell (1621-1678) Andrew Marvell si laureò a Cambridge e durante l’Interregnum lavorò come tutore per la figlia del Lord-General delle forze parlamentari. Nel 1657 fu nominato assistente del consigliere del latino del Commonwealth, John Milton, il quale era cieco e aveva bisogno di qualcuno per aiutarlo a scrivere. Nel 1659 fu eletto membro del parlamento per la sua città Hull. Le sue poche poesie furono pubblicate nel 1681, 3 anni dopo la sua morte → mentre era in vita aveva pubblicato solo alcune satire sia in prosa che in versi. La poesia per cui e noto è To His Coy Mistress. To his Coy Mistress Had we but world enough and time, This coyness, lady, were no crime. We would sit down, and think which way To walk, and pass our long love’s day. Thou by the Indian Ganges’ side Shouldst rubies find; I by the tide Of Humber would complain. I would Love you ten years before the flood, And you should, if you please, refuse Till the conversion of the Jews. My vegetable love should grow Vaster than empires and more slow; An hundred years should go to praise Thine eyes, and on thy forehead gaze; Two hundred to adore each breast, But thirty thousand to the rest; An age at least to every part, And the last age should show your heart. For, lady, you deserve this state, Nor would I love at lower rate. But at my back I always hear Time’s wingèd chariot hurrying near; And yonder all before us lie Deserts of vast eternity. Thy beauty shall no more be found; Nor, in thy marble vault, shall sound My echoing song; then worms shall try That long-preserved virginity, And your quaint honour turn to dust, And into ashes all my lust; The grave’s a fine and private place, But none, I think, do there embrace. Now therefore, while the youthful hue Sits on thy skin like morning dew, And while thy willing soul transpires At every pore with instant fires, Now let us sport us while we may, And now, like amorous birds of prey, Rather at once our time devour Than languish in his slow-chapped power. Let us roll all our strength and all Our sweetness up into one ball, And tear our pleasures with rough strife Through the iron gates of life: Thus, though we cannot make our sun Stand still, yet we will make him run. Questa poesia si apre in medias res e si nota dall’aggettivo dimostrativo this, che rimanda ad una discussione sull’atteggiamento della lady che già era avvenuta → si pone come un dialogo teatrale. Quello a cui l’io poetico mira e di risolvere un problema particolare ovvero vuole convincere la donna amata a concedersi, a lasciarsi andare alle passioni. La struttura della poesia è strettamente argomentativa, ha la struttura di un sillogismo. Aristotele indicò il sillogismo come l’argomentazione logica fondamentale costruita da tre proposizioni logiche dichiarative → da due premesse si giunge ad una conclusione e tra le due premesse distinguiamo una premessa maggiore e una premessa minore. Ogni strofa di questa poesia corrisponde ad una fase dell’argomentazione del sillogismo, la premessa maggiore è quella che si trova nella prima strofa (Had we but world enough and time, This coyness, lady, were no crime), la premessa minore è But at my back I always hear, Time’s wingèd chariot hurrying near, mentre la conclusione è Now therefore, while the youthful hue, Sits on thy skin like morning dew, And while thy willing soul transpires, At every pore with instant fires, Now let us sport us while we may. I due amanti si trovano ai due capi del mondo, uno in Inghilterra e l’altra in India. Il ritmo della prima strofa è molto lento che il poeta usa per creare un effetto di immensità spaziale e temporale (before the Flood → giudizio universale posta all’inizio del mondo. The conversion of the Jews si pone poco prima il diluvio). In questa poesia è tutto ipotetico, se il tempo fosse senza fine immagina cosa i due potrebbero fare. Vegetable love è un’allusione ad alberi leggendari che avevano una crescita molto lenta (tipo la quercia inglese). Il poeta, se avessero tutto il tempo del mondo elogerebbe la donna, per 200 anni elogerebbe il suo petto e per 300 anni tutto il resto. Però la realtà è un’altra, viene inserito il mondo reale → abbiamo sia una limitatezza temporale sia una limitatezza spaziale, segnalata da in thy marble vault. Nella seconda strofa il poeta confessa tutta la sua ansia → la bellezza della donna svanirà e la canzone amorosa del poeta non sarà più udibile nella tomba di marmo. Sono immagini forti che mirano a far riflettere la donna e a spronarla a prendere in mano l’azione. Inoltre aggiunge che se lei non si concede all’amante saranno i vermi a deflorarla (immagine di necrofilia) e sia l’onore di lei che la voglia di lui diventeranno polvere e cenere. Subito dopo c’è un’immagine scherzosa in cui dice che la tomba è un bel posto raccolto e privato ma nessuno la utilizza per abbracciarsi → retorica aspra in netto contrasto con il tono di lusinga trovata nella storia precedente. Nella terza strofa cambia ancora il tono → benché il metro sia regolarissimo abbiamo una forte accelerazione negli ultimi dodici versi, che mostra un ulteriore tentativo di convincere la dama e l’ascoltatore che qualcosa contro il tempo si può fare: se non possono fermare il sole possono farlo correre. In questa sezione finale il parlante esce allo scoperto e ci dimostra ciò che era stato latente fino a questo momento, tutta la sua passione nascosta. Ai versi 38-44 abbiamo tre immagini in cui viene descritto un climax in cui la donna non è più ritrosa, abbiamo una triplice immagine del godimento amoroso → “finche possiamo lasciamoci andare” utilizza l’immagine di uccelli predatori che piuttosto che farsi divorare dal tempo (personificazione che mastica in continuazione) devono divorarlo. In seguito dice di arrotolarsi e questo richiama l’unione dei due amanti in senso carnale ma richiama anche il mito dell’androgino di Platone. È quindi presente un climax in cui la donna si concede e i due riescono ad avere un trionfo miracoloso del tempo, perché riescono a farlo accelerare. Questa è una poesia di seduzione, è un invito al godimento dettato dalla filosofia del carpe diem e tutto ciò in forma di dibattito che segue la struttura nel sillogismo (o pseudo sillogismo): ➢ se avessimo abbastanza tempo (se vivessimo in eterno), potremmo rimandare ➢ però non abbiamo tempo (non viviamo in eterno) ➢ non possiamo rimandare (non possiamo differire il godimento sessuale). Le poesie improntate alla filosofia del carpe diem (diffuse nel Rinascimento) si concentrano sul conflitto tra bellezza e desiderio sensuale vs. forza distruttrice del tempo. In questa poesia però il focus non è tanto sull’instabilità della passione amorosa, quanto sulla sua grandezza: l’io poetico sta discutendo con la sua amata e sta cercando di persuaderla ad arrendersi alla passione. 29.11.2019 Riassumendo, la poesia To His Coy Mistress è una poesia di seduzione che invita al godimento dettato dalla filosofia del carpe diem. Tutto questo è reso in forma di dibattito, seguendo la struttura del sillogismo (o pseudo-sillogismo). Il tema del carpe diem pone il piacere sessuale come un modo per far fronte al passare inesorabile del tempo. Qui però è la grandezza della passione amorosa che ha preminenza più del passare inesorabile del tempo. → È una poesia notevole sia per l’arguzia con cui viene portato avanti il dibattito sia per il trattamento esplicito e giocoso del sesso, per il tono e il ritmo controllati – ritmo lento all’entrata e poi, quando si comincia a parlare del tempo, si ha un’accelerazione che inizia con l’avversativa. Il verso che inizia con “But” è più breve rispetto agli altri ed è rimato. È un ritmo quasi martellante che dà il senso dell’avanzare
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