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Letteratura Inglese II, Appunti di Letteratura Inglese

Appunti di letteratura inglese II, corso della professoressa Soncini dell'anno 2019/20.

Tipologia: Appunti

2020/2021
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Scarica Letteratura Inglese II e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Letteratura Inglese II 25/02/2020 È importante ricordarsi che quando si parla di testi drammatici non si ha a che fare solo con la letteratura, hanno delle dimensioni ulteriori. Noi siamo abituati a percepire il teatro più nella sua dimensione letteraria, che non in ambito pratico. Bisogna anche ricordare anche la nostra percezione del teatro come letteratura è frutto di un processo storico: non da sempre è stato canonizzato come letteratura, che vige da un certo momento storico in poi (recente). Molti dei testi scritti che affronteremo non era pensati per dei lettori o con un fine letterario. Anche quando li studiamo in chiave letteraria, bisogna sempre ricordarci che sono testi scritti in funzione di una presentazione scenica. A livello latente in un testo drammatico, c’è la previsione tra l’interazione tra il testo scritto verbale (la letteratura) e altri sistemi semiotici, di cui saranno produttori l’autore del testo, ma altri soggetti, ognuno con le loro prerogative che interverranno in varie fasi della trasmissione del testo a trasformazione in scena. Relativamente al discorso storico la trasformazione del testo teatrale da copione a uso scenico e un testo letterario destinato ad un pubblico di lettori è un processo che inizia nella prima età moderna (nascita della stampa) e che giunge a compimento non prima dell’800 inoltrato nel mondo anglofono. I drammaturghi fino ad un certo momento non danno importanza al tipo di rapporto che i loro testi potranno instaurare con un lettore. Shakespeare è oggi considerata la figura di maggiore spicco della civiltà letteraria inglese, ma lui in realtà non pensa mai di affidare la sua fama letteraria ai testi che scrive per il teatro, questo compito lo aveva la poesia. I testi che scrive per il teatro hanno un uso e dignità di copione, questo non significa che essi non siano intrisi di letterarietà. Però è lo statuto e la dignità del testo che è diverso, un copione a differenza di un testo letterario è provvisorio, è passibile di continue modifiche in base alle esigenze che si creano per la messa in scena, per una nuova compagnia, per un nuovo teatro, per un nuovo pubblico. Testi estremamente mobili che creano problemi filologici, non c’è mai una versione univoca del testo Shakespeariano. Quando lui scrive per il teatro si accosta alla scrittura anche da letterato, scrittore ma anche da attore e da impresiaro in quanto faceva parte di una compagnia teatrale perchè fornisce i testi e perchè investe i suoi soldi in un’impresa commerciale. Shakespeare, come la maggior parte dei suoi contemporanei, non si è mai preoccupato di curare l’edizione dei suoi testi o di darli in stampa, perchè anche a livello pratico la pubblicazione dei testi era anche dannosa economicamente visto che non esisteva il diritto d’autore.Tutto quello che esce di Shakespeare, esce tramite “pirateria”—> edizioni non autorizzate dei suoi testi. Quando è la compagnia a pubblicare un testo lo fa per combattere questa pirateria. Solo dopo la morte è data in stampa l’intera produzione di Shakespeare ed il primo tentativo di fissare il canone shakespeariano. Questa prassi e percezione del testo come copione vale per tutti i colleghi di Shakespeare di prima età moderna. Domanda possibile all’esame: unica eccezione è un rivale di Shakespeare ossia Ben Jonson, unico a pubblicare il suo canone drammatico in un volume di opere complete, ma lui è veramente un’anomalia. Un primo momento importante per il concepimento del testo teatrale come testo letterario, come detto prima è a inizio 800 con la tradizione di poeti romantici che talvolta scrivono testi drammatici e scrivono testi destinati esclusivamente alla lettura ed è un’anomalia questa. È un fenomeno di nicchia ed elitario con delle eccezioni come ad esempio Lord Byron. Importanti sono Robertson e Bernard Shaw, che pensa ad una doppia vita dei suoi testi: sicuramente interessato alla dimensione scenica, ma confeziona delle edizioni a stampa dei suoi testi teatrali che servono proprio a disseminare il messaggio politico e la critica sociale che voleva portare avanti dal teatro verso un pubblico ben più ampio di lettori. Un altro motivo per cui stampa è che la prima produzione di Shaw è stata bersaglio costante della censura, come ad esempio la commedia “Mrs. Warren's Profession” che parlava della prostituzione e quindi stampa privatamente per diffondere le sue opere. Dall’800 esistono coesistono il teatro come letteratura e teatro come performance, che sono due tradizioni che si sviluppano in parallelo e non sempre si intersecano → biforcazione abbastanza netta sulla percezione delle due cose. In Italia si traduce Shakespeare a partire del 700: da un lato abbiamo le traduzioni in versi destinate alla scena e che hanno una finalità prettamente commerciale, dall’altra abbiamo le traduzioni in prosa che sono pensate per un pubblico di lettori che hanno una finalità più letteraria. In inglese con il termine “Theatre” di solito ci si riferisce alla dimensione della messa in scena, quando ci si riferisce al testo letterario si usa il termine “drama” e sono percepite come due cose che spesso stanno insieme, ma che sono distinte. Questa distinzione in italiano è più sfumata e infatti per entrambi i casi si usa il termine “teatro”. Quando parliamo di drama, ci riferiamo a fenomeni di tipo testuale/letterario, quando parliamo di theatre/performance parliamo di fenomeni di tipo audio-visivo, quindi ci riferiamo a due sistemi semiotici diversi. Gli inglesi insistono nel vedere questi due fenomeni distinti. A noi interessa soprattutto il drama. La specificità del testo drammatico è direttamente connessa a questa natura duplice del fenomeno e al fatto che implicitamente il testo drammatico presuppone una qualche forma di relazione con un’altra dimensione comunicativa—> testo scritto, pensando che in qualche momento questo testo dovrà entrare in dialogo con altri sistemi semiotici. A livello storico-critico la prima corrente che ha messo in luce caratteristica è la semiotica e in ambito italiano un teorico che si è mosso in area semiotica e che ha lavorato molto sul teatro shakespeariano è Alessandro Serpieri. Molto precocemente Serpieri già nel 78 usa questa definizione suggestiva di “parola quadrata” per definire la “parola drammatica”, che è una parola che si apre a più dimensioni. Dentro la parola c’è una virtualità scenica e dunque c’è una previsione di un rapporto con una dimensione spaziale, auditiva,visiva e corporea. Il drammarurgo in inglese è chiamato non “playwriter”, ma “playwright”, che denota l’artigianato, la creazione artigianale—> in sostanza egli crea un’architettura scenica a cui concorreranno una multitudine di soggetti,ciascuno con le proprie specifiche competenti: scenografo,attori,costumisti , fonici e il regista e potenzialmente il pubblico. Siamo di fronte ad un evento polifonico: ci sono tanti linguaggi che trasmettono tanti segni nella loro reciproca interazione. Almeno in teoria questi linguaggi concorrono in modo paritetico alla produzione di senso: ci sono spettacoli in cui può essere più importante l’aspetto fonico o visivo. Abbiamo a che fare con una moltitudine di linguaggi che in simultanea collaborano a produrre sempre-> ci viene richiesto un atto di codifica abbastanza complesso. Serpieri nel 2002 in un suo saggio dice che forse le due caratteristiche fondamentali che distinguono la parola drammatica da quella letteraria sono: la referenzialità e la performità. -referenzialità: la parola sulla scena si colloca in un contesto spazio-temporale cui si riferisce continuamente per questo e quell’altro sull’aspetto—> il linguaggio del teatro è scritto continuamente in previsione di questo continuo riferirsi ad una situazione scenica referenziale. Questo ancoraggio al tempo e lo spazio della messa in scena è principalmente opera dei deissi. I deittici in linguistica sono tutti quegli elementi verbali che servono a legare l’enunciato al contesto di enunciazione. Nel caso del teatro ancorano i personaggi, coloro che partecipano al dialogo alle coordinate spazio-temporali. Gli avverbi di tempo, luogo sono tutte parti del discorso che a teatro si riempiono di senso, solo se in relazione al contesto di enunciazione-> esempio di deissi radicale iscritta nella parola drammatica di shakespeare: battuta in Amlet a Polonio che recita “Take this from this if this be otherwise” “spiccate questa da questo se questo sta in altro modo”, il “this di otherwise” è un deittico anaforico, si riferisce alla verità detta in precedenza, mentre “Take this from this” sono dei deittici puri che hanno a che fare di nuovo con le coordinate spazio- temporali, che sono molto più difficili da decifrare ne non le riferiamo al contesto materiale della messa in scena, con la quale Invita l’interlocutore, in questo caso Claudio a compiere un’azione apparentemente precisa, ma non sappiamo da dove prende questo “this”. Sicuramente è un gioco retorico da parte di Shakespaere. Senza vedere il gesto la frase non è comprensibile. -performatività:la parola tetrale/drammatica è sempre un atto linguistico, in quanto informa,insinua,afferma ecc..modificando la situazione scenica e facendo progredire l’azione. Sostanzialmente la parola teatro non si limita a enunciare un contenuto, serve a fare qualcosa, serve a far fare qualcosa—> nel gioco di interazione proprio del dialogo io dico qualcosa a te affinchè tu reagisca in un certo modo e poi l’interlocutore risponderà a me in un gioco di azione e reazione che è la base del conflitto drammatico. Nella parola sta inscritta l’azione, che è interpersonale, quindi sociale—> successione di battute in un dialogo drammatico classico non abbiamo una serie di frasi investite di significato in astratto, un significato che si esprime compiutamente all’interno della singola battuta; il significato sarà il modo in cui le battute si pongono in relazione l’una con l’altra. Dobbiamo preoccuparci della funzione che il contenuto svolge all’interno dell’azione scena, capire perchè viene utilizzato il personaggio e le sue intenzioni. Questa dimensione pragmatica è una componente essenziale per la parola drammatica e per il dialogo. Allora teniamo sempre presente che la componente verbale del teatro è pur sempre una componente che andrà a integrarsi con altri elementi di tipo paralinguistico e di extralinguistico. per affinità. Di questi cicli a noi ne sono pervenuti 4, legati a città del nord: Chester (1325); York (1350); Wakefield (o ciclo di Towneley – 1425) che all’interno ha la mystery play più importante “Secunda Pastorum” attribuita ad un autore anonimo (lo sono tutti), testo che ancora oggi si studia e si mette in scena, ed è interessante il fatto che anticipa molte caratteristiche del teatro rinascimentale. C’è uno sguardo alla storia sacra e un forte desiderio di condurre la storia al presente degli spettatori. L’argomento è la natività e per grande parte del dramma c’è una comunità di pastori dell’Inghilterra contemporanea, il protagonista è un ladro di pecore, e spinto dalla disperazione il protagonista ruba una pecora e la traveste da neonato per non farsi scoprire dagli altri. La pecora nella culla è allegoria di Gesù. La storia è inizialmente comica, l’inganno viene scoperto, ma il contesto in cui si muove è tragico, di pastori che fanno fatica a vivere, forte denuncia sociale, solo nel finale si riallaccia alle sacre scritture. Scrittura piuttosto raffinata, capacità di caratterizzazione, personaggi credibili e fusione tra comico e tragico, tra sacro e profano, che caratterizza la produzione inglese fino alla restaurazione. Morality play → ha un margine di manovra molto più alto nella trama perché oggetto della rappresentazione non è più una storia sacra ma la lotta tra bene e male per il possesso dell’anima umana (psicomachia). I protagonisti non sono più figure bibliche o i santi, ma sono l’uomo nella sua dimensione universale (al centro), e a combattere tra loro per il possesso della sua anima ci sono personificazioni allegoriche di vizi e virtù. Più approfondita caratterizzazione dei personaggi + indagine psicologica. Forma più raffinata e vicina alla cultura letteraria dell’epoca: allegorie → produzione artistica medievale. Figlio anche di un clima culturale che sta cambiando, in direzione più intellettuale, quasi alle soglie dell’umanesimo. La presenza dell’allegoria ci fa anche intuire come stia iniziando questo scambio fecondo di motivi e forme tra tradizione drammatica ancora di stampo popolare e la cultura letteraria. Pervenuti: The pride of life (1350), The castle of Perseverance (1429 – primo morality play di cui ci sia pervenuto il testo completo e il protagonista si chiama mankind come quasi in ogni play di questo tipo, che si pone al servizio di world, tutto ciò che è materiale, che lo affida al peccato ma l’angelo del bene con Confessione e Penitenza, lo convincono a tornare sulla retta via, e assicurandosi che mankind continui a restare sotto le forze del bene lo chiudono nel castello della perseveranza, si compie una battaglia tra le forze del male che cercano di assediare il castello e le forze del bene), Everyman (1499 – moralità già tarda, considerata massima espressione di questo genere. Siamo alle soglie dell’umanesimo, si cominciano ad imporre altri generi. Il concetto di base su cui è improntato è l’idea del Reckoning – ognuno deve fare un bilancio della propria vita terrena prima di andare nella vita ultraterrena. Questo accade in every man. Ognuno è colto nel momento cruciale in cui il personaggio che si chiama Morte viene a prenderlo; elemento di introspezione, realismo psicologico, molto interessante. Il drammaturgo ci dà quel senso di smarrimento, di panico che coglie ogni uomo impreparato alla morte, a tutto ciò che essa comporta. Solo dinnanzi alla morte. La prima reazione è qualcuno che lo sostenga e venga con lui. Va a cercare aiuto tra quelli che sono i suoi amici terreni, quindi falsi amici, non sono disposti a seguirlo; sono i beni materiali, parentela, ricchezza, amicizia, bellezza. Tutti amici che si rivelano infedeli, effimere. Gli unici personaggi che gli rimangono vicino sono knowledge (conoscenza) e good bits(?) ovvero le buone opere. Siccome Every Man non è stato uno stinco di santo in vita, good bits è un personaggio molto gracile, quindi esterna che sia stato un personaggio poco nutrito da Every Man nella sua vita. Lui è l’ultimo che scende con lui nella sua fossa e non lo abbandona fino all’ultimo momento. Qui siamo già in una forma di transizione, siamo alle soglie dell’umanesimo, e lo vediamo perché c’è uno sforzo notevole di caratterizzazione; siamo ancora davanti a personaggi allegorici, ma ci avviciniamo a personaggi realistici che troviamo nel dramma del 1500. Forte introspezione, caratterizzazione psicologica in every man e la sua oscillazione psicologica tra speranza, delusione, disperazione. C’è di nuovo la commissione di comico tragico. Tragico perché incontro con la morte ma si colora nei dialoghi con i personaggi di tanti elementi comici, come quando si mette in ridicolo per farsi seguire dai suoi amici, o quando cerca di corrompere Morte. E’ un testo che ha avuto una sua vitalità teatrale dopo la morte, e soprattutto in epoca contemporanea viene spesso rappresentato. Dall’inizio del 900 quando William Poel, fondatore dell’Elizabethan Stage Society, riprendeva testi vecchi secondo come si pensava fosse stato messo in scena all’epoca. 1920 e poi 2015. (slide) “Moralità laiche” → Intrattenimenti privati, destinati a un pubblico d’élite. Intermezzi → brevi azioni sceniche che servivano a riempire i momenti vuoti a corte, davanti a un pubblico scelto, nei banchetti. Anche nelle scuole di istruzione superiore, università. In Inghilterra il legame è molto importante con la tradizione precedente, con la morality play → adattamento della forma religiosa a un nuovo uso laico, profano. Permane la forma ma cambiano le tematiche che non sono più religiose, ma sono filosofiche, politiche, sociali. Siamo di fronte a una forma di dramma che partecipa in modo più diretto alla linea culturale dell’epoca, riflette la società. E’ un dramma che immette nella tradizione nuove influenze di tipo filosofico, epico, politico.. Gli autori sono tutti estremamente colti con un bagaglio di conoscenze enorme. Testi da ricordare: Magnyficence (1516) di John Skelton (abbiamo un autore! Poeta, drammaturgo di corte e precettore di Enrico VIII, in epoca Tudor, è un umanista) – in questo testo abbiamo la stessa struttura della moralità, conflitto per il controllo del personaggio umano ma il conflitto è tra misura e intemperanza, virtù etiche. Virtù etiche che rimandano più a un’età classica. Primo dramma scritto da un lettorato di professione, prima da persone colte (ma non drammaturghi di professione) e principalmente chierici. C’è un mutamento sul piano estetico: compare un interesse formale, un intento artistico, un uso sottile del linguaggio, bilanciamento delle parti, interesse stilistico. Questo procede in parallelo con un aggancio molto netto alla società dell’epoca e al contesto in cui viene prodotto e messo in scena il testo. Interesse politico concreto, testo che è stato visto come un messaggio diretto al futuro sovrano, Enrico VIII, messaggio che delinea un modello di comportamento dell’uomo anarca, ed è un messaggio che Skelton stava usando come arma di opposizione politica al suo principale rivale a corte che stava esercitando un’influenza preoccupante su Enrico VIII. Cercava di sottrarre il suo pupillo alla cattiva influenza di questo. King John (1538) di John Bale → Qui si vede molto bene quanto l’interlude sia una sorta di transizione perché ci sono sia personaggi allegorici che storicamente esistiti. Questo viene considerato il primo dramma storico inglese. In scena c’è una commissione di personaggi storicamente esistiti. E’ una piece propagandistica a favore della riforma. Si serve dell’aggancio alla storia per esaltare le virtù della riforma. Wit and Science (1530) di John Redford →Riprende il dibattito sull’educazione che è fondamentale nell’umanesimo. Per gli interludes il momento di maggior splendore è durante il regnato di Enrico VIII, ma continuerà a fiorire durante il regno di Elisabetta. Il senso dell’interlude è quello della transizione, un sistema creato che sta traghettando verso qualcosa di diverso ma che ancora non ha trovato la sua fisionomia. Questa la troverà quando ritornerà ad agganciarsi alla tradizione classica. _______________________________________________________ 28.02.2020 La produzione di drammi autonomi dalla tradizione sacra ma scritti tenendo conto della tradizione dei classici. Inizio 1500. Coabitazione con gli interludes. I luoghi in cui questo accade sono i centri della cultura: università, alcune scuole, in particolare quelle di giurisprudenza. I quattro collegi che portano alla istruzione giudiziaria, alla riscoperta della cultura clssica tipica dell’umanesimo, si iniziano a fare spettacoli teatrali, ma anche commedie e tragedie di tradizione latina. Terenzio, Plauto e Seneca. Seneca soprattutto nelle università, le commedie nelle Inns of Court (scuole di giurisprudenza). Si lavora sui testi classici anche a livello pratico per imparare la lingua, per affinare le proprie capacità oratorie, per sviluppare maggiore sensibilità alla retorica. Sono visti come palestre. Questo evolve in produzione di testi teatrali slegati dalal funzione pedagogica. In seno a questo contesto di universitari ecc nasce la prima commedia inglese. → 1533 Nicholas Udall, Ralph Roister Doister → commedia che riprende molto Plauto. Anche alcuni elementi di Terenzio. Terenzio sarà l’autore classico che influenzerà di più il primo teatro di commedie inglese. Nella struttura è una commedia classica con la divisione in cinque atti, le regole di Aristotele… l’interesse tematico è molto vicino a quello … alla luce della contemporaneità di ciò che interessava la società in quel momento. Processo che si vede ancor meglio in quella che viene considerata la prima tragedia inglese. Prima tragedia → 1561 Norton e Sackville, Gorboduck: riprende Seneca. Prendono gli elementi che gli interessano che sembrano teatralizzabili e il resto rimane in secondo piano. Non c’è un’adesione filologica al classico. Seneca è il modello che sta alla base di tutta la tragedia inglese. Viene diffuso attraverso un po’ la corte e le università e le Inns of Courts. A volte si va direttamente alla fonte, altre si usano delle mediazioni italiane e francesi. Questo già crea un primo livello di distanza. Seneca ammette nella tradizione inglese una serie di elementi che saranno poi quasi standard. Repertorio che si ritrova per tutta l’epoca elisabettiana. Gli elementi che vengono ripresi sono quelli sensazionalistici, raccapriccianti, che hanno impatto sullo spettatore. Crimini efferati, violenze pubbliche o private, che sanno che sarebbero piaciuti. A livello tematico alcuni tabù vengono infranti: il fato, lotta tra consanguinei, il sovrannaturale, il malvagio (villain) che è uno stranissimo amalgama del tiranno di Seneca riletto all’inglese + Machiavelli che viene subito letto in maniera deviante rispetto a ciò che Machiavelli era, volutamente travisato + il personaggio che incarna il male (vice) delle morality plays. Personaggio tragico e con tendenza istrionica. Machiavelli non viene divulgato attraverso l’opera originaria ma viene conosciuta dagli inglesi attraverso l’interpretazione antimachiavellica di Innocent Gentillet che aveva scritto Discourse Contre Machiavelle → idea del politico corrotto, diabolico, pronto a compiere qualsiasi azione per arrivare ai propri scopi. Politic → persona capace di ordire trame. Politic, Machiavellic and Villain sono sinonimi. Questa lettura prende piede perché è un modo molto teatrale di interpretare la vita politica. → Luoghi dove si finge di essere ciò che non si è. Il villain è un personaggio che siamo portati a odiare ma un rapporto che lui instaura con noi è di complicità. Ci tratta come confidenti. Tutto questo si coniuga a un interesse tematico per la contemporaneità inglese. Tema scottante: successione al trono. Cosa succede se un sovrano non gestisce adeguatamente la successione al trono e cosa succede se i regnanti non sanno assolvere al loro ruolo? Gorboduc: ci sono due fratelli. il re G abdica a favore dei figli e i due fratelli iniziano a lottare tra loro. F uccide l’altro, e la madre per vendicarlo uccide F. Da qui rivolta popolare in cui vengono uccisi sia G che la regina. Si sprofonda in un periodo di caos a cui pone fine l’ascesa al trono di un usurpatore. Ciò che di peggio poteva accadere per il pubblico dell’epoca. Tema attuale perché la regina Elisabetta si rifiutò costantemente di designare il proprio successore. Elisabetta non si sposò mai e quindi era urgente che designasse un successore, l’alternativa sarebbe stato il caos per la dinastia e la nazione stessa. Modello classico + interesse politico contemporaneo. Altro elemento importante → Uso per la prima volta del blank verse (decasillabo non rimato). Blank perché non rimato. Questo metro fa qui la sua prima comparsa come strumento drammatico, era stato da poco utilizzato dal conte di ??? per la sua traduzione dell’Eneide. Qui viene adattato per la tragedia e poi diventerà il metro per eccellenza di tutta la produzione drammatica tra il 5/600 inglese. Fino alle soglie della restaurazione. Il metro drammatico fino tutto il periodo rinascimentale è il blank verse. Sono soprattutto le compagnie itineranti a subire le conseguenze di queste normative. 1544: siamo sotto Enrico VIII che da carattere di ufficialità al Master of the Revels, funzionario di corte preposto alla funzionalità degli spettacoli a corte. Si occupa di tutti gli aspetti dell’organizzazione, anche della preparazione dei testi. Sotto Elisabetta il Master of the Revels ha poteri ancora più importanti perché il suo ruolo principale è di esercitare una censura sui testi soprattutto su quelli destinati alla rappresentazione nel teatro commerciale. E’ lui che deve approvare i testi prima che vadano in scena e chiedere delle modifiche, nel caso. 1572: Elizabeth I rende punibile il vagabondaggio; necessità per le compagnie di porsi sotto la protezione di un nobile e di darsi una sede stabile. Un altro provvedimento importante emanato da Elizabeth I è una legge contro il vagabondaggio e che rende assimilabili le compagnie itineranti ai vagabondi. Conseguenza immediata è che gli attori devono porsi sotto protezione di un nobile e darsi delle sedi stabili. Questa situazione fa emergere compagnie di attori professionisti che hanno il sostegno di nobili patroni, servitori di un nobile, ma non sono sostenuti finanziariamente da questi patroni. Sono imprese a carattere commerciale. Di solito sono o compagnie di azionisti (come quella di Shakespeare), o c’è un impresario che ingaggia scrittori e attori con l’intento di trarne profitto. 1576: James Burbage costruisce a Shoreditch il Theatre; inizialmente ospita la compagnia dei Lord Leicester’s Men che ha ottenuto la licenza dalla regina nel 1574. Successivamente dalla compagnia di Shakespeare. Di lì a poco è la volta della costruzione, data la richiesta, del Curtain e del Fortune. Prima che venissero costruiti questi edifici adibiti allo scopo del teatro, il teatro a Londra si svolgeva in spazi di fortuna che nascevano con altre finalità. Per esempio le locande, le arene per il combattimento degli animali (galli, orsi). I teatri vengono costruiti nella zona nord-est della città, mentre a fine secolo si spostano verso la zona sud del Tamigi, sull’altra sponda, nel luogo dove è stato costruito il Globe. Questo accade per ragioni di ordine pubblico e igiene. Si cerca di allontanare i teatri dal cuore pulsante delle attività lavorative. Le prime playhouses a ??? ci sono già negli anni 80 del 500, però soprattutto verso la fine del secolo tra cui il globe nel 1599 ed è già proprietà della compagnia di Shakespeare. Il globe costruito nel 1599 fu distrutto da un incendio nel 1613, e nel 1614 fu ricostruito però leggermente spostato rispetto al primo. Anche questo andò distrutto e quello visitabile oggi fu costruito nel 97. Quindi è il terzo globe. [descrizione immagini slide] Per quanto riguarda la forma dell’edificio, riprende quella delle arene, sia da combattimento che quelle del teatro medievale... c’è questo spazio aperto chiamato yard. Molte caratteristiche delle aree destinate alla recitazione, ricordano i carri su cui venivano rappresentati cicli. Perimetro circolare/ovale dello Swan(?) e una struttura esagonale del Globe. Tetto di paglia che ricopre solo una piccola parte del teatro. La zona centrale rimane a cielo aperto. A cielo aperto questa grande platea centrale chiamata yard dove potevano porsi fino a 3000 spettatori che assistevano allo spettacolo in piedi. Altrimenti panche che circondano tutto il periodo. I più ricchi potevano prender posto anche sul palco. Il pubblico che frequenta i teatri all’aperto è eterogeneo e molto presente. Pubblico molto partecipe che veniva anche apostrofato dagli attori. Pubblico che non veniva ignorato nella playhouse elisabettiana. Il pubblico sta sui tre lati del palcoscenico. Palcoscenico che si proietta dentro la platea. C’è una parte retta da colonne che ricorda molto i carri. Quello che c’è in più è che questa piattaforma qui, apron stage, si estende oltre le colonne e il pubblico circonda quasi per intero la zona degli attori. C’è una tettoia retta da colonne che nasconde almeno in parte dagli spettatori questa area superiore che conteneva alcuni rudimentali elementi scenotecnici. Era anche l’area dove venivano creati effetti speciali come tipo il suono di un tuono. In alcuni casi, come nel Globe, la parte della tettoia era dipinta di blu come il cielo e aveva delle stelle e veniva chiamato “Heaven”. Sul palcoscenico c’è una botola che serve per le apparizioni infernali e viene chiamato “Hell”. Upper stage, balconata, che spesso veniva usato appena serviva. Dietro alla lunga parete, scena senza fondali dipinti ma semplice parete, è uno spogliatoio dove gli attori entrano ed escono, si cambiano ecc. Con due aperture sulla scena chiuse da tendaggi se non da porte. Questo poteva servire anche per creare una ulteriore area dell’azione, ovvero uno spazio interno, quello che sembrava essere chiamato inner stage. Tutte quelle scene che hanno bisogno di un interno, una azione che si svolge internamente rispetto a quanto è visibile agli altri usava questo spazio → inner stage a volte chiamato discovery space. Ci sono alcune scene che iniziano nell’inner stage e poi si muovono in avanti portando con sé il loro spazio interno. Oggetti di scena scarsissimi. I costumi erano di forgia contemporanea, vestiti abbastanza ricchi e sontuosi donati da nobili. Non era totalmente raro vedere abiti fuori dall’ordinario elisabettiano. Costumi di fantasia, storici, per i drammi romani. Erano costumi che funzionavano a un livello evocativo e simbolico. Consuetudine tipica era far inscenare ruoli femminili a giovani ragazzi con voce bianca. Ci sono delle eccezioni; in Inghilterra veniva frequentata da compagnie del teatro dell’arte e teatro di corte. Prendono parte all’intrattenimento come performer le nobildonne e poi dopo anche la regina (sia la regina di Giacomo che Carlo I). Struttura teatrale funzionale alle condizioni sceniche che si erano già imposte tradizionalmente. Il teatro all’aperto è uno spazio estremamente duttile che fa sì che gli attori si possano muovere in tutte le direzioni. Va visto in relazione con le attività istrioniche medievali. Stretto contatto tra pubblico e attori che impedisce qualsiasi ricerca di realismo. Al pubblico si richiede partecipazione. Non solo perché gli attori spesso si rivolgono a loro, ma soprattutto perché è la collaborazione del pubblico che deve attivare l’immaginazione per far sì che le scene che si stanno realizzando in quel momento vadano a compimento nel modo giusto. E’ un patto molto saldo con il pubblico, ma anche un patto che i drammaturghi si dimostrano interessati a rinsaldare. Il caso più noto di un drammaturgo che apre il suo spettacolo con un invito al pubblico a collaborare è Henry V. Il dramma inizia con un prologo pronunciato da un personaggio chiamato Chorus e poi ci sono interventi del coro/chorus all’inizio di ognuno dei cinque atti e alla fine del quinto. E’ grazie al coro/chorus che gli spettatori vengono traghettati in luoghi diretti ed è lui che colma alcuni salti temporali della narrazione. Ha una funzione di commento. Nel prologo ha come principale funzione quella di ricordare le regole del gioco. ________________________________ 04.03.2020 Prologo di Henry V. Inizia con una invocazione alle muse. Il primo periodo è completamente ipotetico. [commento + traduzione] Se io potessi avere l’aiuto di una Muse of Fire, se avessi a disposizione questo tipo di mezzi, potrei offrire non solo un palcoscenico che rappresenta in modo perfetto un regno ma potrei pensare di riprodurre il regno stesso. Non un attore che interpreta un principe, ma un principe vero. E come spettatore di questa scena, monarchi. Se così fosse, allora avremmo davanti a noi Enrico stesso. Nel ruolo di sé stesso. Assumerebbe il portamento di Marte (dio della guerra), ai suoi piedi carestia, spada e fuoco vedremmo al guinzaglio come segugi pronti ad essere aizzati e riusciremmo a rappresentarvelo. Invece quello che dovete fare è – noi abbiamo una piattaforma misera e se lo portiamo su questo palco non potremmo che fargli un torto, non rappresentandolo adeguatamente. [poi domande retoriche… ci sta dicendo tutto ciò che non si può fare] È possibile che questa platea contenga i vasti campi della Francia (della Guerra)? [dove Enrico sconfigge i francesi] Tantomeno possiamo assiepare all’interno di questa O di legno gli elmi che oscurarono il cielo a Agincourt. [non possiamo mostrare la grande quantità di soldati] [dopo averci detto tutto ciò che sarebbe bello fare, il coro inizia a ricordare agli spettatori tutto ciò che è necessario fare affinché lo spettacolo si realizzi] Voi permettete a noi attori di operare sulla vostra immaginazione. [così come un numero scarabocchiato può rappresentare una cifra enorme, così se saprete attivare l’immaginazione pur essendo in pochi rappresenteremo la quantità che non possiamo realisticamente riprodurre.] Tutto ciò che non riusciamo a fare perché ci mancano i mezzi, dovete compensare con la vostra mente. Ogni uomo varrà per mille. Createvi un imponente esercito. Non porteremo in scena un cavallo, lo nomineremo e basta, ma voi ve lo dovete immaginare in scena. Perché ora è compito delle vostre menti fare il necessario perché questa storia possa venire rappresentata. Dovrete vestire i re di vestiti nobili, e trasportarli da un posto a un altro. [illustra il suo ruolo di supporto] vi condurrò io in questo percorso, vi darò indicazione, permettete che io vi aiuti in qualità di coro. [captatio benevolentiae finale] • Le sale al chiuso o teatri privati → al chiuso, più piccoli, hanno un pubblico più omogeneo dal punto di vista sociale perché più costosi. La struttura: i teatri al coperto assomigliano alle strutture a cui noi siamo abituati. Sono molto simili a quello dello spazio scenico del teatro della restaurazione. Sale rettangolari. La capienza massima si pensa fosse attorno alle 600 persone mentre per il teatro pubblico 3000 spettatori nella sola platea. Panche disposte su tre livelli. Livello di illusione scenica maggiore perché c’erano più oggetti di scena e si usavano fondali dipinti. 7/8 teatri privati a Londra nel periodo elisabettiano. Il teatro di Blackfriars era alle origini un monastero domenicano che la Corona vende a un privato che affida a un impresario teatrale. A Blackfirars sappiamo che recita per un periodo abbastanza lungo una compagnia di ragazzini – i ragazzi del coro della cappella reale che venivano impiegati per impersonare le donne grazie alle loro voci bianche. → sono molto in voga, in Amleto c’è un riferimento alla concorrenza serrata che i ragazzi del coro facevano alle compagnie di attori girovaghi. Dice di essersene dovuti andare dalla città a causa della concorrenza serrata e sleale che gli fanno i “giovinastri”. Blackfriars viene rinnovato da James Burbage (costruttore che pianificò the theatre, che amplia la sala); a un certo punto nel 1608 Blackfriars diventa proprietà dei King’s Men (Shakespeare) insieme al figlio di Burbage. La compagnia di Shakespeare opera sia al Globe che al Blackfriars. In genere con un’alternanza estate/inverno, in estate il Globe aperto, e d’inverno al Blackfriars che era chiuso. • Teatro di corte → utilizza una sala della residenza regale, sala che si chiama “Banqueting House”, anche questa non nasce come teatro, ma era una sorta di spazio multiuso che serviva a cerimonie di stato, e poi all’occasione si trasformava in spazio teatrale. Soprattutto durante le festività natalizie. Poi da un certo punto in poi, sotto Giacomo I, diventa esclusivamente spazio teatrale, dove venivano inscenati gli spettacoli chiamati Masque. Nel 1607 Giacomo I la fa ricostruire. Poi nel 1619 fu appiccato un incendio e Giacomo affida la ricostruzione al più grande architetto del tempo, Jones. Jones è un architetto ma anche scenografo di corto. È la persona che sin dagli inizi del 600 ha lavorato in questo spazio realizzando le elaboratissime scenografie degli spettacoli di corte, ma principalmente il suo ruolo è di sovrintendente di tutto, anche di macchinari, costumi… Ci avviciniamo già al teatro all’italiana. La sala è rettangolare, ci sono balconate e gallerie tutto intorno all’area della recitazione; oltre al palcoscenico c’è spazio per le quinte mobili e per i fondali. Il palcoscenico è meno proteso verso il pubblico rispetto al teatro pubblico. Al centro c’è un’area destinata alle danze, e poi c’è il Trono, dove il sovrano era lo spettatore privilegiato. In epoca giacomiana viene steso un lungo tappeto verde che collega il palco al trono, che sottolinea questa ideale linea di continuità tra spettacolo in senso stretto e lo spettatore più eminente che è egli stesso oggetto degli sguardi, dell’attenzione del pubblico. Come se ci fossero due spettacoli. È in questo tipo di spazio che per la prima volta in Inghilterra comincia ad affermarsi la scena prospettica. Un allestimento che sceglie come punto dove convergono tutti gli assi della scena prospettica, gli occhi del Sovrano, il quale diventa fulcro dell’attenzione per gli spettatori. Si bilanciano lo spettacolo scenico e lo spettacolo del potere. attribuito il nome di drammi dialettici: Hamlet (1600-1), Troilus and Cressida, Measure for Measure, All’s Well That Ends Well. “Drammi dialettici” anche chiamati “problem plays”. Sono tutti composti in un arco cronologico abbastanza breve. Il problem play è frutto della metamorfosi dei generi operata da shakespeare, che aveva creato un nuovo genere drammatico in cui lo scopo della trama sembra essere quello di portare a una soluzione il conflitto drammatico, e in alcuni casi succede (All’s Well….) mentre Hamlet finisce male. Il problema è che questi finali non riescono mai nemmeno lontanamente a portare a una conclusione soddisfacente i dilemmi morali che sono stati sollevati. Sono tutte conclusioni di maniera, giusto perché va conclusa, ma ci lasciano insoddisfatti. Lo scopo sembra non essere più la dissoluzione del conflitto ma l’esasperazione di esso. All’s Well è una commedia che ha sollevato una serie di questioni morali e il finale non le soddisfa. L’attenzione del drammaturgo concentrata sulla complessità, l’ambivalenza morale, che tutto possa comparire contemporaneamente sia bianco che nero, che non si possa mai arrivare a un punto, un assoluto. Lo stesso lavoro lo fa Shakespeare sulla commedia. L’esito di questo lavoro si può vedere nella tragicommedia che caratterizza l’ultima fase di Shakespeare che unisce due trame, due visioni del mondo che sembrerebbero incompatibili. • 1608-1613: romance (o late plays): un ottimo esempio di commedia che si sta avvicinando al tragico è Twelfth Night che anche se commedia giocosa, inaugura una nuova poetica in cui abbiamo il finale comico, ma nella storia c’è un potenziale tragico che non risolviamo con un tale finale. Composta nello stesso anno di Hamlet ed ha punti in comune con esso. Grande instabilità anche a livello di ruoli, di identità, questa opera è l’ultima tra una serie di commedie basate sul travestimento dell’eroina. Eroina che si traveste da uomo. Attore uomo che interpreta un personaggio femminile travestito da uomo. Una volta travestita da uomo fa fatica a tornare donna, e nel finale lei è ancora a metà strada, e non sappiamo se tornerà alla sua identità originaria. _______________________________________ 10.03.2020 • Quarta e ultima fase 1608/1613: romance (o late plays o tragicommedia) è il genere preminente. Il 1608 è una data legata a un evento storico, ennesima chiusura dei teatri a Londra per un’epidemia di peste. Chiusura più breve di quella del 92/94 ma fa sì che la compagnia di Shakespeare, i King’s Men finiscono sempre più spesso ad allestire i loro spettacoli non al Globe, teatro pubblico, ma al teatro privato di cui sono da poco diventati proprietari, ovvero al Blackfriars. Questo ha un effetto sulla qualità dei testi, pensati sull’essere performati in un teatro al chiuso. Pericles, Cymbeline, The Winter’s Tale e The Tempest sono i romance di Shakespeare. “Romance” si riferisce alle fonti prevalenti a cui Shakespeare attinge: i cicli cavallereschi, o comunque il folklore, storie di avventure e viaggi in paesi esotici. A livello di trama il dispositivo dominante è quello della quest. Quest nel senso di ricerca, termine mutuato dalla letteratura cavalleresca: non si cerca il sacro Graal ma si cercano persone care o sé stessi. L’idea della quest negli ultimi anni di Shakespeare viene associata all’idea della ricerca della propria identità e del percorso difficile tramite il quale forse è possibile ritrovarla. La struttura della trama è quella di un viaggio reale o metaforico, con una serie di difficoltà sulla via. Sono drammi che hanno un finale positivo in genere, ma che conta su un intervento da parte del drammaturgo, con eventi miracolosi, apparizioni, una statua che riprende vita in the winter’s tale. Lo Shakespeare dei late plays sembra voglioso di dare la possibilità del riscatto, della redenzione, ai suoi personaggi. Alcuni hanno letto The Winter’s Tale come un tentativo di riscattare Othello. Di dargli una seconda possibilità. I drammi di Shakespeare hanno una forte componente spettacolare. Forse perché sta lavorando al Blackfriars, o perché in alcuni casi questi testi vengono presentati a corte e ha accesso a un apparato scenotecnico al quale non è abituato di consueto e sperimenta. Ha anche una forte componente autoriflessiva/metateatrale → Siamo alla fine della sua carriera e lui riflette sul teatro. Si vede anche a livello di genere. Il romance è un genere che contiene echi di tutti gli altri generi toccati precedentemente da Shakespeare. Sembra un grande contenitore, una forma capace di mettere insieme linguaggi eterogenei. Da lì la definizione tragicommedia. IL GENERE COME CATEGORIA ERMENEUTICA Un aspetto teorico relativo alla produzione di Shakespeare → il genere come categoria ermeneutica. Shakespeare fuggiva un po’ dai generi, appunto come abbiamo visto prima dall’unione di diversi nel solo termine “romance”. Ma perché allora abbiamo questo approccio col termine di “genere ermeneutico”? Questo approccio da un lato trae la propria legittimazione da uno sforzo di caratterizzazione che risale alla prima edizione delle opere complete di Shakespeare. First Folio → raccolta curata da due amici e colleghi di Shakespeare, due attori della compagnia the king’s men: John Heminge and Henry Condell. Non erano letterati, dopo la sua morte raccolgono delle sue opere e le pubblicano postume nel 1623. Edizione molto importante non solo perché la prima, ma perché molte delle opere di Shakespeare ci sono pervenute grazie a questa edizione. Shakespeare scrive 37 opere. I manoscritti delle sue opere sono andati tutti perduti. Dei 36 drammi nel First Folio la metà erano stati pubblicati da lui in vita, ma ce ne sono 18 di cui oggi noi non avremmo traccia se non fosse stato per gli amici Heminge e Condell. Fanno un lavoro di collazione partendo dai “good quarters”: l’edizione in quarto abbastanza autorevole e autorizzate, non quelle pirata e corrotte. Fanno anche uso di materiali che a noi non sono mai arrivati: copioni (prompt books), alcune belle copie autografe e bozze. Dividono le opere in tre macrogeneri: Comedies, Histories & Tragedies. Si vede dal frontespizio. Questa decisione editoriale è alla base della percezione tuttora vigente del canone shakespeariano. Mancano però i romances e i problem plays. Cioè, ci sono ma sono inclusi alcuni nelle commedie e alcuni nelle tragedie secondo criteri che ci possono sembrare abbastanza arbitrari. Nelle comedies appare The Tempest e The Winter’s Tale. Un altro romance Cymbeline fa parte delle tragedie. Pericles non compare affatto forse perché è un testo scritto a più mani. Se in prospettiva di ermeneutica letteraria la designazione del genere dovrebbe aiutarci a capire qualcosa in più dei testi che studiamo, queste categorie sembrano invece creare confusione. Noi oggi abbiamo una percezione diversa dei testi, quindi questa critica della tripartizione effettuata dai due amici di Shakespeare potrebbe essere anacronistico; magari rispetto al loro momento andava bene. Noi veniamo da un lungo processo di lettura e rilettura dei testi. La stessa labilità dei confini delle categorie in realtà si riscontra già all’interno del First Folio. Già lì c’è qualcosa che non torna. Qualche pasticcio a livello di utilizzo della categoria del genere c’è anche lì. Ci sono delle incongruenze tra la designazione di genere che troviamo nell’indice, ad esempio, e i titoli che i drammi anni all’interno della raccolta quando materialmente lo troviamo. Per esempio: The Life and Death of Richard III (nell’indice) compare come The Tragedy of Richard III. The Tragedy of King Lear compare come The History of King Lear. E’ possibile che queste incongruenze nella prassi editoriale riflettessero in modo preciso l’idea che il pubblico dell’epoca aveva di questi testi e la relativa labilità delle categorie all’epoca, soprattutto per le history play, genere ancora nuovo, emergente negli anni 90 del 1500. Le caratteristiche del genere si devono ancora fissare e dunque non ci deve sorprendere il fatto che Richard III sia stato designato una volta tragedy e una volta history. È History per le fonti a cui attinge, per la storia che racconta, perché si tratta di storia inglese, di storia recente… ma è anche vero che il protagonista re Riccardo è anche perfettamente leggibile come protagonista tragico. E’ uno dei casi emblematici del cosiddetto “villain” machiavellico. Con anche tratti del tiranno senecano, del vice delle morality play. Rimane la domanda: noi oggi cosa ce ne facciamo della categoria del genere? Ha ancora una qualche utilità? Il genere è una categoria che non intendiamo come categoria ontologica, come qualcosa che ci parla di una essenza di caratteristiche intrinseche, immutabili di un testo. È interessante quando lo vediamo legata a convenzioni storicamente determinate. Queste indicazioni di genere che noi troviamo, ci parlano meno di caratteristiche intrinseche all’opera stessa ma di un orizzonte d’attesa che serve a orientare l’atto di lettura, di ricezione. La teoria della ricezione classica ha indagato a lungo il concetto di genere, ha cercato di capire quale potesse essere la sua produttività critica e Jaus e Iser (nomi di questi che hanno fatto la teoria ma non so se si scrivono cosi) hanno parlato di genere come un modello di lettura. Quindi, l’invito loro è quello di adottare rispetto alla categoria del genere non un punto di vista normativo o classificatorio, ma in una chiave storica, storicizzante. Cercare di capire che questa categoria rimanda a qualcosa che in un dato momento della storia della cultura viene percepito come una struttura comune a più opere, che si manifestano a loro volta in una serie storia, e il genere ci dice qualcosa a proposito di un orizzonte, un bagaglio, di informazioni, di attese, di aspettative, che si è venuto formando sulla base di una tradizione. Orizzonte di attesa: un insieme di regole preesistenti che orientano la comprensione del lettore o del pubblico e gli permettono una ricezione ottimale. La critica generica ci aiuta a mettere in luce quelle relazioni. Le relazioni che in un certo momento storico le opere intrattengono tra loro, relazioni che operano a livello diacronico di simultaneità, e anche le relazioni a livello di sistema letterario. Il genere va quindi inteso come una categoria dinamica. L’orizzonte di attesa è qualcosa di continuamente modificabile e così i generi stessi. Questa cosa non vale quando parliamo degli spettatori. I titoli degli spettacoli non sappiamo se venissero pubblicizzati, né come. Quindi la possibilità di confusione e mescolanza è ancora maggiore dal punto di vista dello spettatore. Non che non ci fossero indicatori in assoluto, ce n’erano ma erano contraddittori o ambivalenti. Erano due le condizioni che, nell’epoca elisabettiana, potevano aiutare uno spettatore a capire il genere dello spettacolo a cui assisteva: una prima convenzione riguarda la condizione sociale dei personaggi. Tradizionalmente i personaggi delle tragedie sono personaggi di estrazione nobiliare, o membri di un casato reale, e comunque tendono ad essere di rango sociale più alto rispetto a quelli della commedia. E’ però vero che, quantomeno nel caso di Shakespeare, ci sono molte eccezioni a questa regola. Una di queste è Othello. Othello che è indubbiamente una tragedia. I protagonisti di Othello sono prevalentemente di estrazione medio/medio-bassa e l’eroe o antieroe Othello è uno straniero di pelle scura dalle origini oscure, che ha fatto carriera ed è diventato generale mettendosi al servizio della repubblica veneziana da soldato. Il secondo è il discorso del linguaggio. L’altra regola che si usa nel corso della storia del teatro per distinguere commedia dalla tragedia è il registro linguistico, lo stile. Tendenzialmente i personaggi della tragedia si esprimono in un linguaggio di registro più alto, stilisticamente prediligono il verso, laddove la conversazione della commedia è più di registro basso, e il mezzo è la prosa. Questa è una convenzione non ignota agli spettatori del teatro elisabettiano ma non Come si muove nei primi mesi di regno, appena tornato in Inghilterra: sbarca il 27.05.1660, il 23.04.1661 viene incoronato. Nei mesi che procedono la incoronazione fa sì che Londra si trasformi in un grande teatro della monarchia. Vengono prodotti in massa suoi ritratti, ritratti che ritraggono il re, di solito contornati dai simboli della monarchia (sole, querce, nettuno) da poter esporre nelle vetrine e in casa. Numerosissime esecuzioni pubbliche dei capi del regime puritano, ma soprattutto di chi aveva contribuito al regicidio. La salma del leader puritano Oliver Cromwell, morto già da anni, viene riesumata e brandelli del suo corpo vengono esposti in diversi luoghi della città. Lo spettacolo della fine dell’interregno puritano e del nuovo potere della monarchia. Il culmine si ha con lo spettacolo dell’incoronazione. Lo scopo evidente era di costruire, fomentare un clima di spontanea celebrazione da parte della popolazione intera per il ritorno della monarchia. Intorno a Westminster fa creare un palco teatrale grandissimo. Da subito cerca di usare il teatro pubblico come il padre aveva usato il Masque. Ma Carlo II coinvolge la popolazione. Principali novità che lo distinguono dal teatro elisabettiano: E’ il re a determinare con un’ordinanza del 19.07.1660 che l’attività teatrale possa riprendere e controllata solo da due personaggi che sono Killigrew e Davenant, che frequentavano la sua corte, sono suoi amici. Killigrew viene autorizzato a fare una sua compagnia chiamata King’s company e Davenant crea the duke’s company. Uno dei primi atti compiuti dalla monarchia restaurata è questo. Già nel 1663 la situazione è perfettamente formalizzata. Nel 63 vengono concesse le licenze definitive e ribadiscono che Killigrew e Davenant avranno l’esclusiva sugli unici due teatri ufficiali di Londra. Le licenze prevedevano la trasmissione diretta di questi privilegi a eredi o cessionari. Durante l’interregno puritano i teatri vengono demoliti. All’inizio quindi si usano spazi di fortuna convertiti in spazi teatrali. Questi sono campi da tennis a Covent Garden. Sono spazi chiusi, sala rettangolare relativamente piccola (capienza 400 persone). Il teatro di K, il suo spazio sembra simile a quello elisabettiano. Spettatori a ferro di cavallo, platea con le panche, palco con lati corti… Il teatro di D, con struttura più vicina a quello del teatro all’italiana a corte. Lui aveva lavorato a corte. Aveva una memoria diretta di tale esperienza. Da lì a poco si iniziano a creare spazi teatrali veri. 1661 Lincoln’s Inn Fields (D) 1663 Theatre Royal, Drury Lane (K). Incendio, viene ricostruito nel 1674. 1671 Betterton, primo attore della compagnia, dopo la morte di D prende il controllo. Si costruisce il Dorset Garden’s Theatre. Questi teatri hanno il doppio della capacità per gli spettatori, ma rimane comunque un senso di intimità tra attori e spettatori. La distanza tra il ciglio del palcoscenico e il retro dei palchi centrali rimane invariata rispetto alle primissime sale. Non è certo ma pare non fosse tramontata la cosa di far sedere gli spettatori più importanti sul palcoscenico. Il pubblico in sala è molto presente. Chi sta in platea, sia durante gli atti che nelle pause poteva spostarsi. Brulicare di attività parallele. Dal punto di vista della struttura la caratteristica più saliente è questo proscenio molto alto e profondo. E’ stato introdotto su ispirazione francese o italiana, per creare uno spazio tra finzione e realtà. E’ come una linea di demarcazione. C’è un’ampia zona di confine mista, condivisa che appartiene a spettatore e attori, che si proietta. (?) Gli spettatori sono frontali, ma anche laterali, su tre lati, come il teatro elisabettiano. (side boxes) Lo spazio scenico in senso stretto rimane lontano dallo sguardo del pubblico e viene raramente usato. Serviva a livello di comunicazione visiva ma l’azione deli attori non si svolgeva sempre lì. Anzi, quasi mai. Loro accedevano direttamente in proscenio. Immediata vicinanza con gli spettatori. Accade spesso che le prime parole dei personaggi quando entrano in scena non fossero per gli altri personaggi ma al pubblico. A volte questa convenzione fa da incipit alla commedia (ex. The country wife). Ingaggiano una conversazione intima con lo spettatore per stimolare la creazione di una forma di drammaturgia in cui la parola è particolarmente importante, più di quella visiva. Non è sbagliato dire che questo tipo di assetto spaziale ha spinto i drammaturghi a scrivere testi che si basano principalmente sulla conversazione. Favorisce l’utilizzo anche di diverse forme di comunicazione diretta dell’attore con il pubblico. Importanza di prologhi ed epiloghi. Sopra ad ogni porta d’ingresso c’è una balconata, sono teatri che danno un secondo livello di rappresentazione in verticale che sta nelle immediate vicinanze dell’avanscena, del proscenio del pubblico. Viene usata spesso come spazio del dialogo tra gli innamorati, o come posto di osservazione, da cui si può guardare/ascoltare senza essere visti, o posto per far scendere oggetti compromettenti. Nell’epoca della restaurazione è stato individuato il punto di origine della scenotecnica moderna. In netta discontinuità con la scena nuda che aveva caratterizzato la scena popolare dalle origini all’epoca elisabettiana. Bisogna tenere presente che l’idea della scenografia come ricreazione realistica di un ambiente, si affermerà solo dopo fine 700/inizio 800. Per adesso alludono solo a un’ambientazione, non la riproducono nei suoi particolari. Introduzione di scenari dipinti per alludere a una certa ambientazione. I cambi di scena avvenivano ancora a vista, non c’era un sipario che calava. Numerosi riferimenti verbali che si trovano nelle battute delle commedie che rimandano a luoghi londinesi perfettamente conosciuti dagli spettatori: cafè, parchi, bordelli… per suscitare nel pubblico un senso di familiarità con la scena rappresentata. Gli scenari dipinti sono montate sulle “wings”, quinte, disposte sui due lti del palco e tra loro sfalsate. Lo spazio scenico è chiuso sul fondo da un telone dipinto che veniva calato dall’alto e che a partire dagli ultimi dieci anni del secolo verrà sostituito da un siparietto dipinto. Uso della prospettiva. Quinte sfalsate danno un senso di profondità. L’effetto di profondità e prospettico era accentuato dal fatto che il palcoscenico fosse molto inclinato verso il pubblico (raked stage) da qui upstage e downstage (fondoscena e avanscena). Blando tentativo di realismo. La tragedia e l’opera cercano di inserire più effetti spettacolari rispetto alla commedia. Stesso spazio gestito diverso. L’opera è un genere nuovo che nasce ora. Illuminotecnica → palco illuminato dalla luce del giorno che entra dalle finestre. Come nell’epoca elisabettiana gli spettacoli vengono fatti dopo pranzo. Poi c’è un supplemento di luci dati dai grossi lampadari a candelabro che potenziavano l’illuminazione della sala, ma essendo collocati a metà sala illuminavano sia attori che spettatori. Con la stessa luce. E’ simbolico, come se i ruoli fossero intercambiabili. Forte elemento di continuità con l’epoca elisabettiana per quanto riguarda i costumi, dove nelle opere, soprattutto nelle commedie, si indossavano abiti contemporanei. Qui è ancora più accentuato l’elemento di rispecchiamento degli spettatori perché vedono sugli attori abiti che loro potrebbero indossare, o altrimenti potrebbero riconoscerli proprio precisamente. Almeno per due volte il più famoso attore dell’epoca, Thomas Betterton, aveva indossato l’abito regale che Carlo II aveva indossato per l’incoronazione. Gli era stato prestato per rendere più realistica l’interpretazione, o anche di dargli una grande carica simbolica. Sottolinea la reciprocità tra il mondo degli spettatori e della scena. Anche la musica è molto presente e importante. E’ difficile avere presente l’importanza e la frequenza con cui appaiono musiche e danze in spettacoli di prosa. Secondo i canoni odierni se andassimo a vedere una commedia della restaurazione come veniva rappresentata all’epoca, ci somiglierebbe più a un’operetta che al nostro teatro di prosa. Ogni rappresentazione è accompagnata da un’orchestra, sempre pienamente visibile li spettatori, e gli attori si esibivano in danze e parti cantate. La composizione del pubblico: Una delle maggiori differenze con l’epoca precedente. Nell’epoca della restaurazione il pubblico non era completamente aristocratico. Sicuramente si tratta sempre di un pubblico di élite. Ceto sociale mediamente elevato. E’ un pubblico più ristretto anche a livello quantitativo. Nell’epoca della restaurazione ci sono solo due teatri attivi con capienza ridotta rispetto a quella dei teatri elisabettiani: 3000 spettatori nelle playhouses elisabettiane, 800 nella restaurazione. La popolazione londinese nel frattempo è raddoppiata, però. Vuol dire che la domanda di teatro si è fortemente contratta. Il biglietto d’ingresso ha un costo abbstanza elevato, che esclude i ceti inferiori, con eccezioni per la servitù che segue i nobili a teatro. E’ comunque un teatro dove la componente aristocratica è più visibile, importante, ai fini della determinazione della legge in fatto di gusto, chi determina il successo di uno spettacolo. Carlo II e la sua variegata corte erano importanti, corte atipica per la sua apertura. Per essere ammessi a corte bastava indossare un abito da gentiluomo. La presenza dei potenti a teatro è importante e fa parte dello spettacolo. Quando si sa che assisterà il re la sala è sempre gremita. Scena bifocale nel teatro precedente – adesso è meno marcato. Vicinanza tra pubblico e attività teatrale → gli scrittori stessi fanno parte della cerchia del re e detta legge in fatto di gusto e costituisce a livello di produzione e fruizione di spettacoli l’elemento più rilevante. Molti esponenti delle classi professionali, avvocati, parlamentari, mercanti, paggi, valletti, dame di compagnia vengono portati dai loro padroni a teatro. Il teatro della restaurazione è un fenomeno londinese principalmente. Tra il pubblico l’elemento preminente appartiene al Town, messa in contrapposizione alla City. Sociologicamente e politicamente, la Londra del secondo 600 è caratterizzata da questa forte bipartizione tra town e city. La “town” è tutto ciò che circonda la corte, la monarchia, i luoghi di divertimento e di piacere. Mentre a est c’è la city, i quartieri borghesi, ricchi di professioni, il regno della borghesia mercantile che va affermandosi, indifferente al teatro. Quello tra town e city è un golfo spirituale, oltre che culturale e politico. Difficilmente gli esponenti delle city frequentano i teatri. E gli attori non li calcolano. Se c’è un borghese preso in considerazione, è per essere messo in ridicolo. In teatro si parla di politica, si concludono affari, ci si corteggia. Con l’attenzione degli spettatori in costante oscillazione. Gli studiosi suggeriscono di interpretare queste due attività teatrali non come antagoniste ma complementari. Ciò che accade in scena dove ci si aspettava di vedere riflettere le stesse maschere interpretate dalle persone vere e proprie nella vita reale. _______________________ 12.03.2020 Parlando del pubblico della restaurazione, abbiamo parlato di reciprocità. Effetto di precisione sociologica, se non di realismo. Gli studiosi hanno sottolineato come il modo che gli attori avevano nel porgere i personaggi, probabilmente andasse solo in parte verso il realismo. E’ più verosimile che la qualità della recitazione questo si da una delle ragioni per cui “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare si metteva in scena più spesso rispetto ad Amleto. La carriera di un’attrice si spegneva dopo una certa età, quando era meno attraente. I generi: la prassi drammaturgica I teatri riaprono e il più urgente problema era ritrovare un repertorio di testi. E’ inevitabile inizialmente riprendere testi dell’epoca prerivoluzionaria. A livello di commedia Shakespeare non piace particolarmente, e i due autori che vengono sifonati sono Ben Johnson e John Fletcher. Sono due autori rappresentativi di due modi di scrivere la commedi in due modi antitetici. Principale divergenza sta nella scelta dei mezzi attraverso cui l commedia persegue il fine di mettere in ridicolo, ma fine pur sempre didattico, edificante. Per Johnson: correggere il vizio, le follie umane, con un riso di scherno, punitivo. Fletcher: approccio empatico in cui la commedia da maestra da esempi positivi da evitare. [libro in programma → Corman segue entrambi e vede come poi finiscono ad intersecarsi nella commedia.] L’influenza più importante nello sviluppo della commedia è quella di Molière. Diventa oggetto di riscritture, adattamenti al mondo inglese. Nel primo periodo è importante l’influenza della commedia spagnola, soprattutto di Calderon. Attenzione maggiore al rispetto dei canoni del genere. Verso il concetto di genere. C’è una volontà molto chiara di distinguere tra commedia e tragedia. Sul piano della forma (prosa e verso), del registro (quotidiano e formale), dei temi. Ripresa della teoria del teatro classico su mediazione del classicismo francese. Molto evidente nella prassi diffusissima all’epoca degli adattamenti shakespeariani. Oltre a Johnson e Fletcher, nella commedia Shakespeare viene ripreso molte volte, e da subito c’è il desiderio di adattarlo alla nuova epoca e migliorarlo. Migliorarlo piegandolo al rispetto delle regole. I drammaturghi di quest’epoca sono infastiditi dalla mescolanza di elementi tragici e comici in Shakespeare, anche a livello di registro. Dunque, mossi da intento riformatore, suppongono a rimangiamenti le tragedie con vere e proprie riscritture per far assomigliare i testi alle regole. La parola d’ordine diventa “reduce to order.” Si interviene sul linguaggio, ripulendolo di tutte le sbavature, degli eccessi, bisogna rimuovere tutte le imperfezioni ed incongruenze. Questo secondo loro avrebbe portato alla luce il tesoro nascosto. Furono modificate le opere inventandosi anche altri personaggi femminili, per introdurre delle attrici. Introduzione di maggiori elementi scenici e di scene mobili. Amleto viene tagliato per introdurre cambi di scena, per i quali ci vuole tempo, ed Amleto è molto lungo. Motivo politico → Riprendere testi appartenenti all’epoca prerivoluzionaria celebra la fine dell’interregno, cercando di cancellarlo. In quest’epoca acquistano risonanza quei testi di Shakespeare che trattano di una ribellione, un’usurpazione a cui segue un ripristino dell’ordine. Ritorno pacifico, incruento, con perdono e riconciliazione. Sforzo di teorizzazione molto forte. Forte impulso alla definizione dei generi. Periodo della restaurazione contraddistinto da un dibattito sulle regole. Dibattito condotto facendo riferimento agli esempi del classicismo francese. Da un lato abbiamo l’adesione da parte dei teorici e dall’altro difesa degli autori inglesi della specificità della loro tradizione. Un caso è John Dryder autore di commedie, tragedie e riadattamenti shakespeariani. Odd for love, riadattamento di Antonio e Cleopatra. Lo riscrive usando il blank verse nonostante lui fosse uno dei primi attaccati alle regole, ma per rispetto di Shakespeare. Nasce la critica letteraria in Inghilterra, in parallelo con la critica teatrale, in un momento in cui per la prima volta si guarda al teatro come alla letteratura. Dryden padre della critica letteraria inglese e di An Essay of Dramatick Poesie (1668) → inaugura la critica letteraria in ordine di trattatistica, con la prassi del profatory criticism, lettere dedicatorie dei testi a stampa e prologhi ed epiloghi delle commedie che diventano una sorte di botta e risposta tra drammaturghi che vestono i panni dei critici teatrali. Una commedia, spesso, può avere vari prologhi ed epiloghi scritti in successione e si aggiunge una voce al dibattito per far sentire il proprio punto di vista. Altro luogo testuale dove si fa critica teatrale sono alcuni testi di natura meta teatrale che partecipano in maniera esplicita al dibattito, tipo The Rehearsal, commedia satirica ambientata tragedia eroica e all’interno della commedia di Buckingham compare Dryden, dove viene messo in ridicolo. ___________________________________________ 17.03.2020 Dal punto di vista dei generi ci sono commedia e tragedia. Heroic tragedy e comedy of manners. La heroic tragedy Heroic ha a che vedere con vari aspetti di questa tragedia, a partire dai temi per arrivare allo stile, passando dagli effetti che vuole suscitare. E’ un genere codificato anche grazie al dibattito teorico che inizia a svilupparsi in questo periodo, in cui nasce la critica letteraria. Heroic perché l’argomento si prescrive elevato, elemento grande e nobile. A questo argomento doveva corrispondere uno stile altrettanto elevato che dal punto di vista del linguaggio si esprimeva con la heroic couplet, il distico eroico. Per questo periodo della storia del teatro va a sostituire quasi del tutto il blank verse. I drammaturghi rispettano i parametri aristotelici di tempo, luogo e azione: unico conflitto tra amore/onore o onore/dovere, colto nel momento culminante. Di solito si risolve con la vincita dell’onore o del dovere; l’eroe si sacrifica. Effetto che la tragedia vuole suscitare; seguendo i precetti neoclassici vuole suscitare pietà e orrore come prescriveva Aristotele, ma aggiungendo l’ammirazione. Quindi spesso si conclude con la sublimazione del gesto eroico. Morte come sacrificio eroico che viene sublimato e spettacolarizzato. La trama, l’azione, perde importanza rispetto al personaggio. Siamo fortemente suscitati ad immedesimarci. Dryden scrive i capolavori dell’epoca in questo ambito. E’ da ricordare anche Thomas Otway. Inizia la sua carriera con questo genere, ma già a partire dagli anni 80 del 600 inizia ad immaginare un nuovo modello di tragico, definito “patetico” dalla critica. Con lui diventa preponderante uno spostamento del fulcro patetico dall’eroe all’eroina. Sfocerà nella tragedia borghese e poi nel dramma borghese. Spostamento dell’interesse drammatica dall’eroe all’eroina, con nuovi personaggi femminili potenti sul pubblico per suscitare pietà e ammirazione. Molti di suoi personaggi femminili sono stati pensati per Elizabeth Barry – la più grande attrice del momento. La commedia Fu la commedia ad avere maggior consenso tra il pubblico. La maggior parte ambientate a Londra o nella Londra contemporanea. Esiste, infatti, la definizione di “London Comedy”. Si trovano varie diciture critiche variamente utilizzate per designare questa particolare declinazione del genere comico: Restoration comedy [aggancio alla cronologia storica problematico], o altro nome più utilizzato è “comedy of manners” [designazione più adatta – commedia di costume]. E’ una commedia dove è molto forte l’interesse per i costumi sociali, i rapporti declinati secondo i parametri dell’appartenenza sociale, del genere, e tanto altro. Ambientazione realistica e prevalentemente cittadina. Il problema di questa etichetta è che nell’ambito della storia del teatro ci sono state delle comedy of manners anche prima, anche se non venivano chiamate così, ma comunque simili. Ben Johnson, attivo nel periodo giacomiano, scriveva molte city comedies che hanno a che fare con le comedy of manners. Poi riemergerà nel 7/8/900. Nel 700 con Goldsmith o Sheridan. A fine 800 Oscar Wilde, con, per esempio, The Importance of Being Earnest. Commedia libertina (libertine comedy) → Definizione prediletta. Ci dà delle indicazioni piuttosto precise rispetto a un gruppo di commedie prodotte negli anni 70/80 del 600. “Libertine” fa riferimento a un clima filosofico, politico, storico, con cui queste commedie dialogano in maniera non così esplicita per il lettore contemporaneo. Libertine si riferisce alla filosofia di importazione francese, alle mutazioni che questa subisce a contatto con il clima politico e culturale londinese. Nata nel primo 600, l’idea di fondo della filosofia libertina è quella per cui tutte le strutture sociali sono costrutti artificiali che limitano/ostacolano la naturale tensione umana verso la libertà. Sono ostacolo e fonte di infelicità per gli esseri umani che sarebbero molto più appagati se posti nella posizione di poter seguire le proprie pulsioni. Sottotesto politico anarchico. Sempre secondo la filosofia, noi ci illudiamo quando pensiamo che l’uomo sia un animale sociale, fatto per vivere in società. Noi accettiamo di farci imbrigliare da regole solo per istinto di sopravvivenza. Questa filosofia arriva a Londra sotto Carlo II e diventa una sorta di stile di vita, esibito, da tutto ciò che è la vita londinese. Da tutti che frequentano il circolo. Il libertinismo come atteggiamento / comportamento. Libertinaggio sessuale → uomo che col suo carisma di superiorità riesce ad avere molte donne, perché sa usare il proprio linguaggio in modo arguto, vince le discussioni con i propri avversari. The Country Wife → abbiamo uomini e donne che ci comunicano le regole della società come una sorta di maschera sotto la quale ci si nasconde per avere più margine di manovra, così da dare sfogo alle nostre pulsioni, dalle quali tutti siamo comandati. Sotto gli abiti civili siamo tutti animali. Secondo Corman sono esempi paradigmatici The Country Wife, The Man of Mode e The Rover. Sono paradigmatici dal punto di vista della fusione dei due generi. Fusione delle due tradizioni che Corman riconduce a Johnson e Fletcher, da un lato la Comedy of Wit di Fletcher (modello empatico di commedia che ci fa ammirare i protagonisti) e dall’altra la commedia punitiva di Johnson, per correggere un comportamento. Altro elemento è la struttura della trama. La presenza di una doppia o tripla trama che si intersecano; permette una mixed comedy → varie anime che comunicano tra loro grazie alle trame plurime. Accostamento tra una trama comica classica e altre trame libertine. Trame improntate ai nuovi valori e a una diversa costruzione del conflitto drammatico. E’ un genere per niente monolitico, ricco di varianti, con sottogeneri. La natura convenzionale viene dal fatto che questa commedia porta in scena un numero di tipi caratteriali limitato, spesso indicato già dal nome del personaggio. Dal nome sapremo già come si comporterà. Per esempio: the Horner in the Country Wife – il cornificatore. Oppure ci può dare indicazione sulla sua appartenenza sociale. Si tratta di un genere prodotto e rappresentato lungo un arco di tempo di quasi 50 anni, dal 1660 a tutto il primo decennio del 700. Durante questi 50 anni hanno luogo notevoli cambiamenti sul pino politico e sociale: la Glorious Revolution, l’ascesa dei ceti medi… Questa varietà di generi e sottogeneri che c’è in origine varia. Si tratta di variazioni graduali, comunque. Non ci sono grandi fratture. Ci sono, però, evidenti differenze tra le commedie prodotte tra il primo blocco Country Wife, Man of Mode ecc e una commedia qualsiasi di fine anni 90. Si vedono le differenze tra la prima e la seconda Tutti i nomi sono nomi parlanti, le eccezioni sono Emilia e Harriet. _________________________________________________ 18.03.2020 Nomi parlanti → ci fanno capire quanto ai drammaturghi interessi rappresentare la loro esemplarità rispetto ad un tipo di categoria sociale che gli spettatori riconoscevano da subito. Dramatis Personae Divisione in base all’importanza sociale e al genere. Primo a comparire tra i Gentlemen è Dorimant. Mr. Dorimant → è l’aristocratico per eccellenza. Ha il titolo onorifico di Master perché di nascita nobile. È un nome che evoca due cose simultaneamente: l’oro e l’amore. Rimanda a una locuzione francese. Denaro, amore, e forse sesso sono gli obiettivi principali di Dorimant. L’idea dell’oro, di questo sfavillio, luccichio, associato a Dorimant ha a che fare anche con il modello che incarna; il modello del libertino. Da anche indicazione del livello di adesione della commedia ai valori che Dorimant incarna. Gli stessi valori dell’elite dominante. Sappiamo poi che per gli spettatori dell’epoca il personaggio di Dorimant era riconducibile a un modello reale → John Wilmot, il conte di Rochester. Il pubblico avrebbe immediatamente riconosciuto Rochester come referente di Dorimant. Nel momento in cui la commedia va in scena, nel 1676, il pubblico sapeva anche benissimo che Rochester, il libertino per antonomasia dell’epoca, era già ridotto all’ombra di sé stesso. Era un alcolista, malato a punto terminale di sifilide e caduto in disgrazia. Muore nel 1680 dopo un’improbabile conversione in punto di morte di cui si parla anche in The Libertine di Jeffreys. Nel film la sua conversione viene preso come un gesto sincero, mentre nel testo teatrale viene preso meno sul serio. Il pubblico avrebbe avuto presente sia il modello a cui Dorimant si rifaceva e la caduta in disgrazia in cui sarebbe finito. Il secondo a essere citato è Mr. (Master) Medley; è un membro della cerchia maschile di Dorimant. Si rifà al verbo to meddle → mischiarsi/impicciarsi in cose. Che è un po’ il suo ruolo. Ricettacolo e distributore di pettegolezzi. Bellair → young Bellair è qualcuno di bell’aspetto. Old Bellair è il padre. Sir Fopling Flutter → nome a cui viene dato molto rilievo nel titolo. Fopling, ruolo del Fop. È uno sciocco che si comporta da dandy, che lo rende ulteriormente sciocco. Accento sul comportamento e sul tipo di ruolo che il Fop cerca di recitare senza mai riuscirci. Ostenta abilità che non ha. Fa risaltare le qualità del libertino. A volte come sinonimo del Fop si trova Coxcomb. In italiano lo traduciamo come Vanesio. “Sir” indica che non è nobile per nascita, inferiorità gerarchica rispetto agli altri. Non è che non ci siano Fop nella produzione teatrale precedente o successiva. Nel teatro di Shakespeare ci sono personaggi assimilati al Fop. Quello che succede nel periodo della restaurazione è che si precisano le sue caratteristiche. Si fanno più specifiche e il fop diventa il vanesio pretenzioso che si comporta in modo assurdo nel tentativo di emulazione di un personaggio libertino che possiede naturale eleganza e superiorità; inimitabile. Il fop è un personaggio ossessionato dal suo aspetto fisico, infatuato di tutto ciò che è francese, perché va di moda. Linguaggio infarcito di francesismi. Sembrava ridicolo anche nella sua effemminatezza. Imita il libertino e vuole esser come lui ed è anche lui a caccia di donne, ma ci riesce ben poco. Questo elemento di effemminatezza va contrapposto col fenomeno che nella cultura della restaurazione veniva collegata all’eccesso sessuale, non all’omosessualità. Ma al bisogno spasmodico di conquistare donne. Un personaggio molto in vista che veniva puntato per la sua effemminatezza era Carlo II. Veniva accusato di star dietro alle sue mille donne e poco propenso di occuparsi realmente del suo regno. “Flutter” → Cognome parlante. Riprende tutti quei tratti comportamentali che abbiamo citato. Idea di frivolezza, inconsistenza. È anche onomatopeico e probabilmente richiama il fruscìo dei vestiti, delle parrucche. Alcuni critici hanno ipotizzato come alter ego reale di Fopling il firmatario del prologo. Alcuni che potesse essere interpretato come il drammaturgo stesso. Altri ancora hanno ipotizzato Carlo II ma sarebbe stata una cosa pericolosa e irrispettosa. L’epilogo di Dryden ci dice che Fopling è una sorta di compendio di tutte le follie possedute dagli spettatori in sala. È personaggio iperbole. È tutti e nessuno. Anche il titolo corrobora questa ipotesi grazie all’ambivalenza di “or” che possiamo leggerlo come congiunzione o disgiunzione. Può essere tradotto come “ovvero”, o come “oppure”. Se lo leggiamo come “ovvero”, la prima conseguenza è che verrebbe accentuata la presenza di questo personaggio nell’economia del testo. Sono sinonimo uno dell’altro. L’epilogo ci fa pensare che sia così. Ci dice che per quanto a noi Fopling può sembrarci un personaggio assurdo, ci assomiglia più di quanto ci somigli Dorimant. Il pubblico in sala vorrebbe credere di essere come Dorimant ma somiglia molto di più a Fopling. Quindi, con “Ovvero” ci direbbe che the man of mode è Fopling, non Dorimant. E sarebbe strano, che il titolo sia riferito a un personaggio secondario, e non a Dorimant, personaggio principale. “Oppure” ci dice che Sir Fopling è l’antitesi di Dorimant. Ci dice che “the man of mode” non è Fopling, li contrappone. The Gentlewomen: Lady Townley → Town, mondo della corte, dei piaceri, delle avventure sessuali. Conosce bene questo mondo e sa muoversi secondo le sue regole. È complice di Emilia. È facilitatrice per questa trama, è lei a dichiarare in una sua battuta nel terzo atto questa sua funzione. [Terzo atto, seconda scena, rigo 109]: Indeed my house is the general rendezvous, and, next to the playhouse, is the common refuge of all the young idle people. Casa sua è una piccola versione del town. Mrs Loveit → Dorimant la vuole lasciare perché si è stancato. Per la cultura dell’epoca una donna comincia a puzzare di vecchio dopo i 25 anni. Ce lo dice Dorimant in una battuta: [atto quarto scena prima]: They pretend to be great critics in beauty; by their talk you would think they liked no face, and yet can dote on an ill one if it belong to a laundress or a tailor’s daughter; they cry a woman’s past her prime at twenty, decayed at four-and-twenty, old and unsufferable at thirty. Sappiamo che veniva interpretata da Barry, che nella realtà era l’amante di Rochester, ed era lei che all’apice della sua carriera voleva disfarsi di lui. Quindi era ironico far interpretare queste parti proprio a loro due. L’atteggiamento del drammaturgo nei suoi confronti è di censura. Rappresentato in chiave satirica, oggetto di scherno, un po’ crudele rispetto le donne che esprimono desiderio sessuale. Mrs Love/it che ha avuto molti uomini, che le piace, lussuriosa, di scarso valore perché merce usata. Lady Woodvil → È la madre di Harriet. È la tipica figura del genitore che ostacola. Si contrappone al corteggiamento di Dorimant per la sua pessima reputazione. Evita qualsiasi contatto tra la figlia e Dorimant per proteggerne l’onore e il patrimonio. “Woodvil” potrebbe dare l’idea di una donna tutta d’un pezzo con una identità ferrea che cerca di far rispettare gli antichi valori. Altra interpretazione: “vile wood” la nobile di campagna che va in città insieme alla figlia perché ambisce alla raffinatezza che solo la vita cittadina può riferire. Belinda → donna bella. Bella e Linda. Harriet → personaggio meno stereotipato, più individuo che tipo. Impressione che viene confermata quando la conosciamo. Tipica eroina della gay couple (gay come allegria). Coppia di amanti della commedia libertina. Coppia di giovani, intelligenti, belli, il cui rapporto è di corteggiamento e conflitto simultaneamente e in questa battaglia che combattono fino a ché arrivano a una tregua, l’eroina si mostra sempre all’altezza. Lei è all’altezza dello scontro, di pari forza e pari dignità. Molto meno passive delle eroine della commedia tradizionale. Quello che le rende delle avversarie temibili era la loro padronanza del linguaggio. Sono esattamente come il libertino – persons of wit. “Wit” → arguzia, intelligenza, prontezza di parola. Harriet è l’unica che sa tenere testa a Dorimant perché ha destrezza di parola. Come Harriet l’eroina della gay couple è quel personaggio sessualmente ancora innocente, benché non ingenua. È una donna ancora illibata. (Non sempre, ma nella maggioranza dei casi). Questo perché il suo scopo nella trama è stabilire una relazione sentimentale ma che si vede consumare interamente sul piano verbale. L’aspetto carnale è rimandato a dopo il matrimonio, pena la censura sociale, o la perdita di interesse agli occhi del libertino. Suo scopo è di convincere il proprio partner e antagonista che l’unico modo per possederla è sposarla e rinunciare al libertinaggio. Per arrivare a questo c’è da arrivare a un equilibrio sottile tra il rifiuto e la necessità di non alienare il corteggiatore. Tenere viva la fiamma del desiderio ma senza avvicinarsi troppo. L’eroina della gay couple sa sedurre il partner maschile con un erotismo esclusivamente verbale. Personaggi di rango inferiore: Pert e Busy → assistenti di Mrs Loveit e Harriet (o Belinda). Sono dame da compagnia. Pert come Impertinance – dalla lingua lunga, sempre pronta a difendere Mrs Loveit da Dorimant. È la voce del buon senso, della ragione. Quasi mai viene ascoltata dalla sua padrona. Busy rimanda a quanto sia sempre occupata, ma anche busybody, impicciona. Orange-Woman è anche Foggy Nan. Un altro nomignolo. Un po’ in là con gli anni e grassottella. Prostituta, come tutte le orange woman. Procuratrice di piacere sessuale ma anche informazioni. Dorimant si serve di lei per procurarsi informazioni che gli sono utili per formulare le sue strategie. Mr. Smirk → parroco con un sogghigno. Smirk. Non esattamente un uomo pio. Satira contro i membri del clero tipica della restaurazione, antipuritana e anticlericale. Handy → valletto di Dorimant. Nome che ci rimanda al fatto che si rende utile, che è un aiutante. [passiamo al prologo – pag. 3] Non è scritto dall’autore della commedia ma da Sir Car Scroope, Baronet Era prassi comune far scrivere più prologhi e più epiloghi così che potessero essere aggiornati col passare del tempo nelle rappresentazioni. E non erano scritti dall’autore della commedia. Prologo che recita Thomas Betterton. La commedia è scritta in prosa, mentre il prologo in versi. Distico. Partiamo dall’ultimo verso. Idea della commedia che deve funzionare come specchio degli spettatori in sala, che rappresentano la società. Specchio che mostrerà loro i difetti che già possiedono ma che non sono abituati a vedere. Gli ultimi due versi invitano il pubblico a non arrabbiarsi con la commedia se mostreranno loro la loro brutta faccia. Commedia come specchio che rivela i difetti che tendiamo a sorvolare nella vita reale. Teatro come cura per gli eccessi. Aspetto curativo e punitivo. Rafforzato dalla similitudine medica: “Tis by your follies that we players thrive, As the phisicians by diseases live”. E come ogni anno arriva una nuova malattia che aiuta i dottori ad accrescere i loro guadagni, un veleno amico, così noi attori speriamo di guadagnare quando ogni giorno in mezzo a voi nasce una nuova follia. Negli intenti dichiarati la commedia sta dicendo al suo pubblico che vuole curarlo, migliorarlo mostrando loro i loro vizi e follie così come sono veramente. Intento critico e punitivo. Anticipo dal preambolo in cui si critica l’infatuazione del conferma di questo elemento, quello che ci racconta Orange Woman su Harriet è la prima azione che Harriet compie in questa commedia→è una piccola imitazione dell’atteggiamento di Doriman verso l’altra donna, che è molto verosimile→ capiamo che Harriet è un ottima osservatrice e ascoltatrice→ “Ay, I vow she told me twenty things you said too; and acted with her head and with her body so like you—“→ Harriet è anche in grado di ripetere una lunga serie di situazioni e battute che Dorimant ha detto in quella circostanza→Harriet raccontata come un attrice che interpreta un personaggio maschile→ prima di una lunga serie di situazioni del genere. Entra Medley. Il primo gesto è quello di abbracciare Dorimant e poi i due si baciano→ Orange Woman disgustata→ è una moda di importazione francese, di qui lo schifo della venditrice di arance che è inglese fino al midollo→ la scena ci fa vedere legami maschili molto intensi e fisici, ci dà un’indicazione dei forti rapporti omosociali. Dorimant chiede informazioni alla madre di Harriet→ Lady Woodvil→ viene descritta dalla venditrice di arance (rigo 98)→ Harriet e la madre alloggiano a casa di Orange-Woman→ è chiaro da come viene introdotta la madre la sua funzione nella trama, ovvero quello di genitore ostacolatore→ Medley riconosce il personaggio dalla descrizione e fornisce il nome di Harriet e Woodvil→ da qui in poi il ruolo di fornire info viene divisa tra Medley e Orange Woman→ che supplemento di info ci danno a proposito di Harriet? → prima caratteristica che emerge su Harriet è la sua ricchezza (più importante), poi la bellezza e poi arriva il “wit” (intelligenza)→ ordine di proprietà. Descrizione che Medley fa sull’aspetto fisico di Harriet→ “What alteration a twelvemonth may have bred in her I know not, but a year ago she was the beautifullest creature I ever saw; a fine, easy, clean shape; light brown hair in abundance; her features regular; her complexion clear and lively; large wanton eyes; but above all, a mouth that has made me kiss it a thousand times in imagination, teeth white and even, and pretty pouting lips, with a little moisture ever hanging on them, that look like the Provence rose fresh on the bush, ere the morning sun has quite drawn up the dew” Descrizione veritiera, viene confermata dalla venditrice di arance. 1) questa scena istituisce implicitamente una relazione tra l’avvenenza fisica di Dorimant e il suo corpo che è un corpo in presenza, che noi spettatori vediamo, e quest’altro corpo femminile altrettanto attraente che però è assente al momento→ DIALETTICA TRA UN CORPO VISIBILE E UNO INVISIBILE→ entrambi capaci di suscitare desiderio e ammirazione. 2) livello di dettaglio nella descrizione→ se leggiamo una commedia di epoca rinascimentale, es commedia Shakespeariana, molto difficilmente troveremo una descrizione fisica così dettagliata del corpo femminile, questa innovazione è da mettere in relazione con l’arrivo delle attrici, con il fatto che Harriet è interpretata da una donna (attrice) che possedeva realmente queste caratteristiche così dettagliamene descritte→ nel teatro elisabettiano ciò sarebbe stato inefficiente, controproducente→ avrebbe finito per attirare l’attenzione del pubblico su un corpo che era femminile solo per convenzione, era un corpo femminile interpretato da un attore maschile. Autodescrizione di Oliva in Twelfth Night. [atto 1, scena 5] O sir, I will not be so hard-hearted. I will give out divers schedules of my beauty…. [slide] In un dialogo con Viola, travestita da Cesario e che è al servizio del duca Orsino. Orsino vuole corteggiare Olivia e lei lo respinge, dunque Orsino manda Cesario da Olivia affinché interceda per lui e convinca Oliva ad accettare la sua corte. Olivia è in lutto per la morte di suo padre e quindi non vuole farlo. Descrizione→ catalogo provocatoriamente genetico→ è un catalogo totalmente androgeno, non ci sono seni, né curve femminile. Non c’è nulla che possa richiedere la presenza di una donna a corroborare e validare questa descrizione. → DIFFERENZA CON LE DESCRIZIONI DELLE COMMEDIE DELLA RESTAURAZIONE. CONVERSAZIONE PIU’ INTIMA TRA MEDLEY E DORIMANT RIGO 153 Rimasti soli in scena Medley e Dorimant ingaggiano una conversazione di tono più intimo, l’argomento è Mrs. Loveit→ Medley chiede a Dorimant che cosa sia il biglietto che ha in mano e Dorimant gli dice che è una lettera di scuse per averla trascurata negli ultimi giorni. Grazie a Medley veniamo a conoscenza del contenuto della lettera (167) “I never was a lover of business, but now I have a just reason to hate it, since it has kept me these two days from seeing you. I intend to wait upon you in the afternoon, and in the pleasure of your conversation forget all I have suffered during this tedious absence.” This business of yours, Dorimant, has been with a vizard at the playhouse; I have had an eye on you. If some malicious body should betray you, this kind note would hardly make your peace with her” Medley legge il biglietto che Dorimant ha scritto a Loveit. Dopodichè c’è il commento che fa Medley→ coglie la debolezza delle scuse di Dorimant→ torna a sottolineare questa sostituzione sinedottica (associazione donna- maschera) con la maschera: “vizard”→ rimanda a una identità non definita anche in termini sociali→ vizard at the playhouse→ potrebbe essere una prostituta, o una nobil donna che vuole tenere nascosta la sua identità come fa Harriet→ in realtà la vizard è Belinda, si colloca in un punto intermedio, non è una mercenaria ma non è nemmeno una gentle woman→ la sua aspirazione potrebbe essere quella di farsi mantenere da qualcuno di ricco, e dunque usare il corpo come mezzo di ascesa sociale. Aspetto della maschera→ capacità di rendere fluidi i ruoli sociali, destabilizzare le gerarchie→ con indosso una maschera ci si può muovere all’interno dei ranghi più alti, superando le barriere sociali→ questa cosa va messa in relazione al funzionamento della corte di Carlo II dove bastava essere vestiti da gentiluomo o gentildonna per essere ammessi→ la maschera è un efficace salva-condotto sociale. Nel resto del dialogo tra D e W si chiarisce chi sia la vizard e si illustra il piano per sbarazzarsi di Loveit. Sono tre giorni che c’è questa calma piatta nelle relazioni amorose di Dorimant. Most infinitely; next to the coming to a good understanding with a new mistress, I love a quarrel with an old one; but the devil’s in’t, there has been such a calm in my affairs of late, I have not had the pleasure of making a woman so much as break her fan, to be sullen, or forswear herself these three days. “fan”(ventaglio)→ termine ricorrente, che va collegato alla maschera, è un oggetto di seduzione, che serve per nascondersi agli sguardi maschili indiscreti, serve anche per guardare senza essere viste. Fan è anche uno dei molti doppi sensi erotici che troviamo in questa scena (molti legati all’atto di mangiare la frutta). In questo caso FAN viene usato in senso metonimico come sinonimo dell’organo sessuale femminile. Medley si offre di aiutare D a rompere con Loveit→ D gli dice che non ha bisogno dei suoi servigi perché ha ingaggiato qualcun altro (BELLINDA) per raggiungere i suoi scopi→ qual è il piano di Dorimant e Bellinda? Rigo 208→ “She means insensibly to insinuate a discourse of me, and artificially raise her jealousy to such a height, that transported with the first motions of her passion, she shall fly upon me with all the fury imaginable as soon as ever I enter; the quarrel being thus happily begun, I am to play my part, confess and justify all my roguery, swear her impertinence and ill-humour makes her intolerable, tax her with the next fop that comes into my head, and in a huff march away; slight her, and leave her to be taken by whosoever thinks it worth his time to lie down before her.” La scaricherà grazie a Bellinda che insinuerà a Loveit il tarlo della gelosia, a quel punto lei le farà una scenata e a quel punto lui entrerà in scena e reciterà la sua parte, confesserà, dirà che il suo cattivo umore la rende insopportabile, la accuserà a sua volta di avere tresche con “the next fop..” e a quel punto avrà una scusa per andarsene via arrabbiato e lasciarla alla mercé del primo disgraziato che la vorrà corteggiare. Questa è la prima di varie trame di cui Dorimant ci rende partecipi→ tramite l’espediente della conversazione con Medley, da a noi questa informazione rendendoci complici e alleati. Battuta metateatrale→ “I am to play my part”→ Dorimant è un personaggio che, come Harriet, è sempre pronto a interpretare dei ruoli diversi a seconda delle esigenze ai fini di ottenere qualcosa→in questo mondo i vincitori sono i virtuosi in senso attoriale→ il vincente è il bravo attore, colui o colei che sa esibirsi in performance convincenti davanti ai propri pari sociali,→ i perdenti sono i cattivi attori come Loveit, troppo in balia delle sue passioni per riuscire a reggere la parte, e sir Fopling che recita male il ruolo del libertino scimmiottando Dorimant e dunque ingenuamente non si rende conto di quanto siano inadeguate e ridicole le sue performance→ il problema serio è che tutti indossano una maschera ma questa maschera deve essere una corazza, senza fratture, inclinature→ quando qualcuno riesce a penetrare la maschera, questa maschera diventa fragile e gli altri riescono a cogliere cosa c’è sotto si entra nella zona del pericolo, ci si mostra indifesi→ questo è il momento in cui si ritrovano in situazioni pericolose. Dorimant e Harriet, si cacciano in situazioni pericolose, però riescono sempre ad uscire illesi da queste situazioni pericolose perché sono protetti da uno schermo di finzione→ armatura teatrale che li protegge → questo ci dice molto sul SISTEMA DI VALORI che sottende questa commedia→ qui eroe e l’antieroe, lo zimbello, non si distinguono in base alle loro virtù morali, ma in base alla loro capacità di saper interpretare i ruoli, abilità attoriale→ ci troviamo di fronte ad una forma di commedia dove balza in primo piano la componente di teatralità insita nei ruoli sociali→ l’apparenza è tutto nella società→nella società tutto si giudica in base ai comportamenti esteriori. HANDY RIENTRA PORTANDO SHOEMAKER E FOOTMAN: Shoemaker→ calzolaio, si occupa delle calzature di Dorimant, è un aspirante libertino, un deboscianto come tutti coloro di cui si circonda Dorimant→ interessante è il dialogo di tono sarcastico con Medley dove Medley si erge a censore dei costumi e invita il calzolaio a rimettersi sulla retta via→ rigo 234→ “smettila di comportarti come le persone dei ceti sociali superiori al tuo, ti stai comportando in modo inappropriato per la tua condizione sociale”. Lo shoemaker invoca una democratizzazione del vizio→ Medley si fa portatore di un pensiero comune agli spettatori del tempo (Town)→ idea che il comportamento libertino non sia per tutti, che sia solo per una ristretta elite sociale→ ci sono delle distinzioni di censo che la commedia ribadisce, e anche distinzioni in termine del genere→ è solo per gli uomini, non per le donne, per loro è rischioso→ aspetto fondamentale dell’ideologia dominante attorno all’idea del libertinismo. Prima di uscire il calzolaio descrive la sua vita coniugale in termini che il pubblico avrebbe letto come un’imitazione della vita coniugale dei gentleman e delle gentlewomen. ARRIVO DI BELLAIR Uscito il calzolaio, Dorimant chiede poi i vestiti a Handy, perché si avvicina l’ora per uscire per il pranzo, e a questo punto arriva Bellair che annuncia ai suoi amici di essere in procinto di sposarsi, questo ci parla subito di un divario tra i suoi valori e i suoi amici libertini (per i libertini sposarsi = disgrazia)→Anche a livello di linguaggio questo viene sottolineato con→ YOU→ distanza tra il gruppo dei libertini con i quali Bellair non si identifica, Bellair è il pesce fuor d’acqua di questa cerchia. TOILET DI DORIMANT --- rigo 303 [to HANDY, who is fiddling about him:]→Tentativo di suscitare l’ammirazione del pubblico attraverso l’effetto di rispecchiamento con i complimetni che gli altri fanno a Dorimant→ i complimenti ci fanno capire della sua naturale eleganza, è l’effetto che fa sugli altri→ non ha bisogno di troppi ghingheri essendo un man of mode di natura→ crea le premesse per il contrasto con il secondo man of mode (Fopling)→ è una descrizione molto dettagliata del suo comportamento e atteggiamento→ Fopling è arriva da Parigi e cerca di introdursi nel bel mondo londinese con comportamenti che agli occhi di tutti sembrano per lo più ridicoli→ stesso livello di dettaglio usato per la descrizione di Harriet→ interessante perché ci da la misura di con quanta attenzione gli altri personaggi che riferiscono questi comportamenti abbiano osservato, scrutato, valutato il comportamento di Fopling (come parla, si atteggia, si muove..)→ quella che vediamo in scena è una cerchia maschile di personaggi molto attenti all’apparenza, sono spettatori ben addestrati, molto severi nel cogliere il dettaglio e criticarlo. Sir Fopling serve a introdurre un nuovo tassello della trama→ Bellair riferisce che Fopling si è già messo a corteggiare le donne e gli dice che Fopling si è messo a corteggiare Loveit→Dorimant è molto contento di questo → percgè stava giusto cercando un pretesto per accusare Loveit di essere infedele. licenziosi e dissoluti e li mostrava come valori da ammirare ed era anche un sovrano di cui gli avversari politici ne criticavano l’effemminatezza – l’assoggettamento alle donne, che lo distraeva dalla politica. Questo tipo di critica al Re erano un problema serio dopo che il padre meno di un ventennio prima era stato assassinato. Quando torna dall’esilio viene salutato con entusiasmo non solo dalla cerchia di aristocratici ma anche dalla maggioranza delle persone. Questo clima di entusiasmo si sgonfia abbastanza rapidamente perché Carlo II non si mostra in grado del suo compito e il suo coinvolgimento nell’ambito sessuale preoccupava. Preoccupava perché si diceva che data l’effemminatezza del sovrano, erano le donne e le attrici ad avere il controllo sul regno, non lui. Con il personaggio di Dorimant si vuole dare un messaggio di sicurezza perché rispecchiava l’effemminatezza del Re, ma nonostante quanto fosse preso dalle donne, lui era il dominatore, lui si gestiva tutto, lui aveva il controllo. [Secondo Atto, Scena Prima] Scena funzionale allo sviluppo della trama perché Young Bellair va ad informare la zia della minaccia del padre. [Secondo Atto, Scena Seconda] Ambientata a casa di Mrs. Loveit. Dialogo tra lei e la servetta Pert che capisce la situazione molto meglio di Mrs. Loveit riguardo Dorimant. [Rigo 7] Pert parla delle donne, della loro presenza e collocazione nello spazio teatrale come microcosmo sociale: To blame to be two days without sending, writing, or coming near you, contrary to his oath and covenant! ’twas to much purpose to make him swear: I’ll lay my life there’s not an article but he has broken—talked to the vizards i’ the pit; waited upon the ladies from the boxes to their coaches; gone behind the scenes and fawned upon those little insignificant creatures the players; ’tis impossible for a man of his inconstant temper to forbear, I’m sure. Cose che dice: Scommetto sulla mia vita che non c’è un articolo del contratto che non abbia infranto. Ci sono vari spazi teatrali a cui appartengono varie categorie di donne. Le mascherine, le prostitute. Nelle Boxes (palchetto) ci sono The Ladies e Behind the Scenes ci sono le attrici. Dorimant si è mosso in questi spazi diversificati e per lui tutti questi sono territori di caccia. Teatro come microcosmo sociale. Dopo vengono citati vari spazi londinesi associandoli alla categoria sociale di persone che frequentano tali spazi. [Arrivo di Dorimant al rigo 117] Entra citando i versi di Waller, per lui un Leitmotiv. [Lettura fino “I’ll meet you there.”] In questa parte vengono menzionati molti spazi londinesi frequentati dal pubblico. L’ambientazione londinese non è del tutto inedita. In diverse commedie del primo 600 Londra era presente in scena. Nella commedia della restaurazione questa cosa si intensifica e soprattutto il dato documentario. Si parla di luoghi noti a tutti, e associati a questi i riti mondani che avvenivano in ognuno di essi. Dopo la guerra civile in Inghilterra c’è un volga topografica. Questo si spiega penasndo al fatto che ci sono stati sconvolgimenti politici che hanno portato ad espropriazioni. E ora c’è un grande desiderio di rimpossessarsi di quella parte di Londra che era di pertinenza della classe aristocratica. Questi continui riferimenti topografici vanno ricollegati all’offensiva libertina, alla riaffermazione della classe dominante. Riaffermazione dei valori attraverso la rappresentazione dello spazio libertino. Nell’atto tre c’è una battuta che ci riconferma questo concetto: YOUNG BELLAIR: Are you in love? HARRIET: Yes, with this dear town, to that degree I can scarce endure the country in landscapes and in hangings. I luoghi aristocratici vengono contrapposti a quelli “plebei”. Molto dice su Harriet il fatto che la sua prima apparizione sia al New Exchange, luogo frequentato da gentildonne di campagna che vengono a Londra per fare compere. Quindi il fatto che lei sia associata a quel luogo dice qualcosa di indicativo per il pubblico. Anche il parco di St. James, in una scena del terzo atto, dove tutti i personaggi convergono e diventa un palcoscenico dove l’amore si rappresenta come play (gioco e recitazione. In entrambi i suoi sensi.) Opere teatrali venivano recitate qui negli anni 70. Era uno spazio collegato al sovrano e al potere. Anche perché era stato aperto alla cittadinanza da Carlo II, lo sistema in stile francese, con opere di canalizzazione e la passeggiata centrale, che fa di St. James uno dei luoghi più alla page (letto alla francese) della Londra dell’epoca. Tramite questo parco Carlo II si crea l’immagine di sovrano benevolo che condivide i propri possedimenti col suo popolo. Viene trasformato in una sorta di arcadia, luogo di bellezza, di piacere innocente, e secondo la letteratura filomonarchica Re Carlo è il lume tutelare di questa arcadia. Il parco rimanda alla città, è una sorta di microcosmo di essa. L’idea è quella del Re che ha preso la natura e l’ha migliorata per il cittadino. Il parco di St. James è spesso protagonista di pastorali urbane che si basano su una significativa inversione dei valori tradizionalmente associati a città e campagna. Nella pastorale il locus amenus è la campagna, la natura. Nel teatro della restaurazione il locus amenus è la città, il town, dove si gode la vita. Mentre la campagna, la natura sono luoghi della banalità, della noia. I parchi sulla scena della restaurazione ci confermano come le commedie volessero promuovere la monarchia. ___________________________________________________ 25.03.2020 Il terzo atto segna un momento in cui l’attenzione della commedia si sposta da Dorimant a Young Bellair e Sir Fopling, che ancora non abbiamo visto. Abbiamo avuto descrizione di loro, ma non li abbiamo visti. In apertura di scena vediamo, finalmente, Harriet in una conversazione con Busy, sua damigella. Vediamo Harriet nella sua dimensione intima e poi pubblica, che aveva caratterizzato anche la prima scena del primo atto – momenti intimi e poi pubblici. Altro elemento interessante è che Harriet la prima volta che la vediamo è impegnata nella Toilet, si sta preparando con l’aiuto di Busy – proprio come Dorimant. [Atto III, Scena I] Siamo a casa di Lady Woodvil. E’ la Toilet di Harriet ma non a casa sua. Scena importante per la caratterizzazione di Harriet. Questo riconferma ciò che sapevamo su di lei tramite gli altri negli altri atti. Harriet come una bellezza che rifiuta l’artificio. Bellezza e ricchezza che sono virtù classiche e astuzia, capacità di pensiero strategico che la rende valida controparte di Dorimant. Ironica, disincantata e anche un po’ cinica quando parla di come le altre donne si agghindano. E’ una outsider. Lei non è di Londra, è una nobildonna di campagna, ciononostante è lontana dalla donna di campana ingenua che fraintende tutto in questo mondo. Il suo essere outsider la rende una osservatrice con maggiore lucidità. Anticonformismo e indipendenza che si nota nel modo in cui si rivolge alla madre rispetto al matrimonio combinato. Usa quella proposta per arrivare a Londra. Percezione dell’amore, del matrimonio, non viziata da sogni romantici. Harriet è decisa a seguire i suoi istinti perché ci dice di avere una grande indipendenza economica. Poi pensa che il matrimonio ha niente a che fare con l’amore, quanto con i soldi. Matrimonio e amore sono inconciliabili, se non raramente. E’ una versione femminile del libertino. Etherege introduce dei correttivi: Harriet si presenta a noi come un libertino al femminile ma al tempo stesso, E si premura di mostrare come in lei stia nascendo l’amore romantico per Dorimant. Nella canzone che chiede a Busy di cantarle da quando ha conosciuto Dorimant, lei si sogna come la preda di Dorimant. La passerella caduta vittima dell’amore come le pecore sono prede dei lupi. Questa potenziale contraddizione si può leggere come meccanismo di contenimento, perché per il pubblico maschile potrebbe essere perturbante vedere una donna libertina. Quindi ci vuole far pensare che questa libertà sia più ideale che reale, perché anche lei sogna di essere soggiogata. Etherege mette molto in chiaro come il libertinismo di Harriet sia legato al fatto che lei sia ereditiera e può permettersi una libertà di scelta che a molte è negata. [enter Young Bellair] Entra il promesso sposo. Harriet ha appena colpito noi per il suo comportamento anticonvenzionale, la stessa reazione la suscita a Bellair. A lei non interessa sedurlo e in qualche modo è una donna he non ha bisogno di trucchi, di artifici. E soprattutto non ha paura di dire ciò che pensa. Si mettono quindi d’accordo per una messinscena per guadagnare tempo. Un finto corteggiamento. Nessuno dei due vuole sottostare al volere dei genitori e l’unico espediente che riescono a improvvisare è di fingere un corteggiamento per guadagnare tempo. La scena vista da Lady Woodvil e Old Bellair (del corteggiamento) è il primo esempio di una vera e propria scena interna. Recita nella recita. Anche abbastanza prolungata. [legge da “Are you in love?”] Momento preparatorio alla recita. Ci parla dell’amore per il teatro di Harriet, anche perché ama Londra, ed è scontato. Parla anche delle sue capacità di attrice. Le sue doti attoriali sono la conseguenza delle sue abilità di osservatrice. “Ho preso nota di come si fa”. Nel caso di Fopling c’è l’imitazione – scimmiottamento. Mentre l’imitazione di ciò che ha osservato di Harriet è ponderato. Entrano Lady Woodvil e Old Bellair e vedono la scena da lontano, quindi non sentono ciò che dicono. Harriet prende in mano la situazione e si proclama regista e da indicazioni a sé stessa e a Young Bellair. [rigo 127 – “See your son and my daughter”] Autodesignazione di spettatore da parte di Lady Woodvil. Puro metateatro. Sanno di non essere ascoltati quindi la loro conversazione sono indicazioni di regia. Inizialmente è Harriet che dirige, e poi su richiesta di YBellair tocca a lui istruire lei sull’uso del ventaglio. Ci sono almeno un 5/6 turni di battuta su come una donna che recita la parte dell’innamorata possa usare a suo vantaggio l’uso del ventaglio per comunicare messaggi al suo interlocutore. Per lei è stato un debutto ma si rende conto di essere in grado di recitare quella parte anche se per vissuto personale non le appartiene. Sono stati convincenti e lo capiscono dagli “spettatori”. E’ la seconda volta che la commedia ci dice che Harriet è una brava attrice. La prima volta è Orange Woman che dice che Harriet aveva fatto una buona imitazione di Dorimant. Seconda buona recensione. [Atto III, Scena II] A casa di Lady Townley, e Belinda si finge ancora amica di Mrs. Loveit e contro Dorimant. Il pubblico sa che finge, gli altri personaggi ci credono. Dopo entra Dorimant che inizialmente coinvolge tutti i personaggi in scena a poi prende da parte Belinda, che è ancora scioccata dal comportamento che lui sta riservando a Loveit, e non solo continua a aiutarlo ma si accorda per incontrarlo quella notte e concedersi a lui. Continua l’impianto meta teatrale della scena. Dorimant da indicazioni a Belinda su cosa far fare a Mrs. Loveit. Dorimant si rivelerà meglio come attore che come regista. Poco dopo, annunciato da un paggio, ecco l’ingresso in scena di Sir Fopling. Entrata ad effetto. All’arrivo di Sir Fopling tutti gli altri personaggi si alleano contro di lui perché la commedia ha un fine punitivo contro di lui. C’è un accordo tacito per cui tutti gli danno corda affinché lui si metta ancora più in ridicolo. Fopling conferma tutte le nostre aspettative: elogia le signore, francesismi… Saluta Dorimant con un abbraccio trattandolo da suo pari. In realtà si sta mettendo sempre più in ridicolo, non solo attraverso gesti fisici ma anche con il tono confidenziale che usa con Dorimant, a cui questo risponde con formalità per “respingerlo”. Fopling si mostra a noi come pessimo lettore degli altrui comportamenti e come pessimo attore sociale. La distanza che Dorimant insiste nel rimarcare è distanza di tipo personale, ma anche di tipo sociale. Per questo si rivolge a Fopling con “Sir”, per rimarcare la barriera gerarchica. L’affermazione sincera su se stesso di F, ma viene preso a scherzo: “la seconda ragione per cui è bene che io non diventi tuo confidente è perché non c’è cosa che mi fa venire più voglia di avere una donna se so che anche un mio amico la vuole.” Il libertino vuole sottrarre un bene, sottrarre potere a un altro uomo. Non tanto il piacere di conquisa della donna in sé. Le attività amorose sono meno una questione tra uomo e donna ma è più una cosa che un uomo sta facendo a un altro uomo. Competizione. Per questo prediligono le donne sposate. Più avanti Dorimant torna al suo scopo principale e mette in ballo Mrs. Loveit. [rigo 213] Dorimant convince Fopling che Mrs. Loveit ha un debole per lui e lo istiga a corteggiarla a St. James park dove lei si recherà quella sera. Sir Fopling poi se ne va e tutti iniziano parlare, dicendo tutto ciò che pensano di lui. [rigo 235] EMILIA: However you despise him, gentlemen, I’ll lay my life he passes for a wit with many. → Monito da parte di Emilia. Lui agli occhi di tanti potrebbe essere scambiato per uno di voi. Dorimant reagisce con un discorso di tipo eridatistico. “Sì questo può accadere ma solo la tasteless multitude può fare questo sbaglio.” Emilia ha accorciato le distanze tra Dorimant e il suo alter ego. CI ha fatto notare che il wit non è una qualità essenziale ma è una qualità che viene attribuita dagli altri per consenso intersoggettivo. Dipende da ciò che gli altri sono disposti Dorimant non intende comunque rinunciare alla sua vendetta su Loveit e la sua trama amorosa con Belinda. [QUARTO Atto] Ritrovo a casa di Lady Townley, dove c’è una country dance, annunciata già alla fine del terzo atto. Questo permette a Dorimant un secondo contatto diretto con Harriet. [Rigo 95] DORIMANT: Get you all together then. Alla fine c’è Fopling che viene accolto nonostante indossasse una maschera, ma subito gli viene chiesto di toglierla. Notiamo che non conosce i costumi. Secondo match verbale tra Harriet e Dorimant. Inizia con un primo commento sul suo atteggiamento fisico, sull’inchino. E’ interessante perché emergono elementi ulteriori. Sempre componente metateatrale. Principalmente è Dorimant che, sfruttando la sua capacità di leggere il comportamento di Harriet, cerca di ottenere qualcosa da lei. Harriet si difende egregiamente. Dorimant ci dice che c’è una preoccupazione, un’ansia che sottende il suo comportamento: la paura che l’ascendente che Harriet ha su di lui potrebbe avere ripercussioni notevoli se lei si approfittasse della sua debolezza, se lei si vendicasse per tutto ciò che ha fatto al genere femminile. Timore (infondato) della rivolta del genere femminile contro di lui, alleandosi. Infondato perché sono incapaci le donne di riconoscere un torto comune che tutte hanno. Potrebbe richiamare la paura degli avversari politici di Carlo II che in realtà il regno sia in mano a tutte le donne che ha. Anche questo dialogo si conclude con Harriet che di fronte alla richiesta di Dorimant di accettare la sua corte pone una condizione forse ancor più pesante rispetto a quella della prima conversazione (“sarò disposta a ingaggiare una conversazione con te nel momento in cui ti accontenterai di piaceri innocenti e non pretenderai ciò che sei abituato a pretendere da altre donne” + riferimento alla Quaresima): essere disposto a mettersi in ridicolo agli occhi degli altri. Questo per il libertino è diventare un Fop. E’ una prova ardua. Fortunatamente lui non ha modo di rispondere. Harriet dice “una misura dell’amore che stai cominciando a professare è la tua disponibilità a tollerare di diventare oggetto di scherno in quanto corteggiatore non corrispondo. Solo in quel momento di permetterò di provarci.” Questa è la seconda prova. Richiesta a cui non viene dato seguito. Scena di Fopling che entra con la maschera. Rimane dentro, dopo essersi tolto la maschera, perché indossa comunque un abito da gentiluomo. Richiamo al fatto che nella corte di Carlo II si poteva entrare se solo si indossava un abito degno. Bastava quello. [rigo 300-qualcosa] DORIMANT: [aside] The hour is almost come I appointed Belinda, and I am not so foppishly in love here to forget: I am flesh and blood yet. L’amore per Belinda non lo fermerà dall’andare avanti con Harriet. [Atto IV, Scena II] Si apre con una didascalia che ci fa capire che c’è appena stato un rapporto sessuale tra Dorimant e Belinda, come concordato. Ci comunica che Belinda è pronta ad andarsene; in scena la prima cosa che vediamo è una terza persona, Handy, quindi non è una situazione romantica, essendo il loro primo rapporto. Handy invece è lì che piega le lenzuola dove si è consumato il rapporto. Etherege sta dando un tipo di coloritura frettolosa. Clandestino. Una cosa di prassi, che è successa tante volte. Come se Handy aspettasse il prossimo appuntamento – abituato. E’ la seconda volta che vediamo Dorimant entrare “in his gown”. Quando è a casa sua Dorimant tende a stare in déshabillé, lui è in controllo perfettamente a suo agio, mentre Belinda ha molta fretta di andarsene per il timore di venire scoperta. Lei è già in ansia perché le sono chiari i rischi che sta correndo. Timore che Dorimant non sembra accusare. E’ una scena per l’epoca molto esplicita ed audace, che farà gridare allo scandalo gli oppositori al teatro di fine secolo. Alla fine della scena per errore Belinda viene portata a casa di Loveit dal chairman, la persona che abitualmente di notte porta Mrs. Loveit da casa di Dorimant a casa sua. Quindi lui di istinto la porta a casa di Mrs. Loveit. A casa di colei che molto probabilmente fino alla sera prima era stata la sua amante. [Atto V] Mrs. Loveit all’arrivo di Belinda inizia a sospettare che potrebbe essere lei la donna che distoglie l’attenzione di Dorimant da lei, ma Belinda si dimostra una brava attrice. Loveit ci crede e non ha più sospetti, mentre Pert capisce, essendo più sveglia. Belinda ha una sorta di svenimento perché vede Dorimant arrivare a casa di Loveit quando lui gli aveva promesso che non l’avrebbe più vista. Loveit si preoccupa e Pert dice che probabilmente al mercato Belinda ha mangiato troppa frutta. Allusione alla frutta – sesso. Dice che la capisce che anche lei da giovane era una grande mangiatrice di frutta. Pert si schiera per Belinda, e la copre. La porta via. Dorimant appena vede Loveit, la prima cosa che fa è esibirsi in una imitazione di Fopling, per prenderla in giro. DORIMANT: Now for a touch of Sir Fopling to begin with. Dorimant va da Loveit a imitare colui che nella vita lo imita. Recita di secondo grado, classificata da Mrs Loveit come una senseless mimic. Immagine della scimmia. Scimmiotta Fopling. Altro momento in cui potenzialmente le distanze tra Dorimant e Fopling si accorciano. Con questo “ape” – “scimmia” Etherege inserisce un elemento evidente a Rochester come terzo modello. Quindi abbiamo Dorimant che imita Sir Fopling che imita lui come imitazione di Rochester – del libertino nel mondo reale. Il riferimento potrebbe essere al ritratto di Rochester che era stato completato pochi anni prima in cui è ritratto mentre pone una corona d’alloro sulla testa di una scimmia. Lo fa per prendere in giro Dryden poeta laureato e rappresentando anche un po’ sé stesso. Andiamo alla seconda e ultima scena, ambientata a casa di Lady Townley. E’ appena stato celebrato in segreto il matrimonio tra Bellair ed Emilia con la complicità di Lady Townley e del cappellano Smirk. I giovani sono sposati, entra in scena Old Bellair, all’oscuro di tutto, che infatti non essendo a conoscenza della situazione si copre di ridicolo. In questa scena ciò che è più importante è il terzo scontro verbale tra Dorimant e Harriet, al termine del quale i due raggiungono un’intesa. Le loro posizioni apparentemente inconciliabili arrivano a un punto di composizione delle divergenze, quindi a un lieto fine – a una promessa di un matrimonio. Non alla celebrazione, come di solito sarebbe. A Dorimant viene proposto di salvare Harriet da quelli che sembrano essere i preparativi di un matrimonio indesiderato. [rigo 158] DORIMANT: In this sad condition, madam, I can do no less than offer you my service. Si presta al gioco. Da qui la conversazione si fa interessante. [lettura] HARRIET: The obligation is not great; you are the common sanctuary for all young women who run from their relations. Il generoso libertino non dirà mai di no a una fanciulla che si getta tra le sue braccia. Questo in effetti è una novità da parte di Dorimant perché ci sono ancora gli altri presenti e lui si presta a fare quello che Harriet gli aveva chiesto nel secondo incontro – mostrarsi come corteggiatore anche a rischio di ricoprirsi di ridicolo. HARRIET: Do not speak it if you would have me believe it; your tongue is so famed for falsehood ’twill do the truth an injury. Harriet con un affondo abbastanza potente fa notare al libertino come il suo copione gli renda impossibile fare offerte amorose credibili. Qualsiasi sentimento anche sincero proveniente da lui è letto dagli altri come falso. Il problema per Harriet è esattamente questo. Dorimant non sa come guadagnarsi la sua fiducia. Alla composizione si arriva attraverso una trattazione in cui sembra Harriet colei che detta le condizioni. Questa è una scena tipica della commedia della restaurazione, delle trame libertine, infatti ha un nome: “Burgain” oppure “Proviso”. La scena del negoziato. [rigo 123] DORIMANT: You wrong your own while you suspect my eyes; by all the hope I have in you, the inimitable colour in your cheeks is not more free from art than are the sighs I offer. Ritorna sull’argomento che fino a questo momento gli ha consentito di non sfigurare sul campo di battaglia, ovvero il fatto che Harriet è altrettanto artefatta e contraffatta di quanto non sia lui. HARRIET: In men who have been long hardened in sin we have reason to mistrust the first signs of repentance. DORIMANT: The prospect of such a heaven will make me persevere and give you marks that are infallible. C’è la promessa da parte di Dorimant di essere in grado di offrire dei segni esteriori che saranno prove inconfutabili del suo amore. E giustamente Harriet gli chiede cosa siano. HARRIET: What are those? DORIMANT: I will renounce all the joys I have in friendship and in wine, sacrifice to you all the interest I have in other women— HARRIET: Hold!—though I wish you devout I would not have you turn fanatic—Could you neglect these awhile and make a journey into the country? Sa che sono promesse irrealistiche, da parte di qualsiasi uomo, in particolare da Dorimant, anche se sono gli argomenti canonici del libertino che si redime per amore. Harriet gli propone di abbassare il tiro. Questa è la prova definitiva alla quale se Dorimant accetta di sottoporsi a questa forse Harriet comincerà a credergli. Non di rinunciare per sempre ai piaceri della vita, alle amicizie, al vino, potenzialmente alle altre donne… ma metterlo in “quarantena” per un periodo, andandosene da Londra e recandosi in campagna da lui. DORIMANT: To be with you I could live there and never send one thought to London. HARRIET: Whate’er you say, I know all beyond High Park’s a desert to you, and that no gallantry can draw you farther. DORIMANT: That has been the utmost limit of my love, but now my passion knows no bounds, and there’s no measure to be taken of what I’ll do for you from anything I ever did before. Dorimant ammette che fino a quel momento il massimo a cui si era spinto era al limitare di Hyde Park. Harriet lo mette alla prova: se sei in grado di ripetermi questa cosa nello Hampshire, inizierò a darti credito. [continua lettura] Dorimant si aspetta un gesto da lei. Harriet dice “non ti impedirò di mostrarmi il tuo amore.” Accenno chiaro al lieto fine, che lei lo sposerà se passerà la prova. Lieto fine rimandato a dopo la fine della commedia, che non vediamo. C’è solo questa aspettativa. Siamo nei pressi del finale tanto che poco dopo c’è la rivoluzione delle nozze tra Emilia e Bellair e una rapida e agevole riconciliazione finale. Un’ultima complicazione avviene con Mrs. Loveit e Belinda. [rigo 209] Queste altre due trame, queste due protagoniste che reclamano una conclusione e non essere dimenticate. Con loro Dorimant riesce ad escogitare su due piedi una strategia con cui riesce a placare questi ultimi due ostacoli. [rigo 245] Mrs. Loveit e Belinda arrivano insieme, come se si fossero alleate, ma non così pericolose. Lui dice “la donna che mi distoglieva da te era Harriet e te lo avrei detto, ma temendo la tua reazione ho dovuto tacere affinché tu non rovinassi i miei piani con lei non amorosi ma economici. Così avremmo potuto rimanere amanti.” Non era una amante, ma una faccenda economica. Belinda si convince del fatto che non rivelando che fosse lei la Mask la stia proteggendo. [rigo 263] Belinda gli dice “non provare di giustificarti con me”. Dorimant, forse per strategia, o forse pensandoci veramente, insiste e Belinda dice “no, mai”. Ma quando lei dice “when we do” rimane come se per scontato, il loro incontro accadrà di nuovo. Harriet non fatica a vincere l’opposizione della madre. Inizialmente inorridita dal fatto che Mr. Courtage è il diavolo incarnato ma alla fine cambia idea. Anche Old Bellair giunge a più miti consigli. L’ultimo elemento dissonante è l’arrivo in scena totalmente fuori tempo e fuori luogo di Sir Fopling. [rigo 305] Sir Fopling, al solito, non sa niente di ciò che è accaduto, non ha capito niente, arriva convinto di essere in procinto di espugnare Loveit e viene bruscamente liquidato da lei; però lui la prende bene e si dà alla danza che lui ama molto e per la quale ha studiato così tanto. Leggiamo l’ultima conversazione. La riconciliazione finale tra tutti che ci dice cosa succederà in futuro tra Harriet e Dorimant. [rigo 364] OLD BELLAIR: Adod, you shall stay and dine first; come, we will all be good friends, and you shall give Mr. Dorimant leave to wait upon you and your daughter in the country. La trama libertina sembra chiudersi con la vittoria di Harriet. E’ riuscita a piegare Dorimant al giogo matrimoniale, in una situazione in cui tra loro sembra nato un amore. Rispetta le convenzioni del genere comico. Harriet e Dorimant sono una gay couple. Gli ostacoli che devono superare non sono di tipo esterno come Bellair ed Emilia ma si tratta di riluttanza individuale di lasciarsi andare all’amore. Per Dorimant perché avrebbe posto un limite alla sua libertà sessuale, per Harriet si tratta di avere abbastanza garanzie sul Innanzitutto, Mr. Horner: protagonista libertino, motore primo della trama. C’è una differenza di caratterizzazione rispetto al nome. Dorimant ci rimandava a delle qualità del personaggio: lo sfavillio dell’oro, l’amore, e anche il mondo in qui le qualità del personaggio venissero recepite dagli altri. Horner invece come nome parlante rimanda a un comportamento, a un’azione. Azione che Horner compie in modo ripetuto e anche un po’ ossessivo durante la commedia e che lo definisce come individuo. Horner proviene dalla sua abitudine di rendere cornuti gli altri uomini conquistando le loro donne. Rispetto a Dorimant c’è una differenza di caratterizzazione visto che lui è definito dalle sue azioni, quindi anche un po’ prigioniero del suo personaggio, dal suo nome che lo vincola a un solo tipo di azione e comportamenti. E’ una sorta di monomania. Già solo col nome, Wycherley, crea le premesse per la costruzione di una versione di un libertino, una versione già degradata, quindi potenzialmente critica e satirica. Meno da ammirare. Meno oggetto di ammirazione incondizionata rispetto a Dorimant. “Horner” evoca pulsioni animalesche. Horner rimanda al caprone, animale cornuto. Al satiro della mitologia. Ma le sue corna riprendono anche al Diavolo, oltre che al caprone. Una versione meno patinata del libertino. Sappiamo che Horner era interpretato da Charles Hart. Attore di grande fama di quei tempi. Hart era diventato famoso come controparte comica di Nell Guinn di cui era stato l’amante. Charles Hart era stato il primo dei tre Carli di Nell Guinn. Quest’ultima era stata prima amante sua, poi di Charles Sackwill e poi Carlo II. Charles Hart ha già 45 anni quando interpreta Horner quindi dà al personaggio un’aura di decadenza, se non proprio di disfacimento. Non è un libertino nel fiore degli anni. Idea del libertino incallito, costretto ad oltranza a ripetere quelle azioni. C’è un altro legame biografico interessante: Hart era stato amante anche della potentissima Lady Castlemain che era stata anche una delle più influenti amanti di Carlo II negli anni 60, e fu anche amante di Wycherley. Quindi dobbiamo pensare a quante allusioni il ruolo di Hart potesse avere per gli spettatori. Il secondo personaggio maschile a venire citato è Mr. Harcourt: nella trama è il corteggiatore più canonico, più o meno il Bellair della situazione. L’innamorato della trama secondaria. Infatti ha il corteggiamento nel nome. E’ interessante che sia interpretato da Edward Kynaston. Lui è uno dei pochi attori se non il solo che alla riapertura dei teatri del 1660 era specializzato anche nella recitazione di ruoli femminili. Imparò solo successivamente a interpretare parti maschili, perché erano state introdotte le attrici. Si arrangia come eroe romantico. Inizialmente era un esponente della vecchia tradizione della performance en travestie, ed è interessante che l’eroe canonico, la normatività eterosessuale, sia chiamato un attore che ha un passato da noto travestito. Quindi c’è questo contrappunto con il ruolo. Aura di ambivalenza al personaggio. Stessa cosa accadeva quando Nell Guinn veniva scritturata per l’eroina casta e pura, che magari si sacrificava per amore, quando lei con l’amore ci aveva fatto carriera. Nel teatro della restaurazione questa cosa accadeva spesso. Successivamente, c’è Mr. Dorilant nel cui nome riecheggia il nome Dorimant. Mr. Pinchwife: ha nel nome un comportamento. Pinching his wife: rimanda al comportamento repressivo nei confronti della moglie Margery. Pinch significa da un lato “pizzicotto” quindi rimanda alla minaccia di pene corporali. Ma vuol dire anche “tormentare” – la tormentava, quindi. La teneva a stecchetto. Elemento dell’avarizia e grettezza di Pinchwife. Attore che lo interpreta è Michael Mohun, la cui fama era dovuta all’interpretazione di parti tragiche di Villain. Interpretava il malvagio delle tragedie – interessante perché Pinchwife è un personaggio grottesco, ma l’essere interpretato da tale attore lo rende anche un po’ pericoloso. Non è il solito vecchio che si frappone all’amore di due giovani ma può essere anche pericoloso. Mr. Sparkish: è il fop della situazione. Non è così centrale, elaborato, scenicamente cospicuo come Sir Fopling. E’ il suffisso ish che lo denota come un cattivo imitatore. Spark è quasi sinonimo di libertino – giovane uomo di mondo che si comporta come un libertino. L’aspirante libertino. “Sparkish” ci fa capire che è una realizzazione incompiuta. Una cattiva imitazione. L’interprete di Mr. Sparkish è Joseph Haynes, attore famoso per il suo comportamento stravagante sia in scena che nella vita reale. Personaggio molto eclettico. Attore ma anche autore di drammi. Interprete completo perché oltre a recitare, danza, canta, suona… Personaggio dalla vita piuttosto turbolenta: viene cacciato ripetutamente dai King’s men per il suo comportamento inappropriato: atteggiamenti insolenti, scurrilità in scena. Ogni volta che viene cacciato va a fare l’attore itinerante, ha una vita anche di vagabondaggio. Da attore itinerante viaggia molto, passando da Parigi e Firenze. Viene però sempre reingaggiato dalla compagnia perché al pubblico piaceva molto. L’altro aspetto che si collega al tema della commedia è la sua attività parallela di Quack. Come il personaggio che vediamo all’inizio della commedia in dialogo con Horner. Haynes faceva l’astrologo, il chiromante e l’indovino in pianta stabile. E dunque era una sorta di unione tra la professione dell’attore e del ciarlatano e saltimbanco. In questa commedia abbiamo il personaggio del medico ciarlatano, non interpretato da lui, ma come l’attore fa uso di tecniche teatrali spettacolari per vendere le proprie merci e millantate competenze mediche. Quindi c’è questo aspetto della simulazione, dell’impersonazione, della millanteria che fa dei Quacks una categoria affine a quella degli attori e infatti soggetta alle stesse condanne di cui saranno bersaglio gli attori a fine secolo. C’è questo legame tra teatro e medicina che è un’isotopia di The Country Wife. Isotopia medico patologica è pervasiva nel testo. E’ anche una caratteristica che troveremo nella polemica anti teatrale di fine secolo. A livello di metafora, l’idea della Quackery (ciarlataneria) viene spesso invocata dagli appositori del teatro per negare a questo la sua millantata funzione terapeutica. Quello che dicono è “il teatro si presenta come una cura, ma anzi, forse è una malattia”. E’ degno di nota che ci sia Joseph Haynes a interpretare un ruolo di Fop; ruolo che ci parla e ci racconta di processi di contraffazione in una commedia che si apre con un dialogo tra il libertino e un rappresentante dei quack. Il quack non è un personaggio che appare spesso in scena, è una parte secondaria, ma essenziale ai fini della trama. Il medicastro ha la funzione di avvalorare la menzogna sull’impotenza di Horner. Personaggi femminili: Mrs. Margery Pinchwife: è la giovane sposa di campagna del titolo. E’ interpretata da Elisabeth Bowtel, attrice molto nota come interprete di parti che prevedono un travestimento da uomo, parti in pantaloni. Infatti anche qui ne ha una, quando il marito la costringe a vestirsi da ragazzo. L’attrice è specializzata in parti di giovani fanciulle pure e innocenti, con un’aria infantile, l’innamorata delle trame comiche. L’introduzione però fa presente una seconda faccia del personaggio. Questa evocata dal nome Margery che forse rimanda al personaggio di una filastrocca popolare: Margery Dew. Una ragazza di campagna un po’ volgare e un po’ sgualdrina. Mrs. Alithea: a fashionable name in the 17th century. Nome di moda, viene dal termine greco per “verità”. My Lady Fidget, Mrs. Dainty Fidget e Mrs. Squeamish sono nomi più parlanti. Sono i membri della “virtuous gang” – banda delle virtuose. Fidget rimanda alla natura irrequieta del personaggio. Così anche il marito Sir Jasper Fidget – uomo impegnatissimo in politica, troppo da accorgersi cosa sta combinando la moglie. Nel suo caso rimanda alla sua natura di “intrallazzone”. Nel caso della moglie rimanda al suo appetito sessuale, al suo desiderio di avventure. Squeamish letteralmente è una che si scandalizza facilmente, schizzinosa, in questo caso da un senso di ipocrisia, perché come Lady Fidget ha un grande appetito sessuale. The Country Wife ebbe un discreto successo all’epoca, non straordinario. La percezione di questa opera come un capolavoro è un fenomeno novecentesco, nonostante venne rappresentato fino a metà 700. L’ultima rappresentazione nota è del 1753. Venne ignorata per due secoli, fino agli anni 20 del 1900. O almeno, per due secoli non venne più messa in scena nel modo originario. Negli anni 60 del 1700 vengono realizzati due adattamenti che continuano ad andare in scena: uno di John Lee “The Country Wife” e l’altro di David Gary “The Country Girl”, che per consentire a questa commedia di continuare a essere rappresentata ne producono due versioni molto moralizzate, edulcorate, con attenuazione del lato satirico, farsesco, e con una completa censura della volgarità. E’ una versione irriconoscibile ma che continua ad essere proposta agli spettatori. Passando alla struttura, Corman vede The Country Wife (con The Man of Mode e The Rover) come esemplare tipico di commedia libertina. Come in The Man of Mode ci sono diverse trame, in questo caso, tre trame comiche intrecciate tra loro: • Le conquiste sessuali di Horner (falso eunuco): si finge eunuco per poter avvicinare le donne dell’alta società (women of quality) e godere indisturbato dei loro favori sessuali. • Pinchwife e Margery (la “country wife”): trama per cui Pinchwife molto riluttante porta a Londra la sua sposa di campagna, che immediatamente prova, come lui teme, un robusto appetito per i piaceri che la città può offrire. Principalmente piaceri sessuali. • Harcourt e Alithea: più vicino alla commedia classica. Si conclude con un matrimonio. Harcourt è amico di Horner (un po’ come Dorimant e Bellair), riesce dopo una serie di complicazioni a conquistare la mano della bella Alithea che era stata destinata a Sparkish. Pinchwife, il fratello di Alithea, era andato a Londra apposta per concedere la mano della sorella al Fop, Sparkish. La trama si conclude però con un lieto fine. Questa è la gerarchia di importanza, ma in realtà il titolo metterebbe al primo posto la trama di Pinchwife e Margery, che poi si intreccia con quella di Horner, perché Margery è una delle sue prede. Corman, invece, non propone una gerarchia, casomai sottolinea una differenza: la natura prevalentemente farsesca della trama di Horner mentre le altre due sono più vicine alla commedia vera e propria. La trama due e tre impediscono a the Country Wife di virare verso la farsa. Permettono alla piece di stare entro l’ambito del comico e non sconfinare nel farsesco. La definizione che Corman adotta è “mixed comedy”. La terza trama è quella più vicina a quella della tradizione del comico visto che ha l’esito del matrimonio, ha molti punti di contatto con la trama del giovane Bellair ed Emilia. Le altre due trame sono più complesse nella struttura ma anche nella loro natura, soprattutto per il loro intersecarsi. La trama di Horner eunuco è pensata per avere come destinatari le donne del Town come Lady Fidget e le donne della sua cerchia. Nel momento in cui nella sua trama viene coinvolta anche Margery, una outsider, una campagnola, qualcosa si inceppa. La trama ben pensata di Horner finisce per dare esiti imprevisti che prendono in contropiede Horner stesso, che si trova in seria difficoltà a controllare la sua stessa trama. Margery fraintende il senso della trama, si innamora di Horner, pretende di lasciare il marito e di sposare Horner, ma questo non era l’intento di Horner. Inoltre, lei minaccia di svelare il suo segreto (che non è impotente) rischiando di mettere a repentaglio la reputazione delle donne coinvolte nella prima trama e smascherare l’ipocrisia dei mariti, perché alcuni sanno ma semplicemente non vogliono vedere. Margery è una sorta di mina vagante. Alla fine, verrà ricondotta a ragione da Horner e dalle persone coinvolte, le spiegheranno che l’amore e la passione non c’entrano nulla con il matrimonio, e a evitare ulteriori danni Margery viene ricondotta in campagna da Pinchwife. Londra si sbarazza di Margery. Finale che lascia l’amaro in bocca. Margery la vediamo per un momento intravedere la possibilità di una vita più in linea con i suoi bisogni e molto velocemente questa svanisce e viene riportata nella sua prigionia rurale, dopo aver assaggiato i piaceri di Londra, non è più ingenua. Qualcosa di simile accade a Harriet in The Man of Mode. Ma per Margery è più grave e opprimente. Nella terza trama Alithea che è l’unico personaggio davvero positivo nella commedia, tuttavia anche lei mostra una preoccupante incapacità di capire veramente gli altri e questo la stava portando a compiere un errore madornale: sposare Sparkish. Rischia l’infelicità. La catastrofe viene scongiurata grazie a Lucy, la servetta arguta. In generale, nel finale di questa commedia è davvero poco chiaro quale sia la morale; Horner viene lasciato impunito a continuare le sue scorribande, e questa è la ragione per cui secondo Corman da metà Settecento l’opera viene giudicata impresentabile. L’elemento indigesto, secondo Corman, fu più quello che la volgarità. Sempre Corman riconduce tutte tre le trame alla tradizione Johnsoniana, della commedia satirica/punitiva (bipartizione in tradizione Johnsoniana/Fletcheriana). Qui è più evidente questa caratteristica satirica/punitiva, tendente a virare verso il farsesco. La commedia che si fa beffa di personaggi facilmente ingannabili o perché troppo pieni di sé, o perché ipocriti, o perché avidi; vittime predestinate di personaggi capaci, invece di costruire esempio Margery tenuta sottochiave da Pinchwife, oppure Mrs. Squeamish spazientita davanti alla porta chiusa di Horner nella China-scene. Horner stava consumando con Lady Fidget e lei è davanti a quella barriera. L’energia sessuale di queste donne abbatte qualsiasi barriera. Il personaggio che si sente più in assoluto minacciato è Pinchwife che è disposto a tutto o quasi per mettersi al riparo dalla lussuria femminile; ha messo in atto un piano abbastanza complesso: ha sposato volutamente una campagnola per ripararsi dal pericolo e quando è costretto a viaggiare con lei a Londra la tiene sottochiave, la fa vestire da uomo pensando di cautelarsi contro il bisogno di avventure della moglie. Di fatto, costruendosi la sua stessa rovina. Più cerca di proteggersi dalle corna, tanto più favorisce l’azione di Horner. Gli uomini hanno una percezione comune: donne come esseri insaziabili. Quindi tutti gli uomini sono potenziali Horner. Anche Horner basa le sue trame sull’ipotesi confermata delle donne come creature sessualmente voraci. Sa di avere ottime chance di successo. Il problema è come arrivare alla preda attraverso gli ostacoli esterni che gli ambienti, la società impone. Dorimant nel caso di Harriet deve vincere delle resistenze, invece Horner deve solo lavorare sul modus operandi. Le donne sono disponibili. C’è una coloritura più ambivalente: Horner alla fine ha un incredibile successo. Le sue trame riescono aldilà di ogni più rosea previsione. È lui che costruisce le trame, che pensa di poter usare a suo vantaggio l’indole che riscontra nelle donne, ma nel finale non è così chiaro se sia Horner a controllare la situazione o se sia diventata la situazione a controllare lui. Se è come Dorimant che mantiene il controllo, oppure l’ha perso, diventando effemminato (nel senso di esser totalmente assoggettato al desiderio e alle donne). Intorno a questo concetto si sviluppa un discorso politico nei confronti di Carlo II. Se Dorimant è una confutazione delle critiche che vengono mosse a Carlo in quanto il sommo libertino può permettersi di rischiare di avventurarsi in situazioni per altri rischiose ma da dove lui esce a testa alta, in Horner la valutazione è un po’ più ambivalente: potrebbe essere il grande vincitore o il grande sconfitto della situazione. La costruzione del personaggio di Horner, come in The Man of Mode, viene affidata alla lunga prima scena del primo atto. Analogia strutturale. Primo atto composto da un’unica lunga scena, con stessa identica funzione espositiva: presentazione delle premesse, comunicazione delle informazioni necessarie alla trama, stesso evidente intento di costruire la centralità del personaggio libertino rispetto alla trama, alla vicenda, al sistema di valori della commedia. Ci sono analogie anche nel modo in cui Horner sin dal primo momento cerca di conquistarsi la confidenza e la complicità del pubblico – dei suoi potenziali interlocutori e alleati. [Atto I, Scena I] Ne avevamo già parlato trattando dello spazio della playhouse della restaurazione, delle caratteristiche fisiche di questa quanto influiscano anche sulla drammaturgia, sulla scrittura delle commedie. Questo è un incipit in aside: Horner entra in scena e rivolge la sua prima battuta a noi spettatori. La didascalia ci dice: Enter Horner, and Quack following him at a distance. Horner inizia, dicendoci in aside: A quack is as fit for a Pimp, as a Midwife for a Bawd; they are still but in their way, both helpers of Nature. Poi, rivolgendosi a Quack: Well, my dear Doctor, hast thou done what I desired? Riferendosi alla trama che lui ha escogitato e che sta cercando di portare avanti tramite l’aiuto del medico ciarlatano. Lo stesso fa Dorimant – stesso tipo di relazione che viene instaurato tra libertino e pubblico. [lettura prima scena] Quack ha obbedito agli ordini e si è dato molto da fare spargendo la voce dell’impotenza di Horner. Carrellata di tipi sociali che emergono (chiunque a cui Horner voleva che arrivasse la voce di lui eunuco): si passa dalle Orange Wenches (popolane), City Husbands, fino alla corte. Il primo accenno a questa similitudine tra le voci che si diffondono e le malattie contagiose che si diffondono. Qui, la calunnia, la falsa nuova dell’impotenza di Horner si diffonderà, avendone Quack sparsi i germi, come il vaiolo. L’utilizzo di analogie medico-patologiche è poi incluso nel dialogo che vedremo subito dopo: and you will be as odious to the handsome young Women as ... Horner è disposto a diventare oggetto di scherno pur di ottenere ciò che desidera. “C’è chi vuole apparire come grande conquistatore di donne e poi goderne poco, mentre io preferisco avere una pessima reputazione ma raccogliere i frutti della mia menzogna.” Horner diventa lo spauracchio di tutte le donne sessualmente attive perché non più utilizzabile quindi viene associato tramite similitudini con malattie e disturbi. Viene percepito come la sifilide, come “Annis-seed Robin” è un personaggio che vendeva un carminativo, un medicamento chiamato Annis-seed Water, che favorisce l’espulsione dei gas dall’intestino. Horner viene accostato nella sua nuova condizione di eunuco a malattie contagione e deturpanti o a condizioni sgradevoli. L’uso del linguaggio medico a scopo metaforico lo ritroveremo nella polemica antiteatrale di fine secolo dove le malattie contagiose, deturpanti, vengono associate al teatro e alla sua azione perniciosa sulla società e sulla moralità pubblica. Qui la peste non c’è ma è importante che ci sia la sifilide perché è spesso presente anche nelle commedie, negli scritti dei drammaturghi stessi, come malattia professionale del teatro, o anche malattie di trasmissione sessuale come la gonorrea. Questo ribadisce il concetto di teatro come luogo di vizio, perdizione e promiscuità sessuale. E’ interessante che abbiamo in scena un Quack, un medico che non sa curare, e questa immagine della malattia associata al libertino e alla sua trama. [rigo 22] Horner è soddisfatto della capillarità della diffusione della notizia, ma è preoccupato che non tutti credano alla notizia, quindi si assicura che Quack abbia detto che “I am only afraid 'twill not be believ'd; you told'em 'twas by an English-French disaster, and an English-French Chirurgeon, who has given me at once, not only a Cure, but an Antidote for the future, against that damn'd malady, and that worse distemper, love, and all other Womens evils.” C’è l’idea di una malattia anglo-francese a trasmissione sessuale a cui un medico anglo-francese ha posto rimedio in modo drastico rendendolo eunuco. Quindi mettendolo al riparo per il futuro dalla malattia sessualmente trasmissibile e dall’amore come malattia. Questo English-french amplificano il topos della contaminazione. Contaminazione in questo caso culturale. Malattia di forse contaminazione francese è da leggere come riferimento all’operazione di contaminazione culturale che sta alla base della scrittura di Wycherley, che qui si rifà in modo molto diretto a opere francesi. Per la prima volta caratterizzazione dell’amore come malattia più virulenta della malattia venerea. Nella commedia ricorre questo concetto specie in riferimento alla sessualità femminile che assume caratteristiche di corruzione, perniciosità e alta carica infettiva. ____________________________________________________ 03.04.20 [Atto I, Scena I] Primo dialogo tra Horner e Quack. Le battute di questo dialogo iniziale sono pervase da analogie con la sfera della malattia, della medicina simulata, quindi della ciarlataneria. Espressione interessante perché ci fa capire come questa dimensione discorsiva legato alla malattia, alla sua cura, alle figure deputate a curare o a peggiorare le malattie – come tutto questo discorso abbia un implicito sostrato metateatrale. Anche i drammaturghi fanno uso di un linguaggio metaforico di cui poi si approprieranno chi farà parte della polemica antiteatrale. Parliamo dell’espressione che si trova al: [vv. 34/36] Quack è perplesso rispetto alla strategia pensata da Horner e la trova assurda. You take, methinks, a very preposterous way to it, and as ridiculous as if we Operators in Physick, shou'd put forth Bills to disparage our Medicaments, with hopes to gain Customers. Dice che fingersi eunuco per conquistare donne è tanto assurdo quanto per dei medici in cui denigriamo i nostri medicamenti allo scopo di attrarre potenziali clienti. “put forth bills” fa riferimento al comportamento dei medicastri dell’epoca. La linea di demarcazione tra medici e ciarlatani era sottile, al tempo. Esisteva una medicina popolare tacciata di ciarlataneria che per pubblicizzare i propri prodotti si serve di strategie di comunicazione tipo volantini (bills) ma sono anche strategie performative di natura prettamente teatrale, soprattutto dopo la seconda metà del 700, in cui queste figure cominciano ad adottare la prassi di tenere lunghe conferenze con dimostrazioni pratiche, si mettono lunghi annunci sui giornali. In questa fase, invece, la dimensione spettacolare della medicina popolare si fonda su forme di teatro popolare. Vere e proprie esibizioni sulla pubblica piazza. Questo fenomeno è stato equiparato a una vera forma di teatro, “teatro dei quacks”. Usano come palcoscenici la strada, la piazza, il mercato, la fiera. Si servono di alcuni elementi propri dell’elemento teatrale: palchi, costumi, rudimentali scenografie, musica, personaggi che comunicano con il medicastro… [foto slides] Prima foto: Arlecchino, mago e barbiere. Incisione del 1758. Veri personaggi della tradizione teatrale popolare che fanno da aiutante al medico che si esibisce nella sua attività professionale. Seconda foto: M. Machoire, dentiste du grand mogol (acquaforte a colori, 1817) Abbiamo un Pierrot che fa da aiutante a un cavadenti. Acquaforte di ambito francese quindi vediamo che questo non è un fenomeno prettamente inglese. Ci sono questi personaggi di contorno, quindi, chiamati che fanno riferimento alla commedia dell’arte, oppure al teatro popolare inglese. Il pubblico dell’epoca avrebbe colto un riferimento al tetro, infatti non è un caso che il Quack nella commedia sia colui che rende possibile il travestimento di Horner come qualcuno che non è, ovvero da libertino a impotente. Il Quack rende credibile. Nel primo dialogo quindi abbiamo, in ordine: analogia tra malattia e la voce che si diffonde come il contagio. Poi malattia viene riferita al disgusto che Horner susciterà nelle donne di varie classi sociali nella sua trasformazione in eunuco e poi accostamento tra malattia e l’amore nella sua dimensione carnale. Associazione che è più forte parlando della sessualità femminile. Questa associazione è esplicitata nel soliloquio con cui Margery confessa di avere contratto il morbo londinese. Soliloquio che precede la lettura della lettera che lei ha scritto. Siamo nell’apertura della scena. Siamo a casa di Pinchwife, Margery sta scrivendo una lettera, entra di soppiatto il marito, vede che sta scrivendo, sospetta che lei stia scrivendo ad Horner e gliela strappa. Questa è la seconda lettera, la prima è quella sotto dettatura del marito che poi sostituisce con la vera lettera che vuole mandare a Horner. [Atto IV, Scena IV] Mrs. Pinchwife: Well 'tis even so, I have got the London disease they call Love. I am sick of my Husband and for my Gallant. I have heard this distemper called a Fever, for when I think of my Husband, I tremble and am in a cold sweat and have inclinations to vomit. (…) “Il morbo londinese”: Margery dice di averlo contratto appena arrivata perché si respira nell’aria londinese, fa parte del clima cittadino, è una patologia di natura ambientale. L’effetto, oltre a febbri intermittenti, è di liberare il suo istinto. Di dare briglia sciolta al suo intento e muovere il suo agire nella direzione di scavalcare tutti gli ostacoli che le impediscono di appagare il suo desiderio. L’immediata conseguenza che vediamo nella conclusione è anche una sorta di processo formativo per cui Margery capirà che la strategia migliore per poter dare libero sfogo ai propri istinti è quello di imparare a mentire. Altro nesso tra il morbo del desiderio, la recita e la maschera. La malattia e il teatro. Non lontano dal rapporto tra Horner e Quack. Il bisogno di confezionare una maschera che serve a reagire al morbo, o a seguire le proprie inclinazioni. Un altro elemento che si collega è quel nesso di cui abbiamo parlato precedentemente, parlando delle prostitute, abbiamo detto che ci si riferiva a loro come “mascherina”. Associazione metonimica. La “mascherina” è una donna, una prostituta. Non si usa questo termine nei confronti degli uomini in cerca di avventure sessuali. Questo è asintomatico perché nelle commedie la dimensione della simulazione che è una conseguenza dell’aver contratto la London Disease è una prerogativa principalmente femminile. In questa società le donne devono stare molto attente a salvare le apparenze. In the country wife il mascheramento per garantirsi la libertà sessuale non è più prevalentemente legato al modi di privarsi della sua compagnia. Quando arriva però loro sono ancora in scena e devono conversare con lui. E’ grazie a Sparkish che la commedia, come in The Man of Mode, mostra la sua attenzione per il dettaglio topografico e il desiderio di portare Londra in scena con molti riferimenti, citazioni, verbali ai luoghi come per esempio taverne, negozi... A partire dal rigo 300 questi vengono citati. Luoghi noti e frequentati dagli stessi spettatori che si trovano in sala. Arriva in scena, per ultimo, non a caso, Pinchwife. Veniamo a sapere che una volta anche lui faceva parte del libertinismo, e appunto conoscendo l’ambiente e cosa sia la lussuria femminile, si era sposato una ignorante di campagna, pensandola più controllabile. E’ appena tornato a Londra ed è l’unico che ancora non sa della menomazione di Horner, quindi gli crea terrore e ha il bisogno ossessivo di tenerlo lontano dalla moglie. Atteggiamento di Pinchwife nei confronti della moglie e delle donne in generale: [vv. 343] Horner: Who have we here, Pinchwife? Pinchwife: Gentlemen, your humble Servant. (…) Estrema misoginia del linguaggio di Pinchwife. Volgarità di lui che dice che avrebbe dato a Sparkish 5000 sterline per andare a letto con sua sorella. In teoria avrebbe dovuto essere un matrimonio ma sembra più un accoppiamento. Questo si ricollega al paragone che fa implicitamente tra le donne e il bestiame. In campagna almeno siamo un po’ più certi della razza, da che allevamento proviene, se è già corrotta o se ancora no. Tant’è che dopo Horner lo paragona a un allevatore di bestiame. Alla luce di questo la ribellione di Margery ci pare giustificabile. [rigo 346] Esplicitazione del perché Pinchwife sia andato a cercarsi la moglie in campagna: voleva l’ignoranza. Questa equazione tra donna e bestiame; donne come oggetto di compravendita: ricorre soprattutto nel linguaggio di Pinchwife ma anche degli altri personaggi. Immagine disturbante delle donne paragonate prima paragonate a cavalli, animali che dovrebbero essere sottomessi al marito, ma che invece si comportano da…. [Atto IV, Scena IV al rigo 40] Pinchwife ha scoperto la moglie che sta scrivendo la lettera a Horner e parla di lei e delle donne come animali stupidi, privi di raziocinio. Questo in qualche modo richiede una punizione che a Pinchwife verrà combinata dalla commedia. È lui nella commedia il personaggio che viene maggiormente punito, proprio per il suo eccesso. Ma in qualche modo anche Horner che ci viene presentato come il vincitore nella trama, forse è anche lui oggetto di vendetta da parte delle donne. Forse anche lui viene punito per il suo comportamento. La trasformazione del libertino da predatore a potenziale vittima comincia a diventare chiaro nella celeberrima China scene. La scena dell’atto IV, scena III, comica, in cui il libertino inizia a trasformarsi da soggetto desiderante a oggetto del desiderio altrui. La China (da cui “China” scene) che le donne vanno a cercare a casa di Horner è un’allusione sessuale. ______________________________________________ 7.04.2020 [Atto IV, Scena III] China Scene. Video di quando arriva Mrs. Squeamish [nell’ultima slide dell’argomento 5]. Momento clou della comicità con accelerazione della trama e con entrate e uscite che costringe Horner ai salti mortali. La China ovviamente è una code word per indicare i favori sessuali che sempre più donne dell’alta società vengono a reclamare ad Horner. Sempre più doppi sensi: oggetto di porcellana con cui Lady Fidget esce dalla stanza con Horner che ha una forma fallica – gioco visivo che l’allestimento non si lascia scappare. Per mascherare la reale natura delle varie transazioni tra Horner e le sue varie donne è stata usata la porcellana, perché? Che connotazioni si porta dietro? Intanto, è un oggetto che è appropriato al contesto sociale. La porcellana è un oggetto di moda, è uno tra i regali dispendiosi che Horner elenca tra quelli che le donne altolocate pretendono dai loro corteggiatori, quando lui dice “voi mi costate troppo, ecco perché finora me la sono spassata con donne di bassa lega”. E’ una sorta di status symbol. La porcellana si porta dietro anche connotazioni che di riflesso si estendono al libertino, colui che distribuisce la China, creando degli effetti ambivalenti. La porcellana, la China, era spesso associata alla femminilità, alla sessualità femminile e soprattutto alla verginità. Verginità che come la porcellana è un bene tanto prezioso quanto fragile. E’ difficile ripararla una volta rotta. E’ interessante che qui la China sia associata alla sessualità maschile, a Horner, che è colui che la distribuisce. Ulteriore indizio di un processo messo in atto dalla commedia che prevede un gioco con l’identità di genere, un rovesciamento di essa. Libertino maschio predatore per eccellenza che tramite un’associazione con la porcellana riceve un processo di femminilizzazione. Risulta associato a un oggetto che ha connotazioni di gender diverso rispetto a quello che ci aspetteremmo nel suo caso. Questo enfatizza l’ambivalenza della scena. Questa scena che probabilmente a primo acchito la leggiamo come la prova inconfutabile del successo della trama di Horner e della sua magistrale conduzione di essa; ma soprattutto per la dimensione farsesca che la trama assume in questa scena, la sensazione che cominciamo a provare è quella di un Horner che è caduto vittima della sua stessa trama. E’ il gioco a condurre lui. Da predatore a preda. Questa dinamica ricorda sicuramente il concetto del desiderio secondo Hobbes. Macchina che una volta messa in moto vive di vita propria e muove le azioni umane e le controlla. Noi siamo succubi di un desiderio che condiziona ogni nostra azione che non possiamo controllare, appagare, vincere, se non con la morte. Questo concetto, qui, è espresso tramite la dimensione farsesca che la trasformazione di Horner in uomo-oggetto. Processo di reificazione dell’individuo. Horner lo vediamo trasformato in porcellana ambita da queste donne insaziabili. Ridotto a pura sessualità. Personaggio la cui identità è definita soltanto dalle prestazioni sessuali che è in grado di erogare. Questa scena getta una luce molto ambivalente sulla conclusione della trama. Chi è il vero vincitore? Certamente Horner con le sue prodezze sessuali è la somma incarnazione del libertino nella sua dimensione eroica. La sua supremazia sulle donne sembrerebbe incontrastata e ineguagliata. Nessun uomo della commedia può competergli e nessuna donna della commedia gli resiste. Ha quindi un potere sugli altri attraverso la conquista sessuale. Questo è un aspetto della scena. Al tempo stesso però questa scena ci mostra un libertino che se è in grado di trarre vantaggio dalla lascivia femminile e di controllarla, utilizzarla a suo favore, in realtà rimane lui stesso in trappola dalle sue stesse macchinazioni in modo che non è così distante da quello di Pinchwife. Pinchwife che cerca invano di controllare la sessualità femminile e ogni volta che si inventa uno stratagemma peggiora solo le cose. Pinchwife e Horner rappresentano due modelli opposti nella commedia ma sotto sotto sembrano rimanere prigionieri dello stesso meccanismo. Nel caso di Horner c’è una seconda aggravante che emerge nel quinto atto: oltre a trasformarsi in una preda degli appetiti sessuali altrui – le donne che approfittano della sua disponibilità sessuale lo fanno per soddisfare i loro istinti senza curarsi apparentemente del piacere di Horner. Ridotto a schiavo più che a padrone. – In più c’è l’aggravante che lui per continuare a far progredire in modo funzionale la sua trama, deve continuare a fingersi eunuco. Quindi non solo è ridotto in schiavitù, inoltre non può godere della vera principale ricompensa del libertinaggio: vantarsene con gli altri uomini. La conquista sessuale è una questione tra uomini. Lo scopo ultimo di Horner è rendere cornuti gli altri uomini. La donna è un mezzo. Il problema è che se ti fingi eunuco gli altri non lo sanno, quindi manca ricompensa omosociale. Manca la possibilità di vantarsi con la propria cerchia di amici e sodali. Ci sono pesanti ipoteche sul reale successo della trama di Horner e tutto questo trova un proprio corrispettivo visivo. Il fatto che forse la trama non abbia portato agli esiti apparenti Wycherley lo sottolinea con le ultime immagini della commedia, appena prima delle ultime battute di Horner. [atto V, scena IV] Prima dei due distici finali di Horner, c’è una didascalia che ci dice “a dance of cuckolds”. L’ultima immagine della commedia è questa danza conclusiva che è una convenzione tipica della commedia: di solito c’è questa danza o festa con cui la commedia si chiude a segnalare il lieto fine, il ripristino dell’armonia sociale, il superamento degli ostacoli, lo scioglimento delle tensioni. Questa dance of cuckolds è una sua inversione parodica e paradossale, e c’è da aspettarselo visto che coloro che arrivano mascherati da cuckolds a danzare sono stati procacciati da Quack. Già questo ci dice che è qualcosa di non genuino. E’ un’inversione del suo significato. Un mondo alla rovescia. Quello che continuiamo a vedere sono cornuti, vittime dell’insaziabilità delle donne che le rende pronte a qualsiasi tipo di inganno e sotterfugio. L’ultima battuta di Horner corrobora questa idea di un mondo alla rovescia. Lui parla di sé stesso come una creatura prigioniera del suo ruolo e anche costretto a sopportare l’infamia pubblica per poter continuare a godere chissà quanto dei favori sessuali delle donne di alta società. Oltretutto, ulteriore elemento che ci fa pensare di un qualche tipo di sovvertimento in questa commedia è il fatto che l’epilogo qui spetta a un personaggio femminile, Lady Fidget, dunque la donna lussuriosa per eccellenza, ed è un epilogo che esprime un punto di vista prettamente femminile. Qui sono le donne ad avere l’ultima parola. Nell’epilogo scritto da Dryden per la commedia di Etherege si parla di Sir Fopling e l’attore che recita l’epilogo apostrofa il pubblico come composto da uomini. Sia emittente, che destinatario che contenuto è al maschile. Qui, l’emittente è una donna, l’enunciato parla di entrambi e il destinatario sono varie categorie di uomini all’interno del teatro (che richiama nell’enunciato: i bellimbusti/vigorosi che vengono quotidianamente qui per godere dei favori sessuali delle prostitute che frequentano i teatri – i donnaioli – o i visitatori maschili all’interno dei camerini delle attrici, i galantuomini più attempati dopo una vita di vizi e baldorie e poi i damerini che hanno più soldi che virilità). [lettura e traduzione] Le ultime parole di Horner e la chiusa di Lady Fidget ci trasmettono un’immagine della sessualità femminile molto potente e molto difficile da imbrigliare per gli uomini. La commedia ci trasmette un’immagine finale del libertino molto meno rassicurante rispetto a Dorimant. E’ un uomo estremamente virile ma assoggettato al volere degli altri. E’ un po’ idealmente eunuco. Horner effemminato. La stessa colpa che veniva attribuita a Carlo II. Il fatto che l’epilogo insista su questa capacità dello sguardo femminile di penetrare la maschera della virilità maschile, è interessante. Può essere collegato alla isotopia del metateatro e forse anche alla questione delle attrici (queste donne che pongono una seria sfida con il loro essere in grado di travalicare barriere che le vorrebbero più sottomesse al potere/sguardo maschile). Nell’epilogo la tesi è: a letto la donna capisce inevitabilmente se un uomo è virile davvero o fa finta. Per il modo in cui la commedia insiste sulla questione della maschera come salvacondotto, il fatto che in questa commedia c’è Horner che si spaccia per eunuco e lo lasciamo come caso maschile, ma perlopiù chi è costantemente impegnato nel salvare le apparenze costruendosi delle maschere come salvacondotto sociale, in questa commedia sono soprattutto le donne. Il fatto che ci sia un uomo a farlo è solo in apparenza una contraddizione, perché questo uomo ha dei tratti marcatamente femminili. Questo è solo un altro tratto femminile in Horner. Questa vittoria dello sguardo femminile che viene celebrato nell’epilogo va collegato al fatto che le donne in questa commedia tranne Margery sono delle attrici consumate, nel fingersi il contrario opposto di quello che sono. A loro la società ha sempre imposto la maschera della virtù e della castità. Battuta del testo dove forse è esplicitato l’accostamento della virtuous gang alle attrici: Atto V Scena IV. Scena del festino dove Horner cala la maschera e ognuna sa di non essere l’unica a conoscenza del segreto. La reazione di Lady Fidget è interessante. [rigo 164] Lady Fidget: Ladies, this is my false Villain. Horner spera di cavarsela, ma sta sudando freddo. Lady Fidget dice che ormai la frittata è stata fatta, quindi invoca un’alleanza con le altre donne, che permetterà loro di continuare a godere dei favori sessuali di Horner e nessuno dirà niente perché nessuna avrà interesse a smascherare l’altra, ognuna proteggerà il proprio onore. Questo sister-shares probabilmente al pubblico dell’epoca poteva suonare come riferimento al potere sempre maggiore che le attrici stavano conquistando sulla scena della restaurazione e alla loro aspirazione di avere lo stesso potere degli attori maschi nella gestione delle compagnie. “Share” nel senso di azionista. Al momento sono ancora solo rivendicazioni. Per almeno un altro decennio le donne continueranno essere pagate meno e non saranno azioniste. La prima azionista negli anni 90 – Elizabeth Barrett. Le attrici iniziavano a far sentire la propria voce, non solo mostrare il loro corpo. She said “yes, I’ve used Thomaso as one of my sources, especially for the character of Angelica Bianca who was taken straight out of this play, but the rest is an original work. The plot and the theme are my own”. The idea is that if a woman is writing a play, this can only derive from a male source. She’s unable to write something. The Rover has a sequel written by Behn in 1681, called The Rover Part II. As a result of Behn’s writing this second play, her earlier play is now sometimes called “The Rover Part I”. The title was interesting for an Italian readership it also contains at least two difficult cultural-specific terms. First of all, the term “rover” in Italian is translated as “giramondo”. This is the primary meaning, someone who travels around. It describes the nature of most of the male characters – they rove, they are displaced persons. Stateless persons. They are no longer able to live in their own country. Displacement. This is particularly true of the character of Willmore, who is not attached to land since he is the captain of a ship, he lives on the sea. The secondary meaning is: “an inconstant lover, a male flirt”. It is synonymous with the verb “to ramble” – associated in the play to female characters. But it means to seek sexual encounters. The Rover is a term which associates the protagonist with the culture and the practice of libertinism. “Giramondo” obviously doesn’t catch this meaning. Connected to the idea of looking for sexual adventures is the idea of inconstancy, so an inconstant lover is the definition. This element is frequently stressed, frequently emphasised in the dialogue, for instance Valeria in act 3 scene 1 calls Willmore a “wandering inconstant”. [act 3 scene 1 line 28] Valeria is talking to Hellena referring to Willmore and, a little later, Hellena is defined as the female version of the libertine, and she is called by Florinda “a mad wench”. Mad because she’s inconstant but also because she adopted the libertine behaviour. She is bent on flaunting social conventions in her pursuit of love – in order to love and be loved. “Wench” is often used as synonym of “whore” in this comedy. It is a strong label to attach to a virgin who is destined to a nunnery. Lucetta, who is a prostitute, is called a jilting wench in the list of characters. She’s had a lot of lovers and she’s always looking for new ones. In this comedy the literal meaning of “to rove” as “to wander” doesn’t only carry metaphorical connotations; it is also very closely tight to specific historical setting and political condition which is shared by the other English man in the play. The subtitle gives us a very specific historical frame in which we have to situate this wandering. “The banished cavaliers” immediately collocates the play in the interregnum period. The period of Commonwealth and the cavaliers, the supporters of the Stuart monarchy, had been sent to exile. The Englishmen in this play are rovers as a result of their support to be marked to the royalist codes. They are those who remained loyal to the Stuarts and to Prince Charles during the interregnum and as a result they were exiled and their estates were confiscated, and this explains why they’re now poor – chronic poverty is tight to this historical situation. So, this is a cultural-specific term that is difficult to translate in Italian. It is not correct to translate it just as “cavalieri”. It is a very specific group of people. We know from the title that we are in the 1650s and further details are given in the expository opening scene. We are given further information about the type of frame through a line spoken by Florinda. [line 48] Hellena and Florinda are talking about Belvile (one of the Englishmen) – Florinda is attracted to him – “I knew him at the Siege of Pampelona”, so, for a Restoration audience this could have been an indicator of the place setting in the 1650s. Pamplona for several years was an object of contention between France and Spain. They were at war in 1650s - this was the Franco Spanish phase of the 30 years’ war. The war between France and Spain in the 1650s coincide with interregnum in England. So, here we have another very specific indication about the time when the play takes place. From Florinda we also learn that Belvile, who is an exiled Englishman, apparently joined the French army as a mercenary soldier, on the invader side during the seech(?), whereas Florinda and her brother were among the beseech by the French. They are Spanish. Belvile behaved very gallantly and now he has left the French army and he has found hospitality at Naples – at the time Naples was under the Spanish rule. He has sort of swop sides but apparently this has not involved any friction. This is another possible reference to historical events – Charles II who was still prince in exile was supported by France until they decided to withdraw its support and at that point, Charles II negotiated a treaty with Spain. He changed sides according to his needs and continued to have good relations with both parts involved. Further details on this stranded Englishman comes in the following scene [Act I, Scene II, line 55] when Willmore enters. Willmore arrives while Blunt and Frederick, two of his group of Englishmen, are teasing Belivile. Belvile is feeling melancholic and is undergoing a period of sexual restraint because he’s fallen in love with Florinda. Not even a prostitute could tear him out of his melancholy. Even if he would, Belvile couldn’t afford a prostitute. [Act I, Scene II, line 55] BELVILE: Willmore! welcome ashore, my dear Rover! — what happy Wind blew us this good Fortune? We learn what we talked about before at [line 43.] BLUNT. Why, ’dsheartlikins, I love a frank Soul — When did you ever hear of an honest Woman that took a Man’s Mony? I warrant ’em good ones — But, Gentlemen, you may be free, you have been kept so poor with Parliaments and Protectors, that the little Stock you have is not worth preserving — but I thank my Stars, I have more Grace than to forfeit my Estate by Cavaliering. We learn that Blunt still has a little money left, while the others have just trayfuls because of parliament and protectors. This is a reference to the fact that in 1650s was ruled by a part of the parliament and by Cromwell as their lord protector. Their money and their estates had been confiscated by the puritan forces. So, poverty in this play is almost a virtue because it is an indicator of support to the royalist cause. New reference to “cavaliering” as a verb “to be a cavalier”. Blunt does not seem to be one of the cavaliers. “I knew better than losing all my money and properties by supporting the Stuarts.” There’s a state/production tradition of staging Blunt as a puritan. This is not necessarily the right way of interpreting the character because a few lines later Belvile calls him “one of us”, after line 65, when he introduces him to Willmore. The reason why Blunt is sometimes played as a puritan, is his own use of the word “Grace.” It seems a pun on the spiritual grace which was invoked by puritans who dominated the parliamentary party. He’s a raw traveller, he’s not someone who travels out of need, he’s one who does it for pleasure, whereas Willmore and the others are travellers by necessity, especially Willmore who is very close to prince Charles in exile. We learn it through Frederick question: “where’s the prince?”. The person whom Willmore considers to be his rightful king is now lord of the watery element, Charles is forced to travel like Willmore, in this case he’s a boarder ship, that’s why Willmore must aboard again within a day or two. He can’t stop for too long in Naples. His business was to enjoy himself a little this carnival. Then, he’ll set off to some other destination. Female characters: The focus of the comedy is very much on the female characters. Aphra Behn is interested in them. Very clear intention on Aphra’s part at feminizing the restoration comedy, the libertine comedy. Adopt a female point of view. In order to do this, we need context on restoration culture and on women. Newly powerful women on the restoration stage, the actresses. New ways of writing and performing. (We already talked about that.) New critical perspective emphasized this fundamental ambivalence surrounding the actual meaning of this achievement of women on the restoration stage. This position is summed up in a quotation from a study by Elizabeth Howe, “The First English Actresses: Women and Drama 1660-1700” : [The Arrival of actresses] was simultaneously radical – in allowing women a voice on the public stage for the first time – and conservative: within a predominantly courtly, coterie theatre the women were almost entirely controlled by male managers and playwrights and were exploited sexually on stage and off. It's not as if the arrival of actresses means that the male power system was no longer in place. It was a very ambivalent contradictory position the actresses had to navigate. They had achieved something very important but there’s still the aspect of the sexualization and the actress was by definition a prostitute. There was no possibility of creativity for them outside of providing pleasure for the male audience. The sexual availability was the central feature of their identity as players. The same ambivalence affect women writers during Restoration – extraordinary period not only for the first actresses but also because we have the first professional playwrights writing for the stage and Aphra Behn is the pioneer. She’s the first professional woman writer to write for the stage in English theatre history. She opened the way for a whole generation of female playwrights: Mary Pix, Susannah Centlivre, Delarivière Manley, Catherine Trotter, Katherine Phillips. They were active during the last five years of the 17th century and the first 23 years of the 18th century following the example of Aphra Behn. Aphra Behn wrote 18 plays for the restoration stage and 13 of these were written for Betterton’s company. No other dramatist of the period had more plays produced and published during this period. She was very successful as a playwright in terms of quantity of plays produced and played. She often commented upon her achievements as a writer because she was constantly attacked for her person and work. In an advice “to the reader” that appears in her comedy Sir Patient Fancy (1678), she wrote: “forced to write for bread and not ashamed to own it”. She was proud of what she was doing. It is totally unprecedented. First woman that not only assert my status as a writer, but also as a commercial writer. That’s how I build my financial independence as a woman. On several occasions she calls herself a “disciple of Rochester”. He was the libertine per excellence but also a poet and playwriter. Her social and professional status were very different from Rochester’s. She always lived on much more precarious existence sometimes on the margin of society, though she was friends with a lot of exponents of the Stuart’s court. She also ended up in prison for debts and political reasons. The point is that she was successful as a writer and financially, her position in a male dominated system was always unstable. The other problem was that her writing from the very outset was the target of very vicious attacks. Criticism of extraordinary violence was levelled at Behn’s work. The female writers were equated to prostitutes because they did it for money. Unnatural sexual appetite. Behn kept defending herself, she denounced these double standards [men who did this for money – ok, but women are prostitutes]. At the same time, she maintained an ambivalent attitude towards her male auditorium, while claiming her right to be an author, she always tried to balance this with a number of concessions that she made to her male interlocutors. A good example of this is the epilogue to Sir Patient Fancy. “I Here, and there, o'reheard a Coxcomb Cry Ah, Rott it tis a Womans Comedy, One, who because she lately chanc't to please us, With her Damn'd stuff will never cease to teaze us. What has poor Woman done that she must be, Debar'd from Sense and Sacred Poetrie? Why in this Age has Heaven allow'd you more, And Women less of Wit then heretofore? We once were fam'd in Story, and cou'd write alarm the Town. Had I a Day or two's time, as I have scarce so many Hours to write this in (the Play, being all printed off and the Press waiting,) I would sum up all your Beloved Plays, and all the Things in them that are past with such Silence by; because written by Men: such Masculine Strokes in me, must not be allow'd. I must conclude those Women (if there be any such) greater Critics in that sort of Conversation than my self, who find any of that sort in mine, or anything that can justly be reproach't. But 'tis in vain by dint of Reason or Comparison to convince the obstinate Criticks, whose Business is to find Fault, if not by a loose and gross Imagination to create them, for they must either find the Jest, or make it; and those of this sort fall to my share, they find Faults of another kind for the Men Writers. And this one thing I will venture to say, though against my Nature, because it has a Vanity in it: That had the Plays I have writ come forth under any Mans Name, and never known to have been mine; I appeal to allun byast Judges of Sense, if they had not said that Person had made as many good Comedies, as any one Man that has writ in our Age; but a Devil on't the Woman damns the Poet. Ladies, for its further Justification to you, be pleas'd to know, that the first Copy of this Play was read by several Ladys of very great Quality, and unquestioned Fame, and received their most favourable Opinion, not one charging it with the Crime, that some have been pleas'd to find in the Acting. Other Ladys who saw it more than once, whose Quality and Vertue can sufficiently justifie any thing they design to favour, were pleas'd to say, they found an Entertainment in it very far from scandalous; and for the Generality of the Town, I found by my Receipts it was not thought so Criminal. However, that shall not be an Incouragement to me to trouble the Criticks with new Occasion of affronting me, for endeavouring at least to divert; and at this rate, both the few Poets that are left, and the Players who toil in vain will be weary of their Trade. I cannot omit to tell you, that a Wit of the Town, a Friend of mine at Wills Coffee House, the first Night of the Play, cry'd it down as much as in him lay, who before had read it and assured me he never 'saw a prettier Comedy. So complaisant one pestilent Wit will be to another, and in the full Cry make his Noise too; but since 'tis to the witty Few I speak, I hope the better Judges will take no Offence, to whom I am oblig'd for better Judgments; and those I hope will be so kind to me, knowing my Conversation not at all addicted to the Indecencys alledged, that I would much less practice it in a Play, that must stand the Test of the censoring World. And I must want common Sense, and all the Degrees of good Manners, renouncing my Fame, all Modesty and Interest for a silly Sawcy fruitless Jest, to make Fools laugh, and Women blush, and wise Men asham'd; My self all the while, if I had been guilty of this Crime charg'd to me, remaining the only stupid, insensible. Is this likely, is this reasonable to be believ'd by any body, but the wilfully blind? All I ask, is the Priviledge for my Masculine Part the Poet in me, (if any such you will allow me) to tread in those successful Paths my Predecessors have so long thriv'd in, to take those Measures that both the Ancient and Modern Writers have set me, and by which they have pleas'd the World so well: If I must not, because of my Sex, have this Freedom, but that you will usurp all to your selves; I lay down my Quill, and you shall hear no more of me, no not so much as to make Comparisons, because I will be kinder to my Brothers of the Pen, than they have been to a defenceless Woman; for I am not content to write for a Third day only. I value Fame as much as if I had been born a Hero; and if you rob me of that, I can retire from the ungrateful World, and scorn its fickle Favours.” Behn as she very often does points out that if her work is censured is because of her sex. Her male colleagues can get away with things she’s always blamed for. “If you read this comedy without knowing it was written by a woman, you would be much more lenient towards me.” She asks for the privilege to have in herself a masculine part: the poet part. It’s something she’s asking to be allowed. This statement has often been traced to the myth of the androgyne: “please allow me to be a writer regardless of my gender. I have in me the feminine, I have in me the masculine.” This is a very strong point. But it is also paradoxical because this myth of the androgynous writer she’s relying on is based on the assumption that creativity is masculine. The poet is male. She’s asking to have a bit of male in her. The parameters remain male. She’s asking for some degree of freedom. The prologue to The Rover significantly constructs the writer as male, the play is presented as written by a man and Behn’s name didn’t appear on the title page until the third issue of the first edition. The play initially appeared as anonymous. ______________________________________________________________________ 22.04.2020 The Rover è un testo che solleva molte domande e le lascia aperte. Se leggiamo l’opera confrontandola con le altre due commedie che abbiamo studiato, estremamente rappresentative della commedia libertina, è innegabile che ci sia uno sguardo diverso. E’ lo stesso modello visto e riproposto da una prospettiva femminile. Ci sono molte somiglianze a livello strutturale, tematico, con il modello canonico di cui abbiamo studiato due esempi. Non è che Behn nel momento in cui prende in mano la penna e fa sentire la sua voce decide di rivoluzionare completamente il modello della commedia. Anche se avesse voluto farlo, Behn era una persona troppo consapevole dei meccanismi della scena commerciale per non capire che il suo pubblico non avrebbe accettato una proposta tale. Con questa consapevolezza del suo pubblico e della necessità che lei avesse di loro in quanto pubblico pagante, rimane su quelle convenzioni. Vengono però rimodellate dal loro interno in modo che queste convenzioni che sono pensate per dialogare con un pubblico maschile si possano prestare a esprimere un punto di vista diverso. Quella che si vede molto bene in The Rover è una vera e propria femminilizzazione delle convenzioni. Già di per sé implica una messa in discussione della scala di valori, dell’ideologia che sottende quelle stesse convenzioni. Per prendere atto del modo in cui la commedia tenta di volgere al femminile alcuni stilemi del modello canonico è tramite un raffronto con The Man of Mode. Ci sono molte analogie e spesso queste stesse fanno emergere delle differenze significative nel modo di affrontare una storia più o meno costruita sugli stessi termini. The Rover è la terza commedia che Corman analizza. • Stessa presenza di una trama più tradizionale e una immediatamente riconducibile alla dimensione del libertinismo. Da un lato la trama comica che coinvolge, come coppia di giovani amanti, Florinda e Belvile che come da tradizione si amano, sono già innamorati in partenza, e devono superare degli ostacoli, i blocking characters: il padre e il fratello di Florinda. L’opposizione viene superata e la trama culmina nel matrimonio. Poi, c’è la trama libertina di Willmore e Hellena, che potremmo paragonare a Dorimant e Harriet in The Man of Mode, anche se Willmore e Hellena hanno molte caratteristiche riconducibili alla gay couple. Poi ci sono un numero maggiore di trame secondarie rispetto a The Man of Mode, anche se le due principali sono in rapporto tra loro come quella di Dorimant e Harriet con Bellair e Emilia. • La prima differenza è che in The Rover sin dall’inizio la trama è in mano ai personaggi femminili. The Man of Mode si apre con Dorimant che si sveglia. Dorimant è il motore della trama. Qui questo ruolo è ricoperto da un trio di personaggi femminili: Florinda, Hellena and Valeria. Sono loro che danno avvio alla vicenda nel momento in cui prendono la decisione di approfittare del carnevale a Napoli, questo momento di anarchia, per darsi alla pazza gioia. Idea di sottrarsi ad una autorità maschile approfittando di questa temporanea sovversione delle gerarchie, legata al carnevale. Trio che forma un’alleanza tra loro per collaborare allo scopo comune di liberarsi dai vincoli imposti dall’autorità maschile. Ci sono alcuni indicatori che farebbero pensare che Behn stesse consapevolmente giocando con queste convenzioni, segnalandolo al suo pubblico. Possibili echi tra la battuta d’apertura di The Rover e quella di Dorimant. Prima battuta di Florinda, che apre: What an impertinent thing is a young Girl bred in a Nunnery! Dorimant iniziava con: What a dull insipid thing is a billet-doux written in cold blood, after the heat of the business is over! Riferendosi al biglietto di scuse scritto per Mrs. Loveit. Quasi una dichiarazione di intenti di Aphra Behn: tutto sarà volto al femminile. Inizia, Dorimant, cercando l’approvazione del pubblico maschile, in una conversazione intima. Anche in The Rover c’è una situazione intima tra due personaggi femminili che costruiscono una trama (Valeria arriva dopo). L’interlocutore intimo sono le donne. • Il progetto in questo caso si basa sullo stratagemma del travestimento. L’idea è quella di indossare abiti diversi dai propri, assumere una nuova identità, mascherarsi e godere dei piaceri del carnevale. C’è un riferimento esplicito al carnevale come momento di svolgimento della commedia e come situazione particolarmente adatta al tipo di piano che le ragazze hanno in mente. Il carnevale è una ambientazione delle commedie di prima generazione, le commedie libertine degli anni 60-70. Situazione ideale per la commedia d’intrigo perché c’è un’atmosfera di festa e anche il motivo di travestimento legato al carnevale è pretesto ottimale per creare trame che giocano sugli equivoci e le complicazioni che derivano dal travestimento. Qui, però, del carnevale viene data una lettura al femminile. Tradizionalmente il carnevale è una breve pausa prima della quaresima e dunque è una metafora molto appropriata per descrivere la situazione di Hellena; lei esprime il suo desiderio di trasgressione, di conoscere brevemente le gioie mondane prima di venir chiusa in convento – così come era stata destinata dagli uomini della sua famiglia. La quaresima in The Man of Mode viene menzionata nel primo scambio tra Dorimant e Harriet quando lei gli chiede se lui fosse disposto a stare in Quaresima per lei. • Il carnevale si colora di senso, in The Rover, in relazione alla condizione dei personaggi femminili. Il tipo di trasgressione legato alla dimensione del carnevale è di tipo sessuale, e questo vale sia per gli uomini che per le donne. Ma la vera trasgressione è per le donne perché per gli uomini è abituale. Hellena è molto esplicita, il grado di esplicitazione del suo desiderio di trasgressione sessuale, il suo riconoscersi come soggetto che prova desideri sessuali è molto alto nella storia della commedia ed è nuovo perché non viene stigmatizzato. Qui abbiamo una giovane, desiderabile, ancora pura, che sin da subito esplicita il suo desiderio di eludere l’autorità paterna e del fratello perché non vuole morire vergine. [riga 35] HELLENA: And dost thou think that ever I’ll be a Nun? Or at least till I’m so old, I’m fit for nothing else. Faith no, Sister; and that which makes me long to know whether you love Belvile, is because I hope he has some mad Companion or other, that will spoil my Devotion; nay I’m resolv’d to provide my self this Carnival, if there be e’er a handsom Fellow of my Humour above Ground, tho I ask first. E’ determinata a cercarsi un uomo che desidera ed è disposta a fare la prima mossa, quindi di fare un gesto anomalo per una fanciulla vergine di buona famiglia. Florinda le attribuisce l’aggettivo “wild”, che viene attribuito anche ad Harriet. L’introduzione conclusiva è altrettanto significativa. [rigo 78] Dichiarazione di guerra di Hellena. HELLENA: That which all the World does, as I am told, be as mad as the rest, and take all innocent Freedom — Sister, you’ll go too, will you not? come prithee be not sad — We’ll outwit twenty Brothers, if you’ll be ruled by me — Come put off this dull Humour with your Clothes, and assume one as gay, and as fantastick as the Dress my Cousin Valeria and I have provided, and let’s ramble. To ramble è un sinonimo di rove: scorrimento sessuale, andare in cerca di piacere. Hellena di presenta come equivalente femminile di Rover, di Willmore. Il travestimento e il desiderio legato ad esso sono prerogativa di entrambi i sessi. Nella scena successiva, prima scena di carnevale, ambientata nella Long Street (Napoli) arrivano degli uomini in maschera e delle donne vestite da cortigiane. Non si capisce se siano prostitute o di altra estrazione sociale vestite così. [riga 75] Enter several Men in masquing Habits, some playing on Musick, others dancing after; Women drest like Curtezans, with Papers pinn’d to their Breasts, and Baskets of Flowers in their Hands. Scena in cui iniziamo a vedere il gruppo degli uomini, dei banished cavaliers. Subito sotto c’è un’altra lunga didascalia dove entra in scena una coppia in maschera. [rigo 104] Two Men drest all over with Horns of several sorts, making Grimaces at one another, with Papers pinn’d on their Backs, advance from the farther end of the Scene. Una coppia di cornuti, uomini in abito da cornuti e donne vestite da prostitute. Le donne travestite da cortigiane hanno un immediato effetto sul gruppo di inglesi in esilio, soprattutto in Willmore in cui il desiderio [Atto II, Scena II, rigo 72] Prima che Angelica gli si conceda, lei gli chiede “sei sicuro di poter amare una cortigiana?” WILLMORE: (…) By Heaven, bright Creature — I would not for the World Thy Fame were half so fair as is thy Face. “Non mi importa della tua reputazione, non vorrei che la tua reputazione fosse la metà pulita come il tuo volto.” Anche se poi, dopo averla avuta, l’atteggiamento di Willmore cambia radicalmente, e per lui Angelica diventa una conquista da scaricare. Tant’è che Angelica Bianca si definisce “non adatta ad essere amata”. Hellena invece non si concede. Si potrebbe pensare che stia solo recitando il suo ruolo da libertina per portare avanti il negoziato con Willmore. Ultimo scambio tra Willmore ed Hellena che si può definire scena di negoziato analoga a quella che Harriet e Dorimant inscenano nell’ultima delle loro tre conversazioni. [Atto V, Scena I, rigo 400] E’ una scena di negoziato abbastanza atipica ma alla fine nelle sue dinamiche non porta a grosse differenze. In scena ci sono Willmore che stava per uscire con Belvile e Pedro, ma viene trattenuto da Hellena ancora in panni maschili. Dobbiamo notare che rimane in abiti maschili fino alla fine della commedia. Una cosa analoga succede nella dodicesima notte di Shakespeare, che finisce con l’eroina ancora in panni maschili. Come se questa trasgressione di genere fosse divenuta permanente. Al tempo stesso, sulla reale capacità di Hellena di liberarsi delle limitazioni legate alla sua identità di genere, questa scena solleva tanti dubbi. [Will. goes to follow them. Enter Hellena as before in Boy’s Clothes, and pulls him back.] WILLMORE. Ha! my Gipsy — Now a thousand Blessings on thee for this Kindness. Egad, Child, I was e’en in despair of ever seeing thee again; my Friends are all provided for within, each Man his kind Woman. HELLENA. Hah! I thought they had serv’d me some such Trick. WILLMORE. And I was e’en resolv’d to go aboard, condemn my self to my lone Cabin, and the Thoughts of thee. HELLENA. And cou’d you have left me behind? wou’d you have been so ill-natur’d? WILLMORE. Why, ’twou’d have broke my Heart, Child — but since we are met again, I defy foul Weather to part us. HELLENA. And wou’d you be a faithful Friend now, if a Maid shou’d trust you? Qui viene sollevato il bisogno di Hellena di avere delle garanzie per potersi fidare e concedersi. WILLMORE. For a Friend I cannot promise, thou art of a Form so excellent, a Face and Humour too good for cold dull Friendship; I am parlously afraid of being in love, Child, and you have not forgot how severely you have us’d me. HELLENA. That’s all one, such Usage you must still look for, to find out all your Haunts, to rail at you to all that love you, till I have made you love only me in your own Defence, because no body else will love. WILLMORE. But hast thou no better Quality to recommend thy self by? Per Willmore, Hellena è ancora una Gipsy, quindi vuole sapere, data la contrattazione, cosa lui riceverebbe in cambio. Hellena non si è ancora rivelata. Per lui è una gipsy, quindi una specie di zingara, di classe sociale bassa. Lei continua a parlare con linguaggio libertino, lui solo dopo un po’ capisce che lei sta implicando il matrimonio, mentre lui vuole scamparlo. Andiamo alla fine della scena. WILLMORE. Nay, if we part so, let me die like a Bird upon a Bough, at the Sheriff’s Charge. By Heaven, both the Indies shall not buy thee from me. I adore thy Humour and will marry thee, and we are so of one Humour, it must be a Bargain — give me thy Hand — [Kisses her hand.] And now let the blind ones (Love and Fortune) do their worst. Willmore repentinamente si piega all’idea del matrimonio, dopodiché Hellena rivelerà la sua identità. La sua conversione dal libertinismo estremo al matrimonio è ancora meno credibile di quella di Dorimant. Noi abbiamo una sensazione di un uomo così accecato dal suo istinto predatore che sarebbe disposto a tutto pur di arrivare al suo scopo. Ha appena ribadito che il matrimonio è qualcosa che distrugge qualsiasi forma di amore. Forse Willmore è disposto a cedere perché non ha niente da perdere, è uno squattrinato. Potrà anche continuare nel suo essere Rover. Diversa è la situazione per Hellena: sappiamo che la libertà di cui al momento dispone in quanto ereditiera, dispone di una ingente fortuna e la mette nella possibilità di poter disporre di sé stessa. Questo cesserà col matrimonio poiché con esso il suo diritto di proprietà verrà alienato e concesso al marito. Ci sono più rischi per lei, come per Harriet. Tutto che c’era di “rivoluzionario” viene, alla fine, fatto rientrare all’interno di schemi morali, culturali, che non sono così dissimili da quelli che abbiamo incontrato finora. Il vero personaggio originale che implica una profonda critica dei valori normativi non è Hellena ma Angelica Bianca. Angelica è una figura inedita sulla scena della restaurazione, non perché non esistessero personaggi di cortigiane, ma per il modo in cui Behn la dipinge e ciò che implica nel modo di valutarla. ______________________________________________________________ 24.04.2020 Il personaggio femminile che realmente esce dagli schemi e che in modo più radicale mette in discussione i valori normativi di cui la commedia è espressione, è Angelica Bianca – l’eroina prostituta. Figura inedita per la prospettiva in cui viene presentata. Viene presentata in modo empatico. L’elemento moderno è il fatto di vendere il proprio corpo, si lega in Angelica Biana a un carattere molto forte, molto indipendente. In quanto prostituta Angelica vende sé stessa ad altri, ma in realtà questo è solo un mezzo per provare ad essere padrona del suo destino in un mondo che le è ostile per ragioni di genere. La sua indipendenza di pensiero è sottolineata anche dal fatto che lei è una outsider rispetto al mondo in cui si muove, sia in senso sociale per la sua professione, che in senso geografico, infatti alla fine della [atto I, scena II] ci viene presentata così: Willmore è a Napoli, ha incontrato altri cavaliers e viene informato della presenza di una donna bellissima, che pagando una somma esorbitante è possibile averla. [rigo 310] FREDERICK: Faith Love has kept us honest, we have been all fir’d with a Beauty newly come to Town, the famous Paduana Angelica Bianca. Ci viene detto subito che è di Padova, che al tempo faceva parte della Repubblica di Venezia e quindi indipendente. Mentre Napoli era sotto gli spagnoli. Prima di qualsiasi altra informazione viene quindi connotata come una outsider che possiede un suo spazio d’indipendenza. Viene descritta come una donna che ha tutta Napoli ai suoi piedi. A una certa somma si vende per quattro giorni a settimana per il periodo di un mese. Willmore è uno squattrinato e reagisce con disappunto. Nella scena dopo sono pronti a presentarsi a casa di Angelica Bianca. La sua presentazione è originale, inedita. [Atto II, Scena I] Prima di vederla si ha un’altra sua rappresentazione, in questo caso un’immagine. Il suo ingresso in scena, come di norma (era il suo rito quotidiano), viene preceduta dalla sua effige, un suo quadro grande affiancato da due più piccoli, quello più grande ha una balconata dalla quale poi si affaccerà. Belvile spiega a Willmore al [rigo 17] che quella è casa sua, e viene menzionata per la prima volta la picture. Ancora non è stata esposta perché dice che le donne siano ancora a pranzo. BELVILE: This is her House, if you were but in stock to get admittance; they have not din’d yet; I perceive the Picture is not out. WILLMORE: I long to see the Shadow of the fair Substance, a Man may gaze on that for nothing. “Almeno l’immagine è gratis.” Shadow nel senso di immagine, di riflesso nel senso artistico. Arriviamo all’ingresso in scena dell’effige di Angelica Bianca. [rigo 91] Enter two Bravoes, and hang up a great Picture of Angelica’s, against the Balcony, and two little ones at each side of the Door. E’ una sorta di affissione pubblicitaria, quest’immagine. Blunt è molto attaccato al denaro, mentre Willmore riconosce che vale tutti i soldi che chiede. “A Thousand Crowns a Month” è quanto chiede, ed è ciò che è scritto insieme alla foto di Angelica. Pedro è pronto a pagarli. Angelica, così, si mostra di persona. Da sottolineare è la teatralità della scena, preceduta da un sipario che si apre. Per Angelica vendersi per denaro è un antidoto dal morbo pernicioso dell’amore. Moretta le chiede che cosa le abbia fatto perseguire questa linea di condotta: ANGELICA: A kind, but sullen Star, under which I had the Happiness to be born; yet I have had no time for Love; the bravest and noblest of Mankind have purchas’d my Favours at so dear a Rate, as if no Coin but Gold were current with our Trade — But here’s Don Pedro again, fetch me my Lute — for ’tis for him or Don Antonio the Vice–Roy’s Son, that I have spread my Nets. Sono le due prede che ha adocchiato. Entrano Don Pedro ecc, tutti ancora in maschera, e Angelica chiude il “sipario” e rimane il suo simulacro. La strategia pubblicitaria di Angelica funziona, riesce a stuzzicare l’attenzione. E’ una forma di potere che lei si costruisce. Ancora a tende chiuse si sente questa musica seguita da una canzone che potrebbe essere cantata da Angelica Bianca e Moretta. Terminata la canzone Angelica riapre il sipario. Angelica Bianca si presenta come mercenaria e come le attrici all’epoca, uno spettacolo di bellezza che si offre per essere consumato da spettatori maschili paganti, quindi c’è questo ovvio riferimento alle attrici disponibili sessualmente. Se è vero che il paradigma donna = oggetto da offrire allo sguardo maschile che lo controlla, è vero anche che la regia della scena è completamente di Angelica Bianca. E’ lei che sceglie cosa mostrare, per quanto mostrarlo, come muoversi. Lei ha il controllo dell’esibizione del proprio corpo, della scena. Siamo tra assoggettamento e controllo, perché da una parte è oggetto offerto all’uomo, ma dall’altro è lei che decide. [salta alla prima conversazione tra W e A] In mezzo c’è Willmore che, indispettito dalla consapevolezza che non potrà mai permettersi Angelica mentre c’erano altri due uomini disposti, tira giù una delle due immagini piccole, quella vicino alla porta, dicendo “almeno questa me la porto via”, e da lì nasce una rissa tra inglesi e spagnoli. Nella scena seguente Willmore è entrato in casa di Angelica, ferito dopo la rissa. [rigo 36] Willmore è entrato e sta cercando di capire se è possibile ottenere una piccola parte di Angelica anche senza soldi. Negozia con Moretta. WILLMORE: I grant you ’tis here set down a thousand Crowns a Month — Baud, take your black Lead and sum it up, that I may have a Pistole-worth of these vain gay things, and I’ll trouble you no more. Quanto posso avere rispetto al mese che comprerei con l’intero importo, se le do la pistola? MORETTA: Pox on him, he’ll fret me to Death:— abominable Fellow, I tell thee, we only sell by the whole Piece. O tutto, o niente. Poi Willmore dice “magari in gruppo riusciamo ad arrivare alla somma”. Willmore è molto insolente, questo provoca in Angelica una reazione inaspettata, che ci rivela in aside. “Questo mi manderebbe su tutte le furie” ma lei è molto ben disposta verso Willmore. Da qui Willmore inizia a parlare un blank verse abbastanza sciolto, non completamente formalizzato. Questo nobilita il suo corteggiamento e lo rende ancora più affascinante agli occhi di Angelica. WILLMORE. Yes, I am poor — but I’m a Gentleman, And one that scorns this Baseness which you practise. Poor as I am, I would not sell my self, No, not to gain your charming high-priz’d Person. Tho I admire you strangely for your Beauty, Yet I contemn your Mind. — And yet I wou’d at any rate enjoy you; At your own rate — but cannot — See here The only Sum I can command on Earth; I know not where to eat when this is gone: Yet such a Slave I am to Love and Beauty, This last reserve I’ll sacrifice to enjoy you. — Nay, do not frown, I know you are to be bought, And wou’d be bought by me, by me, For a mean trifling Sum, if I could pay it down. Which happy knowledge I will still repeat, And lay it to my Heart, it has a Virtue in’t, And soon will cure those Wounds your Eyes have made. — And yet — there’s something so divinely powerful there — Nay, I will gaze — to let you see contraenti si riveli inadempiente. Giacomo II si è rivelato inadeguato come sovrano e dunque è legittimo che il Parlamento come espressione del popolo lo licenzi e si passi ad un altro Re. L’altro aspetto riguarda il fatto che l’Inghilterra di fine 600 è una nazione dove la classe dominante è quella dei ceti borghesi-mercantili dove l’etica dominante non è più quella aristocratica libertina della metà del 600. Oltretutto i valori libertini sono profondamente associati con l’assolutismo Stuart e dunque dopo l’88 è necessario sostituire questi valori con qualcosa che rifletta maggiormente li equilibri di potere all’interno alla nazione. A livello politico gli storici hanno messo in luce come ci si sia stato da subito da parte della monarchia una presa di distanza da quei valori. Esattamente come Carlo Stuart tornando sul trono si era inventato un nuovo stile di vita libertino, contrario al puritanesimo. La monarchia costruisce la propria immagine su una moralizzazione dei costumi, o “reformation of manners”. Questo a partire già da William e Mary, la loro figura è legata alla moralizzazione dei costumi e loro, come la Regina Anna, emaneranno diversi proclami reali contro il vizio, vizi di vario genere, anche contro gli attori che bestemmiavano in scena, gli eccessi della commedia. Proclami spesso seguiti da leggi vere e proprie. Pressioni di tipo politico e religioso, non solo puritano ma quasi. E’ un tema importante poiché spesso ricorre in the provoked wife il termine “reform” o “the reformer” anche associato al libertino, quindi è un libertino sui generis. Pressione sul teatro che sfocerà nel sentimentalismo. Siamo in una fase di transizione perché si prende quel modello e si inizia a cambiarlo prendendo i singoli aspetti. Tipica degli anni 90 è la conversione del libertino nel quinto atto. C’è il pentimento, si riforma e diventa una persona completamente diversa. L’artificiosità di questa convenzione introdotta nelle commedie per compiacere il pubblico non sfugge ad alcuni drammaturghi che hanno una percezione diversa dello scopo e della natura della commedia. Sir John Vanbrugh È un personaggio particolare. È un drammaturgo occasionale, scrive alcune pièce di grande successo. E’ principalmente un architetto molto importante. Si mette a scrivere per il teatro nel 1696 “The Relapse; or, Virtue in Danger”, scatenata da una precedente commedia di Colley Cibber “Love’s Last Shift” (1696), che è una delle prime comemdie in cui viene introdotto il libertino che si trasforma in un innamorato sincero. Vanbrugh non persuaso da questa che lui vede come un imbastardimento della commedia, scrive un sequel. Va in scena nello stesso teatro, al Drury Lane, dove Cibber era da poco il manager, e in The Relapse fa partire la storia dove Cibber l’aveva lasciata. In Cibber abbiamo un libertino che si chiama Loveless che nell’ultimo atto giura di lasciare i suoi costumi libertini e di rimanere fedele alla donna che sposerà, con toni che iniziano a virare verso il sentimentale. In the Relapse, Vanbrugh ci ripresenta Loveless e sua moglie Amanda il giorno dopo, e ci fa vedere come velocemente queste promesse vengano disattese molto rapidamente, il loro rapporto dall’amore sentimentale deteriora e soprattutto questo accade non appena Loveless torna a Londra per affari. Soprattutto perché va a teatro. Al ché la moglie Amanda di fronte alle sue mancate promesse inizia ad interrogarsi su come potrebbe vendicarsi e prende in considerazione anche l’adulterio come legittima ritorsione. Amanda poi decide di no. The Provoked Wife è un self-standing play che riprende il concetto della moglie che dibatte con sé stessa e con altri riguardo a quale sia la giusta rappresaglia contro un marito che non ha rispettato i patti ma tutto è affrontato con una complessità maggiore. 28.04.2020 The Provoked Wife nasce in modo autonomo, non dipende da nessuna altra opera, ma continua ad interrogarsi sulla possibilità di un libertino di cambiare. Sulla possibilità di un lieto fine più convincente. The Provoked Wife va in scena nel 1697 al Lincoln’s Inn Fields, compagnia rivale di quella del Drury Lane, dove aveva debuttato con The Relapse. Al Lincoln’s Inn Fields operava la compagnia di Thomas Betterton (era direttore impresario). Come sappiamo, i due unici teatri autorizzati ad operare dalla corona erano il Drury Lane e il Dorset Gardens. Quindi, come risalta fuori il Lincoln’s Inn Fields? Salta fuori perché negli anni 80 viene meno il duopolio, la Duke’s Company ingloba the King’s Company e per una decina d’anni opera una sola compagnia: the United Company. Questa cade in mano a una gestione molto rapace economicamente, imprenditori spregiudicati, tra cui un avvocato Christopher Rich, che diventa impresario della compagnia che cerca di approfittare in tutti i modi della nuova situazione di monopolio ad esempio sottopagando gli attori. Ci sarà, così, una legittima ribellione da parte degli attori, capeggiata da Betterton, consapevoli di avere dalla loro il favore del pubblico, lasciano la United Company e fondano una nuova compagnia che si stabilisce al Lincoln’s Inn Fields – la sala da tennis che Davenant aveva trasformato in teatro e che era stata usata negli anni 60-70 dalla Duke’s Company prima che venisse costruito il Dorset Gardens. Insieme a Betterton se ne vanno le due più grandi attrici di quest’epoca, che sono Elizabeth Barry e Anne Bracegirdle. La nuova compagnia riesce, forte di queste personalità di spicco che la guidano e la compongono (è una compagnia cooperativa e le due attrici sono azioniste della compagnia, per la prima volta, è una gestione più democratica, riescono a farsi dare una seconda licenza dalla corona). Al Lincoln operano per una decina d’anni circa. Dal 95 al 1705 con grande successo. ??? rimane al drury lane e da attore e drammaturgo, a un certo punto ne diventa anche il manager, l’impresario. I due poli sono, adesso, drury e lincoln. The Provoked Wife viene rappresentato al Lincoln e può contare su un cast stellare o quantomeno coinvolge i più importanti attori e attrici di quel momento. Elizabeth Barry che era nota soprattutto per le sue interpretazioni tragiche, qui recita la parte di Lady Brute, Thomas Betterton è suo marito Sir John (idea della centralità della coppia nella commedia) e Anne Bracegirdle interpreta Belinda, l’innamorata della trama di corteggiamento. Principali differenze rispetto alle altre tre commedie che abbiamo studiato: • Livello di struttura: viene meno la consueta struttura a doppia trama, se non tripla. Due coppie e la storia del loro corteggiamento con il matrimonio annunciato o celebrato. Una trama più tradizionale e l’altra libertina. Qui invece la trama è unica e il corteggiamento avviene in simultanea nello stesso luogo e le coppie coinvolte sono: una che più tradizionalmente poi convola a nozze – Belinda e Hurtfree – e l’altra è la coppia Constant e Lady Brute che arriva sulle soglie, non ovviamente del matrimonio, ma dell’adulterio. Se in The Man of Mode il loro corrispettivo sarebbero Dorimant e Harriet che arrivano a intravedere un futuro coniugale, qui invece alla fine della commedia, intravediamo un probabile consumarsi dell’adulterio. Questo corteggiamento ha luogo già da diverso tempo – sono già due anni che Constant sta tenendo sotto assedio Lady Brute. C’è una trama secondaria ma è molto marginale, che vede protagonista Lady Fancyfull – che poi nel finale viene integrata a quella principale. Poi c’è una complicazione legata al fatto che le due coppie in realtà sono tre, o meglio, una coppia e un triangolo. Da un lato Belinda e Heartfree, dall’altro Lady Brute e Constant che tendono verso l’adulterio ma ovviamente qui c’è anche il marito. A Vanbrugh interessa focalizzare l’attenzione su due/tre possibilità di rapporto sentimentale e metterle a confronto. Questo complica le cose per quanto riguarda lo schema fisso a cui eravamo abituati. La trama del corteggiamento di Constant nei confronti di Lady Brute, che è qualcosa che già è in essere nel momento in cui si apre il sipario, ci viene detto almeno un paio di volte che sono già due anni che Constant corteggia incessantemente Lady Brute sperando di convincerla a concedersi a lui e di rendere cornuto il marito; la seconda trama, invece, più tradizionalmente vede Heartfree e Belinda inizialmente indifferenti l’uno all’altra e poi piano piano c’è questo avvicinamento e promessa di matrimonio. Connessa alla trama Constant-Lady Brute c’è la vicenda del rapporto coniugale tra Lady Brute e suo marito, ovviamente questo rapporto è determinante nella decisione da parte della donna di cedere o meno alla corte di Constant, ed è su questo rapporto difficile se non disastroso, che si apre la commedia e su cui, di fatto, si imperna il conflitto drammatico. Non perché cambi molto la relazione tra moglie e marito nella durata della commedia, però tutto il dibattito morale sollevato dalla pièce, fa perno su questo esempio negativo. Tutte le conversazioni di Lady Brute col suo spasimante, di Lady Brute con sé stessa, di Lady Brute con Belinda, in merito alla liceità o meno dell’adulterio si riferiscono sempre alla situazione di disarmonia coniugale che deve sopportare. Questo vale anche per Belinda e Heartfree, per loro i Brute sono la concreta possibilità che anche tra loro le cose potrebbero finire così. Il fatto che non ci sia una trama secondaria fa risaltare il problema della discordia matrimoniale. Abbiamo detto che le commedie degli anni 90 sono state classificate dagli studiosi come marriage plays ed è qui il nodo del problema. • Per questo stato delle cose, qui le corna cessano di essere una questione tra uomini. Qui il punto di vista è totalmente volto al femminile. E’ Lady Brute a decidere. • Difficoltà ad individuare la gay couple. Ci sono buoni candidati, ma nessuno di ovvio. Di regola, Belinda e Heartfree dovrebbero esserla, perché sono la coppia di nuova costituzione, dove i due partner partono come potenziali antagonisti e poi c’è un processo di avvicinamento legato ad avere soppesato i pro e i contro di un possibile rapporto sentimentale, essersi accordati sulle condizioni e convolano a nozze. Il problema è che il negoziato, la tensione verbale, intellettuale come Dorimant e Harriet, qui è molto più sviluppato tra Constant e Lady Brute. C’è una tensione argomentativa molto più forte, anche a livello di wit. Lady Brute è bravissima a condurre la conversazione e smontare tutti i ragionamenti di Constant, che vogliono solo convincerla a cedere. Questa tensione verbale non è così rilevante nel suo processo decisionale, in realtà, ma lei con Constant sta solo smontando le sue argomentazioni e rivelarne l’ipocrisia. Perché fa grandi discorsi ma tutti sono fatti solo per portarsela a letto. L’unica cosa con cui si confronta per poi poter decidere, Lady Brute discute con sé stessa e Belinda. Tra Belinda e Heartfree non ci sono grandi sforzi per convincersi a vicenda a sposarsi. Non c’è un cambiamento nel punto di vista l’uno dall’altro, generati da qualcosa che l’altro ha detto o fatto. A un certo punto semplicemente iniziano a piacersi e prendono coraggio di fare questo “grande salto nel buio.” [cit. Hobbes, in riferimento alla morte. Lo riprende Heartfree. Implicitamente equipara matrimonio e morte.] • La figura del libertino; Se in questa commedia ci sono dei libertini, sono sensibilmente diversi da quelli che abbiamo incontrato finora. Tutti e tre i protagonisti maschili si potrebbero definire tali, ma nessuno di loro ha in sé tutte le caratteristiche. Il miglior candidato potrebbe essere Constant perché seduttore e cornificatore, il suo scopo è di tipo sessuale e non matrimoniale nei confronti di Lady Brute, ha comportamenti e linguaggio del libertino. Ma è anche vero che Constant non è un nome da libertino, ed aver atteso per due anni è un forte sconfinamento rispetto all’atteggiamento tipico. Altro elemento è che Constant non lo vediamo in azione su altre donne. La sua attenzione è solo su una. Per quanto riguarda Heartfree, lui ha in sé il concetto del libero pensiero; l’uomo schietto, onesto, diretto, molto convenzionale, però non è un donnaiolo. Anzi, all’inizio lo vediamo poco interessato alle donne, animato da questa sua innata misoginia e caratterizzato da questa grande onestà intellettuale che alla fine rende più convincente la sua conversione, che non richiede una trattativa protratta. Semplicemente incontra la donna giusta e si lascia alle spalle le vecchie convenzioni. Sir John è la versione degradata del libertino, porta all’eccesso tutti i vizi del libertino: il vizio del fumo, dell’alcol, questo sbandierato disprezzo verso la religione, aggressività verso le donne in un’ottica di guerra dei sessi, però senza che in lui ci sia traccia del wit che invece Dorimant aveva. Sir John si rende odioso, viene deriso, è sgradevole e viene beffato dalla trama. Si accenna al fatto che l’adulterio si compirà. Somiglia per certi versi a Pinchwife, ma lui almeno ha l’attenuante di una moglie decisamente orientata al libertinismo sessuale, mentre Lady Brute fino all’ultimo ha cercato di essere una moglie degna del suo ruolo. E’ un Pinchwife ingiustificato. di scena Sir John e, con simmetria strutturale, c’è il soliloquio di Lady Brute che è più lungo e lascia a lei l’ultima parola. Così, entra Belinda e avviene il primo di tre lunghi dialoghi al femminile dove si crea questa situazione di intimità dove vengono dibattuti in modo approfondito molte delle questioni sollevate dalla vicenda. What cloying Meat is Love—when Matrimony's the Sauce to it! Two Years Marriage has debauch'd my five Senses. Every thing I see, every thing I hear, every thing I feel, every thing I smell, and every thing I taste— methinks has Wife in't. No Boy was ever so weary of his Tutor, no Girl of her Bib, no Nun of doing Penance, or old Maid of being chaste, as I am of being married. Sure there's a secret Curse entail'd upon the very Name of Wife. My Lady is a young Lady, a fine Lady, a witty Lady, a virtuous Lady,—and yet I hate her. There is but one thing on Earth I loath beyond her: That's Fighting. Would my Courage come up to a fourth part of my Ill-Nature, I'd stand buff to her Relations, and thrust her out of doors. But Marriage has sunk me down to such an Ebb of Resolution, I dare not draw my Sword, tho' even to get rid of my Wife. But here she comes. Questi sono i tipici sentimenti antimatrimoniali del libertino. Idea del matrimonio come vera e propria trappola, una costrizione che proprio perché si oppone come istinto libero, ne è l’antitesi. Marito autoritario, ingiusto. Incarnazione del double stardard perché da una parte sbandiera il suo diritto alla libertà, e dall’altra sfrutta la sua superiorità per rango e per sesso per avere atteggiamenti repressivi nei confronti della moglie. Vanbrugh mette in luce con questo attacco l’assurdità dell’ideologia in cui Sir John è intrappolato. È intrappolato nelle convenzioni sociali, non nel matrimonio. Ha una moglie virtuosa, bella intelligente, fedele, ma solo perché è sua moglie è bersaglio di odio e di violenza. Nello scambio che segue tra Lady Brute e Sir John vediamo tutto confermato, ma anche Lady Brute che si conferma una persona che sta cercando di fare del suo meglio, nonostante tutto, per rendere vivibile la situazione in cui si trova. Nel dialogo cerca in tutti i modi di compiacere il marito nel senso del ruolo che ha scelto di assumere e tutto ciò che riceve in cambio sono continue umiliazioni. Veniamo anche a sapere come sono arrivati al matrimonio, quali sono le motivazioni. Non l’amore, Lady Brute l’ha sposato per denaro, e Sir John l’ha sposata per poterla possedere sessualmente, sapendo che poi il contratto matrimoniale avrebbe potuto trasgredirlo senza penali da parte della società. Dal soliloquio di Lady Brute viene fuori la sua intelligenza e la consapevolezza della situazione, da cui sta cercando di uscire. The Devil's in the Fellow, I think——I was told before I married him, that thus 'twou'd be [era stata avvertita]: But I thought I had Charms enough to govern him; and that where there was an Estate, a Woman must needs be happy; so my Vanity has deceiv'd me, and my Ambition has made me uneasy. [ammette di aver commesso degli errori di valutazione] But there's some Comfort still; if one wou'd be reveng'd of him, these are good times; [ci sono le condizioni per una vendetta] a Woman may have a Gallant, and a separate Maintenance too—The surly Puppy—yet he's a Fool for't: for hitherto he has been no Monster [non l’ha ancora reso cornuto] : But who knows how far he may provoke me? I never lov'd him, yet I have been ever true to him; and that, in spite of all the Attacks of Art and Nature upon a poor weak Woman's Heart, in favour of a tempting Lover. [ha resistito finora] Methinks so noble a Defence as I have made, shou'd be rewarded with a better Usage—Or who can tell?—— Perhaps a good part of what I suffer from my Husband, may be a Judgment upon me for my Cruelty to my Lover.——Lord, with what pleasure could I indulge that Thought, were there but a Possibility of finding Arguments to make it good!—--And how do I know but there may? [tutti i pro per l’adulterio, ha inizio il suo dibattito interiore]—Let me see——What opposes?—My matrimonial Vow——Why, what did I vow? I think I promis'd to be true to my Husband. Well; and he promis'd to be kind to me. But he han't kept his Word— —Why then I'm absolv'd from mine—Ay, that seems clear to me. The Argument's good between the King and the People, why not between the Husband and the Wife? O, but that Condition was not exprest—No matter, 'twas understood. Well, by all I see, if I argue the matter a little longer with myself, I shan't find so many Bug- bears in the Way as I thought I shou'd. Lord, what fine Notions of Virtue do we Women take up upon the Credit of old foolish Philosophers! Virtue's its own Reward, Virtue's this, Virtue's that——Virtue's an Ass, and a Gallant's worth forty on't. Le argomentazioni che lei si costruisce per autoconvincersi della legittimità della ribellione sono costruiti su una analogia politica. Lei sta adattando al suo caso di ribellione domestica, gli argomenti che erano stati usati per giustificare la Glorious Revolution. Questa idea di contratto stipulato tra marito e moglie viene equiparato al contratto tra il Re e i suoi sudditi. Questa idea che il rapporto tra sudditi e re fosse regolato da un contratto è il pilastro su cui poggia la Glorious Revolution, il processo per cui il parlamento inglese a un certo punto congeda il monarca per diritto divino e assumerne un altro, più adeguato. Questo contrattualismo è sostanzialmente diverso da quello di stampo Hobbsiano che stava alla base della monarchia Stuart. Adesso ci si basa su Locke. Locke scrive i due trattati sul governo pubblicati nel 89-90. Era stato in esilio in Olanda durante il regno di Giacomo II, torna in Inghilterra subito dopo la Glorious Revolution con lo scopo di dare uno scopo filosofico- ideologico al nuovo assetto politico. Il contrattualismo così come lo postula segna una rottura netta con quello che si era affermato con Hobbes. Era di fatto il retroterra ideologico dell’assolutismo Stuart. In Hobbes nella sua filosofia politica si postula che lo stato di natura, prima della costituzione dell’autorità del monarca, sia uno stato di guerra permanente dove a un certo punto lo spirito di conservazione consiglia la necessità di un patto, di un contratto, che serve a salvaguardare la propria incolumità. Un accordo per cui tutti i singoli si sottomettono per iniziativa individuale a uno stato sovrano che in cambio garantisce loro la pace, la vita. Loro in cambio alienano tutti i loro diritti naturali e si sottomettono senza condizioni alle leggi stabilite dal sovrano. Solo lo stato sovrano mantiene la sua libertà originaria. Questa filosofia ben si presta all’assolutismo monarchico. Con questa teoria dello stato di natura Hobbes non sta descrivendo un passaggio storico ma è un’ipotesi. È una simulazione di quello che potrebbe accadere al genere umano se venisse meno l’apparato totalitario di gente. È come dire “adesso avete un sovrano assoluto, se non ci fosse probabilmente il risultato sarebbe lo stato di natura”. In Hobbes il patto sociale non è mai stato realmente stipulato. Si nasce in questo regime e semmai si potrebbe finire nello stato di natura se si tentasse di sovvertirlo. Sono nati sudditi in Hobbes, non c’è un prima. Dato che è un patto mai stato stipulato, non si può nemmeno recidere. Invece i presupposti del contratto sociale di Locke sono diversi. Monarchia costituzionale – limitata nei suoi poteri, soggetta ad alcuni controlli che si afferma dopo il 1688. Lo stato di natura secondo Locke non è una condizione di totale violenza e sopraffazione. Lo stato di natura ci presenta la base di quelli che saranno di diritti naturali degli individui (vita, libertà, proprietà); il passaggio dallo stato di natura allo stato civile è perfezionamento dei diritti naturali che già hanno. Modo di tutelarli maggiormente. La sovranità dello stato è legittima solo se rispetta e fa rispettare i diritti naturali, si fonda sul consenso della maggioranza, deve favorire l’interesse comune della maggioranza, e quando queste cose vengono meno la rivoluzione è legittima. Atto consensuale e revocabile. Citazione di John Locke, “Of the Dissolution of Governments”, in Two Treatises of Civil Government (1690): To conclude, the power that every individual gave the society when he entered into it can never revert to the individuals again as long as the society lasts, but will always remain in the community, because without this there can be no community, no commonwealth, which is contrary to the original agreement; so also when the society hath placed the legislative in any assembly of men, to continue in them and their successors with direction and authority for providing such successors, the legislative can never revert to the people while that government lasts, because having provided a legislative with power to continue for ever, they have given up their political power to the legislative and cannot resume it. But if they have set limits to the duration of their legislative and made this supreme power in any person or assembly only temporary, or else when by the miscarriages of those in authority it is forfeited, upon the forfeiture, or at the determination of the time set, it reverts to the society, and the people have a right to act as supreme and continue the legislative in themselves, or erect a new form, or under the old form place it in new hands, as they think good. Sostanzialmente dice che ci sono dei casi in cui questo contratto può essere rescisso, ovvero quando ci sono delle manchevolezze da parte di chi impersona l’autorità. Ingaggiare un monarca più adeguato e allineato con gli interessi della maggioranza. Tornando a Lady Brute, a lei questo collegamento con la politica serve a mettere in risalto la natura contrattuale del matrimonio e il fatto che all’interno di essa il marito non possa permettersi di comportarsi come monarca assoluto. Se in Inghilterra addirittura il re è sceso a patti con il parlamento, con il popolo, allora non ha senso che nella sfera privata invece ci possa essere una tale disparità di diritti. Attacco al marito come patriarca assoluto. Teniamo conto che in questo momento sul trono di Inghilterra c’è una coppia: William and Mary. Inconsueto in quel momento. Perché, allora, Lady Brute non passa all’azione? Il problema è spiegato nel dialogo con Belinda. Il contrattualismo come lei denuncia vige solo nell’alta sfera della politica, non nella sfera privata. C’è riferimento alla House of Lords da parte di Belinda, che era l’unico luogo possibile dove si poteva concedere il divorzio, tramite una legge privata che doveva passare da lì. Era un’occasione molto rara. Non ci sono quindi concrete vie d’uscita da questa situazione. L’unica è l’adulterio. L’altro problema con cui si scontra Lady Brute è quello della religione. Sul piano legale il fatto che lui sia venuto meno alle sue promesse assolve lei dal tener fede all’impegno preso nei suoi confronti. Tuttavia questa giustificazione vale nella sfera civile ma non religiosa. C’è uno scontro tra statuto della legge e quello della religione. Secondo quest’ultimo la sua azione sarebbe pur sempre condannabile. Lei prende un po’ in giro la religione dicendo “That may be a Mistake in the Translation”. “Magari abbiamo capito male”. Tornando al discorso legale, sulla proibizione religiosa, Lady Brute cita la Court of Chancery: se in cielo ci fosse la court of chancery, invece che condannata sarei assolta come adultera. La court of chancery era un organo dell’ordinamento giuridico inglese in cui le controversie venivano esaminate non sulla base della common law, ma secondo un’interpretazione basata più sulla sostanza che sulla forma. Prendevano decisione non basate sulla consuetudine ma sull’effettiva colpevolezza morale delle persone. La legge morale viene descritta come un problema di coscienza e non di consuetudine. Azioni che sono considerate riprovevoli, secondo coscienza possono essere giustificate. Anche gli altri dialoghi emettono una condanna molto lucida e stringente nei confronti della virtù come costrutto sociale. Delle convenzioni che vengono imposte alle donne che non corrispondono a sostanza morale, reale. Valori a cui devono sottostare che vengono imposte dall’esterno, che implicano un comportamento pubblico all’insegna dell’ipocrisia, della maschera. Anche per quanto riguarda la religione lei pensa che siano convenzioni che senza gli uomini non avrebbe senso. Sono consuetudini. 29.04.2020 La Collier Controversy: i testi principali Questi scritti indicati nella slide, scritti tra il 98 e 1708 non sono che la punta dell’iceberg. In realtà viene pubblicata una mole maggiore di libri. Testi che si auto dichiarano short ma sono infiniti. L’arco temporale è più ampio, perché si va fino agli anni 20 del 700, anche se 98-1708 è la fase cruciale. Dai titoli di questi lavori capiamo che ciò che si sviluppa è un vero e proprio dibattito. Botta e risposta con ricadute a catena. Sul piano argomentativo-retorico Collier ha il vantaggio della prima mossa. E’ astuto il suo modo di sollevare la questione e di costruire una sorta di quadro argomentativo dal quale poi i suoi avversari o coloro che cercheranno di sottrarsi dalle accuse non possono sottrarsi. Questo mette i sostenitori del teatro in una (pubblicata a marzo). Lo stato emana una legge “for the more effective suppressing of profaneness, immorality and debauchery”. Un altro elemento importante per cui possiamo capire perché nasce di nuovo una polemica contro il teatro, è la diffusione negli anni 90 delle Societies for the Reformation of Manners; queste società, in realtà, nascono allo scopo di sopprimere alcuni vizi diffusi, tra cui la fornicazione, l’ubriacatezza e la bestemmia. Raccolgono prove e denunciano i colpevoli alle autorità. Nel corso di un ventennio si stima che le societies siano state capaci di far condannare circa 100k persone. Perlopiù prostitute e persone che provocano qualche forma di disturbo della quiete pubblica. I membri delle societies si vantavano di aver contribuito alla riforma dei costumi teatrali. Teatro che viene continuamente denunciato nella vasta letteratura polemica associata al movimento. Di questo abbiamo tracce nei testi a stampa. Il teatro è uno dei principali bersagli dei riformatori perché non è solo luogo di vizio, ma vizio pubblico e istituzionale. Pernicioso per la società nel suo complesso. A partire dal 1694 cominciano a rivolgere petizioni ai sovrani affinché la corona decreti la chiusura dei teatri. Sperano e credono che i due sovrani siano pronti ad accogliere le loro istanze abolizioniste. Non sarà così, ma ci arrivarono vicino. Oltre alla letteratura polemica, petizioni, mandavano i loro attivisti a teatro a scopo di delazione, li istruiscono a prendere nota di tutto ciò che succede a scena potenzialmente punibile ai sensi della legge. Nonostante i testi teatrali venissero prima controllati sapevano che gli attori potessero improvvisare. Queste prove venivano poi portate ai processi contro gli attori che si concludevano con multe. E’ in questo clima che vede la luce la Short View di Collier. La Short View ha un notevole successo e in un anno e mezzo ne escono quattro edizioni. “A short view of immorality and profaneness of the English Stage”. In aprile esce il trattato completo ma a marzo 98 era già uscita la prefazione. La short view fissa su pagina delle opinioni che ormai erano abbastanza comuni; c’era un sentire comune in merito alla necessità di migliorare, riformare, moralizzare il teatro. La Short View catalizza questo desiderio che appartiene a gruppi diversi della popolazione: religiosi, anche non puritani, persone qualsiasi che non sono in sintonia con il nuovo ethos dell’Inghilterra post-rivoluzionaria. Collier non è un puritano ma un nonjuror, ovvero un pastore anglicano che nel momento che pubblica la Short View vive nell’illegalità perché, come dei suoi colleghi, si è rifiutato di giurare fedeltà ai nuovi sovrani dopo la rivoluzione. La Short View ha un effetto benefico sulla condizione di Collier. Collier coglie con non poco opportunismo l’occasione per promuovere la sua persona e per favorire la sua riabilitazione, non solo agli occhi dei sovrani ma anche delle alte sfere ecclesiastiche. Scagliandosi contro il teatro si fa portavoce di una fetta sempre più influente della società dell’epoca, si fa paladino delle loro istanze, e solleva un polverone che la monarchia emette un solenne contro la profanità di ogni genere e concede la grazia a Collier. Componente di opportunismo nell’operazione di Collier. Collier come molti personaggi delle commedie indossa una maschera. Per buona parte del trattato non assume una posizione abolizionista. Critica pesantemente soprattutto le commedie, le critica per la loro immoralità, per l’indecenza dei personaggi, il loro linguaggio, per la continua irrisione del clero, della religione, per l’istigazione al vizio; sembra per buona parte del trattato, comunque, una critica costruttiva finalizzata a restituire al teatro la funzione edificante che sembra aver perso ma può ancora recuperare. Collier con una mossa molto astuta porta la polemica sul terreno dei suoi avversari, su un terreno estetico, non religioso. [gli unici argomenti che avevano avuto gli altri prima di lui erano “il teatro è luogo di satana”] Influenzato in questo da un critico molto importante di fine 600, Thomas Rymer, autore di “A Short View of tragedy” del 1693. Da notare la consonanza con il titolo del trattato di Collier. Rymer è il principale importatore in Inghilterra del neoclassicismo francese, molto vivace tra i letterati e i primi critici del periodo. Rymer è un fondamentale traghettatore. E’ molto nuovo e particolare il fato che nel suo trattato di taglio religioso, Collier per buona parte della sua argomentazione si appelli non ad autorità religiose ma letterarie. Fa appello a drammaturghi della classicità ma anche moderni, in particolare Corneille, in territorio inglese Ben Johnson. Usa queste autorità letterarie per contrapporre la loro osservanza delle regole, del decoro, della giustizia poetica, al malcostume dei drammaturghi contemporanei. La Short View è importante perché l’offensiva contro il teatro si sposta sul piano dell’estetica. Struttura dell’opera: • La prefazione, che esce prima di tutto il resto dell’opera, si apre con un assioma in merito al quale solo pochissimi avranno il coraggio di esprimere il proprio dissenso. Si apre con “The business of plays is to recommend virtue and discountenance vice;” Promuovere la virtù e mettere in ridicolo il vizio. E’ una massima etica che ha un importante risvolto estetico nel concetto di giustizia poetica; secondo la teoria neoclassica, il vizio va punito e la virtù va premiata perché il fine dell’arte non è l’imitazione del vero ma la ricreazione del verosimile. La realtà come dovrebbe essere. Da qui il concetto di giustizia poetica: proprio perché l’arte ha come fine il verosimile, dunque è essenziale che il teatro metta in cattiva luce il vizio e mostri la dimensione premiale che si associa alla virtù. Dopo aver posto questa premessa dice che il teatro contemporaneo si è allontanato da questi principi e ne consegue che da strumento benefico che era, è caduto nelle mani del nemico, di satana. Quindi pare che vada solo recuperato, portato sul suo vero scopo. Da qui nasce l’invito a una riforma radicale del teatro. Come può aiutare un trattato a compiere questa opera di moralizzazione? Un aiuto può venire da una denuncia precisa e circostanziale delle varie forme di trasgressione. Le individuiamo e cerchiamo di porvi rimedio. • Sorta di catalogo, capitoli, dedicati a ogni diverso tipo di trasgressione commessa. • Chapter I: The immodesty of the Stage → denuncia la licenziosità del linguaggio della commedia e delle situazioni della commedia, con particolare riferimento ai personaggi femminili. • Chapter II: The Profaneness of the Stage → la blasfemia. Presenta una casistica ampia, circostanziata che dimostra come gli attori in scena si macchino continuamente di blasfemia, come nei testi il linguaggio religioso venga usato metaforicamente per parlare di cose profane o, cosa ancor più condannabile, per descrivere la passione erotica. The Rover di Aphra Behn è fortemente criticato in questo capitolo, anche The Provoked wife. • Chapter III: The Clergy abused by the Stage → Collier condanna le molte rappresentazioni, tutt’altro che benevole, di membri del clero da parte dei commediografi, anche qui citando una serie di casi concreti. Riporta proprio i passi. Catalogo di prove. • Chapter IV: The Stage-Poets make their Principal Persons Vicious and Reward them at the End of the Play → verte sul concetto di giustizia poetica. Le commedie hanno per protagonisti persone dedite al vizio e vengono premiate invece che punite. • Chapter V: Remarks upon Amphytrion, King Arthur, Don Quixote, and The Relapse → analisi approfondita delle trasgressioni annunciate nel capitolo precidente. • Chapter VI: The Opinion of Paganism, of the Church, and State, Concerning the Stage → con un voltafaccia abbastanza inaspettato, riporta il discorso sul piano ideologico-religioso. Vengono chiamate in causa diverse autorità a dimostrazione non del fatto che il teatro abbia deviato dalla retta via, ma rimarcando la natura demoniaca del teatro. Non è potenzialmente benefico. Denuncia della illiceità del teatro sul piano etico e politico-sociale. Fa appello ai filosofi pagani, come Platone, il quale bandisce i poeti dal suo stato ideale. Si appella a leggi, statuti, costituzioni, tutto l’aspetto repressivo della legislazione, che punisce i vagabondi, promulgate sotto Elisabetta. Soprattutto si appella ad autorità teologiche. Vengono riprese varie condanne emesse contro il teatro durante i primi 500 anni di storia della religione cristiana, con diversi brani di opere chiave che vengono riportate all’interno del capitolo, tra cui il De Spectaculis di Tertulliano. La conclusione è una affermazione netta della assoluta inconciliabilità, incompatibilità del teatro con la religione. Questo voltafaccia è abbastanza sorprendente. Gli studiosi che si sono occupati di questa opera di Collier sono tutti concordi nel dire che il vero obiettivo di Collier è sempre stato quello dell’abolizione del teatro e che la vera voce di Collier la sentiamo nel sesto capitolo, dove appunto cala la maschera, come poi farà in modo ancor più netto nelle opere successive, nelle varie riprese della Short View non veste più i panni del riformatore, ormai rimane su questa falsa riga di abolizionismo intransigente. Dunque, l’utilizzo di argomenti estetici sarebbe puramente strumentale. Non gli interessava affatto riformare il teatro, però ritiene strategico assumere inizialmente una posizione moderata, perché la SV è un’opera che in effetti si rivolge a una platea di interlocutori abbastanza eterogenea, e adottando questa strategia, in effetti Collier riesce a farsi leggere per esempio dalla cerchia di letterati e wits che lui stesso attaccava, non lo ignorano, lo leggono ed entrano in dialogo. Accettano di ingaggiare una conversazione con Collier proprio perché all’inizio lui parla il loro stesso linguaggio. Questa è una mossa estremamente astuta perché tutto sommato costringe i drammaturghi a esporsi con difese che quasi sempre risultano poco convincenti. Altri destinatari potenziali che Collier ha in mente e in effetti riesce a raggiungere vestendo i panni del riformatore, del moderato, sono i riformisti moderati tra cui forse Vanbrugh stesso in quanto crede che la commedia libertina degli anni 70 abbia delle pecche e mette in scena personaggi che si autodefiniscono reformers; questo pubblico è un pubblico che non avrebbe di certo dato ascolto a una polemica religiosa, intransigente, però, sarebbe stato disposto a instaurare una conversazione con un riformatore come Collier finge di essere per buona parte della SV. Altri interlocutori potenziali sono, per esempio, le donne, le ladies, che frequentano i teatri, di una certa estrazione sociale e che non potevano essere accusate troppo direttamente di immoralità. C’è sicuramente in Collier un tentativo efficace di non limitarsi a dialogare con una ristretta cerchia di adepti. Non vuole predicare i convertiti. Non vuole convincere chi è già convinto, ma spera e riesce a intavolare un dialogo anche con altri ambiti, altre sfere, altre parti, altri gruppi. Nell’intento di portare questi interlocutori esterni dalla propria parte. Diventa subito un libro di successo, viene ristampato quattro volte in poco più di un anno e Collier si guadagna la stima dei potenti. Chapter IV: The Stage-Poets make their Principal Persons Vicious and Reward them at the End of the Play Collier dice “il fatto che i drammaturghi, commediografi in particolare, si rifiutino di applicare il principio della giustizia poetica, ha come conseguenza principale, quella di fomentare il vizio tra gli spettatori.” Il teatro è un’arte mimetica, imitazione di comportamenti in scena. Dunque, è anche un’arte che, più di altre, induce comportamenti di tipo mimetico. Quindi, se io spettatore vado a teatro e vedo il vizio premiato anziché castigato, se vedo che il libertinismo, l’ateismo, vengono dipinti come valori vincenti, questo non potrà non indurre da parte mia dei comportamenti imitativi. Assolutamente deleteri sul piano sociale, non solo politico. Questo lo dice in modo abbastanza esplicito. “To what purpose is Vice thus preferred, thus ornamented, and caress’d, unless for Imitation?” Se il vizio viene promosso lo scopo non può essere se quello di istigare il pubblico all’imitazione, a riprodurre gli stessi comportamenti nella vita reale. 05.05.2020 Prof. Bugliani Prosa scritta con fine ben preciso, ex in critica antiteatrale testi erano in prosa NO fiction, ma alla fine queste opere finivano nel dimenticatoio; vari schieramenti religiosi usavano prosa per veicolare propria ideologia; prosa è forma letteraria molto inclusiva e mobile, che ci può entrare di tutto. • prosa pedagogica > Ascham, The scholemaster, 1570 Sia nella short view che in altre opere si usa un linguaggio che porta all’area del contagio, per descrivere l’effetto potenzialmente pernicioso della mimesi teatrale. Principio pernicioso a cui bisogna fare attenzione perché il teatro implica un primo contagio che gli attori, l’opera, trasmette agli spettatori e che poi gli spettatori portano a casa con sé. A questo quadro accusatorio cercano di rispondere i difensori del teatro e i drammaturghi stessi. Le risposti sono non sempre efficaci, poco convincenti rispetto alle argomentazioni di Collier. Di solito quello che dicono in sostanza è che quello che mettono nelle commedie non è altro che ciò che trovano nella vita. Dunque, la corruzione dell’epoca non è causata dal teatro ma il contrario – il teatro registra, prende atto di ciò che effettivamente già esiste. Cercano di rovesciare la causa-effetto. Non è vita che imita l’arte ma il contrario. Questo non è, di per sé, un argomento mal costruito, ma riesce difficile dimostrare che l’imitazione possa avere un fine edificante sul piano morale. La SV di Collier parte da una verità assiomatica sul fine del teatro “the business of plays…” e su questo tutti tendenzialmente sono d’accordo, nessuno è nella posizione di dissentire, solo pochi si azzardano. Se questo è il compito, è difficile convincere il lettore del fatto che sia possibile raggiungere tale scopo rappresentando il vero senza purificarlo. Vanbrugh ci prova ad argomentare in questo senso con “A Short Vindication” (1698) in risposta a Collier e alle pesanti critiche che aveva mosso verso di lui nella SV. “The Stage is a Glass for the World to view it self in; People ought therefore to see themselves as they are; if it makes their Faces too Fair, they won’t know they are Dirty, and by consequence will neglect to wash ‘em…” In poche parole, Vanbrugh dice che la realtà va rappresentata così com’è, non va cambiata o edulcorata, perché se mitighiamo il vizio che serpeggia nella società, coloro che si riflettono nello specchio, non si accorgeranno dello sporco che hanno sul viso e non cercheranno nemmeno di correggersi. Questo stesso concetto lo ribadisce nel prologo di The Provoked Wife in modo ironico, perché sapeva che in quel clima gli avrebbero mosso delle critiche. L’idea del rispecchiamento però, comunque, non risolve il problema. Il fatto che il vizio nelle commedie venga abbastanza inequivocabilmente premiato, presentato in luce positiva, il fatto che comportamenti illeciti vengono presentati in luce positiva e non per farne oggetto di scherno, pone i drammaturghi in posizione facilmente criticabile. Un altro punto della SV in cui Collier torna a battere su questo tasto è nel Chapter V. Qui sostiene che l’arte è imitazione della realtà, è un assunto fondamentale della teoria neoclassica mutuata da Aristotele con l’idea di mimesi – questo è vero ma non significa per questo che sia legittimo rappresentare tutti gli aspetti della realtà, per quanto realistica questa rappresentazione possa poi risultare. Collier argomenta abilmente che la riproduzione indiscriminata del vero, la mimesi indiscriminata del vero, non può produrre risultati terapeutici apprezzabili nel pubblico, perché non è in grado di produrre la catarsi. Si sta rifacendo a un concetto di derivazione neoclassica. L’idea dell’arte che serve a purgare i sensi, a curare lo spettatore, a trasformarlo in una persona migliore. Al contrario, la riproduzione indiscriminata del vero non solo non produce catarsi ma, anziché purgare i sensi, li congestiona. Fa del male e il risultato è che la presunta, sbandierata cura fa più danni della stessa malattia. Secondo Collier – I drammaturghi sostengono di rappresentare il vizio allo scopo di correggerlo, ma senza la giustizia poetica “the Correction is much worse than the Fault. They laugh at Pedantry, and teach Atheism, cure a Pimple, and give the Plague” (Short View, Chapt. V, pp. 286-7). Anche qui metafora dell’area medica ed è interessante anche per i testi che abbiamo letto, questo accostamento del teatro a un medico ciarlatano. Medico ciarlatano che somiglia a Quack in The Country Wife che per curargli la sifilide avrebbe trasformato Horner in un eunuco, quindi avrebbe peggiorato sensibilmente la sua condizione di malato nell’atto di curarlo. “The Plague” – il teatro come un’attività o luogo dove si contrae la peste. All’interno della polemica antiteatrale è molto frequente questa associazione del teatro con la peste. Per i polemisti questa associazione risponde a precise esigenze strategiche. Diventa una sorta di argomento di autorità. Questo perché la peste era una realtà, una piaga molto reale per il pubblico dell’epoca. L’ultima grande epidemia di peste a colpire l’Inghilterra fu quella del 1665. Questo significa che quella epidemia che ebbe effetti devastanti era ancora un ricordo sufficientemente vivo alla mente dei lettori e spettatori, e dunque poteva evocare, semplificare il concetto che voleva esprimere. Arrivava prima al punto con tale associazione. Corruzione dell’anima – corruzione del corpo, morbo letale. Non è un caso se negli anni 20 del 700 c’è un nuovo focolaio di peste a Marsiglia e si teme che possa trasmettersi all’Inghilterra, i predicatori nei sermoni fanno spesso ricorso a questa minaccia che incombe per esortare i fedeli al pentimento, dicendo che sulla nazione sta per abbattersi una punizione divina causata dalla scellerata dedizione al vizio degli inglesi. C’è un aggancio al passato e utilizzo di questa minaccia come monito per il futuro. Questa riforma del teatro assume carattere di urgenza tramite il ricorso all’immagine metaforica della peste che già si è abbattuta e potrebbe riabbattersi a causa del vizio, del teatro. Un altro motivo del ricorso frequente all’associazione teatro-peste è legato al fatto che la peste è un morbo, una malattia che deturpa, che sfigura e i cui segni sono visibili sul corpo. Questo aspetto diventa molto funzionale quando si tratta di usare l’analogia per descrivere l’azione devastante che il morbo teatrale sta esercitando sulla nazione. Questo si vede bene nel quarto capitolo. Il concetto su cui fa perno il paragrafo introduttivo è quello del travestimento. Teatro come situazione in cui il vizio si traveste da virtù. “Mettendo la lascivia in condizione di prosperare, ammantare la lascivia di distinzione, trattarla con rispetto e ossequio, è un modo per confondere la ragione, per rinvigorire la tentazione e rendere invincibile il peccato.” Nell’incipit del capitolo Collier fa sempre riferimento al concetto di travestimento ma ad essere definita come travestimento è la stessa violazione del principio della giustizia poetica. Contravvenire a questo equivale allo scopo dichiarato di confondere le sembianze primigenie del bene e del male. Quelle sembianze che erano state date in natura, chiare, dal creatore. Dio ha dato al bene e al male forme che li rendono distinguibili l’uno dall’altro e il teatro confonde le cose cambiando loro i connotati. The lines of virtue and vice are struck out by nature in very legible distinctions; they tend to a different point, and in the greater instances the space between them is easily perceived. Nothing can be more unlike than the original forms of these qualities: the first [il bene] has all the sweetness, charms, and graces imaginable; the other has the air of a post ill carved into a monster, and looks both foolish and frightful together. These are the native appearances of Good and Evil. And they that endeavour to blot the distinctions [coloro che vogliono ridurre le differenze], to rub out the colors or change the marks [sbiadire i colori che li distinguono e scambiare i contrassegni], are extremely to blame. ’Tis confessed as long as the mind is awake and conscience goes true there’s no fear of being imposed on. But when vice is varnished over with pleasure and comes in the shape of convenience, then the case grows somewhat dangerous; for the fancy may be gained and the guards corrupted and reason suborned against itself. And thus a disguise often passes when the person would otherwise be stopped. L'effetto pernicioso del teatro è legato al fatto che permette che l’inganno entri nella nostra coscienza, mentre a cose normali riusciremmo a distinguerlo, perché c’è stata un’azione preliminare ovvero ha confuso i segni esterni. Ha reso non più leggibili le manifestazioni fenomeniche del bene e del male. Emergono due cose: l’idea del travestimento che si ricollega al discorso sull’antico e radicato pregiudizio verso il teatro come luogo in cui ci si traveste, che genera un’instabilità dell’identità. Oltre a questo, l’idea dell’azione sfigurante del teatro evocata tramite l'immagine del Cippo deforme, grottesco, che appare insieme ridicolo e spaventoso. Gli effetti del teatro sugli spettatori vengono paragonati a manifestazioni esteriori di malattie deturpanti come la peste e il vaiolo, collegato qui all’idea di una sacrilega deturpazione della creazione divina, delle apparenze primigenie del bene e del male che Dio voleva donare agli uomini come protezione. Discorso che entra in dialogo con Vanbrugh e The Provoked Wife. E’ un punto che viene sviluppato da Collier nel primo capitolo e ha a che vedere con la natura del riso e soprattutto che cosa questo comporta per le spettatrici. Questo è un elemento nuovo rispetto alla trattatistica precedente. Non è mai stata data attenzione alla natura del riso che i drammaturghi intendono suscitare, e in particolare al tipo di ricezione che questi testi prevedono per la componente femminile del pubblico. Questo è un tema che viene dibattuto nel Atto III, Scena III di The Provoked Wife, in una conversazione tra Belinda e Lady Brute. E’ come se Vanbrugh sapesse ciò che stava per abbattersi su di lui e avesse posto avanti una difesa preventiva rispetto alle accuse di Collier. Questa è piùefficace dela difesa di tipo argomentativo a posteriori nella Short Vindication. Il capitolo primo è Immodesty of the Stage ed è una critica pesante della licenziosità della commedia della restaurazione, sia per quanto riguarda il linguaggio che le situazioni. Quello che fa Collier è stigmatizzare le oscenità messe in bocca a personaggi femminili in situazione oscene. Questo, dice Collier, è un atto contro natura, un errore di rappresentazione, perché le donne non sono lascive ma, per loro natura, pudiche. Quindi, se il teatro le rappresenta lascive, sboccate, pone in una situazione difficile le donne che vanno a teatro. Prende ad esempio Lady Fidget in The Country Wife. Collier dice che finché le donne continueranno a pagare il biglietto e assistere alle opere teatrali, i drammaturghi si sentiranno legittimati a credere che alle donne vada bene essere rappresentate così, nonostante siano ben altre creature. Potrebbero pensare anche che sia una conferma che si riconoscono nell’immagine che viene loro presentata. Allora dovrebbero arrabbiarsi e mostrare il loro dissenso. Però non è opportuno che non facciano nemmeno questo; se loro dimostrano di capire doppi sensi volgari ecc, tutto sommato mettono in dubbio la loro “modesty”, la loro pudicizia. È una condizione senza via d’uscita. Qualsiasi cosa una donna faccia a teatro si dovrebbe sentire così in imbarazzo da voler poi evitare di tornare a teatro. Questo è uno dei punti della SV che fa capire quanto più marcata diventi l’opposizione al teatro l’attenzione verso il polo ricevente, lo spettatore, la spettatrice. Cambiamento di paradigma perché il problema per Collier e molti altri dopo di lui non sarà più solo cosa viene visto in scena ma anche l’essere visti mentre si vede. È lo spettatore stesso che diventa spettacolo degli sguardi altrui e viene giudicato nelle sue reazioni. È una dinamica che è attestata già ampiamente nei dialoghi di The Provoked Wife. [Atto III, Scena III] siamo nella camera da letto di Lady Brute, a una decina di battute dall’inizio. Inizialmente il tema è la differenza tra il modo in cui si comportano le donne n presenza di uomini e come si comportano quando non ci sono loro ad osservarle e giudicarle. La conversazione tra Lady Brute e Belinda avviene a porte chiuse, in una situazione di intimità, spontaneità. Sono sincere, la maschera è calata ma il tono è frivolo. Si parla di vanità femminile e di come le donne in pubblico costantemente recitino perché a loro piace essere ammirate. Fin qui siamo sul solco di un discorso tradizionale che vede gli uomini soggetti che osservano e le donne oggetto del desiderio. Il tono cambia a un certo punto e il terreno si fa più scivoloso, perché a un certo punto le donne, oggetto di discussione, si trasformano in soggetti che osservano, non più oggetto dello sguardo altrui. Sono donne immaginate come spettatrici a teatro. Sono in una situazione pubblica in cui le loro reazioni di soggetti che osservano, vengono a loro volta osservate, esaminate e giudicate dalla collettività degli spettatori. Quando questo avviene viene fuori tutta la paradossalità della loro condizione sociale. Il fatto che le donne in situazioni pubbliche, dove le condizioni sociali sono vigenti, sono costrette a indossare costantemente una maschera,
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