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Letteratura inglese: Ulisse nella letteratura, Sbobinature di Letteratura Inglese

Sbobine corso di Letteratura inglese anno 2022\2023 con la prof.ssa Natali. Il corso prevedeva di analizzare la figura di Ulisse all'interno della letteratura inglese nei vari periodi letterari. Gli appunti sono sufficienti per affrontare l'esame.

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

In vendita dal 13/06/2023

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Scarica Letteratura inglese: Ulisse nella letteratura e più Sbobinature in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LETTERATURA INGLESE #1 – 20\02\2023 INTRODUZIONE AL CORSO 1.0 I testi che affronteremo Come primo testo affronteremo On first Looking into Chapman’s Homer di John Keats è un sonetto in cui Keats parla dell’esperienza di incontrare una nuova tradizione dei testi di Omero. Come sappiamo il sonetto è una forma poetica italiana ma che viaggia molto nel corso dell’Europa, giunge anche in Inghilterra e qui oltre ad essere estremamente diffuso nell’epoca elisabettiana c’è un periodo in cui il sonetto perde un po’ della sua forza, della sua diffusione, e poi ritorna in auge nel periodo del Romanticismo. Quello che Keats descrive all’interno di questo sonetto è un’esperienza di lettura di un testo tradotto cioè l’Omero di Chapman.    Subito dopo leggeremo Ulysses di Alfred Tennyson del 1833. Tennyson è uno dei maggiori esponenti dell’età vittoriana. Questa poesia diviene talmente famosa che viene declamata in parte in occasioni ufficiali durante il regno della regina Vittoria. È considerato il testo che ha aperto la strada alle varie rielaborazioni della figura dell’Ulisse e dell’Odissea in generale nel periodo ottocentesco. Ci offre lo spunto anche per un approfondimento sulle forme e sulle tecniche della poesia inglese., questo perché L’ Ulysses è quelle che si definisce un monologo drammatico. L’Ulysses è una forma poetica che in Inghilterra fiorisce nel periodo vittoriano, grazie a Tennyson e anche a Robert Browning.   Passeremo poi ad affrontare un gigante della letteratura inglese con l’Ulysses di James Joyce del 1922. In quest’opera vedremo la rinascita di Ulisse che viene trasformato, riletto e ricreato in un personaggio straordinario. Il protagonista di questo romanzo è ben poco eroico o forse è eroico in modo diverso rispetto alla tradizione.   In pieno modernismo troviamo l’opera A Draft of XVI Cantos di Ezra Pound del 1925. Pound propone una traduzione di parte dell’Odissea, riadattata e ritradotta. Altro caposaldo del modernismo inglese è Yeats con la sua opera Cuchulain Comforted del 1939. Si tratta di una poesia dedicata a uno dei più grandi eroi della tradizione irlandese. In questa poesia s’intrecciano varie tradizioni, tra cui quella della discesa agli inferi.   Ultimo testo che affronteremo sarà The Penelopiad di Maragaret Atwood del 2005. Questo testo riprende una delle figure centrali dell’Odissea e le dà voce. Maragaret Atwood in questo romanzo breve\ racconto lungo, finge che Penelope possa ricordare ciò che è avvenuto nel passato e in maniera sardonica recuperare elementi chiavi della sua esperienza precedente per comunicare con nuovi lettori. Questa Penelope degli anni 2000 la prima cosa che ci dice è una raccomandazione nei confronti delle donne moderne. È una rilettura in chiave femminista: dare la voce a chi non l’aveva avuta abbastanza in precedenza.  Si tratta di trovare uno spazio per un diverso punto di vista. 1.1 L’Odissea e la figura di Ulisse Odisseo è considerato come un segno nella nostra cultura. È un segno perché desemantizziamo questa figura a seconda di epoche e culture diverse e anche perché lo rileggiamo attraverso diversi sistemi culturali. Ciascuno cultura interpreta Odisseo tramite un diverso sistema di valori e gli attribuiamo valenza diverse a seconda di quali caratteristiche si vuole mettere in luce. Si può fare portavoce di ideali, di questioni etico-culturali. Vedremo con i testi che leggeremo che è proprio quello che succede: ogni volta gli sa da una valenza diversa a seconda del periodo, del tipo di cultura e a seconda di quale aspetto si vuole mettere in evidenzia. Ma cosa c’è in questa figura che fa sì che sia tradotta in tanti modi diversi?  L’Odisseo è diventato un simbolo della volontà di conoscenza, del saper superare con l’ingegno le difficoltà. Le sue plurime abilità che lo rendono flessibile nel caso in cui si voglia darne una nuova reinterpretazione. È una figura poliedrica (artigiano, esperto nell’arte della navigazione, maestro della retorica e della persuasione, capace di ingannare non solo con le parole ma anche con travestimenti). È una figura che ha una maestria nell’arte della sopravvivenza. Esso rappresenta un’idea, un concetto, un modello di poesia. Ancora oggi l’Odissea ispira la letteratura contemporanea occidentale. Il suo fascino è però universale. 1.1.1 Gli avvenimenti all’interno dell’Odissea La tradizione afferma che nella tarda età del Bronzo (1200-1300 a.C.) un sovrano greco ha ritardato il proprio ritorno a casa dalla guerra, per poi riconquistare trono e famiglia. Questa storia fu riportata dai bardi, in particolare da uno leggendario, detto Omero, che nel 750 a.C. circa narrò la storia dell’Odissea Struttura dell’Odissea:   1. Telemachia (canti/libri II-IV)  2. I viaggi di Odisseo (canti/ libri V-XII)  3. Il ritorno di Odisseo a Itaca e la sua lotta contro i Proci (canti/libri XIII- XXIV)  • L’Odissea prende forma dalle parole stesse dell’eroe  Il punto fondamentale è proprio che l’Odissea prende forma grazie al racconto che ne fa Odisseo stesso. [Odisseo] disse così, e tutti rimasero muti in silenzio, come presi d’incanto, nella sala piena di ombre. [...] A lui Alcinoo rispose e disse: «Certo tu non somigli, a vederti, Odisseo, a un imbroglione, a un bugiardo, dei tanti che prosperano sulla terra e fabbricano storie incredibili. Il tuo racconto è bello, saggia è la tua mente, come un aedo hai narrato, con arte, la storia, le tristi sventure di tutti gli Argivi, e le tue. [...] Fino alla luce dell’alba io rimarrei, se tu volessi narrarmi le tue pene». È interessante quello che deduciamo dalle parole di Alcino: da una parte non gli sembra un bugiardo o un imbroglione. Ne deduciamo il fatto che l’effetto che provocano le parole di Odisseo è quello di affascinare e catturare chi ascolta. LETTERATURA INGLESE #2 – 21\02\2023 ULISSE 1.0 L’Odissea e Ulisse Riprendiamo il discorso conclusivo della lezione di ieri sulla profezia di Tiresia. La profezia di Tiresia crea una sorta di alone di mistero sulla fine di odisseo, sul viaggio di Odisseo, su questo ultimo viaggio che segue il suo ritorno ad Itaca e poi alla sua morte. È una profezia che funge da modello per i testi successivi che stimola il discorso per continuare a parlare dell’Odissea. È il testo stesso che apre alle elaborazioni di analisi successiva e soprattutto all’idea di proseguire il viaggio di Odisseo nella letteratura successiva. È un’idea che troviamo non soltanto nella letteratura inglese questa prosecuzione del viaggio di Odisseo. Una delle più famose forme di prosecuzione di questo viaggio ha a che vedere proprio con Dante e la sua Commedia. 1.1 Ulisse in Dante Nell’Inferno dantesco, più in particolare nel XXVI canto (ci troviamo all’interno della VIII bolgia dei consiglieri fraudolenti), Dante vede le fiamme che si muovono nelle fosse e Virgilio gli spiega che all’interno di queste fiamme si trova lo spirito dei peccatori. Dante chiede a Virgilio chi ci sia all’interno del fuoco con due punte e gli viene spiegato che al suo interno si trovano Ulisse e Diomane, i due eroi greci che furono insieme nel peccato (tra cui l’inganno del cavallo di Troia) e che ora scontano la pena insieme. Dante domanda se i dannati possano parlare e Virgilio lo invita a lasciare che sia lui a interpellarli. Parla Ulisse che gli racconta di quello che gli è accaduto dopo essersi allontanato da Circe e del fatto che lui non sia riuscito a contrastare il desiderio di viaggiare. Ulisse narra della nuova patria, della prosecuzione del suo viaggio, narra di essersi avventurato fino alle colonne d’Ercole e anche qui il suo viaggio non si ferma. Ulisse continua ad avere lo stimolo e il desiderio di conoscere questi luoghi in cui nessuno è mai stato e prosegue la navigazione. Nel proseguire la navigazione arriviamo al momento in cui l’idea di Ulisse che raggiunge un mondo nuovo e l’idea di Ulisse che raggiunge l’altro mondo, si intrecciano e si incrociano. In distanza Ulisse vede questa enorme montagna e Ulisse e la sua ciurma si rallegrano. La loro gioia dura poco per loro questo non è l'altro mondo ma un nuovo mondo. L'equivoco si scioglie subito: l'altro mondo si spalanca davanti a quello nuovo. Davanti a loro si apre un turbo che colpisce la nave, la fa vorticare tre volte nelle acque mulinanti, solleva la poppa, inabissa la prua e rinchiude sopra di esse il sigillo dell’oceano. Ulisse viene quindi ucciso da un Dio che neanche conosce: il suo destino è quello di non riuscire a proseguire il suo viaggio perché questa interruzione viene provocata da un dio sconosciuto. Abbiamo quindi l’incrociarsi di un nuovo mondo con l’idea di Ulisse che va nell’altro mondo. Come sappiamo Dante non aveva un contatto diretto con il testo Omerico e la sua idea di Ulisse deriva da altre fonti. Ulisse è parlato attraverso altri testi. È significativo il brano dantesco perché non ci sono autori o scrittori che non tengano conto di quanto è già stato detto su Ulisse nel momento in cui lo rileggono e nel momento in cui vengono prese in considerazione le sue caratteristiche. Nel testo dantesco si incrociano delle tradizioni letterarie: - da una parte troviamo la figura di un Ulisse imbroglione, ingannatore, inventore di storie false. Figura che appare già in Virgilio nell’ Eneide, a Ovidio nelle Metamorfosi e a Stazio nella Achilleide. - dall’altra troviamo la figura di un Ulisse modello di virtù e di saggezza, nobile ricercatore della conoscenza e vincitore del vizio. Lo vediamo così in Cicerone, Orazio, Seneca ecc. Queste due tradizioni si intrecciano e si incorniciano anche nei testi più recenti. Abbiamo quindi un’immagine un po’ contraddittoria di Odisseo che è al contempo scaltro, capace dell’imbroglio, capace di scendere a compromessi. 1.2 Le caratteristiche di Ulisse Perché ci si è appassionati proprio di Ulisse, perché questa è stata capace di attraversare la letteratura e la cultura nei secoli? Quali sono le peculiarità di questa figura che lo distinguono da tutti gli altri eroi? Odisseo ha tutte le qualità eroiche ma non sempre Odisseo ricorre alla forza. La negoziazione e la possibilità di arrivare ad un obbiettivo tramite le parole è caratteristica fondamentale di Ulisse. Odisseo ha un ruolo di mediatore, è colui che cerca di risolvere un problema esistente. Nell’Iliade ci viene sempre descritto come un eroe pratico. Quello che principalmente ci affascina di questa figura sono le peculiarità fisiche (torso lievemente sproporzionato rispetto alle gambe più corte. Fisicamente non slanciato che suscita una sensazione di scarsa eleganza) e la sottigliezza del pensiero. In altre parole, Ulisse si distingue visivamente dagli altri eroi perché è il più basso, queste sue caratteristiche non lo rendono eccentrico. Vediamo queste due caratteristiche distintive in tutto il corso dell’Iliade oltre che dell’Odissea. Odisseo si distingue come abile arciere, è forte, è abile. Odisseo non spicca per essere il migliore in qualcosa: questa sua normalità è un tratto che si rivela essere molto interessante. È un eroe che si distingue ma che non spicca su gli altri per nessuna qualità particolare. Tra quello che ci affascina di Odisseo ci sono anche le sue capacità di mediatore e di non ricercare sempre lo scontro fisico. Una delle caratteristiche che viene messa in rilievo è il fatto che Ulisse si distingue come arciere, un’abilità strana per appartenere ad un eroe. L’arco veniva considerato un’arma poco eroica perché non prevedeva coraggio. Odisseo molto probabilmente spalmava sulla punta delle sue frecce del veleno e quindi si avvaleva di altri aiuti, che non derivavano dalle sue forze, per distruggere il nemico. Odisseo non si lascia mai andare all’esprimere sé stesso, a esprimere parti delle sue idee e delle sue emozioni. Le sfrutta quanto più gli fanno comodo, quando lo aiutano a creare un effetto o quando lo aiutano a raggiungere uno scopo. Ulisse è quindi un eroe abbastanza normale, un eroe molto pratico. È un eroe che si occupa delle necessità primarie, si occupa degli aspetti più basilari dell’esistenza. Rimane sempre ancorato alle cose di tutti i giorni. È un oratore molto efficace che ha sempre ben presente l’obbiettivo a cui vuole arrivare. È anche un uomo estremamente flessibile. Non è da tutti gli eroi trovare un modo per evitare un pericolo. Odisseo non è che si tira indietro davanti al pericolo ma in modo sempre molto scaltro e attento valuta se sia il caso di affrontare direttamente quel pericolo o se sia il caso di prendere un’altra direzione, uno stratagemma per non mettere in pericolo sé stesso ei suoi uomini. Odisseo è prudente, ingegnoso e decide come muoversi a seconda delle situazioni. Scrive Stanford: When the typical hero found his path to fame and glory blocked, his instinct was to batter his own or someone else’s head against the obstacle until something broke. The gentle Hector and the tough Ajax were alike in this intransigence. Odysseus was no less determined to gain his purpose; but he was far less intransigent. He was prepared to undermine an obstacle or to look for another path, to imitate the mole or the fox rather than the rhinoceros. Odisse si mette in pericolo sono quando la sua curiosità non è tenuta a freno. In qualche caso anche lui mette a rischio sé stesso e il suo equipaggio quando il desiderio di sapere è troppo forte. I momenti in cui si mette in pericolo e in cui dimentica questa sua prudenza, sono i momenti in cui Ulisse ha la capacità di acquisire delle conoscenze che non ha mai acquisito nessuno. Tutti questi aspetti lo rendono un eroe abbastanza moderno perché rifletti una serie di valori vincenti nella società nei secoli successivi. Questo fa si che Ulisse diventi un esempio che può essere per tutte le sue caratteristiche e sfaccettature impiegato in più situazioni diverse. Le sue qualità e i suoi diversi modi di fare li vedremo riproposti in maniera critica con una riflessione che si riflette sulla natura umana. 1.2 Il tema del viaggio Il tema del viaggio è fondante all’interno dell’Odissea. Si tratta di un tema che diventa pratico, reale ma anche simbolico proprio grazie all’Ulisse. Il viaggio è un qualcosa che va oltre l’avventura stessa. Il primo romanzo della letteratura inglese è un viaggio, un naufragio e ha anche questo a che fare con questi archetipi della conoscenza. Poco dopo arriva Swift e anche lui ci ripropone un’altra idea di viaggiatore, un’altra idea di viaggio. Quindi i primi testi della letteratura inglese non a caso pongono il loro protagonista su una nave per iniziare il loro viaggio. 1.3 Ipotesto, ipertesto Quando prendiamo in considerazione gli antecedenti e i successivi testi che hanno così tanto in comune tra di loro è possibile fare riferimento ad un impianto teorico e metodologico. Ipotesto: è qualsiasi relazione di un testo che si innesta su un altro. È in tutto e per tutto un modello, una fonte che è alla base di un’opera successiva che ha utilizzato quella base testuale per creare qualcosa di nuovo. Gérard Genette in Palinsesti. La letteratura al secondo grado del 1982 definisce ipertestualità «ogni relazione che unisca un testo B (che chiamerò ipertesto) a un testo anteriore A (che chiamerò […] ipotesto), sul quale esso si innesta in una maniera che non è quella del commento» (Genette 1982: 7). L’espressione “letteratura al secondo grado” assume qui pieno significato: un testo di secondo grado derivato da un testo preesistente, di primo grado. Quindi l’ipertesto implica l’operazione di imitazione, derivazione e trasformazione dell’ipotesto. C’è un qualcosa che viene raccolto dalla tradizione precedente. L’ipertesto può assumere un tono ironico, satirico o serio. Si tratta di una trasposizione stilistica e formale dell’originale su un altro contenuto. Esempi di ipertesti da Odissea: Ulysses di Joyce, l’Eneide di Virgilio. A loro volta, questi testi sono diventati ipotesti per la costruzione di altri ipertesti. Pag. 10 a 85 Ci troviamo di fronte a un testo complesso che ha vari livelli e che parla della possibilità di affermarsi come poeta, di trovare uno spazio nel canone letterario costituito da antecedenti importanti. Questo spazio si trova grazie al collegamento indiretto con Omero. Si parla di proseguire questa tradizione (un po’ di angoscia per la letteratura del passato sul processo). Ci troviamo di fronte ad un nuovo modo di leggere la letteratura del passato adesso che l’immaginazione non esiste più. È quindi una poesia che parla dell’antico e parla del nuovo contemporaneamente. Quindi possiamo dire, in breve, che si aprono due strade: da un lato si recupera un discorso della grande poetica omerica, che è un discorso chiave, da un altro quasi come un sfida a questa grande tradizione, si parla di Omero tirando in ballo tutti quegli elementi che hanno fatto sì che la grande tradizione omerica sia stata superata, i grandi esploratori, gli astronomi, tutti coloro che hanno fatto sì che quella grande fantasia che ha dato vita all’avventura di Ulisse, non ci possa più essere (non esistono certi mondi). 1.1 La forma metrica del sonetto Il fatto che Keats decida di esordire con un sonetto è un elemento importante perché il sonetto non era una forma letteraria “innocente” o “anonima”. Il sonetto è una forma poetica chiave nell’Ottocento inglese. Non solo Keats si pone nella linea autorevole di tradizione che viene dall’epica, e dall’epica omerica in particolare, ma già che c’è recupera anche parte della tradizione di Dante Alighieri proprio tramite l’uso del sonetto. Keats nel corso delle varie versioni del testo ha cambiato parole importanti: wondering eyes (occhi sognanti, un qualcosa che si riferisce allo stato d’animo) in una versione successiva è diventata eagle eyes (occhi d’aquila. In traduzione diventano occhi fieri). Ritroviamo gli eagle eyes all’interno della Commedia nel canto IV al verso 96 quando Dante sta parlando della bella spola e di Virgilio “che sopra gli altri come aquila vola”. Con questo cambiamento da occhi sognanti e occhi d’aquila sembra che Keats voglia inserire un riferimento agli antecedenti letterari traendo ispirazione da Dante. Keats sta creando un discorso abbastanza complesso: una rete di riferimenti per inserirsi all’interno di una tradizione letteraria. Si tratta di un complesso insieme di elementi che Keats sta mettendo in gioco per il suo esordio letterario: la tradizione viene omaggiata ma allo stesso tempo ci fa capire che si sta anche andando avanti. La stessa cosa succede proprio grazie alla forma letteraria che sceglie. Keats sceglie il sonetto perché anche il sonetto, come sappiamo bene, ha tradizione non recente. Sceglie il sonetto perché si tratta di una forma poetica che ha una lunga e autorevole tradizione che nell’800 in Inghilterra vive un nuovo momento di splendore, viene da lontano. È una forma poetica che ha origini italiane e che nel momento in cui Keats scrive il suo sonetto è in quel momento “di moda”, una forma poetica che i poeti inglese tanto usano. Perché il sonetto è così importante per la tradizione della letteratura inglese? Che senso ha il sonetto per la letteratura inglese? È curioso che il sonetto diventi una forma poetica molto usata, integrata dagli autori quando è in realtà una forma poetica italiana. Pag. 11 a 85 Il sonetto nasce in Italia ad opera di Giacomo da Lentini. Questa forma poetica ha il suo massimo splendore ed espansione soprattutto con Petrarca, autore che viene letto e tradotto in Inghilterra con vari tentativi (c’è chi tralascia la forma per il contenuto). Verso la metà del ‘500 due autori inglesi, Surrey e Wyatt propongono un nuovo modo di tradurre Petrarca: i due propongono una traduzione di traduzione che tiene conto anche della forma, cercano di adattare le forme del sonetto italiano all’inglese. Fanno una riflessione che va oltre alla trasposizione dei contenuti e pensano a come potrebbe funzionare bene il sonetto anche in ambito anglofono. Così facendo danno origine a una nuova tradizione anglofona del sonetto. Il sonetto diventa sempre più famoso in Inghilterra e non solo perché si traducono i grandi italiani, ma anche perché si cominciano a scrivere dei sonetti. Ci troviamo nella seconda metà del ‘500, siamo nell’epoca elisabettiana, dell’epoca di Shakespeare i cui sonetti arrivano alla fine del momento di interesse vivo per il sonetto in Inghilterra. Quello che succede al sonetto inglese è che ne abbiamo due versioni diverse: → Sonetto italiano: quattordici versi divisi in due quartine + due terzine. La frattura fra quartine e terzine si chiama volta e a volte è presente, tra le due parti del sonetto, un cambiamento di tono o di argomento. Le quartine rimano ABBA, le terzine rimano CDC o CDD. È composto da versi endecasillabi → Sonetto inglese: quattordici versi divisi in tre quartine + distico finale (rhytming couplet). Le quartine hanno rima alternata ABAB, CDCD, EFEF. Il distico finale ha rima baciata GG. È il rhytming couplet a produrre il cambiamento. Il distico finale propone una conclusione, uno spostamento molto più breve. Questa tipologia di sonetto viene chiamato sonetto Shakespeariano, sonetti di tipologia inglese. In ambito anglofono si parla di sonetto petrarchesco per riferirsi alle forme italiane e sonetto shakespeariano che si riferisce a questa tipologia di sonetto, tipica di tutto il periodo elisabettiano dalla seconda metà del ‘500 fino almeno ai primi due decenni del ‘600. Il sonetto elisabettiano non si distacca molto dalla tradizione italiana: molto spesso si parla di amore per una donna irraggiungibile che non sente le stesse cose che il poeta esprime. Spesso la figura della donna amata è un pretesto per parlare anche di altre cose, come l’amore in senso lato, questioni religiose, differenza tra amore terreno e amore divino. Dal ‘600 il sonetto comincia a perdere il mordente sulla letteratura inglese, se ne comincia a scrivere molto meno e iniziano ad essere antologizzati. Si cominciano a ripubblicare i sonetti in varie antologie. Quando arriva in Inghilterra la nuova sensibilità del romanticismo, riprende anche la passione per il sonetto. William Wordsworth, che con Taylor Coleridge a è uno degli iniziatori del romanticismo, scrisse 523 sonetti, Keats 67, Coleridge 48 e Percy Bysshe Shelley 18. I poeti romantici si cimentano costantemente nel sonetto. Il sonetto torna di moda alla fine del ‘700. Il sonetto torna in forme diverse: si tiene conto della tradizione ma si apportano anche elementi di innovazione, avviene una rottura con la tradizione del passato. Il sonetto del romanticismo ovviamente non è lo stesso sonetto del periodo elisabettiano. Quando torna il sonetto i romantici guardano alla tradizione e considerano gli antecedenti ma non prendono come modello Shakespeare. A livello di forma implica che il sonetto inglese venga usato molto meno rispetto al sonetto petrarchesco o italiano dagli autori del tempo. Pag. 12 a 85 • Il sonetto del romanticismo tende a tornare alle radici del sonetto italiano e a recuperare le forme petrarchesche. Spesso gli autori avevano conoscenza con il sonetto del periodo elisabettiano però molto spesso avevano trovato questo sonetto nelle antologie e questo aveva dato loro un nuovo senso di quello che doveva essere un sonetto. Il piccolo suono che doveva creare un’armonia in un canzoniere non esiste più: per loro il sonetto è indipendente, che sta da solo, che non incluso in un discorso poetico più ampio. Il sonetto è raramente inserito in un contesto più ampio, era una poesia indipendente. Che cosa cambia nel sonetto romantico? 1. La forma -> si tende a seguire la tradizione italiana piuttosto che quella inglese 2. L’argomento si fa grandioso. Una delle grandi sfide che affrontavano i romantici era quella di mandare dei messaggi grandiosi, di dire tutto dicendo con pochissimo spazio. Si parla infatti di estetica del frammento. Il tutto nella parte, l’universo nella scheggia, nel frammento, il macrocosmo nel microcosmo, (immagine specchio che cade e si rompe). Per il romanticismo il messaggio più completo e assoluto che ci può essere è l’idea del sublime. 1.2 I romantici e il sublime Il sublime è un concetto filosofico che il romanticismo elabora a livello letterario. Sono proprio i sonetti del romanticismo che si fanno la prima espressione di un’“ossessione” romantica che è quella del sublime. Il sonetto diventa veicolo primo di una delle idee chiave del romanticismo. Anche nella poesia di Keats si ritrovano elementi dell’idea del sublime. Il concetto di sublime non è lo stesso che gli affibbiamo noi oggi. Il sublime si distingue dal “molto bello”: il bello è una qualità dell’oggetto, il sublime non è una qualità di un oggetto ma un’esperienza. I sonetti del romanticismo ruotano tutti attorno all’esperienza del sublime. Keats dopo aver ascoltato la traduzione di Chapman, ha iniziato questa sorta di viaggio. Tutti questi passaggi che fa il sonetto di Keats hanno a che fare proprio con l’esperienza del sublime: è un’esperienza che mette insieme elementi della meraviglia e paura. È un’esperienza che molto spesso raggiunge questo stato di paura e meraviglia grazia alla caduta di qualche confine spazio- temporale che ci lascia disorientati. Il personaggio di Keats si trova a respirare l’aria pura dei tempi di Omero, cadono i limiti dell’esperienza umana. Spesso nel sonetto romantico si trovano temi come il terrore della morte, o qualcosa che si avvicina alla morte. Il sonetto viene usato per andare a esplorare i confini dell’essere umano, dei confini dell’umanità della conoscenza della consapevolezza del mondo. Quindi il sonetto romantico diventa sì questo “piccolo suono” ma diventa anche un’opera indipendente che viene usata per esprimere tutto ciò che è più grande per andare ad esplorare l’infinito e i confini degli esseri umani. Diventano modo per parlare dei confini della conoscenza, dell’umanità, della consapevolezza che si ha del mondo. Pag. 15 a 85 sopra della mediocrità ordinaria, e ci fanno scoprire in noi stessi un potere di resistenza di tutt’altro genere, che ci dà l’animo di misurarci con l’apparente onnipotenza della natura.» 1.3 Il sublime nel sonetto di Keats Keats pone dei filtri delle distanze delle mediazioni tra sé e la meraviglia. L’elemento che ha spinto Keats a scrivere la sua poesia è Omero. Keats non sta parlando di un’interazione diretta col testo di Omero ma sta parlando di leggere la traduzione del testo. Tratta questa informazione come se leggere Omero in traduzione sia un fattore secondario. Ciò che stimola il sonetto in realtà viene quindi già affrontato con la mediazione, ovvero la traduzione. Il parlante di questa poesia affronta in modo diretto l’evento? No. Keats attua uno spostamento, non riesce a definire in maniera diretta ciò ho provato, ciò he ho vissuto, allora devo passare a descrivere un qualcosa di simile. Tutta questa poesia ha un impianto metaforico: capiamo chi è che viaggia, ovvero il lettore che diventa un viaggiatore. L’esperienza viene raccontata e definita in modo indiretto ovvero con delle similitudini, come un astronomo o come Cortez. La poesia di Keats è una poesia che gioca sull’opporre mediazioni e mediatori tra quello che è il nostro oggetto di osservazione e quella che è la descrizione dell’esperienza provata dal parlante. Keats costruisce un testo che parla di un’esperienza sublime che è trasmissibile soltanto con delle mediazioni, prendendo delle distanze: non dico che cosa ho provato ma mi paragono ad un astronomo, a un navigatore. Nel sonetto ci troviamo di fronte ad una situazione un po’ strana: non è Cortez che ha scoperto il Pacifico ma è stato Balboa. Alcuni studiosi hanno affermato che Keats si sia sbagliato ma noi possiamo considerare questo errore come un ulteriore espediente di mediazione. Si tratta probabilmente un altro caso in cui il parlante definisce un momento fondamentale attraverso gli altri. La mediazione non finisce qui: quando gli uomini si scambiano sguardi interrogativi e carichi di significato non stanno ammirando il pacifico ma stanno apprezzando quello spettacolo attraverso la mediazione di Cortez. È un sonetto che rappresenta passaggi su passaggi. Anche il sonetto stesso vive il gioco delle mediazioni: si riappropria di una forma poetica che ha vissuto una storia illustre e che adesso viene rielaborata. Le esperienze dirette della vita del parlante sono descritte con similitudini e metafore. È un gioco di mediazioni e di filtri. Si tratta quindi di una poesia che parla di qualcosa che si riesce a vivere attraverso qualcos’altro, attraverso le mediazioni. Qui non c’è una figura specifica di Ulisse se non l’idea del viaggiatore, ma si riprende la tradizione omerica come la tradizione con al T maiuscola per il poeta, la tradizione per eccellenza. L’autore vuole inserirsi in quell’Olimpo canonico. Per farlo così tanto tempo dopo deve tenere presente di tanti passaggi di testimoni. Dà un’idea di come la letteratura inglese in generale la tradizione dell’Odissea e dell’epica omerica abbia un valore fondamentale come madre di tutte le storie, origine della poesia, fonte primaria dell’espressione poetica. Pag. 16 a 85 LETTERATURA INGLESE #4 – 27\02\2023 JHON KEATS E TENNYSON 1.0 On first looking into Chapman’s Homer – analisi Nelle lezioni precedenti abbiamo parlato del sonetto inglese e come dall’Italia sia arrivato in Inghilterra. Come si è sviluppato e come Keats abbia scelto per il suo esordio una forma che era di grande successo in quegli anni. Abbiamo sottolineato come il sonetto del romanticismo aveva un tema, un’ispirazione fondamentale che è l’idea del sublime che traspare anche dai sonetti di Keats. Si tratta di un’idea che abbiamo definito come un qualcosa di spaventoso, terribili ma allo stesso tempo gradevole e affascinante. È un’esperienza che può essere anche di tipo letterario. Nel nostro sonetto abbiamo varie idee che si intrecciano e che si rincorrono. ON FIRST LOOKING INTO CHAMPMAN’S HOMER SOFGLIANDO PER LA PRIMA VOLTA L’OMERO DI CHAPMAN: Il titolo ci diche che stiamo per andare a leggere l’Omero di Champan ma nel sonetto non ritroviamo quello che ci aspetteremmo cioè un’esperienza di lettura ma ritroviamo un’esperienza di viaggio. Abbiamo uno spostamento, una dislocazione dell’esperienza da quella della lettura a quello del viaggio. L’impianto è metaforico Much have i travell’d in the realms of gold, And many goodly states and kingdoms seen; [Molto ho viaggiato nei regni dell’oro, molti grandi stati e imperi ho visitato] La poesia si apre con una metafora: il lettore è un viaggiatore. Leggere è viaggiare. Si viaggia nei regni dell’oro che richiamano le prime esplorazione, i primi avventurieri che andavano a esplorare nel Dorado. Questi realms of gold ci fanno pensare immediatamente all’era delle grandi esplorazioni. Inoltre, il viaggio per mare è un tema che ricorre spesso in questi versi. Questo è anche un modo per richiamare l’idea del viaggio che si trae anche dall’Odissea e da Omero però con una nuova declinazione, con una nuova consapevolezza. Come già affermato precedentemente è presente un grande elemento: quando Keats elabora la sua poesia, nel momento in cui parla di viaggiare, non è più possibile pensare al mondo con gli occhi di un tempo (come di quando Omero narrava dei viaggi dell’Odissea) oggi la nuova conoscenza e le esplorazioni hanno fatto evaporare quei miti e quelle fantasie, quei luoghi fantastici che un tempo era possibile creare. Notiamo come il passaggio di testimone da Omero, tramite Chapman, e chi parla in questa poesia è anche un gioco tra scrittori e lettori. I lettori si fanno scrittori. Leggere, interpretare e capire è un atto che produce, non è passivo ma è attivo. Leggere l’Omero di Chapman può significare interpretare e quindi si tratta di un atto editoriale che implica interpretazione e riscrittura. È un concetto nuovo che inizia a svilupparsi nell’800. Leggo Omero e nel leggerlo lo interpreto, me ne approprio e lo riscrivo. Round man western islands have I been Which bards in fealty to Apollo hold [in molte isole dell’ovest sono stato che I bardi tengono in fedeltà ad Apollo] La costruzione inglese che sta usando Keats non è una costruzione normale della frase: SVO è l’ordine della frase che la regola vuole. L’effetto che crea il disordine delle parole, cioè della sintassi, potrebbe innanzitutto riflettere un’espressione interiore: il modo di espressione vuole certamente Pag. 17 a 85 suggerire un atteggiamento di chi parla. Usare questa costruzione non convenzionale mette l’accento su alcuni elementi che non ci trovare per primi (round man western islands), crea maggiore enfasi. L’ordine sintattico è un modo di creare maggiore enfasi che viene data a chi parla con uno stato emotivo accentuato. C’è la volontà di voler mettere in rilievo le proprie emozioni e sensazioni. Quindi abbiamo un modo di esprimersi (in traduzione italiana si sente meno rispetto all’originale. In italiano abbiamo più che altro la sensazione di un italiano letterario e non di un’urgenza emotiva). Abbiamo un parlante enfatico che viaggia non solo nello spazio ma anche nel tempo. Si tratta di un’esperienza di lettura che provoca grande emozione e che proietta il lettore, scrittore, parlante, in un altro luogo e in un altro tempo. Lo manda in un viaggio per mare che gli permette di vivere i luoghi e i tempi della grande epica omerica. Una traduzione quella di Chapman che prende che legge e lo tuffa, letteralmente, in un altro luogo e in un altro tempo. Lo immerge nella realtà del testo che sta leggendo. Oft of one wide expanse had I been told That deep-brow’d Homer ruled as his demesne; Yet did I neve breathe its pure serene Till I heard Chapman speak out loud and bold: [spesso di un grande mondo avevo udito dal cipiglio di Omero governato; ma mai ne respirai la quiete pura finché di Chapman udii la voce audace:] È la voce di Chapman che sembra essere il vero protagonista. Come si diceva prima l’esperienza di lettura catapulta il parlante nel tempo e nei luoghi di Omero tant’è che il lettore si ritrova a respirare l’aria del tempo di Omero. Si tratti una sinestesia= sensi diversi si intrecciano, si sovrappongono. Leggendo un testo e ascoltando qualche cosa posso avere una sensazione che riguarda l’olfatto, l’aria pura dei luoghi e dei tempi di Omero. Anche questa potrebbe essere definita un’esperienza sublime: leggo un testo, mi trovo catapultato in un altro tempo e in un altro luogo, supero i limiti dello spazio e del tempo e supero anche i limiti sensoriali. Riesco a sentire e percepire, respirare l’aria di un altro uomo. La dislocazione che troviamo più avanti è una dislocazione implicita: nessuno ha mai sentito veramente la voce di Chapman. Si tratta dell’esperienza di lettura, si tratta di giungere ad Omero attraverso una serie di mediazioni. Si tratta di leggere un libro che contiene una traduzione. L’oggetto dell’esperienza che viene descritta qui è allontanato dal nostro parlante da due mediazioni: la prima mediazione è l’atto di leggere un libro, la seconda mediazione è l’atto di leggere un libro che non è l’originale ma che è la traduzione di Chapman. Non sembra che il parlante si preoccupi del fatto che le parole non siano le originali ma quelle tradotte da Chapman quasi come se Chapman possa avere lo stesso status di Omero. Il lettore sembra trattare Chapman come autore del tutto indipendente. Chapman si fa anello di congiunzione che permette a Keats di avviare il suo esordio poetico, prendendo in prestito le parole di Omero, ed entrare nell’Olimpio degli autori canonici: Omero – Chapman – Keats. Così come Chapman si è riappropriato di Omero, Keats si sta riappropriando di entrambi: Omero e Chapman diventando il suo patrimonio su cui costruire la poesia. Then felt I like some watcher of the skies When a new planet swims into his ken; [come un astronomo dei cieli mi senti quando un nuovo pianeta percepisce] I pianeti invece di muoversi sembrano nuotare. Si mantiene l’impianto metaforico del viaggio per acqua. L’impianto metaforico è arricchito da similitudine. La figura retorica della similitudine in questo periodo viene usata nel momento in cui ci troviamo di fronte a qualche esperienza che è così Pag. 20 a 85 Il monologo drammatico per il fatto che mette in scena dei personaggi ben conosciuti e ben noti ha anche una caratteristica interessante. Sappiamo bene come funziona il modello della comunicazione letteraria che prevede una dimensione reale (poeta che scrive e lettore che legge) e una dimensione fittizia (parlante della poesia e destinatario interno della poesia), finora (come nella poesia di Keats) i due mondi tendono ad avvicinarsi tanto. Nel monologo drammatico il distacco dal mondo reale al mondo della finizione viene esasperata. Viene esasperata la distanza tra l’autore è il parlante interno alla poesia. C’è una distanza netta che si viene a creare tra il poeta e il parlante. Questo non è un caso perché nel momento in cui il romanticismo giunge al termine, dopo che la poesia romantica ha assunto toni confessionali e individuali, bisogna parlare ora di qualcosa che è al di fuori di sé stessi. Bisogna distanziare in modo chiaro e palese il parlante. 2.1 Analisi della poesia Ulysses di Tennyson Nel mondo della poesia che andremo ad analizzare troveremmo più destinatari del monologo. Nella prima parte della poesia rimarremmo un po’ perplessi perché non si capisce bene a chi si riferisce Ulisse. Subito dopo troveremo altri destinatari: prima gli abitanti di Itaca e successivamente i suoi marinai. Nel mondo del reale ritroviamo Tennyson che crea e ricrea un personaggio del mito, una figura archetipa e ci propone di nuovo un Ulisse che noi dobbiamo analizzare a seconda dei nostri strumenti. La poesia Ulysses di Tennyson si divide in tre parti: 1. Ulisse ora rientrato a Itaca è scontento e insoddisfatto di questo ritorno. Non crede di trovarsi nel posto giusto. Così come l’Ulisse dantesco che era disposto a rinunciare a patria e moglie per amore dell’avventura anche questo Ulisse è irritato dalla situazione di stallo. Ulisse pensa che sia arrivato il momento di ripartire. 2. Presenta il figlio agli abitanti di Itaca rassicurandogli che adesso a prendersi cura del figlio sarà lui, tessendogli le lodi. Questo elogio non funziona molto bene come pensa Ulisse. 3. Troviamo Ulisse in tutta la sua abilità dialettica, della retorica. Ulisse si rivolge ai suoi compagni. Si trova vicino al porto e li convince del fatto che vale la pena continuare il viaggio. Ulisse è consapevole che molto probabilmente nessuno dei suoi compagni farà mai ritorno ma vale la pena andare avanti e proseguire nel viaggio. Che Ulisse è che va via e abbandona la propria patria, la famiglia, Itaca e si rimette di nuovo in viaggio? È degno di ammirazione per questo suo stimolo costante alla ricerca oppure volgiamo vederlo come una figura un po’ patetica che non si rassegna allo scorrere del tempo, che non si rassegna alla vecchiaia? È un modello da seguire o un qualcosa da temere? Pag. 21 a 85 → Spieghiamo la poesia It little profits that an idle king, By this still hearth, among these barren crags, Matched with an aged wife, I mete and dole Unequal laws unto a savage race, That hoard, and sleep, and feed, and know not me. A poco giova che un re ozioso, In questo fermo focolare, presso queste sterili rupi, Sposato a una donna vecchia, io misuro e ripartisco Imparziali leggi a una stirpe selvaggia, Che ammucchia, e dorme, e si nutre, e non mi conosce Notiamo il tipo di discorso che fa Ulisse. Partiamo dai sostantivi (king, hearth, crags, wife, race), sono tutti sostantivi che rimandano a valori fondamentali. Ulisse sta condannando tutto: dagli aspetti più privati a quelli istituzionali. Il re è inattivo, fermo immobile. Anche il focolare è fermo. Itaca di cui è sovrano risulta essere fredda, spoglia. La donna vecchia da l’idea di aridità. Il popolo risulta essere selvaggio, preoccupato solo delle necessità primarie. Come vediamo è un inizio brutale. Questa apertura potrebbe suscitare in noi reazioni contrastanti. Come troviamo Ulisse il grande eroe che sta disprezzando tutti gli aspetti più importanti della sua vita e della vita in generale. I cannot rest from travel;I will drink Life to the lees. All times I have enjoyed Greatly, have suffered greatly, both with those That loved me, and alone; on shore, and when Through scudding drifts the rainy Hyades Vexed the dim sea. I am become a name; For always roaming with a hungry heart Much have I seen and known— cities of men And manners, climates, councils, governments, Myself not least, but honored of them all— And drunk delight of battle with my peers, Far on the ringing plains of windy Troy, I am a part of all that I have met; Yet all experience is an arch wherethrough Gleams that untraveled world whose margin fades Forever and forever when I move. Non posso smettere di viaggiare: berrò Ogni goccia della vita: Tutto il tempo ho assaporato Molto, ho sofferto molto, sia con coloro Che mi amavano, che da solo, sulla riva, e quando Con tumultuose correnti le piovose Iadi Agitavano l'oscuro mare: io son diventato un nome; Per aver sempre vagato con cuore affamato Molto ho visto e conosciuto; città di uomini E costumi, climi, consigli, governi, E non di meno me stesso, ma onorato da tutti; E ho assaporato il piacere della battaglia coi miei pari, Lontano sulle risonanti pianure della ventosa Troia. Sono parte di tutto ciò che ho incontrato; Eppure ancora tutta l'esperienza è un arco attraverso cui Brilla quel mondo inesplorato i cui confini sbiadiscono Per sempre e per sempre quando mi muovo. Ulisse vuole continuare a muoversi, vuole continuare il suo viaggio. Non riesce a fermarsi. Ulisse parla della sua conoscenza, della sua esperienza. Parla dei valori per i quali Omero lo aveva messo in luce nell’Odissea. Sembra che tutto questo discorso serva a convincere chi lo ascolta che si trovi nel posto sbagliato. Ulisse sta cercando di dimostrare che si trova nel posto sbagliato. Con chi sta parlando Ulisse? Si tratta di un monologo o di un soliloquio? Sembra quasi che Ulisse si stia rivolgendo a noi per cercare di convincerci che si trovi in un posto sbagliato e che deve necessariamente continuare il suo viaggio. How dull it is to pause, to make an end, To rust unburnished, not to shine in use! As though to breathe were life! Life piled on life Were all too little, and of one to me Little remains; but every hour is saved From that eternal silence, something more, A bringer of new things; and vile it were For some three suns to store and hoard myself, And this gray spirit yearning in desire To follow knowledge like a sinking star, Beyond the utmost bound of human thought. Com'è sciocco fermarsi, finire, Arrugginire non lucidati, non brillare nell'uso! Come se respirare fosse vivere! Vita ammucchiata su vita Sarebbero tutte troppo poco, e di una sola a me Poco rimane: ma ogni ora è salva Da quell'eterno silenzio, qualcosa di più, Un portatore di nuove cose; e vile sarebbe Per tre soli (giorni) ammucchiare e accumulare io stesso, E questo grigio spirito bramare nel desiderio Di seguire la conoscenza come una stella cadente, Oltre il limite più estremo del pensiero umano. Pag. 22 a 85 Ulisse continua il suo discorso con ottime capacità retoriche persuasive. Ulisse si sente sprecato, sente che le sue abilità, le sue doti sono sprecate (dice letteralmente che sta “mettendo la ruggine”). Ulisse si trova tra un popolo selvaggio ad amministrare leggi inique mentre desidera andare oltre i limiti del pensiero umano. Lui vuole andare oltre i limiti dell’intelligenza umana mentre si trova in mezzo a un popolo che non fa altro che mangiare e dormire. Ulisse non vuole passare gli anni della sua vecchiaia senza muoversi. Al verso 43 finisce la prima parte del monologo drammatico in cui Ulisse sembra tenere più un soliloquio che un monologo vero e proprio. Ulisse chiarisce quali sono i motivi che lo spingono a ripartire. È un momento in cui si vuole dimostrare che Ulisse si trova nel posto sbagliato. A questo punto abbiamo un cambio di scena. Ulisse ha presentato la sua situazione: si trova a Itaca, un posto arido. Sua moglie non è più giovane. Gli abitanti sono dei selvaggi. Nessuno lo conosce, lui è sprecato. Le sue grandi imprese passate sono adesso paralizzate nel niente che lo circonda. È annoiato e ha desiderio di ripartire. Ulisse, quindi, decide di ripartire (questo la poesia non lo racconta ma lo capiamo grazie alla presenza del cambio di scena). In questa nuova scena Ulisse si trova con Telemaco. Ulisse presenta il figlio al popolo di Itaca affermando che si allontanerà e che lascerà tutti in buone mani, sta cercando, fondamentalmente, di placare la sua gente. Questo poco prima di rivolgersi ai suoi marinai. This is my son, mine own Telemachus, To whom I leave the scepter and the isle— Well- loved of me, discerning to fulfill This labor, by slow prudence to make mild A rugged people, and through soft degrees Subdue them to the useful and the good. Most blameless is he, centered in the sphere Of common duties, decent not to fail In offices of tenderness, and pay Meet° adoration to my house hold gods, When I am gone. He works his work, I mine Questo è mio figlio, il mio Telemaco, Al quale io lascio lo scettro e l'isola, – Da me molto amata, che discerne come adempiere Questo lavoro, con lenta prudenza per addolcire Un popolo rozzo, e attraverso soffici gradi Sottometterli all'utile e al bene. Il meno biasimabile è egli, concentrato nella sfera Dei comuni doveri, conveniente a non cadere In funzioni di fragilità, e pagare Adatte preghiere agli dèi della mia casa, Quando sarò partito. Egli fa il suo lavoro, io il mio. Telemaco è prudente (parola chiave), una brava persona. È concentrato e abile nella sfera dei doveri comuni. Ulisse invece è fuori dai doveri comuni. Telemaco viene presentato come colui che sa muoversi nell’ordinario. Che sa fare le cose dell’ordinario. Il nostro povero Telemaco viene presentato davanti ad un pubblico – noi lo capiamo dai deittici che ci spiegano il luogo e l’azione – forse una platea degli abitanti di Itaca. Emerge il senso di mancanza di supporto da parte di Ulisse. Lo scopo di Ulisse è quello di presentare agli abitanti di Itaca colui che prenderà il suo posto eppure nel farlo, nel tesse le lodi, Ulisse è così poco convincente che è ambivalente: sembra quasi più un’offesa che un elogio. Le qualità di Telemaco ci sembrano essere qualità non importanti. Per Ulisse è importante essere fuori dal normale, essere straordinario, eccezionale. È un Ulisse che ci lascia un po’ perplessi. Ci sono messaggi contrastanti in questo Ulisse: da un lato l’eroe che nonostante l’avanzare degli anni non vuole lasciare la sua sete di conoscenza, dall’altro il quasi disprezzo che Ulisse prova per quasi tutto quello che è intorno a lui. Fine seconda parte della poesia. Pag. 25 a 85 Ulisse continua a parlare con i suoi marinai. Ulisse continua il suo discorso contestualizzando il posto in cui si trova, descrive quello che vede intorno a sé. Ulisse decide di partire per la fine del giorno. Partono la sera (così come il giorno finisce anche la loro vita sta finendo) e decidono di andare alla ricerca di un mondo più nuovo (più nuovo in che senso?). Ulisse incita i suoi a sistemarsi in ordine e di iniziare a remare (furrows ha due significati: può essere usato per tradurre le onde ma indica anche i segni che si possono avere sul volto quindi le rughe) sconfiggendo le onde del mare e l’età che passa. Sembra che vogliano dimenticare il tempo in una dimensione altra. Ulisse va verso la direzione del tramonto del sole (occidente), il viaggio verso ovest è simbolicamente un viaggio verso la morte.  Ulisse viaggia quando il sole è calato, viaggia verso occidente, viaggia verso i confini del mondo sconosciuto, e viaggia chiedendo di sconfiggere la morte.  Il ritmo finale di questi versi è molto potente, ha una forte componenti di persuasione perché, in tutta questa parte, c’è una sensazione uditiva di regolarità di rima, di suoni e di ritmi.   La cosa oltre al ricorrere di suoni vocalici cupi che danno a questo invito all’avventura un tono di lamento, un’atmosfera un po’ più cupa, è presente anche un artificio retorico: il ritmo di questi versi fa si che, con la sua cadenza regolare, che già nel parlato e nel suo discorso, Ulisse sembra anticipare il rumore regolare dei remi che batte l’acqua (colpite i sonori solchi – dice Ulisse ai suoi marinai). È un ritmo molto regolare.   La poesia di Tennyson finisce qua cioè quando Ulisse cerca di convincere i suoi marinai a partire: partiranno? Questo non lo sappiamo. Si aprono più domande che risposte. Non sembra che il punto focale della poesia sia un: cosa succederà? Quanto il chi è Ulisse? Chi è quell’uomo, eroe che parte di nuovo piuttosto che immaginare un ulteriore avventura di Ulisse. 1.2 Forma metrica usata – il pentametro giambico Il pentametro giambico è il più comune di tutti i mesti nella poesia inglese. In questa poesia dal ritmo cadenzato che permette la sensazione che i marinai siano già in partenza e a remare sull’acqua. Pentametro à l’unità costitutiva di base della metrica si chiama piede (foot) e consiste di almeno due sillabe. Il pentametro p un verso di cinque piedi (10 sillabe). A seconda di come cadono gli accenti sulle varie sillabe, il pentametro prende nomi diversi.   Il pentametro prende denominazioni diverse a secondo di dove cadono gli accenti. il pentametro giambico avviene quando tutte le sillabe pari sono accentuate. Quando nello schema degli accenti abbiamo un’alternanza tra una sillaba non accentuata e una accentuata il pentametro si chiama giambico. Si tratta di una forma metrica che si può ritrovare molto spesso sia nella poesia inglese che anche nella scrittura teatrale.  Si tratta di un ritmo molto regole quasi come il battito di un cuore.   Questo è il metro che Tennyson sceglie per far parlare il suo Ulisse: richiama non solo il suono del remo sul mare ma anche il ritmo del cuore.    1.3 Punto della situazione sulla poesia    Troviamo un Ulisse inqueto. La sensazione che si ha è una sensazione di grande desolazione. Ulisse che parte e che si ritrova in un luogo dove non si sente a casa, circondato da persone che non apprezza. Ulisse che decide di mettersi in viaggio da solo senza la sua famiglia e il suo popolo, si con i suoi marinai ma fondamentalmente si allontana da casa. C’è un senso di mancanza di un posto che si possa chiamare casa. C’è un senso di inquietudine e irrequietezza nel modo in cui Ulisse non riesce Pag. 26 a 85 a riadeguarsi al suo mondo dopo le sue numerose avventure.  La vita precedente di Ulisse, le esperienze narrate, lo hanno trasformato a tal punto che ora gli è impossibile restare a casa. C’è un senso di perdita e di abbandono nel fatto che Ulisse se ne va, nel fatto che rifiuta il suo dovere. In un certo senso ci appare una figura egoista concentrata sull’io, su sé stesso.   I primi critici che hanno analizzato e commentato questa poesia l’avevano vista come un meraviglioso inno alla vita, non hanno percepito quelle che per noi è un senso di disagio etico – morale. I primi lettori di Tennyson apprezzavano la spinta di Ulisse verso l’ignoto vedendo molti lati positivi e pochi negativi.   È presente una duplicità tra il desiderio di vita, o addirittura di immortalità, un desiderio di sconfiggere la morte e di sconfiggerla attraverso quest’ultima avventura che in qualche modo lo renderà immortale. Ulisse anziano teme la morte ma desidera continuare -> va avanti nonostante la sensazione che la fine si avvicini.   È presente collegamento con eventi vita di Tennyson -> scritta dopo la morte di Hallam uno dei più cari amici di Tennyson che fu il primo ascrivere una recensione sulle poesie di Tennyson proprio creando un saggio sul significato di scrivere poesia.   Percepiamo anche l’influenza di Dante: nella Commedia troviamo Ulisse condannato e dannato per peccati che oggi non ci convincono tanto e che non ci sembra convinto nemmeno Dante. Emerge l’ammirazione per questa sete di conoscenza di Ulisse che è rappresentata da Tennyson con l’impulso irrefrenabile di proseguire il viaggio.   «Dante gave noble expression to the liberal aspirations which lie behind the restless search for knowledge, as well as to the threat of mortality giving poignancy to the search, and to the price to be paid for the extravagant hunger for knowledge» R. F. STORGH 1.4 Emozioni di Tennyson Si tratta di una poesia che suscita in noi delle reazioni. Punzecchia gli ascoltatori per suscitare reazioni contrastanti. Tennyson sfrutta una serie di tematiche e idee che sa fare appello al suo pubblico. Troviamo un Ulisse che si distingue e si separa dal resto degli uomini. Si sente al di la di quegli obblighi che invece investe Telemaco.  Riconosce che bisogna portare omaggio agli dei della tradizione ma si sente oltre a questi doveri. Ha un popolo selvaggio che non lo sa amare, non lo sa capire. Ha attorno persone che poco si possono interfacciare con lui. Il focolare è privo di vita. Quelli che li hanno amato non sono i suoi famigliari o popolo ma sono stati o i suoi compagni guerrieri sul campo di battaglia o i suoi marinai. Tennyson mette in luce dei temi che sono legati al senso di isolamento. Ulisse è altro rispetto alla sua casa e alla sua famiglia. Senso di solitudine e la scelta di Ulisse che sentendosi solo ed isolato decide di partire per una sorta di esilio volontario.   Solitudine, isolamento ed esilio sono i temi di questa poesia che il modernismo abbraccerà nelle successive versioni dell’Ulisse. Ulisse ci appare umano. Proprio questa immagine che ci dà Tennyson di questo eroe ma che noi siamo indecisi sul giudizio da dare a questa figura è da ammirare per il suo ardore nel perseguire sempre l’avventura, è da ammirare perché beve anche le ultime gocce della vita oppure è un eroe che ci impietosisce perché figura non più giovane che non si rassegna al suo nuovo ruolo? Pag. 27 a 85 2.0 Modernismo   Il modernismo è un periodo in cui l’esilio è una condizione di vita. L’esilio è un’idea che in certi casi affascina a livello ideologico e metaforico, in altri casi sono gli autori stessi a vivere questa condizione. Si tratta di rappresentare quello che ognuno sta vivendo (l’esilio intorno a sé o la condizione di qualcuno vicino a noi). Ulisse e Dante sono le due grandi ossessioni letterarie del modernismo. Il modernismo ha a che vedere con idea solitudine e isolamento: cambia il modo in cui si vive la realtà, la città. Si sviluppano le grandi città, le metropoli. La città diviene protagonista dei romanzi, delle opere letterarie … qual è la situazione della persona che vive in questi spazi quasi alienanti? È una sensazione di isolamento.   Ulisse come uomo comune, è colui che attraversa difficoltà, non ha una casa o deve arrivare a casa, colui che si sente lontano da tutti.   Pag. 30 a 85 1.2 Le fonti di Ulysses Non c’è una fonte unica per Ulysses. Joyce, scrivendo Dubliner, gli viene in mente di scrivere un racconto su una figura di un ebreo che vaga per la città, si rende poi conto che questo racconto non aveva le sembianze vere e proprie di un racconto, perciò, decide di estrapolarlo dal testo e di creare l’opera Ulysses. Molto presente è Dante con la Commedia che i vari manoscritti di Joyce dimostrano uno studio molto attento soprattutto dell’Inferno che è ripreso in più episodi nell’opera. Riprende il folcrore Irlandese, la Bibbia. Joyce studia le opere di Bineger, scrittore tedesco che aveva scritto, e buttato giù le sue idee sulla natura del popolo ebraico. Quello che cerca di fare Joyce è creare la figura di un eroe come uomo comune, che è altro, che è diverso. Che è bravo ma non eccezionale. Joyce raccoglie queste caratteristiche di una figura che ha segnata la storia occidentale e le incarna in un uomo comune. Usa il discorso della tradizione epica per creare un parallelismo e dare un senso alla modernità. Il passato è colui che può darci ordine in un’epoca di disordine, di guerre, revisionato in chiave moderna. 1.3 Il Revival Irlandese Joyce aveva stabilito un sodalizio letterario con Ezra Pound. Non si scriveva tanto per guadagnare quanto per creare l’arte à nel modernismo cerano dei grandi sodalizi e grandi amicizie che molto spesso consigliavano e rileggevano le proprie opere. Joyce entra in contatto anche con Yeats che ci racconta questo primo incontro con elementi che danno quasi nel leggendario. Joyce mostra a Yeats una delle sue primissime opere e non appena Yeats risponde Joyce risponde con tutta una serie di commenti tipo “troppo interessato alla politica, alla realtà locale, sul folclore, sull’Irlanda”. Una delle primissime testimonianze che abbiamo di Joyce come scrittore è una Joyce che reagisce alla tendenza dell’Irlanda negli anni in cui lui è attivo. Joyce che si rifiuta di seguire il movimento culturale che è attivo in quegli anni noto come Revival e che vede Yeats uno dei suoi più grani rappresentanti. Yeats è il principale esponente del revival irlandese cioè del recupero del passato. Ernet Renan dice che nella creazione dell’identità nazionale la formazione della storia gioca un ruolo essenziale. Molti trovano che l’identità dell’Irlanda sia stata costruita e definita dalla deformazione storica. Per Revival Irlandese ci si riferisce a un movimento sviluppatosi in Irlanda verso la fine del XIX secolo che racchiude due elementi diversi: 1. Revival gaelico -> interesse per la lingua gaelica 2. Revival celtico -> interesse per la tradizione dei celti e include il revival letterario. Durante il revival si comincia a fare una lettura selettiva della storia, si seleziona determinati aspetti del passato e ci si concentra su aspetti specifici della tradizione, si cerca di ridare un’immagine all’Irlanda. L’Irlanda deve ritrovare il suo splendore grazie al passato. Pag. 31 a 85 Questo Revival comportava che la maggior parte degli scrittori era improntati al recupero del passato e quindi parlavano sempre e solo di Irlanda. Di rado coglievano elementi non legati al nazionalismo o alla descrizione della propria realtà nazionale. Non tutti (Joyce incluso) erano d’accordo con questa sorta di operazione del Revival, Joyce incluso. Lo scopo dei Revival era quello di dare un’immagine splendente ed eroica, il più possibile positiva del passato irlandese. Joyce critica il revival perché un artista non deve limitarsi a parlare di pochi autori, o rivolgere lo sguardo solo al passato. Dell’Irlanda Joyce ne parla di continuo ma l’arricchisce di riferimento alla cultura europea (Ulisse, Dedalo). Joyce rifiuta il Revival anche giovanissimo in un saggio scolastico in cui lamenta il fatto che sia ora di ribellarsi a tutto questo nazionalismo, al fatto che bisogna presentare autori che non siano solo irlandesi. Per Joyce non si può diventare un artista fino a quando non ci si libera da queste influenze che ci sono intorno a lui\lei. Bisogna essere liberi dai legami politici, di liberarsi da questa necessità di parlare dell’Irlanda per una questione nazionalistica. Joyce si ribellava all’idea che l’artista dovesse corteggiare il favore del pubblico o seguire la tendenza del momento. Joyce vuole in qualche modo staccarsi da questo tipo di discorso e di ragionamento. Lo scopo principale dell’artista è rimanere fedele a sé stesso e alla propria poetica. Questo senso di ribellione Joyce lo esprime attraverso il provocatorio non serviam. Non serviam è in italiano non servirò, una locuzione che viene solitamente attribuita a Lucifero che lo dice quando si rifiuta di mettersi a servizio di Dio nei cieli. L’artista nascente per diventare l’artista non deve servire nessun padrone e deve sentirsi completamente libero. Joyce critica il revival, pensa che un artista non debba seguire le caratteristiche del nazionalismo, della politica del suo tempo, che non debba rivolgersi solo al passato. 1.4 Ulysses È uno dei più vitali e umani romanzi mai scritti. È un gioco costante tra contemporaneo e antico vale a dire la vita comune, la vita di tutti giorni della Dublino del XX secolo e l’epica di Odisseo. Tutto il romanzo si svolge tutto in un giorno. Sono 18 episodi (capitoli) che raccontano cosa succede il 16 giugno 1904 (omaggio al giorno che Joyce ha visto per la prima volta Nora). Uno dei protagonisti è Leopold Bloom che sarebbe il nostro moderno Ulisse. Bloom non è l’unico protagonista, altri personaggi importanti sono Stephen Dedalus (giovane brillante che vuole diventare artista, ossessionato dal ricordo della madre che è appena venuto a mancare) e Molly Bloom (la moglie di Bloom. Non sentiamo la sua voce fino a quando non arriviamo all’ultimo capitolo del libro). Il nostro Ulisse è un uomo di mezza età, grassoccio, poco acculturato e non particolarmente coraggioso. Un uomo che si sveglia la mattina e che pensa subito di avere fame. Leopold ha origini ebraiche (per questo viene percepito come outsider dalla società) ma non è praticante. Leopold è consapevole che la moglie Molly lo tradisce con un collega del mondo dello spettacolo e della canzone che proprio il 16 giugno l’amante andrà a portare il programma delle canzoni a Molly (è anche lei una cantante). Stephen Dedalus à alla ricerca di una figura paterna. Si incrocia con Leopold nel corso della giornata e solo la sera si incontreranno ufficialmente e prenderanno anche da bere insieme. A ciascuno episodio dell’opera viene dato un nome omerico: Part I: Telemachy Episode 1, Telemachus Pag. 32 a 85 Episode 2, Nestor Episode 3, Proteus Part II: Odyssey Episode 4, Calypso Episode 5, Lotus Eaters Episode 6, Hades Episode 7, Aeolus Episode 8, Lestrygonians Episode 9, Scylla and Charybdis Episode 10, Wandering Rocks Episode 11, Sirens Episode 12, Cyclops Episode 13, Nausicaa Episode 14, Oxen of the Sun Episode 15, Circe Part III: Nostos Episode 16, Eumaeus Episode 17, Ithaca Episode 18, Penelope Quando Joyce decide di pubblicare l’opera fa sparire però i titoli, toglie questo riferimento così diretto. Oggi continuiamo a pensare gli episodi con i titoli omerici per motivi di praticità. Quasi tutti questi episodi hanno una modalità narrativa diversa e propria, sono quasi tutte diverse sperimentazioni su come si può narrare. La vera sperimentazione di Ulysses incomincia con l’episodio 7 e si intensifica con l’episodio 11. Pag. 35 a 85 La prima immagine che abbiamo di Bloom è questa. Che sensazione ci dà? È l’eroe che ci aspettavamo? Non proprio. Da un lato potremmo dire che noi avevamo già notato che il nostro Odisseo aveva na venatura di praticità e di attenzione agli aspetti materiali della vita (c’erano alcuni punti che Ulissi si preoccupava che tipo i soldatti andassero a combattere a stomaco pieno). Che cosa ci colpisce qua? La prima immagine che abbiamo di Bloom è: - materiale (i gusti alimentari) - sensuale - carnivoro e successivamente vedremo anche carnale - concreto Si tratta di un personaggio che ha poco di spirituale, filosofico, ma è molto più legato alle cose pratiche e quotidiane. Una presentazione del genere ci fa già comprendere che quello che ci possiamo attendere dal nostro eroe sicuramente non è quello che avevamo trovato nei testi Omerici. Abbiamo un Ulisse molto più uomo di tutti i giorni, uomo comune, uomo medio che passa parte della sua giornata a pensare a che cosa mangiare. Per quanto riguarda lo stile se lo leggiamo in inglese notiamo i giochi che Joyce ama fare: sembra quasi che costringa il lettore a masticare le consonanti insieme al personaggio (sembra quasi di masticare il cibo insieme a Bloom). Tecnica fondamentale per leggere l’Ulysses di Joyce è il monologo interiore una tecnica innovativa introdotta da Joyce in Ulysses. È una tecnica utilizzata per rappresentare il flusso di pensieri (stream of consciousness). Il monologo interiore non ha una forma sola: siccome è una tecnica per rappresentare il pensiero questa si adatta al pensiero di quel personaggio. La tecnica del monologo interiore prevede che ci sia una giustapposizione tra quello che dice il narratore e quello che dice o pensa il personaggio. Non si viene avvertiti da dove iniziano le parole del personaggio. Solitamente a darci un aiuto per comprendere meglio l’inizio del discorso del personaggio è il verbo al tempo presente (es. sto congelando. Che freddo che fa). Il monologo interiore introduce in modo diretto il pensiero del personaggio all’interno del discorso del narratore (es. Maria entrò nella stanza. Che freddo che fa, sto congelando!). Ritroviamo questa tecnica subito dopo la descrizione di Bloom che ci viene presentato dal narratore. Riprendiamo l’inizio dell’episodio 4 Calypso: * Mr Leopold Bloom ate with relish the inner organs of beasts and fowls. He liked thick giblet soup, nutty gizzards, a stuffed roast heart, liverslices fried with crustcrumbs, fried hencods' roes. Most of all he liked grilled mutton kidneys which gave to his palate a fine tang of faintly scented urine. Kidneys were in his mind as he moved about the kitchen softly, righting her breakfast things on the humpy tray. Gelid light and air were in the kitchen but out of doors gentle summer morning everywhere. Made him feel a bit peckish. Mr Leopold Bloom mangiava con soddisfazione gli organi interni di bestie e volatili da cortile. Amava la densa zuppa di frattaglie, ventrigli speziati, un cuore arrosto ripieno, fegato a fette impanato e fritto, uova di merluzzo fritte. Più di tutto amava i rognoni di montone ai ferri, che regalavano al suo palato un fine sentore di urina lievemente odorosa. I rognoni gli occupavano la mente mentre si muoveva per la cucina senza far rumore, sistemando sul vassoio ammaccato le cose per la colazione di lei. C’erano luce e aria gelida in cucina invece fuori dalla porta invadeva il tutto un mite mattino estivo. Gli procurava una certa acquolina in bocca. Bloom ci viene presentato come un qualcuno dai particolari gusti alimentari (una buona forchetta). Bloom lo troviamo per la prima volta in cucina mentre prepara la colazione (alla moglie), cosa non molto comune agli inizi degli anni ’90. Il nostro protagonista ci viene presentato con i suoi gusti alimentari, si muove intorno alla cucina senza far rumore (softly è l’aggettivo che viene più spesso Pag. 36 a 85 usato in concomitanza con il nostro protagonista, il nostro eroe) a preparare la colazione di sua moglie. The coals were reddening. Another slice of bread and butter: three, four: right. She didn't like her plate full. Right. He turned from the tray, lifted the kettle off the hob and set it sideways on the fire. It sat there, dull and squat, its spout stuck out. Cup of tea soon. Good. Mouth dry. The cat walked stiffly round a leg of the table with tail on high. -Mkgnao! -0, there you are, Mr Bloom said, turning from the fire. The cat mewed in answer and stalked again stiffly round a leg of the table, mewing. Just how she stalks over my writingtable. Prr. Scratch my head. Prr. I carboni stavano diventando rossi. Un’altra fetta di pane e burro: tre, quattro: giusto. I piatti pieni non le piacevano. Giusto. Si lasciò alle spalle il vassoio, sollevò il bollitore dalla mensola del piano cottura e lo mise di traverso sul fuoco. E lì rimase, opaco e tozzo, col beccuccio sporgente. Subito tazza di tè. Bene. Bocca asciutta. La gatta camminava altezzosa intorno a una gamba del tavolo con la coda per aria. – Mcgnao!– Ah, eccoti qui, disse Mr Bloom, voltandosi dal fuoco. La gatta rispose con un miagolio e girò impettita e altezzosa di nuovo intorno alla gamba del tavolo, miagolando. Si muove così impettita anche sulla mia scrivania. Prr. Grattami la testa. Prr. Evidenziate in azzurro sono le parti di monologo interiore. Questo inglese scorretto, ridotto all’essenziale, all’osso, riproducono il modo in cui Bloom pensa. (Tazza te. Bocca secca) perché non sempre nella nostra mente noi creiamo interi discorsi ma molto spesso il processo di pensiero non rispondono alle regole della sintassi o della grammatica etc. a volte una parola è un pensiero. Proprio così è per Bloom che dice “tazza di tè subito. Bocca asciutta.” Il narratore e il personaggio si scambiano continuamente di posizione: il personaggio dice qualcosa e il narratore lo spiega. C’è costane interazione tra narratore e personaggio. È quasi come se i due si trovassero in una sorta di dialogo. Osserviamo anche il rapporto che Bloom instaura con la sua gatta. Bloom legge i pensieri della sua gatta e li interpreta in un monologo interiore che è il monologo interiore del gatto (grattami la testa). Qui è possibile vede un ulteriore aspetto di Bloom: è un uomo che si prende cura di tutti, non solo della moglie (a cui sta preparando la colazione) ma anche nei confronti della sua (con cui p accogliente, carino e affettuoso). Ci viene presentato un altro tipo di eroe: un uomo che si distingue per le sue qualità umane: per la sua gentilezza, per la sua apprensione, per il modo attento e dedicato che ha nel prendersi cura di tutti coloro che sono intorno a lui. In questo episodio lo vediamo sempre preoccupato nel pensare a ciò che desidera la moglie ma anche nei confronti del gatto. Bloom, il nostro Ulisse, è un uomo semplice, un uomo materiale ma anche un uomo che si distingue per la sua dolcezza e attenzione nei confronti degli altri. Il monologo interiore di Bloom è fatto di parole o frammenti di frasi, frasi molto brevi. Nei dettagli Joyce usa quasi un eccesso di realismo: il gatto non miagola soltanto ma i suoni, i miagoli del gatto, cambiano ogni volta che il gatto miagola. Pag. 37 a 85 LETTERATURA INGLESE #8 – 09\03\2023 JAMES JOYCE 1.0 Episodio 4 – Calypso: la figura di Bloom Nella scorsa lezione c’eravamo lasciati con il nostro Bloom indaffarato in cucina mentre sistema la colazione per una lei che non viene menzionata, ma che sappiamo essere riferito alla moglie. All’interno del testo, della storia, tutti i dettagli dati dalla descrizione delle sue azioni in cucina – il soffermarsi su tutti i piccoli dettagli ci aiutano a comprendere come il personaggio gioisca di tutti questi piccoli dettagli, che ci fanno capire come Bloom si senta bene nell’ambiente domestico. Bloom in questa cucina si sente a proprio agio e si gusta ogni piccola attività domestica. È un errore piuttosto atipico che ci viene presentato nella sua cucina in cui si trova perfettamente a suo agio. Bloom non si sentirà altrettanto a proprio agio quando uscirà dall’ambito domestico: al di fuori della propria casa Bloom viene percepito dai suoi concittadini come un non irlandese perché il padre aveva origini ungheresi e inoltre ha anche origini ebraiche. Questi due elementi – essere straniero ed ebreo – sono percepiti come elementi di alterità rendendo un outsider. Il nostro Bloom è un uomo domestico, si trova bene nell’ambiente domestico, si trova bene con le sue donne di casa (la moglie, la gatta e la figlia che in questa scena non è presente). Noi l’abbiamo lasciato in particolare a interagire con il gatto. Bloom non si sottrae mai dalle interazioni con gli altri ma cerca sempre colloquio e dialogo con gli altri perfino con il gatto dove inizia a immaginare quali potrebbero essere i pensieri della gatta. Mr Bloom watched curiously, kindly the lithe black form. Clean to see: the gloss of her sleek hide, the white button under the butt of her tail, the green flashing eyes. He bent down to her, his hands on his knees. -Mrkgnao! the cat cried. They call them stupid. They understand what we say better than we understand them. She understands all she wants to. Vindictive too. Cruel. Her nature. Curious mice never squeal. Seem to like it. Wonder what I look like to her. Height of a tower? No, she can jump me. Mr Bloom guardava incuriosito, con benevolenza, la snella sagoma nera. Sembra pulita: la lucentezza del suo pelo lucido, il cerchietto bianco di dietro sotto la coda, gli occhi verdi brillanti. Si chinò verso di lei, con le mani sulle ginocchia. – Latte per la micina, disse. – Mrcgnao! fece la gatta. Dicono che sono stupidi. Capiscono quel che diciamo meglio di quanto noi non capiamo loro. Lei capisce tutto quel che vuole capire. Anche vendicativa. *parte mancante della traduzione* Chissà come mi vede. Alto come una torre? No, è capace di saltarmi Rivendiamo anche qui l’aggettivo kindly (benevolenza) che è ripetuto spesso in relazione a Bloom. *Curious mice never squeal può avere più tipi di interpretazione e traduzione: 1. Curioso, i topi non squittiscono mai 2. I topi curiosi non squittiscono mai Possiamo avere due tipi di traduzione diversa in base a dove preferiamo mettere la pausa. I pensieri di Bloom hanno una caratteristica molto particolare: Bloom ha una tendenza ad essere molto pratico, materialistico e ha anche una tendenza pseudoscientifica perché si domanda sempre il perché dei fenomeni, è sempre a interrogarsi sul funzionamento e i meccanismi. Essendo che non è uomo di grande cultura molto spesso le sue risposte sono sbagliate, buffe. Bloom è approssimativo, non si fa il problema di non essere sicuro che le cose siano effettivamente così. Si da delle risposte che sono pressa-modo plausibili e gli vanno bene così. Qui sta pensando alla natura del gatto a quali siano le caratteristiche del gatto. Ma Bloom sta parlando veramente solo del gatto o si stanno intrecciando due figure femminile cioè quella del gatto con quella di Molly (She Pag. 40 a 85 Il titolo di questo episodio è Calypso. Ulisse presso la ninfa Calypso viene attirato e sedotto. Ulisse non riesce a lasciarla. Viene attirato e in qualche modo diviene incapace di resistere a questa ninfa. Nel romanzo di Joyce, Molly Bloom è sia Calypso sia Penelope. In questo episodio, l’incarnazione di questa femminilità avvolgente, sensuale e calda, è Molly. La nostra “Calypso” è ancora coricata nel caldo letto. Guarda caso tutto l’episodio viene giocato sui desideri di Bloom che viene intrappolato da quello che ha voglia di mangiare e dalla seduzione femminile (compresa quella della nostra Molly). Bloom si avvia verso l’angolo dove c’è il macellaio His hand took his hat from the peg over his initialled heavy overcoat and his lost property office secondhand waterproof. Stamps: stickyback pictures. Daresay lots of officers are in the swim too. Course they do. The sweated legend in the crown of his hat told him mutely: Plasto's high grade 10 ha. He peeped quickly inside the leather headband. White slip of paper. Quite safe. La mano afferrò il cappello dall’attaccapanni sopra il pesante soprabito con le iniziali e l’impermeabile di seconda mano dell’ufficio oggetti smarriti. Francobolli: immagini dal retro appiccicoso. Immagino che nel giro ci saranno un sacco di ufficiali. Ovviamente. La scritta sudata nella calotta del cappello gli diceva muta: Plasto, eccellenti capp. Scrutò velocemente l’interno della fascia di pelle. Striscia di cartone bianca. Abbastanza al sicuro. Il testo comincia a farsi più complicato perché ci sono sempre più parti di pensieri di Bloom che sono non sempre in armonia con la descrizione del narratore. Bloom mette al sicuro una striscia di carta bianca all’interno della striscia del suo cappello, più avanti nel testo scopriremo che si tratta di un suo alter-ego per tenere una corrispondenza segreta e romantica con una signora (non a livello di Molly). Vediamo come in alcuni punti del testo i dettagli abbondando e a volte sono perfino eccessive. Piano piano, invece, cominciano a mancare nella narrazione dei dettagli che ci farebbero molto comodo e che ci verranno chiariti solamente molto più avanti. On the doorstep he felt in his hip pocket for the latchkey. Not there. In the trousers I left off. Must get it. Potato I have. Creaky wardrobe. No use disturbing her. She turned over sleepily that time. He pulled the halldoor to after him very quietly, more, till the footleaf dropped gently over the threshold, a limp lid. Looked shut. All right till I come back anyhow. Sull’uscio controllò la tasca di dietro per controllare di avere con sé la chiave di casa. Non qui. Nei pantaloni che mi sono tolto. Devo prenderla. La patata ce l’ho. Guardaroba scricchiolante. A che serve disturbarla. L’ultima volta s’è girata nel sonno. Chiuse piano la porta dietro di sé, più piano, finché il battente non raggiunse con delicatezza la soglia, precario controllo. Sembrava chiusa. Bene così fino al ritorno. Il nostro Bloom si avvia verso una piccola mini-odissea (acquistare il rognone) che prelude della vera odissea che si svolgerà nella giornata. Prima cosa che fa è quella di controllare la tasca dietro per vedere se c’è la chiave, pensa di avercela nei pantaloni che ha tolto ma non la prende perché non vuole svegliare la moglie. Ma che cosa è sta patata??? Boh, i critici ancora non lo sanno. Abbiamo conosciuto Bloom da questo piccolo pezzetto di testo: • È soft (delicato), kind (gentile), curious (curioso) • Gentile e servizievole, prova compassione per gli altri • È sensuale e carnale • Ha origini ebraiche e ungheresi • Non pare amato e apprezzato da dublinesi del mondo dei pub • È capace di dare attenzione a tutte le voci – anche poco convenzionali come quella della gatta – che lo circondano • La moglie è di Gibilterra – si tratta quindi di una coppia non irlandese. È una coppia internazionale Pag. 41 a 85 Bloom è quasi sempre solo, sia dentro casa – la moglie non lo accetta per quello che è effettivamente – sia soprattutto quando esce di casa questo perché risulta sempre essere fuori luogo. Altri pezzi dell’Ulysses che ci vengono proposti hanno a che vedere con Bloom che mangia: il cibo è un suo pensiero ricorrente, un pensiero costante. Spesso gli studiosi hanno visto questa sorta di ossessione per il mangiare e il digerire in senso simbolico come rappresentazione dello stesso romanzo che cannibalizza altri modi di raccontare, altri stili etc. Bloom è sempre alle prese col mangiare. Il mangiare può anche indicare la ricerca di soddisfazione che la società non gli dà. 1.1 Episodio 8 – Lestrygonians: primi accenni Come avevamo già detto lestrygonians è un episodio già presente nell’Odissea che narra dell’avventura di Ulisse tra i giganti antropofagi. Il parallelismo è molto ironico e parodico. Bloom ha fame e sta pensando dove andare a mangiare. La prima cosa che fa e aprire la porta di un ristorante dove ci sono degli avventori che mangiano con grande avidità dei piatti di carne e li mangiano in maniera talmente vorage che Bloom ne esce disgustato e non ha più voglia di mangiare carne. Alla ricerca di un altro posto incontra per strada due vegetariani Russel e Twigg e riflette sul mangiare le verdure (un’opzione un po’ scarsa). Bloom decide di arrivare a un compromesso nel pub Davy Byrne dove mangia un panino al formaggio e un bicchiere di vino (non carnivoro ma neanche troppo salutare). Bloom è talmente preoccupato del cibo che opera una connessione mentale in lui non inedita tra il mangiare e l’erotismo, la sensualità. Mentre sta mangiando il suo panino e bevendo il suo vino, vede due mosche sul vetro attaccate che gli fanno pensare alla sensualità e il gusto del cibo fa viaggiare il suo pensiero e ripensa al primo incontro, il primo vero contatto con Molly quando si sono scambianti le prime vere effusioni e quando gli ha chiesto di sposarla. Ci interessa questo momento in particolare perché entrambi i personaggi nei loro pensieri rievocano questo evento. Sia Bloom sia Molly ripensano a quell’occasione ma raccontate da voci diverse. Molto spesso in Ulysse possiamo trovare le stesse circostanze viste e raccontate da voci diverse. Molto spesso troviamo nel testo quelle che sono state chiamate coincidenze di pensiero. Questo perché Joyce ritiene che per comprendere i fenomeni ci sia sempre bisogno di due punti di vista diversi. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 42 a 85 LETTERATURA INGLESE #9 – 13\03\2023 JAMES JOYCE 1.0 Episodio 8 – Lestrygonians: dal punto di vista di Bloom Leggeremo oggi due estratti dello stesso ricordo ma dal punto di vista di due personaggi diversi: Bloom e Molly. Lo stesso pensiero che torna per due volte, in due momenti diversi ma nell’arco della stessa giornata, rappresentato in modo variato È frequente trovare questa sorta di pensieri, ricordi comuni che affiorano per due personaggi in due momenti diversi della giornata e che vengono raccontati e rappresentati non solo secondo la prospettiva dell’uno e dell’altra ma anche secondo la modalità espressiva delle due persone. L’episodio che leggeremo è il momento del primo incontro tra Leopold e Molly, è il momento in cui i due si baciano e si abbracciano e Molly ci dirà che è stata lei a spingere Leopold a chiedergli di diventare sua moglie. È quindi un momento ricco di emozioni e sensazioni e i due ce lo raccontano con le loro peculiari caratteristiche. L’episodio delle Lestrigoni domina nuovamente la questione del cibo. Bloom ha sempre in mente questioni riguardanti al cibo. All’interno dell’episodio Bloom è in cerca di un posto dove pranzare. Esce disgustato dal ristorante Burton dove gli avventori divorano voracemente piatti di carne. Incontra i vegetariani Russel e Twigg e riflette sul mangiare le verdure. Trova una via di mezzo al pub Davy Byrne dove mangia un panino al formaggio e un bicchiere di vino. Il cibo è sempre al centro dei suoi pensieri e opera una connessione automatica tra la sensualità del cibo e l’erotismo. Motore di questo ricordo è il vedere due mosche che sono attaccate che fanno sì che Bloom inizi a pensare alla sensualità. Stuck on the pane two flies buzzed, stuck. Glowing wine on his palate lingered swallowed. Crushing in the winepress grapes of Burgundy. Sun's heat it is. Seems to a secret touch telling me memory. Touched his sense moistened remembered. Hidden under wild ferns on Howth. Below us bay sleeping: sky. No sound. The sky. The bay purple by the Lion's head. Green by Drumleck. Yellowgreen towards Sutton. Fields of undersea, the lines faint brown in grass, buried cities. Pillowed on my coat she had her hair, earwigs in the heather scrub my hand under her nape, you'll toss me all. 0 wonder! Coolsoft with ointments her hand touched me, caressed: her eyes upon me did not turn away. Ravished over her I lay, full lips full open, kissed her mouth. Yum. Attaccate alla vetrata due mosche ronzavano, attaccate. Trangugiato vino eccellente sul palato sostava. Schiacciare nella pigiatrice grappoli di Borgogna. Il calore del sole ecco cosa. Sembra al tocco segreto raccontarmi il ricordo. Toccato il suo senso inumidito ricordò. Nascosti sotto felci selvagge a Howth. Sotto di noi la baia il cielo che dormiva. Nessun suono. Il cielo. La baia porpora presso Lion’s head. Verde a Drumleck. Gialloverde verso Sutton. Campi di mare sottostante, linee marrone pallido nell’erba, città sepolte. Il mio cappotto era un cuscino per i capelli di lei, forficole nell’edera mi solleticano la mano sotto il collo, mi agiti tutta. Che meraviglia! Freddasoffice di unguenti la sua mano mi toccava, accarezzava: i suoi occhi su di me non si voltavano. Giacevo rapito sopra di lei, le labbra piene tutte aperte, a baciare la sua bocca. Mmm. Il pensiero di Bloom procede quasi come se fosse una specie di fotografie che procedono uno di seguito all’altro. La sua modalità di pensiero è quella di accostare tante immagini l’una all’altra. Le sue sensazioni sono principalmente visive: i colori raramente sono semplici colori ma sono sempre qualcosa di più complesso. Se analizziamo questo brano per distinguere la voce del narratore dalla voce del personaggio è possibile incontrare le prime difficoltà riguardo alle indicazioni che c’eravamo dati per capire dove inizia il monologo interiore (pronomi e tempi verbali per comprendere dove iniziano i pensieri dei nostri personaggi). Qui troviamo due problemi: Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 45 a 85 3. Pause forti come il punto e i due punti. Si tratta quindi di pause molto drammatiche Bloom dice una frase molto particolare “Never know whose thoughts you’re chewing” cioè “non si di chi si masticano i pensieri”. L’idea di base è che non è possibile elaborare qualche cosa di nuovo: qualsiasi pensiero noi stiamo avendo lo ha già avuto qualcun altro. È presente una connessione tra i pensieri – e i monologhi interiori – dei personaggi. Ulysses è ricco di idee o espressioni che tornano ripetutamente nel testo. Tonano ripetutamente varie idee, varie questioni che sono evocate da uno o da più personaggi: - Bloom e Stephen pensano entrambi ad un episodio biblico che evoca la vita in esilio (nella stessa ora della giornata e nello stesso momento) - Pantomima di epoca vittoriana. Stephen ripensa a questa pantomima in riferimento a sua mamma. Bloom ripensa a questa pantomima dopo essere uscito dal macellaio. Questi sono episodi frequenti all’interno dell’Ulysses di Joyce. Anche il momento del ricordo sul promontorio tra Bloom e Molly è un ricordo in comune tra i due ma avvenuto in due momenti della giornata diversa. Molly ha un modo di raccontare le cose molto diverso da Bloom. Il monologo interiore di Molly non è fatto di frasi brevi o singole parole ma sono un fiume in piena. Sono frasi interminabile e interminate. Sono frasi senza punteggiatura. È l’opposto il modo di pensiero di Molly rispetto a Bloom. Alcuni studiosi hanno associato a Molly e Bloom della terminologia musicale: → Il modo di pensare di Bloom è uno staccato cioè caratterizzato da: frasi molto brevi, punteggiatura forte con pause drammatiche, ritmo incalzante → il modo di pensare di Molly è legato. È un qualcosa in cui la pausa la dobbiamo costruire noi. Non sono presenti vere e proprie pause all’interno del discorso. Questo modo di costruire le frasi ci fa venire in mente la tela che continua a tessere Penelope all’interno dell’Odissea. La nostra Molly tesse una rete di parole, di idee. Molly ha un linguaggio molto semplice e quotidiano ed ha un lessico limitato. Tende a fare errori di grammatica o di sintassi. La caratteristica principale del suo monologo è la mancanza di punteggiatura. È una continua serie di digressioni su digressioni che si creano nella mente del personaggio. Molly è il personaggio di cui sentiamo il monologo interiore meno acculturato dell’Ulysses. Molly ha un modo di parlare molto semplice, un lessico molto limitato e tende a fare errori di grammatica o sintassi. La caratteristica del suo monologo è la mancanza di punteggiatura: sono gli yes e gli and a dare un po’ la sensazione di interruzione. 1.1 Episodio 8 – Lestrygonians: dal punto di vista di Molly Il monologo di Molly inizia qui: The sun shines for you[…] i said yes I will yes. Il ricordo di Molly è diverso dal ricordo di Bloom. La differenza fondamentale nella prospettiva di Molly rispetto a quella di Bloom è che Molly ha convinto Bloom a chiederle di sposarla. Entrambi ricordano lo stesso dolce. Lei ricorda e le ritornano in mente due cose: 1. Il sole splende per te 2. Sei un fiore della montagna Due cose che Bloom gli ha detto e che continuano a tornare in mente a Molly. I ricordi di Molly sono meno sensuali e più materialistici. Sembra quasi che Molly stia lamentando la durata del bacio. Molly afferma che Bloom ha degli elementi di femminilità che lo aiutano a capire che cos’è una donna. Anche la mente di Molly si perde, allora come adesso: quando inizia a pensare alla proposta di matrimonio la sua mente inizia a divagare. Tutto si incastra e si fonde con tutto e nel frattempo Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 46 a 85 la sua mente scivola sempre più verso il sonno. Nell’ultima parte Molly si ricorda di quando era a Gibilterra da ragazza e si era messa la rosa tra i capelli. I ricordi del bacio di Bloom si sovrappongono ad altri ricordi di un altro bacio. La mente che viaggia si alterna da Bloom a quest’umo sotto le mura moresche. Come abbiamo visto sono due modi di rivivere il momento completamente diversi: i ricordi di Bloom sono sensuali, carnali, ricorda l’aspetto passionale e fisico di quell’incontro. Molly parte ricordando alcuni elementi in comune con Bloom ma lei rivela di aver fatto un ragionamento allora come adesso (ho fatto in modo che lui mi chiedessi di sposarlo. Poi ho pensato meglio lui o meglio l’altro). Molly rivela di aver usato la sua veemenza per manipolare il nostro Bloom. Il romanzo di Ulysses si chiude con il sì di Molly alla domanda di sposare Bloom. Il sì è tanto il sì di Molly per sposare Bloom quanto un sì generale della vita. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 47 a 85 LETTERATURA INGLESE #10 – 14\03\2023 YEATS 1.0 Monologo interiore – punto della situazione Con il confronto tra monologo interiore di Molly e Bloom abbia compreso che il monologo interiore ha determinate caratteristiche immutate ma anche una certa flessibilità che comporta che si può adattare a personaggi diversi e al loro modo di espressione, di pensiero, all’ambito culturale di riferimento. Il monologo interiore può essere personalizzato per ogni personaggio. Non c’è un solo monologo interiore ma ci sono tanti monologhi interiori quanti sono i monologanti. Il monologo interiore è una tecnica, una questione formale. Un modo di riproduzione dei pensieri di un personaggio. È un come si rappresentano i pensieri. Il monologo interiore è una presa diretta dei pensieri, tempo verbale al presente, pronomi personali in prima persona, non sono presenti espressioni che introducono lo spostamento dal narratore al personaggio. Molto spesso abbia sentito anche l’espressione stream of consciusness. Il flusso di pensieri non è la stessa cosa del monologo interiore. Non è una questione di tecnica ma è una questione di cosa viene rappresentato, è una questione tematica, di contenuti. Il monologo interiore è una delle tecniche che può essere usata nello stream of consciusness. Una cosa però non coincide con l’altra. 1.1 Breve sguardo Finnegans wake Si tratta apparentemente di un’opera senza senso. La prima e l’ultima parola sono ricollegate tra loro (il testo è circolare): è un testo senza fine e senza inizio. La frase che conclude il testo è incompleta così come la prima frase del testo è in sospeso. È un testo quasi completamento composto da neologismi creati da Joyce stesso basati sulla lingua madre dell’autore e che tendono a creare riferimento in altre lingue (oltre ad avere più significati fanno riferimento a più lingua). È una sorta di puzzle di significati e di sensi. Questo gioco di tante parole ed espressioni è proprio quello che diverte Joyce (gember!inkware!chonchambre! cinsero! Zinnzabar!, “hayair” “beckburn” “hayre in honds tuck up”). Come si legge questo testo? Nessuno lo sa. Si può solo cercare di giocare sulla sua interpretazione. A volte sembra che alcune parole italiane vengano trasformate in anglofonie. Si porta all’estremo l’incontro di culture e di lingue che abbiamo visto precedentemente nell’opera Ulysses. Non c’è più una base univoca, tutto esplode nella miriade di frammenti di senso e di non senso che si esprime in più lingue. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 50 a 85 Come abbiamo detto Cuchulain è questo ero molto poco convenzionale, con un aspetto grottesco che però affascina le fanciulle. Recuperato dal revival viene “rimesso a posto” perché in questo modo può riuscire ad avere successo nell’800 e nel ‘900. Su Cuchulain ci sono saghe su saghe: non ci sono solo le gesta da casanova ma anche battaglie importanti vinte con grandi gesta di coraggio. Cicli di Cuchulain includono molte battaglie, molte avventure, molte prove di coraggio. A Yeats però non importa di questi grandi momenti, delle grandi gesta fatte dall’eroe. Per Yeats l’unico momento della vita di Cuchulain è una battaglia sola, una battaglia che si tiene a Baile’s Strand: questo momento di Cuchulain nella battaglia ci mostra un momento grave di disperazione che porta l’eroe a cercare la morte come forma di purificazione. Cuchulain ha una morte assurda, irrazionale. Cosa ci racconta l’antico mito irlandese? La mitologia dell’eroe narra che Cuchulain seduce la grande guerriera Aoife, la abbandona senza sapere che da quell’incontro nasce un figlio. Aoife, assetata di vendetta, alleva il figlio nell’odio del padre che non ha conosciuto. Trascorre anni a preparare il figlio ad un duello mortale con colui che non sa essere suo padre. A Baile’s Strand giunge il momento del duello. Cuchulain cerca di convincere il giovane a lasciare stare lo scontro ma il giovane non demorde. Cuchulain vince e trafigge a morte il giovane e con le sue ultime parole rivela di essere il figlio del potente Cuchulain. L’eroe rimane in una sorta di shock, in una specie di trance per un lungo periodo di tempo. I druidi cominciano a domandarsi che cosa sarebbe successo quando Cuchulain avrebbe ripreso coscienza perché l’eroe non era noto per il suo saper gestire le emozioni. I druidi preparano un incantesimo per far si che Cuchulain lotti contro i cavalli del mare (le onde) dove annega e muore. Questa è la storia che Yeats racconta nel corso di tutta la sua vita nelle sue opere: → Cuchulain’s Fight with the Sea (1892) → On Baile's Strand (1903) → The Death of Cuchulain (1938-1939): in questa poesia rivisita il momento che abbiamo descritto. Parla di quello che è successo al nostro eroe dopo la sua tragica morte. Cuchulain comforted è la poesia che leggeremo. È Ultima scritta da Yeats prima della sua morte Parla di una morte un po’ rivisitata perché Yeats non piace la morte di Cuchulain a causa dei cavalli del mare. La morte di Cuchulain è anche la morte di Yeats che con lui sentiva un legame particolarissimo. La morte di Cuchulain è la morte della vita letteraria di Yeats. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 51 a 85 LETTERATURA INGLESE #11 – 15\03\2023 YEATS 1.0 breve sguardo alla lezione scorsa Come visto ieri Yeats e rielabora la storia di Cuchulain. Non elabora tutta la storia di Cuchulain ma Yeats è interessato ad elaborare la fine della vicenda, all’ultima grande tragedia. Cuchulain, inconsapevole di avere un figlio, cerca di dissuadere il giovane dallo scontro. L’eroe vince e trafigge il giovane guerriero le cui ultime parole sono “Io sono il figlio del grande Cuchulain”. Yeats racconta e riracconta questa ultima grande impresa con continue variazioni e in più occasioni. I testi più importanti in cui torna su questa questione sono: • Cuchulain’s fight with the sea (1892) • On Baile’s Strand (1903) • The Death of Cuchulain (1938-1939) In tutte queste opere Yeats non mette in scena le vicende della morte ma lo presente, presenta tutte le vicende che lo hanno portato alla battaglia finale. A questi testi (testi teatrali) si aggiunge anche una poesia intitolate Cuchulain Comforted (1939) 1.1 The death of Cuchulain – breve excursus In questa opera teatrale Yeats toglie la drammaticità a questo grande episodio della vita dell’eroe aggiungendo a questo scontro una sorta di sottotrama comica (un po’ alla maniera dei drammi storici shakespeariani). Questa sottotrama comica è triviale, materialistica e legata agli aspetti più bassi della comicità anche un poco sguaiata. Il testo teatrale perde qualsiasi aulicità e diventa qualcosa di più basso. Questo è un procedimento tipico del modernismo. Viene modificato il momento della morte dell’eroe: Cuchulain viene ferito mortalmente da un coltello e vorrebbe riuscire a morire in piedi e così si lega ad un masso (il momento della folle lotta contro le onde viene eliminato perché considerato poco eroico). Aoife, la guerriera madre di suo figlio, raggiunge il luogo della battaglia e costringe Cuchulain a rivivere costantemente la tragedia dello scontro finale tra padre e figlio. La fine dell’eroe è una sorta di ripetizione costante e inesauribile di questo momento così tragico e drammatico. Il colpo finale che uccide definitivamente Cuchulain viene sferzato da un personaggio pseudo-grottesco. Cuchulain quindi viene ucciso per poche monete dal coltello da cucina del rappresentante di un mercantilismo borghese tanto detestato da Yeats. Con la morte di Cuchulain muore anche il suo ruolo, la sua funzione, la sua immagine. Muore l’eroe prima dell’uomo e muore anche il mito. Se c’è un personaggio esterno alla leggenda significa che è presente un’intrusione da parte del mondo moderno che non uccide solo l’eroe ma anche il mito. La realtà dei valori nuovi della realtà novecentesca uccide il mito, uccide l’eroico. È tutto provvisto da una chiave di lettura molto simbolica: il proprio secolo sta spezzando la grandezza del passato e rende impossibile continuare a parlare della grandezza degli eroi e del mito. Per Yeats c’è stato un po’ un cambiamento, uno spostamento: se con le prime due opere teatrali si mantiene alla tradizione antica, con The Death of Cuchulain vuole dire che la tradizione antica non può più esistere e viene spezzata dalle opere moderne. All’inizio la morte, la tragedia di Cuchulain gli interessa perché Yeats si trova in una posizione di reagire all’immediato passato letterario cioè il vittorianesimo (atteggiamento borghese capitalista). La fine originaria di Cuchulain è la celebrazione, per Yeats, dell’irrazionalità. Cuchulain era anche un Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 10# - 14\03\2023 Pag. 52 a 85 simbolo forte che doveva avere funzione sociopolitica: simbolo della forza, della ribellione del suo paese, dell’unità del suo paese. Cuchulain è un modo per richiamare l’attenzione dell’Irlanda e degli irlandesi ad una cultura comune, condivisa e che è forte, che ha la capacità di ricostruire un’identità nazionale. Se prima la morte aveva un certo valore (le prime due opere teatrali non rappresentano mai la morte), dopo la morte dell’eroe rappresenta la morte del mito, del mito che si autodistrugge e che scontrandosi con la modernità viene ucciso. Yeats non abbandona mai la serie d’eventi (la morte dell’eroe) ma nel corso delle sue opere la investe di una funzione e di un significato che ha un senso diverso. Significativamente la morte dell’eroe corrisponde anche con la fine della morte di Yeats e anche della sua carriera letteraria. 1.2 Cuchulain comforted - catena di riferimenti Questa poesia (versione inglese della terza rima) è una sorta di continuazione dell’opera teatrale The death of Cuchulain e parla di cosa succede a Cuchulain dopo che è stato ucciso. Cuchulain dopo la morte arriva in un altro luogo e viene accolto da delle ombre che gli spiegano come funziona la vita in quest’altro luogo. Gli dicono di togliersi l’armatura e cucirsi un sudario. Questa anime hanno apparenza di volatili. È una poesia strana, indecifrabile, piena di elementi interessanti: ci lascia questo senso di non aver compreso appieno che cosa Yeats stia rappresentando in questa vita altra. Cuchulain comforted Cuchulain confortato A MAN that had six mortal wounds, a man Violent and famous, strode among the dead; Eyes stared out of the branches and were gone. Then certain Shrouds that muttered head to head Came and were gone. He leant upon a tree As though to meditate on wounds and blood. A Shroud that seemed to have authority Among those bird-like things came, and let fall A bundle of linen. Shrouds by two and three Came creeping up because the man was still. And thereupon that linen-carrier said: 'Your life can grow much sweeter if you will 'Obey our ancient rule and make a shroud; Mainly because of what we only know The rattle of those arms makes us afraid. 'We thread the needles' eyes, and all we do All must together do.' That done, the man Took up the nearest and began to sew. 'Now must we sing and sing the best we can, But first you must be told our character: Convicted cowards all, by kindred slain 'Or driven from home and left to die in fear.' They sang, but had nor human tunes nor words, Though all was done in common as before; They had changed their throats and had the throats of birds Un uomo con sei ferrite mortali, un uomo Violento e famoso, camminava tra i morti; occhi lo fissarono dai rami e sparirono. Poi certe Ombre che mormoravano testa e testa Vennero e sparirono. Si appoggiò ad un albero Come per meditare su ferite e sangue. Un’ Ombra che sembrava autorevole tra quegli esseri simili a volatili venne e lasciò cadere un fagotto di tela. Le ombre a due, a tre avanzarono lentamente perché l’uomo restava in silenzio quindi il portatore del fagotto disse: “la tua vita diverrà molto più dolce se Obbedirai alla nostra regola antica e tesserai un sudario; soprattutto per quel che solo noi sappiamo lo sferragliare di quelle armi ci spaventa. Noi infiliamo la cruna degli aghi, e tutto quel che facciamo Dobbiamo farlo insieme”. Fatto questo, l’uomo Raccolse il più vicino e iniziò a cucire. “ora dobbiamo cantare e cantare meglio che possiamo, ma prima devi essere informato della nostra natura: tutti codardi condannati, uccisi dai nostri congiunti o cacciati di casa e lasciati morire nel terrore.” Cantarono, ma non avevano melodie o parole umane, anche se tutto era fatto in comune come prima; avevano mutato le lore gole e avevano gole di uccelli Letteratura inglese – prof. Paolo Bugliani – lezione 12# - 20\03\2023 Pag. 55 a 85 LETTERATURA INGLESE #12 – 20\03\2023 INTRODUZIONE AL MODERNISMO 1.0 Il problema della periodizzazione del modernismo Tendenzialmente si fa coincidere l’inizio del modernismo con il periodo che va dall’inizio del nuovo secolo (‘900) fino alla fine della II guerra mondiale. Sono date molto dibattute, perché se pensiamo a Virginia Woolf lo facciamo iniziare negli anni ’10 del ‘900. Potremmo arrivare al ’39 con Finneageans wake. La questione della modernità è una questione delicata. Modernismo e modernità sono due cose diverse, perché la modernità è un fenomeno più ampio che comprende molte cose. Le sperimentazioni di Joyce (secondo Paolo Bugliani) sono quelle che danno la forma al modernismo (probabilmente non ci sarebbe modernismo senza Joyce, ovviamente abbiamo al centro la letteratura inglese). Il modernismo è un fenomeno internazionale, che si estende in scala europea, ma in ogni nazione si verifica in momenti diverse. È un movimento globale. F. Frigerio in Modernismo e modernità: per un ritratto della letteratura inglese fa un’introduzione un po’ diversa. Quando Virgiania Woolf pubblicò il suo ultimo romanzo, fu il suo unico libro ad apparire tra quelli più venduti in quegli anni sul New York Times. In quegli anni nella classifica c’era anche Via col vento, un libro molto diverso; non c’è nulla di stream of consciusness, ma la lingua è molto cristallina. Proprio Woolf ci parla di questi cambiamenti. “nessun autore che ora definiamo romantico si sarebbe definito tale, e nemmeno i modernisti lo avrebbero fatto”. Tower Woolf nel 1940, ci dice che le Guerre mondiali sono state anche il motore del modernismo. Woolf sposta ulteriormente il punto di partenza e lo porta al 1914. Eliot ha avuto un’ombra lunghissima sulla storia. Sistematizza l’invenzione del metodo mitico. Parla di tradizione. Perché se si pensa al modernismo perché nella parola c’è modernità, definisce sé stesso contro l’antico. Eliot non a caso nel 1919, agli inizi lui ci para di tradizione, ci dice che sono i padri da salvare. Ci parla di tradizione e talento individuale. Come si può usare la propria voce dopo autori come Byron ecc..? Il passato deve essere presente. All’epoca non c’era la materialità del virtuale. Per noi è più semplice immaginarci la presenza del passato (con internet posso entrare molto facilmente in contatto con esso). Questi potei immediatamente diventano delle icone, perché ci si rende conto che fanno cose talmente inaudite, impensate, o mai messe in partica da nessuno che i critici più sensibili al “nuovo” li celebrano immediatamente. Non è nemmeno più possibile usare gli stessi termini critici. -> Nasce la disciplina dello studio della letteratura. Serviva un nuovo linguaggio dato anche dai poeti stessi che parlano. Quando un poeta parla della sua opera tendenzialmente, lo fa perché sente la necessità di dare un lessico critico ai propri lettori, capisce che ciò che scrive può non essere del tutto comprensibile. (Es. poesia di Mallarme Brise Marine.) È significativo che in uno dei poeti della fine dell’800, (let’s stratch the boundaries!!) esistesse il sentimento del bisogno di un rinnovamento, la necessità di dire di aver letto tutti i libri è stato ripreso da Eliot. Letteratura inglese – prof. Paolo Bugliani – lezione 12# - 20\03\2023 Pag. 56 a 85 1.1 Quale era la figura dell’artista moderno? Partiamo da Baudelaire, autore che percepisce e supera in maniera più proficua la lezione del romanticismo. Il pittore della vita moderna in esso ci parla della modernità, cosa sono questi autori moderni. Il flauner era un tipo 800entesco, colpito da una serie di stimoli che generano un possibile corto circuito. Bloom sembra schermato da questi stimoli, forse si è già elevato. Bloom riesce a trovarsi a proprio agio in questa esplosione dello scenario metropolitano, pieno di stimoli. Melchiori I funamboli usa questa immagine come metafora dell’artista moderno, che cammina sui trampoli di un materiale, la modernità, che era ancora abbastanza incomprensibile, instabile. Questa è la natura, ovvero riuscire a metabolizzare questi cambianti, per esempio la guerra. Es. Folkener mentre morivo, L’urlo e il furore che inizia con il discorso di un idiota. Questa sovra- esposizione di stimoli inauditi (la I guerra mondiale e la II ebbero un eco non comprensibile, e Woolf ce lo fa capire questo: la modernità può essere bella a Parigi o Londra, ma anche la guerra). È un modo di stare sui trampoli, sia fare il funambolo e dare un senso a questa modernità. 1.2 Il problema della coscienza Con l’avvento della modernità c’è una nuova presa di coscienza dell’individualità. Non è più un’individualità legata all’idealismo dell’io, ma l’interesse per l’interiorità continua e ha dei risultati fenomenali se messi in prospettiva. Basti pensare a Freud, la cui lezione è molto difficile, ma da un punto di vista storico ha avuto un grandissimo impatto (Woolf). C’è un interesse nel renderlo accessibile. Il tedesco non era molto conosciuto. Si passava anche attraverso le traduzioni. Ben prima di Freud arriva Willima James. William James I principi della Psicologia: si vede quanto l’influenza di un fratello che di lavoro studiava psiche umana su un romanziere che passa da un realismo quasi 800entesco a un’introspezione. Aveva cominciato a parlare della consciousness, che può essere tradotto in molti modi. È la coscienza di essere percettivi, di essere coscienti delle proprie sensazioni e della propria presenza come individuo. Dialogo mentale che non sta avvenendo una del sperimentazioni per es, presente in Virginia Woolf. Nel modernismo i paini tra reale e pensato si fondono, questi flussi di dialogo di parole e di coscenza. James per primo postula l’ idea che la nostra mente non funziona per atomi isolati ma che ci sia un flusso continuo. Train of thoughts: la vita interiore è un flusso, i pensieri passano ma “non ci si fa mai il bagno nello stesso fiume”. In noi è sempre attiva una forma di coscienza. W.J. è uno scienziato. Non basta più dire che le cose si pensano ma va trovata una forma espressiva che sia fedele a queste nuove situazioni. Molto di questo è dovuto anche al fatto di dove ci troviamo. La metropoli inizia a esser il soggetto di molti studi in quegli anni. Il tipo metropolitano di Simmel. Tendenzialmente si usa come uomo tipo quello che vive a Londra, a Parigi, a New York. La parola stesa impressiona. È un qualcosa che rimane nella nostra mente, ma a livello più importante se ci sta interrogando sulla nuova coscienza che si può estrapolare dal modernismo, l’impressione è fondamentale. Si comprende che questo mondo moderno non è più come poteva succedere come i romantici di impressioni per es. sulla velocità degli spostamenti, non è più la fascinazione del nuovo ma qualcosa che inizia a destare preoccupazione. La terra desolata, Eliot. Questo contesto culturale c’era già un’idea del mondo che stese morendo. Non è una morte fisica (come abbiamo noi- inquinamento ecc..), ma parte della coscienza dell’uomo, c’è una morte dell’anima che si riflette nella morte del mondo circostante. La voce Letteratura inglese – prof. Paolo Bugliani – lezione 12# - 20\03\2023 Pag. 57 a 85 unificante di questa opera è l’indovino Tiresia, Eliot ci ha detto che se vogliamo dare un’unitarietà (il libro po’ un intreccio di voci costanti) ce lo dice a posteriori. La coscienza di questo indovino è la coscienza unificante. Tra tutte le voci c’è anche quella di Londra. Eliot da voce a Londra, e proprio metricamente cerca d mimare quello che può essere il rumore della città che fluisce (citazione dantesca). È molto concitata come poesia, ci sono molte voci che arrivano, quella finale è di Baudelaire, quella di Webster, di Dante. Dante è uno dei padri più inquietanti che ha la corporalità di Tiresia. Dante è solo una voce. Aveva pensato come titolo He.. citazione di Dickens. La città moderna non è più dicibile come prima, la via dei modernisti è la via della sperimentazione. Eliot vuole creare questo puntellamento delle rovine, con questi frammenti ho puntellato le mie rovine, sono le rovine di tutti, quelle dopo la guerra. Se il mondo moderno è in frantumi in rovina, isolato, waste sono anche i rifiuti ma al tempo non avevano tale coscienza dei cambiamenti climatici. C’è una necessità difronte questa desolazione dovuta a questi meccanismi, cambiamenti sociali molto importanti. La risposta della letteratura con questa fioritura, uno dei rami fioriti di questa risposta è alla riesumazione del mito. 1.3 Il mito Il passato e il presente: il passato entra in contatto con noi. C’è una visione di fondo di Eliot su cosa dovesse essere il mito. Saggio di Eliot sul metodo mitico= è una delle strategie con cui l’autore moderno cerca di strutturare la sua risposta, in frantumi, non è una riscrittura del mito. Eliot vuole mostrare come i modernisti (noi li chiamiamo cosi) davano una struttura al mondo, che è quella della ripresa del mito. C’è anche la ricerca delle tradizioni perdute. Il mito è una cosa che piace a tutti ma ci sono delle tradizioni che possono piacere o no, per es. Elliot non voleva riprendere la tradizione dell’800. Anatomy of Criticism, Frye → nel 1957 si interroga su questa letteratura che ha dovuto fronteggiare una crisi epocale e ha cercato di costruirsi attraverso la ricostruzione di tradizioni diverse. È un po’ polemico con Eliot, tra i tanti detti il vero poeta ruba. C’è questa volontà di prendere esattamente il mito com’è. È sintomatico il fatto che si voglia dare ordine. È una letteratura che è stata definita celebrale perché non si capisce subito. Es. Jane Austen si capisce cosa si legge, questo non accade in Ulysses, è una lettura più difficile perché volevano fare una letteratura che fosse un riflesso sincero del loro tempo che era troppo cataclismico per poter essere compreso così all’istante. Frye riconosce questo. La metodologia di Eliot fa vedere linee di interpretazione molto difficile. (l’odissea invece era conosciuta- Ulysses di Joyce). Viene quindi recuperato il mitologico. Il modernismo riusa la struttura del mito applicandolo al nostro mondo. Lo rivitalizza. Saggio di Eliot Ulysses, Order and Myth- in esso ci spiega non solo quello che ha fatto Joyce ma anche quello che ha fatto lui stesso. - The Golden Bough lo trovimao anche in Pounfd, dove l’allusione è più vaga. - La waste land oggi è un’opera al 30% di Pound. Per capire quanto complesso sia questo periodo: in tutte queste opere si trovano tanti richiami a aspetti della cultura popolare e del comico più sfrontato e grezzo. Es. Eliot, Woolf, Yeats, tranne che Joyce hanno avuto una carriera radiofonica, hanno interagito con i mezzi di comunicazione più nuovi. Eliot ha tenuto dei corsi di letteratura inglese alla radio. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 60 a 85 Dopo la prima pubblicazione nel 1917 Pound entra in crisi creativa. Passa un periodo in cui non ha ben chiaro e ben preciso in mente quello che vorrebbe ottenere e raggiungere con questa sua opera e si ferma per un po’, fino al 1923 (riflette su questa prima stesura). Gli anni dal ‘17 al ‘23 sono anni significativi e importanti perché sono tra i più fruttuosi per il modernismo anglofono. Il 1922 è citato sempre come l’anno mirabili del modernismo inglese (escono La terra desolata, Ulysses, i racconti di V. Woolf). È una pausa di riflessione che non è priva di influenze esterne. Pound nel 1923 sistema in apertura della sua Odissea personale l’Odissea. Sistema un primo canto che contiene una sua traduzione della traduzione di Divus. Pound gioca consapevolmente con questa catena di mediazioni, di passaggi della tradizione da autore ad autore, da traduttore a lettore. Pound ritraduce in inglese una traduzione latina dell’Odissea. Più che dire traduce bisognerebbe dire riscrive. L’opera di Pound si apre con la discesa di Ulisse all’Ade. Nel momento in cui Ulisse incontra Tiresa e gli viene fatta la famosa profezia, vede la madre, vede Eracle e tutta una serie di personaggi del passato più recente e più remoto. Pound non inserisce tutto il canto nella sua opera ma fa delle selezioni, ne mette solo una parte. Quindi Ezra Pound apre la sua epica di una vita, la sua opera di una vita, con l’Odissea non in generale ma traducendo una traduzione dell’Odissea e attraverso questa sembra riflettere su come lui si situi all’interno della tradizione letteraria. Aprire l’opera magna di Pound con l’Odissea vuol dire creare subito una sorta di confronto e di paragone. In più Pound non sceglie un punto qualsiasi dell’Odissea ma sceglie un momento in cui è Ulisse stesso a rivivere il passato, che deve misurarsi a sua volta con una tradizione. Nel momento in cui mi faccio traduttore e interprete di un’opera ho anche un ruolo nel dare e ridare forma all’opera, il lettore non è passivo ma interpretando fa rivivere l’opera, ci sono delle conseguenze anche sul testo. Pound n’è consapevole. I Cantos si aprono con un viaggio per mare e la discesa nell’Ade, nel regno dei morti, nel quale l’Odisseo omerico consulta l’indovino e viene a sapere cose sul proprio futuro. Qui abbiamo un Pound che si pone un po’ come Omero e un po’ come Odisseo. Pound cerca di dare una dimensione multiculturale di quello che sta facendo attraverso la trasmissione della conoscenza, la trasmissione, la modalità di passare e di trasmettere immagine da una cultura all’altra, da una tradizione all’altra. And then went down to the ship, E poi scendemmo alla nave Già il primo verso è estremamente interessa. La traduzione italiana è ovviamente corretta ma nell’inglese manca un we che arriva molto più avanti. I Cantos di Pounds si aprono senza un riferimento a un soggetto, a una persona. Altra cosa che ci colpisce immediatamente è che il primo verso del primo canto inizi con una congiunzione. Nel momento in cui Pound usa questo anda ci fa capire che esista qualcosa di precedente. Ma cosa viene prima di and? Se pensiamo all’Odissea stessa potremmo avere in mente nel riferimento i 10 canti e libri dell’Odissea precedenti a quello che viene tradotto qui come il fatto che Pound abbia trascorso gli ultimi anni in crisi creativa etc… Questa and ha quindi molti e vari significati. È anche una and più generale, onnicomprensiva della tradizione precedente (c’è stata tutta una tradizione precedente and then [ed ora] ci sono io) e questo ce lo suggerisce anche il fatto che è proprio il libro undicesimo che Pound prende in considerazione qui. Il contatto col passato è fondamentale da più punti di vista. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 61 a 85 Pound è molto attento e accurato sul suono e sul ritmo del testo. C’è una serie di nasali ripetuta da and, then, when … e poi abbiamo una chiusura con ship (la prima) la quale da inizio a una serie di suono sibilanti. C’è una grande attenzione ai suoni. Nel poema epico dell’antichità se si fosse aperto un discorso si sarebbe presentato anche l’eroe. Oppure ci insegna Dante si comincia a parlare in prima persona, c’è un io che racconta. Qui invece sembra che passi in secondo piano il riferimento alle persone, come se volesse essere il più collettivo possibile. D’altra parte, era un poema storico, quindi è una sorta di testo collettivo questo “NO” significa che non ci siano eroi, soggetti o protagonisti, ci sono delle icone, dei personaggi simbolo come lo stesso Odisseo che appartengono a tutti. Nell’apertura Pound menziona quasi subito anche Circe (colei che aveva trasformato in porci e altri animali i compagni di Ulisse). Abbiamo l’evocazione di una figura che incarna un segno della femminilità. Sembra esserci una distinzione tra l’aspetto più razionale, concreto e pratico (così com’è presente nella tradizione di Odisseo), rispetto a questa forza femminile che è una sorta di incarnazione della forza della natura, una sorta di bellezza distruttiva. ODISSEA Rispetto al testo di Pound non c’è tanta differenza. Pound ha caricato la sua versione dell’Odissea di solennità rendendola ancora più complessa. Non sono presenti forti differenze da quello che ci racconta il testo dell’Odissea da quello che ci dice Pound. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 62 a 85 Per la prima volta compare il pronome io. Sembra quasi che Pound rinunci alla sua voce come Pound oppure è presente una sorta di cortocircuito tra chi scrive e l’eroe dell’Odissea. Pound utilizza molte parole poco comuni anche per l’epoca (pitkin). ODISSEA Abbiamo qui descritto il rituale nel modo in cui vengono richiamate le anime dei morti Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 65 a 85 LETTERATURA INGLESE #14 – 23\03\2023 POUND (lezione “pausa”) La lezione di oggi vuole mostrarci come possiamo studiare la letteratura in modo transletterari. EZRA POUND DAVANTI ALLE TELECAMERE DELLA RAI → Ezra Pound è autore originario dell’America che scrive alcuni dei testi chiave del modernismo inglese (1915- fino alla fine della II guerra mondiale). Il modernismo inglese è caratterizzato da vari e importanti autori come Woolf, Yeats, Joyce … 26 ottobre 1967 → Pier Paolo Pasolini intervista Pound per il programma televisivo di un’ora intitolato Un’ora con Ezra Pound che è all’interno della rubrica Incontri curata da Gastone Favero. Si trovano uno di fronte all’altro due giganti della letteratura che rappresentano anche due diverse generazioni. Abbiamo due giganti della letteratura che politicamente rappresentano due posizioni opposte (Pound → Mussolini, Pasolini → no Mussolini). Diversi da tutti i punti di vista: ideologie diverse, modi di fare letteratura diverse, due generazioni diverse. Uno degli studiosi che si è occupato di questa intervista si chiama David Anderson → sostiene che Pound ha accettato di partecipare alla trasmissione rispondendo a delle domande del regista. Il regista poi si è defilato e si è fatto sostituire dall’ultimo momento da Pier Paolo Pasolini. La figlia di Pound conferma nelle sue memorie, nelle sue interviste, quello che sostiene Anderson. TESTO SPOTS&DOTS → insieme di immagini di Pound anche molto suggestive. Nell’introduzione c’è una parte in cui Pound descrive i suoi contenuti. In questa specifica che ci sono del facsimile di testi che Pound ha letto per prepararmi all’ intervista di un programma italiano. Pound ci mostra le risposte che aveva preparato per quell’intervista. Abbiamo il facsimile delle parti che ha detto a Pier Paolo Pasolini. Anche il regista racconta una storia diversa rispetto a quella della figlia → aveva deciso tre giorni prima di introdurre nel programma Pasolini ma con il consenso di Pound e della sua compagna. Pound e Pasolini → gesto teatrale. → cosa succede all’inizio dell’intervista in questo primo pezzo? Pasolini apre subito in maniera esplicita il contrasto, l’inconciliabilità politica e la distanza artistica tra lui e Pound. Lo affronta usando una poesia di Pound e modificandone il testo in riferimento alla sua relazione, al suo sentire. Le questioni di traduzione si frappongono tra questi due autori fin dalla prima parte dell’intervista. Nella poesia Pasolini fa tre cambiamenti → Pasolini vuole parlare di un confronto tra più generazioni, vuole parlare di trasformare la letteratura. Il resto dell’intervista è moderato (dopo questo inizio che non è una vera è propria polemica) → c’è questa sorta di patto, di tregue, tra i due. Pasolini non conosce solo i Canti Pisani di Pound ma decide di parlare solo di questa specifica opera cioè attua una scelta che non è casuale ma è carica di significati (anche questa è un messaggio). Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 66 a 85 Pound scrive questi Canti, che lui chiama Cantos (1917-1969) e che sono un insieme di un’opera in corso che non ha fine, un manoscritto perpetuo in cui lo scrittore continua ad esprimere le sue idee, le sue impressioni per anni e anni senza un preciso schema. L’opera si fa nel suo corso. Non c’è un inizio organizzato, non c’è un programma per una fine. Parte di questi canti si chiamano Pisan Cantos → perché Pasolini si concentra soprattutto su questi? Sono particolarmente improntati perché Pound li scrive mentre si trova imprigionato per crimini di guerra a Pisa. Negli anni precedenti Pound da Roma aveva iniziato a fare delle trasmissioni radiofoniche in cui tesseva le lodi del fascismo mussoliniano seguendo questi ideali con brutte affermazioni. Si trattano di canti scritti durante la propaganda fascista. Il fatto che Pasolini abbia prediletto questa parte dell’opera di Pound non mi sembra affatto casuale. Il fatto che Pasolini scelga di parlare di questi canti pisani ha un senso, è un momento (…) Il momento di massimo patos avviene alla fine dell’intervista mentre Pasolini legge la parte finale dei Cantos pisani → brano canto 81 con cui si conclude questa intervista. Pasolini lo legge in traduzione. Notiamo una serie di passaggi di stato: - all’inizio i versi di Pound vengono tradotti in italiano - il testo scritto, la pagina scritta diventa altro → parliamo di traduzione intersemiotica (processo di traduzione da una forma di comunicazione ad un’altra). Pasolini ci mette anche del suo perché non legge due versi della poesia non si sa se volontariamente o involontariamente. Questo testo che ha letto Pasolini, sulla base di quello che abbiamo detto fin ora, cosa vuol dire? Sono versi che da un lato possono sembrare una celebrazione della fragilità umana, un momento intenso di rammarico per una perdita, le espressioni di orgoglio per aver amato e agito pur senza sufficiente convinzione. Jerome J. McGann scrive → questo è in realtà un brano spaventoso soprattutto se ci ricordiamo che cosa Pound ha amato così a lungo e così bene. Non sono ideali che tutti condividiamo, come in realtà da una prima lettura possiamo immaginare. Ci viene spontaneo pensare al fascismo e pensare che Pound non stia parlando di amore romantico ma che stia parlando di un qualcosa che lui ha perso. Se il canto parla del rapporto di Pound con il fascismo in che termini ne parla: prova pentimento per la sua dedizione a Mussolini o rammarico per la sua caduta? Si tratta di un brano complesso, ambiguo, aperto che incarna molti dei caratteri distintivi del Modernismo ma capace di esercitare grande attrattiva con elementi quali pathos, cadenze ritmiche … Gli stessi versi di Pound possono essere utilizzati in vari contesti associando questo testo a qualcosa di completamente diverso. → Pound voleva creare un effetto di cantilena. Fa una serie di scelte nel leggere che sono mirata a mantenere sempre lo stesso tono. Pound esaspera le forme scritte e orali. Poca emotività. La traduzione di Ricciardi stimola la partecipazione alleggerendo il brano dal peso dell’ingombrante passato poundiano. Rizzardi sta cercando una democrizzazione del testo poundiano aiutano a dare un nuovo senso, una nuova funzione alla poesia di Pound. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 67 a 85 LETTERATURA INGLESE #15 – 27\03\2023 POUND e POSTMODERNISMO 1.0 Punto della situazione su Pound Questo scegliere di ritradurre una traduzione ha due significati: 1. Mettere in rilievo tradizione multiculturale. L’Odissea è un patrimonio della cultura occidentale. Ritraduco una traduzione e così quest’opera esiste in tutte le culture e in tutte le lingue. 2. Mettere in evidenza il ruolo dello scrittore\ lettore. Colui che riceve l’opera si fa allo stesso tempo anche autore. Leggere è un atto creativo. È ovvio che in questa sua avventura letteraria Pound percepisca in sé stesso un punto di incontro con Odisseo o Ulisse. L’inizio di questa lunga navigazione, che saranno di più di 100 canti che scriverà, è rappresentato come un viaggio che non ha un punto d’arrivo. Proprio quasi prevedendo la sorta dei canti che sono incompiuti perché non erano pensati per avere una conclusione. A questo concetto dell’opera che non finisce e dell’opera che continua corrisponde il modo in cui Pound ha trasformato l’Odissea nella sua traduzione. Che cosa ha lasciato fuori Pound nel momento in cui ci ha riraccontato il percorso di Odisseo nell’Ade? Ha lasciato fuori tutti i riferimenti a Itaca e a Penelope. L’accento è tutto sull’itinerario e sul viaggio e manca il punto di arrivo. La casa non c’è più. Ci troviamo di fronte all’idea di questo viaggio costante, del viandante, del continuo movimento. Pound non sembra avere interesse per questo ritorno a casa forse perché si sente un po’ come Odisseo che parte per un viaggio che non arriva mai in un porto sicuro, che non ha termine. Il testo di Pound è una traduzione di una traduzione con delle modifiche dove il testo così come noi lo conosciamo dell’Odissea subisce un po’ di aggiustamenti (viene eliminata la parte del ritorno a casa); vengono mantenuto elementi che potrebbero essere per noi sacrificabili (come il giovane che muore cadendo dalle scale). La donna che è al centro dell’attenzione del canto di Pound è Circe (molto più presente anche di Penelope). Circe è la maga seduttrice che trasforma gli esseri umani in qualcos’altro. La metamorfosi, la trasformazione, l’instabilità e le due anime su cui sembra reggere la sua opera Pound sono: Odisseo, il viaggiatore e Circe la maga capace di metamorfosi e trasformazioni. In più Pound inserisce un contrasto tra un elemento maschile e uno femminile: l’arguzia, la versatilità e la praticità di Odisseo contro la potenza oscura e ammaliatrice di Circe che domina l’ambito della creatività e della fantasia. Si tratta di un canto che ci prepara a quello che verrà usando come aiuto per la sua interpretazione l’Odissea, i suoi personaggi e Odisseo stesso. Pound oltre ad essere Odisseo è anche Circe perché è colui che trasforma il testo, lo cambia, lo modifica. Pound comincia poi a parlare di Divus cambiando totalmente punto di vista e cambio di voce: parla chi scrive e non è più Odisseo. Pound scrive in maniera molto autobiografica parlando dei propri aneddoti di vita e di sé stesso. Si passa dal sentire parlare il testo di Omero a sentire parlare Pound. Pound congeda Divus e gli dice di “riposare in pace”. È importante che il lettore abbia presente quelli che sono stati i passaggi, le mediazioni e gli strati testuali che hanno portato Pound alla traduzione. Pound fa vedere, quindi, che la sua opera si apre con un’eredità del passato che è trasmessa nel tempo da più voci. Questa parte dichiara il debito a Divus. Pound congeda Divo (Divus) in un modo che fa ripensare a Dante Alighieri. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 70 a 85 LETTERATURA INGLESE #16 – 28\03\2023 MARGARET ATWOOD 1.0 Margaret Atwood Nel 2005 la casa editrice Canongate lancia la serie The Myths. La Atwood, proprio per questa serie, si cimenta nella stesura di una novella sul personaggio di Penelope. Decide di far parlare Penelope e di farci sapere la sua versione degli eventi e la sua storia. Quali sono le operazioni che mette in atto Atwood nel suo testo? Innanzitutto, abbiamo un abbassamento del mito che gioca prevalentemente sulla parodia (processo che tende all’imitazione di un qualcosa e che implica dei cambiamenti, spesso delle inversioni, che suscitano il riso o una riflessione. Famose sono le parodie che invertono la situazione dei personaggi). La parodia è fatta per criticare idee che sono ben radicate nel tempo in cui si scrive. Atwood mette in atto giochi parodici per farci riflettere anche sulla condizione femminile, sul ruolo della donna nel passato e nel presente. Ci sono meccanismi costanti di demitizzazione, il mito viene abbassato, distrutto. Questo dipende dal genere originale al genere in cui viene scritta questa nuova versione. Dal mito passiamo al genere del romanzo che ha come caratteristica principale quella di essere più vicino alla nostra realtà. La cosa fondamentale che vedremmo insieme è che il personaggio femminile incarna tutta una serie di valori che possono essere valori più moderni rispetto alla società patriarcale dell’epoca. Ci sono aspetti che sono già in luce nell’Odissea che la Atwood quasi esaspera per dimostrare l’indipendenza di Penelope. Come avevamo visto anche precedentemente riguardo al discorso generale sul postmoderno, anche la Atwood sta dando voce a un personaggio che prima non aveva tanta voce. Ovviamente ce lo dice già il titolo di per sé che deriva proprio dal nome di lei. Atwood si concentra su una serie di aspetti che sono rimasti un po’ misteriosi e che hanno affascinato di più gli studiosi: si concentra per esempio sul motivo del perché le ancelle di Penelope vengano condannate a morte alla fine dell’Odissea, a riguardo crea proprio una storia. Sarebbe quindi una sorta di revisione della storia originale in una prospettiva femminile in tutti i sensi: c’è la prospettiva di Penelope ma anche quella delle ancelle. 1.1 A low – un’arte minore Il primo episodio di questa novella si intitola un’arte minore, non si sa se si riferisce all’opera stessa. Come tutte le opere dell’epica tradizionali che iniziano con una presentazione, qui si inizia parlando proprio di Penelope, delle sue origini e della sua situazione attuale. Il testo inizia dandoci un’informazione interessante: Penelope, adesso, ci sta parlando dal regno dei morti. Now that I’m dead I know everything. This is what I wished would happen, but like so many of my wishes it failed to come true. I know only a few factoids that I didn’t know before. Death is much too high a price to pay for the satisfaction of curiosity, needless to say. Ora che sono morta so tutto. Avrei voluto che fosse così, ma come molti dei miei desideri neanche questo si è avverato. Conosco solo alcuni eventi che prima ignoravo, entrati nella tradizione, ma forse infondati. Inutile dire che è un prezzo molto alto per soddisfare una curiosità. Quasi un po’ si contraddice: so tutto ma non proprio tutto. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 71 a 85 Uno dei temi costanti sono quelli della verità, della menzogna e della bugia. Il tema della menzogna è ovvio: il re ell’inganno è proprio Odisse. Molto spesso troviamo Penelope che si fida si ma fino ad un certo punto. Penelope stessa è partecipe dell’abilità che ha anche il marito cioè della menzogna. Penelope può vantare di aver ingannato i Proci avendo disfatto di notte la sua tela. C’è tutto un gioco di vero e di falso che riguarda i protagonisti (Penelope e Odisseo) ma che riguarda proprio la narrazione in sé (quello che ci sta dicendo Penelope è vero o è falso). Since being dead – since achieving this state of bonelessness, liplessness, breastlessness – I’ve learned some things I would rather not know, as one does when listening at windows or opening other people’s letters. You think you’d like to read minds? Think again. Da quando sono morta – da quando ho raggiunto questa condizione di senza ossa, senza labbra, senza petto –ho imparato cose che avrei preferito non sapere, come succede se si origlia dietro le finestre o si aprono le lettere degli altri. Credete che vi piacerebbe leggere nelle menti? Ripensateci. Penelope sente la ricezione del suo personaggio e della sua figura. È al corrente di quanto è stato detto su di lei e non ne è molto felice. Ci troviamo di fronte ad un’immagine originale di una Penelope che è al corrente di quanto è avvenuto nel mondo fino a oggi. È in grado di fare paragoni sul suo mondo, quello dell’epica, fino ad oggi, 2005 in particolarmente. Molte cose che sono state dette su di lei non gli sono piaciute particolarmente. Down here everyone arrives with a sack, like the sacks used to keep the winds in, but each of these sacks is full of words – words you’ve spoken, words you’ve heard, words that have been said about you. Quaggiù tutti arrivano con un otre, simile a quello che racchiudeva i venti, ma ciascuno di questi otri è pieno di parole pronunciate, udite, e che altri hanno detto su di noi. Qui si manifesta una tendenza che caratterizza tutto il canto di Atwood: il lettore si vede spiegare delle cose in una maniera che non le semplifica affatto perché si presuppone che il lettore abbia già un po’ di esperienza con il tema trattato. Some sacks are very small, others large; my own is of a reasonable size, though a lot of the words in it concern my eminent husband. What a fool he made of me, some say. It was a specialty of his: making fools. He got away with everything, which was another of his specialties: getting away. He was always so plausible. Many people have believed that his version of events was the true one, give or take a few murders, a few beautiful seductresses, a few one-eyed monsters. Even I believed him, from time to time. I knew he was tricky and a liar, I just didn’t think he would play his tricks and try out his lies on me. Ci sono otri piccoli e otri grandi; il mio ha una dimensione media, anche se molte delle parole che contiene riguardano il mio insigne marito. Mi ha raggirata, sostiene qualcuno. Era la sua specialità, il raggiro. E trovava sempre una via di fuga, un’altra delle sue peculiarità: fuggiva. Riusciva facile credergli. Molti, nel tempo, hanno ritenuto autentica la sua versione degli avvenimenti, si trattasse di uccisioni, di splendide seduttrici, di mostri con un occhio solo. Anch’io gli credevo, ogni tanto. Sapevo che era scaltro e bugiardo, ma non pensavo che avrebbe usato la sua astuzia e sperimentato le sue bugie anche con me. Qui c’è di nuovo la riflessione su verità e bugia. Qui Penelope ci fa capire che le parole spese su di lei la riguardano tutte indirettamente: l’oggetto di attenzione è Ulisse e non lei. Il primo problema che ci pone Penelope è quella della credibilità di Ulisse e della sua: abbiamo varie versioni degli eventi ma non sappiamo quale sia la più credibile. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 72 a 85 Hadn’t I been faithful? Hadn’t I waited, and waited, and waited, despite the temptation – almost the compulsion – to do otherwise? And what did I amount to, once the official version gained ground? An edifying legend. A stick used to beat other women with. Why couldn’t they be as considerate, as trustworthy, as all- suffering as I had been? That was the line they took, the singers, the yarn-spinners. Don’t follow my example, I want to scream in your ears – yes, yours! But when I try to scream, I sound like an owl. Of course I had inklings, about his slipperiness, his wiliness, his foxiness, his – how can I put this? – his unscrupulousness, but I turned a blind eye. I kept my mouth shut; or, if I opened it, I sang his praises. I didn’t contradict, I didn’t ask awkward questions, I didn’t dig deep. I wanted happy endings in those days […] Non gli ero stata fedele? Non avevo aspettato, e aspettato, e aspettato, vincendo la tentazione – quasi un impulso – a comportarmi in altro modo? E che cosa ho raccolto, una volta che si è affermata la versione ufficiale? Sono diventata una leggenda edificante. Un bastone con cui picchiare altre donne. Non avrebbero potuto essere assennate, oneste, pazienti com’ero stata io? Questa era la linea seguita dagli aedi, dai cantastorie. «Non seguite il mio esempio» voglio gridarvi nelle orecchie – sì, nelle vostre orecchie! Ma quando cerco di gridare, la mia voce è quella di un gufo. Io, certo, riconoscevo gli indizi della sua scaltrezza, della sua malizia, e – come dire? – della sua assenza di scrupoli, ma cercavo di non dar loro peso. Tenevo la bocca chiusa, o, se l’aprivo, era per tessere le sue lodi. Non lo contraddicevo, non gli rivolgevo domande che potessero infastidirlo, non approfondivo le discussioni. A quel tempo credevo nelle soluzioni felici Troviamo due elementi interessanti. Penelope si autodefinisce un modello di condotta per le donne che è un risultato di un suo errore. Nega il suo status di modello di comportamento perché la sua mancanza di azione all’interno dell’Odissea non è un modello che le donne, specie quelle di oggi, dovrebbero seguire. Questo presuppone che il destinatario di questo testo è proprio una donna. Penelope si sente di aver rappresentato un’immagine ideale per una società patriarcale in cui alla figura femminile spettano ben poche azioni attive a parte quella di aspettare, la fedeltà e l’onesta mentre il nostro Odisseo era in giro con le seduttrici e con le sue mille avventure. Penelope si autocritica per essere diventata un punto di riferimento per una condotta che da una donna si aspetta da una donna in un determinato tipo di cultura: non lo contraddice, né tesse le lodi, non approfondisce discussioni e aspetta che lui torni a casa. Una parte del personaggio di Penelope corrisponde all’ideale femminile della cultura del passato: ideale passivo, ideale che non è al pari dell’uomo ma che è sottomessa all’uomo. But after the main events were over and things had become less legendary, I realised how many people were laughing at me behind my back – how they were jeering, making jokes about me, jokes both clean and dirty; how they were turning me into a story, or into several stories, though not the kind of stories I’d prefer to hear about myself. What can a woman do when scandalous gossip travels the world? If she defends herself she sounds guilty. So I waited some more. Now that all the others have run out of air, it’s my turn to do a little story-making. I owe it to myself. I’ve had to work myself up to it: it’s a low art, tale-telling. Old women go in for it, strolling beggars, blind singers, maidservants, children – folks with time on their hands. […] Ma quando gli avvenimenti principali si conclusero e tutto diventò meno simile a una leggenda, mi accorsi che erano in molti a ridere alle mie spalle – a sbeffeggiarmi, a inventare storielle sul mio conto, pulite ma anche sporche; mi avevano trasformata in una storia da raccontare, anche se non del genere che mi piace ascoltare su di me. Che cosa può fare una donna quando una chiacchiera indecente viaggia attraverso il mondo? Se si difende sembra colpevole. Così, ho aspettato ancora un po’. Ora che tutti gli altri hanno parlato a perdifiato, è giunto il mio turno. Lo devo a me stessa. Ci sono arrivata per gradi: narrare è un’arte minore, la esercitano donne anziane, mendicanti girovaghi, cantanti ciechi, ancelle, bambini – gente che ha tempo a disposizione. Penelope si sta esprimendo con un tipo di narrazione orale che viene considerata essere un’arte minore (da qui deriva il titolo di questo primo episodio). Viene messo in rilievo la connessione con questo testo e la modalità di trasmissione orale, le sue parole sono di bassa letteratura perché hanno un contatto diretto con un racconto orale. Quindi con le sue parole la nostra Penelope decide di tessere una nuova tela. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 75 a 85 At the court of King Icarius, my father, they still retained the ancient custom of having contests to see who should marry a nobly born woman who was – so to speak – on the block. The man who won the contest got the woman and the wedding, and was then expected to stay at the bride’s father’s palace and contribute his share of male offspring. He obtained wealth through the marriage – gold cups, silver bowls, horses, robes, weapons, all that trash they used to value so much back when I was alive. . . Alla corte del re Icario, mio padre, vigeva ancora l’antica usanza di indire una gara per scegliere chi avrebbe sposato una donna di nobile nascita che veniva, per così dire, messa all’asta. L’uomo che ne usciva vincitore riceveva in premio la donna e il matrimonio. Si esigeva che andasse a vivere nel palazzo del padre della sposa, ad accrescere il numero dei figli maschi. Con il matrimonio otteneva la ricchezza – coppe d’oro, ciotole d’argento, cavalli, vesti, armi, tutta quella paccottiglia cui si dava importanza tanto tempo fa, quando ero ancora in vita. La donna era un oggetto, un premio. Penelope in maniera molto critica spiega che si esigeva di andare a vivere nel palazzo della sposa. Picture me, then, as a clever but not overly beautiful girl of marriageable age, let’s say fifteen. Suppose I’m looking out the window of my room – which was on the second floor of the palace – down into the courtyard where the contestants are gathering: all those young hopefuls who wish to compete for my hand. I don’t look directly out of the window, of course. I don’t plant my elbows on the windowsill like some hulking maid and stare shamelessly. No, I peek, from behind my veil and from behind the drapery. It would not do to let all those scantily clad young men see my unveiled face. The palace women have dolled me up as best they can, minstrels have composed songs of praise in my honour – ‘radiant as Aphrodite’, and all the usual claptrap – but I feel shy and miserable. The young men laugh and joke; they seem at ease with one another; they do not glance up. Immaginatemi, dunque, come una ragazza intelligente, non particolarmente bella e in età da marito, diciamo quindici anni. Dalla finestra della mia camera, al secondo piano del palazzo, guardo nel cortile i contendenti che iniziano a riunirsi: giovani di belle speranze che vogliono entrare in gara per ottenere la mia mano. Non resto affacciata, senza ritegno, con i gomiti appoggiati al davanzale come una goffa ancella. No, spio attraverso il velo, dietro le tende. Non posso lasciare che quegli uomini poco vestiti vedano il mio volto senza velo. Le donne del palazzo mi hanno agghindata nel miglior modo possibile, i musicisti hanno composto canzoni di lode in mio onore – «radiosa come Afrodite» e le solite sciocchezze – ma io mi sento timida e infelice. I contendenti, nel cortile, ridono e scherzano, stanno bene tra di loro, non alzano gli occhi verso le finestre. Penelope torna costantemente sul fatto che sia intelligente ma non particolarmente bella (una cosa che ancora oggi, che il corpo non lo ha più, la infastidisce). Critica il passato riferendosi alla giovane età che aveva. Ci spiega poi le convenzioni di una donna modesta dell’epoca. I contendenti non sono particolarmente interessati a Penelope. La Attwood utilizza un inglese molto conversato, parlato, quotidiano. La traduzione italiana è di un registro leggermente più alto rispetto a quello inglese. Elena è costantemente presente nel testo della Atwood, nei pensieri di Penelope cosa che nell’Odissea non era così presente come all’interno di questo romanzo breve. I know it isn’t me they’re after, not Penelope the Duck. It’s only what comes with me – the royal connection, the pile of glittering junk. No man will ever kill himself for love of me. And no man ever did. Not that I would have wanted to inspire those kinds of suicides. I was not a man-eater, I was not a Siren, I was not like cousin Helen who loved to make conquests just to show she could. As soon as the man was grovelling, and it never took long, she’d stroll away without a backwards glance, giving that careless laugh of hers, as if she’d just been watching the palace midget standing ridiculously on his head. . . Lo so che non vogliono me, Penelope l’Anatroccola. Vogliono quello che rappresento – la parentela regale, la montagna di paccottiglia luccicante. Nessuno sfiderà la morte per me. E nessuno l’ha mai fatto. Non avrei mai voluto essere la causa di un suicidio. Non ero una divoratrice di uomini, non ero una sirena, non ero come mia cugina Elena che voleva sedurre solo per dimostrare di poterlo fare. Appena l’oggetto della sua conquista le strisciava ai piedi – e non passava mai molto tempo – lei lo abbandonava, senza neanche voltare la testa, con una delle sue risate noncuranti, come se avesse visto il buffone del palazzo stare ritto a testa in giù. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 76 a 85 Presente altro paragono con un modo che è familiare a lei piuttosto che a noi. Elena è costantemente presente nei testi di Penelope ma nell’Odissea non aveva così tanta importanza. Qui è presente continuamente nei pensieri di Penelope e tra poco la vediamo anche entrare in scena. Ed ecco anche che entra in scena Odisseo. ‘Who’s the barrel-chested one?’ I asked. ‘Oh, that’s only Odysseus,’ said one of the maids. He was not considered – by the maids at least – to be a serious candidate for my hand. His father’s palace was on Ithaca, a goat-strewn rock; his clothes were rustic; he had the manners of a small-town big shot, and had already expressed several complicated ideas the others considered peculiar. He was clever though, they said. In fact he was too clever for his own good. The other young men made jokes about him – ‘Don’t gamble with Odysseus, the friend of Hermes,’ they said. ‘You’ll never win.’ This was like saying he was a cheat and a thief. His grandfather Autolycus was well known for these very qualities, and was reputed never to have won anything fairly in his life. «Chi è l’uomo con quel grosso torace?» chiesi. «Oh, quello non conta, è Odisseo» rispose una delle ancelle. Non era ritenuto un candidato importante, almeno dalle ancelle. Il palazzo di suo padre si trovava a Itaca, uno scoglio brulicante di capre; portava abiti semplici, si comportava come chi è abituato, in una piccola cerchia, a fare il bello e il cattivo tempo e aveva già espresso alcune idee complesse che agli altri erano parse strampalate. Ma era intelligente, così dicevano. In realtà lo era anche più di quanto gli sarebbe convenuto. Gli altri dicevano di lui, ridendo: «Non giocare ai dadi con Odisseo, è amico di Ermes». Era come definirlo un imbroglione e un ladro. Suo nonno, Autolico, era famoso per non aver mai vinto una partita onestamente. Barrel-chested ci dà un’impressione un pochino meno positiva di come è stata tradotto “grosso torace” sarebbe stato meglio “barilotto”. Qui Ulisse ci viene presentato come diversamente attraente e che non conta come candidato perché le ancelle così le avevano suggerito. Ulisse porta abiti rustici e aveva espresso già idee complesse (il termine usato in inglese sarebbe a significare più precisamente “non apprezzate da tutti”). ‘I wonder how fast he can run,’ I said. In some kingdoms the contest for brides was a wrestling match, in others a chariot race, but with us it was just running. ‘Not very fast, on those short legs of his,’ said one maid unkindly. And indeed the legs of Odysseus were quite short in relation to his body. It was all right when he was sitting down, you didn’t notice, but standing up he looked top-heavy «Mi piacerebbe sapere se è veloce nella corsa» dissi. In alcuni regni la gara per la conquista della sposa consisteva in un incontro di lotta, o in una corsa con i carri, da noi si trattava solo di correre a piedi. «Non può essere molto veloce, con quelle gambe corte» replicò, con poca gentilezza, un’ancella. E veramente le gambe di Odisseo erano corte rispetto al corpo. Quando era seduto non si notava, ma in piedi la parte superiore del corpo era troppo massiccia. La demitizzazione qui deriva dal fatto che Odisseo non sarà il vincitore perché ha le gambe troppo corte. Invece il nostro Odisseo sarà il vincitore. At this moment my cousin Helen came sailing up, like the long-necked swan she fancied herself to be. She had a distinctive swaying walk and she was exaggerating it. Although mine was the marriage in question, she wanted all the attention for herself. She was as beautiful as usual, indeed more so: she was intolerably beautiful. She was dressed to perfection: Menelaus, her husband, always made sure of that, and he was rich as stink so he could afford it. She tilted her face towards me, looking at me whimsically as if she were flirting. I suspect she used to flirt with her dog, with her mirror, with her comb, with her bedpost. She needed to keep in practice. In quel momento fece il suo ingresso mia cugina Elena: sembrava che non toccasse terra ma scivolasse sull’acqua, come il cigno dal lungo collo cui pensava di assomigliare. Aveva un modo speciale di camminare ondeggiando e lo accentuava di proposito. Il matrimonio in questione era il mio, ma lei voleva tutta l’attenzione per sé. Era bella, come al solito e anche di più: bella in un modo intollerabile. Vestita alla perfezione. Menelao, suo marito, ci teneva in modo particolare, era molto ricco e poteva permetterselo. Lei inclinò il viso verso di me con uno sguardo capriccioso, civettuolo. Credo che civettasse con il cane, con lo specchio, con il pettine, con la colonna del letto. Per tenersi in esercizio Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 77 a 85 Dopo Odisseo fa il suo ingresso Elena che viene rappresentata come una donna che arriva con una camminata ondeggiante cattura l’attenzione di tutti. Tra Penelope ed Elena c’è una conversazione in cui Elena sostiene che Odisseo sarebbe un ottimo marito per anatroccola. ‘I think Odysseus would make a very suitable husband for our little duckie,’ she said. ‘She likes the quiet life, and she’ll certainly have that if he takes her to Ithaca, as he’s boasting of doing. She can help him look after his goats. She and Odysseus are two of a kind. They both have such short legs.’ She said this lightly, but her lightest sayings were often her cruellest. Why is it that really beautiful people think everyone else in the world exists merely for their amusement? «Odisseo» esordì, «sarebbe un ottimo marito per la nostra Anatroccola, che ama la vita tranquilla e certamente l’avrà se lui, come va strombazzando, la porterà a Itaca. Potrà aiutarlo a curare le capre. Sono fatti l’uno per l’altra. Hanno tutti e due le gambe corte». Pronunciò queste parole con leggerezza, ma spesso più le sue parole erano leggere e più risultavano crudeli. Perché chi ha il dono della bellezza crede che chiunque altro al mondo esista solo come un divertente elemento di contorno? Odisseo e Penelope hanno molte caratteristiche in comune oltre alle gambe corte: entrambi sono molto intelligenti, entrambi hanno una propensione per l’inganno e per riuscire ad avere la meglio con la forza della mente invece che con la forza bruta. Penelope è brava a creare illusioni e a sviare le attenzioni proprio come Odisseo. Penelope non prende bene il commento fatto da Elena e anche lei ha qualcosa da dire sulla cugina e sul suo rapporto con Melenao. The maids all looked at me to see what I would say. But Helen had a way of leaving people speechless, and I was no exception. ‘Never mind, little cousin,’ she said to me, patting me on the arm. ‘They say he’s very clever. And you’re very clever too, they tell me. So you’ll be able to understand what he says. I certainly never could! It was lucky for both of us that he didn’t win me!’ She gave the patronizing smirk of someone who’s had first chance at a less than delicious piece of sausage but has fastidiously rejected it. Indeed, Odysseus had been among the suitors for her hand, and like every other man on earth he’d desperately wanted to win her. Now he was competing for what was at best only second prize. Helen strolled away, having delivered her sting. The maids began discussing her splendid necklace, her scintillating earrings, her perfect nose, her elegant hairstyle, her luminous eyes, the tastefully woven border of her shining robe. It was as if I wasn’t there. And it was my wedding day. All of this was a strain on the nerves. I started to cry, as I would do so often in the future, and was taken to lie down on my bed. Thus I missed the race itself. Odysseus won it. He cheated, as I later learned. Le ancelle mi guardarono, in attesa della mia risposta. Ma Elena aveva la specialità di lasciare gli altri senza parole. E io non facevo eccezione. «Non preoccuparti, cuginetta» continuò, sfiorandomi il braccio, «pare che sia molto intelligente. Anche tu lo sei, a quanto ho sentito. Così potrai comprendere quello che dice. Io non ci riuscirei mai! È una fortuna per tutte e due che non abbia conquistato me!» Mi rivolse il sorriso condiscendente di un commensale schizzinoso cui è stata offerta per primo una salsiccia scadente. Odisseo, infatti, era stato tra i pretendenti alla sua mano e, come ogni altro uomo sulla Terra, aveva appassionatamente desiderato conquistarla. Adesso era in gara per ciò che riteneva, nel migliore dei casi, solo il secondo premio. Elena se ne andò, dopo aver inferto la sua puntura. Le ancelle lodarono tra loro la sua bellissima collana, gli orecchini scintillanti, il naso perfetto, la pettinatura alla moda, gli occhi luminosi, il bordo finemente intessuto della sua tunica lucente. Era come se io non esistessi. Ed era il giorno del mio matrimonio. Un logorio del sistema nervoso. Scoppiai a piangere, come mi sarebbe capitato spesso in futuro, e mi aiutarono a distendermi sul letto. Così non vidi la gara, vinta da Odisseo. Imbrogliò, come seppi in seguito. Penelope comincia a piangere disperatamente perché offesa da Elena e così facendo perde la gara in cui si decide chi sarà suo marito. La gara la vinse Odisseo ma imbrogliando. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 80 a 85 LETTERATURA INGLESE #17 – 30\03\2023 MARGARET ATWOOD 1.1 Heart of Flint\ cuore di pietra Nella lezione precedente ci siamo lasciati in un momento in cui viene richiamato una parte del monologo di Tennyson dove Ulisse dice we are, we are ai suoi marinai prima di partire per la sua ultima avventura. La Atwood mostra che non solo ha ben presente il testo omerico ma anche che raccoglie nella sua novella i passaggi successivi che ci sono stati di questo testo: tiene presente la tradizione delle riscritture di quest’opera. In particolare, ci sono brani e capitolo dove Penelope parla proprio del gossip su quello che è stato detto su di lei: l’allusione è al discorso critico sulla figura di Penelope e ai dubbi che sono stati sollevati da alcuni studiosi. In quest’opera troviamo riferimenti alla letteratura e ad altre opere che hanno parlato di Penelope e di Ulisse, troviamo anche il richiamo di alcune tendenze del discorso critico. Quindi letteratura primaria e secondaria si incontrano. Atwood non fa distinzione tra il tipo di elaborazione fatta sull’Odissea: tutto quello che circonda l’odissea è materiale usabile all’interno della sua novella. Abbiamo visto che Tennyson ha un richiamo. Il seguito di questa scena che stavamo leggendo insieme ci dice che Atwood ha ben presente non solo Tennyson ma anche altri autori come Dante, la profezia di Tiresia etc… The two of us were – by our own admission – proficient and shameless liars of long standing. It’s a wonder either one of us believed a word the other said. But we did. Or so we told each other. Eravamo – lo ammettevamo noi stessi – due esperti e spudorati bugiardi ormai da molto tempo. Ed è strano che ciascuno abbia creduto ciecamente alle parole dell’altro. Eppure è così. O così ci siamo detti. Penelope condivide le qualità di suo marito. I due si credono a vicenda, si raccontano. Penelope che ha dichiarato la sua fedeltà è credibile? I due si sono creduti dice però c’è da tenere conto che erano anche due bugiardi. No sooner had Odysseus returned than he left again. He said that, much as he hated to tear himself away from me, he’d have to go adventuring again. He’d been told by the spirit of the seer Teiresias that he would have to purify himself by carrying an oar so far inland that the people there would mistake it for a winnowing fan. Only in that way could he rinse the blood of the Suitors from himself, avoid their vengeful ghosts and their vengeful relatives, and pacify the anger of the sea-god Poseidon, who was still furious with him for blinding his son the Cyclops. It was a likely story. But then, all of his stories were likely. Appena tornato, Odisseo ripartì. Mi consolò dicendo che, per quanto non sopportasse il pensiero di lasciarmi, doveva intraprendere un nuovo avventuroso viaggio. Lo spirito dell’indovino Tiresia gli aveva annunciato che per purificarsi avrebbe dovuto trasportare un remo all’interno della regione, molto lontano, finché la gente non avesse scambiato quel remo per un ventilabro. Solo allora avrebbe lavato dalla sua persona il sangue dei pretendenti, evitando la vendetta dei loro spiriti e quella dei parenti rimasti. Allora anche Poseidone, che voleva punirlo per aver accecato il ciclope Polifemo, suo figlio, si sarebbe placato. Una storia a cui credere. Ma a tutte le sue storie si poteva credere. Penelope ci dice subito che Odisseo non si ferma molto. Da un lato troviamo una spiegazione e un’illustrazione della profezia di Tiresia che Penelope ci riporta così come Odisseo l’ha spiegata, quindi effettivamente ci risulta credibile, allo stesso tempo ci ricordiamo che Penelope ci racconta delle parole di Ulisse. A noi rimane in mente anche la versione di Tennyson: abbiamo in mente la profezia di Tiresia ma abbiamo in mente anche la poesia di Tennyson. Sembra quasi che il pezzo mancante del monologo drammatico di Tennyson sia Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 81 a 85 nascosto tra le righe del testo della Atwood. Sembra quasi che il testo di Atwood stia riempiendo dei vuoti del testo di Tennyson. Abbiamo qui una bugiarda patentata che racconta la sua storia con accanto un altro bugiardo patentato: questa loro stessa ammissione vuole suggerire che anche il mito è fittizio e nelle sue varie versioni non trova una verità. 1.2 Waiting\l’attesa Questa parte riguarda l’attesa del marito e del suo ritorno a casa. What can I tell you about the next ten years? Odysseus sailed away to Troy. I stayed in Ithaca. The sun rose, travelled across the sky, set. Only sometimes did I think of it as the flaming chariot of Helios. The moon did the same, changing from phase to phase. Only sometimes did I think of it as the silver boat of Artemis. Spring, summer, fall, and winter followed one another in their appointed rounds. Quite often the wind blew. Telemachus grew from year to year, eating a lot of meat, indulged by all. Che dire dei dieci anni successivi? Odisseo aveva preso il mare ed era partito per Troia, io ero rimasta a Itaca. Il sole sorgeva, attraversava il cielo e tramontava. Solo di rado pensavo che fosse il carro di fuoco guidato da Elio. La luna cambiava da una fase all’altra e soltanto con un certo sforzo mi convincevo che fosse la nave argentea di Artemide. Primavera, estate, autunno, inverno si susseguivano nel loro preordinato avvicendarsi. Spesso soffiava un vento forte. Telemaco cresceva di anno in anno, mangiava molta carne, era vezzeggiato da tutti. Telemaco viene presentato come un ragazzino viziato: Penelope stessa precedentemente aveva affermato che i ragazzi diventano noiosi, fastidiosi, durante l’adolescenza. Questo personaggio viene sempre “maltrattato” anche da Tennyson quando scrive il discorso che Ulisse fa nei confronti del popolo di Itaca che invece che acclamarlo sembra quasi quasi che sia esaltando la propria figura. Qui semplicemente Penelope ci sta dicendo che Odisseo era partito e lei era rimasta a casa. Fa riferimento a tutto il suo mondo di conoscenze. Passano le stagioni e Telemaco cresce. We had news of how the war with Troy was going: sometimes well, sometimes badly. Minstrels sang songs about the notable heroes – Achilles, Ajax, Agamemnon, Menelaus, Hector, Aeneas, and the rest. I didn’t care about them: I waited only for news of Odysseus. When would he come back and relieve my boredom? He too appeared in the songs, and I relished those moments. There he was making an inspiring speech, there he was uniting the quarrelling factions, there he was inventing an astonishing falsehood, there he was delivering sage advice, there he was disguising himself as a runaway slave and sneaking into Troy and speaking with Helen herself, who – the song proclaimed – had bathed him and anointed him with her very own hands. I wasn’t so fond of that part Arrivavano notizie sul proseguimento della guerra di Troia: qualche volta buone, qualche volta cattive. Gli aedi cantavano le gesta degli eroi – Achille, Agamennone,Aiace, Menelao, Ettore, Enea e tutti gli altri: io aspettavo che si parlasse di Odisseo. Quando sarebbe arrivato ad alleviare la mia noia? Anche di lui cantavano gli aedi e io godevo profondamente nell’ascoltarli. Ora aveva pronunciato un discorso entusiasmante, ora riappacificato due fazioni in lotta, o dato un saggio consiglio, o escogitato un trucco sorprendente. Si diceva addirittura che fosse riuscito a penetrare entro le mura di Troia, travestito da schiavo errante, e a parlare con Elena che – così narrava l’aedo – gli aveva preparato il bagno e lo aveva unto con le sue mani. Era la parte che sopportavo di meno Arrivano notizie frammentarie sul procedimento della guerra. Viene sempre arricchita la storia con questi sentimenti molto umani. Ci troviamo di fronte ad una Penelope demitizzata. Tutti questi cenni che fa alle canzoni e ai vari episodi sono riconducibili a parti dell’Iliade e dell’Odisseo: in queste opere abbiamo visto come Ulisse si sia dato da fare affinché non si creassero contrasti, non si creassero situazioni diplomatiche sconvenevoli. Quando cerca di penetrare nelle fila del nemico ancor prima di costruire il cavallo famoso, anche quello è narrato nell’Iliade. Alla fine arriva la parte più famosa. Letteratura inglese – prof.ssa Natali – lezione 14# - 23\03\2023 Pag. 82 a 85 Finally, there he was, concocting the stratagem of the wooden horse filled with soldiers. And then – the news flashed from beacon to beacon – Troy had fallen. There were reports of a great slaughtering and looting in the city. The streets ran red with blood, the sky above the palace turned to fire; innocent boy children were thrown off a cliff, and the Trojan women were parcelled out as plunder, King Priam’s daughters among them. And then, finally, the hoped-for news arrived: the Greek ships had set sail for home. And then, nothing. Infine, aveva inventato lo stratagemma del cavallo di legno pieno di soldati. E Troia – le notizie si accendevano come lampi – era caduta. C’erano stati saccheggi e stragi. Nelle strade della città erano scorsi fiumi di sangue; il cielo sul palazzo era di fuoco; bambini innocenti erano stati gettati da una rupe; le donne troiane erano state divise tra i vincitori come preda di guerra, e tra loro anche le figlie del re Priamo. Finalmente ecco arrivare la notizia tanto desiderata: le navi greche avevano preso la via del ritorno. Poi, più nulla. Le notizie sembrano quasi le nostre flash news. L’elemento ironico è che le flash news a noi in inglese ricorda una modalità molto moderna mentre in italiano perdiamo flash news che è un modo molto quotidiano a riferirsi agli aggiornamenti momento per momento (viene tradotto con le notizie si accendevano come lampi). Rumours came, carried by other ships. Odysseus and his men had got drunk at their first port of call and the men had mutinied, said some; no, said others, they’d eaten a magic plant that had caused them to lose their memories, and Odysseus had saved them by having them tied up and carried onto the ships. Odysseus had been in a fight with a giant one-eyed Cyclops, said some; no, it was only a one-eyed tavern keeper, said another, and the fight was over non-payment of the bill. Some of the men had been eaten by cannibals, said some; no, it was just a brawl of the usual kind, said others, with ear-bitings and nosebleeds and stabbings and eviscerations. Odysseus was the guest of a goddess on an enchanted isle, said some; she’d turned his men into pigs – not a hard job in my view – but had turned them back into men because she’d fallen in love with him and was feeding him unheard-of delicacies prepared by her own immortal hands, and the two of them made love deliriously every night; no, said others, it was just an expensive whorehouse, and he was sponging off the Madam Arrivavano notizie portate da altre navi. Odisseo e i suoi uomini si erano ubriacati, al primo scalo, e c’era stato un ammutinamento, dicevano alcuni; no, ribattevano altri, gli uomini avevano mangiato una pianta magica che aveva fatto perdere loro la memoria e Odisseo aveva dovuto legarli per riportarli a bordo. Secondo qualcuno, Odisseo si era scontrato con il Ciclope, un gigante che aveva un occhio solo, ma, secondo qualcun altro, quello con un occhio solo era il padrone di una taverna che aveva protestato per un conto non pagato. C’era chi raccontava che alcuni compagni di Odisseo erano stati divorati dai cannibali, e chi obiettava che si era trattato semplicemente di una rissa, con morsi alle orecchie, nasi sanguinanti, coltellate ed eviscerazioni. Odisseo era ospite, su un’isola incantata, di una dea che aveva trasformato i suoi compagni in porci – un’impresa non molto difficile, a mio parere – per poi farli ridiventare uomini perché si era innamorata di lui; lo nutriva di squisiti, inimmaginabili cibi preparati con le sue mani immortali e facevano l’amore tutte le notti fino al delirio. No, protestavano altri, si trattava soltanto di una prostituta d’alto bordo A questo punto il mito viene messo in crisi continuamente e reinterpretato alla luce di un mondo non mitico, non mitologico ma alla luce del mondo odierno e delle situazioni reali. Tutto il mondo mitico, eroico e fantasiosi dell’Odissea viene ricondotto a qualcosa di molto più prosaico. Questo è il dubbio di Penelope. Ritroviamo quindi un processo carnavalesco di abbassamento del mito: Penelope parla di sé stessa come una donna poco attraente. Odysseus had been to the Land of the Dead to consult the spirits, said some. No, he’d merely spent the night in a gloomy old cave full of bats, said others. He’d made his men put wax in their ears, said one, while sailing past the alluring Sirens – half-bird, half-woman – who enticed men to their island and then ate them, though he’d tied himself to the mast so he could listen to their irresistible singing without jumping overboard. No, said another, it was a high-class Sicilian knocking shop – the courtesans there were known for their musical talents and their fancy feathered outfits Qualcuno raccontava che Odisseo era stato sull’Isola dei Morti per consultare gli spiriti. No, intervenivano altri, aveva solo passato una notte in una vecchia grotta cupa, piena di pipistrelli. Aveva voluto che i suoi uomini si tappassero le orecchie con la cera perché non cedessero agli allettamenti delle sirene – creature per metà uccello e per metà donna – che attiravano i marinai sulla loro isola per poi divorarli; lui, invece, si era fatto legare all’albero maestro per poter ascoltare il loro canto irresistibile senza gettarsi dalla nave. Macché sirene, dicevano altri ancora, si trattava di un raffinato bordello siciliano, dove le cortigiane erano famose per il loro talento musicale e i loro eleganti ornamenti di piume
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