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La Vita Violenta di Alberto Moravia: Un Romanzo di Ragazzi di Vita e Formazione Rovesciata, Appunti di Letteratura

La vita e le opere di alberto moravia, autore di 'una vita violenta', un romanzo che continua la saga dei sottoproletari romani e della vita violenta che sta per essere spazzata via dalla città dei consumi. Il documento illustra come la morte di una donna invochi tutti gli animali legati alla morte e come il protagonista, riccetto, si trasformi in un uomo esperto della vita. Vengono inoltre analizzati i temi ricorrenti nel romanzo, come la circolarità del racconto e la forma inversa di formazione. Inoltre una breve analisi di altri capitoli del romanzo, come quello dedicato alla figura di don fabrizio e alla sua morte.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 19/06/2019

giulia-cattazzo
giulia-cattazzo 🇮🇹

7 documenti

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Anteprima parziale del testo

Scarica La Vita Violenta di Alberto Moravia: Un Romanzo di Ragazzi di Vita e Formazione Rovesciata e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! LETTERATURA ITALIANA: “TEMPO DI UCCIDERE” di Flaiano (1947) Contesto storico e introduzione: Guerra di Etiopia (anni 30, spedizione coloniale fascista) Il romanzo ha una spiccata componente epica e rimanda al mondo classico nonostante si inserisca nei romanzi neorealisti. Nonostante sia definito un romanzo, l’autore sembra che giochi con le tecniche romanzesche. Infatti più che raccontare la cronaca della guerra, l’autore si focalizza sulla vicenda psicologica del protagonista segnata dall’errore e dalla fatalità. Alla visione realistica della guerra vissuta da Flaiano in persona, come sottotenente, si sostituisce una visione fantastica quasi surreale di un’Africa piena di insidie e inospitale. L’evento storico rappresenta un tabù della storiografia italiana e Flaiano non ha intenzione di fornire un resoconto realistico dell’avvenimento. Decide cosi di affrontare il tema “non di petto ma di scorcio”. Mentre la resistenza è subito riconosciuta come un’esperienza eroica e patriottica, l’impresa coloniale a differenza non viene considerata un’immagine celebrativa Appendice: “Aethiopia, appunti per una canzonetta”: diario personale di appunti dell’autore raccolti tra il 35 e il 36 durante la campagna militare. Prevalgono gli accenti satirici e disincantati , mantenendosi lontano dall’angoscia esistenziale che attraversa tutto il romanzo. “La retorica dei rimasti”:Descrizione di un ufficiale che ha tutte le fortune sociali ma poi muore per assideramento. Storia di una parabola decadente che cambia direzione in un momento direttamente successivo. Trama: Tempo di uccidere è un romanzo dall'atmosfera surreale ambientato durante l'invasione italiana dell'Etiopia, che narra le vicissitudini di un ufficiale per nulla ligio al dovere che durante il suo vagabondare verso l'altopiano etiopico alla ricerca di un dentista che curi il suo dolore, si perde, e per caso incontra una ragazza indigena con il turbante, con la quale ha un rapporto intimo, e che finirà per uccidere accidentalmente mentre i due si trovano in una zona isolata. Pieno di rimorso, il protagonista torna al campo base sulla costa, e dopo aver ottenuto una licenza di quaranta giorni, inizia un susseguirsi di vicissitudini che portano il protagonista sull'altipiano, dove vede delle ragazze con un turbante analogo e gli viene spiegato da un collega che esse sono delle lebbrose, quindi intoccabili. Angosciato dal dubbio si reca da un medico, non per farsi visitare con il rischio di un lungo ricovero in un luogo così inospitale, bensì per aver informazioni sulla malattia. Trova poi un libro che descrive con esattezza le condizioni della sua mano, convincendolo di essere stato contagiato. Impaurito, anche per via di una possibile denuncia da parte del medico, cerca di sparargli ma sbaglia mira e scappa convinto ormai della denuncia. Fugge così fino a Massaua, porto da cui le navi salpano per l'Italia, ma il terrore di essere fermato per quanto accaduto con il medico lo induce a nascondere la sua identità, cercando un imbarco clandestino, per il quale però non ha abbastanza denaro. Fa così la conoscenza di un maggiore arricchitosi con commerci non proprio legali, e lo segue durante uno spostamento su un camion guidato dal maggiore verso l'altipiano. Durante il tragitto però trova il modo di derubarlo e sceso a terra, prima di prendere la sua strada, svita il dado che regge una ruota del veicolo, in modo da liberarsi di lui senza possibilità di essere accusato. Il piano però sembra non riuscire e il camion continua la sua corsa, gettando il soldato nella disperazione: non solo la denuncia del medico, ora anche quella del maggiore per furto. Decide così di vagare per la boscaglia, trovando rifugio in un piccolo villaggio dove un vecchio, Johannes, ormai solo e stanco rimane per custodire i morti. Lì - dopo un inizio difficile e scontroso - i due iniziano a sopportarsi fino a che il vecchio non Egli si giustifica pensando che non si tratta di tradimento ma di una pausa dalla lunga noia dell’esilio. La moglie del protagonista incorpora la figura epica di Penelope che aspetta il ritorno del marito dalle vicende eroiche e rappresenta una presenza costante sotto forma delle lettere che ha in tasca il narratore. Si addentrano in una boscaglia e lei lo segue. L’orologio già precedentemente scassato ora si ferma del tutto. Egli paragona la gente etiope ad animali preistorici capitati in un “deposito di carri armati”che egli non riusciva a capire, disprezzandone anche la loro povertà linguistica, che rappresenta un ostacolo alla loro comprensione. L’unica forma di civiltà che egli conosce è la sua Ad un certo punto l’ufficiale da una parte se ne vuole andare ma la donna lo attrae a restare li — funzione immobilizzante tipica delle donne tipica delle muse di Itaca che rallentano e ostacolano le imprese eroiche o Enea nei confronti di Didone. Il maschile è associato all’azione mentre il femminile alla stabilità, infatti l’ufficiale arriva mentre la donna era già li. Dato che la donna non aveva accettato le monete d’argento, l’ufficiale lega al polso della donna il suo orologio non funzionante come ricompensa che lei sembra concepire più come una sorta di compravendita del suo corpo. L’oggetto designa la concezione primitiva che lui attribuisce al popolo conquistato (distanza temporale e culturale). Il volare incessante di corvi e continuo toccare delle lettere che tiene in tasca sono una costante durante questo capitolo. Fattosi buio, egli decide di passare li la notte e pensa di essere finito in una trappola e cresce in lui gradualmente una certa inquietudine che non gli permette di dormire. Anche la donna non si sente completamente a suo agio e la definisce “animale diffidente”. Egli la guarda dormire (profonda bellezza) e le attribuisce un nome, Mariam pur senza averglielo chiesto (prepotenza del conquistatore sul conquistato). Sentendo un animale in lontananza, prende la rivoltella e spara accidentalmente alla donna che viene svegliata traumaticamente dal dolore. L’agonia della donna corrisponde all’agonia di un animale. Egli scarta quasi subito la possibilità di chiamare aiuto e l’unica soluzione che egli valuta più adeguata è l’uccisione completa della donna in modo da mettere fine al suo dolore. Decide di coprirle il volto con il turbante anche per non mostrarle l’omicidio e spara proprio nella direzione del turbante che a questo punto viene sporcato di sangue e seppellisce la donna in modo sbrigativo. Il gracchiare dei corvi si fa più insistente e ad un certo punto sembrano seguirlo. La dimensione temporale è ancora sospesa a causa dell’orologio. Prima di scappare, guarda indietro la tomba della donna alla quale dice addio. Sulla strada del ritorno ritrova la ricercata scorciatoia che all’andata non aveva visto in quanto nascosta da una carogna. È proprio da questo omicidio che inizieranno tutti i guai dell’ufficiale, quasi a rappresentare la sua maledizione: il rapporto sessuale con la donna gli procurerà malessere. Ad un certo punto la forza immobilizzante della donna lo fa tornare alla sua tomba. Sembra che egli abbia una sorta di feticismo nei confronti della sua morte (Saggio di Serra “la morte ci fa belle”—la morte è un elemento di fascino). Flaiano prende questo riferimento ma non lo descrive come un elemento di fascino anzi sembra che la morte della donna invochi tutti gli animali legati alla morte (corvi, iene e sciacalli), immagine che fa da metafora della sua caduta infernale: egli allontanandosi dal campo di battaglia e addentrandosi nella selva africana, cade nel suo destino. Capitolo 2—il dente Il capitolo si apre con il tema del DOLORE (per il dente, ma soprattutto quello della donna uccisa). Il protagonista sembra già aver dimenticato la tragedia capitatagli: l’uccisione della donna non viene reputata propriamente un omicidio in quanto non era la prima volta che vedeva un cadavere. Il tempo riprende il suo andamento non è più sospeso. La funzione immobilizzante della donna nei confronti dei soldati è motivata dal fatto che la prostituzione è causa di rallentamento delle missioni dei soldati. Le ragazze indigene vengono descritte come animali (semplici come colombe dolci, disinteressate, incluse nella natura/ il loro sorriso era come quello di un animale domestico che aspetta) appartenenti alla dimensione primordiale del tempo e quindi ad un genere inferiore. Una giustificazione che danno i colonizzatori ai propri atti immorali è rappresentata dalla frase del maggiore che conferma il suo punto di vista razzista: ”l’Africa è lo sgabuzzino delle porcherie, ci si va a sgranchirsi la coscienza” . Con questa idea il protagonista non si scontra anzi ne condivide una parte (“se dovessi uccidere quest’uomo seppellirei anche una parte di me stesso”). Da i 4 giorni di permesso che aveva chiesto, diventano 8, tuttavia al suo ritorno non verrà punito o giudicato disertore. Dalle conversazioni con gli altri ufficiali, viene messa in luce l’ideologia razzista ed eurocentrista dei conquistatori. Un aneddoto raccontato al protagonista riguardante l’uccisione di un soldato con una pallottola (specialmente l’immagine delle budella) fa riemergere nella mente del protagonista l’omicidio di Mariam. Torna anche il tema della funzione immobilizzante femminile: si imbattono in due ragazze che si prostituiscono. Riemerge anche il ricordo angelico della moglie nel momento in cui il protagonista sta di nuovo commettendo adulterio nei suoi confronti. Il fatto che non venga nemmeno nominato il nome della moglie, sta a rappresentare l’inferiorità che egli attribuisce a tutte le donne —uguaglianza delle donne indigene (“una vale l’altra”). Per rendere piacevole la sua esperienza in quella casa o forse perché si sente in colpa egli ripensa alla moglie e decide di scriverle. Egli sa che la licenza è già scaduta e perciò lasciare al più presto la casa e tornare sul campo di battaglia. Capisce che c’è qualcuno che si è accorto della scomparsa di Mariam e la sta cercando cosi decide di cambiare i piani. Vengono rimarcati i tratti salvifici della moglie che riveste avessero trovato il cadavere il protagonista non sarebbe stato incolpato a meno che non l’avesse ammesso. Capitolo 4 —piaghe molto diverse Egli comincia ad intuire la malattia dovuta ai suoi rapporti sessuali dalla quale è affetto e continua a pensare alla moglie (“pensavo a lei” ). Diverbio a senso unico tra Elia, il bambino e il protagonista che è sempre più infastidito dalla sua presenza: lo spinge a terra. Differenze tra Elia e Johannes: lo stato di occupazione dell’esercito è diventato normalità per Elia che irrita terribilmente il protagonista, per Johannes invece no. Il maggiore, con cui è andato il protagonista nella casa delle due prostitute, viene descritto come il suo specchio che peraltro interiorizza il concetto animalesco delle donne. Il protagonista da un lato invidia la sua felicità e lo ammira come colonizzatore ma non riconosce in lui la stessa spregiudicatezza. L’uomo già in precedenza sospetta di essere stato contagiato dalla donna uccisa da una malattia che poi scoprirà essere la lebbra: le donne etiopi lebbrose indossavano proprio il turbante bianco. Il dialogo con il maggiore sembra mettere in luce la stima del protagonista per la gente etiope (riferendosi in realtà solo a Johannes e Mariam): “essi hanno qualità come la perseveranza e la fede che nei paesi civili vanno scomparendo. Riferimento ai Malavoglia (l’ambizione di stare meglio dei pescatori) con la frase “e non hanno quelle ambizioni che rendono da noi gretta e infelice la vita di un uomo medio”. Commento sull’Africa del maggiore al quale il protagonista acconsente: “è troppo triste questo Paese. Troppo triste. Se nasce la iena, ci dev’essere qualcosa di guasto”. Convincimento sempre più forte che Mariam sia colpevole del suo malessere. Prospettiva tipica maschile per la posizione narcisistica di se stesso. L’ufficiale a questo punto inizia a valutare la possibilità di suicidarsi. Valuta anche la possibilità di tornare prima in Italia per curarsi e per scampare al suo dovere. Egli cerca un dottore e si rivolge con la scusa di dover scrivere una storia su un ufficiale che contrae una malattia tropicale e quindi chiede delle informazioni tecniche sulla cura (non si sa se il medico se la beva o no). Il dottore (dichiarazione poetica di Flaiano) si esprime piuttosto vagamente senza specificare il riferimento geografico. Da qui in poi il protagonista compie una serie di gesti insensati e assurdi, fino a cercare di uccidere anche il medico, per la paura che sospetti di aver violentato una donna indigena. Questo peggiora la sua situazione e la fuga verso l’Italia diventa una necessità impellente. Capitolo 5 — il dado e la vite Egli si dirige verso il porto pensando di imbarcarsi subito ma vede un gruppo di carabinieri, che egli pensa siano li per lui e capisce che deve imbarcarsi clandestinamente (inizio della sua paranoia). Continua a vedere il viso di Mariam. Comincia a pensare a come procurarsi dei soldi per il viaggio. La descrizione della donna “indigena evoluta” è in contrasto con l’immagine pura ed innocente di Mariam: indossa del trucco “puerile” e sfoglia una rivista. A differenza di Marian, che non è ancora toccata dalla realtà coloniale, questa donna rappresenta una sorta di sua evoluzione e civilizzazione, che è già stata corrotta dalla mentalità del nemico e che viene considerata una visione imperfetta della donna europea. Nonostante l’emulazione dei tratti caratteristici della donna europea (costumi) rimane comunque un essere inferiore, ma rappresenta una donna evoluta perché ha preso consapevolezza del tempo. Riferimento intertestuale con Madame Bovary, un esempio di donna che dopo anni di segregazione è venuta alla conoscenza della cultura non distinguendo però il mondo della realtà con quello dell’immaginazione. Il protagonista nota l’assenza del corvo, animale centrale nell’esperienza di incontro con Mariam. L’Africa per il protagonista sembra un mondo microscopico perché incontra sempre le stesse persone (cammino circolare e non lineare), tra cui il maggiore che esercita attività di spaccio. Egli si convince che tutto quello che stia facendo è per la moglie. Riutilizzazione del linguaggio del letterato: descrive la sua vicenda come se fosse la composizione del romanzo che aveva detto al medico di scrivere. Invece di tirarsi fuori dai guai continua a peggiorare la sua situazione: provoca un incidente al maggiore e lo deruba. Il maggiore scopre la sua colpevolezza e gli promette di denunciarlo. Il protagonista cerca anche di manomettere l’autocarro del maggiore togliendo una vite, ma non succede niente. Egli quindi assume sempre più il ruolo del ricercato perché si convince che sia meglio nascondersi nel bosco e si convince sempre di più che l’unica soluzione sia negare la verità. Il concetto del tempo è un tema che ricorre in tutto il romanzo: ha un rapporto fondamentale tra coloni e colonizzati, il tempo della storia sembra essersi compresso in pochi giorni. Capitolo 6—la capanna migliore Nella boscaglia incontra un mulo che prende inizialmente come amico ma non per molto considerato che scappa con i suoi vestiti. La figura che si manifesta come amico è Johannes, che offre agli occhi del narratore una possibilità di riscatto per il popolo etiope. Esprime un’ idea altruista che è in conflitto con la prospettiva eurocentrista e fascista vista finora. Contemplazione del paesaggio naturale da parte di Johannes che è in grado di cogliere l’aspetto poetico del panorama. Vi è una sorta di sospensione temporale durante questa scena, come nel primo capitolo all’ arrestarsi dell’orologio. Capitolo che si distacca dagli altri per questa osservazione umile che è in contrasto con la mentalità basata sul soddisfacimento dei bisogni primari. Momento di sentimentalismo del protagonista che parla della moglie con il mulo, quindi in un contesto inconsueto. Le lettere non gli danno più conforto e si lamenta del fatto che tanta fatica non lo ha portato in paradiso ma all’inferno. La moglie è metaforicamente collocata nel paradiso, dal quale lui si sta progressivamente allontanando. Egli offre del denaro in contemporanea con esso (sottoproletariato romano, vita violenta che sta per essere spazzata via dalla città dei consumi). Anche la produzione cinematografica riflette questi temi. Il tema del tramonto della civiltà contadina è molto caro a Pasolini: “Accattone” interpretato dal fratello di Citti. Egli non ricorre ad attori professionisti in quanto vuole persone che abbiano vissuto realmente nel sottoproletariato romano, non vuole la finzione ma l’autenticità. La regia di Pasolini viene definita sporca: il film risulta forse il più antipatico soprattutto per le azioni criminali di vario tipo e la tragica fine con l’uccisione di Accattone dopo l'arresto da parte della polizia. Il film viene attaccato immediatamente dalla censura e viene duramente contestato dai neofascisti per sabotare la proiezione: egli non aveva contro solo la magistratura ma anche una parte politica. Pasolini comunque continua su questa scia: “Magna Roma” film che vede come protagonista una prostituta romana. Nel 73 “La ricotta”: film breve che sarà processato per vilipendio allo stato. Esso parla della creazione del film della Passione di Cristo, nel quale uno dei personaggi muore di indigestione di ricotta: critica per blasfemia e per l’interpretazione. Realizza poi una serie di film dedicati alla classicità e una trasposizione cinematografica del Decameron. Nel ’65 esce “Alì dagli occhi azzurri”: scritti degli anni 50-70 che mostrano il declino del mito del sottoproletariato romano (tema appartenente alla sua iniziale produzione letteraria) . “Concetto di nuova preistoria”: il mondo occidentale è proiettato verso una nuova preistoria mentre il mondo periferico degli emarginati ascrivibile all’antica preistoria, reputata decisamente peggiore. Disprezzo per la nuova preistoria a favore ancora una volta degli emarginati. “Distinti corsari” (usciti per la maggior parte sul corriere della sera) e “Lettere luterane” sono due raccolte di saggi. Diventa anche editorialista e polemista di vari quotidiani (Corriere della Sera): “Io so…” articolo famoso dove egli commenta tutte le stragi in Italia durante i cosiddetti anni di piombo focalizzandosi sui vertici politici. Esso non passò indenne anzi fortemente criticato. “20 giornate di Sodoma” è un film ambientato a Salò durante la fase finale del fascismo, al tempo della Repubblica Sociale Italiana (epoca precedente alla sua vita). La trama apparentemente scandalosa presenta il tema della dittatura sessuale, necrofilia e propofagia. 4 gerarchi affittano una villa per dare vita ad un progetto mostruoso. Quello che risalta fin dall’inizio è il legame familiare della borghesia, in quanto i gerarchi mettono in comune le loro 4 figlie per farle sposare e schiavizzarle sessualmente. Ecco che reclutano a loro volta 4 giovani che vengono altrettanto schiavizzati. Ecco che i gerarchi esercitano una vera e propria dittatura sessuale. Il film viene accusato subito di pornografia e considerato il risultato delle sue perversioni sessuali. Pasolini afferma che non è la Repubblica Sociale ad esercitare questa dittatura ma la nuova civiltà dei consumi a farlo. Essa ha il potere di manipolare i corpi in maniera orribile. Il film quindi è proprio una riflessione disincantata e feroce sull’effetto del potere sui corpi. Egli successivamente dichiara di star scrivendo un libro che lo impegnerà per il resto della sua vita, che sarà questione di pochi mesi, in quanto muore nel novembre dello stesso anno, sul lido di Ostia, dove un certo Pino Pelosi, un ragazzo diciassettenne, viene trovato sul luogo del delitto che confessa contro la sua volontà e viene considerato il responsabile della morte. Effettivamente questo ragazzo e Pasolini avevano una relazione, ma essa non poteva giustificare l'omicidio. Pelosi si trovava li perché si erano dati appuntamento, in quanto Pasolini aveva perso le bobine del film. Tuttavia successivamente vengono a crearsi delle versioni discordanti riguardo la sua morte: infatti si pensa che l’omicidio venne compiuto da tre persone calpestando il corpo con una macchina, e avevano costretto Pelosi di prendersi la colpa. Viene quindi definito un omicidio politico quello di Pasolini, che ancora oggi è argomento di dibattito. “Petrolio” pubblicato postumo nel ’92 ma scritta già nel ’72 è un romanzo molto particolare che viene subito accusato di essere sconcio e riguardante le perversioni sessuali dell’autore. Il romanzo in tutto ciò presenta una trama coerente con le cause scatenanti dell’omicidio. Il titolo è legato anche all’indagine che stava facendo Pasolini sul presidente dell’eni, quindi il romanzo svolge anche la funzione di denuncia politica. Esso ha una struttura particolare ad appunti, come un lavoro work in progress, infatti la copia trovata non doveva considerarsi una bozza ma la versione definitiva, dove viene più volte citato il capitolo mancante, che sparì casualmente perché evidentemente minacciava qualcuno. Il tema del passaggio tra il mondo contadino e quello industrializzato, ossia il concetto di mutazione antropologica attraversa tutta la sua opera e viene presentata in diversi suoi articoli che vengono spesso criticati. Coniuga e denuncia il concetto di progressione antropologica, del quale disprezza i vantaggi dei quali lui stesso si avvale. Pasolini spiega che semplicemente rimpiange lo stato di necessità del passato. Anche Alberto Moravia che lo stimava molto non si astenne dalle critiche. “L’uomo a una dimensione” di Marcuse fu di ispirazione per Pasolini (sistema repressivo della società contemporanea) in quanto fa una denuncia di una serie di bisogni secondari che l’uomo sente nella civiltà dei consumi. Secondo Pasolini la società del secondo dopoguerra è uno dei sistemi repressivi peggiori mai esistiti. La classe media, ovvero la borghesia ha sostituito e quindi eliminato tutte le altre. Non tutte le classi godono certo degli stessi vantaggi, ma anche i poveri sognano di diventare ricchi e disprezzano la loro vecchia condizione, quindi da un rapporto conflittuale si è creato un rapporto di imitazione e ispirazione. “Acculturazione e acculturazione” è un articolo riguardante la mutazione antropologica. “Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi”. Il fascismo non è riuscito a creare un modello culturale antropologico migliore di quelli precedenti, perché l’adesione alla politica fascista era superficiale. La civiltà dei consumi invece ha avuto un’adesione totale ed ha sconvolto lo stile di vita delle persone. La repressione quanto riguardo la crescita e la maturazione dei ragazzi sia per quanto riguardo la crescita storica e culturale dell’Italia. Pasolini considera il romanzo come una parabola di degrado o una sorta di romanzo di formazione rovesciata: dall’età eroica e amorale all’età prosaica e immorale. L’arco narrativo è compreso tra due momenti fondamentali che evidenziano la circolarità del romanzo e l’idea di “formazione rovesciata”: nel primo capitolo, il Riccetto si tuffa nel Tevere per salvare una rondine mentre la fine è caratterizzata dalla totale indifferenza di Riccetto di fronte a Genesio, che sta per affogare nel fiume. Il protagonista è caratterizzato dal vitalismo appartenete al mondo rurale contadino che contribuisce a conservare in lui una certa purezza e incontaminazione. L’Italia vede evolversi in meglio, trasformandosi in un vero e proprio Paese del benessere. Il narratore non si pone in una posizione di superiorità rispetto ai personaggi ma si mimetizza tra loro. Mette in luce la globalizzazione e l’omologazione culturale tramite dei significati simbolici. Può essere considerato un romanzo generazionale in quanto il narratore descrive la generazione dei giovani. Anche “Il sentiero dei nidi di ragno”di Calvino, “Ernesto“ di Saba (utilizzo del registro dialettale triestino che risulta piuttosto scandaloso.) e “Io dietro la porta” di Bassani sono degli esempi di romanzi generazionali. Trama: La storia si svolge nella Roma del secondo dopoguerra, tra le varie borgate. I protagonisti sono degli adolescenti appartenenti al mondo della classe sociale più bassa urbana che vivono alla giornata di espedienti, arrangiandosi come possono, cercando di accaparrarsi ogni genere di oggetto che possa essere rivenduto: tombini di ferro, copertoni, tubi, generi alimentari. Riccetto, questo è il soprannome di uno dei ragazzi, dopo aver racimolato del denaro, affitta una barca per navigare sul Tevere con degli amici. Durante questo giro in barca, egli rischia seriamente la vita gettandosi in acqua per salvare una rondine che sta per annegare. Il gesto dimostra la sua grande sensibilità e generosità, sebbene si comporti spesso da delinquente. La scuola che ospita gli sfrattati delle borgate è ridotta in uno stato deplorevole e, anche a causa degli inadeguati controlli tecnici ed edili, un giorno crolla all'improvviso, seppellendo e uccidendo la madre del Riccetto e, dopo un disperato ricovero in ospedale, anche il suo amico e compagno Marcello. Passa del tempo (circa sei anni), il Riccetto ha ormai quasi diciott'anni. Una sera lui e un amico, detto il Caciotta, sempre bighellonando e rubacchiando per le strade delle borgate, trovano un semplice impiego: devono vendere alcune poltrone per conto di un tappezziere di via dei Volsci, ma una volta concluso l'affare, si tengono i soldi. Così si comprano degli abiti nuovi, vanno a mangiare una pizza e vanno al cinema, poi, mentre passeggiano di notte per Villa Borghese incontrano dei compagni di malaffare. Si addormentano su una panchina del parco, ma alla mattina il Riccetto scopre di essere stato derubato delle scarpe e del denaro. Così ancora una volta senza una lira, Riccetto e Caciotta sono costretti ad andare a mangiare alla mensa dei frati per una decina di giorni e a rubare qualcosa da mettere sotto i denti al mercato. Poi un giorno i due adocchiano una signora che sta salendo sul tram con la borsa semiaperta, la seguono e la borseggiano. Tutti contenti del malloppo, sull'autobus che li riporta al Tiburtino, il Caciotta lo mostra incautamente a degli amici e così attira l'attenzione di un certo Amerigo, un loro coetaneo malvivente di Pietralata estremamente aggressivo e dipendente dalle sigarette e dalla droga. Questi li porta in una bisca dove, dopo una piccola vincita iniziale, comincia a perdere i soldi che il Riccetto gli ha prestato, fino a quando quest'ultimo, preoccupato che Amerigo gli chieda un altro prestito, scappa via. Subito dopo arriva la polizia che arresta il Caciotta e Amerigo. Il protagonista incontra dei ragazzi (tra i quali vi è il suo amico d'infanzia Lenzetta) e si unisce a loro, non curandosi della sparizione misteriosa del suo amico violento e aggressivo Amerigo, che intanto è morto suicida. Il Riccetto e il Lenzetta s'imbattono in un vecchio che presenta loro le proprie figlie. Riccetto comincia a frequentare la più giovane delle ragazze e la sua vita sembra subire una svolta positiva: inizia a lavorare, si fidanza, ma un giorno viene arrestato per un crimine che non ha commesso e deve scontare tre anni di prigione. Dopo tre anni i giovani si rincontrano al fiume, dove facevano di solito il bagno da piccoli. Segue un estratto di vita nella casa di Alduccio, nella quale si è trasferita anche la famiglia del Riccetto (essendo suo cugino) dopo il crollo della scuola. La situazione familiare è esplosiva: la madre litiga con tutto il vicinato e con Alduccio perché non lavora e non aiuta in casa, il padre torna sempre ubriaco e cerca di picchiare la moglie mentre la sorella ha appena tentato il suicidio perché è rimasta incinta di un giovane che non vuole sposarla. In seguito addirittura Alduccio in preda all'esasperazione colpirà con una coltellata la madre, pur non ferendola gravemente. Successivamente viene presentata la famiglia del Begalone, altrettanto disastrata, visto che la madre è affetta da una grave malattia mentale ed è soggetta a continue visioni del demonio, di animali mostruosi e di orribili spettri. Alduccio e il Begalone passeggiano senza cena per le vie di Roma tentando inutilmente di corteggiare due ragazze troppo altolocate per loro; si fanno poi un bagno nella fontana e cercano di raggranellare qualche soldo dai passanti e finalmente entrano in una rosticceria mangiandosi tre supplì per uno. La fame però è talmente tanta che quando escono sono nelle stesse condizioni di prima. Successivamente incontrano il Riccetto da solo, il quale, probabilmente, sta cercando, come del resto gli altri due, qualcuno "da rimorchiare". Trovano un "froscio" e il Riccetto accompagna Alduccio e il Begalone in un posto sicuro nella sua vecchia borgata in cui potranno prostituirsi indisturbati. La borgata è cambiata moltissimo, ormai piena di nuove quanto brutte costruzioni popolari. In seguito il Riccetto se ne va per conto proprio e Alduccio e il Begalone se ne vanno in un bordello, forse per intuita dalla descrizione dei grembiuli degli alunni. La presenza di un narratore mimetico permette di non far scivolare il romanzo nel sentimentalismo. (pag 44) educazione sessuale del protagonista dopo essere arrivato a Ostia: “si fece il figlio di una mignotta completo” Riccetto sta quindi venendo assimilato sempre di più nel mondo delle borgate, nel quale perdere la verginità significava andare a prostitute. Nel rapporto sessuale con la prostituta, vengono rubati i soldi a Riccetto dalla stessa. Viene quindi rimarcato il tema della ruota della fortuna, una serie continua di guadagni e perdite. Il narratore restituisce la voce a due personaggi. Si tratta infatti di un narratore onnisciente (si può permettere di passare da un personaggio ad un altro). La narrazione si concentra su Marcello e suor Adele: i pensieri non sono riportati in discorso indiretto ma diretto. Si tratta quasi di una beffa del narratore, in quanto vengono messi a fuoco solo quando stanno per morire e quindi per scomparire. (pag 62) Rinuncia del narratore al gergo romanesco in quanto descrive un momento altamente drammatico: è crollata la scuola dove viveva( attraverso un discorso diretto dialettale )insieme alla sua famiglia. Scena descritta in tutta la sua crudezza. Il male alle costole aumenta ma egli spera che l’assicurazione gli rimborsi qualcosa, in modo che riesca a comprarsi la bicicletta. Tutto si traduce in termini monetari che è l’unico interesse che muove la vita dei ragazzi. Sete di denaro spasmodica tipica dell’epoca. (pag 67-68):morte imminente della madre e di Marcello. Riccetto ha cambiato casa dopo aver scoperto che sua madre era rimasta sotto le macerie. Il secondo capitolo è sicuramente il più politico e di denuncia delle condizioni abitative delle borgate. Riccetto, attraverso un dialogo, si intuisce che si sia spostato a Tiburtino. Apertura a nuovi luoghi e a nuovi personaggi. Per cui il terzo capitolo si apre a Villa Borghese con un nuovo personaggio, Caciotta. (pag 73) la tragedia non ha migliorato le condizioni di vita del protagonista: sembra che non abbia neanche cibo da mangiare o un letto su cui dormire, lo zio era un ubriacone e la zia non lo sopportava. Il tutto assume un tono goliardico e viene narrato il punto di vista di Riccetto che è filtrato attraverso le parole del narratore. Sete di denaro spasmodica tipica dell’epoca. Egli avendo finalmente le tasche piene di soldi ribadisce l’unico obbiettivo di Riccetto. Caciotta e Riccetto si inseriscono nel mercato nero per vendere delle poltrone. Le amicizie e rapporti interpersonali sono delle relazioni provvisorie finalizzate ad un utile quindi guidate secondo una logica utilitaristica. Caciotta e Riccetto dopo aver speso in vestiti, cinema e pizza parte dei soldi si svegliano l’indomani derubati e per di più senza scarpe e quindi decidono a loro volta di rubare a dei malcapitati le scarpe e derubare successivamente una signora sul tram, in quanto “la grana è l’unica fonte di piacere in questo zozzo mondo”. Il quarto capitolo è centrale perché porta il nome di “ragazzi di vita” e si concentra su un ragazzo in particolare, Amerigo, un coetaneo di Riccetto e Caciotta, aggressivo e dipendente dalle sigarette e dalla droga. I ragazzi di vita pasoliniani sono l’incarnazione proletaria del selvaggio/uomo naturale di Rosseau e Tolstoj. I ragazzi sono cioè delle creature naturali corrotti dalla società e dalle istituzioni. Amerigo viene definito come “il mejo guappo”. Amerigo porta Caciotta e Riccetto a giocare in una bisca, dove perderanno tutti i soldi. Arriva pero la polizia che arresta tutti meno Riccetto. Pag 111 Amerigo a differenza degli altri arrestati oppone resistenza e tenta più volte il suicidio piuttosto che andare in carcere, simbolo di raddrizzamento morale. Si scopre successivamente che Riccetto ha un padre, che si rivelerà completamente assente. Pag116 vengono descritti alcuni elementi del funerale: si sentono solo i pianti delle donne e gli uomini fuori impermeabili a tutte le emozioni. Il prete senza guardare in faccia nessuno, non mostra nessuna connessione sentimentale col defunto e i cari. La religione cosi come tutte le altre istituzioni sociali non ha nessun ruolo nella vita dei ragazzi. Ci sono molti inserti lirici (come a pag. 97 descrizione della luna come simbolo poetico o a pag 98 descrizione del cielo stellato) che sono in contrasto con la vita selvaggia e criminale delle borgate. La voce narrante non è sempre una voce mimetica: ci sono dei passaggi nei quali l’autore abbandona la mimesi e fa delle riflessioni personali che riflettono il suo essere colto. Il paragone antifrastico o meglio antilirico “la luna grossa come un bidone”. Il romanzo sembra essere ambientato in un eterna estate. Il capitolo quinto sembra segnare la mutazione antropologica di Riccetto. I ragazzi di vita irrompono nella casa di don Antonio, avente tre figlie adolescenti, una delle quali poi si fidanzerà con Riccetto. La domenica doveva portare al cinema la ragazza ma non riuscendo a sostenere quel ritmo di vita decide di ritornare a quello vecchio e riorganizzare un altro colpo. La sua condizione ritornerà peggiore di prima perché si metterà a frugare fra i cassonetti in cerca di cibo. Pag 159 il suo appartamento viene svaligiato e viene arrestato senza colpa e portato a Porta Cortese. Il termine “poverello” dimostra che lo sguardo di Pasolini non sia moraleggiante ma mimetico. Rimane in carcere per tre anni e lungo il corso del tempo egli assorbe la morale. Il capitolo sesto è molto ripetitivo. Il capitolo settimo è quello più scandaloso del romanzo e probabilmente la causa del processo di pornografia. Tratta di una scena (nel 50/51) in cui Riccetto esce di prigione e due nuovi personaggi sono coinvolti, Begalone (uomo adulto etichettato “froscio” e Alduccio). Esplora la Roma più centrale e monumentale. Ragazzi non hanno ovviamente nessun interesse culturale ma la considerano invece come un aese dei balocchi. Pag 194 la narrazione si apre nel cuore di Roma, il cui centro storico non è esentato dal degrado e la delinquenza che caratterizza le borgate. Il rapporto omosessuale in uno scenario minorile suscita lo scandalo. Riccetto evoca l’immediato dopoguerra suggerendo come se fosse una consuetudine quella di prostituirsi e cercare un piacere ripagato. Riccetto stranamente si tira indietro questa volta, cosa mai successa quando si tratta di soldi. La mutazione di Riccetto si nota dalla descrizione del narratore: “era ingrassato” ere diventato un narrativa quanto più saggistico-descrittiva, l’interesse dell’autore si rivolge sulla vita di borgata e dei ragazzi. Infatti non appena entra in scena un personaggio appartenente alla “vita dei grandi”, l’attenzione ritorna sempre sui ragazzi (dal 5 capitolo la figura di Riccetto tende a scomparire per lasciare spazio ad altri ragazzi di vita). Inoltre Pasolini non usa quasi mai i nomi propri per riferirsi ai ragazzi ma i soprannomi e gli aggettivi, strategicamente adottati per sottolineare lo squallore e il malessere generale (l’erba dei prati della borgata è “sporca, zellosa e bruciata”). Personaggi: •Riccetto: è il personaggio che fa da filo conduttore con la sua presenza in tutti gli episodi. Lo si trova all’inizio come un teppistello che tuttavia ha ancora l’innocenza infantile e all’ottavo capitolo, dove ormai si è perfettamente integrato nel contesto sociale e nella nascente civiltà dei consumi. •Agnolo: amico d’infanzia di Riccetto con cui compie i primi furterelli e organizza la mitica gita in barca al “Ciriola”. •Marcello: anche lui amico d’infanzia del Riccetto con cui compie i primi furtarelli, che però avrà vita breve perché morire dopo il crollo del Palazzo dove abitava. •Alduccio: è il cugino del Riccetto con cui vende alcune poltrone e al furto di alcuni materiali in un officina. Sembra che s’imponga sul Riccetto e gli dia degli ordini, in quanto si mostre più ingenuo di lui. Nel 7 capitolo è la figura predominante: la rabbia che gli procurano il padre alcolizzato, la sorella incinta aspirante suicida e la madre che lo rimprovera per non portare a casa soldi, si sfoga andando con Begalone in un bordello e poi a prostituirsi con un “froscio”. Una sera tornando a casa in preda alla rabbia, cerca di uccidere la madre con una coltellata. Infine lo si trova sull’Aniene addormentato. •Begalone: partecipa anche lui alla vendita di poltrone e condivide la situazione familiare disastrosa con Alduccio. Egli deve fare i conti con la madre epilettica ed indemoniata, inoltre è ammalato di tubercolosi. Un giorno sulla riva dell’Aniene sviene per l’eccessiva tosse, tra il fango e viene portato d’urgenza all’ospedale dove morirà. •Caciotta: il meno furbo tra gli amici di Riccetto, con cui organizza dei furti e resta con lui fin quando una sera vengono trascinati da Amerigo in una bisca, luogo in cui avverrà il suo arresto. •Amerigo: è un vecchio amico del Caciotta, che viene definito “er mio guappo de Pietralata”. Egli dopo essere catturato dai carabinieri insieme al Caciotta, riesce a scappare, buttandosi nell’Aniene, dove avrà un malore e verrà portato all’ospedale. Li tenta il suicidio tagliandosi i polsi, pur di non andare in carcere, ma arriverà al suo scopo solo buttandosi dalla finestra. •Lenzetta: amico d’infanzia di Riccetto, uguale a lui nei tratti fisionomici (riccio, faccia gonfia da delinquente, piccolo) che è sempre in gara per dimostrare la sua “lenzaggine” (furbizia), da qui il soprannome. Egli partecipa al furto di materiali d’officina e fa la conoscenza insieme a Riccetto delle figlie di Sor Antonio. Vine beccato e catturato in un magazzino nel tentativo di furto. •Genesio, Borgo antico e Mariuccio: sono i “tre moschettieri”, diversi da i soliti bulli di borgata per avere una bontà innata e il pudore di non farla trasparire. Genesi è descritto sempre assorto e silenzioso, mentre gli altri due sono degli esibizionisti spavaldi. •Piattoletta: è un nanerottolo deforme e rachitico che viene sempre preso di mira dai bulli, come nella scena in cui lo legano ad un palo e appiccano il fuoco. Indossa sempre un cappello per coprire la testa spelacchiata. Giuseppe Tomasi di Lampedusa, duca di Palma e principe di Lampedusa, nasce a Palermo nel 1896 e muore nel 1957. La sua formazione letteraria si basa su scritti illuministici e raccolte di relazioni militari. Diventa narratore solo nella seconda parte della sua vita, poiché poco frequentante degli ambienti letterari. Compone un solo romanzo “il Gattopardo”, che viene inizialmente rifiutato e solo nel 1958 pubblicato dalla Feltrinelli, su interesse di Bassani. Il libro ha immediato successo tra il pubblico e diventa argomento di critica. “Il Gattopardo” (1958)—si riferisce allo stemma del casato dei Salina, che raffigurava un gatto dalla pelliccia leopardata su fondo blu Contesto storico: Siamo in Sicilia , all’epoca del tramonto borbonico: una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi (dall’anno della Spedizione dei Mille di Garibaldi fino ai primordi del Novecento). La storia verte quasi interamente su un personaggio, il principe Fabrizio Salina. Il romanzo è caratterizzato per lo più da tratti lirici e critici più che narrativi. Si tratta di un romanzo collegato alla questione meridionale che riguarda il divario evidente tra il nord (regno sabaudo) e sud (regno borbonico). Già nella seconda metà dell’ 800 il nord Italia attraversa il processo d’industrializzazione, mentre il sud ne è escluso e l’agricoltura rappresenta la forma principale di occupazione. Verga denuncia le condizioni del sud in “Vita dei campi” e “Rosso Malpelo” (saggio di Romano Luperini), inerenti proprio alla situazione della Sicilia. Questo romanzo non affronta direttamente la questione della popolazione più povera ma il declino della classe più alta. “I Vicerè”di Federico di Roberto affronta il tema della decadenza fisica e morale della casata siciliana durante l’epoca del regno sabaudo e “I Vecchi e i Giovani” di Pirandello esprime le stesse idee pessimistiche riguardo alla storia. Il confronto tra due generazioni, quella vecchia destinata al declino e quella giovane, che fatica trovare una svolta nella sua situazione, è centrale. Questi ultimi appena menzionati sono due romanzi che precedono “Il Gattopardo”, il quale si lega per la situazione meridionale ad essi. Brancati è un autore che scrive tra le due guerre e si focalizza sul dimensione precaria della vita stessa, in qualsiasi epoca sia vissuta. La morte per il protagonista  è fonte di angoscia e di orrore, ma al tempo stesso conquista di pace e di armonia per lo spirito inquieto. Egli è cosi legato alla sua terra che (nel settimo capitolo) durante il viaggio in Campania per consultare il dottor Semmola, egli percepisce il prato ancor più brullo e povero di quello siciliano, nonostante sia simile a quello della sua terra. Si tratta di un romanzo storico, in quanto narra eventi collocati in un determinato periodo, inspirandosi in parte a figure realmente esistite per delineare i caratteri dei suoi personaggi. Tuttavia, l’autore sfrutta lo schema del romanzo storico per mettere in luce gli ideali e i problemi delle classi sociali nell’epoca descritta e quindi gli eventi citati (lo sbarco di Garibaldi, l’annessione del regno delle due Sicilie). L’originalità di quest’opera sta nell’esaminare eventi e problemi del passato che possano risultare sempre attuali. Infatti a fianco di tematiche politiche e sociali appartenenti ad allora, troviamo anche tematiche sulla giovinezza, l’amore, la morte. Il tema politico sociali si sofferma soprattutto sulla classe in ascesa e il contemporaneo e progressivo declino dell’aristocrazia, eventi che vengono presentati attraverso la prospettiva di Don Fabrizio. La borghesia è rappresentata dalla figura rozza ma ricca di Don Calogero Sedara, che per avvalersi di un maggior potere politico accetta ben volentieri il matrimonio tra la figlia e Tancredi. Ovviamente Don Fabrizio poco sopporta l’idea di un borghese come consuocero, però convinto dalle parole di Tancredi “Se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”, sa che è la scelta migliore per il futuro del suo amato nipote. Il terzo capitolo mette in scena due distinti temi: quello dell’amore rappresentato dalla lettera di Tancredi che chiede il consenso al principe per sposare Angelica, e su un altro piano quello politico- sociale, rappresentato dal ricordo del giorno del plebiscito che sembra mettere in secondo piano il primo. Oltre a nobiltà e borghesia, anche la Chiesa svolge un ruolo centrale nel romanzo e la figura che meglio la rappresenta è Padre Pirrone, che nei dialoghi col principe assume posizioni antiliberali, tipiche del clero. Il matrimonio è visto da Padre Pirrone con disapprovazione e anche con timore, perché rappresenta un mezzo di avanzata sociale dei Sedara. Un altro importante tema è quello della condizione economico-sociale della Sicilia e talvolta anche quella climatica, che influenzano profondamente le vite dei personaggi, specialmente Don Fabrizio che è molto legato alla sua terra. L’aspetto geografico/ climatico emerge nel terzo capitolo, quando durante una battuta di caccia Don Fabrizio si ferma ad osservare il panorama “arido e brullo”. Sui problemi sociali della regione, l’autore non si sofferma a lungo, limitandosi ad accennare non senza ironia ad alcuni elementi: come ad esempio nel secondo capitolo, in occasione del viaggio verso la proprietà di “Donnafugata”, il Principe ricorda di quanto dovette trattare con dei “mafiosi” che lui indica con l’espressione “persone influenti di Girgenti” per permettere ai Salina di condurre il viaggio senza imprevisti. Un altro elemento è quello degli imbrogli che vi furono in occasione del referendum che decretava l’annessione del regno delle due Sicilie. il giorno successivo al plebiscito, Don Ciccio Tumeo, si lamenta del fatto che nonostante avesse espresso un voto negativo, il risultato ha confermato l’unanimità dei si. Il tema della morte è sicuramente quello più intenso, con cui Don Fabrizio ha un primo incontro nel momento in cui la famiglia rinviene il cadavere di un soldato nel proprio giardino, sotto un albero di limoni. La morte comincia ad essere un pensiero ricorrente nella mente del protagonista a partire dalla visita ai possedimenti feudali di Donnafugata, quando, sentendo da lontano dei rintocchi di un funerale, il principe confronta la sua situazione con quella del defunto. Un altro momento è rappresentato dal sesto capitolo, quando, andando verso il ballo, la famiglia Salina s’imbatte in un prete accompagnato da due chierichetti che stanno andando da un malato per l’unzione. Don Fabrizio si abitua sempre di più all’idea che anche lui un giorno dovrà morire e che il suo momento è vicino. Proprio nella scena in cui egli si ritira in una biblioteca, viene attirato da un quadro raffigurante un uomo in punto di morte e così comincia ad immaginare il momento della sua morte. Il tema ritorna più volte e raggiunge il culmine nel penultimo capitolo, dove all’avvicinarsi della morte, Don Fabrizio sente un rumore simile al fragore delle onde del mare e poi vede una giovane donna vestita elegantemente di marrone che lo porta via. La morte è sempre stata per Fabrizio un’entità negativa per poi diventare una sorta di liberazione dal peso della stessa, divenuta un’ossessione. Anche la visione retrospettiva ha un ruolo centrale nel romanzo, in quanto consente di vedere la storia di ogni persona. Fabrizio passa gli ultimi anni della sua vita pensando alla morte e ai ricordi del passato che raggiungono il perfetto equilibrio nel settimo capitolo. Il personaggio che incarna meglio questo tema è Concetta, che il ricordo di non essere stata corrisposta da Tancredi in giovane età le ha provocato un trauma fino in età avanzata. Il tema dell’amore e la giovinezza è rappresentato sicuramente dal legame tra gli innamorati Tancredi e Angelica. L’amore è però visto anche in senso negativo, sia attraverso i dolorosi ricordi di Concetta, sia da don Fabrizio, che nel sesto capitolo, vedendo i due innamorati ballare pensa che anche i loro corpi siano destinati a morire e lo spettacolo lo definisce “più patetico di ogni altro”. Un altro tema è quello del viaggio riferito sia al declino sociale che alla vita del principe. Don Fabrizio paragona il viaggio verso Donnafugata alla sua vita: l’inizio è piacevole ma poi gli ostacoli rendono il tutto difficile, per arrivare ad “interminabili ondulazioni di un solo colore, deserte come la disperazione”. Col passare del tempo, sente che la sua personalità si sta sgretolando, a causa della perdita graduale di parti del suo essere che egli paragona a particelle di vapore acqueo che vanno in cielo a formare le nubi. Comincia a disprezzare gli altri perchè sente che è l’unico a sentirsi triste e solo, soprattutto per il fatto di essere l’ultimo dei salina e l’ultimo a possedere ricordi della sua famiglia. anche se ha già 73 capisce di averne vissuti davvero solo 3, tutto il cui ha avuto 7 figli e al confronto del marito è minuta e gracile e perdona continuamente le sue scappatelle •Tancredi Falconeri è la seconda figura principale ed è un ragazzo espansivo e dotato per la politica. Grazie alla sua simpatia ed eleganza conquista tutti, soprattutto Concetta che nonostante non lo dimostri inizialmente è totalmente persa per lui. Durante il primo colloquio con Don Fabrizio gli comunica la sua decisione di aggregarsi con i garibaldini ma verso la fine del romanzo cambierà idea e ritornerà a combattere con l’esercito della corona a favore della monarchia. Alla cena al palazzo Tancredi si innamora immediatamente di Angelica che attrae l’attenzione di tutti con la sua bellezza. Egli usa il matrimonio anche come mossa strategica per garantirirsi un futuro cospicuo. Durante la cena egli fa di tutto per attirare l’attenzione di Angelica anche ricorrendo alla volgarità pur di farla ridere. Questo porta Concetta a distruggere la stima che aveva di lui cosicché Tancredi in buona fede accortosi della sua disapprovazione le chiede scusa ma viene sgarbatamente respinto. Tancredi assiste anche durante la morte del Principe ed è l’unico che il morente gradisce vedere. •Angelica: ragazza che da bambina non era molto carina ma alla cena a Donnafugata si presenta in tutta la sua bellezza, di cui inizialmente non si sente molto sicura ma della quale presto si servirà come mezzo per raggiungere i suoi fini. Alla cena resta ammaliata dallo charme di Tancredi e se ne innamora subito, anche se nonostante i primi tempi, il loro verrà definito un “matrimonio malriuscito”. Infatti come Tancredi, la sua ambizione le impedisce di innamorarsi del giovane, in quanto il matrimonio è soltanto il mezzo per acquisire i titoli nobiliari e quindi il prestigio, accontentando anche Don Calogero. È un personaggio dinamico perchè da provinciale borghese diventa una perfetta aristocratica, grazie soprattutto alle lezioni di Tancredi e alla frequentazione di una scuola di dizione a Firenze. •Padre Pirrone è il religioso del casato ed è un bonario del principe, nonché la sua guida spirituale e morale. È considerato anche la spalla destra del principe che spesso lo accompagna seppur malvolentieri nei suoi viaggi a Palermo dove il principe visita una prostituta. Egli da buon colerico disapprova le sue azioni e lo sottopone a frequenti confessioni, senza però mai provocare il suo rancore. Ad egli è dedicato un intero capitolo, nel quale deve andare al suo paese in occasione dei 15 anni di morte di suo padre e risolve con ingegno e astuzia uno dei tanti drammi familiari usando lo spirito pacato e conciliare del sacerdozio. •Don Calogeno Sedara è il sindaco del paese e il suocero di Tancredi, visto che sposerà sua figlia Angelica. Egli è rozza ma ricco e simbolo della nuova classe in ascesa. Nonostante si vesta con abiti bislacchi e si comporti in maniera non conforme alla gente nobile con cui viene in contatto, si distingue per la sua intelligenza che l’ha portato a divenire sindaco. •Concetta Corbera è la figlia del principe, si caratterizza per essere irascibile e infantile. Ha un carattere introverso, timido e sottomissivo, qualità che loda continuamente il padre. È innamorata di Tancredi ma non corrisposta. Durante la cena fa di tutto per far notare a Tancredi i numerosi difetti di Angelica e va su tutte le furie per la gelosia quando si rende conto che tutti i suoi sforzi sono invani. Dall’essere timida e remissiva diventa aggressiva e sarcastica con Tancredi. A Concetta è dedicato un intero capitolo, l’ultimo, nel quale ormai anziana e ancora nubile è ancora legata a mille ricordi del passato. Il ricordo del suo amore per Tancredi, nonostante sia passato molto tempo è ancora intatto. Decide di disfarsi del cane imbalsamato buttandolo giù dalla finestra per esprimere la sua volontà di vivere liberamente gli ultimi anni di vita che le restano. Nella Lettera a Lampedusa scritta nello stesso anno della sua morte, è contenuto il romanzo. L’autore torna indietro cronologicamente e racconta gli eventi prima della sua nascita come se li avesse vissuti ma evidentemente sono raccolti da testimonianze familiari. Serie di riflessioni sui personaggi. Il motivo autobiografico si ispira al suo bisnonno. Angelica è una figura completamente inventata e viene chiamata “donna fugata”, cioè donna che fugge, proprio in corrispondenza della derivazione cavalleresca del nome. Idea di staticità che sembra faccia parte della Sicilia. È l’autore stesso a suggerire di porre l’attenzione su un cane che si vendicò. il libro si apre con un riferimento cronologico: maggio 1860 quando la famiglia sta recitando insieme il rosario. Poco dopo viene presentato il protagonista con una descrizione sia fisica che caratteriale: uomo robusto definito “immenso e fortissimo”che viene da una famiglia non particolarmente intelligente eppure egli è di una certa cultura con una passione per la matematica e l’astronomia. Si tratta di una famiglia verso un declino, che il principe Fabrizio ha sotto gli occhi e rimane immobile davanti ad esso. La famiglia di angelica anche non avendo il titolo nobiliare è in contrasto con quella di Fabrizio, poiché incarna la nascente borghesia che sta diventando sempre più ricca. Uno dei primi dialoghi tra don Fabrizio e Tancredi: pag 50 Tancredi motiva la sua scelta di schierarsi con la borghesia per una questione del tutto opportunistica e non ideologica. “se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi” una delle frasi più celebri del libro, rappresentativa del cosiddetto “gattopardismo”. Questa frase sblocca l’indifferenza di fabrizio ed enfatizza la saggezza di Tancredi. Paragone dell’Italia con la Francia: in Italia le rivoluzioni non avvengono e quindi possiamo anche non aspettarci nulla. Concetta è innamorata di Tancredi ma il padre Fabrizio crede sia troppo passiva per un uomo cosi, e cosi decide di sacrificare la figlia per far sposare Tancredi con Angelica. Presentazione del sindaco, don Calogero, personaggio che sta accumulando una fortuna che sta addirittura sorpassando quella dei Salina, la famiglia aristocratica. Angelica, figlia del sindaco, entra in scena indirettamente in quanto viene presentata da altri. Il gattopardesco viene smentito dalla lunga vita su descrizione del narratore onnisciente. Si alternano eros e Thanatos continuamente: sembra che il ballo avvenga tin un cimitero. Ballo tra angelica e Tancredi è attraversato da un senso di morte ineluttabile. Momento inizialmente erotico ma poi viene evocato immagine di Giulietta e romeo nella scena dell’avvelenamento di romeo. Da qui s’intuisce che non sarà un matrimonio duraturo e vero, ma frutto di un progetto politico. Don Fabrizio evoca la morte durante questa scena per poi allontanarsi dal ballo e inizia a fissare ossessivamente un quadro che gli suggerisce proprio che la sua morte è vicina. Infatti nel capitolo successivo viene descritta la morte di Don Fabrizio. Breve conversazione tra don calogeno e don Fabrizio: il sindaco è ammaliato da tutti gli oggetti nella casa attento al valore monetario. Dall’aristocrazia che butta il denaro per avere oggetti per neanche guardarli ad una neo borghesia attenta al valore economico. Si enfatizza il disprezzo di don Fabrizio verso la famiglia e la provenienza di don Calogeno. pag 225 Angelica chiede a don Fabrizio un ballo, che ha una funzione più o meno simile a quello con Tancredi: ascesa sociale. Angelica si rende conto che il suo matrimonio non sarebbe stato possibile senza la mediazione di don Fabrizio. Pag 232 il ballo continuò fino alle sei del mattino e tutti se ne andarono quell’ora proprio per non offendere i festeggiati. Il ritorno a casa richiama il senso di morte già presente la sera precedente. pag 235 Luglio 1883 salto nel passato: impercettibile perdita di vitalità; “tu zione corteggi la morte”. Pag 289 don Fabrizio mentre sta morendo viene definito “gattopardo in pessima forma”. Pag 245 don Fabrizio inizia a fare il calcolo di tutti i giorni che ha vissuto (73 anni) e si accorge di non aver vissuto a pieno la sua vita. Personificazione della morte: aspetto sensuale e grazioso rappresentata da una donna bramata. Adusta un senso la frase di angelica “corteggi la morte”. Dopo aver visto il cadavere del soldato immagina che la sua morte sarà simile a quella. La morte è evoca in termini oggettivai e quasi esoterici. Anche l asta morte sarà descritta in questi termini. Il romanzo ha una parte interiore che risulta quasi staccata dal resto della narrazione (maggio 1911 e rinuncia da parte del narratore alla focalizzazione). Concetta la figlia di don Fabrizio non si è ne sposata ne fidanzata e quindi la famiglia aristocratica non avrà eredi, immagine con la quale affonda definitivamente l’aristocrazia palermitana. Angelica un giorno va a fare visita a Concetta: sul viso di concetto sono ancora visibili dei segni di bellezza ma sono evidenti le rughe e il declino della sua bellezza quasi a significare la caduta dell’aristocrazia. angelica invece si è perfettamente incarnata nel nuovo mondo e nella figura della moglie (fusione della vecchia e della nuova Sicilia, immagine che viene rappresentata perfettamente da angelica). Pag 257 nuovo personaggio: Mendicò, il cane di Concetta. Viene descritta la camera cimiteriale quasi funebre di concetta proprio a causa della presenza di Mendicò imbalsamato. Pag 363 si fanno più espliciti i sentimenti di concetta: “si sentiva sostenuta da un senso di martirio”. Evidente lessico funebre “scheletro, martirio”. Concetta tra la rabbia e la nostalgia decide di disfarsi di Mendicò, scena con cui si chiude il romanzo. Immagine di morte ed estinzione quasi apocalittica, immagine con cui si vuole indicare la morte della famiglia dei Salina. Non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza dei cosiddetti gattopardi, che hanno lasciato posto agli sciacalletti e le iene. Lettera a pag 11: rinvenuta recentemente del maggio 1957, costituisce perciò una sottospecie di testamento dell’autore. Decadimento della famiglia sino al totale disfacimento, determinato dalla scelta finale di concetta. Il cane è uno delle figure chiave del romanzo, si trova all’inizio e alla fine, immagini che rappresentano due estremi. Si tratta di un romanzo postumo alla morte dell’autore dopo numerose rifiuti. La voce narrante usa l’imperfetto, scelta che fa intuire che il romanzo è postumo. Concetta e angelica sono rispettivamente custodi della memoria di don fabrizio e Tancredi. Francesco Orlando dice che il romanzo è lo scavo della coscienza di don fabrizio. Immagini di morte: parole finali del rosario; rappresentazione del giardino dei Salina (vegetazione selvaggia, fiori appassiti, lucertole morte, aiuole funeree, zaffate dolciastre) dove era stato pure rinvenuto un cadavere che emanava un certo fetore, completamente diverso dal tradizionale locus amenus. L’immagine del corpo sbudellato appariva spesso nella mente di don Fabrizio anche perché egli non riesce a dare un senso alla storia (non ha una visione finalistica )e quindi neanche alla sua morte. Silvia Cocella ha scritto: questa storia per don fabrizio appare insensata, monotona destinata a ripetersi. Rari scorci palermitani perche vengono descritte specialmente zone chiuse. La città stessa sembra un posto chiuso e attraversato da un perenne senso di morte. Anche la campagna è attraversata da cornacchie, simbolo di morte. Anche quando don fabrizio parla della sicilia, lui stesso afferma che la regione è attraversata da un perenne senso di morte. Anche la scena erotica d’inseguimento tra Tancredi ed angelica ad un certo punto entrano in una stanza quasi gotica piena di oggetti. Spreco di spazio tipico dell’aristocrazia a cui non si da un valore monetario (logica borghese). All’espressione gattopardismo non crede neppur don fabrizio perché la verità di fondo è che prima o poi tutto cambia nel corso del tempo. Don fabrizio pur avendo già un figlio “quel babbeo di mio figlio Paolo” riconosce nelle parole di Tancredi un sentimento quasi paterno e lo sente più suo figlio. Anche quando angelica e Tancredi entrano nella biblioteca iniziano a fissare il quadro ma diversamente da don fabrizio con uno sguardo indifferente. La morte di don fabrizio è il preludio della morte di tutti i Salina, che viene ulteriormente evocata con l’immagine del cane gettato nell’immondizia. Inutilità della riproduzione della propria stirpe perché la borghesia avrebbe comunque determinato il declino aristocratico. Vecchiaia aristocratica che si scontra con il neo ibrido. Giorgio Bassani nasce a Bologna nel 1916 e muore a Roma nel 2000. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Ferrara, città che resterà per sempre nel suo cuore e diventerà teatro delle sue creazioni A guerra conclusa, nell'estate del 1946, inizia un processo per individuare il responsabile della strage di quella notte. Il principale imputato è Carlo Aretusi, detto Sciagura, un fascista che partecipò alla Marcia su Roma (alla quale partecipò pure il farmacista, nel breve periodo in cui aderì al Fascismo). L'unico testimone che Sciagura teme è Pino Barilari, che con ogni probabilità assistette, dalla propria casa, alle uccisioni di quel 15 dicembre, e sarebbe in grado di indicare chi vi partecipò. Il farmacista tuttavia, durante il processo, alla domanda precisa che gli viene rivolta risponde solo: «Dormivo». Egli in realtà, quella sera, non solo assistette alla fucilazione nascosto dietro i vetri della sua finestra, ma vide anche la moglie tornare da un convegno amoroso, ormai palese a tutti, forse, ma non ancora a lui. Nessuno, neanche Sciagura, verrà condannato per quelle uccisioni. A partire da quella notte del 1943, intanto, Pino Barilari aveva perso ogni interesse per le riviste di enigmistica, poi era stato lasciato dalla moglie, e la sua unica occupazione è diventata quella di appostarsi tutto il giorno alla finestra di casa, osservare i passanti e borbottare un «Ehi!» o un «Attento!», come se non gli importasse di essere ascoltato, quando qualcuno cammina accanto al luogo dove lui sa che è avvenuta l'esecuzione. Personaggi: •Pino Barilari è il protagonista. Egli ha una malattia venerea che non gli permette di camminare, per aver contratto la sifilide nel ’22, dopo aver partecipato all’evento storico della marcia su Roma, ossia l’affermazione del fascismo. A soli 17 anni decise di partire per la città per il gusto dell’avventura con alcuni ragazzini fascisti che lo trastullano continuamente. Gli chiedono di avere rapporti sessuali con una prostituta ma lui non vuole fino a che Carlo Aretusi lo minaccia con una pistola. Di ritorno a Ferrara, il padre farmacista muore e gli lascia in eredità la gestione della farmacia sottocasa. A 32 anni si sposa con l’incantevole Anna Repetto, figlia di un maresciallo. Con le gambe paralizzate egli passa le sue giornate ad osservare alla finestra la gente camminare e a gridare saltuariamente “attento!”. Quello che per chiunque rappresenterebbe un’afflizione, per Pino la paralisi è forza interiore che gli fa acquisire forza e coscienza di sé, ma nel contempo trascura sempre di più Anna che si sente oppressa da quella vita da reclusa, motivo che la spinge a tradire Pino. Egli passa le sue giornate a fare la settimana enigmistica e ogni volta che risolve un rebus si sente tanto orgoglioso da dirlo ad Anna, che la vede più come una madre che come una moglie. Di qui Pino assume sempre più atteggiamenti infantili e di sottomissione. La casa in cui vive lo protegge e separa dal mondo esterno. Per lui la malattia rappresenta un pretesto per restare tutto il giorno nella sua stanza davanti alla finestra. Durante la notte del ’43, egli assiste non solo all’eccidio degli anti fascisti ma anche all’uscita extraconiugale della moglie. A questi due eventi che per lui rappresentano un trauma egli decide di giustificarsi con la scusa che stava dormendo. Egli si nasconde dietro alla negazione in modo da salvare in primis se stesso, ma anche Anna, facendo finta di non sapere del suo adulterio. Dopo il processo, egli ritorna alla sua quotidiana postazione stabilendo però un nuovo rapporto con il luogo delle fucilazioni: lascia a chiunque passi da li avvertimenti in apparenza privi di sensoLa sua malattia può essere interpretata come metafora del contagio della borghesia da parte del fascismo. Questo è uno dei racconti in cui la vicenda di un personaggio romanzato va a sovrapporsi con il fatto storico. Pino è un personaggio reticente (caratteristica propria di Bassani) ha rinunciato al linguaggio, mentre in “una lapide in via Mazzini”, il protagonista si dimostra l’opposto. Barilari oltretutto è una persona realmente esistita. •Anna Repetto è la moglie di Pino, nonostante lo tradisca più volte con Franco. La prima volta che rincontra Franco dopo molti anni è al cinema, durante la proiezione di “Violette nei capelli”, un film romantico che decide di vedere apposta per colmare il suo vuoto sentimentale. Franco è il figlio di una ricca famiglia cattolica ed è laureato in lettere. Durante la conversazione tra i due è evidente la differenza di classe. Nonostante si senta in colpa per aver tradito Pino, si sente tradita a sua volta da lui che preferisce tacere di fronte al delitto fascista e quindi contribuire all’omertà dei ferraresi. Anna esprime lo stato angosciato di un sentimento di giustizia ed è la coscienza morale della storia, nonostante finirà col fare un mestiere poco puritano. Dopo le elezioni che vedono vincitori i partiti dei conservatori (aprile 1848), non vuole più tornare a casa e vuole eliminare ogni legame con la borghesia, diventando una prostituta. •Carlo Arteusi, anche detto “Sciagura” è il gerarca fascista prepotente che pianifica l’imboscata di Mario Bolognesi, il generale del Partito fascista, che lui ritiene troppo debole per dirigerlo. Egli è anche il responsabile dell’eccidio del ’43, del quale sa bene che Barilari è testimone, perciò si accorda con il farmacista che non ne avrebbe fatto parola. •La popolazione è in un continuo stato d’inquietudine e angoscia. La parte fascista è terrorizzata per la piega che gli eventi post- bellici stanno prendendo, mentre i ferraresi anti-fascisti dopo l’eccidio attuano la Resistenza al fascio. Simboli: •Neve: diviene il simbolo della morte, a tal proposito Bassani sposta gli eventi dal 15 novembre al 15 dicembre, perchè aveva immaginato meglio quei corpi nella neve: “la neve spegne il mondo”; nel ricordo di Anna, la neve diventa una polvere che illumina il dramma avvenuto”; ogni forma di dolore è destinata all’oblio in quanto la neve è come una polvere che avvolge la città che alle fucilazioni reagì mettendosi in fila per la tessera del fascio. È inoltre un elemento che ricorre spesso nei romanzi di Bassani. •Nebbia: nel film diretto dal regista italiano Vancini, rende l’atmosfera più cupa e rappresenta lo stato d’animo dei ferraresi negli anni ’40. dovuto essere tra le vittime ma riuscì a scamparla. Nel secondo dopoguerra l’Italia ritrova lentamente il proprio benessere e quindi non vuole ricordare il passato. Ferrara è quindi proiettata verso la rimozione di questi fatti. L’aggettivo “tetri” da una connotazione alla città e all’atmosfera del tempo. Durante il processo Sciagura viene chiamato come imputato e Pino come testimone. Tutti pensano che Pino stia per incolpare Sciagura, ma ancora una volta si sottomette e mente dicendo che stava “dormendo”. Anche la moglie mostra una certa ansia nel leggere le intenzioni del marito dalle sue espressioni. V parte: Tornato a casa Pino riprende ad osservare dalla finestra la vita della città, con uno sguardo diverso. Egli si è munito addirittura di un binocolo. Nell’ aprile del ’48 dopo la separazione tra i due coniugi, Anna affitta un’altra casa di fronte alla Giovecca, a ridosso del marciapiede, come suggerire che sia diventata una prostituta. Nonostante avesse quasi 30 anni ritorna ad atteggiarsi come una ragazza e ritorna l’espressione di “innato puttanesimo”. Il racconto dell’eccidio ha una terza prospettiva, ossia quella di Anna. L’evento è narrato a frammenti in quanto lei ci racconta la parte finale. Sono le 4 del mattino quando la sparatoria giunge al termine e vede alla finestra il marito alla finestra. Mentre la moglie si precipita dentro pensa alla bugia che si deve inventare per giustificarsi. Pino è già a letto con le coperte tirate fin sopra alle orecchie, e sembra già addormentato. La moglie rimane nel dubbio perenne se sia stata vista o no dal marito, fin quando Anna esplode dicendogli che l’aveva tradito con Franco. La causa della loro separazione è proprio la folle maniosa ossessione che invade Pino, dell’essere tutto il giorno attaccato a quella finestra da cui può spiare con un binocolo la gente, talvolta ridacchiando. Il silenzio in tribunale di Pino è ambivalente: vige un’atmosfera ansiosa e terrificante all’idea che Pino possa confessare il tradimento della moglie o la colpevolezza di Sciagura o entrambi. Il silenzio che perdura fino alla fine è parte caratterizzante di Pino Barilari che si rifugia continuamente in esso e contribuisce a creare suspance durante il processo. Gli occhiali d’oro (1958) Contesto storico: Biennio rosso (1919/1920)—lotte sindacali operaie influenzate dalla rivoluzione russa del 1917. Delitto Matteotti. promulgazione leggi razziali (1938). Trama: Un giovane studente ebreo della facoltà di lettere (si crede Bassani stesso) racconta la storia tramite la narrazione in prima persona. Il dottor Fadigati, già affermato medico a Ferrara di provenienza veneziana, è conosciuto sia per la sua abilità, la sua raffinatezza e la sua cultura, sia per la sua presunta e latente omosessualità, che gli costa l'emarginazione dalla sua alta classe sociale, sorte analoga, sia pur cagionata da diverse ragioni, a quella che poi capiterà anche al narratore della storia, in seguito all'emanazione delle leggi razziali da parte del regime fascista. Inizia a prendere lo stesso treno mattutino per Bologna del narratore e dei suoi amici. Sul treno, tra i ragazzi universitari, conoscerà anche lo scapestrato ed egoista Delilliers: giovane e ribelle pronto a giocarsi tutto nella vita, che non esita ad usare la sua sfrontatezza, il suo fascino, la sua bellezza per ammaliare lo stesso dottore e prendersi gioco di lui, sfruttandolo per i suoi desideri egoistici. Fadigati diventerà vittima del ragazzo e sconterà, per questo amore omosessuale, la pena dell'isolamento dalla Ferrara benestante. Il narratore, un po' perché nella stessa condizione di emarginazione dovuta alle sue origini ebraiche, un po' per compassione, inizia a frequentare in amicizia il dottore, che accetta di essere messo al bando dalla società ferrarese per colpa del suo amore con Delilliers, che tanto lo rispettava. Quando verrà abbandonato dal suo giovane amore, scappato con i suoi beni ed i suoi soldi, Fadigati inizierà un periodo di depressione che lo porterà poi al suicidio. Analisi: Questo romanzo è il primo di Bassani ed è il primo in cui compare l’io narrante che talvolta si mescola con la voce corale di Ferrara, già sperimentata precendentemente nelle cinque storie ferraresi, dove rappresenta il punto di vista da cui sono narrate le vicende. L’autore ricorre all’utilizzo del discorso indiretto libero che è il registro preponderante dei racconti appena nominati. Dalla pubblicazione avvenuta nel ’58, si può intuire che non si tratta sicuramente di un romanzo scritto sull’onda del momento ma esattamente 20 anni più tardi. Uno dei riferimenti più noti è il romanzo di Thomas Mann “La morte a Venezia”, per il tema dell’omosessualità, la solitudine, la morte e anche per le descrizioni che si rifanno all’epoca neoclassica ad esempio il paragone di Tazio e Delliliers ad una statua greca dai lineamenti perfetti. Gli occhiali d’oro oltre ad avere una forte simbologia nella quale il protagonista si identifica, è anche una sorta di sineddoche, in quanto gli occhiali diventano l’emblema, l’elemento essenziale e identificativo di Fadigati. Non è un caso che quando Eraldo prende a pugni Fadigati nell’albergo, vada a colpire proprio gli occhiali distruggendo metaforicamente la sua essenza. Gli occhiali costituiscono anche una sorta di barriera, che fa proprio riferimento alla sua emarginazione nella realtà fascista che lo accomuna con il narratore e alla sua segregazione finale, considerando che la letteratura di Bassani è piena di barriere (le mura, gli occhiali, il giardino e la porta). Nel commento di Enzo Neppi riguardo al pugno: il colpo è diretto alla vista proprio perchè il suo desiderio passa attraverso la vista, e dunque è punito “nell’organo che ha peccato”. Fadigati è un personaggio estremamente statico e contemplativo, viene connotato quasi esclusivamente per il senso della vista (difatti viene riconosciuto dal narratore nel cinema proprio per lo scintillio dei suoi occhiali): durante il primo incontro in gelateria, all’arrivo a Riccione, durante la partita di tennis o in sala dato che l’epoca in cui vive è quella della seconda (riferimento al biennio rosso). I fatti storici (fascismo e biennio rosso) sono connessi direttamente ai fatti privati, ad esempio l’ascesa del dottor Fadigati si aggancia ad un determinato periodo storico. L’aspetto che più connota il personaggio, prima ancora di scoprire la sua omosessualità, è la solitudine: egli lascia la città di Venezia dopo essere rimasto solo a causa della morte di ambedue i genitori e dell’amata sorella. Vengono citati subito tra gli elementi identificativi e più rassicuranti gli occhiali d’oro. Segue una descrizione piuttosto dettagliata del suo ambulatorio a Ferrara che è stato la sua fortuna nella nuova città. Come detto in questo romanzo l’autore adotta un nuovo registro nonostante non abbandoni il discorso indiretto libero, mettendo in luce gli aspetti più problematici della coscienza ferrarese, che poi determineranno il suo isolamento. L’ambulatorio è descritto come un ambiente stimolante per il cervello ma anche comodo, piacevole e signorile. Viene quindi messa in luce anche la segretezza e il mistero della sua vita privata che fa parlare tanto i ferraresi. Questa curiosità assillante dei concittadini si connota come elemento tipico del bigottismo provinciale. La domanda che assilla la gente in tutti i momenti della giornata è perchè mai non. Abbia già preso moglie, considerata la sua età e il suo posto di lavoro più che rispettabile.L’elemento del Corriere della sera è un elemento tipico che allude alle abitudini borghesi ("il giornale della borghesia”) che col passare del tempo sarà sempre più influenzato dal fascismo. Sul corriere ci sarà anche un’articolo riguardante la guerra civile spagnola. La divisione in classi viene mantenuta anche al cinema: nonostante Fadigati sia un borghese si siede in fondo tra la componente plebea della città (aspetto stridente che fa parlare le persone), definendo il suo gesto molto bohémien (indole da artista). Ed ecco che iniziano a diffondersi le prime supposizioni a questa più volte citata domanda: forse aveva delle amanti infermiere che vedeva solo durante il lavoro. Viene citato il Dottor Corvos, il più illustre dei medici ferraresi che dal semplice frequentare un infermiera poi fu costretto a tenersela dai familiari di lei (personaggio che compare anche nel racconto la passeggiata prima di cena). Quindi tra i romanzi di Ferrara non c’è solo una continuità per l’ambientazione ma anche per i personaggi. I puntini di sospensione lasciano dei dubbi al lettore fin quando non viene esplicitata la sua omosessualità. Il terzo capitolo è proprio interamente occupato dai pettegolezzi sulla presunta omosessualità del protagonista. La gente è stupita dal fatto che in dieci anni di conoscenza non abbia mai sospettato della sua diversa orientazione sessuale. Infatti il suo stile aveva sempre lasciato un po perplessa la gente per la sua riservatezza (dissimulava i suoi gusti per non fare scandalo). L’io narrante utilizza il termine “argomenti indecorosi”: egli si mescola, si fonde con il tessuto sociale perbenismo e bigotto, però poi nel corso del romanzo lo vedremo maturare una coscienza autonoma, staccata, a causa della solitudine che lo porta a sentire empatia per il dottore. Nonostante lo scalpore iniziale, Fadigati non cade in disgrazia grazie alla sua riservatezza. Viene citato il dottor Jekyll con cui si identifica Fadigati per la comune doppia vita che conduce. Iniziano quindi numerose supposizioni su chi possano essere i suoi amanti: si presume che la sua posizione al cinema era legata al fatto che aveva un debole per i militari. I problemi iniziano a manifestarsi a partire dal viaggio a Riccione, luogo di vacanza di tutti i ferraresi, dove viene colto in compagnia di Eraldo Delliliers. Il quarto capitolo racconta finalmente il modo con cui la vicenda di Fadigati s’intreccia con quella del narratore, che è un pendolare universitario fra Ferrara e Bologna. L’anno è il ’36, poco prima della promulgazione delle leggi razziali e anno in cui ha inizio la guerra civile spagnola. Viene citato uno dei pochi aspetti positivi dell’epoca fascista in cui i treni erano diventati puntuali grazie al sistematico controllo del Ministro degli interni alla stazione pronto a rimproverare il ferroviere in caso di ritardo, anche se poi a Bologna il protagonista dice che arrivava comunque in ritardo. Egli è uno studente di lettere e si trova in compagnia di altri tre studenti, Bianca, Bottecchiari ed Eraldo Delliliers, piuttosto svogliato e dal carattere abbassante sprezzante che è uno studente di giurisprudenza. Nella parte finale del capitolo sembra che Bassani voglia raffigurare questa generazione di ragazzi nella quale anche lui si inserisce, come una generazione perduta (Bianca rimarrà vedova perchè Bottecchiari avrà un incidente aereonautico) cresciuta e formata negli anni del fascismo. L’istruzione fascista subisce un processo di propagandizzazione ( “libro e moschetto, fascista perfetto”), infatti si presumeva che uno studente non apprendesse solo la cultura ma anche l’ideologia e l’addestramento militare. Su questo treno sale anche il dottor Fadigati dopo essersi preso libera docenza per andare a Bologna, facendo la conoscenza con il protagonista. Egli viene definito da Eraldo, che potrebbe connotarsi come una versione benestante dei ragazzi di vita, con tono offensivo come un “vecchio finocchio”. È la prima definizione così esplicita. Il quinto capitolo racconto del primo e vero proprio incontro tra Fadigati e l’io narrante sul treno. Egli e i suoi amici lo osservano mentre guarda imperscrutabile la gente ammassarsi per salire sul vagone di terza classe, con sguardo d’invidia e di rimpianto, da recluso. Questo sembra quasi un presagio del suo futuro quando sarà un emarginato sociale, uno sconfinato politico. Egli chiede al ferroviere il permesso di passare in terza classe in quanto in seconda si sente solo. Ritorna il tema della memoria che allude alla scelta dell’autore di aver trattato l’argomento dopo del tempo, aspettando che si sia “raffreddato”, in modo da riflettere con tutta la calma sull’accaduto. Fadigati quindi riconoscendo i ragazzi, dato che in tenera età venivano spesso all’ambulatorio, comincia a parlare e diventa loro amico. Nel sesto capitolo il narratore si chiede se il dottore sappia della sua “inversione sessuale”, dato che parla con loro come se non fosse trapelato niente in città. Il narratore non intende dissociarsi nelle formazioni badogliane, con il nome di battaglia di Milton. Milton è innamorato di Fulvia, una bella ragazza torinese di buona famiglia, sfollata per qualche tempo ad Alba, prima dell'armistizio del settembre 1943, dove Milton l'aveva conosciuta. Diversi mesi dopo la sua partenza, con la guerra partigiana in pieno svolgimento, Milton spinto dalla nostalgia fa ritorno alla villa dove erano soliti passare le loro serate. Qui incontra la guardiana della villa, che lo conosceva fin da quel periodo, e le chiede il permesso di visitare quei luoghi per lui così cari e densi di ricordi. Durante la visita alla villa, l'anziana guardiana accenna a una relazione tra Fulvia e Giorgio, amico di Milton, e suo compagno partigiano. Milton, quasi incredulo, vuole trovare Giorgio e chiedergli la verità sulla relazione. Si mette così in viaggio verso il reggimento in cui si trovava Giorgio, ma non lo trova. Poco dopo arriva la notizia che è stato catturato dai fascisti. Milton va alla ricerca di un prigioniero nemico da scambiare con Giorgio prima che questi venga giustiziato e solo dopo giorni di vagare fra le colline nebbiose riceve un'informazione da una vecchia, nei pressi della città in cui è tenuto Giorgio: un sottufficiale nemico ha intrecciato una relazione con una donna che abita lì vicino, e spesso in diversi momenti della giornata si reca da questa per fare l'amore. Milton riesce a catturarlo per scambiarlo con Giorgio, ma questo impaurito tenta la fuga in un momento di distrazione del partigiano, che è costretto a sparargli. Quando ormai ogni speranza di liberare l'amico è perduta e con esso anche la verità sull'amore di Fulvia, Milton ritorna nella villa in collina per chiedere alla vecchia guardiana tutta la verità sulle scappatelle notturne di Fulvia, ma viene sorpreso dai fascisti e si mette in fuga, inseguito da questi che gli scaricano colpi di mitraglia addosso. Milton, probabilmente ferito e spossato, giungerà dopo una folle corsa nei pressi di un bosco e crollerà a terra. Il finale del libro ha suscitato molte discussioni fra la critica, in quanto l'autore non chiarisce l'inseguimento di Milton e la sua condizione, e ciò ha fatto pensare ad un romanzo incompiuto, essendo stato, fra l'altro, ritrovato dopo la morte dello scrittore e pubblicato postumo (2 mesi dopo la morte dell’autore): non viene, ad esempio, scritto che il partigiano è colpito dai proiettili nemici, né che muore alla fine, dopo esser caduto a terra. Non viene menzionata la presenza di sangue e, nel caso in cui l'autore avesse deciso di concludere il romanzo con la morte del protagonista, questa morte è possibile che sia avvenuta per la spossatezza e il dolore per il tradimento ricevuto da Fulvia, più che per le ferite del nemico. Prefazione (Pedullà): •Dal ’59 a ’60 furono degli anni di intensa attività letteraria per Fenoglio, durante i quali grazie alle sue opere ( I ventitré giorni della città di Alba, La malora e Primavera di bellezza ) varcò i confini regionali piemontesi facendosi conoscere in tutta Italia soprattutto per appartenere alla Letteratura della Resistenza •Fenoglio ha una duplice specializzazione: la Resistenza e le Langhe, ambientazione di collina piemontese in provincia di Cuneo dove ebbero luogo numerose battaglie durante il periodo della guerra civile •Fenoglio considerava la Resistenza solo come un argomento transitorio del proprio percorso di scrittore, ma anche quando lui stesso annunciò “Basta coi partigiani!” , trovava nuove ispirazioni e nuove trame da sviluppare a riguardo di quel tema, che lui stesso definì oltre che come risorsa anche come prigione. •Nella lettera a Garzanti, egli spiega il sua addio definitivo alla Resistenza con la morte di Johnny nel settembre del ’43, con la pubblicazione nel ’59 di Primavera di bellezza, per finalmente dedicarsi al genere romanzesco. •Per romanzo Fenoglio s’intendeva non solo il contenuto di mole maggiore, ma anche una struttura circolare, dove l’inizio e la fine è caratterizzata dagli stessi personaggi. •Come testimonia il primo romanzo “dai modi romanzeschi”, ossia Una questione privata, oltre all’evidente struttura circolare, è palese l’intento dell’autore di privilegiare la trama individuale dei personaggi piuttosto che l’affresco collettivo, vale a dire lo sfondo storico della Resistenza. •Il titolo del romanzo non allude solo al tema sentimentale, che Fenoglio non aggiunge come semplice ingrediente supplementare ma come parte costitutiva, ma anche all’isolamento che il protagonista, Milton si crea dal mondo esterno: a causa della sua ossessiva ricerca, egli sembra dimenticare la guerra civile e sembra perdere ogni contatto col mondo esteriore (da cui l’insistenza sul motivo della sua “cecità” ) (dal Sentiero dei nidi di ragno di Calvino) ““…E fu il più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava, Beppe Fenoglio, e arrivò a scriverlo e nemmeno a finirlo, e morì prima di vederlo pubblicato nel pieno dei quarant’anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare adesso c’è e il nostro lavoro ha un coronamento, un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita: la stagione che va dal Sentiero dei nidi di ragno a Una questione privata. Una questione privata è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio come era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente nella memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché” •Romanzo rappresentativo di un’epoca, una generazione, un’evento storico documentarista, Guido Questi che chiede a Fenoglio di scrivergli una sceneggiatura su quello sfondo storico. Fenoglio non vuole essere considerato “uno scrittore partigiano” (testimone della Resistenza che va a raccontare la sua personale esperienza) ma come “uno scrittore e un partigiano”, di qui il motivo perchè affronta il tema “non di petto ma di scorcio”. Fenoglio capisce che per potersi definire uno scrittore a tutti gli effetti deve cominciare a scrivere romanzi con un intreccio e una trama di fantasia, non più biografici e lineari. Se Il partigiano Johnny può essere definito ancora un romanzo lineare, Una questione privata invece può essere considerato la prima opera pienamente romanzesca. Egli inizialmente voleva abbandonare il tema della Resistenza ma in realtà poi continua a lavorare sulla stessa linea, proprio perché costituisce la sua più importante esperienza biografica. Questo romanzo si distingue dagli altri per l’inserimento di un intreccio amoroso. Chiave di lettura: complicato amore letterario tra Milton e Fulvia, che rispecchia quello del poema cavalleresco tra Orlando e Angelica. Giorgio Clerici (personaggio che appare con nome e cognome) sta a rappresentare Medoro, il rivale amoroso di Ariosto. Milton dopo un ritiro partigiano decide di entrare nella villa della famiglia di Fulvia e viene a sapere dalla custode che questo Giorgio ha avuto nel frattempo parecchi incontri notturni con la ragazza. Milton sconvolto scopre che la ragazza non ha nemmeno portato con se il libro che le aveva regalato quindi decide di disertare l’attività partigiana per cercare Clerici, per poi scoprire essere stato catturato dai fascisti. Egli non si da per vinto e decide di scambiare il compagno con un nemico prigioniero ma anche questo tentativo fallisce. Egli torna alla villa per riparlare con la custode ma viene intercettato e inseguito dai fascisti. Il romanzo si chiude come si apre con l’immagine della villa che marca una circolarità dell’opera e l’assenza di una vera conclusione (caratteristica tipica dei romanzi del 900). Contesto storico: anni 43-45 guerra civile partigiana : contrapposizione delle due parti d’Italia (Resistenza e repubblica sociale italiana), decadenza di Mussolini e armistizio italiano (8 settembre del ’43): una parte si allea con i repubblichini e una parte si unisce ai partigiani. Tema comune negli altri due romanzi (Primavera di bellezza e Il partigiano Johnny). La resistenza viene definita una risorsa ma anche una prigione: l’obbiettivo di Fenoglio è proprio quello di scrollarsi di dosso lo scrittore di quart’ordine che pensaci sia in lui “uno scrittore partigiano”. Un modo per superare il mero autobiografismo è aspettare circa 20 anni dopo l’esperienza della resistenza, che non è solo individuale ma anche collettiva quindi far passare del tempo per “raffreddare” la materia narrativa (come fa Bassani dopo le leggi razziali). Decide infatti di scrivere un vero e proprio romanzo, seppur breve. CAPITOLO 1 Milton (nome di battaglia, non anagrafico) personaggio contemplativo che non agisce, molto introverso e reticente. “Il cuore gli batteva in mille posti tutti assurdi”. Descrizione della villa di Fulvia nel paesaggio delle colline langarole ad Alba: quasi abbandonata perché la famiglia se ne già andata a Torino e quindi è disabitata. Tuttavia conserva il suo tipico aspetto idilliaco e reale secondo la prospettiva di Milton. Nell’ottica del protagonista, la vittoria della terra partigiana diventa uno strumento per accelerare il suo incontro con Fulvia. La deviazione figurata di Ariosto nell’Orlando Furioso è rappresentata dalla deviazione di Milton alla villa. Milton è detto ”un brutto” (così chiamato anche da Fulvia con l’articolo indeterminativo non a caso) mentre Giorgio è detto “il bello”. Fulvia nel romanzo rappresenta una sorta di donna angelica ma non in questa prima descrizione di Milton che evoca una serie di ricordi: Fulvia si arrampicava come un “maschiaccio” sul ciliegio. Fulvia chiede a Milton di scriverle una lettera mentre se ne va via al mare ad Alassio con la sua famiglia. Quindi per Milton la donna diventa quasi una musa. Essi si scambiano dei libri in quanto Milton in un certo senso vuole che si acculturi per assumere tutti i tratti stilnovisti della donna angelicata, nel tentativo di controllare l’educazione sentimentale della ragazza. Milton si mostra contemplativo e quasi devoto nei confronti di Fulvia e della sua villa (descrizione di un paesaggio quasi idilliaco). Fulvia entra in scena quasi immediatamente ed è descritta attraverso i ricordi di Milton. Lei non prende sul serio i sentimenti di Milton. Quest’amore ha anche una colonna sonora che è Over the Rainbow (il mago di Oz, un film molto in voga dell’epoca). Di qui è evidente la passione per il cinema e per la musica di Fenoglio e lo stampo della tradizione angloamericana che influenzò molto l’Italia, nonostante il fascismo, di ideologia fortemente nazionalista e patriottica proibiva tutto ciò. Quindi il fatto di fare riferimento alla colonna sonora può essere letto come una ribellione contro il fascismo. CAPITOLO 2 Incontro tra Fulvia e Milton grazie a Clerici. Tratto autobiografico nella descrizione di Clerici: era un “dio inglese” confronto a Milton. Dialogo tra Milton e la custode della villa, che lo definisce come “l’amico della signorina” e dopo “uno degli amici” quindi non il solo, uno dei tanti. Egli non si sente più il solo, l’esclusività gli viene immediatamente sottratta. Milton si sente inizialmente in un luogo stupendo pieno di ricordi, emozionato e nostalgico ma alla notizia della custode il resto della giornata si conclude miseramente. “Il cuore gli batteva” e sente la colonna sonora “Over the Rainbow”. Continua alterazione tra presente e passato narrativo. Via via con il tempo la narrazione si stabilirà sul presente. Sguardo completamente idealizzante sia per quanto riguarda il rapporto con Fulvia ma anche per quanto riguarda la descrizione dei luoghi (ad esempio il salone sembrava il più luminoso posto al mondo). Dialogo immaginario tra Milton e Fulvia nelle quali la donna fa osservazioni puntigliose e velenose nei confronti di Milton. La custode dice che ha paura che Fulvia non ritorni più dopo la guerra. indifferente a quello che sta succedendo (riferimento agli Occhiali d’oro). Milton una volta ottenuto il permesso da Leo (relativamente breve), parte alla ricerca. La cartina di pag 42 rappresenta le varie tappe del percorso dei partigiani che si rifà al cammino cavalleresco. Milton si rivolge a Fulvia come se fosse realmente li ma è solo una sua proiezione immaginaria. Si trovano anche parecchi elementi in comune con “Il canzoniere” di Petrarca: non un caso perché l’amore di Milton per Fulvia si colloca proprio in quella tradizione poetica. Descrizione della generazione della guerra (”i ragazzi era chiamati più a morire che a vivere”). Uso ripetitivo del termine “furore”. Pur di prendere sonno Milton sarebbe stato capace di andare a zonzo per tutta la notte per insospettire le sentinelle. Un altra similarità con l’Orlando è che come il cavaliere del poema per non farsi riconoscere indossa la divisa del nemico per fuggire alla ricerca di Angelica, Milton farà lo stesso ragionamento. Va alla ricerca di Giorgio ma proprio quando vede l’esercito, lo perde di vista a causa della nebbia. Il paesaggio e i luoghi partecipano quasi sempre agli stati d’animo di Milton (descrizione romantica). “è lontana da me quasi quanto è lontana la vittoria della guerra” frase che ricorre anche all'inizio: sembra quasi che la guerra sia un mezzo per accelerare l’incontro con Fulvia. Nel giorno in cui Fulvia chiedeva a Milton di scriverle una lettera, enfatizza ancora una volta il rapporto letterario per altro a senso unico tra i due. Pag 30: anche significativo che mentre Milton viene sempre chiamato col suo nome di battaglia, Giorgio Clerici no, come se non gli servisse un nome di battaglia per dimostrare la sua magnificenza monumentale. Ogni volta che Milton si figura il suo confronto con Giorgio vengono utilizzati sempre i puntini di sospensione (espediente stilistico) usati per altro anche da Bassani per non cadere nell’esplicito. L’amore per Fulvia è un pensiero fisso e totalizzante che ossessiona la sua vita. Il “cuore latitante” nel corpo sottolinea l’estrema razionalità di Milton. A Giorgio potrebbe essere successo qualcosa di grave in quanto non si trova a mangiare con l’esercito. Pag 33 si pensa che Giorgio sia solitario e abbia approfittato della nebbia per restarsene solo. Giorgio viene descritto come una sorta di “superuomo partigiano”. La sua appartatezza viene concepita come una sorta di snobbismo aristocratico, dovuto anche alla sua classe sociale. Si scopre in seguito che Giorgio in realtà è stato arrestato dai fascisti. Chiaramente Milton reagisce mostrando una sua componente affettiva ma rimane indissolubilmente alla sua questione privata. L’obbiettivo di Milton non è più rintracciare Giorgio ma ricercare un altro prigioniero fascista in modo da poterlo scambiare prima che Giorgio venga giustiziato. CAPITOLO 7 pag 54 Milton “gia vestito di fango” è trasfigurato e irriconoscibile agli occhi degli altri. Milton va dall’esercito dei garibaldini fingendo di essere della brigata di Giorgio (badogliani o brigata azzurra) alla ricerca di un prigioniero fascista. La contrapposizione tra le brigate è sottolineata dalla rivalità tra studenti e lavoratori, rispettivamente badogliani e garibaldini. I garibaldini dicono a Milton che ha una gran faccia tosta dal momento che loro badogliani avevano accolto un disertore ed erano pure aiutati dall’esercito americano. L’intento di Fenoglio non è di descrivere la Resistenza come un evento mitico e glorioso ma in tutta la sua crudezza e realisticità (come esempio il dialogo tra il soldato garibaldino e quello badogliano su Mussolini). Durante il cammino di Milton, egli attraversa letteralmente la Resistenza in tutti i suoi aspetti. Il capitolo si chiude con una frase celeberrima “gli uomini presi di spalle sono tutti uguali”. CAPITOLO 8 Capitolo fondamentale che segna l’abbandono definitivo di Milton dal suo ruolo di soldato. Momento in cui abbandona la sua divisa e si manifesta come disertore. Egli affida la divisa ad una signora anziana che poi non tornerà a causa del finale aperto. Ad un certo punto Milton viene definito uno spettro fangoso. Tuttavia tiene le armi. Ancora una volta questo capitolo si rifà alla vicenda cavalleresca per il dialogo con l’anziana signora durante il quale Milton sembra disinteressato: ogni personaggio che Milton incontra viene compreso nella sua questione privata. (Ottobre del 44)La signora gli chiede quando finirà la guerra. Dal punto di vista della signora Milton viene descritto come un ragazzo serio, sottolineando ancora una volta la sua razionalità. Milton torna ossessivamente sulla propria questione privata senza ascoltare l’interlocutore. Milton risponde che non “siamo noi a comandare la guerra ma è la guerra a comandare noi”, frase che riflette il pensiero autobiografico. Questione privata della signora (pag 68): figli morti di tifo nel ’32. Reazione di Milton: si conferma un personaggio che non ascolta e che non mostra empatia verso l’altro. Flashback di Milton riguardo un’ azione congiunta tra i badogliani e i garibaldini, che si trovano alleati contro le brigate nere. Non reazione di Milton verso il dolore altrui (pag 73). Dice alla signora di consegnare la sua roba alla sua brigata nel caso non dovesse tornare. CAPITOLO 9 La vicenda è attraversata da due condizioni atmosferiche: la nebbia e poi la pioggia (violentissima e dolce). La prima cosa a cui pensa Milton è se stesso, poi Fulvia, poi Giorgio e per ultimo la guerra. Egli è in borghese e coperto di fango. Irriconoscibile di fronte ai propri interlocutori. Metamorfosi: da un personaggio serio e iper razionale fino al delirio più estremo. Pag 81 incontro con un altro anziano. Milton arrossisce del proprio imbarbarimento che questa vicenda gli sta facendo subire (“straordinaria infangatura”). Interlocutori a confronto: mentre la signora del capitolo precedente era impietosita dalle uccisioni dei nemici, l’anziano desidera che i partigiani uccidano tutti i fascisti fino all’ultimo. Fenoglio è stato accusato fin dall’esordio di aver dato della Resistenza un immagine troppo cruenta quasi disumana, e non mitica e gloriosa. In realtà egli l’ha voluta rappresentare con l’intento di restare il più possibile fedele a quello che era realmente successo. Una tecnica romanzesca che ricorre è il fatto di utilizzare continue analessi e flashback senza seguire una narrazione lineare. (13 settembre) frainteso le parole della custode che ha segnato l’inizio della sua disillusione amorosa. Lo sforzo di costruirsi questo mondo d’amore con Fulvia è esclusivamente frutto della sua immaginazione. Egli nonostante l’evidente disintiresse di Fulvia mostrato più volte, tenta di ricucirle addosso la figura di donna angelica innamorata di lui. CAPITOLO 12 Segna nella vicenda uno stacco totale, una cesura in quanto non c’è Milton. Crudeltà della parte fascista fin d’ora non discussa e descrizione delle conseguenze delle azioni poco lucide di Milton. Dopo il ritrovamento del cadavere del sergente, il comandante fascista da l’ordine di vendicare l’assassinio. Momento forse più drammatico del romanzo (stile piuttosto asciutto). Questi due ragazzini (Riccio e Bellini) protestano per l’esecuzione imminente senza capirne la ragione. Il capitolo si conclude con il richiamo disperato di Riccio della mamma. Tono ideologico che spicca per essere diverso rispetto agli altri. Scopo ideologico e narrativo: elencare le conseguenze che hanno avuto le azioni di Milton. CAPITOLO 13 Pioveva come non mai. Egli sembra abbandonare il proposito di andarsene dalla villa, il cui paesaggio sembra partecipare agli stati d’animo del protagonista. Egli rispetto all’inizio non la vede più immacolata ma brutta, decadente e sconquassata. Totale rovesciamento della percezione iniziale ( muri candidi vs i muri grigiastri; Vegetazione di faggi e ciliegi vs vegetazione sconquassata). Personaggio quasi schizofrenico: sembra quasi invocare un proposito e poi puntualmente lo abbandona sempre. Egli è furioso e la pioggia è furiosa. Richiamo di una frase iniziale: “Fulvia sono sempre lo stesso” vs “sono fatto di fango sia dentro che fuori" (sembra restituire metaforicamente quello che il personaggio si sente dentro); “Fulvia non dovevi farmi questo”. Sembra quasi che la donna non abbia più soggettività e che dipenda esclusivamente dall’immagine idealizzata di Milton. Pag 126 il cuore di Milton adesso gli batte in tutti i punti del suo corpo in maniera assurda al contrario dell’inizio. Definito uno “spettro fangoso”. La fine è sancita con l’anafora “correva”. Anche il lettore sembra correre con lui, mentre un battaglione fascista lo rincorre per ucciderlo. Paragone con la caccia di un uccello. All’inizio Milton sembra essere estremamente contemplativo in quanto usa prevalentemente il suo senso preminente, la vista. Nel finale il battito cardiaco pulsa come non mai e corre "alla cieca" (riferimento alla sua emarginazione dal mondo esterno provocata dalla questione privata), come nessuno aveva mai corso e pioveva come non mai (eccezionalità degli eventi). Il suo cervello sembra però tornare in azione. Egli sembra colpevolizzare di tutto Fulvia per aver compiuto quelle azioni. Il femminile come elemento insidioso che si configura come un fattore di distrazione e digressione per i soldati (tempo di uccidere). Prima era stato definito spettro e ora spirito che rischia di incappare nella rete degli angeli. Gli occhi sono bianchi e sembra un “cavallo impazzito”. Era perfettamente conscio della sua fine. Finale che davvero scatena la critica per non avere una vera conclusione. In realtà c’è un finale: “crollò il muro e forse anche Milton stesso”. Personaggio che si configura come soggetto letterario, di parole e di poesia. Se prima Giorgio ha sempre assunto una figura eccezionale, Milton se la guadagna nel finale. Il romanzo potrebbe anche continuare all’infinito. Ricerca nel contempo irrisolvibile e inesauribile. Egli sembra vivere di ricerca ed erranza (condizione esistenziale tipica dei cavalieri erranti e dei paladini).
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