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La Nascita del Verismo: Luigi Capuana e i Malavoglia di Verga, Appunti di Letteratura Italiana

Storia del verismoStoria della Letteratura SicilianaStoria della Letteratura Italiana Moderna

Questo documento reca la recensione di luigi capuana sui malavoglia di verga, pubblicata su «fanfulla della domenica» nel 1881. Capuana riflette sulla novità della produzione di verga e sulla sua accoglienza fredda dal pubblico. Egli identifica capuana come teorico del verismo e sottolinea la sua importanza nella corrente letteraria. Una panoramica della stagione letteraria del verismo, che dura dal 1881 al 1889, e illustra le differenze tra opere come i malavoglia e altre produzioni di verga, come le «storie di una capinera». Inoltre una analisi della situazione storica in cui si sviluppa la letteratura italiana e la relazione tra il discorso politico e quello culturale.

Cosa imparerai

  • Perché Capuana identifica Verga come autore principale del Verismo?
  • Che significa la stagione letteraria del Verismo?
  • Come differiscono i Malavoglia da altre opere di Verga?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 21/08/2019

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Scarica La Nascita del Verismo: Luigi Capuana e i Malavoglia di Verga e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! 26 /03/2019 GIOVANNI VERGA Per la prima volta imbattendosi nei Malavoglia, recensendoli sul «Fanfulla della Domenica» nel maggio del 1881 lo scrittore Capuana spiegava il distacco dell’opera dalla produzione precedente e rifletteva sulla fredda accoglienza del pubblico, ed espresse anche un parere molto forte «Ecco, per esempio io dubito molto che il De Sanctis voglia indursi a fare pei Malavoglia quello che osò per l’Assomoir dello Zola. Eppure mi sembra Verga che pochi dei nostri libri moderni siano meritevoli quanto i Malavoglia, che l’acuta analisi del critico napoletano a farne rinsaldare le bellezze di prim’ordine». Quindi Capuana, sosteneva che De Santis avrebbe avuto necessità di affrontare lo stesso discorso che aveva intrapreso per l’Assomir di Zola, sui Malavoglia di Verga, quindi si sarebbe dovuto esporre alla stessa maniera perché il libro aveva una valenza altrettanto fondativa rispetto a questo nuovo modi di fare letteratura quanto quella che aveva avuto l’opera di Zola. Quindi Capuana subito ebbe una forte percezione del valore incisivo di quest’opera. Del resto la figura di Luigi Capuana, non è una figura marginale a questo discorso, infatti egli viene identificato come fionico del Verismo. Oltre ad essere egli stesso uno degli autori principali di questa corrente, autori dei romanzi come “Giacinta” e “Il marchese di Roccaverdina”, Capuana aveva infatti teorizzato, proprio da un punto di vista estetico quelle che dovevano essere le caratteristiche portanti di questo nuovo modo di fare letteratura. Quindi non è soltanto uno scrittore Verista ma è un teorico che arriva a formulare proprio dei parametri precisi. Un critico come Contini osserva che la grande stagione letteraria del Verismo dura dal 1881 al 1889 e si colloca tra due stagioni mediocri, per quanto riguarda la produzione di Verga e di altri autori Veristi. Infatti bisogna ricordare che Verga non inizia come autore Verista. Come possiamo vedere ci sono delle differenze tra un’opera come i Malavoglia e un romanzo epistolare incentrato sul tema della separazione forzata come le “Storie di una Capinera” come possiamo vedere si tratta di un’evoluzione dei moduli del romanzo completamente diversa. Nel caso di “Storie di una capinera” Verga si confronta con un romanzo epistolare ed ffronta il tema della narrazione forzata che dai Promessi Sposi in poi era stato un tema particolarmente apprezzato dal pubblico. Con I Malavoglia il discorso è completamente diverso, racconta di una famiglia di pescatori che vive in un paesino della Sicilia, Acitrezza, e racconta secondo il suo stile impersonale che è stato codificato appunto da Luigi Capuana, in base anche alla grande produzione francese naturalista. Però possiamo dire che il Verismo italiano non nasce solo come mutazione del naturalismo francese, in realtà, come abbiamo potuto costatare, l’attenzione al reale, al vero, era un’attenzione praticata da autori che abbiamo costeggiato fino a questo momento, l’attenzione per il bello di Leopardi ed esempio, l’attenzione per il bello di Manzoni, l’attenzione per il bello proposta dal Romanticismo stesso, quindi era un’attitudine per un erto tipo di letteratura che fino a questo momento si era fatta. Quindi il discorso del Verismo non è qualcosa di assolutamente nuovo per l’Italia sul modello francese, ma è qualcosa che sta sviluppandosi da tempo da cui ci sono stati già degli spunti che poi sta avendo un’evoluzione. Infatti la questione della realtà è una questione che era stata sentita profondamente dai romantici, e che Manzoni aveva vissuto in prima persona che aveva affrontato con grande impegno, quindi nulla di così nuovo. Chiaramente siamo in una fase storica particolare dove iniziano ad arrivare potenti elementi di altre culture europee, il Romanticismo aveva stabilito anche questo, che la letteratura italiana non dovesse essere più chiusa su se stessa ma dovesse aprirsi alla lezione delle altre, quindi la lettura degli autori francesi, gli autori del naturalismo, era una lettura avvincente con la quale si iniziavano a misurare delle difficoltà da parte degli scrittori italiani. Bisogna tener presente che siamo nella seconda parte dell’800, che il discorso sul reale, sul vero, era già stato imbastito sui romantici, come ad esempio Manzoni, la letteratura italiana proprio per le sollecitazioni dei romantici, era una letteratura aperta, attenta, capace di accogliere le lezioni che partivano da altre realtà. Da un punto di vista storico dobbiamo ricordare che gli anni della seconda metà dell’800, sono gli anni in cui gli animi risorgimentali iniziano a manifestarsi sempre più prepotentemente, abbiamo avuto nel 1820 i primi moti, 1830 i secondi moti, i famosissimi moti del 1848 e quindi ci troviamo a ridosso di questa stagione, il passaggio successivo sarà quello dell’Unità d’Italia. Dal punto di vista politico si stava vivendo una stagione intensissima, in cui la letteratura doveva, ovviamente, partecipare, sottolineare, enfatizzare, dire la sua. Il discorso politico non poteva essere separato dal discorso culturale, quindi vi è una reciprocità di argomentazione, la letteratura guarda con slancio a quanto politicamente si sta iniziando a prospettare. La politica si stacca dalla letteratura perché, e questa è una lezione sancita da Federico II di Svevia, mai un discorso politico può essere esclusivamente tale, è sempre un discorso culturale, e perché questo discorso possa attecchire, è necessario che ci sia un’ideologia a sostenerla. Cosa disegna un’ideologia? Sicuramente anche la letteratura. Basta ricordare che vi è una reciprocità tra scontri politici e scontri letterali. La letteratura racconta la situazione e viceversa, la situazione politica non può ispirare la produzione letteraria. Gli intellettuali che vivono in questo periodo, come Verga e Capuana, sono degli intellettuali che vedono la rapidissima evoluzione di quel momento storico. Talvolta sono appassionati da quello che sta accadendo, partecipano in prima persona ai moti risorgimentali, tantissimi sono gli scrittori che sono anche patrioti, in altri casi, come nel caso di Verga, sta assistendo, guardando e commentando tutto quello che accade, si tende a conservare una posizione di separatezza. Verga non riesce a condividere pienamente quello che sta accadendo, segue, sembra partecipargli nella sua prima fase, nella fase verista, invece, sembra assumere un atteggiamento lettura raziocinante, in tutto quello che si svolge prepotentemente intorno a lui. Era molto critica che gli impedisce una vera condivisione del nuovo slancio politico. Perché? Perché siamo comunque al cospetto di un autore siciliano e ovviamente la Sicilia è una realtà a se come il resto del meridione. Si parla del Regno delle due Sicilie, un contesto che aveva prodotto i migliori illuministi del ‘6oo. Quando poi, si ritorna alla Restaurazione con il Congresso di Vienna, il Mezzogiorno ritorna alle posizioni più antiche, come se tutto quello che avessero teorizzato gli illuministi fosse stato negato con violenza, quindi Verga appartiene a questo contesto sociale. Una realtà sicuramente arretrata, che tuttavia si rapportava in maniera contraddittoria nel resto del paese. È semplice cambiare la realtà siciliana? Assolutamente no. Quindi questi scrittori in realtà, magari inizialmente provano a partecipare con slancio anche alla letteratura di taglio risorgimentale, però poi vedono che è complicatissimo provare a cambiare questo status quo. Del resto il meridione è caratterizzato da un analfabetismo tostissimo, quando si realizza l’Unità d’Italia le masse meridionali sono appunto, masse di analfabeti. Nel meridione c’è un fenomeno di brigantaggio sconvolgente, che appunto segna la realtà economica del paese. Anche se il brigantaggio viene trattato come una rivoluzionaria forza che provava a risarcire le classi sociali, in realtà è sempre un fenomeno che ha azzerato la possibilità di un’evoluzione legale del mezzogiorno. Nel mezzogiorno c’è un feudalesimo quasi medievale, quindi una situazione davvero complessa, per cui, anche se questi autori giovanissimi, come Verga, Capuano, si affacciano a quello che sta accadendo, pensano di parteciparvi, in qualche modo i primi romanzi, soprattutto i primi di Verga, pensano di dare il loro contributo alla letteratura risorgimentale, man mano che proseguono nel loro cammino, incominciano ad avere una percezione completamente diversa delle cose. Così Verga si rende conto dell’estrema difficoltà che possa realizzarsi una svolta progressista nel mondo della Sicilia, nel mondo al quale appartiene. Comunque questo non impedisce ai giovani siciliani di leggere appassionatamente le opere francesi e di osservare dalla barratura francese il canone dell’impersonalità. Che è un canone meraviglioso, fantastico, ipotesi letteraria che non può non creare dei seguaci. Flaubert teorizzava che i personaggi e le opere non dovevano essere imposte come delle creazioni esterne, non dovevano avere la mano evidente del narratore che le aveva create, non dovevano assolutamente avere un’impostazione ottocentesca, ma dovevano apparire come dei prodotti autonomi, quindi come dei prodotti consequenziali, con le proprie regole interne e i personaggi stessi dovevano avere un’evoluzione consequenziale alla loro stessa natura. Quindi, cosa faceva la letteratura di fronte ad una simile visione? Doveva dedicarsi a registrare oggettivamente quello che il mondo reale offriva. Quindi delle storie che si svolgevano secondo le loro regole, i personaggi che cambiavano e vivevano secondo le loro regole, la letteratura, lo scrittore non doveva orchestrare, organizzare, manifestarsi, orientare, dare un’impostazione ideologica, no, doveva limitarsi a fotografare. Perché si stava andando in questa direzione? Perché la scienza stava andando in questa direzione, si stava affermando il positivismo, si stava affermando tutta una corrente epistemologica, che aveva quest’appoggio laico, lucido, oggettivo, alla realtà. La realtà andava osservata, analizzata, magari riprodotta nei fenomeni che erano tecnicamente riproducibili, e oggettivamene raccontata. Per cui lo scrittore doveva svolgere la figura del fotografo, quindi a limitarsi ad un’oggettiva analisi e ad un’oggettiva trasposizione di quello che vedeva in letteratura. Questo discorso sul naturalismo francese era irrealizzabile, gli scrittori francesi che perseguivano il naturalismo, in realtà partecipavano pienamente alle opere che mettevano insieme ed avevano una progettualità. Qual era? Raccontare la situazione di degrado urbano, quindi, Parigi ad esempio, si soffermavano volutamente sulle metropoli perché offrivano materia interessantissima, gli strati bassi, i disagiati, le donne costrette ad una vita di stenti di lavori e di sacrificio, oppure provavano ad avere un miglioramento, un’ascesa sociale ma venivano coinvolti in compiti sempre più complessi, situazioni che non gli appartenevano quindi venivano segnati in questo tentativo di evoluzione. Avevano una ciclica progettualità nello scrivere i loro romanzi, cioè una visione nei romanzi a ciclo. In un romanzo avrebbero affrontato una certa tematica sociale, ed
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