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letteratura italiana contemporanea, Appunti di Letteratura Contemporanea

tratta gli argomenti affrontati in classe con l'aggiunta delle slide caricate dalla prof

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 16/12/2023

silvia-brusco-1
silvia-brusco-1 🇮🇹

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica letteratura italiana contemporanea e più Appunti in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! CARLO EMILIO GADDA (1893-1973) • Frequenta il politecnico di Milano e diventa ingegnere, ma in seguito studierà filosofia >> questa formazione, a metà tra scienza e filosofia, influenzerà molto la sua scrittura, vista come una forma di conoscenza della realtà • La scrittura è tuttavia, secondo Gadda, una forma di deformazione della realtà >> le parole non possono «rappresentare» le cose per come sono, ogni atto linguistico è un'interpretazione della realtà) Quer pasticciaccio brutto de via Merulana Il romanzo che ha reso famoso Gadda e che meglio rappresenta la poetica dell’autore. I primi capitoli compaiono sulla rivista «Letteratura» nel 1946; dopo una lunga gestazione e diversi rimaneggiamenti, il romanzo viene pubblicato in volume nel 1957 da Garzanti. La vicenda è ambientata nel 1927, sotto il Fascismo, in un quartiere borghese di Roma. La struttura di base del romanzo è quella del poliziesco • I delitti: il furto dei gioielli della marchesa Menegazzi e l’assassinio di Liliana Balducci • L’investigatore è il commissario Don Ciccio Ingravallo Genere letterario e struttura del romanzo Gadda decostruisce il genere poliziesco rovesciando i presupposti e le caratteristiche che convenzionalmente definiscono il genere >> costruisce una sorta di ‘’anti-giallo’’ • Non si scopre la verità e non c’è un finale narrativo (non sappiamo esattamente chi è l’assassino) [attenzione alla differenza tra un romanzo che rimane incompiuto e un romanzo che rimane con un finale «aperto»] • Le indagini proseguono per supposizioni e intuizioni, non seguono la logica deduttiva tipica del poliziesco Cap. 10, Il finale del romanzo Fuori il nome!» urlò don Ciccio. «La polizzia lo conosce già chesto nome. Se lo dite subbito,» la voce divenne grave, suasiva: «è tanto di guadagnato anche pe vvoi». «Sor dottò,» ripeté la Tina a prender tempo, esitante, «come j’ ‘o posso dì, che nun so gnene?» «Anche troppo lo sai, bugiarda,» urlò Ingravallo di nuovo, grugno a grugno. […] «No, sor dottò, no, no, nun so’ stata io!» implorò allora la ragazza, simulando, forse, e in parte godendo, una paura di dovere: quella che nu poco sbianca il visetto,e tuttavia resiste a minacce. Una vitalità splendida, […] una fede imperterrita negli enunciati di sue carni, ch’ella pareva scagliare audacemente all’offesa, in un subito corruccio, in un cipiglio: «No, nun so’ stata io!» Il grido incredibile bloccò il furore dell’ossesso. Egli non intese, là pe llà, ciò che la sua anima era in procinto d’intendere. Quella piega nera verticale tra i due sopraccigli dell’ira, nel volto bianchissimo della ragazza, lo paralizzò, lo indusse a riflettere: a ripentirsi, quasi». • L’andamento delle indagini non è «lineare», il discorso presenta continue divagazioni, parentesi, digressioni, etc. >> l’obiettivo non è l’accertamento dei fatti, ma un loro perenne commento • La voce del narratore non è affidabile; i ‘’fatti’’ vengono descritti da molte voci diverse = polifonia (vedi brano. Il commissario Ingravallo) Cap. 1, Il commissario Ingravallo [il commissario] Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuoi dire gomitolo. Ma il termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia. L’opinione che bisognasse «riformare in noi il senso della categoria di causa» quale avevamo dai filosofi, da Aristotele o da Emmanuele Kant, e sostituire alla causa le cause era in lui una opinione centrale e persistente: una fissazione, quasi Poetica e ‘visione del mondo’ La struttura del romanzo e lo stile di scrittura riflettono l’idea di Gadda sulla realtà fenomenica. Logica e razionalità (che secondo antiche categorie filosofiche portano al raggiungimento della verità) falliscono davanti alla molteplicità indescrivibile che caratterizza la realtà fenomenica Questione gnoseologica >>> crisi dei sistemi interpretativi del mondo nella modernità Questione morale >>> Al delitto come infrazione dell’ordine sociale, segue, nel poliziesco, la scoperta della verità e la punizione dell’assassino come IL NEOREALISMO Tendenza artistica che si afferma nel cinema italiano negli anni Quaranta; i registi più noti sono Luchino Visconti (Ossessione, ‘43), Roberto Rossellini (Roma città aperta, ‘45), Vittorio De sica (Ladri di biciclette, ‘48) Il Neorealismo in letteratura Periodo: 1943-1955/56 [nel ‘43 si organizza la Resistenza Partigiana al nazi-fascismo; nel ‘45 termina la guerra; nel ‘46 l’Italia vota a favore della Repubblica; nel 1948 entra in vigore la nuova costituzione e si tengono le prime elezioni politiche, in cui vince la Democrazia cristiana; De Gasperi (DC) al governo fino al ‘53; l’altra grande forza politica è il Partito comunista; nel ‘56 invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS, inoltre vengono resi noti i crimini di Stalin >> grande crisi degli intellettuali di sinistra (cfr. in particolare Calvino ] Gli intellettuali sentono il dovere morale e politico di impegnarsi nella ricostruzione del Paese, devastato economicamente e socialmente dalla guerra, la Seconda guerra mondiale, ma anche la «guerra civile» tra fascisti e non I romanzi e i racconti neorealisti sono inizialmente di tipo cronachistico e documentario, spesso si tratta di memorie e testimonianze personali, è sempre molto profonda la componente autobiografica, specie nella prima fase della tendenza Temi principali: • Guerra partigiana (Vittorini, Uomini e no, ‘45; Renata Viganò, L’Agnese va a morire, ‘49; Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, ‘47; Beppe Fenoglio, Una questione privata, ‘63) • Seconda guerra mondiale (Rigoni Stern, Il sergente nella neve, ‘53) • Campi di sterminio (Primo Levi, Se questo è un uomo, ‘47) • La questione meridionale (Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, ‘45) Il ricordo di Calvino sul Neorealismo dalla seconda prefazione a Il sentiero dei nidi di ragno, 1964 «L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani - che avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano - non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, bruciati, ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d’una sua eredità […] Questo ci tocca oggi, soprattutto: la voce anonima dell’epoca, più forte delle nostre inflessioni individuali ancora incerte. L’essere usciti da un’esperienza - guerra, guerra civile - che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un’immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava la parola di bocca. La rinata libertà di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare: […] la carica esplosiva di libertà che animava il giovane scrittore non era tanto nella sua volontà di documentare o informare, quanto in quella di esprimere. Esprimere che cosa? Noi stessi, il sapore aspro della vita che avevamo appreso allora allora, tante cose che si credeva di sapere o di essere, e forse veramente in quel momento sapevamo ed eravamo […] Il «neorealismo» non fu una scuola. (Cerchiamo di dire le cose con esattezza). Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche - o specialmente delle Italie fino allora più inedite per la letteratura. Senza la varietà di Italie sconosciute l’una all’altra - o che si supponevano sconosciute -, senza la varietà dei dialetti e dei gerghi da far lievitare e impastare nella lingua letteraria, non ci sarebbe stato neorealismo. Ma non fu paesano nel senso del verismo regionale ottocentesco. La caratterizzazione locale voleva dare sapore di verità a una rappresentazione in cui doveva riconoscersi tutto il vasto mondo: come la provincia americana in quegli scrittori degli Anni Trenta di cui tanti critici ci rimproveravano d’essere gli allievi diretti o indiretti. Perciò il linguaggio, lo stile, il ritmo avevano tanta importanza per noi, per questo nostro realismo che doveva essere il più possibile distante dal naturalismo» Le due fasi del Neorealismo Fase spontanea 1943-1948 • Cronache e memorie scritte in prima persona, molteplicità di temi, impegno morale • Documentazione delle condizioni di vita delle masse popolari Fase programmatica 1949-1955/6 • La poetica viene elaborata in linea con le direttive del PCI e il «realismo socialista» • Il personaggio, quasi sempre un operaio o un contadino, deve incarnare l’eroe positivo >> la storia deve comunicare un’ideale di progresso sociale • proletariato VS borghesia • la Storia come progresso Modelli e antecedenti letterari: • Verga e il realismo dell’800 • Realismo italiano degli anni ‘30 (Vittorini, Pavese) • Letteratura americana (Hemingway) La struttura dei romanzi riprende quella del romanzo ottocentesco: • Trama conclusa • Personaggi >> la loro esperienza personale ha valore universale • Narratore omnisciente (nella seconda fase) Vince l’idea che la letteratura sia ‘rispecchiamento della realtà’ (sua rappresentazione ‘fedele’) Vasco Pratolini, Metello (1955) • È un romanzo storico, ambientato a cavallo tra ‘800 e ‘900, ma anche un romanzo di formazione, perché seguiamo lo sviluppo di Metello dalla nascita e poi lo vediamo maturare come ‘eroe’ della classe proletaria • Considerato da alcuni critici vicini al PCI l’esempio migliore di realismo socialista in Italia • Le polemiche sorte a seguito della sua pubblicazione decretano la crisi del Neorealismo ITALO CALVINO(1923-1985) Cenni sulla vita dell’autore •Partecipa alla Resistenza con le Brigate Garibaldi (comuniste) sulle Alpi Marittime (vedi Il Sentiero dei nidi di ragno) •Il suo talento viene scoperto da Pavese e Vittorini, che lavorano presso Einaudi; in seguito, anche Calvino inizia a lavorare per la casa editrice Einaudi •Nel ‘57 fuoriesce dal PCI (dopo i fatti di Ungheria) •Collabora alla rivista «Il Menabò», fondata da Vittorini nel ‘59 •Nel ‘64 si trasferisce a Parigi dove incontra il gruppo dell’Oulipo, ma continua a tenere contatti con l’Italia > inizio della seconda fase poetica •È probabilmente l’autore più noto del ‘900, assieme a Pirandello, e uno dei più letti all’estero Due opere del primo periodo: Il barone rampante e La speculazione edilizia In entrambe il tema centrale è rappresentato dalla figura dell’intellettuale e dalla sua crisi a seguito dei fatti di Ungheria, nel periodo in cui l’autore matura la decisione di lasciare il PCI Il barone rampante (1957) =Teso a carattere fantastico allegorico in cui la figura del protagonista, un ragazzo che decide di trascorrere la sua vita sugli alberi, si fa allegoria della distanza critica richiesta all’intellettuale e, allo stesso tempo, della sua ricerca di una diversa forma d’impegno, slegato dall’ortodossia del partito La speculazione edilizia (1957; in volume nel ‘63) = Romanzo breve fortemente autobiografico in cui il protagonista incarna l’intellettuale in crisi davanti ai nuovi disvalori del boom economico e al fallimento degli ideali della Resistenza. Il ‘secondo periodo’ della produzione di Calvino Dal ‘64 circa nelle opere di Calvino si riscontra il forte interesse per la scienza e un tipo di letteratura basata sul ‘gioco combinatorio’ nella struttura del romanzo. La letteratura è ancora indagine conoscitiva sulla realtà, ma rinuncia ad ottenere una visione complessiva all’interno di un sistema Opere principali: − Le cosmicomiche (1965) e T con 0 (1967) >> racconti ispirati alle teorie scientifiche − Le città invisibili (1972) >> letteratura combinatoria − Il castello dei destini incrociati (1973) >> letteratura combinatoria − Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) >> l’‘’iper-romanzo’’ Le Cosmicomiche Agisce sulla poetica dell’autore l’influenza delle teorie scientifiche sulla formazione dell’universo >> Calvino crede che, come la scienza, anche la letteratura abbia un ruolo nel sistema del sapere e della conoscenza, la letteratura si rivolge però ad altre ‘sfere’ del sapere Nelle Cosmicomiche l’autore raccoglie dei racconti ispirati a diverse teorie scientifiche sul cosmo >> l’epigrafe di ogni racconto contiene la teoria cui è ispirato Le storie hanno carattere comico (vedi il titolo) e sono ispirate alle strisce dei fumetti. Il narratore di tutte le storie è un essere che cambia continuamente forma, di nome QFWFQ. Sembrano racconti di fantascienza, tuttavia, la fantascienza ambienta le storie nel futuro, trasformando l’invenzione dell’autore in una realtà possibile; nelle Cosmicomiche Calvino fa il contrario, ambienta le storie nel passato (l’origine dell’universo) e trasforma il dato scientifico in qualcosa di fantastico Il cosmo si presenta come il risultato di combinazioni possibili, potenziali. Il secondo periodo di Calvino: la combinatoria Nel ‘64 Calvino va a Parigi e conosce il gruppo dell’Oulipo, acronimo di ‘Laboratorio di scrittura potenziale’ >> il gruppo, fondato dallo scrittore Georges Perec, è formato da scrittori e matematici; mira a elaborare nuove forme di letteratura in cui la struttura del testo ha la priorità su tutto il resto La struttura viene ideata sulla base di una regola (costrizione) che l’autore sceglie di seguire (ad esempio scrivere un testo senza una lettera o costruisce le storie seguendo le regole degli scacchi) o sulla base di calcoli matematici (ad es. il calcolo combinatorio) La regola è alla base del gioco dell’immaginazione, la stimola (esattamente come nel gioco per divertirsi sono necessarie delle regole) Il castello dei destini incrociati (1969 e, con l’aggiunta delle Taverna dei destini incrociati 1973), qui il ‘gioco’ costruito da Calvino prevede personaggi muti che si esprimono attraverso l’ordine dato da essi alle carte dei tarocchi >> infinite possibilità di lettura Le città invisibili (1972), ispirato al Milione di Marco Polo; qui la struttura tradizionale a cornice (Marco Polo che racconta le storie al Kublai Khan) si mescola alla struttura combinatoria (i racconti delle città sono organizzati per temi secondo un ordine ideato dall’autore) Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), il protagonista è il lettore, qui Calvino usa la seconda persona (il ‘tu’) e fa diventare protagonista il lettore reale; c’è una cornice (il lettore e la lettrice che cercano il seguito di un romanzo che vogliono leggere) e 10 incipit di romanzo, ognuno diverso >> si parla di iper-romanzo (la struttura allude all’infinità delle combinazioni narrative possibili) e di metaromanzo (romanzo in cui si riflette sulle tecniche del romanzo) IL BARONE RAMPANTE (1957) Genesi del testo e edizioni • Il contesto storico in cui nasce è lo stesso de La speculazione edilizia, dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS nel ‘56 che porta molti intellettuali comunisti ad allontanarsi dal PCI mettendo in crisi il modo di intendere l’impegno politico dell’intellettuale. • La stesura avviene in breve tempo subito dopo la pubblicazione di Fiabe italiane (1956), volume in cui Calvino raccoglie 200 fiabe della tradizione; il lavoro sulle fiabe influenza e modifica profondamente la sua poetica (al tempo Calvino cercava di scrivere un romanzo realista) • Il romanzo (uno dei pochi ‘veri romanzi’ dell’autore, che predilige la misura più breve del racconto) viene pubblicato a seguito de Il visconte dimezzato (1952) e inserito, assieme a quest’ultimo e al successivo Il cavaliere inesistente (1959), nella trilogia I nostri antenati del 1960. lo stesso Calvino concepisce i tre testi all’interno della trilogia finale e suggerisce di leggerli in collegamento tra loro >> Il principio che anima la scrittura dei tre romanzi è simile: si parte da un’immagine, una sorta di metafora presa alla lettera (il dimidiamento del Visconte, il ragazzo sugli alberi nel Barone e l’armatura vuota nel Cavaliere) che mette in moto la trama; i 3 testi hanno significato allegorico (non fissato) • Il romanzo avrà enorme successo e verrà più volte ripubblicato, sia in volume a sé stante che all’interno della trilogia; Calvino scriverà anche una versione per ragazzi già nel ‘59. Trama e struttura •Il romanzo è ambientato nel 1767 nell’immaginario paese di Ombrosa; le vicende coprono un arco cronologico che arriva al 1820. •Il protagonista è Cosimo Piovasco di Rondò, un ragazzino di 12 anni che, a causa di una discussione con i genitori, decide di salire su un albero; da quel momento non scenderà mai più e passerà l’intera vita andando da un albero all’altro. Con questa scelta, tuttavia, Cosimo non si isola dal mondo, riesce invece a intrattenere molti rapporti sociali (vedi ad esempio la storia d’amore con Viola e l’amicizia con il bandito Gian dei Brughi, cui insegna l’amore per i libri) e a partecipare attivamente alla vita del paese (combatte contro i pirati); frequenta una comunità di esuli sugli alberi in un paese vicino; inoltre studia, divenendo un grande intellettuale, e conosce i grandi personaggi della storia (scrive a Voltaire e altri filosofi e scienziati del tempo; incontra Napoleone). Quando sarà prossimo alla morte si farà portare in volo verso il mare da una mongolfiera. •Il narratore (intradiegetico) è suo fratello minore Biagio che, a differenza del protagonista, è un uomo molto ordinario e pragmatico; Biagio spiega che il suo racconto è basato solo in parte su quel che lui stesso ha visto, perché buona parte delle avventure di Cosimo gli sono state raccontate da altri e LA SPECULAZIONE EDILIZIA Genesi del testo e edizioni Il testo viene pubblicato per la prima volta nel 1957 sulla rivista «Botteghe oscure» e in versione integrale nel 1963 Inizialmente è pensato all’interno di una trilogia di racconti intitolata Cronache dagli anni Cinquanta, che avrebbe dovuto comprendere anche La giornata di uno scrutatore (che però verrà pubblicato solo nel 1963) e un racconto mai terminato dal titolo Che spavento l’estate >> la trilogia non viene portata a termine Calvino avrebbe voluto raccontare lo ‘spirito dei tempi’ (anni ‘50) e la reazione dell’intellettuale alla ‘’negatività del presente’’ (nuovi disvalori legati al neocapitalismo), ma termina La giornata di uno scrutatore che già erano iniziati gli anni ‘60 e i tempi gli appaiono cambiati, la pubblicazione appare ‘fuori dal proprio tempo’ Ricordare che, nella prima fase della sua produzione letteraria, Calvino scrive sia racconti fantastici (che Francesca Serra definisce ‘verdi’) che realistici (racconti ‘grigi’); nello specifico la stesura de La speculazione edilizia avviene nel ‘56-’57, in contemporanea a Il barone rampante (e alla preparazione del volume Fiabe italiane) Trama e struttura •Voce narrante: è un racconto in terza persona, il narratore adotta a tratti la prospettiva di Quinto •Struttura: il romanzo (o racconto lungo) è diviso in capitoli attraverso i quali si ha uno svolgimento lineare della trama •Protagonista: Quinto Anfossi, è un intellettuale del PCI, che osserva la caduta degli ideali della Resistenza e l’avvento di una nuova società; a seguito della crisi del ruolo dell’intellettuale nella società, decide di allinearsi ai nuovi valori del profitto (dovuti all’avvento della rivoluzione industriale e del neocapitalismo) e di intraprendere una speculazione edilizia •Altri personaggi: il fratello di Quinto, la madre, l’ingegnere, il notaio, gli avvocati, il vecchio comunista del paese (falegname Masera), e ‘l’antagonista’ imprenditore edile Caisotti Autobiografismo e realismo Il protagonista, Quinto Anfossi, è un personaggio semi-autobiografico, spiega Calvino, e anche gli altri personaggi e l’ambientazione sono ripresi dall’esperienza dell’autore: •Il racconto è ambientato in un paese ligure (Sanremo) •I personaggi ricordano conoscenze reali del paese di Calvino •Quinto un intellettuale che fa i conti con la realtà contemporanea >> la vicenda della villa è probabilmente ispirata alla vita di Calvino, ma qui quello che conta è la posizione dell’intellettuale (autobiografismo intellettuale) rispetto alla negatività del reale >> Calvino parla in proposito di una ‘rabbiosa mimesi del negativo’ (imitazione dello spirito dei tempi corrotti) da parte del personaggio come reazione alla negatività del reale cui Quinto vorrebbe opporsi, ma non riesce L’utilizzo di una vicenda semi-autobiografica, che comprende anche un'analisi psicologica del protagonista, è una scelta particolare per l’autore, che percorre questa strada nel tentativo di scrivere un romanzo di tipo realista, scritto con l’intento di rappresentare la realtà in senso critico, ma in cui confluiscono le meditazioni dell’intellettuale in crisi Alcuni aspetti del romanzo Quinto incarna il motivo della vergogna dell’intellettuale rispetto alla società che cambia e il fallimento degli ideali del dopoguerra •Caisotti è l’anti modello di Quinto: valori del corpo e istinto contro la ragione >> Quinto è attratto da Caisotti, attratto dal ‘negativo’ •Rovesciamento degli ideali dopoguerra: Caisotti rappresenta ‘l’uomo nuovo’ che insegue il profitto, ma era stato partigiano come Quinto >> lo stesso Quinto ormai è lontano da quegli ideali (vedi episodi dell’incontro con Masera e con il filosofo Bruni e il poeta Cerveteri) •In Caisotti vediamo l’operosità del nuovo capitalismo, il modo di fare di «gente pratica, brusca, che bada al sodo» (Caisotti è un ignorante, venuto dalla montagna, che impianta cantieri dappertutto e maneggia milioni in maniera poco onesta, un imprenditore improvvisato e senza scrupoli) >> contro la vecchia borghesia rappresentata dai professionisti del paese (avvocato, notaio, ingegnere) che è conservatrice e parsimoniosa, ma non riesce a comprendere i cambiamenti economici >> Quinto a volte vuol sentirsi vicino a Caisotti altre volte alla vecchia borghesia (come suo padre), ma non appartiene a nessuno dei due mondi •Il fallimento del personaggio: Quinto è destinato al fallimento, è uno dei tanti ‘inetti alla vita’ che troviamo in letteratura (su modello dei personaggi di Italo Svevo) Tra i testi pubblicati sulla rivista compaiono quelli di Volponi, amico di Pasolini, ma anche di Gadda e Calvino; la rivista è interessata maggiormente al panorama nazionale «Il Verri» 1956-ancora attiva •Fondata a Milano e diretta da Luciano Anceschi (critico letterario) •Tra i collaboratori più giovani si trovano Balestrini, Porta, Sanguineti, Pagliarani e Giuliani, futuri fondatori del Gruppo 63, il principale gruppo della Neoavanguardia italiana •La rivista è tutt’ora una delle più autorevoli nell’ambito della critica letteraria Il programma del «Verri» Il «Verri» propone la sprovincializzazione e un rinnovamento a tutto tondo della cultura italiana, attraverso l’apertura a •discipline innovative in campo umanistico che in Italia non erano conosciute o lo erano molto poco [tra queste compaiono la linguistica, lo strutturalismo, la psicoanalisi] •letteratura straniera, specie quelle d’avanguardia e contemporanea •tutte le arti, comprese quindi pittura, musica, teatro e cinema >> tutte le arti sono coinvolte nello stesso rinnovamento culturale, ma in Italia la letteratura è in ritardo •Anche il «Verri» conduce una battaglia serrata contro il Neorealismo e l’Ermetismo, ma propone soluzioni sperimentali ben più ‘’estreme’’ rispetto a «Officina», di fatti sarà la rivista in cui crescerà il fenomeno della Neoavanguardia >> si avvia una polemica tra il «Verri» e «Officina» sulla questione >> Dalle pagine del «Verri» arriva la proposta di tagliare con la tradizione, da «Officina» quella di rielaborarla «Il Menabò» 1959-1967 •Fondata a Milano da Vittorini nel 1959, con l’aiuto di Calvino •Tra i collaboratori molti ex-redattori di «Officina», tra cui Leonetti e Fortini •Ospita testi di Gadda, Leonetti, Fortini, Pasolini, Volponi e degli autori della Neoavanguardia come Pagliarani, Sanguineti, Manganelli •Il titolo allude al modello editoriale di impaginazione >> allude alla progettazione del ‘nuovo’ Anche il «Menabò» si propone di rinnovare la cultura italiana proponendo: •Impegno intellettuale •Una letteratura al passo della contemporaneità, alla società del benessere e allo sviluppo industriale >>> crea non poche discussioni su come rappresentare in modo nuovo la realtà e come mantenere l’impegno rispetto ad essa I fascicoli escono in maniera irregolare; ogni fascicolo è dedicato a uno o due argomenti. Tra i più importanti quello dedicato a ‘letteratura e dialetto’, ‘narrativa di guerra’, ‘narrativa meridionale’, ‘Letteratura e storiografia’ (autori tedeschi), ‘letteratura e industria’ e un numero contenente testi della Neoavanguardia; l’ultimo numero, del ‘67, è dedicato a Vittorini, nel frattempo scomparso. PIER PAOLO PASOLINI 1922-1975 Omosessuale dichiarato e perseguitato dall’opinione pubblica, Pasolini è stato uno dei pensatori più influenti della cultura italiana; assassinato nel 1975, la sua figura è stata per molti aspetti mitizzata. Aderisce al marxismo in maniera eretica e dissenziente rispetto al dogmatismo ideologico del partito. È autore di poesie e romanzi, ma anche regista cinematografico e corsivista su periodici (gli interventi comparsi sul «Corriere della sera» e altre riviste negli anni ’73-5 raccolti in Scritti corsari) OPERE: Tra le raccolte poetiche si ricorda Le ceneri di Gramsci (1957), in cui è centrale la questione ideologica Alcuni film: Accattone ‘61, Uccellacci e uccellini ‘66, Il Decameron ‘71, Salò e le 120 giornate di Sodoma ‘75 I suoi primi romanzi sono: Ragazzi di vita (1955), segna un primo passaggio della lett. italiana oltre il Neorealismo. Per il romanzo Pasolini viene sottoposto a processo per oscenità (a causa delle sequenze di prostituzione giovanile), ma poi assolto Una vita violenta (1959), una sorta di romanzo di formazione ambientato, come il romanzo precedente, nelle borgate romane Nel 1955 fonda assieme a Roversi e Leonetti, la rivista «Officina» Ragazzi di vita (1955) • Genesi del romanzo Il nucleo originario è costituito da 3 racconti comparsi sulla rivista «Paragone» nel 1951, cui segue il racconto intitolato Ragazzi di vita pubblicato nel 1953 sulla stessa rivista. A partire da questi testi e da altri pubblicati o composti nello stesso periodo, l’autore costruisce un testo unitario, il romanzo Ragazzi di vita, pubblicato da Garanti nel 1955. • Struttura del romanzo La struttura risente del processo di gestazione del romanzo, composto da 8 capitoli in cui, pur con grandi salti temporali, il narratore ripercorre la vicenda di alcuni ragazzi delle borgate romane nel passaggio dalla fanciullezza alla giovinezza, rispettando l’ordine cronologico degli eventi [cfr. nozioni di fabula e intreccio]; al contempo i capitoli possono però essere letti come degli episodi indipendenti (micromondi narrativi autonomi) • Narratore (voce narrante) extradiegetico --> narratore non prende parte alla narrazione che lui stesso sta articolando ma narra soltanto il racconto primario. • Ambientazione [spazio e tempo] Italia post-bellica (il racconto inizia nel ‘44, al momento dell’occupazione nazista di Roma, e prosegue fino ai primi ‘50) • Personaggi e trama I protagonisti sono dei ragazzi che vivono nelle povere borgate alla periferia di Roma, appartenenti al sottoproletariato urbano; cresciuti sotto il Fascismo come selvaggi, analfabeti e delinquenti, vivono di espedienti in condizioni di estrema povertà; li seguiamo nel passaggio dall’infanzia alla giovinezza. Il protagonista principale è Riccetto , che dopo l’esperienza del carcere trova lavoro e con esso il riscatto sociale, integrandosi nella nuova società del benessere (figura esemplare) Ragazzi di vita vs il Neorealismo I giovani delle borgate rappresentano per Pasolini un ideale di vitalità (corporalità, visceralità, istintualità) che si oppone al moralismo bigotto della borghesia, impostosi come modello dominante e coercitivo >> si tratta di personaggi quasi amorali (selvaggi), divenuti tali a causa dell’ambiente in cui vivono, che rappresentano una diversità insanabile rispetto alla moralità borghese 45 50 55 60 65 90 95 106 110 così inguaiati.* Il Riccetto se ne stava lì, con le mani già tirate mezze fuori dalle saccocce, e gli occhi che parlavano. Uno sdentato, con la barba nera come il carbone sulle mascelle bianche per la gian- netta," e due occhi da povero cristo, che luccicavano come quelli d’un cane, da ubbriaco, con tutto ch’erano®* le quattro del mattino, gli fece: — Daje® —. Il Riccetto non se lo fece dire due volte, e mentre i canestrari ridacchiavano, dicendo, chini sui bidoni gelati: — Da- je, che mo qua ce magni de grasso. — Approfitta, a maschiè, che qua è na pacchia, — senza filarli” per niente, prese l’altra asse che sporgeva dal camion e con l’altro suo col- lega si mise, di lena, a rotolare dentro il camion i bidoni dell’immondezza e a scaricarli. Una macchia di vapore grigio e sporco, come inchiostro annacquato, intanto s’an- dava allargando per le strisce di cielo che s’intravedevano in cima ai palazzoni, nei vuoti della piazza: e il disastro®* di nuvolette, prima scoloriva, poi veniva assorbito da quel su- diciume. Il bel nuvolone bianco, coi riflessi d’acciaio, s'era smandrappato e sbrillenta- t0,° e ora scompariva pure lui come neve nella fanga.‘ L'estate stava per finire. Per tre ore il Riccetto col paraguletto*! della Borgata Gordiani scaricò bidoni d’immodezza sul camion, sul mucchio che si faceva sempre più alto e che raschiava sempre più i polmoni con un odore che pareva d’essere in un aranceto bruciato. Già si vedevano in giro le prime serve con le borse vuote, e si sentivano sempre più frequenti i gniiiiu, gnieeeeu dei tranvi'? alle svoltate: e il camion tagliò** dal quartiere della gente perbene e grano- sa,'* prese la Casilina, rasentò con la sua puzza fresca fresca i casamenti dei poveracci, ballò la samba” per strade piene di buche, coi marciapiedi che parevano fogne, tra grandi cavalcavia scrostati, steccionate, impalcature, cantieri, rioni di casupole, villaggi di tuguri,'° incrociando coi tranvetti di Centocelle‘ coi grappoli d’operai ai predellini, e arrivò, per la Strada Bianca, fin sotto le prime abitazioni della Borgata Gordiani, sola come un campo di concentramento, in mezzo a un piccolo altopiano tra la Casilina e la Prenestina, battuta dal sole e dal vento. L'altro era pratico, e se ne stava tutto curvo e attento, con una faccia seria come se stesse a fare un lavoro di precisione: e il Riccetto fece come lui, ma siccome gli schifava’” raspare colle mani, andò a strappare un ramo da un fico oltre un reticolato che pareva lì dai tempi di Crispi® e con quello, stando accucciato,*° cominciò a spostare le carte zozze, i cocci, le scatole di medicinali, gli avanzi delle minestre e tutta l’altra roba che gli puzzava intorno. Le ore piano piano passarono, e prima di diventare definitivamen- te grigio e sciroccoso, il cielo fece giusto in tempo a rasserenarsi, lì sopra la Borgata Gordiani, perché il solicello ardente delle nove del mattino picchiasse sulle schiene curve dei due lavoratori. Il Riccetto era tutto un bagno di sudore, e gli occhi ogni tanto gli si oscuravano: vedeva intorno a sé nel buio delle strisce verdi e rosse: era sul punto di sturbarsi per la fame. — Vaffan... mannaccia a d...! — disse tutto a un botto, sbavando di rabbia. Si drizzò in piedi, e senza neppure salutare l’altro, che del resto neppure lui fece lo sforzo di voltarsi, fece la bella®! e se n'andò. Percorse sbiellando®* dalla stanchez- za la Strada Bianca, che difatti era tutta bianca di polvere e di sole, sotto il cielo che tor- nava a offuscarsi, e arrivò rincoglionito sulla Casilina. Lì aspettò un tranvetto, s’attaccò ai respingenti," e dopo un viaggio di più di mezz'ora era di nuovo in via Taranto: a gi- ronzolare come un cane randagio pel mercatino, tra le bancarelle, fiutando gli odori che nell’afa dello scirocco fiatavano a migliaia, e tutti appetitosi, in quel piccolo spiazzo incassato tra i palazzoni. Allumava®' le bancarelle dei fruttaroli, e, qualche persica** e due o tre mele, riuscì a fregarle: se le andò a mangiare in un vicoletto. Poi tornò più affamato ancora con quel po’ di dolce nello stomaco, attratto dall'odore del formaggio che veniva dalla fila delle bancarelle bianche proprio lì di fronte al vicoletto, dietro la funtanella, sul selcia- to fradicio. C'erano allineate delle mozzarelle, delle caciotte, e dei provoloni appesi in LA VITA AGRA Luciano Bianciardi, 1962 Un’intellettuale ‘fuori dai ranghi’, non ha occupato posizioni di particolare rilievo culturale e il suo riconoscimento come scrittore è stato contrastato dalla critica Molto legato alla sua terra (Grosseto) è insegnate e bibliotecario; attivo nella diffusione della cultura tra le classi inferiori (vedi l’iniziativa del Bibliobus, ma anche l’organizzazione di cineclub, dibattiti, etc..) A metà anni ‘50 si trasferisce a Milano, dove sarà pubblicista per molti giornali importanti (ad es. «Il Giorno»), traduttore di romanzi dall’inglese, redattore di case editrici (in particolare Feltrinelli) •I minatori della maremma, scritto con Carlo Cassola nel 1956: un’opera che è per metà saggio/ inchiesta sulle condizioni dei minatori della Ribolla (miniera di carbone di proprietà della Montecatini nel grossetano), per l’altra metà raccolta di interviste ai minatori stessi >> nel 1954 era esploso uno dei pozzi della miniera causando la morte di 43 minatori; i responsabili vengono tutti assolti >> l’episodio è all’origine della storia de La vita agra La sua opera è in gran parte di stampo autobiografico e incentrata sulla critica ironica all’establiscment culturale e alla società L’autore critica il lavoro dell’intellettuale (lavoro culturale), da un lato, perché considerato astratto e elitario (snob) rispetto alle masse, dall’altro perché, visto dall’interno dell’industria culturale (case editrici e giornali) è evidentemente diretto da interessi economici >> critica all’industria culturale [settore industriale che si occupa della produzione e diffusione della cultura di massa, specialmente attraverso l'uso dei mass-media] Negli anni del boom economico scrive la cosiddetta ‘trilogia della rabbia’, che comprende 3 romanzi dedicati al lavoro culturale, basati sulla biografia dell’autore, che sono caratterizzati dalla critica sarcastica al lavoro degli intellettuali •Il lavoro culturale, 1957 (ambientato a Grosseto, racconta delle varie iniziative da lui organizzate come cineclub, biblioteche, etc.) •L’integrazione, 1960 (storia di 2 intellettuali che si trasferiscono a Milano e lavorano alla nascita della Feltrinelli) •La vita agra, 1962 (enorme successo di lettori e film) La vita agra (1962) Trama e struttura Struttura Narrazione in prima persona; non c’è una vera e propria storia (trama molto esile), ma una sorta di lungo memoriale con inserti dal tono saggistico o meditativo, in cui è difficile ricostruire l’ordine cronologico degli eventi (non ci sono indicazioni temporali) e la struttura appare caotica per indicare l’incapacità d’orientamento del soggetto Trama Il protagonista senza nome, un giovane intellettuale anarchico, lascia la provincia toscana e la famiglia per andare a Milano, con l’obiettivo di far saltare il palazzo dell’impresa mineraria (che noi sappiamo essere la Montecatini) responsabile dell’esplosione di una miniera (la Ribolla); in breve tempo, tuttavia, il protagonista comincia a mutare i propri obiettivi di vendetta e giustizia, e si integra sempre più nella vita della metropoli. Nel corso della storia conosce una donna, Anna, che diventa la sua compagna (diventano inseparabili); cambia spesso lavoro a causa dei frequenti licenziamenti e si trova in perenne difficoltà economica, perseguitato dai debiti e dai creditori (l’assedio dei ‘tafanatori’); infine trova una certa stabilità come traduttore, ma le sue condizioni rimangono precarie. Sul finale del romanzo il personaggio mostra di essere arrivato al culmine di un processo di alienazione (spersonalizzazione) causato dalla società del boom. Aspetti tematici La città alienata e disumanizzata viene rappresentata come un inferno (o un purgatorio) abitato da uomini che si muovono come ombre con ritmi frenetici e automatizzati, dove vige l’indifferenza reciproca, un luogo in cui l’umanità appare degradata (contrapposto al mondo della provincia) Critica alla società del benessere: nella società dei consumi, in cui qualunque desiderio sembra potersi avverare, l’uomo continua a vivere, in realtà, costretto dai bisogni primari; il protagonista si trova sempre più isolato dalla società e sperimenta su sé stesso gli effetti della nuova società del boom, in particolare l’indifferenza reciproca tra le persone e l’isolamento degli individui, l’opportunismo e la mancanza di solidarietà, le nuove figure di lavoratori e arrampicatori sociali che affollano la città e determinano le sorti dell’economia >> il soggetto si rifiuta costantemente di adeguarsi, ma piano piano si spegne, vive come già morto, rassegnato. Non abbiamo, infatti, un soggetto protagonista che ci presenta la sua chiara visione delle cose, ma un soggetto spaesato che perde progressivamente la capacità di giudicare e di opporsi al mondo >> un percorso di privazione della personalità LETTERATURA E INDUSTRIA La letteratura industriale La letteratura industriale è la letteratura che ha come argomento il mondo dell’industria, in particolare viene rappresentata la fabbrica Tappe principali: •Un primo esempio è il romanzo Carlo Bernari, Tre operai (1934) •Il romanzo a tema industriale si sviluppa fortemente negli anni del boom e della seconda rivoluzione industriale, diventando un fenomeno editoriale esteso >> gli esempi migliori sono: Tempi stretti e Donnarumma all’assalto di Ottieri, e Memoriale di Volponi •Negli anni ‘70 si moltiplicano i romanzi scritti da operai (Guerrazzi, Di Ciaula) •Un ‘ritorno’ dell’argomento in letteratura si verifica intorno al 2000, in particolare si consideri la Dismissione di Domenico Rea (2002), ma molti esempi si offrono anche in anni più recenti, nel periodo in cui le industrie vengono dismesse Il romanzo industriale Due ‘tipologie’ principali: 1)Romanzi di finzione >> scritti per lo più da scrittori e intellettuali di professione 2)Racconti in prima persona, autobiografici, vicini al documento e alla testimonianza, talmente vicini alla testimonianza da mettere in discussione se si tratta di vera letteratura o di documento antropologico >> scritti per lo più dagli stessi operai [letteratura dal ‘basso’] ●Il punto di vista della voce narrante può essere quello dell’operaio o del dirigente, gli intellettuali hanno cercato di adottare anche il punto di vista dell’operaio (cfr. Memoriale di Volponi) La rappresentazione della fabbrica La ‘fabbrica’ viene rappresentata come un inferno (una fucina) e questa immagine caratterizza anche il ritratto delle fabbriche moderne fatto dagli autori dal secondo ‘900 e fino ad oggi Alla base di questo paragone ci sono profonde ragioni sociali, politiche e ideologiche >> la fabbrica come luogo dello sfruttamento degli operai e luogo dove emergono le contraddizioni sociali Il tema più diffuso è quello dell’alienazione, termine che deriva dalla filosofia di Karl Marx per indicare un processo di estraneazione da sé stessi dovuto allo sfruttamento lavorativo; è la condizione del proletariato nella società capitalista. Nel lavoro alienato la vita produttiva diventa unicamente un mezzo per la sussistenza fisica, il lavoro non è più auto conferma e sviluppo di una libera energia fisica e spirituale, bensì sacrificio di sé e mortificazione, che conduce alla spersonalizzazione. Attraverso l’alienazione l’uomo diventa simile alle merci che esso stesso produce. Olivetti, la fabbrica ‘illuminata Adriano Olivetti dirige la fabbrica ereditata dal padre, con sede centrale a Ivrea, leader nella produzione delle macchine da scrivere (in seguito del settore informatico). Dirige l’azienda con l’idea di fare dell’industria un fattore di progresso sociale e non solo economico, che permetta agli individui di vivere ‘in armonia’ >> un ideale che cerca una congiunzione tra comunismo (uguaglianza e solidarietà tra gli uomini) e capitalismo (sviluppo e interesse economico) >> le industrie Olivetti, diffuse su tutto il territorio nazionale (vedi lo stabilimento di Pozzuoli di cui parla Ottieri in Donnarumma all’assalto) e forti nell’esportazione e nelle vendite, rappresentano un modello ‘illuminato’ di industria che coniuga il profitto con il progresso sociale. La fabbrica, come luogo della produzione, è pensata come luogo di crescita e miglioramento dell’individuo e della società, e non come luogo di sfruttamento del lavoro e di efficienza organizzativa (cfr. la descrizione della fabbrica in Donnarumma all’assalto) Nel suo progetto Olivetti coinvolge intellettuali e scrittori, con l’obiettivo di congiungere le cosiddette ‘due culture’ (scienza e letteratura) >> alla Olivetti gli scrittori non lavorano solo come pubblicitari, ma si occupano anche del personale e ricoprono ruoli manageriali importanti Gli scrittori appoggiano il progetto di Olivetti, ma dall’interno ne vedono anche le contraddizioni Tra i tanti scrittori che lavorano alla Olivetti: Fortini, Volponi, Ottieri Il dibattito su letteratura e industria nelle pagine del «Menabò» Il n. 4 del 1961 della rivista «Il Menabò» di Vittorini, è dedicato al tema letteratura e industria; il numero successivo, n. 5 del 1962 accoglie le risposte di molti intellettuali, tra cui Franco Fortini, Umberto Eco e Italo Calvino >> la questione centrale, attraverso il tema dell’industria, è quella di come costruire un nuovo romanzo Da qualche anno si era già diffuso il romanzo a tema industriale, ma Vittorini sottolinea in merito una questione importante: la realtà industriale modifica radicalmente l’intera società e la cultura, anche al di fuori del mondo della fabbrica >> nei romanzi si parla però del mondo industriale come si parlava del mondo contadino o dei sobborghi cittadini, con uno stile di stampo neorealista che non si adatta per nulla alla nuova realtà industriale e non ne coglie i veri cambiamenti >> È necessario trovare ‘forme’ nuove, nuovi modi di scrivere per rappresentare la realtà contemporanea Ottiero Ottieri (1924-2002) Laurea in lettere a Roma; arrivato a Milano trova impiego alla Mondadori, collabora con riviste di scienza e psicologia «Che domanda e domanda. Io debbo lavorare, io voglio faticare, io non debbo fare nessuna doman- da. Qui si viene per faticare, non per scrivere.» 50 * «Ma prima lei ci spedisca per posta la domanda. Noi la esaminiamo e le rispondiamo. Che dobbia- ‘mo rispondere se lei non ci ha scritto niente?» «E che vi devo scrivere?» «La domanda.» E Più irragionevole e duro, gli occhi gli si accecavano. 55 «Io vengo qui e invece di farmi faticare mi chiedete questa domanda.» «Lei è il primo» dicevo sottovoce «è il primo di migliaia di persone che chiede lavoro senza aver fat- to prima la domanda. La mandi per posta, poi vedremo...» «Eh, che vedremo?» «Vedremo che ci sta scritto sulla domanda.» 60 «Ci sta scritto che devo faticare» ha ribattuto sul duro, con la faccia atona'° e regolare sotto la fron- te bassa, come con un martello. «Solo lei deve faticare in tutta la città e in tutta Santa Maria? Lo sa che quarantamila persone vo- gliono faticare qua dentro?» Per la prima volta lo psicologo si è staccato dalla sedia. Ho riflettuto un momento, ho battuto il pugno sul tavolo. 65 Egli è rimasto grigio, del colore di una pietra e con l'apparenza del sordo; gli occhi bui, rossi. Torvo e severo, ha sollevato il braccio: «Dottore, voi il pugno sul tavolo non lo battete.» «Io batto il pugno sul tavolo soltanto perché voi non volete capire, non volete, pretendete quello che non pretende nessuno, e perché?...» 70 «Voi il pugno sul tavolo non lo battete. Se no lo batto anch'io.» Rialzava il braccio e continuava: «E io non lo batto sul tavolo! ma sulla vostra testa e su quella del direttore.» Dalle porte-finestre, benché prima avessi arrotolato le veneziane per non stare all'oscuro, non spia- va nessuno; non era il caso di chiamare a gran voce la guardia, né di allungare una mano sul telefono. «Voi il pugno sul tavolo è meglio che non lo battete.» Ha ripetuto ad alta voce questo consiglio e que- 75. st’ordine, serrato contro il tavolino. «Voi il pugno sul tavolo non lo battete mai più». I La voce più ferma possibile, gli ho risposto senza gridare: «Faccio quello che voglio. E voi invece di fare la domanda, picchiate me e il direttore. È un buon modo per essere assunti...» Egli era sempre | più accigliato e sordo. «Non capisco perché non vogliate fare questa domanda...» Ha chiesto, ricomin- ciando da capo: «Se oggi la scrivo e stasera la mando, domani mi mandate a chiamare? Io debbo fati- 80 caresubito. Ma voi la stracciate come stracciate quelle di tutti quelli che vogliono faticare.» «None stracciamo. Le esaminiamo.» «Voi non esaminate niente. Voi avete battuto con me il pugno sul tavolo, e il direttore...» «Il direttore...» Risparmiava la sua violenza per riserbarla più in alto: «Il direttore fa i conti con me.» ss «Decidete voi» ho concluso. È uscito abbastanza veloce, senza voltarsi indietro, spinto dall’orgoglio, anche mentre aggiungevo: «Vi mettete in una buona luce per essere assunto...» Ho chiuso di colpo la porta e ho raccolto tutte le pratiche, tranne la sua, che non esiste. Il direttore mi ha ricevuto subito dietro due portacenere colmi di Nazionali contorte e bruciate sul- so la punta; pallido dopo il secondo investimento mancato, mostrava tranquillità e indifferenza, la- sciandomi la parola: «Quelli giù in portineria...» «Si chiama Donnarumma. Vuole essere assunto senza fare la domanda.» Egli segnava Donnarum- ma in unbiglietto. «Il nome di battesimo?» «Antonio.» Allungava il braccio verso il telefono. «Avverto o lapolizia. È sicuro che sia il nome giusto?» 78 «Il nome è giusto... Aspetti. i La oliena ci mae meglio, occorre non lasciarli entrare. Mi scusi... aspet- «Non]la vuole chiamare?» egli ha detto ritirando il braccio, avanzando la grande testa obliquameni e di sotto in su. «Non la vuole chiamare?» Lasciava all'intervistatore! Ja retponsabilià e la iberta di 105 Dovevo vincere la paura di Donnarumma, ma anche la di sfidari to di aver chiesto aiuto. ‘i DETTA o col poliziotto alla porta e Ì ine « i si organizzi meglio. È giusto i giorno gli autisti? Lo capisce, bi 4 Î 110. giusti, cioè più duri.» esporre ogni giorno gli autisti? Lo capisce, bisogna essere più O. tte, Donnarumma al'asalto, Bompiani, Milano 1959 Paolo Volponi (1924-1994) Lavora alla Olivetti dalla metà degli anni ‘50 fino ‘71: è direttore dei Servizi sociali dell’azienda, poi direttore delle Relazioni aziendali >> nel ‘60 muore Adriano Olivetti, Volponi rimane nell’azienda, ma si scontrerà con i nuovi dirigenti In seguito, diventa collaboratore della FIAT (responsabile dei rapporti tra fabbrica e città) e presidente della Fondazione Agnelli, ma viene allontanato a causa dell’adesione al PCI Diventa senatore come indipendente del PCI e candidato alla presidenza della Repubblica Autore di poesie e romanzi, il primo e l’ultimo dei suoi romanzi sono dedicati al mondo dell’industria, in cui Volponi ha lavorato per gran parte della sua vita •Memoriale (1962) •Le mosche del capitale (1989) Volponi è inizialmente vicino alle posizioni di «Officina» e di Pasolini, di cui è grande amico, ma si aprirà anche alle posizioni della Neoavanguardia. Alcuni estratti di Memoriale vengono pubblicati sul numero del «Menabò» dedicato a industria e letteratura. La produzione letteraria di Volponi è caratterizzata dalla costante presenza di impegno etico-politico e sperimentalismo formale Lo stile, anche nei romanzi, è caratterizzato da una forte tensione lirica (poetica) Tra i temi principali troviamo: • Il rapporto tra ‘naturale’ e ‘artificiale’ • L’alienazione dell’uomo contemporaneo [tema frequentissimo nella letteratura di quegli anni] • La necessità di costruire una società più giusta e di fare dell’industria un reale fattore di progresso sociale [in particolare mediante la ‘liberazione’ dal lavoro e la costruzione di un rapporto diverso tra fabbrica e società] Memoriale 1962 Il memoriale è un genere di racconto in prima persona di vicende biografiche, condotto andando a ritroso nel tempo, a partire cioè da quando una determinata vicenda appare conclusa. Il punto di vista coincide con quello di chi dice ‘io’ nel testo e racconta la vicenda. Trama In Memoriale Volponi racconta la storia di un ex-contadino, Albino Saluggia, reduce dalla Seconda guerra mondiale e dalla prigionia in Germania, che tornato in Italia trova lavoro presso un'industria piemontese (si tratta della Olivetti di Ivrea, ma nel romanzo non ci viene detto). Nel lavoro in fabbrica Albino vede la possibilità di ricominciare una nuova vita e di migliorare la propria condizione sociale, ma, da luogo di un possibile riscatto, la fabbrica diviene un nemico. Albino, infatti, è malato di tisi e per questo verrà allontanato dal lavoro, obbligato a curarsi dai medici della fabbrica; da sempre affetto da profonda solitudine e in preda a un delirio paranoico, è però convinto che la sua malattia sia un'invenzione dei medici, che hanno ordito un complotto ai suoi danni, per impedirgli di lavorare e di rifarsi una vita. Passerà del tempo in sanatorio; tornato in fabbrica prende parte a uno sciopero, ribellandosi alla fabbrica, e viene infine licenziato. [lo spunto viene a Volponi dalla lettera di un operaio della Olivetti] Il tema principale del romanzo è quello dell’alienazione (spersonalizzazione) dell’uomo contemporaneo nel lavoro industriale, ma anche nell’intera società contemporanea [cfr. brano in cui Albino lavora i pezzi di metallo in cui cerca di riappropriarsi del frutto del proprio lavoro] L’alienazione si verifica in primo luogo nell’allontanamento da uno stadio di armonia con il tutto, con la natura, caratteristico della società pre-industriale >> si nota l’opposizione tra il naturale e l’artificiale (ma la natura sta ormai per essere soppiantata dalla città, solo i poeti possono custodirne la memoria) >> Albino cerca sempre, infatti, dei ‘segni’ nel mondo naturale >> si sposta sempre dal suo paese di campagna (Candia) verso la città (c’è un confronto costante tra città e campagna) >> Albino sembra vivere secondo un tempo ciclico che si oppone a quello imposto dalla razionalità produttiva (dalla società industriale) che sta all’origine dell’alienazione Il narratore e il punto di vista L’autore ci presenta il tema dal punto di vista di Albino, che è un narratore inattendibile >> non c’è un’istanza mimetica rispetto alla realtà, ma l’intento di straniarla. Lo straniamento è dato per l’appunto dalla prospettiva del malato 2.L’operaio Tecraso accusato di azioni sovversive e in seguito arrestato assieme ad altri, muore in carcere da sconfitto (ma questa storia passa in secondo piano rispetto alla prima) Temi • Il potere economico >> tutto ruota (‘ronza’) attorno al denaro, l’interesse collettivo non interessa e non può interessare all’industria>> sconfitta dell’intellettuale e del progetto di un’industria ‘illuminata’ [cfr. biografia autore] • Il rapporto tra naturale e l’artificiale >> la ‘natura’ è un concetto perduto, tutto ciò che era naturale è stato conquistato e dominato dall’uomo, ogni elemento della natura è trasformato in ingranaggio produttivo (natura artificiale) • La trasformazione dell’industria e dell’economia>> l’avvento dell’automazione nelle fabbriche e dell’informatica che mette in secondo piano il lavoro umano e segna il tramonto della ‘vecchia’ industria >> la conseguenza è un processo di smaterializzazione della realtà (ridotta tutta a calcolo matematico) [avvento della terza rivoluzione industriale] IL GRUPPO 63 e il romanzo sperimentale La Neoavanguardia e il Gruppo 63 La Neoavanguardia è un movimento molto ampio che si sviluppa tra gli anni ‘50 e ‘60 in tutte le arti e che riprende la lezione delle avanguardie storiche (Futurismo, Surrealismo, Dadaismo) La sperimentazione promossa dalla Neoavanguardia trova una sorta di ‘’laboratorio’’ nelle pagine del «Verri» e una prima attestazione d’esistenza con la pubblicazione dei Novissimi nel 1961 [raccolta poetica che comprende testi di E. Sanguineti, E. Pagliarani, N. Balestrini, A. Giuliani, A. Porta] I maggiori esponenti della N. si riuniscono nel Gruppo 63, un ampio gruppi di scrittori che si incontra per la prima volta a Palermo nel 1963 e che propone un cambiamento radicale nel modo di fare letteratura, fino a stravolgere completamente la forma tradizionale del verso poetico e del romanzo e al punto da renderli ‘’illeggibili’’. [La ricerca rimane nell’ambito letterario]. Convegno sul romanzo sperimentale Gruppo 63, Palermo 1965 Il romanzo sperimentale è un tipo di romanzo che propone soluzioni innovative dal punto di vista narratologico rispetto al romanzo tradizionale >> si tratta di una tendenza che si sviluppa a livello internazionale (Nouveau roman francese; Gruppo 47 in Germania) Nel 1965 il Gruppo 63 organizza a Palermo un grande convegno, il terzo del gruppo, dedicato al romanzo sperimentale. Durante il convegno emergono linee di ricerca differenti e gli autori che partecipano propongono soluzioni molto diverse tra loro, nonché modelli differenti: Tra i principali modelli: • Letteratura sperimentale di primo ‘900 (Joyce, Kafka, ma anche Svevo) • Gadda (per lo sperimentalismo linguistico) • Nouveau roman francese (Alain Robbe-Grillet, Michel Butor, Nathalie Sarraute, e molti altri) Il romanzo sperimentale: contro la mimesi e il romanzo tradizionale Nel romanzo tradizionale il lettore è portato all’immedesimazione con il personaggio, solitamente calato in una realtà verosimile; mediante dei connotatori spazio-temporali (tempo lineare; contesto fisico e sociale riconoscibile) il narratore costruisce un’immagine realistica >> la letteratura si pone come mimesi (imitazione) del reale Non bisogna tuttavia dimenticare che si tratta di un artificio, di un mondo costruito dall’autore che non può che restituire un’immagine fittizia del mondo sulla base di una prospettiva parziale Il romanziere ‘tradizionale’ tende a nascondere l’esistenza di questa prospettiva, offrendo l’illusione di una rappresentazione oggettiva del mondo Primo obiettivo del romanzo sperimentale => infrangere l’effetto di realtà (contro la mimesi)>> la letteratura non deve ‘rappresentare’ la realtà in maniera verosimile, come uno specchio, ma rompere lo specchio, rompere cioè l’illusione (l’immagine fittizia, la demistificazione) e ‘oltrepassare lo specchio’ >> per mostrare zone ‘nascoste’ della realtà >> porta a un effetto di straniamento Il romanzo sperimentale: i bersagli polemici In Italia il romanzo sperimentale si sviluppa, in particolare, in opposizione al Neorealismo, ma anche al romanzo di consumo >> entrambi veicolano un’idea falsa della realtà servendosi di strategie mimetiche: • il romanzo neorealista interpreta la realtà secondo una chiave ideologica [letteratura che ha una funzione didattica] • il romanzo di consumo restituisce l’idea di una realtà ‘edulcorata’ (in cui la storia ha sempre un lieto fine e il lettore si immedesima in personaggi fittizi) per il puro piacere dei lettori [letteratura = divertissement] allontanando così i lettori dai problemi che interessano la realtà nel sociale [mercificazione della letteratura] Il romanzo sperimentale: il primato della struttura La realtà contemporanea appare caotica e sempre più difficile da spiegare, da ricomporre in un’immagine sistematica e unitaria (è quello che fanno le ideologie); l’esperienza soggettiva è del tutto frantumata >> sia il soggetto che l’oggetto sono categorie in crisi (fenomenologia), le vecchie categorie rappresentative entrano in crisi (scienza e ideologia) La struttura/forma del romanzo sarà di conseguenza caotica (schizofrenica, cfr. Novissimi) >> il caos diventa il metodo di lavoro dello scrittore, perché è la stessa modalità della coscienza ad essere schizofrenica La struttura caotica dell’opera d’avanguardia diviene il vero contenuto dell’opera >> la struttura dell’opera è intesa come metafora epistemologica della contemporaneità (Umberto Eco) La struttura può dirci qualcosa sulla realtà contemporanea (dentro e fuori dal soggetto) e in particolare ci parla della frammentazione dell’esperienza e dell’impossibilità di ricomporre la nostra esperienza in un’immagine unitaria, ovvero di costruire un messaggio certo, stabile e univoco attraverso il linguaggio Il romanzo sperimentale come antiromanzo La norma del romanzo tradizionale viene ribaltata in ogni suo aspetto: • Trama • Personaggio • Autore si parla infatti di ANTIROMANZO nel doppio senso che stravolge il romanzo tradizionale e ne contesta strategie e presupposti. ALBERTO ARBASINO (1930-2020) − Formazione e carriera accademica in ambito giuridico, abbandonata a metà degli anni ‘60 per dedicarsi alla scrittura − I primi racconti pubblicati in rivista a partire dal ‘55 vengono raccolti in Le piccole vacanze (Einaudi, 1957) e L’anonimo lombardo (Feltrinelli, 1959; inizia la collaborazione con Feltrinelli) − 1963, pubblica Fratelli d’Italia (Feltrinelli) e partecipa ai lavori del Gruppo63>>l’obiettivo principale è per lui l’apertura alla cultura internazionale in cui lo stesso Arbasino, intellettuale cosmopolita, è immerso (cfr. La gita a Chiasso, famoso articolo del ’63 contro il provincialismo e la chiusura della cultura italiana, contiene una critica spietata ai vizi di un popolo arretrato che caratterizza tutta la sua produzione) − Altri titoli notevoli: La narcisata e La controra (racconti, 1964); Super Eliogabalo (romanzo, 1969); La bella di Lodi (prima ed. ‘63, poi in volume ’72; cfr. film di M. Missiroli) È cospicua la produzione saggistica Ha spesso riscritto le proprie opere Fratelli d’Italia Le diverse edizioni del romanzo ‘senza fine’ •1963, Feltrinelli •1964, Certi romanzi =Saggio teorico inizialmente pensato come guida alla lettura per Fratelli d’Italia, diventa un viaggio critico attraverso la letteratura ispirato alle teorie strutturaliste (cfr. R. Barthes). Una parte delle note metaletterarie inserite nell’ultimo capitolo di Fratelli d’Italia è ripresa da Certi romanzi •1967, Feltrinelli (influenza dello strutturalismo; cfr. Certi romanzi) •1976, Einaudi (ed. accresciuta e riveduta) •1993, Adelphi (ed. ulteriormente accresciuta) Trama Un gruppo di intellettuali viaggia per l’Europa [motivo del grand tour] e frequenta l’ambiente snob e ristretto del jet-set e dell’alta cultura internazionale (élite economica e culturale), prendendo parte ad eventi mondani e artistici e interrogandosi continuamente su dilemmi culturali e esistenziali. Più che da azioni, il romanzo è composto da conversazioni tra i vari personaggi (forte dimensione dialogica); la trama è molto esile e di scarso rilievo. Personaggi •Elefante (Narratore), universitario svizzero di lingua italiana (personaggio in parte autobiografico, ma invero lo sono tutti i personaggi del romanzo, colti e ‘onnivori’ come Arbasino) •Antonio, intellettuale italiano molto colto che deve scrivere un romanzo; del romanzo rimangono solo gli appunti di un taccuino inseriti nell’ultima parte di Fratelli d’Italia •Klaus, musicista tedesco che deve mettere in scena la propria opera al Festival di Spoleto •Jean-Claude, uno scrittore francese che ama la mondanità; si trova in crisi creativa •Raimondo, altro intellettuale, ricco e gravemente malato; muore nel corso del romanzo •Desideria, bellissima e nevrotica, divisa tra amante e marito; finirà per suicidarsi. Fratelli d’Italia «La gran commedia dei nostri anni Sessanta» (sottotitolo all’ed. 1976) A partire dal titolo è chiara l’intenzione di rappresentare il Paese, colto in un periodo di grande trasformazione >> boom economico e consumismo danno adito a un’epoca di frenesia edonistica e spensieratezza mai conosciute prima in Italia; l’inseguimento del nuovo e il susseguirsi delle mode si accompagnano alla noia e al vuoto esistenziale che il consumismo tende a ‘coprire’ >> è un’epoca di provvisorietà e superficialità Al pari del meccanismo che regola le dinamiche sociali (consumismo), ogni azione nel romanzo non è significativa di per sé e viene presto rimpiazzata dalla seguente >> si passa da discorsi seriosi sull’arte al frivolo divertimento, dallo shopping al suicidio (Desideria), senza gerarchia d’importanza tra le azioni → non ci sono vere e proprie azioni, ma conversazioni, in un dialogo incessante di voci che sembra mirare a evitare la sensazione di vuoto, allo stesso tempo tutto si ‘’distrugge’’ appena viene verbalizzato Non ci sono descrizioni sociologiche, è la struttura del romanzo che restituisce lo spirito di un’epoca nei suoi meccanismi di funzionamento >> è un romanzo sulla società del consumo in cui ogni elemento si consuma rapidamente [il consumo è anche quello del linguaggio] Il risultato è una parodia amara e ironica dei tempi, il cui bersaglio principale è la stessa élite sociale designata come protagonista, utilizzata per denigrare il provincialismo e l’ottusità della cultura italiana >> il romanzo suscita grandi polemiche per gli attacchi diretti all’establishment culturale del periodo, con cui è in aperta polemica Fratelli d’Italia Struttura, strategie e linguaggio •Dimensione dialogica del testo [tutto è dialogo] >> anche il narratore viene raccontato dagli altri personaggi, mentre ascolta e riferisce •Tra conversazione mondana e digressioni saggistiche (si trovano anche riassunti del pensiero di grandi scrittori e critici) vengono trattati alla rinfusa argomenti tra i più svariati (quelli cari ad Arbasino)>> la forma saggistica viene in realtà parodiata (giacché qui l’intento sistematico del trattato viene negato dalla struttura incongruente e caotica) e viene parodiata anche la conversazione (le parole sono in realtà vuote, prive di senso, la conversazione è pura chiacchera) •Il materiale (personaggi e argomenti da loro trattati) è indifferente conta la struttura, o meglio l’andazzo >> un’accozzaglia di materiali incongrui, in continuo accumulo e stratificazione che danno l’idea del caos (disordine), ma si tratta di un disordine prestabilito, voluto dal narratore [cfr. struttura dell’opera come metafora epistemologica del reale nelle slide precedenti] •Pastiche e montaggio sono le tecniche principali >> plurilinguismo e pluristilismo (apertamente ispirati alla lezione di Gadda) comportano la mescidazione tra linguaggio alto e basso, tra diverse lingue, tra linguaggio parlato e artificioso, tra gergo proletario e linguaggio intellettuale >> ogni significato subisce, in questi continui accostamenti stridenti, una degradazione in senso ironico, ogni significato viene svilito nell’accostamento a un altro •ne deriva un’accozzaglia kitsch di materiali linguistici che fa da corrispettivo agli ambienti kitsch in cui si muovono i personaggi >> l’obiettivo è appropriarsi del linguaggio della classe dirigente per dissacrarlo >> la scelta linguistica corrisponde a un intento propriamente politico, lo sottolinea l’autore durante il convegno sul romanzo sperimentale del Gruppo 63 Fratelli d’Italia Il gioco metaletterario Sono tanti i riferimenti diegetici all’opera ‘’da fare’’, discussioni tra i personaggi e riflessioni propriamente metaletterarie: Elefante, Antonio, Klaus e Jean-Claude dovrebbero scrivere la sceneggiatura di un film sull’Italia; Klaus deve rivedere la sua opera Erik o il viaggio in Italia; soprattutto, Antonio sta scrivendo un romanzo di cui rimangono solo alcuni appunti Il serpente. Distruzione della realtà del romanzo L’istanza anti-mimetica della Neoavanguardia si realizza, nel primo romanzo di Malerba, secondo una strategia che utilizza la struttura narrativa tradizionale svuotandola dall’interno >> il testo rimane leggibile per il fruitore, ma la pretesa di naturalezza del romanzo tradizionale viene smantellata Nell’introduzione al romanzo Francesco Muzzioli spiega che si apre come una crepa tra il narratore e la storia narrata >> viene infatti messa continuamente in discussione la verità del romanzo (dei fatti narrati) mediante l’adozione di un punto di vista dichiaratamente inattendibile. Lo sguardo del narratore/protagonista è quello di un malato mentale che offre una prospettiva straniata, e dunque demistificante, sul reale >> si può fare un confronto con Memoriale di Volponi in cui, tuttavia, la realtà diegetica mantiene la sua consistenza, qui invece realtà e ‘sogno’ (delirio) si mescolano al punto da mettere definitivamente in crisi la dimensione diegetica (dei fatti narrati). Il protagonista non fa altro che dichiarare in continuazione di aver mentito (sulla moglie, sull’esperienza della guerra, sulla storia con Miriam, etc.), ritratta o modifica continuamente la propria versione dei fatti, si autodenuncia al lettore come narratore mendace, fino al culmine del penultimo capitolo [vedi dispensa] in cui la confessione al commissario svela come la vicenda risulti interamente falsa. Mettere in discussione l’esistenza di Miriam, significa mettere in discussione ogni singolo elemento della trama e la stessa esistenza del protagonista: «Miriam, qui si mette in dubbio la tua esistenza. […] Se non esisti tu, allora non esisto nemmeno io, e viceversa.» Al lettore spetta il compito di scegliere a cosa credere. Il serpente. La voce e il discorso •Il discorso narrativo si compone come una lunga performance della voce narrante, improntata a una mimesi dell’oralità (del ritmo del parlato) •Il discorso procede per continui paralogismi, lacune, reticenze e allusioni, che decostruiscono i principi della logica •Il protagonista è in continuo dialogo con se stesso, una sorta di sdoppiamento interno, ma nella struttura si verifica un ulteriore sdoppiamento; alla fine di ogni capitolo un paragrafo in corsivo su argomenti apparentemente estranei al testo, come fossero note e riflessioni a margine che sembrano scritte dalla stessa penna >> c’è un continuo contrappunto che contribuisce a mettere ulteriormente in discussione la verità del racconto. ‘Anti-gialli’ d’avanguardia. Il serpente (1966) e Salto mortale (1968) nel contesto internazionale La sperimentazione della Neoavanguardia in ambito romanzesco si inserisce e fa riferimento alla sperimentazione letteraria internazionale del periodo in cui, tra le numerose strategie adottate, è presente anche la decostruzione del genere poliziesco, preso di mira come bersaglio parodico come parte di una strategia di opposizione al consumo culturale (il giallo è genere romanzesco tra quelli di maggior consumo, assieme al romanzo rosa), ma anche perché il sistema deduttivo che informa il giallo (schema concettuale che prevede deduzione e razionalizzazione) altro non sarebbe che lo stesso schema gnoseologico che informa qualunque narrazione; sistema deduttivo come fondamento di ogni narrazione a sostegno della logica di causa e effetto >> messa in discussione delle categorie gnoseologiche tradizionali [cfr. saggio di F. Fastelli in bibliografia] Il precedente in Italia è costituito da Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, del 1957 (ma in realtà del ‘46); nel contesto degli anni ‘50-’60 vengono pubblicati numerosi romanzi basati sulla decostruzione del genere poliziesco, specie ad opera dei nouveaux romanciers in Francia, tra questi Les gommes di Alain Robbe-Grillet (1953), e L’inquisitoria di Robert Pinget (1962); si ricorda anche La promessa. Requiem per il romanzo giallo (1958) di Friedrich Durrenmmatt I primi due romanzi di Malerba (Il serpente e Salto mortale) si inseriscono in questo ‘filone’: • In Il serpente la logica deduttiva è infranta dalla continua messa in discussione della realtà e dai ragionamenti illogici del protagonista, la trama non arriva a soluzione e anzi si risolve in un nulla (la figura del serpente che si riavvolge su sé stesso ne sarebbe una metafora): nel giallo «azioni senza volto vengono concatenate fino a strappare la maschera che nasconde il perturbatore dell’ordine; qui, cadono una dopo l’altra le azioni di cui non si riesce a consolidare prova alcuna, e resta solo il volto del perturbatore – colpevole, certo, soltanto di aver mosso a vuoto la macchina della giustizia: non di meno da rinchiudere. Ma questa trovata del ‘’giallo al contrario’’ non è semplicemente un espediente tecnico per suscitare meraviglia; la cosa si complica per il fatto che l’ ‘’impostore’’ e ‘’visionario’’ è colui che racconta. La menzogna […] di un personaggio narratore produce un vero e proprio cataclisma nell’universo cartaceo poiché mette in crisi le fondamenta della finzione narrativa, cancellando dalla scena gli elementi che erano stati posti e accettati come costitutivi del ‘’mondo possibile’’ proposto dal racconto.» [F. Muzzioli, Introduzione a Il serpente, Mondadori 1989] • In Salto mortale, lo sdoppiamento del personaggio già osservato in Il serpente è spinto fino a un gioco iperbolico di proiezioni per cui il narratore protagonista è, contemporaneamente, vittima e omicida, ma anche testimone e detective, portando a una continua messa in discussione la realtà del romanzo e creando un cortocircuito continuo - all’indistinzione - tra realtà e finzione >> il salto mortale del titolo allude alla figura di un cerchio in cui inizio e fine coincidono vanificando la trama
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