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LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA, Appunti di Letteratura Italiana

Argomenti: Carlo Emilio Gadda + "Quel pasticciaccio brutto de via Merulana", Elio Vittorini + "Il Politecnico", il Neorealismo, Vasco Pratolini + "Metello", Italo Calvino + “Il sentiero dei nidi di ragno” + “La speculazione edilizia” + “Il visconte dimezzato” + “Il barone rampante” + “Il cavaliere inesistente”, Riviste del secondo 900, Pier Paolo Pasolini + “Ragazzi di vita”, Luciano Bianciardi + “La vita agra”, letteratura e industria, Ottiero Ottieri + “Donnarumma all’assalto”, Paolo Volponi + “Memoriale” + “Le mosche del capitale”, Gruppo 63 e romanzo sperimentale, Alberto Arbasino + “Fratelli d’Italia”, Luigi Malerba + "Il serpente"

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 05/07/2023

MelissaGonzato
MelissaGonzato 🇮🇹

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Scarica LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LETTERATURA ITALIANA CONTEMPORANEA CARLO EMILIO GADDA AUTORE • Nasce nel 1893 • Muore nel 1973 • Frequenta il politecnico di Milano e diventa ingegnere, ma in seguito studierà filosofia e questa formazione, a metà tra scienza e filosofia, influenzerà molto la sua scrittura, vista come una forma di conoscenza della realtà • La scrittura è una forma di deformazione della realtà: le parole non possono rappresentare le cose per come sono perché ogni atto linguistico è un’interpretazione della realtà “QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA” Dove compare inizialmente l’opera? I primi capitoli compaiono sulla rivista “Letteratura” nel 1946. Quando viene definitivamente pubblicato il romanzo? Il romanzo viene pubblicato definitivamente nel 1975 da Garzanti. Viene pubblicato in una versione differente rispetto a quella pubblicata sulla rivista, perché è stata oggetto di correzioni e modifiche. GENERE LETTERARIO: di che genere letterario parliamo? L’opera di Gadda è un poliziesco. • Delitti: il furto dei gioielli della marchesa Menegazzi e l’assassinio di Liliana Balducci • Assassinio • Investigatore: commissario Don Ciccio Ingravallo AMBIENTAZIONE E PERIODO: Quando? Dove? Quando? La vicenda è ambientata nel 1927, pieno del regime Fascista. Dove? In Italia, in un quartiere borghese di Roma. Qual era l’intento dell’autore nello scrivere questo romanzo nel periodo fascista? L’intento dell’autore scrivendo questo testo nel periodo Fascista era criticare il regime = intento politico di critica sociale. DECOSTRUZIONE DEL GENERE POLIZIESCO DA PARTE DELL’AUTORE Gadda decostruisce il genere poliziesco rovesciando i presupposti e le caratteristiche che convenzionalmente definiscono il genere, costruisce una sorta di “anti-giallo”. • Non si scopre la verità e non c’è un finale narrativo (non sappiamo esattamente chi è l’assassino) • Le indagini proseguono per supposizioni e intuizioni, non seguono la logica deduttiva tipica del poliziesco (paradigma indiziario) ROMANZO INCOMPIUTO E ROMANZO CON UN FINALE APERTO - Romanzo incompiuto: è un romanzo a cui manca un finale - Romanzo con finale aperto: il finale rimane aperto, ossia il finale è aperto a qualsiasi interpretazione LA STRUTTURA E LE TECNICHE DEL ROMANZO • Negazione del finale • Andamento a “zig zag” delle indagini: divagazione costante dalla logica, dalla traccia, dalla trama • Continue digressioni del discorso • La voce del narratore non è affidabile: ciò che dice è continuamente messo in discussione dal narratore stesso • Narratore extradiegetico: parla in terza persona • Polifonia: i fatti vengono descritti da molte voci differenti > senso di precarietà e necessità di cercare una qualche verità: il narratore non ha verità sue da offrire come se fossero verità rivelare, bensì stimola a porre le domande al lettore DISTINZIONE TRA NARRATORE E PROSPETTIVA DA CUI SI RACCONTA - Narratore: chi parla, chi racconta la storia - Prospettiva da cui si racconta: il narratore potrebbe anche calarsi negli occhi di uno dei personaggi a render conto di come i personaggi vedono la storia CAPITOLO 1: descrizione del Commissario Ingravalle Nel primo capitolo del romanzo il commissario viene descritto attraverso l’opinione di chi gli sta intorno > Gadda presenta il suo pensiero attraverso il personaggio che descrive. POETICA E VISIONE DEL MONDO • Il reale è come una matassa che si può cercare di sbrogliare, ma non si riuscirà mai a sbrogliare veramente: sarà impossibile analizzare e interpretare il reale in ogni sua parte. Per analizzare qualcosa si deve, innanzitutto, scomporla > nel romanzo di Gadda non è possibile perché è tutto in un groviglio di frammenti molteplici. Questa difficoltà di interpretare ed analizzare la realtà si riflette nello stile: si cerca sempre di trovare la parola giusta che possa adattarsi perfettamente = mescolanza di termini presi da vari ambiti (à plurilinguismo) • Plurilinguismo: mescolanza di linguaggi diversi (à pluristilismo) • Pluristilismo: si passa da uno stile alto, a volte tragico, a uno stile comico, senza di continuità e magari per indicare la stessa identica cosa: imita lo stile tragico per parlare di una cosa comica, o imita lo stile comico per parlare di una cosa tragica Plurilinguismo + pluristilismo = pastiche (pasticcio): insieme di cose diverse: si mischiano cose diverse nello stile e nel linguaggio. GLI EFFETTI CHE CREA IL PASTICHE • Parodia: il modello tragico viene parodiato utilizzando uno stile comico • Straniamento: viene presentata la realtà in maniera straniata > deformazione espressionistica LETTERARI DI RIFERIMENTO - Realismo degli anni ’30 che si rifà alla letteratura americana (Hemingway): letteratura caratterizzata da uno stile veloce, asciutto e aderente al linguaggio quotidiano COME SI STRUTTURA IL ROMANZO NEOREALISTA? Il genere dei romanzi è di tipo cronachistico e documentario: spesso si tratta di memorie e testimonianze personali, è sempre molto profonda la componente autobiografica (principalmente nella prima fase del neorealismo). Il romanzo neorealista si struttura come il romanzo ottocentesco: • Inizio • Svolgimento • Conclusione: trama conclusa • Narratore onnisciente (nella seconda fase del Neorealismo) • Personaggi: di cui ci viene rappresentata la loro complessità. Si dà importanza alla dimensione sociale del personaggio. I personaggi su fanno rappresentanti dell’intera umanità: la loro esperienza personale ha valore universale, vale per tutti. I TEMI PRINCIPALI • Guerra partigiana: gli scrittori e, in generale, la gente comune raccontano la propria esperienza personale - Elio Vittorini: “Uomini e no”, 1945, primo romanzo in cui si racconta un’esperienza di resistenza - Renata Viganò: “L’Agnese va a morire”, 1949, romanzo che esalta la figura femminile: in guerra e in generale a libello degli sviluppi della storia - Italo Calvino: “Il sentiero dei nidi di ragno”, 1947, il dato autobiografico viene stravolto dall’autore: il protagonista di questo racconto è un ragazzino piccolo che vede con gli occhi di un ragazzino l'esperienza partigiana, capendoci anche ben poco di questa esperienza. Quindi Calvino, con questo romanzo atipico ci offre uno sguardo straniato rispetto al grande evento storico della resistenza. - Beppe Fenoglio: “Una questione privata”, 1963 • Seconda Guerra Mondiale - Rigoni Stern: “Il sergente nella neve”, 1953, si parla della ritirata dell’esercito italiano, del ritorno a casa e dell’esperienza del sergente che rientra in Italia attraverso le nevi dell’Est • Campi di sterminio: si tratta di un’esperienza autobiografica, si racconta il proprio vissuto e si ha l’intento di far ricordare ciò che è successo, si vogliono ricordare gli orrori del passato affinché non si ripetano (=funzione memoriale). • Primo Levi: “Se questo è un uomo”, 1947 • Questione meridionale • Carlo Levi: “Cristo si è fermato a Eboli”, 1945 LE DUE FASI DEL NEOREALISMO 1. FASE SPONTANEA: 1943-1948. Intento di rispecchiamento nei confronti della realtà = rappresentare la realtà per come la si è vissuta, per come la si è vista, raccontare ciò che accade in modo realistico. Intento autobiografico e documentario. 2. FASE PROGRAMMATICA 1949-1955/56. La poetica viene elaborata in linea con le direttive del Partito Comunista Italiano e con il realismo socialista, ossia la letteratura popolare di stampo realista, ma ideologicamente strutturata. Si parla di letteratura programmata perché il partito comunista tenta di imporsi sugli autori, sugli scrittori e sulla cultura > il neorealismo perde, così, la propria spontaneità. VASCO PRATOLINI AUTORE • Nasce nel 1913 • Muore nel 1991 “METELLO” QUANDO VIENE PUBBLICATO QUESTO ROMANZO? Il romanzo viene pubblicato nel 1955. CONSIDERAZIONI CIRCA IL ROMANZO a) È considerato da alcuni critici vicino al Partito Comunista Italiano come il migliore esempio del realismo socialista in Italia. b) Con il Metello sembra finalmente arrivare quel romanzo socialista che tutti aspettavano, ma ci sono tante cose che non rispondono al modello e difatti dalla pubblicazione di questo romanzo nascerà una lunga polemica tra i critici letterari legati al Partito Comunista Italiano. c) C'è chi celebra questo romanzo, chi invece lo considera la pietra tombale del Neorealismo e il fallimento del progetto di un romanzo di stampo socialista nel nostro paese. d) Le polemiche sorte a seguito della sua pubblicazione decretano la crisi del Neorealismo. TRAMA È un romanzo storico, ambientato a cavallo tra 1800 e 1900, ma anche un romanzo di formazione, perché seguiamo lo sviluppo di Metello dalla nascita e poi lo vediamo maturare come ‘eroe’ della classe proletaria. Metello Salani è un orfano (la madre muore di parto e il padre in un incidente di lavoro) che viene affidato a una famiglia di contadini di Rincine, nei pressi di Firenze. Ma alle soglie dell’adolescenza del ragazzo la famiglia è costretta a emigrare in Belgio. Metello dovrebbe restare a lavorare per il fattore, ma preferisce fuggire a Firenze. Qui entra negli ambienti lavorativi ancora quindicenne, lavorando come scaricatore al mercato. Gli altri lavoratori si rivelano ostili nei suoi confronti, ma Metello conosce l’anarchico Berto, che si dimostra ben disposto verso di lui, lo ospita a casa sua, gli insegna a leggere e a scrivere e lo aiuta a imparare il mestiere del muratore. Berto è dunque una figura paterna, colui che veramente inizia Metello al mondo e gli fornisce quelle conoscenze e quei valori che Metello porterà con sé per tutta la vita. Berto sparirà all’improvviso una notte e non si avranno più notizie di lui. Metello viene assunto dall’impresa edile Badolati. Nell’ambiente di lavoro Metello entra anche in contatto con la politica grazie ai colleghi, venendo iniziato al socialismo e alla lotta di classe. Nello stesso periodo scopre anche l’amore ad opera della vedova Viola, più grande di lui, donna emancipata. Ma la vita di Metello subisce a questo punto un’altra brusca inversione di rotta. Il ragazzo deve infatti partire per Napoli per il servizio militare. Una volta finito il militare Metello torna a Firenze e cerca senza successo di reinserirsi nel mondo del lavoro, ma, dopo una manifestazione in piazza durante i moti del 1898, viene arrestato. Interviene a questo punto un'altra donna, Ersilia, dal temperamento forte e deciso, che diventerà il grande amore di Metello e madre di suo figlio. Dopo l’arresto Metello riesce a tornare a lavorare presso l’impresa Badolati. In questo periodo Metello di iscrive al Partito Socialista e a Firenze diventa uno dei protagonisti della lotta compiuta dagli operai per acquisire diritti sul lavoro. La lunga lotta, che comporterà molti sacrifici per Metello e per i suoi compagni, si conclude con la vittoria dei lavoratori. ROMANZO STORICO E ROMANZO DI FORMAZIONE Il modello che segue la storia di Metello è quello del romanzo di formazione, in cui il giovane protagonista supera gli ostacoli che la vita gli pone. Il romanzo Metello ci racconta la storia della graduale maturazione del protagonista. All’inizio del romanzo Metello è un ragazzo sperduto, ma l’equilibrio dell’ordine iniziale, causato dalla decisione di trasferirsi in città, determina l’inizio della graduale trasformazione di Metello in un uomo e in un lavoratore, che allarga i propri orizzonti e lotta per i propri diritti. 
La classe sociale di cui Metello entra a far parte, quella dei lavoratori operai, detta anche proletariato urbano, non è quella di coloro che non riescono a sopravvivere. Essi infatti hanno un lavoro, che gli permette di sopravvivere seppur in condizioni di ristrettezza. Metello inoltre scopre l’importanza del saper scrivere e dell’avere una certa istruzione. Un punto importante sembra essere la descrizione nel romanzo di molte morti sul lavoro, attraverso le quali Pratolini voleva sensibilizzare i lettori sul problema della sicurezza sul lavoro che era all’epoca molto attuale. 
Attraverso questo romanzo Pratolini mette in scena la nascita della classe operaia, le sue caratteristiche e i suoi problemi. Metello rappresenta la nascita di una coscienza di classe, del fatto di appartenere a un gruppo di persone. Lo capiamo quando l’Ing. Badolati gli offre un ruolo di comando, ma lui lo rifiuta per non tradire il legame di solidarietà e fiducia che lo lega ai suoi compagni. Nonostante questo Metello non è un eroe, è semplicemente un uomo che si sente parte di qualcosa e proprio per questo non può essere considerato un eroe solitario. Attraverso le vicende di un personaggio Pratolini ci racconta un periodo storico, la formazione di Metello è la formazione dell’Italia e della classe operaia. Le lotte di Metello sono le lotte di classe che incendiarono l’Italia tra 800 e 900. Ed ecco allora che il romanzo di formazione viene a coincidere e sovrapporsi al romanzo storico, quello in cui l’autore descrive un determinato momento storico. Questo intento è evidente dall’inserimento del romanzo all’interno della trilogia Una storia italiana che, come abbiamo detto, aveva proprio lo scopo di narrare le vicende della storia italiana a partire dall’unità. LINGUA E STILE Il problema principale che Pratolini dovette affrontare dal punto di vista della lingua e dello stile è quello di come far parlare e dare voce agli operai e alla classe popolare primo- novecentesca. L’autore risolve questo dilemma adottando una costruzione delle frasi abbastanza semplice e lineare, che imita il discorso parlato. A questo si unisce la presenza di alcune voci dialettali fiorentine, soprattutto nei dialoghi dei personaggi. Ma il dialetto risulta sempre sottoposto a una rielaborazione letteraria, che lo riconduce all’italiano. In questo modo Pratolini risolve il problema di conferire spontaneità e naturalezza alla lingua e allo stesso tempo di mantenere un livello letterario e comprensibile da qualsiasi parlante italiano. Dal punto di vista del tono della narrazione Pratolini unisce in modo impeccabile momenti realistici, raccontati nelle narrazioni degli eventi storici, a momenti lirici, incentrati sulla figura e sui pensieri del protagonista. finalmente ad accudirlo. Però in quel momento Pin racconta a Cugino la storia della pistola, pistola che lui non era più riuscito a ritrovare, perché quando torna sul sentiero dei nidi di ragno lo trova scavato, rovinato, e lì pensa che probabilmente sia stato Pelle a farlo. Cugino, sentendo questo racconto, capisce che la sorella, oltre a fare la prostituta, collabora di fatto con i tedeschi, collabora col nemico e allora si vede Cugino che parte per andare verso il borgo dove abitava Pin, e si sente uno sparo. CHI È IL PROTAGONISTA? Il protagonista è un ragazzino di 10 anni di nome Pin. PERSONAGGI IMPORTANTI Il personaggio di Kim è importante per due ragioni: Si tratta del dedicatario dell'opera. L'opera è dedicata a Kim, che nella realtà, corrisponde effettivamente un personaggio realmente esistito, una dei capi delle Brigate partigiane che Calvino aveva conosciuto e che poi era diventato un grande dottore, un grande medico del lavoro e con cui Calvino si intratteneva in conversazione durante la resistenza e che rappresentava l'unico altro intellettuale all'interno della Brigata Partigiana di Calvino perché i partigiani ovviamente provenivano da diverse estrazioni sociali, non erano tutti intellettuali, anzi in realtà questo personaggio era l'unico. Questa persona, anzi, era l'unica con cui Calvino potesse riflettere a un livello di critica più approfondita sulla situazione storica, sul contesto storico ma le parole pronunciate da Kim all'interno del romanzo, in realtà sono un prestito da parte dello stesso Calvino, cioè Kim può essere considerato in qualche modo un alter ego di Calvino stesso, perché le sue opinioni sulla situazione storica sono le stesse di Calvino. NARRATORE La storia è narrata in terza persona da un autore extradiegetico. CARATTERISTICHE • Il modello letterario è quello picaresco (libri d’avventura con adolescenti protagonisti) • Il punto di vista è quello di Pin, ma il narratore è eterodiegetico • Il romanzo parla della resistenza, ma il racconto è pieno di coloriture fantastiche e di elementi fiabeschi >> la componente realistica e quella fantastica di mescolano [cfr. la prefazione al romanzo] • Della fiaba calvino riprende la struttura, che delinea un percorso di formazione verso la maturità (una prova da affrontare, l’oggetto magico, gli antagonisti…) ci sono inoltre diversi riferimenti a fiabe molto note, nella forma di citazioni • L’atmosfera è fantastica perché Pin, essendo un bambino, non capisce il mondo dei grandi e colma le sue lacune con l’immaginazione, vede il mondo con gli occhi di chi crede ancora nella magia e nelle fiabe > sguardo straniante sulle cose RAPPRESENTAZIONE DELLA RESISTENZA - I partigiani vengono rappresentati come degli scapestrati, personaggi grotteschi (ricordare, ad esempio, che il Dritto incendia il distaccamento perché si distrae per amore) >> a differenza degli altri romanzi sulla Resistenza non è presente la figura dell’eroe partigiano - Nel cap. IX i due comandanti Kim e Ferriera discutono proprio delle caratteristiche di questa bizzarra brigata: Ferriera sostiene che non sono organizzati e abbastanza dediti alla causa, Kim li difende dicendo che ognuno combatte a modo suo e che in fondo anche loro stanno dalla parte giusta, faranno anche loro la Storia. Il personaggio di Kim è ispirato a un comandante realmente conosciuto da Calvino durante la sua esperienza di partigiano, Ivar Oddone (a lui è dedicato il romanzo) ma rappresenta anche una sorta di alter ego di Calvino. - La questione ideologica è messa da parte e non c’è un giudizio morale sui personaggi “I NOSTRI ANTENATI” > FILONE ALLEGORICO-FANTASTICO COS’È? “I nostri antenati” è una trilogia composta da: • “Il visconte dimezzato” (1952) • “Il barone rampante” (1057) • “Il cavaliere inesistente” (1959) QUANDO VIENE PUBBLICATO? Viene pubblicato nel 1960. “IL VISCONTE DIMEZZATO” Significato allegorico È un racconto ambientato nel ‘700 in cui si parla del protagonista Medardo, che è un Cavaliere che va a combattere in Boemia contro i musulmani, e colpito da una bomba di cannone, viene diviso in due: la parte buona e la parte cattiva. Queste due parti si separano, vivono come due personaggi diversi: - Il cattivo torna nel castello e comincia a compiere gli atti peggiori nei confronti dei propri sudditi. Si innamora di Pamela, che ovviamente non lo ricambia. - La parte buona, invece, sembra essersi dispersa. Ritorna a un certo punto del racconto, e anche la parte buona si innamora di Pamela, si innamorano tutte e due, fino a che arrivano allo scontro e durante il duello si riuniscono. Il buono, nel frattempo, non è che fosse riuscito a compiere degli atti buoni, la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, nel senso che più l'intenzione era buona, più in realtà anche lui aveva combinato solamente dei danni. Queste due parti si riuniscono e c'è il lieto fine: Medardo si sposa con Pamela e tutto finisce bene. Questo romanzo allude alla situazione storica della guerra fredda (divisione tra mondo sovietico ed occidentale), ma anche al «dimidiamento» interno all’uomo (inconscio/io) e al senso di incompletezza dell’uomo (l’uomo deve ricongiungersi alla sua altra parte, buona e cattiva, per essere sé stesso). “IL CAVALIERE INESISTENTE” Significato allegorico L’ambientazione è ai tempi di Carlo Magno e il protagonista è uno dei paladini di Carlo Magno, Agilulfo che obbedisce agli ordini del suo re, senza mai replicare. Questo Cavaliere ha una particolarità: è composto unicamente della sua armatura, dentro l'armatura non c'è niente, è vuoto. Siamo nel periodo del pieno boom economico e Calvino fa leva su questo. Il cavaliere inesistente rappresenta, infatti, l’uomo di oggi, l’uomo contemporaneo che vive solamente della sua apparenza, solo armatura, solo quello che si vede, ma che dentro si è svuotato proprio per effetto del consumismo. Il consumismo ci porta a identificarci in quello che possediamo, in quello che riusciamo ad acquistare, non in quello che siamo. Vince l'avere rispetto all'essere (ma questo è un percorso che rischia di essere infinito perché nessun oggetto potrà mai riuscire ad appagare noi stessi e a definire la nostra stessa identità). L'effetto è che lo spostamento verso l'avere ci priva del nostro essere. “Avere o essere?”. “IL BARONE RAMPANTE” (1957) > FILONE ALLEGORICO-REALISTICO GENESI DEL ROMANZO Nasce dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS nel 1956 che porta molti intellettuali comunisti ad allontanarsi dal Partito Comunista Italiano mettendo in crisi il modo di intendere l’impegno politico dell’intellettuale. La stesura avviene in breve tempo subito dopo la pubblicazione di “Fiabe italiane” (1956), volume in cui Calvino raccoglie 200 fiabe della tradizione; il lavoro sulle fiabe influenza e modifica profondamente la sua poetica (al tempo Calvino cercava di scrivere un romanzo realista). EDIZIONI DEL ROMANZO Il romanzo avrà enorme successo e verrà più volte ripubblicato, sia in volume a sé stante che all’interno della trilogia; Calvino scriverà una versione accessibile per ragazzi di 10 anni nel 1959. DOVE E QUANDO AMBIENTATO IL ROMANZO? Il romanzo è ambientato nel 1767 nel paese immaginario di Ombrosa. Le vicende raccontate coprono un arco temporale di circa cinquant’anni: 1767-1820. CHI È IL PROTAGONISTA? Il protagonista del romanzo è un ragazzino di 12 anni: Cosimo Piovasco di Rondò, che dopo un litigio con i genitori sale su un albero e da lì non scenderà mai più. TRAMA Cosimo un giorno viene costretto dai genitori a mangiare un piatto di lumache preparato dalla sorella, ma lui si ribella, ne nasce un litigio e ad un certo punto il ragazzino esce e minaccia di salire sugli alberi e non scendere mai più e esce dalla casa, si arrampica su un albero e da quel momento non toccherà mai più terra. Cosimo riesce ad avere tantissimi contatti con altri personaggi, Entra in rapporto e relazione con tanti personaggi. Quindi quella che sembra una scelta che lo porti all’isolamento, in realtà si rivela un’occasione per intrattenere dei rapporti sociali che altrimenti non avrebbe avuto. Riceve anche un’educazione perché la balia che impartiva lezioni a lui ed il fratello continua ad istruirlo, e si appassiona alla lettura. Ad un certo punto incontra un gigante Gian dei Brughi a cui insegnerà prima a leggere e poi ad apprezzare i libri. Cosimo vive una storia d’amore con Viola, che è una ragazza che vive lì vicino che aveva conosciuto da piccolo, ma finisce perché Cosimo non è disposto ancora a scendere dagli alberi. Cosimo comincia ad intrattenere rapporti epistolari con grandissimi personaggi nel tempo, scienziati, filosofi. Vediamo Cosimo che trascorre tutta la sua vita sugli alberi senza mai metter piede a terra e che fino al momento della morte riesce comunque ad evitare di toccare terra. Ormai è malato e stanco, si sposta su un albero che sta in paese per non rimanere da solo e mentre tutti gli chiedono di scendere per farsi curare, lui sale in cima a quest’albero e si lascia trasportare da una mongolfiera di passaggio, e così il personaggio sparisce volando su questa mongolfiera verso il mare. Così anche nella morte riesce a non mettere piede in terra. ROMANZO REALISTICO O FANTASTICO? È un romanzo fantastico e inverosimile. NARRATORE Il narratore è intradiegetico/all’interno della storia è suo fratello minore Biagio che spiega che il suo racconto è basato solo in parte su quel che lui stesso ha visto, perché buona parte delle avventure di Cosimo gli sono state raccontate da altri e soprattutto dallo stesso Cosimo, narratore di sé stesso che racconta cambiando ogni volta la versione dei fatti. STRUTTURA Tra la prima e la seconda parte del romanzo si riscontrano alcune differenze stilistiche: la prima parte è descrittiva, la seconda parte invece è più macchinica nel susseguirsi delle vicende. Altri personaggi cercheranno di deviare Quinto rispetto a questa strada, come ad esempio due amici, un poeta e un filosofo che gli propongono di creare una rivista, ma mentre parla con loro vediamo Quinto completamente disinteressato dalle faccende del suo passato. Il romanzo si conclude male: Caisotti riuscirà a truffare Quinto, che non ricaverà un grosso guadagno rispetto all’obiettivo inziale di guadagnare molti soldi per pagare le tasse. Anche Calvino, così come accade nel romanzo a Quinto, ebbe problemi di tasse per l’eredità di una villa di famiglia, ma nel romanzo è come se l’autore avesse voluto esplorare una strada che poi da lui non fu percorsa, che è quella della “RABBIOSA MIMESI DEL NEGATIVO”. RABBIOSA MIMESI DEL NEGATIVO Il personaggio segue di adeguarsi ai tempi moderni, a quello che sta succedendo e di imitare la mimesi, quello che fanno gli altri. La mimesi, cioè l’imitazione del negativo, di quello che non va, di tutto quello che fino a quel momento era stato giudicato negativo, quindi quella serie di disvalori che il Neo capitalismo porta con sé, ma si tratta di una mimesi rabbiosa, arrabbiata e la mimesi dello sconfitto, non è un’imitazione, un adeguamento sentito, convinto, e di fatti Quinto lo dice chiaramente, anche Calvino nell’introduzione al romanzo fondamentalmente è un personaggio dedicato al fallimento, uno dei tanti inetti che popolano la letteratura italiana e non solo, che non può assolutamente emergere, vincere all’interno del mondo borghese e a maggior ragione all’interno di questa nuova borghesia. Ma in un certo senso Quinto lo sa fin dall’inizio proprio perché non era questo il suo obiettivo, lui aderisce al nuovo che avanza semplicemente per una sensazione di sconfitta. VOCE NARRANTE È un racconto in terza persona, il narratore è extradiegetico, ma a tratti adotta la prospettiva di Quinto. ELEMENTI AUTOBIOGRAFICI - Il protagonista, Quinto Anfossi, è un personaggio semi-autobiografico, spiega Calvino, e anche gli altri personaggi e l’ambientazione sono ripresi dall’esperienza dell’autore - Quinto Anfossi proviene da Sanremo, lo stesso paese da cui proveniva Calvino - Si sta parlando di un intellettuale del Partito Comunista, così com’è stato Calvino fino all’invasione dell’Ungheria del 1956, l’anno dopo compare questo testo - I personaggi ricordano conoscenze reali di Calvino - Anche Calvino, così come Quinto, ebbe dei problemi di tasse per l’eredità di una villa di famiglia REALISMO L’utilizzo di una vicenda semi-autobiografica, che comprende anche un’analisi psicologica del protagonista, è una scelta particolare per l’autore, che percorre questa strada nel tentativo di scrivere un romanzo di tipo realista, scritto con l’intento di rappresentare la realtà in senso critico, ma in cui confluiscono le meditazioni dell’intellettuale in crisi. STRUTTURA Il romanzo è diviso in capitoli attraverso i quali si ha uno svolgimento lineare della trama. Il romanzo si sviluppa tra un incontro e l’altro che Quinto fa nel suo Paese. Ci sono molte digressioni, divagazioni, in cui seguiamo i ragionamenti e le riflessioni di Quinto proprio su come le cose sono cambiate. PRIMO CAPITOLO In questo primo capitolo si ha un po’ riassunto di tutto lo spirito del personaggio che sente la necessità di buttarsi nel nuovo, la mimesi del negativo, ma con una convinzione che è di un rassegnato da un lato e l’escluso dall’altro. Se questa nuova vita è l’unica possibile, allora Quinto non vuole rimanerne escluso. Attualmente si trova escluso perché non aveva più preso parte alla vita del paese non standoci e anche dalla contingenza perché si ritrova questo appezzamento di terreno che è svalutato perché non c’è più una vista, quindi a maggior ragione visto che le condizioni di partenza non sono ottimali l’obiettivo è quello di rincorrere il nuovo, rincorrere lo sviluppo edilizio. IL ‘SECONDO PERIODO’ DELLA PRODUZIONE DI CALVINO SECONDO PERIODO: letteratura combinatoria, metaletteratura, interesse per la scienza e postmodernismo. Dal 1964 circa nelle opere di Calvino si riscontra il forte interesse per la scienza e un tipo di letteratura basata sul ‘gioco combinatorio’ (*) nella struttura del romanzo. La letteratura è ancora indagine conoscitiva sulla realtà, ma rinuncia ad ottenere una visione complessiva all’interno di un sistema. • “Il castello dei destini incrociati”: (1969 e, con l’aggiunta delle Taverna dei destini incrociati 1973), qui il ‘gioco’ costruito da Calvino prevede personaggi muti che si esprimono attraverso l’ordine dato da essi alle carte dei tarocchi >> infinite possibilità di lettura. • “Le città invisibili”: (1972), ispirato al Milione di Marco Polo; qui la struttura tradizionale a cornice (Marco Polo che racconta le storie al Kublai Khan) si mescola alla struttura combinatoria (i racconti delle città sono organizzati per temi secondo un ordine ideato dall’autore). • “Se una notte d’inverno un viaggiatore”: (1979), il protagonista è il lettore, qui Calvino usa la seconda persona (il ‘tu’) e fa diventare protagonista il lettore reale; c’è una cornice (il lettore e la lettrice che cercano il seguito di un romanzo che vogliono leggere) e 10 incipit di romanzo, ognuno diverso >> si parla di iper-romanzo (la struttura allude all’infinità delle combinazioni narrative possibili) e di metaromanzo (romanzo in cui si riflette sulle tecniche del romanzo). (*) IL GIOCO COMBINATORIO Nel 1964 Calvino va a Parigi e conosce il gruppo dell’Oulipo, acronimo di ‘Laboratorio di scrittura potenziale’: il gruppo, fondato dallo scrittore Georges Perec, formato da scrittori e matematici che mira ad elaborare nuove forme di letteratura in cui la struttura del testo ha la priorità su tutto il resto. La struttura viene ideata sulla base di una regola (costrizione) che l’autore sceglie di seguire (ad esempio scrivere un testo senza una lettera o costruisce le storie seguendo le regole degli scacchi) o sulla base di calcoli matematici (ad es. il calcolo combinatorio). La regola è alla base del gioco dell’immaginazione, la stimola (esattamente come nel gioco per divertirsi sono necessarie delle regole). “LE COSMICOMICHE” L’OPERA - Agisce sulla poetica dell’autore l’influenza delle teorie scientifiche sulla formazione dell’universo >> Calvino crede che, come la scienza, anche la letteratura abbia un ruolo nel sistema del sapere e della conoscenza, la letteratura si rivolge però ad altre ‘sfere’ del sapere. - Nelle Cosmicomiche l’autore raccoglie dei racconti ispirati a diverse teorie scientifiche sul cosmo >> l’epigrafe di ogni racconto contiene la teoria cui è ispirato. - Le storie hanno carattere comico (vedi il titolo) e sono ispirate alle strisce dei fumetti. - Il narratore di tutte le storie è un essere che cambia continuamente forma, di nome QFWFQ. - Sembrano racconti di fantascienza, tuttavia, la fantascienza ambienta le storie nel futuro, trasformando l’invenzione dell’autore in una realtà possibile; nelle Cosmicomiche Calvino fa il contrario, ambienta le storie nel passato (l’origine dell’universo) e trasforma il dato scientifico in qualcosa di fantastico. - Il cosmo si presenta come il risultato di combinazioni possibili, potenziali. RIVISTE DEL SECONDO ‘900: “OFFICINA”, “IL VERRI”, “IL MENABÒ” COME MAI SI ARRIVA ALLE RIVISTE? Negli anni Cinquanta si avverte la necessità di rinnovare la cultura italiana, rimasta provinciale e chiusa rispetto a quella degli altri paesi occidentali. Il Neorealismo, ora, viene avvertito come un modo antico di fare letteratura, il quale non tiene il passo dei cambiamenti sociali in atto. Così, gli scrittori più giovani propongono un nuovo modo di fare letteratura: servirsi delle riviste per promuovere le loro intenzioni, questo utilizzo delle riviste aveva l’obiettivo di fondare una nuova cultura rinnovata. Le riviste più rilevanti in questo senso sono “Officina” (superamento del Neorealismo e dell’ermetismo in poesia), “Il Verri” (sperimentazione avanguardista e interdisciplinare) e “Il Menabò” (nuova realtà industriale e mutamenti socio-culturali). “OFFICINA” DOVE, QUANDO E DA CHI VIENE FONDATA? La rivista “Officina” viene fondata a Bologna nel 1955 da tre compagni del liceo: Roberto Roversi, Francesco Leonetti e Pier Paolo Pasolini. Collaboratori: Franco Fortini e Gianni Scalia. OGNI QUANTO VIENE PUBBLICATA? Inizialmente esce una volta ogni due mesi = bimestrale di poesia (come si legge nel sottotitolo). Ma in realtà la periodicità sarà un po’ ballerina. QUANDO E COME MAI VIENE CHIUSA? La rivista verrà chiusa nel 1959 a causa di dissidi interni alla redazione perché costituiti da intellettuali di diversi orientamenti e per cause economiche. QUAL ERA IL PROGRAMMA DELLA RIVISTA? • Promuovere una letteratura politicamente impegnata. • Letteratura orientata nel senso marxista, indipendente dal partito comunista, così come dagli altri partiti • Proporre una letteratura sperimentale, che non taglia i ponti con la tradizione, ma la rielabora • Proporre una letteratura che si opponga alle dominanti letterarie rappresentate dal Neorealismo nel romanzo e dall’Ermetismo in poesia: Pasolini propone di considerare la letteratura precedente al Novecento, a partire da Pascoli TESTI PUBBLICATI SULLA RIVISTA Tra i testi pubblicati sulla rivista compaiono quelli di Volponi, amico di Pasolini, ma anche di Gadda e Calvino; la rivista è interessata maggiormente al panorama nazionale. “IL VERRI” DOVE, QUANDO E DA CHI VIENE FONDATA? La rivista “Il Verri” viene fondata a Milano nel 1956 ed è attiva ancora oggi. Fu fondata e diretta da Luciano Anceschi. Tra i collaboratori più giovani si trovano Balestrini, Porta, Sanguineti, Pagliarani e Giuliani, futuri fondatori del Gruppo 63, il principale gruppo della Neoavanguardia italiana. QUAL ERA IL PROGRAMMA DELLA RIVISTA? • La cultura italiana rimane ancora legata al passato prebellico: cultura estremamente chiusa nel proprio provincialismo, alle novità, alle letterature che vengono dall’estero; dunque il primo obiettivo della rivista era sprovincializzare e rinnovare la cultura italiana • Introduzione di nuove discipline umanistiche: linguistica, strutturalismo, psicoanalisi • Apertura alla letteratura straniera • Apertura alle arti: comprese la pittura, la musica, il teatro ed il cinema • Conduce una battaglia serrata contro il Neorealismo e l’Ermetismo, ma propone soluzioni sperimentali ben più “estreme’’ rispetto a “Officina”, di fatti sarà la rivista 1. Il primo capitolo si conclude simbolicamente con un atto di generosità da parte di Riccetto, che vede una rondine che sta per affogare e allora si tuffa nell'acqua per salvarla. 2. Nel secondo capitolo già vediamo che la tragedia e la morte si abbatte ovviamente sulla miseria, perché muoiono sia un amico di infanzia di Ricetto, che la madre stessa di Riccetto, mentre lui è in vacanza con altri amici (muoiono perché crolla l'edificio dove siamo riparati dopo lo sfratto da casa loro). Il narratore però sorvola su questa vicenda e fa uno scatto in avanti di diversi anni, quando troviamo Riccetto che vagabondando di notte per le strade di Roma, si ritrova a Villa Borghese e fa conoscenza con alcuni personaggi come il Caciotta o Amerigo. Amerigo, però, lo vedremo morire poco dopo, nel momento in cui dovrà scappare dopo un furto dove rimane ferito. Dopo anni passati appunto a derubare il prossimo in giro per le strade di Roma, Ricetto si innamora della figlia di un vecchio signore che avevano cercato di raggirare, così cerca di mettere la testa a posto, cercando di soddisfare anche i desideri di questa ragazza: desideri di una vita serena, viaggi e piccoli beni di consumo. E però per farlo è costretto a rimettersi di nuovo sulla cattiva strada e a darsi nuovamente al furto, quindi a tornare sostanzialmente sulla vecchia via, per l'ennesima volta gli capita di scampare il pericolo di essere arrestato, mentre tutti gli altri suoi amici vengono invece presi dalla polizia. E quindi Ricetto ci prova in un certo senso a cambiare strada a cambiare modalità di vita, ma continua a non riuscirci. Subito dopo questa fuga, lo ritroviamo per le strade di Roma senza cibo, affamato, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, completamente perso e sarà costretto per niente a rimescolare nella spazzatura, per nutrirsi. Ancora oltre poi siamo sul finire del romanzo, il narratore apre una prospettiva un po' più larga sugli altri personaggi. Ci parlerà ad esempio di Alduccio, un personaggio che dopo Ricetto acquisisce maggiore visibilità, che ha una di queste storie familiari assolutamente drammatiche e un litigio con la madre che lo accusa di non combinare niente, non riuscire a trovare lavoro, e la colpirà anche con un coltello. Ricetto nel frattempo viene arrestato finalmente, ma viene arrestato paradossalmente per un furto che non ha commesso, viene arrestato per sbaglio. Dopo tre anni di carcere esce finalmente e ha messo la testa a posto, ha trovato un lavoro onesto, ritrova i vecchi compagni, ma a quel punto lì si ritrova estremamente distante dai suoi compagni. Sul finire del romanzo vediamo un'altra scena di annegamento, questa volta non si tratta più di una rondinella. Si tratta bensì di uno dei compagni di Riccetto che rischia di morire annegato. Ma stavolta Riccetto non si tufferà, non lo aiuterà. Si farà assolutamente da parte pensando esclusivamente a sé stesso. Quindi quello slancio di generosità che l'aveva caratterizzato nell'infanzia evidentemente è del tutto perso. La vicenda più importante è il passaggio di certo tipo di vita un altro tipo di vita con questo evento simbolico del “doppio” annegamento. “RAGAZZI DI VITA” E NEOREALISMO Perché Pasolini sceglie questi soggetti come protagonisti? I giovani delle borgate rappresentano per Pasolini un ideale di vitalità (corporeità, visceralità, istintualità) che si oppone al moralismo bigotto della borghesia, impostosi come modello dominante e coercitivo → si tratta di personaggi quasi amorali (selvaggi), divenuti tali a causa dell’ambiente in cui vivono, che rappresentano una diversità insanabile rispetto alla moralità borghese. Nel romanzo di stampo neorealista si raccontava la storia di un eroe proletario che però lottava contro le forze della borghesia; e veniva raccontato in maniera non propriamente realistica ma edulcorata in senso idealistico, politico, idealizzato. Qui invece, nel racconto di Pasolini, è in un certo senso ‘nudo e crudo’: l’intento dell’autore non è quello di denunciare le misere condizioni sociali (e etiche) della classe sottoproletaria, alla maniera neorealistica, ma di far emergere, in maniera cruda, il senso di vitalità e diversità di cui questi personaggi sono portatori → esigenza espressiva, più che rappresentativa. STILE E LINGUA I dialoghi diretti sono scritti in gergo romanesco, non si tratta però di un recupero mimetico del dialetto, bensì di un rimaneggiamento dell’autore; la lingua del narratore è invece una lingua letteraria in cui si mescolano voci gergali → espressionismo linguistico (influenza di Gadda) per far risaltare vitalità del dialetto. Tale scelta oppone lo stile artato di Pasolini al linguaggio immediatamente comunicativo del Neorealismo, ne deriva uno sguardo estremamente soggettivo (e in questo caso compartecipe) sulle vicende che si oppone al modello del narratore impersonale del Neorealismo. “RAGAZZI DI VITA” E LA PRODUZIONE SUCCESSIVA Il secondo romanzo, “Una vita violenta” (Garzanti 1959) si può considerare il proseguo dell’operazione romanzesca già avviata con il primo (stesse ambientazioni e vicende simili, ma in una storia unitaria e più strutturata). “Ragazzi di vita” anticipa molti degli elementi di riflessione che caratterizzeranno tutta la produzione letteraria successiva e che si rivedono nei suoi interventi giornalistici relativi alla società italiana, per quel che riguarda il processo di omologazione imposto dalla società del benessere, ovvero dal sistema capitalistico voluto dalla classe borghese, che per Pasolini si impone come un sistema di potere fascista (coercitivo) che comporta l’annientamento di tutte le differenze, la distruzione della cultura popolare e della lingua dialettale, nonché, sul piano relazionale e sociale, il trionfo dell’imborghesimento consumistico e individualistico, di cui la vicenda di Riccetto è esemplare. I “Ragazzi di vita” non hanno la possibilità di migliorare la propria condizione se non aderendo ai valori borghesi, si rende impossibile lo sviluppo di una vera coscienza di classe. Ne deriva una visione non progressista della storia: l’Italia non si è davvero avviata verso un processo di democratizzazione, dopo la seconda guerra mondiale, e gli ideali della Resistenza sono stati traditi a favore del sistema di potere capitalistico → la letteratura Neorealista, che avrebbe dovuto celebrare e accompagnare questo processo, ha fallito. LUCIANO BIANCIARDI AUTORE • Nasce nel 1922 • Muore nel 1971 • Molto legato alla sua terra: Grosseto • Scrittore fuori dai ranghi e dalle etichette: non appartenne a nessuna corrente e tendenza letteraria, era un caso a sé stante • Si impegna molto in ambito sociale e culturale • Fu insegnante, bibliotecario, traduttore di romanzi dall’inglese e redattore di case editrici, in particolare della Feltrinelli • Si impegnò nell’istruzione delle classi sociali basse (es. bibliobus) • A metà degli anni ’50 si trasferisce a Milano dove sarà pubblicista per molti importanti giornali OPERE • “I minatori della Maremma” (1956): romanzo scritto con Carlo Cassola. È un’opera particolare: per metà è saggio/inchiesta sulle condizioni dei minatori della Ribolla (miniera di carbone di proprietà della Montecatini nel grossetano), per l’altra metà è una raccolta di interviste ai minatori stessi. Nel 1954 era esploso uno dei pozzi della miniera causando la morte di 43 minatori; i responsabili vengono tutti assolti. La sua opera è in gran parte di stampo autobiografico e incentrata sulla critica ironica all’establishment culturale e alla società. L’autore critica il lavoro dell’intellettuale (lavoro culturale), da un lato, perché considerato astratto e elitario (snob) rispetto alle masse, dall’altro perché, visto dall’interno dell’industria culturale (case editrici e giornali) è evidentemente diretto da interessi economici >> critica all’industria culturale: settore industriale che si occupa della produzione e diffusione della cultura di massa, specialmente attraverso l'uso dei mass-media. • “Trilogia della rabbia”: viene scritta negli anni del boom economico ed è composta da tre romanzi dedicati al lavoro culturale, basati sulla biografia dell’autore. La trilogia prende il nome dalla rabbia che che viene fuori dallo stile di Bianciardi e dalla critica spietata nei confronti dell'industria culturale, perché l'industria culturale è al centro di tutti e tre questi romanzi. Questo stile un po' sempre sarcastico, sempre molto tagliente. I tre romanzi che compongono la trilogia sono: (1) “Il lavoro culturale”, 1957, ambientato a Grosseto, racconta delle varie iniziative da lui organizzate come cineclub, biblioteche. (2) “L’integrazione”, 1960, storia di due intellettuali che si trasferiscono a Milano e lavorano alla nascita della Feltrinelli. (3)“La vita agra”, 1962. “LA VITA AGRA” QUANDO VIENE PUBBLICATO IL ROMANZO? Il romanzo viene pubblicato nel 1962. TRAMA Il protagonista senza nome, un giovane intellettuale anarchico, lascia la provincia toscana e la famiglia per andare a Milano, con l’obiettivo di far saltare il palazzo dell’impresa mineraria (che noi sappiamo essere la Montecatini) responsabile dell’esplosione di una miniera (la Ribolla); in breve tempo, tuttavia, il protagonista comincia a mutare i propri obiettivi di vendetta e giustizia, e si integra sempre più nella vita della metropoli. Nel corso della storia conosce una donna, Anna, che diventa la sua compagna (diventano OLIVETTI: LA FABBRICA ILLUMINATA Adriano Olivetti dirige la fabbrica ereditata dal padre, con sede centrale a Ivrea, leader nella produzione delle macchine da scrivere (in seguito del settore informatico). Dirige l’azienda con l’idea di fare dell’industria un fattore di progresso sociale e non solo economico, che permetta agli individui di vivere ‘in armonia’ = un ideale che cerca una congiunzione tra comunismo (uguaglianza e solidarietà tra gli uomini) e capitalismo (sviluppo e interesse economico). Le industrie Olivetti, diffuse su tutto il territorio nazionale, rappresentano un modello ‘illuminato’ di industria che coniuga il profitto con il progresso sociale. La fabbrica, come luogo della produzione, è pensata come luogo di crescita e miglioramento dell’individuo e della società, e non come luogo di sfruttamento del lavoro e di efficienza organizzativa (ne è esempio la descrizione della fabbrica in “Donnarumma all’assalto”). Nel suo progetto Olivetti coinvolge intellettuali e scrittori, con l’obiettivo di congiungere le cosiddette ‘due culture’ (scienza e letteratura); alla Olivetti gli scrittori non lavorano solo come pubblicitari, ma si occupano anche del personale e ricoprono ruoli manageriali importanti. Gli scrittori appoggiano il progetto di Olivetti, ma dall’interno ne vedono anche le contraddizioni. Tra i tanti scrittori che lavorano alla Olivetti troviamo Fortini, Volponi e Ottieri. OTTIERO OTTIERI AUTORE • Nasce nel 1924 • Muore nel 2002 • Dal 1952 al 1965 impiegato alla Olivetti come responsabile della selezione del personale >> nel ‘55 viene mandato nello stabilimento Olivetti di Pozzuoli • Collabora con riviste di scienza e psicologia OPERE Ottiero Ottieri è considerato il pioniere del romanzo industriale, le opere più importanti sono: • “Tempi stretti”, 1957, è considerato il primo romanzo industriale ed è un testo di tipo naturalistico, in cui l’autore rappresenta il mondo della fabbrica e la società contemporanea. Il titolo si riferisce ai i ‘tempi stretti’ dell’operaio alla catena di montaggio, ma il riferimento va a una condizione esistenziale generalizzata, piegata ai tempi della produzione e dell’efficienza. • “Donnarumma all’assalto”, 1959 • “La linea gotica”, 1963, un diario dedicato al mondo dell’industria e al boom economico, di cui compaiono alcuni brani sul n. 4, 1961, del “Menabò” dedicato a ‘letteratura e industria’. “DONNARUMMA ALL’ASSALTO” TRAMA Il personaggio del romanzo è uno psicologo responsabile della selezione del personale per una fabbrica del sud (che noi sappiamo essere lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli). Olivetti fa un nuovo esperimento infatti costruendo una fabbrica al sud, l’obiettivo era quello di portare l’industrializzazione al sud per portare progresso sociale, dove manca totalmente, dove manca il lavoro, all’interno di un contesto sociale profondamente retrogrado e rispetto al quale la costruzione di una singola fabbrica non risolve la situazione, perché non può assumere tutti, allora la sfida è selezionare il personale e decidere chi entra e chi ne rimane escluso. Il selezionatore allora si trova in difficoltà perché la fabbrica no può riparare in torto alla disoccupazione, entra in crisi infatti lo psicologo. La selezione avviene attraverso test psico-tecnici che valutano le abilità cognitive degli aspiranti operai, ci sono dei test che misurano le attitudini pratiche, chi supera questi test scritti ma ance pratici passa al colloquio orale, questa prima esclusione per lo psicologo risulta una vera ingiustizia sociale, solo a chi passa al colloquio viene riconosciuta una soggettività, un contatto umano con il lavoro. Per rimediare a questo lo psicologo decide di non negare a nessuno il contatto umano, quindi fa il colloquio a tutti, rispettando il contatto. Così facendo però lo psicologo mette in crisi i tempi industriali, si rallentano i ritmi, ma pur di rallentare i tempi di produzione lo psicologo si ostina in questo suo cammino, questo equivale a mettere in dubbio il meccanismo intero alla fabbrica, corrisponde alla critica diretta nei confronti dei principi che sorreggono l’organizzazione del lavoro all’interno della fabbrica, come possono essere l’efficienza, l’organizzazione razionale al lavoro, tutto votato al profitto, così facendo però lo psicologo mette anche in dubbio se stesso, perché questa selezione si basa sulla psico-tecnica, disciplina basata sulla fiducia nell’esistenza di un criterio razionale di valutazione dell’essere umano, questo viene considerato un metodo oggettivo, efficace, razionale di rispettare l’uomo. In questa scienza lo psicologo crede fortemente all’inizio. Allora tutto questo sistema di pensiero entra in crisi nel momento in cui entra in contatto con coloro che aspirano al posto di lavoro, perché man mano che conosce queste persone entra in contatto con la negazione di tutto quello in cui crede, queste persone infatti ragionano in modo del tutto irrazionale, per questo quando gli viene chiesto di compilare la richiesta di lavoro loro si rifiutano, a loro interessa lavorare. Di tutto questo è la rappresentazione Donnarumma, che colpisce lo psicologo mettendolo in crisi, egli infatti si rifiuta di aderire all’organizzazione interna alla fabbrica, si rifiuta infatti di scrivere questa lettera di assunzione, nonostante ciò pretende di essere assunto, con la forza dell’ignoranza, dietro questo rifiuto però si possono leggere molte cose: La prima: c’è una specie di paura verso la scrittura da parte di chi non ha avuto l’opportunità della scolarizzazione, c’è diffidenza in questo, Donnarumma legge la richiesta di adesione a tutto il sistema di valori delle classi dominanti, da questo punto di vista il protagonista è il campione umano di questo spaccato antropologico a cui lo psicologo si trova davanti. Possiamo leggere questo come uno stereotipo, ma purtroppo in questo momento è la realtà sociale vera e propria, abbiamo una situa di arretramento culturale rispetto al quale la costruzione della fabbrica diventa una goccia nel mare. L’altro motivo, più importante, per cui Donnarumma di rifiuta di scrivere la lettera, è il fatto che l’accesso alla selezione prevede tutta una serie di step preparati dalla fabbrica che sono il riflesso di un’organizzazione burocratica amministrativa generale da parte della fabbrica stessa all’interno dell’organizzazione scientifica razionale del lavoro. Donnarumma si rifiuta di scriver perché per lui valsolo il lavoro, guadagnare per viver, non scrivere per essere assunti. STRUTTURA Il romanzo ha una struttura diaristica perché vengono indicati mese e anno, il testo inoltre presenta inserti di tipo riflessivo e descrittivo, su quello che riguarda la fabbrica e la condizionerei lavoratori, sulle regole che determinano il lavoro nella fabbrica. È considerato oltre che un diario, anche un reportage, un genere innovativo. NARRAZIONE Il romanzo è scritto in prima persona. PERSONAGGIO Il personaggio del romanzo è uno psicologo responsabile della selezione del personale per una fabbrica del sud. Si tratta di un personaggio autobiografico, perché intellettuale e responsabile del personale in una fabbrica del Sud come lo era Ottieri alla Olivetti. TEMI PRINCIPALI DEL ROMANZO Il tema centrale del romanzo è la disoccupazione e l’insufficienza dell’industria rispetto a questa situazione a livello sociale. La fabbrica di cui si parla nel romanzo non ha un nome, noi però sappiamo che si tratta della Olivetti di Pozzuoli, anche il posto in cui viene ambientata la storia ha un nome di fantasia. L’industria non può prescindere dalla regola del profitto, quindi non può fare a meno di creare disoccupazione, la disoccupazione serve all’industria per trovare un equilibrio, anche se questo significa creare ingiustizie. Allora lo psicologo si rende conto di tutte le contraddizioni che stanno tra i buoni principi voluti dalla fabbrica e la realtà. Donnarumma all’assalto quindi è una rappresentazione di come tutte queste contraddizioni emergono nel contatto con il diverso, con l’altro. STILE E PUNTO DI VISTA Ottieri vuole creare uno stile ‘asciutto’ e concreto, più oggettivo possibile, nel tentativo di rappresentare la realtà e cogliere la verità delle cose che osserva (da qui l’effetto di un romanzo-reportage), mantenendo uno sguardo lucido e razionale, ma allo stesso tempo gli sembra impossibile mantenere uno sguardo oggettivo, troppe cose sfuggono alla razionalità e allo sguardo dell’intellettuale >> il punto di vista è sempre soggettivo e di fatti abbiamo davanti un testo di tipo diaristico, perché non può prescindere da un’interpretazione soggettiva. Ottieri rimarrà sempre convinto che l’intellettuale non riesce a comprendere fino in fondo la vita di fabbrica, che non sa mettersi nei panni dell’operaio e quindi non può raccontare fino in fondo la realtà operaia. L’operaio infatti ha un altro punto di vista rispetto a quello dei padroni, ha una visione completamente opposta, che alla fine è opposta anche a quello dell’intellettuale. La Olivetti di Pozzuoli: è proiettata sull’esterno, un modo per rendere più umano l’ambiente di lavoro, una fabbrica dal volto umano e non spersonalizzante come tutte le altre. PAOLO VOLPONI AUTORE • Nasce nel 1924 • Muore nel 1994 • Lavora alla Olivetti dalla metà degli anni ‘50 fino ‘71: è direttore dei Servizi sociali dell’azienda, poi direttore delle Relazioni aziendali • Nel 1960 muore Adriano Olivetti e Volponi rimane nell’azienda, ma si scontrerà con i nuovi dirigenti • Diventa collaboratore della FIAT (responsabile dei rapporti tra fabbrica e città) e presidente della Fondazione Agnelli, ma viene allontanato a causa dell’adesione al Partito Comunista Italiano • Diventa senatore come indipendente del Partito Comunista Italiano e candidato alla presidenza della Repubblica OPERE Autore di poesie e romanzi, il primo e l’ultimo dei suoi romanzi sono dedicati al mondo dell’industria, in cui Volponi ha lavorato per gran parte della sua vita • “Memoriale” (1962) • “Le mosche del capitale” (1989) POETICA DELL’AUTORE • La produzione letteraria di Volponi è caratterizzata dalla costante presenza di impegno etico-politico e sperimentalismo formale • Lo stile, anche nei romanzi, è caratterizzato da una forte tensione lirica (poetica) TEMI PRINCIPALI DELLE OPERE • Il rapporto tra ‘naturale’ e ‘artificiale’ • L’alienazione dell’uomo contemporaneo • La necessità di costruire una società più giusta e SPERIMENTALE Gruppo 63, Palermo 1965 Tra i principali modelli: • Letteratura sperimentale di primo ‘900 (Joyce, Kafka, ma anche Svevo) • Gadda (per lo sperimentalismo linguistico) • Nouveau roman francese (Alain Robbe-Grillet, Michel Butor, Nathalie Sarraute, e molti altri) ROMANZO SPERIMENTALE Il romanzo sperimentale è un tipo di romanzo che propone soluzioni innovative dal punto di vista narratologico rispetto al romanzo tradizionale >> si tratta di una tendenza che si sviluppa a livello internazionale (Nouveau roman francese; Gruppo 47 in Germania). CONTRO LA MIMESI E IL ROMANZO TRADIZIONALE Nel romanzo tradizionale il lettore è portato all’immedesimazione con il personaggio, solitamente calato in una realtà verosimile; mediante dei connotatori spazio-temporali (tempo lineare; contesto fisico e sociale riconoscibile) il narratore costruisce un’immagine realistica >> la letteratura si pone come mimesi (imitazione) del reale Non bisogna tuttavia dimenticare che si tratta di un artificio, di un mondo costruito dall’autore che non può che restituire un’immagine fittizia del mondo sulla base di una prospettiva parziale. Il romanziere ‘tradizionale’ tende a nascondere l’esistenza di questa prospettiva, offrendo l’illusione di una rappresentazione oggettiva del mondo. Primo obiettivo del romanzo sperimentale è infrangere l’effetto di realtà (contro la mimesi): la letteratura non deve ‘rappresentare’ la realtà in maniera verosimile, come uno specchio, ma rompere lo specchio, rompere l’illusione (l’immagine fittizia, la demistificazione) e ‘oltrepassare lo specchio’, per mostrare zone nascoste della realtà > porta a un effetto di straniamento. I BERSAGLI POLEMICI In Italia il romanzo sperimentale si sviluppa, in particolare, in opposizione al Neorealismo, ma anche al romanzo di consumo >> entrambi veicolano un’idea falsa della realtà servendosi di strategie mimetiche: • Il romanzo neorealista interpreta la realtà secondo una chiave ideologica (=letteratura che ha una funzione didattica) • Il romanzo di consumo restituisce l’idea di una realtà ‘edulcorata’ (in cui la storia ha sempre un lieto fine e il lettore si immedesima in personaggi fittizi) per il puro piacere dei lettori (letteratura = divertissement) allontanando così i lettori dai problemi che interessano la realtà nel sociale (=mercificazione della letteratura) IL PRIMATO DELLA STRUTTURA La realtà contemporanea appare caotica e sempre più difficile da spiegare, da ricomporre in un’immagine sistematica e unitaria (è quello che fanno le ideologie); l’esperienza soggettiva è del tutto frantumata >> sia il soggetto che l’oggetto sono categorie in crisi (fenomenologia), le vecchie categorie rappresentative entrano in crisi (scienza e ideologia). La struttura/forma del romanzo sarà di conseguenza caotica (schizofrenica, cfr. Novissimi) >> il caos diventa il metodo di lavoro dello scrittore, perché è la stessa modalità della coscienza ad essere schizofrenica. La struttura caotica dell’opera d’avanguardia diviene il vero contenuto dell’opera >> la struttura dell’opera è intesa come metafora epistemologica della contemporaneità (Umberto Eco). La struttura può dirci qualcosa sulla realtà contemporanea (dentro e fuori dal soggetto) e in particolare ci parla della frammentazione dell’esperienza e dell’impossibilità di ricomporre la nostra esperienza in un’immagine unitaria, ovvero di costruire un messaggio certo, stabile e univoco attraverso il linguaggio. IL ROMANZO SPERIMENTALE COME ANTIROMANZO La norma del romanzo tradizionale viene ribaltata in ogni suo aspetto: trama, personaggio e autore > si parla infatti di antiromanzo nel doppio senso che stravolge il romanzo tradizionale e ne contesta strategie e presupposti. I risultati sono spesso illeggibili, perché infrangono del tutto l’orizzonte d’attesa del lettore. STRATEGIE DI BASE DEL ROMANZO SPERIMENTALE: come si ‘rompe lo specchio’ per introdurre il caos Nonostante l’estrema varietà di soluzioni testuali, si possono individuare alcune strategie comuni: • Abolizione della trama lineare, fino all’abolizione di qualunque trama propriamente detta e spesso basata sulla riduzione dell’‘azione’ dei personaggi a micro-eventi e percezioni >> distruzione della percezione ordinaria del tempo (ad. esempio l’ambientazione onirica può eliminare il senso dello spazio e del tempo; il montaggio citazionistico distrugge la linearità dei fatti) • Abolizione del personaggio, che si ritrova frammentato o disperso nel mondo; spesso, senza connotati particolari, il personaggio viene ridotto a sola ‘voce’ che ‘parla’ nel testo >> il soggetto ha perso la capacità di comprendere e di rapportarsi al mondo esterno, così come di rapportarsi a sé stesso, la sua condizione è simile a quella di una coscienza alterata dalla schizofrenia (che deve però essere intesa come condizione storica dell’uomo contemporaneo e non di un personaggio in particolare) >> ne deriva una prospettiva straniata, del tutto inaffidabile, del personaggio/voce e il mondo appare caotico • Componente metaletteraria sempre presente, se non preponderante, nel testo, che ha il compito di ‘smascherare’ la finzione, cioè di rivelare la presenza dell’artificio letterario >> il testo si compone come ragionamento critico sulla letteratura fino al limite in cui l’intero discorso del narratore coincide con il romanzo stesso. [Il ‘caso- limite’ è ben rappresentato dal racconto Settembre di Enrico Filippini]. Tale caratteristica può assumere diverse forme (ad es. commistione tra saggio e romanzo in Fratelli d’Italia di Arbasino). • Mescidazione tra generi differenti: superamento della distinzione tra i generi (romanzo, poesia, saggio, trattato, teatro, etc.) che rompe con la tradizione e serve a contestare le vecchie convenzioni letterarie (già sperimentata in ambito poetico). UMBERTO ECO; “L’OPERA APERTA” “L’OPERA APERTA” E LA SUA FRUIZIONE (UMBERTO ECO, OPERA APERTA, 1962) Poiché non offre messaggi (contenuti certi o stabili) l’opera d’avanguardia è necessariamente aperta alla libera interpretazione del lettore. Nella sua raccolta di saggi, “Opera aperta” (1962), Umberto Eco presenta i principi su cui si basa l’arte sperimentale contemporanea (musica, pittura e letteratura anni ‘50-’60) >> se l’apertura alle diverse interpretazioni appartiene, in fondo, a tutte le epoche, l’opera d’arte contemporanea prevede un’apertura programmatica verso il fruitore >> il fruitore non è più semplicemente colui che legge, guarda o ascolta (contempla), bensì un attore fondamentale nella costruzione del senso dell’opera (massima libertà interpretativa prevista dall’autore garantita dalla struttura straniata), ma anche protagonista nella realizzazione dell’opera stessa L’intervento del lettore è dunque necessario per completare l’opera e il ruolo dell’autore ne risulta del tutto ridimensionato rispetto alla tradizione borghese, che vede l’opera come frutto della soggettività dell’artista (definitiva perdita dell’aureola) Il romanzo sperimentale invita il lettore a giocare con l’autore per costruire insieme l’opera, e autore e lettore giocano alla pari. ALBERTO ARBASINO AUTORE • Nasce nel 1930 • Muore nel 2020 • A metà degli anni ‘60 si dedica alla scrittura OPERE Le sue prime opere sono: - “Le piccole vacanze” (Einaudi, 1957) - “L’anonimo lombardo” (Feltrinelli, 1959), che segnerà una lunga collaborazione con Feltrinelli, questa casa editrice era costantemente alla ricerca della novità del momento, per cui si fondò sui giovani autori della Neoavanguardia perché rappresentavano la novità del momento, quindi decise di promuoverli. La collaborazione con Feltrinelli non è un dato accessorio perché, la fortuna e le grandi polemiche che si svilupparono a seguito della nascita dell’Avanguardia sono dovute in buona parte all’opera di promozione fatta da Feltrinelli. - “Fratelli d’Italia” (Feltrinelli, 1963). Il 1963 è lo stesso anno in cui nasce il Gruppo 63. La stessa pubblicazione di Fratelli d’Italia segnò una sorta di spartiacque perché questo testo è una critica all’élite culturale e ai suoi vizi. Fu proprio questo romanzo che, lanciò Arbasino, verso una carriera internazionale. Egli era un intellettuale esperto in qualsiasi settore disciplinare e artistico e appassionato di arti visive. - “La narcisata” e “La controra” (racconti, 1964) - “Super Eliogabalo” (romanzo, 1969) - “La bella di Lodi” (prima edizione nel 1963, poi in volume 1972) “FRATELLI D’ITALIA” EDIZIONI DEL ROMANZO 1. La prima edizione di questo romanzo fu del 1963, su cui Arbasino ci lavorò per parecchio tempo sia aggiungendo alcune parti sia togliendone altre. 2. 1964, “Certi romanzi”: saggio teorico inizialmente pensato come guida alla lettura per “Fratelli d’Italia”, diventa un viaggio critico attraverso la letteratura ispirato alle teorie strutturaliste. Una parte delle note metaletterarie inserite nell’ultimo capitolo di “Fratelli d’Italia” è ripresa da “Certi romanzi”. 3. Nel 1967 Arbasino pubblicò una seconda edizione di “Fratelli d’Italia”, con una particolarità perché, in quel periodo, egli si avvicinò allo strutturalismo di Barthes, secondo cui bisognava porre attenzione alla struttura del testo letterario, si mise così a scrivere una guida alla lettura di Fratelli d’Italia: un commento sul proprio romanzo che, lentamente, si ingrandì diventando un’ampia trattazione di questioni di carattere letterario. Infatti, nel 1964 diventò Certi romanzi, un viaggio critico attraverso la letteratura ispirato alle teorie strutturaliste. 4. Nel 1976 Arbasino pubblicò un’altra edizione riveduta nuovamente e accresciuta di “Fratelli d’Italia”. 5. Nel 1993 Arbasino pubblicò un’edizione ulteriormente accresciuta chiamata “Adelphi”. TRAMA La trama è molto esile e di scarso rilievo. Un gruppo di intellettuali viaggia per l’Europa (motivo del Grand Tour) e frequenta l’ambiente snob e ristretto del jet-set e dell’alta cultura internazionale (élite economica e culturale), prendendo parte ad eventi mondani e artistici e interrogandosi continuamente su dilemmi culturali e esistenziali. Più che da azioni, il romanzo è composto da conversazioni tra i vari personaggi (dimensione dialogica). La trama di Fratelli d’Italia viene così messa in discussione e di fatto annullata nel finale, interamente metaletterario >> quello che conta è il discorso sul romanzo, non il racconto di eventi Antonio ha la pretesa, come i suoi amici, di costruire un’opera ‘perfetta’, un romanzo «puro, limpido, senza veli di Maia né idoli della caverna, cioè praticamente impossibile», un romanzo che ‘spieghi tutto’, ma che Antonio non riesce a concludere perché tale operazione è irrealizzabile >> dall’impossibilità di scrivere tale romanzo ‘viene fuori’ un romanzo potenzialmente senza fine (Fratelli d’Italia), senza conclusione, costituito da un inarrestabile flusso linguistico e incentrato sull’impossibilità di costruire un romanzo >> la trasformazione e rigenerazione continua del discorso (accumulo continuo della materia linguistica) serve per evitare l’inesorabilità della fine, lasciando il finale aperto, proteso verso una proliferazione linguistica continua. LUIGI MALERBA AUTORE • Nasce nel 1927 • Muore nel 2008 • Lavora come scenografo per il cinema • Partecipa come membro attivo del Gruppo ‘63 • Fonda la casa editrice “Cooperativa scrittori” con alcuni membri del Gruppo ‘63 OPERE • 1963: raccolta di racconti “La scoperta dell’alfabeto” • Nel 1966 arriva il primo romanzo dell’autore “Il serpente” • 1968 “Salto mortale”: romanzo strettamente legato al “Serpente” Alcuni romanzi riprendono la struttura del romanzo storico • “Il pataffo” (1978) Malerba inoltre è stato anche autore di numerosi racconti e romanzi per ragazzi come • Il ciclo di “Millemosche” (1969-1973) “IL SERPENTE” QUANDO VIENE PUBBLICATO IL ROMANZO? Il romanzo viene pubblicato nel 1966. TRAMA Il protagonista (voce narrante) del romanzo è un venditore di francobolli annoiato dal proprio lavoro che ha un rapporto difficile con la moglie; intraprende una relazione con una giovane ragazza di nome Miriam conosciuta durante le prove di un coro, cui il protagonista partecipa per trovare nel canto un sollievo dall’insoddisfazione per la propria vita. La relazione con Miriam si complica a causa della gelosia dell’uomo che si rivolge in particolare contro il suo unico amico, Baldasseroni, cliente della filatelia, appassionato collezionista, che il protagonista, in realtà, non sopporta; il protagonista convince Miriam a fare una radiografia per cercare di scoprire tracce del suo tradimento, ma non scopre nulla; dopo questo episodio la ragazza si allontana da lui. Nel capitolo centrale il protagonista fa uno strano sogno in cui deve scoprire la verità su una macchina esplosa con dentro un cadavere femminile, ma gli viene detto che tutto è una menzogna (titolo del capitolo: Adesso racconto un sogno misterioso dove c’entra Miriam che però non si vede…). Il protagonista diventa paranoico e si convince, facendo collegamenti (ragionamenti) immotivati, Che dietro il commercio di francobolli stia un’organizzazione internazionale legata a Miriam, Baldasseroni e a grandi poteri occulti. Il protagonista incontra nuovamente Miriam, la uccide facendole bere del veleno e in seguito mangia il cadavere della ragazza. Miriam comunica con il protagonista dal regno dei morti e gli chiede di raggiungerla. Il protagonista confessa tutto al commissario di polizia, che però non gli crede, poiché non sussistono prove, non solo del delitto, ma dell’esistenza stessa della ragazza/vittima. Il romanzo si conclude con il protagonista, probabilmente chiuso in un manicomio, che millanta di avere dei resti del cadavere e chiede solamente un po’ di silenzio: «Non avere nessun desiderio, nessuno che parla e nessuno che ascolta, così, al buio, con gli occhi chiusi». ALIENAZIONE E INCOMUNICABILITÀ Il tema che sta alla base del romanzo è quello dell’alienazione (perdita della propria personalità rispetto alla società contemporanea) e dell’incomunicabilità con l’altro. Infatti, il romanzo è puntellato da riferimenti alla società consumistica e alla vita frenetica della città (Roma). Il protagonista è un personaggio marginale e isolato, che subisce gli effetti alienanti della società contemporanea; anche quando cerca di avvicinarsi a qualcun’altro quando va alle prove del coro, non riesce a instaurare nessuna relazione. Di questo fortissimo isolamento e di questa fortissima incapacità di relazionarsi con l’altro è indice un episodio specifico, ovvero, il protagonista si reca al coro, ma si rifiuta di cantare o meglio canta nella propria testa, si rifiuta di partecipare all’oralità delle prove e si chiude nel silenzio. Altro episodio rivelatore risale al periodo della guerra, durante la quale il personaggio viene rinchiuso in un rifugio antiaereo assieme ad altri uomini che parlavano una lingua diversa e con i quali non riusciva a comunicare (e solidarizzare); questo isolamento e questa mancanza di comunicabilità con loro ha particolarmente segnato il protagonista nel considerarsi solo, isolato. Il discorso romanzesco si compone non a caso come un lungo soliloquio, un discorso che rimane escluso dalla comunicazione, è un continuo rimuginare del protagonista che parla o scrive a sé stesso. Il tentativo di “spacciarsi” per assassino e cannibale (“Ero diventato proprio una rarità”) corrisponde alla ricerca di un riscatto sociale, affermarsi quantomeno come eroe negativo per balzare agli onori della cronaca (sui giornali che lui stesso tanto avidamente legge). LA VOCE E IL DISCORSO - Il discorso narrativo si compone come una lunga performance della voce narrante, improntata a una mimesi dell’oralità (del ritmo del parlato). - Il discorso procede per continui paralogismi, lacune, reticenze e allusioni, che decostruiscono i principi della logica. - Il protagonista è in continuo dialogo con sé stesso, una sorta di sdoppiamento interno, ma alla struttura si verifica un ulteriore sdoppiamento, alla fine di ogni capitolo vi è un paragrafo in corsivo su argomenti apparentemente estranei al testo, dando l’impressione di un doppio narratore, solo che noi di questo secondo narratore non sappiamo niente. C’è un continuo contrappunto che contribuisce a mettere ulteriormente in discussione la verità del racconto. - L’istanza anti-mimetica della Neoavanguardia si realizza, nel primo romanzo di Malerba, secondo una strategia strategia, utilizza la struttura narrativa tradizionale svuotandola dall’interno: il testo rimane leggibile per il fruitore, ma la pretesa di naturalezza del romanzo tradizionale viene smantellata. - Nell’introduzione al romanzo Francesco Muzzioli spiega che si apre come una crepa tra il narratore e la storia narrata, viene infatti messa continuamente in discussione la verità del romanzo (dei fatti narrati) mediante l’adozione di un punto di vista dichiaratamente inattendibile. Lo sguardo del narratore/ protagonista è quello di un malato mentale che offre una prospettiva straniata, e dunque demistificante, sul reale; si può fare un confronto con “Memoriale” di Volponi in cui, tuttavia, la realtà diegetica mantiene la sua consistenza, qui invece realtà è DISTRUZIONE DELLA REALTÀ DEL ROMANZO “sogno” (delirio) si mescolano al punto da mettere definitivamente in crisi la dimensione diegetica dei fatti narrati. Vi è una trama che l’autore distrugge dal suo interno; il protagonista non fa altro che dichiarare in continuazione di aver mentito (sulla moglie, sull’esperienza della guerra, sulla storia con Miriam...) ritratta e modifica continuamente la propria versione dei fatti, si autodenuncia al lettore come narratore mendace, fino al culmine del penultimo capitolo in cui la confessione al commissario svela come la vicenda risulti interamente falsa. Vengono messi in dubbio anche fatti banali come il colore dei capelli di Miriam, che a volte risultano mori, altre biondi...Abbiamo già visto la figura di narratore inaffidabile a causa di un malessere mentale con “Memoriale”, ma nel “Serpente” si fa un ulteriore salto di qualità, in quanto la prospettiva del malato mentale è talmente straniante e depistante che il lettore non sa più se ci sta raccontando una verità o un delirio. Mettere in dubbio l’esistenza di Miriam, significa mettere in discussione ogni singolo elemento della trama e la stessa esistenza del protagonista:” Miriam, qui si mette in dubbio la tua esistenza... se non esisti tu, allora non esisto nemmeno io, e viceversa.” - Al lettore spetta il compito di scegliere a cosa credere, se al delirio di un folle o di far credito al protagonista, nel secondo caso le cose si complicano, perché allora è la società che non ha voluto credergli. ‘ANTI-GIALLI’ D’AVANGUARDIA La sperimentazione della Neoavanguardia in ambito romanzesco si inserisce e fa riferimento alla sperimentazione letteraria internazionale del periodo in cui, tra le numerose strategie adottate, è presente anche la decostruzione del genere poliziesco, preso di mira come bersaglio parodico come parte di una strategia di opposizione al consumo culturale (il giallo è genere romanzesco tra quelli di maggior consumo, assieme al romanzo rosa), ma anche perché il sistema deduttivo che informa il giallo (schema concettuale che prevede deduzione e razionalizzazione) altro non sarebbe che lo stesso schema gnoseologico che informa qualunque narrazione; sistema deduttivo come fondamento di ogni narrazione a sostegno della logica di causa e effetto >> messa in discussione delle categorie gnoseologiche tradizionali. Il precedente in Italia è costituito da Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, del 1957 (ma in realtà del ‘46); nel contesto degli anni ‘50-’60 vengono pubblicati numerosi romanzi basati sulla decostruzione del genere poliziesco, specie ad opera dei nouveaux romanciers in Francia, tra questi “Les gommes” di Alain Robbe-Grillet (1953), e “L’inquisitoria” di Robert Pinget (1962); si ricorda anche “La promessa”, “Requiem” per il romanzo giallo (1958) di Friedrich Durrenmmatt. IL SERPENTE (1966) E SALTO MORTALE (1968) I primi due romanzi di Malerba (Il serpente e Salto mortale) si inseriscono in questo ‘filone di anti-gialli’: • In “Il serpente” la logica deduttiva è infranta dalla continua messa in discussione della realtà e dai ragionamenti illogici del protagonista, la trama non arriva a soluzione e anzi si risolve in un nulla (la figura del serpente che si riavvolge su sé stesso ne sarebbe una metafora): nel giallo azioni senza volto vengono concatenate fino a strappare la maschera che nasconde il perturbatore dell’ordine; qui, cadono una dopo l’altra le azioni di cui non si riesce a consolidare prova alcuna, e resta solo il volto del perturbatore – colpevole, certo, soltanto di aver mosso a vuoto la macchina della giustizia: non di meno da rinchiudere. Ma questa trovata del giallo al contrario non è semplicemente un espediente tecnico per suscitare meraviglia; la cosa si complica per il fatto che l’impostore e visionario è colui che racconta. La menzogna […] di un personaggio narratore produce un vero e proprio cataclisma nell’universo cartaceo poiché mette in crisi le fondamenta della finzione narrativa,
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