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Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento, Appunti di Letteratura Italiana

Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento Capitolo 3: La centralità di Guittone d'Arezzo. Il laurenziano Redi 9 Capitolo 4: Il dolce stil novo

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 02/01/2023

luna29
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Scarica Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CAPITOLO 3 La centralità di Guittone d’Arezzo. Il laurenziano Redi 9 1. Il punto di vista di Dante Guittone d’Arezzo (1230 ca.-1249) è il più importante poeta italiano della seconda metà del Duecento ed è il primo ad introdurre con sistematicità nella lirica italiana i temi morali, politici e religiosi che erano stati esclusi dalla Scuola siciliana. La sua produzione letteraria influenza profondamente una serie di rimatori che vengono per questo definiti guittoniani; e anche Dante, che esprime più volte un giudizio negativo su di lui, gli deve molto: sia perché nelle rime della giovinezza utilizza alcune soluzioni linguistiche tipiche di Guittone sia perché, quando dopo la Vita nova decide di cantare anche di argomenti morali, segue, pur con maggior consapevolezza filosofica e linguistica, la strada tracciata da Guittone. La fama di Guittone tra i contemporanei è tra l'altro confermata da Guido Guinizzelli, che in un sonetto a lui indirizzato lo chiama padre. Dal punto di vista di Dante, Guittone è un antico la cui maniera di fare poesia si oppone radicalmente a quella dei moderni, cioè Dante stesso, Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti: vale a dire i poeti che chiamiamo stilnovisti. Il manoscritto conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze con la segnatura Redi 9 è la più importante testimonianza della centralità di Guittone nel panorama della poesia italiana nella seconda metà del Duecento. Si tratta infatti di una raccolta di poeti siciliani e toscani costruita intorno alla figura di Guittone: nei primi fascicoli si trovano le sue lettere in prosa mentre le successive sezioni di canzoni e sonetti si aprono con testi dell'aretino e sono entrambe divisi in due parti, le poesie di Frate Guittone e le poesie di Guittone. I testi di tutti gli altri rimatori sono collocati in posizione subordinata. La produzione poetica di Guittone è caratterizzata da un'estrema perizia tecnica; la ricercatezza formale, la complessità metrica, sintattica e lessicale e il frequente utilizzo di figure retoriche si traducono talvolta in un dettato difficilmente comprensibile che si avvicina al trobar clus dei trovatori. I modelli poetici principali sono i rimatori siciliani e i poeti occitani, particolarmente Giacomo da Lentini e Bernart de Ventadorn; ma nelle lettere e nelle canzoni, specie quelle morali, Guittone mostra di conoscere anche i classici latini e alcune opere filosofiche. 2. Un poeta “impiegato” Dalle poesie possiamo ricostruire le tappe di un continuo interesse per gli eventi storici e politici in una fase delicata per la città di Arezzo, nel mezzo delle lotte tra guelfi e ghibellini e tra Papato e Impero. La scelta di comporre testi poetici di argomento storico e politico è una novità nel panorama della lirica italiana. I poeti siciliani parlavano esclusivamente d’amore. Nel 1259 si ritrovò in netta opposizione con le decisioni politiche e militari del Comune e scelse di andare in esilio, auspicando la pacificazione tra le parti. Gli eventi terreni vengono messi in parallelo con la decadenza di valori universali: la sconfitta di Firenze, in questo caso, è un riflesso del declino della giustizia e della vittoria dell’ingiustizia. In questa situazione di crisi politica e morale matura probabilmente la decisione di entrare a far parte dei frati Gaudenti. In questa situazione di crisi politica e morale matura probabilmente la decisione di entrare a far parte dei frati Gaudenti. La canzone Ora parra, che apre la prima sezione dedicata a Guittone nel manoscritto Laurenziano, mette in scena la dialettica tra canto d’amore e canto morale e proclama la scelta di una poesia ispirata a un ideale di giustizia e saggezza in nome di Dio. ANALISI Or parrà s’eo saverò cantare, Frate Guittone Letteratura Italiana La svolta di “Frate Guittone”: Schema metrio : canzone di cinque stanz © più Franco Tomasi Or parrà s’eo saverò cantare Il congedo. La fronte è indivisa (ABBA) }; la sirma è bipartita nelle due volte (con esclusione dell'ultimo verso) e fitta di rime interne: C{e)Dd(d)C({c)E FMGg(g)FNEE & 10 20 30 35 40 Ora parrà seo saverò cantare e eo varrò quanto valer già soglio, poi che del tutto Amor fugg[h]' e disvoglio, e più che cosa mai forte mi spare: ch'a om tenuto saggio audo contare che trovare — non sa né valer punto omo d’Amor non punto; ma ch'è digiunto — da vertà mi pare, se lo pensare — a lo parlare — sembra; ché ’n tutte parte ove distringe Amore regge follore — in loco di savere: donque como valere pò, né piacer — di gi poi dal Fattor — d’ogne valore — disembra, c al contrar d’ogne manier” asembra? isa alcuna fiore, Ma chi cantare vole e valer bene, in suo legno nochier Diritto pone e orrato Saver mette al timone, Dio fa sua stella, e ’n ver Lausor sua spene: ché grande onor né gran bene no è stato acquistato, > carnal voglia seguendo, ma promente valendo e astenendo — a vizi e a peccato; unde ’] sennato — apparecchiato — ognora de core tutto e di poder dea stare d’avanzare — lo suo stato ad onore no schifando labore: ché già riccor — non dona altrui posare, ma 71 fa ’lungiare, — e ben pugnare — onora; ma tuttavia lo ’ntenda altri a misora. Voglia in altrui ciascun ciò che *n sé chere, non creda pro d’altrui dannaggio trare; ché pro non può ciò ch’onor tolle dare, né dà onor cosa u' grazia ed amor père; e grave ciò ch'è preso a disnore, a lausore — dispeso esser poria. Ma non viver credria senza falsîa — fell’om, ma via maggiore fora plusor — giusto di cor — provato; ché più onta che mort'è da dottare, e portar — disragion più che dannaggio; ché bella morte om saggio dea di coraggio — più che vita amare, ché non per star, — ma per passare — onrato dea credere ciascun d’esser creato. Ora apparirà se saprò cantare e se varrò quanto soleva valere un tempo, dal momento che fuggo e rifiuto del tutto Amore, e mi riesce fortemente odioso più di ogni altra co: ‘a una persona ritenuta saggia sento dire che non sa poetare né acquista valore chi non è ferito dall’amore; piuttosto mi appare lontano dalla verità se pensiero e parola concordano (nell'amore profano), perché laddove Amore avvince governa la follia in luogo del saper come può dunque avere valore, re piacevole in alcun modo, se è dissimile dalla matrice di ogni valore ed è in tutto simile al suo contrario (il demonio)? 0es Ma chi vuole cantare ed essere davvero di valore, nella sua imbarcazione pone la Giustizia come nocchiero e al timone il Sapere che dà onore, considera Dio la sua stella, e (ritiene) la sua speranza riposta nella vera Lode (a Dio): perché né grande onore né grande beneficio è stato mai conseguito seguendo il desiderio carnale, ma comportandosi prodemente e astenendosi dai vizi e dal peccato; per questo chi è saggio dovrebbe essere sempre pronto con la migliore disposizione d’animo e per quanto può a far avanzare la sua condizione con onore, senza evitare la fatica: la ricchezza non ci induce all’inattività, ma ci fa andare lontano, e l’attività ci rende degni d’onore; ma tutto questo va inteso con discrezione. Ciascuno voglia per gli altri ciò che chiede per sé, non creda di poter trarre vantaggio dal danno altrui, perché ciò che è disonorevole non può comportare vantaggio, né è onorevole ciò che manca di amore e di pietà; e difficilmente ciò che si acquisisce con disonore potrà essere usato con lode. Chi è malvagio crederebbe di non poter vivere senza inganno, invece chi è giusto di cuore sarebbe da molti maggiormente apprezzato: il disonore è da temere più della morte, l'aver torto più del danno; chi è saggio deve desiderare morte onorevole più della vita, perché ciascuno deve pensare di essere stato creato non per restare, ma per transitare omnorevolmente. con convinzione una CAPITOLO 3 La centralità di Guittone d’Arezzo. Il laurenziano Redi 9 1. Il punto di vista di Dante Guittone d’Arezzo (1230 ca.-1249) è il più importante poeta italiano della seconda metà del Duecento ed è il primo ad introdurre con sistematicità nella lirica italiana i temi morali, politici e religiosi che erano stati esclusi dalla Scuola siciliana. La sua produzione letteraria influenza profondamente una serie di rimatori che vengono per questo definiti guittoniani; e anche Dante, che esprime più volte un giudizio negativo su di lui, gli deve molto: sia perché nelle rime della giovinezza utilizza alcune soluzioni linguistiche tipiche di Guittone sia perché, quando dopo la Vita nova decide di cantare anche di argomenti morali, segue, pur con maggior consapevolezza filosofica e linguistica, la strada tracciata da Guittone. La fama di Guittone tra i contemporanei è tra l'altro confermata da Guido Guinizzelli, che in un sonetto a lui indirizzato lo chiama padre. Dal punto di vista di Dante, Guittone è un antico la cui maniera di fare poesia si oppone radicalmente a quella dei moderni, cioè Dante stesso, Guido Guinizzelli e Guido Cavalcanti: vale a dire i poeti che chiamiamo stilnovisti. Il manoscritto conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze con la segnatura Redi 9 è la più importante testimonianza della centralità di Guittone nel panorama della poesia italiana nella seconda metà del Duecento. Si tratta infatti di una raccolta di poeti siciliani e toscani costruita intorno alla figura di Guittone: nei primi fascicoli si trovano le sue lettere in prosa mentre le successive sezioni di canzoni e sonetti si aprono con testi dell'aretino e sono entrambe divisi in due parti, le poesie di Frate Guittone e le poesie di Guittone. I testi di tutti gli altri rimatori sono collocati in posizione subordinata. La produzione poetica di Guittone è caratterizzata da un'estrema perizia tecnica; la ricercatezza formale, la complessità metrica, sintattica e lessicale e il frequente utilizzo di figure retoriche si traducono talvolta in un dettato difficilmente comprensibile che si avvicina al trobar clus dei trovatori. I modelli poetici principali sono i rimatori siciliani e i poeti occitani, particolarmente Giacomo da Lentini e Bernart de Ventadorn; ma nelle lettere e nelle canzoni, specie quelle morali, Guittone mostra di conoscere anche i classici latini e alcune opere filosofiche. 2. Un poeta “impiegato” Dalle poesie possiamo ricostruire le tappe di un continuo interesse per gli eventi storici e politici in una fase delicata per la città di Arezzo, nel mezzo delle lotte tra guelfi e ghibellini e tra Papato e Impero. La scelta di comporre testi poetici di argomento storico e politico è una novità nel panorama della lirica italiana. I poeti siciliani parlavano esclusivamente d’amore. Nel 1259 si ritrovò in netta opposizione con le decisioni politiche e militari del Comune e scelse di andare in esilio, auspicando la pacificazione tra le parti. Gli eventi terreni vengono messi in parallelo con la decadenza di valori universali: la sconfitta di Firenze, in questo caso, è un riflesso del declino della giustizia e della vittoria dell’ingiustizia. In questa situazione di crisi politica e morale matura probabilmente la decisione di entrare a far parte dei frati Gaudenti. In questa situazione di crisi politica e morale matura probabilmente la decisione di entrare a far parte dei frati Gaudenti. La canzone Ora parra, che apre la prima sezione dedicata a Guittone nel manoscritto Laurenziano, mette in scena la dialettica tra canto d’amore e canto morale e proclama la scelta di una poesia ispirata a un ideale di giustizia e saggezza in nome di Dio. ANALISI Or parrà s’eo saverò cantare, Frate Guittone Letteratura Italiana La svolta di “Frate Guittone”: Schema metrio : canzone di cinque stanz © più Franco Tomasi Or parrà s’eo saverò cantare Il congedo. La fronte è indivisa (ABBA) }; la sirma è bipartita nelle due volte (con esclusione dell'ultimo verso) e fitta di rime interne: C{e)Dd(d)C({c)E FMGg(g)FNEE & 10 20 30 35 40 Ora parrà seo saverò cantare e eo varrò quanto valer già soglio, poi che del tutto Amor fugg[h]' e disvoglio, e più che cosa mai forte mi spare: ch'a om tenuto saggio audo contare che trovare — non sa né valer punto omo d’Amor non punto; ma ch'è digiunto — da vertà mi pare, se lo pensare — a lo parlare — sembra; ché ’n tutte parte ove distringe Amore regge follore — in loco di savere: donque como valere pò, né piacer — di gi poi dal Fattor — d’ogne valore — disembra, c al contrar d’ogne manier” asembra? isa alcuna fiore, Ma chi cantare vole e valer bene, in suo legno nochier Diritto pone e orrato Saver mette al timone, Dio fa sua stella, e ’n ver Lausor sua spene: ché grande onor né gran bene no è stato acquistato, > carnal voglia seguendo, ma promente valendo e astenendo — a vizi e a peccato; unde ’] sennato — apparecchiato — ognora de core tutto e di poder dea stare d’avanzare — lo suo stato ad onore no schifando labore: ché già riccor — non dona altrui posare, ma 71 fa ’lungiare, — e ben pugnare — onora; ma tuttavia lo ’ntenda altri a misora. Voglia in altrui ciascun ciò che *n sé chere, non creda pro d’altrui dannaggio trare; ché pro non può ciò ch’onor tolle dare, né dà onor cosa u' grazia ed amor père; e grave ciò ch'è preso a disnore, a lausore — dispeso esser poria. Ma non viver credria senza falsîa — fell’om, ma via maggiore fora plusor — giusto di cor — provato; ché più onta che mort'è da dottare, e portar — disragion più che dannaggio; ché bella morte om saggio dea di coraggio — più che vita amare, ché non per star, — ma per passare — onrato dea credere ciascun d’esser creato. Ora apparirà se saprò cantare e se varrò quanto soleva valere un tempo, dal momento che fuggo e rifiuto del tutto Amore, e mi riesce fortemente odioso più di ogni altra co: ‘a una persona ritenuta saggia sento dire che non sa poetare né acquista valore chi non è ferito dall’amore; piuttosto mi appare lontano dalla verità se pensiero e parola concordano (nell'amore profano), perché laddove Amore avvince governa la follia in luogo del saper come può dunque avere valore, re piacevole in alcun modo, se è dissimile dalla matrice di ogni valore ed è in tutto simile al suo contrario (il demonio)? 0es Ma chi vuole cantare ed essere davvero di valore, nella sua imbarcazione pone la Giustizia come nocchiero e al timone il Sapere che dà onore, considera Dio la sua stella, e (ritiene) la sua speranza riposta nella vera Lode (a Dio): perché né grande onore né grande beneficio è stato mai conseguito seguendo il desiderio carnale, ma comportandosi prodemente e astenendosi dai vizi e dal peccato; per questo chi è saggio dovrebbe essere sempre pronto con la migliore disposizione d’animo e per quanto può a far avanzare la sua condizione con onore, senza evitare la fatica: la ricchezza non ci induce all’inattività, ma ci fa andare lontano, e l’attività ci rende degni d’onore; ma tutto questo va inteso con discrezione. Ciascuno voglia per gli altri ciò che chiede per sé, non creda di poter trarre vantaggio dal danno altrui, perché ciò che è disonorevole non può comportare vantaggio, né è onorevole ciò che manca di amore e di pietà; e difficilmente ciò che si acquisisce con disonore potrà essere usato con lode. Chi è malvagio crederebbe di non poter vivere senza inganno, invece chi è giusto di cuore sarebbe da molti maggiormente apprezzato: il disonore è da temere più della morte, l'aver torto più del danno; chi è saggio deve desiderare morte onorevole più della vita, perché ciascuno deve pensare di essere stato creato non per restare, ma per transitare omnorevolmente. con convinzione una Chi non viene padroneggiato diventa nobile, acquista forza, speranza e si accontenta di poco. Accetta la sofferenza e il dolore saggiamente e consapevolmente con il distacco di chi ha un sistema di valori superiori. Quinta stanza Tema del libero arbitrio: Dio offre all’uomo la libertà d’agire Tema che sta esattamente al centro della Commedia. Il creato è stato generato per l’uomo non solo per sopravvivere e mangiare ma anche per operare, agire nel mondo e a lui fu data anche la discrezionalità di agire. La natura, Dio, la filosofia e il buon senso ci permetto di agire bene. La vita è rappresentata come una y alla quale l’uomo arriva ad un punto della sua vita nella quale deve scegliere quale strada intraprendere, se quella del male o quella del bene. Se l’agire non fosse imposto da Dio o dalla legge, Guittone crede che ognuno di noi dovrebbe vivere seguendo la ragione e la virtù rispetto alla istintualità. Sesta stanza Il desiderio folle (seguire il vizio) spinge gli uomini a sbagliare e a non agire nel modo retto; l’amore è uno de stanti domini che porta l’uomo alla perdizione. La tentazione e il male sono pericolosi perché sono seducenti e attraenti rispetto alla strada del bene. Non è che sia più facile fare del male rispetto a fare del bene, ma ci sembra più difficile solo perché non lo facciamo spesso e siamo più portarti a seguire il vizio. Circuito virtuoso del bene: quando l’anima comincia a fare il bene, continua ad alimentarsi verso quella strada (dante). Per Guittone la poesia ha uno scopo civile perché permette di seguire la retta via. Il poeta ha una funzione didattica, la poesia serve ad educare i propri lettori. La poesia d’amore è dannosa per l’uomo e può indurlo a seguire passioni che sono sbagliate per Guittone per questo il poeta deve essere attento a cosa propone ai suoi lettori. ANALISI Canzoniere Guittone d’Arezzo Canzoniere di Guittone d’Arezzo: libro di lirica che assume il raccontare una storia. È una raccolta di testi lirici che non sono una vera e propria antologia ma solo posti in ordine logico che lette nel suo insieme danno il senso di un racconto. Si compone di 86 componimenti, di sonetti in prevalenza dotati dello stesso schema lirico, salvo alcuni casi (inizio, fine, alcune parti in cui avviene qualcosa di importante). Si dà al lettore la sensazione di una storia che continua. Ci viene raccontata una storia di un poeta innamorato che propone i suoi omaggi alla donna di cui è innamorato che dovrebbe portare ad un affinamento dell’io, soddisfatto di quello che prova. Guittone progressivamente smaschera il codice cortese: inizia mostrando l’insincerità dell’io lirico. Il linguaggio cortese viene definito come troppo ripetitivo e incapace di spiegare realmente la passione. Si giunge alla messa in crisi del linguaggio cortese e soprattutto della lirica cortese in generale. Sonetto 1 11 primo sonetto della serie si apre in xo descrittivo, presentando una canonica situazione di partenza: Amore domina e infierisce sul protagoni- Sta. L'attacco allude con evidenza all'incipit della canzone del Notaio che ‘pre il suo corpus sia in L che in V («Madonna, dirvo vaglio | como l'amor 57° privo»), e di cui Guittone ricalca eccezionalmente lo schema metrico nella sua 0% (vedi l'introduzione a 18); non a caso ne deriva anche il secos: do emistichio tuv. 74-75 «che lo meo cor escisse | come "amato susto»). Il Sintagma ha quindi una funzione allusivamente esordiale, come conferma Îl fatto che si trova anche nell'incipit della canzone di Guittone che apre il suo corpus, dove si incrocia con altre reminiscenze (Bernart de Ventadorn; vedi Iatroduzione, p. cm). Importanissima conferma della funzione esor- tal, e quindi delle consistenza del canzoniere, offre Dante, che a questo contesto fa certo incipit del primo sonetto della Vita Nuo fa; c un'eco è forse anche all'inizio dei Rerum: vutgarium fagrrenta (vedi froduzione, pp. LVILLVIZ), L'apostrofe ad Amore (vv. 9-11) introduce subi» 10.1 sccosido registro, non più descrittivo ma allocutivo, mostrando i due spetti dela prima persona, narratore e insieme prot La seconda terzina contiene infine un eccezionale invio rivol jamente al so to stesso (può riferirsi al canzoniere come totalità?), che suona come un ri- chiamo alla tradizione gîà latina (Orazio, Ovidio, Marziale) e poî mediola- tina dell'apostrofe esordiale al libro di poesie (su cui cfr. M. Citroni in «Maia» 39, 1986, pp. 12-46): quasi un altro segnale ad indicare che qui inizia usa raccolta unitaria. Sonetto di schema ABABABAB, CDCDCD. 1 vv. 3, 7, 9 hanno accenti di 3 317° 0el primo caso sottolineati dei forti inti che scandiscono l trinomio (nell'uléi na ino È certo prima dell stacco del discorso diretto ad Amore) Rima equivoca ivw. 157, ricca ai vw. 2:46 12:14 C> Core (valore 11, signore 13) Sonetto 1 3 Sonerdi d'amor di Guiztone d'Arezzo Amor m'à priso e incarnato tutto, e lo core di sé fa posanza, edi ciascuno menbro tragge frutto, 4 dapoi che priso à tanto di possanza. Doglia, onta, danno àme condutto e del mal meo mi fa ‘ver disfanza, e del ben di lei spietato m'è "n tutto: 8 sì mevee ciascun c'ama è a disdegnanza. Spessamente il chiam'e dico: «Amore, chi tà dato di me tal signoraggio, "i ch'i conquiso men senno e meo valore?» Eo prego che-tri facci meo messaggio e che vadi davante’l tuo signore s e desto convenente lo fa' saggio. (Lia5, Vasgì. 4 Dapoic' preso tant sorllianza V_3 danno V'_7 spietata Li dispictato toro Vs disdegnasa Li Sì m've.. uma a d'adengnanza V' 9 Ispessa- Mentelo V 13 avanteal V 14E d'esti convenenti nà priso è già ci Perivalle Doria V'B6.1-2 («Amore m'è priso a forma prio loin anche v 4] è unselaniamo, he assume particolare rilievo per le altsioni concenrate in questo esordio (vedi l'intro duzione al sonetto). — incarsato: ‘compenzirato’ (si è calato nella mia came’); la Clansola è del Notsio (ct. nel'iniroduzione al sonetto), dove però incarnato vale far to persona’ (come in genere altrove, basti Re inzo L 65.1-2° «S' trovasse Pietanza | d'incurnata figura»; e svche qui 12.12 «che visibel i pare incarnat'ella»; l'uso suittoniano è poi ripreso de Chiaro (cio 82-84 4... cd invito i Amore che mi com- Prende, | di sé umanamente mi "ncarniv: ed. CLPIO V 251; cfr. anche glossario Msnichett 1965) separato da Monte 266 e 9, 11-7 (eF csc membro lf, ‘quiv. 3] m'è di voi incemnaro o dio d'amore», all'inizio di una probabile corona 17 sonetci che termina con una tenzone; sf. anche Monte 85.3-:) © con variazione addirittura da Cino vi 1-2 («Sì è ‘ncamtato Amor del suo piacere, | n'a preso du cu sese membro fr misera), i veda del resto la mediazione di stampo quinizzllane ruta più da Monte in un soneeto ben guittoniano (cf. qui introd. sl son. 77), 58.15-16 «Ché "n cor gentil.cortese fa lucore | sempre l'Amore, — c quini facarna ed Ombru». Alici es. in Minetti 1974 p. gx, cae accenna ad una possiile intenzione profanazoria. 2. fe posanza: ‘posa’, ‘Ta dimora; posanza riposo’ è anche ir Panvecio tv 10 {eche non pozansa è mais) e in Dante da Maiano xxvT 2, sempre in rima con posan: 2a (qui v. 4); diversamente Chiaro 62.2 (afa Goa poserza ‘esercita un buon porcre' 0, ima pr af po cl, Gion stess xv 13 «che ve facci cp», L'eco in Ca valcanti 30041 15-26 avlmar, che nasce di simil piacere, | det o corsi posa», anive fino a Dante Amore e‘ or geni! (Vila Narova Xx) 51: ©. Amor per site e cor per sua magione, | denero la qual dormendo si rise» (nota De Rubertis 1986). 4 Canzoniere 3. sz lucia è analogica, come nell 1 persona geo (il ipo dz: Rol 535). ‘4. La lezione di V («dapoic’è preso tanta sotil trove in Guittone; nelle CLPIO ricorre solo. “«TAmore) null'omo lo sente “i prende, nel sonerto di Bonagiunta a Gi i (Voi, cb'evere mutata L 323.9: «Così passate voi di sottigliansa»), da cui poi nell'incipie di Guido Orlandi contro Cavalcanti Per troppa e; d'altra parte possenza (L) ‘potere’ vanta la rima quasi equivoca con posenza (v. 2), come anche nei citati Panuccio e Dante da Maiano, e torna in rima nella grande canzone di Cavalcanti, dove sembra quasi voler contraddire Guittone: row 14 «ln quell parte maî non ha possanza (xi. Amorel» (vs. qui v. 3 «di cis no menbro») 5. Dogla, onta, danno: il trinomio ricorre in icxvi 60 («che spesso rede doglia on- ta e danno»), mentre la coppia già onta e danno è tipica di Guittone (qui reo olo ta in antico (analogia col perf. dussi: Rohlfs 71). adi; del: “circa il’. — spietato: riferito ad Amore anche in Monte canz. 163 e 89.2 © nell’«Amico di Dante» 1” 5? ti posso V 956.12: ricorre, riferito tradizionalmente alla donna, nell'incipit del son. 3 aSpietata donna e fera...» (vedi nota). 8. mevee ciascu c'ama: fin dal primo sonetto è sottolineato il valore universale, di exemplum, che riveste la vicenda del protagonista. — mee: è forma meridionale Sennlonicn va eroe già Rico Cascio cpl dii iii, condi dla _9. Hchiame dico: formula d'introduzione del discorso diretto, come nel pur al- trimenti denso Dante Donne ch'avete 15-16 «Angelo cluma in divino intelletto | € 10-11. Binomio già del Notaio (?) Guardando basalisco nella lezione del ms. L 409.14: «ben è conquiso chi à su’ signoragio». talento 2.8, e gli analoghi ): il binomio, za ) ha un termine assente al 11. semo .. valore: ‘intelletto e vigore” (cir. senno ragione e forzo 11.5, forzo e severe 14.9, conoscenza e , giù unisce i due concetti ari di sapicniia (facoltà intellettiva) fortituda (facoltà volitiva), costitutivi della personalità (cfr. anche CLPLO Juirod. p. cxcm), Gli stessi termini nell'anonima A forza sono amante P 115-3-4 «ma non pò disamare [verbo guittoniano, cfr. 4.1), valor né semo vale contra Amore» («senn'o forzo» in Monte 110.3). 1214. Il diretto deve concldersi col v. 11 (gli editori precedenti non 90 al problema). Pare infatti impossibile che Il iu dei vv. 12-13 possa esere Amore, richiesto di presentarsi davanti al «suo si signore non può essre che come dice esplicitamente lv. 10 (e poi 2.9, sempre rivolto ad Amore). dell'amante è dunque rivolto ad un i che Pegulhan Nuts bom BeT 10,38 v. 37 «ton senher e micus», c anche l'assenza di un vocativo è i {es. Perdigon BdT 370,3 v. 51). 12. facci: l'uscita in «i per la 2° pers. sing. del congiuntivo, come adi v. seg. (in cuizazibi i casi olo L), è diffusa in antico (Robife 335). — messaggio: messaggero”, investirura del resto poetico che si trova i e pori Cecco Angie Sonetto, da poî In abito di saggia messaggera. _ 14. ‘e lo informi di questa situazione’. — comvenenze (prov.): ‘cosa, fatto, situa- zione’ (Contini 1941 p. 68). — saggio: ‘consapevole, informato’ (anche 71.14 «de la ’ntenzone d’esso eo fusse saggio»). Il primo sonetto della serie si apre con un tono descrittivo: Amore domina e infierisce sul protagonista. L’attacco allude con evidenza all’incipit della canzone Madonna, dir vo voglio di Giacomo da Lentini, di cui Guittone ricalca lo schema metrico. L’apostrofe ad Amore introduce al secondo registro, non più descrittivo ma allocutivo, mostrando i due aspetti della prima persona, narratore e protagonista. Nella seconda quartina ci dice qual è la conseguenza di essere preso da una passione tale: l’effetto è il dolore, la vergogna, amore-morte. L’aspetto intellettuale e l’aspetto comportamentale sono coinvolti da Amore. Ci sono due figure tipiche: narratore che racconta la storia e il personaggio che vive ciò che accadde. Questo primo sonetto è all’interno dei canoni topici che compongono la poesia cortese. Sonetto 19 L’io lirico si rende conto di giocare contro un avversario troppo forte anche perché la donna gioca in modo disonesto. Guittone ci dice che questa poesia non è in grado di spiegare realmente l’amore, e non intende fare una condanna verso l’amore. Sonetto 86 Il canzoniere non si chiude con la maledizione del protagonista ma con la donna che dice l’ultima parola, insistendo proprio sul valore e la funzione del linguaggio Essa cerca di riportare il linguaggio cortese all’interno del sonetto, denunciando il poeta che è lui il malvagio e viziato. Viene messo in scena un battibecco teatrale ed ironico. Il tema principale è il parlare e l’essere capace di modulare il linguaggio adeguandosi alle circostanze e alle persone. La donna dice al poeta che è lui il malvagio e perverso. Lei preferirebbe essere morta piuttosto di aver avuto a che fare con lui. L’oggetto d’amore si toglie dal gioco e ci dice che il narratore è poco attendibile con il personaggio stesso. È necessario ritrovare una poesia che sia il riflesso della realtà amorosa. ANALISI Insegnamenti d’amore Guittone d’Arezzo Manuale per interpretare l’amore composto circa nel 1265 Primo periodo di vita di Guittone che viene detto Insegnamenti d’amore: 24 sonetti che costituiscono un manuale per comprendere cosa sia l’amore e come debba essere vissuto. Molto simile a Ovidio L’ars amandi. Guittone non si interessa alla teoria d’amore ma piuttosto di concentra su come si fa a vivere l’amore. L’io lirico, esperto d’amore, descrive le esperienze del singolo e la sapienza generale. Questo manuale è interno alla logica cortese e va collocato nella prima fase della sua esperienza. Sonetto 1 Guittone si dice esperto d’amore parlerà d’amore ad un pubblico di persone inesperte. L’amore è il desiderio che nasce dall’animo che desidera di possedere qualcosa che desideriamo in modo intenso. Questo piacere diventa creatore e padrone del cuore. Questo pensiero cresce e si rinnova e si alimenta su sé stesso e lo obbliga a fare ciò che vuole. La natura lo domina completamente e lo controlla in tutte le sue azioni. Sonetto 24 È qui che l’autore ci fa capire che questo è un manuale d’amore. L’uomo potrebbe continuare a parlare all’infinito di questo argomento, tante sono le forme che l’amore assume. Il trattato finisce qui. Spera che ciascuno prende ingegno la pratica dell’amore e si augura che i suoi lettori diventino più esperti di lui. Poiché hai veduto (testo-immagine) come viene illustrato amore, quali siano le sue proprietà e caratteristiche fisiche e comprenderle fino in fondo. Il ritratto è stato fatto dai saggi per spiegare tutte le proprietà dell’amore. Quello che Guittone ci dice è frutto della sua sapienza che spera di trasmettere al lettore. Tutti questi aspetti ci aiutano a mettere in evidenza gli elementi pericolosi e negativi dell’amore. Quinto testo L’amore è la morte dell’anima perché comporta la perdizione. Il fatto che questa morte dolorosa sia rappresentata sotto forma di un ragazzino ci fa capire che c’è un’instabilità del pensiero perché come il fanciullo anche l’amore è capriccioso e agisce in modo irrazionale, imprevedibile. La sconoscenza ovvero la mancata conoscenza è disfrenata, ovvero incapace di controllarsi. Mattamente: connota il senso folle dell’amore dominato dal capriccio. In questo modo il fanciullo si comporta ed è dissennato. Presenza linguistica di parole come sconoscenza, disfrenata e dissennato: l’amore toglie all’uomo le qualità che dovrebbero essere buone e positive. La morte si vede perfino dalla fisionomia del volto degli amanti che si caratterizzano per il pallore e l’eccesiva ansia. L’amore è un conflitto all’interno dell’anima, l’irrazionalità vince sulla razionalità. Tredicesimo testo Alcuni testi sono scritti da dei copisti per passione che spesso riportano solo parti del testo che interessano a loro. Sulla base di tutte le cose l’unica soluzione logica è quella di allontanarsi dall’amore. Dopo aver analizzato tutto e preso coscienza, Guittone ci chiede cosa ci fa venire in mente questa immagine. Perché questa capacità dell’amore fa paura, tanto è forte. Quindi bisogna evitare l’amore perché è di sua natura essere soggiogati e tentati. È persino pericolo pensare a questo sentimento, tanto è pericoloso. CAPITOLO 4 Il “dolce stil novo”: il nuovo canone del Chigiano L VIII 305 1. Un manoscritto del Trecento Il manoscritto conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana con la segnatura Chigi L VIII 305 sancisce un passaggio epocale. Il canone letterario dei canzonieri toscani delle Origini aveva come protagonisti Giacomo da Lentini, i siciliani e Guittone d’Arezzo. Il canzoniere raccoglie infatti solo nei fascicoli finali alcuni dei rimatori della Scuola Siciliana, copia adespoti, i comico-realistici, elimina del tutto il nome di Guittone d’Arezzo e si apre invece con un gruppo di poeti che nei manoscritti più antichi eran assenti o marginali: Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Dante Alighieri, ai quali si aggiunge Guinizzelli. Sono i poeti definiti stilnovisti in quanto appartengono al dolce stil novo. Si vede uno scarto e un’innovazione rispetto alla poesia proposta dai poeti siciliani e risponde alla necessità in modo nuovo e diverso il tema amoroso. È un’esperienza poetica in cui l’interpretazione filosofica e il senso di amore sono metti sul tavolo e presi in discussione. Guido Guinizzelli protagonista d’esordio di questa scuola, seguito da Dante, Cavalcanti e Pistoia. Ma in realtà è Dante ad inventare il dolce stilnovo. 2. Una definizione problematica La nostra idea di Stilnovo dipende in massima parte da Dante stesso: sembra che per lui esista un punto di snodo tra una maniera antica di fare poesia, rappresentata principalmente da Giacomo da Lentini, Bonagiunta e Guittone d’Arezzo, e una maniera moderna che ha come progenitore Guinizzelli e che trova il suo principale esponente in Dante stesso, al quale si possono aggiungere almeno Cavalcanti, Cino da Pistoia e Lapo Gianni. Questa poesia per Dante è nuova e dolce, dove dolce esprime una qualità formale, probabilmente in opposizione all’asprezza linguistica e stilistica della poesia di Guittone e dei guittoniani. È ispirata da Amore e rivendica una più esatta corrispondenza tra ciò che il poeta prova e il modo in cui si esprime. Quando il poeta è ispirato da Amore prende nota ed esprime all’esterno esattamente nel modo in cui questo Amore detta al cuore. 3. Tra antico e moderno: Guido Guinizzelli Guido Guinizzelli, il poeta che Dante considera padre suo e degli altri rimatori del dolce stil novo e con il quale si apre il canzoniere Chigiano, è l’unico tra i cosiddetti stilnovisti di cui è attestata una presenza significativa nei canzonieri delle origini: è infatti il solo presente nel canzoniere Vaticano Latino 3793, dove è ampiamente rappresentato. Nato presumibilmente nel terzo decennio del Duecento, da una famiglia della piccola nobiltà di Bologna legata all’ambiente giuridico e di orientamento ghibellino, Guinizzelli esercitò come il padre la professione di giudice. Si sa che si sposò due volte e che fu in contatto con gli ambienti universitari bolognesi. Nel 1274, quando la famiglia guelfa dei Geremei sconfigge i ghibellini Lambertazzi costringendoli all’esilio assieme ai loro sostenitori, potrebbe essere stato condannato anche Guinizzelli; muore in quello stesso anno, forse prima di lasciare Bologna. Per comprendere in che senso Dante possa definire padre Guinizzelli dobbiamo fare un passo indietro, ritornando ai canzonieri duecenteschi. In uno scambio di sonetti tra Guinizzelli e Guittone, quest’ultimo di rivolge a Guinizzelli come padre; Guido metterebbe in dubbio l’autorità di Guittone ironizzando sui suoi vizi individuali. È un primo segno del conflitto tra antichi e moderni. Ma la traccia più importante è quella nella tenzone tra Guido e Bonagiunta: quest’ultimo rimprovera Guido, forse in tono scherzoso, di aver cambiato il modo in cui si compongono le poesie d’amore, puntando sull’oscurità e sui contenuti difficili di carattere filosofico o teologico. ANALISI Tenzone Bonagiunta e Guinizzelli I tre testi riguardano: 1. Tematica morale 2. Tradizione comico-erotica 3. Esperimenti in direzione stilnovista ANALISI Tematica morale È più famigliare perché sembra echeggiare i toni di frate Guittone. Risente i toni biblici ed è un invito a riflettere sulla inutilità di voler avere i temi terreni (avidità). Questo è un tema classico. Non c’è il tema amoroso ma mantiene comunque un legame con la poetica guittoniana Parafrasi: Solo a pensare mi sembra incredibile che le persone siano così smarrite come se il mondo e la vita terrena fossero infinite. Nello stare comodo ciascuno si ingegna a godersela come se non ci fosse più un'altra vita; con la morte, la vita viene sbaragliata e nonostante l’uomo misero (destinato alla perdizione) veda accanto a sé la morte continua a gioire dei beni materiali e terreni e non riesce a fermarsi. È proprio il peccato, il desiderio che vuole troppo che lo fa finire in questo modo e resta come una bestia nel prato, ovvero limitato e privo di nutrire la componente spirituale. Sonetto molto limpido che riflette sul senso della morte e dell’esistenza e soprattutto il diverso valore che acquistano i beni se guardati dalla vita terrena e ultraterrena. ANALISI Tradizione comico-erotica Lirica d’amore che gioca su un piano completamente diverso dalla poesia cortese. Si usa un registro basso, realistico (che aderisce alla realtà quotidiana). Guinizzelli in questo testo si rifà alla tradizione pastorella, componimento di carattere pastorale nel quale però può avere luogo una passione carnale ed erotica. La tradizione comico erotica fa rifermento alla quotidianità, al registro basso e alla dimensione erotica e sensuale. La cifra stilistica dimostra che Guinizzelli non è un poeta dilettante ma fa capire che ne sa perché evoca figure retoriche come similitudini accanto a una ricercata soluzione anche fonica che va nella direzione del comico realistico. Nelle prime due quartine abbiamo la descrizione della donna: un uomo vede passare una donna e resta colpito dalla sua bellezza. Tuttavia, la visione della donna è connotata in modo molto chiaro: una donna che passa all’interno di un mercato con un cappello in testa di pelliccia; viene esaltata con una serie di immagini molto concrete. Parafrasi: Chi vedesse Lucia un cappello fatto di pelle di scoiattolo non potrebbe non innamorarsi immediatamente anche se appartenesse alla terra dei selvaggi (terra d’Abruzzo). Sembra figlia di un nobile, anche se non lo è, della Francia o delle regioni metropolitane (dimensione aristocratica). Il mio cuore pulsa così forte come non fa nemmeno il rettile al quale viene mozzata la testa (immagine bassa piuttosto truce ma efficace). Tanto forte è la passione che prova l’io lirico che vorrebbe prendere questa donna contro la sua volontà, con violenza, baciarla e i suoi occhi che sono due fiamme. Ma reprime questo suo desiderio di sensualità carnale perché questo fatto potrebbe recar danno agli altri (gesto illecito mentale). Interpretazione dell’amore prettamente sensuale che si spinge verso la violenza. ANALISI Esperimenti in direzione stilnovista Sonetto che celebra gli eventi drammatici che Amore genera nell’uomo quando vede la sua donna. La donna è quasi vista in una visione mistica: dà nuovo significato ad elementi tipici della tradizione cortese. Sguardo gentile e saluto nobile: esperienza straordinaria. Dante (tanto gentile e tanto onesta pare) e Cavalcanti (chi è questa che vien che ogn’om la mira) riprenderanno questo sonetto. Parafrasi: Il saluto (elemento di salvezza) e lo sguardo nobile che fa la donna, uccidono l’uomo: Amore mi assale e non si preoccupa se fa un danno o se provoca piacere. Lo sguardo e il saluto sono come una freccia che divide e spezza il cuore di colui che assiste e ne rimane ferito da quasi morire. L’io si aliena perché è talmente devastato a questa esperienza perché non è più sé stesso. L’amore è paragonato ad un tuono che irrompe dentro ad una casa passando attraverso una finestra. Resto come una statua d’ottone, paralizzato senza vita né spirito vitale; rimane solamente la figura e l’aspetto esteriore dell’uomo. È come vedere una divinità. ANALISI Al cor gentil rempaira sempre amore Guinizzelli Appartiene ai guelfi; interpretazione amorosa e eccesso di sofisticazione che Orlandi rivolge a Cavalcanti. Il sonetto di Orlandi è privo di una parte della forma canonica: infatti il sonetto per eccellenza è formato da due quartine e due terzi mentre la seconda quartina presenta solamente due versi e non quattro. La risposta di Cavalcanti è un sonetto caudato, ovvero un sonetto con la coda. Parafrasi: La prima quartina di riferisce a una balestra: il filo dell’arco è molto sottile e, se lo tendi troppo, si spezza. Il filo allora diventa “grosso”, e si attorciglia sul tenèro, cioè sul “fusto della balestra” (o del grande arco) bloccandola, cosicché bisogna, di nuovo, ricaricare il filo stesso (cioè, fuor di metafora: si deve rifare tutto da capo). Se non guardi alla “realtà” delle cose: se, cioè, “tiri troppo la corda” coi tuoi voli poetici senza stare coi piedi per terra, guardando alla realtà delle cose, la corda si spezza; sarà necessario allora “ricaricare” l’arco (riprendere da capo per risolvere il problema). Chi non appoggia il piede atterra solidamente spesso è instabile, come chi non parla con chiarezza e rischia di non concludere ciò che ha iniziato. Il vero amore non è sostanza, non fa né piangere né ridere; in quanto accidente spesso porta l’uomo a fare questo. Tu definisci amore come sostanza eppure non lo vedi. Leggi meglio Ovidio che ne ha capito più di te (gerarchi di ruoli). Abbi paura delle mie accuse perché sono pericolose. Agli occhi di Orlandi la poesia di Cavalcanti è troppo alta e non arriva realmente ad un punto vero e proprio. La risposta di Cavalcanti è sprezzante perfino dall’incipit. Parafrasi: Sono costretto a parlare di una materia vile e di poco conto, povera. Sprecare parole per parlare con te, tanto che mi riprometto a questo proposito di dare una regola precisa (definizione una volta per tutte). Perché voi sapete usare la balestra per cogliere un bersaglio troppo facile da cogliere: la balestra di Orlandi viene sminuito qui. E poiché avete, qualche volta letto Ovidio, non vuol dire che egli sia l’autorità. Non può venire per la mente che voi e la vostra poesia raggiunga i luoghi in cui amore insegna. Certamente Amore non è una cosa che si può tenere in mano, qualsiasi cosa voi siate Amore è tutt’altro perché solo a leggere cosa scrivete voi si capisce che non avete vissuto veramente amore. Amore ha costruito ciò che io perfeziono stilisticamente: amore che detta al poeta ciò che sente. Consapevolezza della superiorità della sua poesia rispetto a quella di Orlandi. Prende una posizione molto netta rispetto a tutte le altre tenzoni. ANALISI Tenzone con Frate Guittone Cavalcanti pronuncia una sentenza molto rigida nei confronti di Frate Guittone: da una parte riconosce un’inadeguatezza linguistica e stilistica e dall’altra un’incapacità di produrre solide argomentazioni. Cavalcanti non giudica e non parla del sistema di fare poesia come con Orlandi, piuttosto attacca la persona di Frate Guittone. Si fa riferimento anche ad un sonetto di Guinizzelli (o caro padre meo) nel quale si pone in modo polemico contro Guittone. Lo stesso Dante condanna la poesia di Guittone come una poesia oscura e bassa. Parafrasi: Tema della pratica del sillogismo, cioè il tipo fondamentale di ragionamento deduttivo della logica aristotelica, costituito da una premessa maggiore affermativa o negativa, da una premessa minore, da una conclusione derivata necessariamente. Tutti gli uomini sono in grado di fare un sillogismo anche senza fare poesia. Il modo di parlare che scivola nell’errore ti porta a parlare in questo modo (ignoranza). Potresti fare un ragionamento apparentemente vero e ragionato Più parli più rendi oscuro e difficile il tuo linguaggio. Fai attenzione che ho sentito che stai componendo un volume di insegnamenti d’amore che però non si basano su una conoscenza scientifica e di cui non hai nessuna conoscenza a riguardo. Fa che nessuno derida il proposito che ti sei dato. ANALISI complesso rapporto con Dante Alighieri Tra Dante e Cavalcanti c’era una grande amicizia anche se poi ci sarà una fragorosa rottura tra i due. Il sonetto è una risposta al sonetto di Dante “Guido, io vorrei che tu Lapo ed io”. Risposta di rifiuto all’invito dantesco, nonostante il sonetto mantenga i toni amicali e di fratellanza. In virtù della sua interpretazione dolorosa e negativa dell’amore, Cavalcanti sembra non condividere l’interpretazione di Dante. Parafrasi: Se io fossi ancora di quelli che stanno alla corte d’amore della quale ho solo un ricordo vago e se la donna avesse un altro atteggiamento, assai volentieri accetterei il tuo invito. Se io fossi ancora in quella condizione in cui tu ti trovi ancora (amoroso regno), guarda se la mia vita ha un’angoscia che ancora ha bersagliato la sua volontà. Tira l’arco che gli ha dato amore che la sua persona possa dare gioia a suo piacimento. Lo spirito della sostanza vitale del poeta, nonostante sia ferito, c’è ancora. Clima di piena amicizia ma diversa chiave interpretativa di Amore ANALISI “sonetto della rimenata” Rimprovero verso Dante. L’ipotesi più convincente è che sia un sonetto polemico e sembra essere scritto come se Amore stesso parlasse a Dante. Dramma interiore. La donna è del tutto esclusa, il poeta si chiude nella sua interiorità. Viene mostrato l’io e la sua passione Parafrasi: L’anima è così spaventata quasi fino allo svilimento a causa della battaglia che ha all’interno del cuore che se dovesse sentire ancora gli effetti della passione, lei ne morirebbe. Si comporta così perché non ha più forza, non ha più le facoltà intellettive e per paura è stata allontana dal cuore. Chi vedesse da fuori come l’anima è uscita penserebbe che l’uomo sia privo di sostanza vitale. Riprende il tema della battaglia e dice che la battaglia è iniziata attraverso lo sguardo ma questo elemento ha distrutto subito la mente. Questo colpo ha annientato la mente. L’incompatibilità tra il sentimento amoroso e la razionalità è violenta. Anche colui che fosse la persona più felice al mondo, se vedesse un uomo perdere i suoi spiriti vitali comincerebbe a piangere. ANALISI Tu m’hai si piena di dolor la mente, Cavalcanti Il poeta è sfinito, si trova all’ultimo stadio. La sofferenza e la morte sembrano essere un esito possibile. L’amore sembra tenere ancorato l’io a sé. Amore sembra essere quasi solidale nei confronti dell’io Parafrasi: Mi hai riempito così tanto la mente di dolore che l’anima vuole partire, i sospiri che mostra al cuore rivelano che il cuore non può sopportare oltre, è arrivato al limite. Mi duole che tu debba morire per questa donna che non risponde alla tua passione amorosa. L’uomo sembra privo della sua vitalità, alienato. Pare a chi lo guarda che sembra fatto di rame, di pietra o di legno (pietrificato). Si muove solo per artificio meccanico e porta impressa nel cuore una ferita che documenta il fatto che è morto. La potenza della bellezza fisica di una donna non ha nessun effetto virtuoso sull’uomo perché non ne gode minimamente. Il lessico di Cavalcanti è formato dagli stessi termini che vengono ripetuti continuamente. Non c’è la speranza dell’io nelle poesie di Cavalcanti ma c’è una sofferenza continua. ANALISI Donna me prega, Cavalcanti ‘non ò talento — di voler provare Tà dov'e” pisa, e che lo fa creare, e quill'sia sua vertute e sua potenza, l’esseriza — poi e ciascun movimento, el piacimento — che ‘1 fa dire amare, e s'omo per veder lo pò mostrare. In quella parte — dove sta memora 9. non ò ialemto: letteralmente ‘non ho voglia”. 10-15: Questi versi rppresentamo una specie di riassunto della cam- zone. vari punti qui elencati sarammo infatti trattati n questo stesso ordine nelle strofe successive. 11, sua vertute e sua potenza: o pseudo -Egidio: «della sua vertà e della sua operarione», cioò quali siano le suo caratteristiche e «quid potest inducere amor in corpi» («cosa possa provocare l'amore in ‘un corpo», Dino del Garbo). tro termine della filosofia aristotelica, indicante ciò im essere, ciò che lo distingue da tutti gli altri. ciascun movimento: le{teralmente ‘ogni movimento da lui compit 19” quindi (abbinato com'è a «esseza») ‘suo svilippi" il suo 14. per veder:‘come cosa visibile”, © quindi se Amore sia um essere cale (ina, come allerma De Roberti la questione era già risolta nei suoi termini cssenziali cun l'affermazione fatta al x.2 a proposito di Amore che è «accidente»). 15-28. Rie in quella purte dove sta la memoria, trasformandosi in ‘att, così come un corpo diafano si trasforma per mezzo della luce, grazie a un'oscaramento che proviene da Marte € che ls insedia; e Viene creato lì da una sensazione: è il ome di un modo d'essere det l'anima e di un impulso del cuore. È originato dalla vista di una for- ma sensibile che diventa oggetto intellettiva, che prende luogo, come sede appropriata, nell'inelleto possibile. Tiattevia non ha su di esso alcuna influenza, perché l'intelletto possibile non dipende dalle qua-. tà accidentali: risplende eternamente per sé non deriva dal piacere ma dalla conoscenza, così che non pu essere minimamente assimila= ile nelle sue operazioni all'anima sensitiva. 15-20. Si tratta della risposta al primo quesito formulato al 9 («Tà dov'e” pasa»). Tutta la strofa è comunque cruciale nello sviluppo del- la canzone e rispetto al retroterra culturale da cui prende origine, vi ‘sto che si esprimono fn essa concetti di chiara impronta averroistica {&f.in particolare M. Corti, La fltcà menuale, cit, pp. 20.27 cd R. Fergi, La canzone d'amore;cit, pp.42-50). 15. Je quella parte — dove sta memora: è l'anima sensitiva, in cui se- Ven da veduta forma che s'intende, chie preride — nel possibile intelletto, ‘come in subietto, — loco e dimoranza; eni quella parte mai non è possanza perché da qualitat’e’ non descende: resplende — in #6 perpetual effetto; ‘non è diletto, ma consideranza; sì cl'e' non pò largire simiglianza. 21-28. Risposta al secorido quesito, espresso anche questo al v.9 («che lo fa creare»), anticipata però almeno in parte da quanto af- fermato al è. 19. 21. Ven: sojgelto è sempre l'amore. veduia formia che s'intende: la donna che fa nuscere l'amore è all'inizio una «forma» sensibile; ori- ginata dalla vista e che in quanio forma diventa atto conoscitivo e intellettuale («s'intende»). 22. possibile intelletto: lè nozione di intelletto possibile deriva an- chiessa da Aristotele e dai suoi commentatori. Secondo il De anima aristotelico l'intelletto deputato alla conoscenza della verità ha una dimensione attiva, puraniente speculativa, c una passiva (l'intelletto possibile, appunto)in cui l pensiero dipende dalle sensazioni che ri- ceve dalla fantasia © dalla memoria. Visto che l'amore risiede nell’a- nima sensitiva (cr. sopra iv. 15-16),il Iogo in cui diventa pensiero rion può che essere il «possibile intelletto». 23. come in subietto: perché l'intelletto possibile è l luogo appunto deputato all'elaborazione in pensiero delle sensazioni. 24: ‘n quella parte: cioè nel «possibile intelletto». non à poissunza: ‘quindi l'amore non ha alcuna influenza sull’intelletto possibile (e ‘on è quindi atto conoscitivo, ma solo passione), perché secondo le teorie aristoteliche quest’ultimo è separato dal corpo, non corrutti- bile, a differenza dell'amore che è invece soggetto a corruzione. 25. da qualitax(e): dagli accidenti: (i): sempre il «possibile intel- letto». 26. perpetual effetto: la contemplazione dell'intelletto possibi ‘eterna, sganciata dal tempo. L'eternità dell'intelletto possibi dichiarata da Cavalcanti, è (è differenza di quelli che precedono e seguono) un tratto propriamente averroistico, non genericamente aristotelico. 27. Altra distinzione importante tra amore c intelletto possibilé: quest'ultimo, infitti, è puro atto contemplativo («consideranza») non desiderio mutevole («diletto»). 28. Verso trai più discussi e tormentati di tutta la canzone. Nell'ipo- prende suo stato, — sì formato, — come i diaffan da lume, d'una scuritate la qual da Marte — vène, e fa demora; ‘Il creato — è da sensato: + nom'è; d'alma costume - e de:cor volontate. condo Aristotale risiedevano i tre (quattro per i suoi commentatori rubi La cui Averro®) sensi interi, inclusa La memoria. 16. formato: leterilmerie ‘prendendo forma’, quindi, nei termini‘ ristotlici, diventando atto da potenzicho ra. su 16-17 come dio da lume: esempio del rapporto ta corpi dia ni e luminosità per spiegare quello tra potciz © atto è nel De ame di Aristotele diventa poi uno dei luoghi più diffusi e citati del fio- + Soto greco. Pex usare le parole di Dino del Garbo (cito dalla trad: di È. Fenzi in La canzone d'aiore, ct p.93); «la luce è atto del corpo. diafamo, Il diafano è ciò che di per sé non ha luce pur essendo capa 6 di ricevere e trattenere la luco che emana da un corpo luminoso». È corpi diafai non son0 lurtinosi in é, ma sono in grado di ituminar= se attravemati da un corpo luminoso (per intenderci aria è un cor- [o datano, che son ha luce in sé ma può trasmettere la luce del sole). Î7. scuritate: differenza del corpo diafano, luminoso in potenza è che diventa tlo in tto erazie ala luce, l'amore trasforma in atto le Sue potenzialità grazie a una «scucitate», un elemento oscuro e tor dida (probabilmente anche con riferimento alle teorie mediche del- epoca, che collegavano l'amore alla melancolia, cioè all'eccesso di ile nera). r 18. Marte: qui citato in quanto ritenuto nllestrologia medievale il piùneta del fuoco e dell'ira (lo pseudo Egidio afferma che Marte «è fncensivo e riscaldativo del corpo» © che «muove a battaglia»). e fe demora:inteso nell'anima sensitiva. 19. lt sempre nell'anima sensitiva. sensato: altro termine filosbfi- 50 (uno dei trattati ristotelci più dflusi e commentati nel Medioe- Vo intitolava appunto De sensi e sensato), indica ciò che può es Kere percepito da uno dei cinque sensi (infatti si dirà al v.2î che l'amore è originato «da veduta forma»). nom'è: vale a dire che “amore” è la definizione invalsa per indicare ciò che nel v. successi vo è specificato 20. M. Corti (La felicità mensale, cit, p. 22) rimenda per questo ver- 30 a un anonimo commento ud Aristotele di stampo avercostco tn i si afferma che la «passio» è «animac scastivae habitus», potca- ialità dell'anima sensitiva non sempre reelizzata, e che uno dei tur- bament dell'anima sensitiva è Il «cordis appetitus», cioè la concupi- Non è vertute, - ma da quella vène perfezione — (che:sse pone — tale) non razionale; — ma che sente, dico; tesî qui assunta (su cui eît-in sostanza E: Fenzi, La canzone d'amore, cit. pp. 147-50, anche per un riassunto delle posizioni alternative Cavalcanti coneluderebbe il suo discorso affermando in sintesi che tra l'intelletto possibile, che è atto intellettivo puro; immutabile e in- coruttibile, e amore, che è inyecril «10m» con cui si definisce una passione caratteristica dell'anime sensitiva, non ésiste alcun rappor- to di somiglianza, sono due entità incomparabili: Dino del Garbo ripresdendo le parole del Dè anima (ibid.,p. 105): «chi dice che l'anima gioisce è sì rattrista sostiene qualcosa di simile ii chi dicesse che l'anima tesse 0 edifici». 29-42. Non è ia facoltà specifica, ma proviene da quella perfezio- he (che in quanto tale è postà nell'uomo) dell'anima sensitiva, la ri- badisco, non razionale; costringe ll giùdiziò a esercitarsi fuòri da ciò che è giusto, perché il contenuto della sensazione prende il po- sto della razionalità: e colui che è amico del vizio distingue mule ciò che è giusto da ciò che è ingiusto. Dalla sua potenza ne deriva Spesso la morte, se per caso arriva a intralciare la virtù razionale che cerca invece di sviluppare l'istinto di sopravvivenza: e questo non accade perché l’amore sia cosa contraria alla narura, ma per- ché qualora l'uomo si allontani per caso da ciò che è l suo destino perfetto, si può dire che in lui non ci sia vita, in quanto privo del ‘controllo su se stesso. È come quando un uomo dimentica il fine vera della sua esistenza. 2934. Risposta al terzo quesito, formulato al v.11 («qual sia sua vertute»). 29. verture: l’amore infatti non è in sé una facoltà specifica dell’ani- ia sensitiva (è, come aveva detto în precedenza, un «nam», un mo- do di definire una potenziale forma di concupiscenza). 30. perfezione: alteo puuto cruciale (per cui si veda E. Fenzi, La can- zone d'amore, ct., pp. 150-53) per chi (come ad es. B. Nardi) ha inte- 50 dimostrare l'influenza dell’averroismo su Cavalcanti. La defini- zione di anima sensitiva come «perfezione... che sente» rinvia infat- ti all'idea di Averroè che vedeva l'intelletto possibile (la «perfezio= ne... razionale») come separate dall'uomo € che quindi inteni l'anima sensitiva, che è in grado di elaborare Ie forme sensi modo di mettersi in continuità con esso, come il vero tratto distiati- vo dell’uomo dagli atri animali, ciò che lo rende perfetto. 31. nor razionale: la sottolineatura, comunque, implica il carattere di estraneità dell'amore alla sfera intellettiva (insomma, come dice Fenzi, La canzone d'amore, cit. p. 148: «avere “intelletto d'amore” sarebbe una contraddizione în termini»). Canzone complessa per: - esibizione di un virtuosismo metrico eccezionale (manifestazione esplicita di capacità tecniche) - complessità filosofica: canzone puramente speculativa in cui si tratta dell’amore in senso teorico, non c’è più l’io che prova le emozioni e la sofferenza ma spiega i motivi dell’amore La complessità della canzone è data dal fatto che si riconoscono dei commenti sulla canzone: si prova a spiegarla al lettore. I primi commenti seguono due strade: 1. primo commento di Dino del Garbo, medico di filosofia naturale e spiega la canzone di cavalcanti attraverso metodi medico-filosofici; 2. secondo commento: un commento più letterario e parafrastico necessario per entrare dentro alla complessità del testo. L’interpretazione di Cavalcanti è estremamente aristotelica, aristotelismo radicale: interpretazione secondo la quale esiste un intelletto unico e universale che va al di là del singolo uomo, sperimenta il mondo, elabora, si congiunge all’intelletto unico e genera il pensiero (populatio). Sembra che i sensi mantengano e trattengano l’uomo e gli impediscano di arrivare alla razionalità (esperienza disastrosa perché viene negata all’uomo la capacità di conoscere). Nella prima stanza identifica l’oggetto del quale tratterà, qual è il suo interlocutore ideale e quali sono le ragioni del fatto che questo interlocutore sia quello ideale. Non è una canzone che possa interessare chi non possiede la scienza e chi non abbia interesse in questo campo. Donna me prega: richiesta di riposta da parte della donna. Non è l’uomo ad essere debole ma Amore ad essere troppo forte. Parafrasi: Donna mi prega di un accidente che è chiamato amore, spesso feroce e violento e se qualcuno osa dire il contrario lo posso provare (esperienza-saggezza). Visto la domanda che mi viene posta chiedo un conoscente perché sono sicuro che un uomo di basso core (poco colto) possa essere interessato a questo ragionamento perché senza la dimostrazione attuata attraverso gli strumenti della filosofia naturale (scienza) non sarei in grado di voler provare. Il poeta si pone delle domande: Dove dimora amore? Dove si origine e quale sia la sua potenza, e l’essenza e ciascun movimento, la passione e se l’uomo lo può vedere (domande alle quali risponderà durante la stanza). Dove dimora amore? In quella parte dove sta la memoria, amore si genera nell’anima sensitiva e si trasforma in atto come un corpo diafano dalla luce, amore viene da Marte (terra dell’ira, della guerra). Amore è creato da una forma sensibile e il suo modo di essere nell’anima nasce da un impulso della volontà. Cosa fa esistere amore? amore nasce da una forma visibile e sensibile che prende forma nell’intelletto e che conseguentemente si trasforma in qualcosa di pensabile. Tuttavia, risiede nell’intelletto possibile ma non ha alcun potere su di esso perché non dipende da qualità accidentali (l’intelletto non è in grado di elaborarlo). L’intelletto possibile ha una sua durata eterna e non può essere affine alla sensazione amorosa. Qual è la facoltà dell’anima che viene interessata dall’esperienza d’amore? non è una parte specifica ma proviene da quella perfezione che è in grado di produrre ciò che sente (=anima dei sensi). Proprio perché è dominato dall’anima sensitiva ci spinge a giudicare fuori dal giusto la realtà. Capisce e interpreta la realtà male perché nasce da un difetto di conoscenza. Qual è la potenza? La sua potenza porta alla morte se per caso la virtù viene ad essere ostacolata da questa passione. L’uomo è morto quando il suo intelletto non funziona più (animale). Non è perché amore sia innaturale ma perché quando l’uomo si allontana dalla via corretta (razionale) non controlla più sé stesso, porta sulla strada sbagliata. Può valere co il valore di un uomo quando dimentica il suo scopo. Qual è l’essenza di amore? l’essenza di Amore si ha quando il desiderio supera il limite della natura. Una volta che il sentimento amoroso entra nella persona che lo prova, non si riposa mai. L’esperienza amorosa è negativa e cupa. Sta poco ferma ma potrai anche vedere che raramente queste sensazioni non si colloca in persone nobili. Quali sono i movimenti dell’amore? fin dall’inizio genera ira, la potenza è tale che non si può descrivere. Anche se si cerca di allontanarsi dall’amore non c’è modo di recuperare e salvare la propria razionalità. Non c’è nulla che l’anima guadagni in questa esperienza, l’unica cosa è il ricambio amoroso. L’amore cortese e nobilitante quindi non è condiviso da Cavalcanti. Rapporto dante-cavalcanti: radicale differenza tra i due. 5. Gli altri stilnovisti: Cino da Pistoia e Lapo Gianni Il canone del manoscritto Chigiano conta ancora due nomi rilevanti: Cino da Pistoia e Lapo Gianni. Lapo Gianni de’ Ricevuti, notaio e giudice fiorentino attivo in Toscana, a Bologna e a Venezia tra gli anni Novanta del Duecento e il 1328, è un poeta particolarmente prossimo, per temi e stile, a Guinizzelli e al giovane Dante. Guittoncino de’ Sinibuldi detto Cino, nato a Pistoia attorno al 1270 da una famiglia ricca e nobile di parte nera, studiò a Bologna e diventò giudice nel 1292. È uno dei più rilevanti giuristi del suo tempo e ricopre importanti incarichi pubblici; in Francia subisce l’esilio e ritorna in patria nel 1306 per muoversi verso Siena, la Marca, Perugia e Napoli. Muore nel 1336. La sua poetica è strettamente intrecciata a quella di Dante: Cino risponde forse al primo sonetto poi incluso nella Vita nova; scambia con Dante numerosi sonetti, scrive una canzone per consolarlo della morte di Beatrice e un’altra per la scomparsa dell’amico. In genere utilizza lessico, temi, motivi e immagini che sono propri di Dante. Cino svolge un ruolo cardinale per la poesia italiana poiché è soprattutto attraverso di lui che Petrarca riprende e sviluppa la tradizione lirica duecentesca. 6. Verso Dante e Petrarca La frattura tra antico e nuovo sancita dal Chigiano non è definitiva, Guittone e i siciliani continueranno infatti ad avere un peso rilevante nel Trecento. Tuttavia, il Chigiano inaugura una stagione nuova della poesia italiana. I poeti preferiti del Chigiano, gli stilnovisti, sono quelli che influenzano maggiormente Petrarca.
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