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Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento, Appunti di Letteratura Italiana

Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento Capitolo 5: La poesia comico-realista Capitolo 6: La poesia allegorico-didattica in area settentrionale e in Toscana: dal codice Saibante al Tesoretto

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 02/01/2023

luna29
luna29 🇮🇹

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Scarica Letteratura italiana, dalle origini al cinquecento e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! CAPITOLO 5 La poesia comico-realista 1. Poesia comica e genere lirico La tradizione manoscritta della poesia due-trecentesca offre un quadro in cui possiamo individuare due strade parallele: I. Matrice cortese II. Matrice comico-realista L’introspezione e l’espressione del sentimento amoroso lasciano il psoto all’invettiva personale, alla satira dei costumi, alla rappresentazione degli aspetti più materiali e degradanti della vita, come l’erotismo osceno, la fame, l’immortalità, la taverna. Al linguaggio curiale, serio e tragico subentra un’esasperazione del dettato poetico in direzione espressionistica e paradossale. I due poli del genere “tragico” e del genere “comico” coesistono nella tradizione poetica in volgare almeno a partire dalla metà del Duecento. La poesia comica è trasmessa negli stessi grandi canzonieri della lirica cortese predantesca e di quella stilnovista. Il ms. Vaticano Latini 3793 riporta, accanto ad autori come Giacomo da Lentini o Guido delle Colonne, il contrasto Rosa fresca aulentissima, che può essere considerato in assoluto il primo componimento comico italiano. Nello stesso codice assai significativo è la compresenza delle due serie di sonetti del fiorentino Rustico Filippi, il primo rimatore a dedicare al registro comico un impegno apprezzabile anche sul piano quantitativo. I suoi 58 componimenti sono divisi esattamente a metà tra liriche amorose e sonetti cominci. Un caso simile è il Chigiano L VIII 305, il principale canzoniere trecentesco dello Stilnovo, che riporta anche una corposa sezione riservata ai sonetti dei senesi Cecco Angiolieri e Meo dei Tolomei, tra i principali rappresentanti della tradizione realistica toscana. Questi esempi di commistione ci fanno comprendere due aspetti importanti della poesia comica nel Medioevo italiano: La convivenza pacifica tra i due versanti: le due opzioni stilistiche avevano pari dignità letteraria e potevano essere indirizzate al medesimo pubblico Non ha mai conosciuto una vera e propria tradizione autonoma e non ha mai conquistato una circolazione esclusiva, confluendo sempre negli stessi canali di trasmissione della lirica aulica Il rapporto della poesia comico-realistica con quella aulica va visto dunque nei termini di due possibilità alternative, ciascuna delle quali riservata alla porzione di mondo che si intende rappresentare e che implica il ricorso a un repertorio topico e a una strumentazione stilistico-retorica codificati dalla tradizione. 2. L’esperienza poetica di Cecco Angiolieri Cecco Angiolieri fu il primo a consacrarsi in maniera esclusiva al comico. Nato a Siena nel 1260 da un rappresentante dell’agiata borghesia guelfa, di lui non si hanno notizie dopo il 1313. Partecipa a diverse iniziative militari dei guelfi senesi, tra cui probabilmente la battaglia di Campaldino nel 1289. In questa occasione potrebbe aver conosciuto Dante, al quale tra il 1290 e il 1300 invia almeno tre sonetti: alcuni di natura burlesca e un altro di seria natura letteraria. Una delle principali novità della poesia di Cecco risiede nel fatto che essa ruota attorno a pochi temi costanti che si richiamano vicendevolmente, formando delle serie che sono dotate di una certa compattezza e coerenza interna. Su tutto domina una tendenza autobiografica che caratterizza la poesia angiolieresca come una compatta e permanente costruzione dell’io. La malinconia per la malasorte, l’ostilità del padre, la crudeltà di Becchina sono caratteri fondamentali di un unico ritratto auto derisorio e caricaturale, fondato sull’esibizione dell’io del poeta che mette in scena le proprie sventure. Cosa vuol dire comico nel Medioevo? Comico è legato alla realtà quotidiana, non è necessariamente qualcosa che fa ridere. Lo stesso Dante, in De vulgari eloquentia, definisce i generi della poesia e apparentemente non sembra trovare spazio al genere comico. Comico è caratterizzato da un registro non alto. Uno degli elementi tipici è il ricorso all’elemento linguistico, legato ad una deformazione dialettale, gergale del linguaggio stesso. Questo rende la poesia comincia estremamente ancorata ad un luogo e ad una lingua: la lingua limita la vitalità del linguaggio storico. D’altro canto, lo stile è molto spesso una deformazione dello stile aulico, intesa come parodia. Ci possiamo collegare all’umorismo di Pirandello: il comico è l’avvertimento del contrario, rovesciamento della dimensione canonica. Nella tradizione antica non ci sono dei manoscritti che antologizzino la poesia comica; quindi, vuol dire che anche per i lettori non era uno statuto autonomo. Uno dei primi esempi è la conclusione del Canzoniere di Guittone. Un’altra forma di comicità era la poesia cittadina, soprattutto quella toscana: l’organizzazione politica dei comuni toscani ha fatto in modo che la poesia comica potesse essere uno sfogo. La poesia comica è una tradizione di non facile definizione anche perché nello stesso periodo medievale non appare con forza una forma autonoma della poesia comica, ad esempio non ci sono manoscritti e antologia dedicati esclusivamente alla poesia comica. Una prova che affonda nel genere comico è il cosiddetto fiore, ovvero un’opera composta da 242 sonetti che presentano una traduzione in versi del Roman de la rose di aria francese. È un’opera di traduzione che rispetto al modello gioca in una direzione più bassa, la materia è esplicitamente sessuale. Linguisticamente riprende dei termini della tradizione provenzale. Ancora oggi si continua a discutere su chi sia l’autore di quest’opera; uno dei candidati è Dante. Resta un margine di dubbio molto forte, è un’esperienza che segna un binario morto della tradizione volgare, nel senso che non ci sono imitatori e non dà avvio a questo tipo di tradizione. L’ambiente nel quale invece matura un tipo di poesia comica destinato ad avere una grande fortuna, è quello di Siena, area toscana. In particolare, si identifica nella figura di Cecco Angiolieri. Caratteristiche della poesia comica Possediamo un discreto numero di testi, circa un centinaio e la maggior parte della sua produzione presenta testi di natura comica. Si tratta quindi di un poeta specializzato nel registro comico, da forma ad un io lirico giocato nella chiave comica. Questo io diventa il vero protagonista di questi testi e si presenta volutamente inaffidabile, al punto che sembra essere una sorta di anti-dante, nel senso che non è una poesia costruita per un affinamento o un miglioramento spirituale. Costruisce il suo racconto sui sentimenti che prova l’io lirico nei confronti della donna amata, il cui nome, Becchina, è riflesso del registro basso utilizzato, molto popolaresco. La poesia di Cecco Angiolieri rovescia le caratteristiche abituali della poesia cortese e si presenta come alternativa ad essa. Temi: ricerca dell’appagamento amoroso, cronica mancanza di denaro e viscerale odio per il padre (colui che non gli dà il denaro e lo conduce ad una vita di fatiche). Nel corso dei secoli si sono succedute diverse interpretazione liriche: - c’è chi dice che sia sicuramente un gioco: l’io lirico rappresenta una condizione di subalternità - c’è chi dice che sia l’interpretazione realistica vera e propria di un uomo certo è che non bisogna scambiare la poesia medievale come un dialogo intimo che racconta la propria esistenza ma è verosimile pensare che, dato le informazioni che abbia riguardo al poeta, qualcosa nella sua vita di non sia stato inquadrato propriamente e non sia andato nel verso giusto. In Quarto sonetto Tradizione misogina: tradizione che condanna la donna in quanto essere demoniaco, tentatore, che porta l’uomo sulla cattiva strada. Condanna della donna come essere tentatore (a partire da Eva). La capacità di Angiolieri è quella di adottare questo elemento ma poi di scartarlo, cioè di non andare fino in fondo: consapevolezza della donna vista in questo modo ma accettazione di essa. Parafrasi: Dal più sciagurato degli uomini, cioè da Giuda in poi, non c’è nessuno né in passato né in futuro che sia vicino alla mia condizione, perché sono innamorato. Sono innamorato di una tale che ha il cuore pieno e dominato dal tradimento di frode e inganno: io le sono fedele come l’apostolo Giovanni che è l’unico che va ai piedi della croce. La falsa natura femminile sarà sempre ingannevole e falsa senza discernimento dal momento che quel modo è stato dato loro da Eva, la progenitrice delle donne. Per cui io sono sicuro di questa mia posizione di stare sempre umile e devoto a lei perché lei ha una scusa molto nobile del suo essere. Il fatto di discendere da Eva non è, secondo Cecco, una cosa negativa perché viene da una storia sacra. La poesia di Cecco ha senso dal momento in cui esiste la tradizione cortese: egli immagina un pubblico di lettori che possieda e che conosca questa poesia, in modo da poter continuamente giocare tra questa poesia e quella alta e nobile. CAPITOLO 6 La poesia allegorico-didattica in area settentrionale e in Toscana: dal codice Saibante al Tesoretto 1. La poesia didattica in area settentrionale e il codice Saibante Il panorama finora descritto ha al suo centro la poesia lirica profana. Tuttavia, prima e dopo la tradizione rappresentata dal Vaticano, dal Laurenziano e dal Chigiano dello Stilnovo, la produzione letteraria nei volgari italiani è notevolmente più ampia. In area settentrionale si sviluppa fin dalla metà del XII secolo una poesia di carattere didattico il cui documento più significativo è il manoscritto Hamilton 390 della Staatsbibliothek di Berlino, detto anche codice Saibante. La produzione didattica in area settentrionale non si limita tuttavia ai testi contenuti nel Saibante. Alla descrizione dei mondi ultraterreni si dedica ad esempio anche il frate Giacomino da Verona in due poemetti intitolati De Ierusalem celesti e De Babilonia civitate infernali, composti tra il 1230 e il 1265, nei quali descrive il Paradiso come una città celeste perennemente illuminata e abitata come una prigione che impedisce di fuggire. 2. La poesia allegorico-didattica in Toscana Nella poesia medievale si possono individuare altri due grandi filoni: il poema che mette in scena il contrasto tra le personificazioni dei vizi e delle virtù sul modello della Psychomachia di Prudenzio e il romanzo in versi il cui argomento principale è l’amore ma che è anche la storia dello sviluppo individuale del protagonista. Questi due modelli si intrecciano nella tradizione del poema allegorico che trova il suo capolavoro nel Roman de la Rose, opera di due autori distinti, Guillaume de Lorris che scrive la prima parte e Jean de Meung che amplia e conclude il racconto. In Italia questo tipo di racconto allegorico in versi ha come principale rappresentate il Tesoretto di Brunetto Latini. Brunetto è il protagonista del canto XV dell’Inferno, dove, pur collocandolo tra i sodomiti, Dante si fa chiamare da lui “figliuol”. L’immagine ambigua di Brunetto, maestro e peccatore, è probabilmente legata a una frequentazione personale da parte di Dante.
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