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Letteratura italiana: il primo Cinquecento, Appunti di Letteratura Italiana

La storia del Cinquecento. Appunti approfonditi sulla trattatistica, sulla narrativa e la lirica. Focus su Machiavelli e opere e Guicciardini e opere. Totale 13 pagine

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 06/11/2018

Carola.C01
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Scarica Letteratura italiana: il primo Cinquecento e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! IL PRIMO CINQUECENTO Storia: Il 1492 (scoperta dell’America) viene considerata data simbolica nella quale inizia l’Età Moderna. Esistono molte discussioni riguardo la ‘scelta’ della data da considerarsi chiave per il passaggio alla nuova età (qualcuno ritiene sarebbe stato opportuno anticiparla, allineandola con il Rinascimento Italiano, qualcun altro l’avrebbe ritardata e fatta coincidere con Lutero…). Ciononostante, sotto il profilo culturale e letterario, questi anni corrispondono alla morte di alcuni importanti poeti del primo Rinascimento volgare e dell’ultimo Umanesimo, come Poliziano, Boiardo, il Magnifico, Pico della Mirandola… In Italia parve che stesse finendo un’epoca felice (Pietro Crinito, “De honesta disciplina”), anche a causa dell’arrivo di Carlo VIII. Il 500, come il 400, fu un periodo di grandissime crisi, tragedie, guerre drammatiche, violenze di ogni sorta, tanto che si è ormai soliti affermare che il Rinascimento votare in effetti quasi esclusivamente sul piano artistico culturale. Nel 500 e il contrasto fra le sublimi idealità artistico letterari e la realtà fattuale della storia politica e sociale tocca il punto di massima drammaticità. Gli eccellenti risultati nella pittura, scultura, nell’architettura, e nella letteratura si collocano in un contesto storico drammatico e nascondono la situazione reale in cui ci si trovava. L’arrivo di Carlo VIII diede inizio ad un periodo di guerre principalmente con la Francia, la Spagna e l’Impero, a causa dell’egemonia europea. L’Italia fu il principale territorio che dovette affrontare un sessantennio di guerre, dovute all’incapacità di mettere in moto un processo di unificazione politica ho di trovare un accordo fra loro (l’Italia era ancora suddivisa in stati e staterelli animati da profonde rivalità e mire espansionistiche locali). A far precipitare gli eventi fu Ludovico sforza, reggente del Ducato di Milano, che chiamò in Italia Carlo VIII per risolvere un conflitto con gli Aragonesi di Napoli. Egli scese fino a Napoli quasi senza combattere e lo conquistò. Una delle conseguenze di questa discesa fu la cacciata dei Medici da Firenze, nel quale si instaurò nuovamente una Repubblica oligarchica (1494-1512) al cui servizio fece la sua carriera Macchiavelli. In questo periodo avanza la minaccia turca: i turchi, dopo aver conquistato Costantinopoli nel 1453, allargarono sempre di più i loro domini, giungendo persino a minacciare l’Europa cristiana. Anche la stessa scoperta dell’America, i viaggi in India, la circumnavigazione del globo e dell’Africa e altre imprese simili aprono nuove vie commerciali e nuovi complessi, affascinanti scenari anche di ordine culturale e morale. In questa prima parte del cinquecento Copernico elabora una teoria che sconvolge la visione medievale dell’universo, dimostrando matematicamente che la terra non è immobile al centro dell’universo, ma ruota attorno al sole. Altro evento che caratterizza questo periodo è la Riforma Protestante. Già dal Quattrocento all’interno del mondo cattolico si erano levate richieste di una riforma della Chiesa che combattesse la corruzione del clero, limitasse il formalismo del culto, Prime tessili in primo piano l’esperienza individuale e intima della fede dessi infine, la parola evangelica. Nonostante l’umanesimo con le sue personalità di spicco riuscì a dare sostanza culturale ad alcuni di questi bisogni, la chiesa non aveva saputo dare risposte davvero incisive alle diffuse esigenze di renovatio fidei che giungevano dal basso, in particolare nell’Europa centro settentrionale. Nel 1517 un frate agostiniano di nome Martin Lutero affisse alla porta della chiesa di Wittemberg 95 tesi di protesta nei confronti della Chiesa. In queste 95 tesi di Lutero svolgeva una serrata critica alla prassi della vendita delle indulgenze che costituiva per la Chiesa e vescovi una cospicua fonte di entrata. La critica alla prassi delle indulgenze aveva anche dei risvolti teologici che nel seguito della riflessione della sezione di Lutero sarebbero divenuti un programma radicale di contestazione di alcuni fondamentali dogmi del cattolicesimo: secondo Lutero l’uomo non si salva per ciò che fa nella vita, ma per la purezza e l’intensità della fede in Cristo. All’uomo pentito Dio concede la fede come un dono gratuito. Il rapporto fra i due è intimo e individuale e la chiesa, che pretende di regolamentare la vita religiosa E di interpretare univocamente la parola di Dio, non ha ragion d’essere. Alla Chiesa visibile si deve quindi contrapporre una Chiesa invisibile costituita da una libera comunità dei credenti, senza sostanziali distinzione tra chierici e laici. Ciascun fedele è libero di leggere interpretare personalmente testi sacri. La rapida e vastissima diffusione geografica sociale delle sue posizioni, Diede a Lutero consapevolezza della portata dell’efficacia della situazione lo spinse ad approfondire le ragioni e a trarne le ultime conclusioni. A questo proposito si appellò all’autorità politiche tedesche e al Papa stesso, che definì l’anticristo romano. Lutero venne scomunicato nel 1521 e perseguitato: solo la protezione del duca di Sassonia gli garantirono l’incolumità.Il principio del libero esame indusse altri religiosi protestanti a dare interpretazioni ancora più radicali della riforma, non condivise dal suo iniziatore. Nonostante le ostilità, con la pace di Augusta del 1555 la Chiesa luterana ottenne un riconoscimento ufficiale che sanciva la legittimità della religione protestante negli stati in cui sovrano l’avesse ufficialmente adottata. In altre aree si affermarono altre chiese riformate, come quella di Zwingli e quella di Calvino. Il successo ed espansione della riforma protestante fu grazie anche alle potenzialità della stampa carattere mobile: le 95 tesi esposte sulla porta della chiesa probabilmente sarebbero restate un fatto locale, se nel giro di pochi giorni migliaia di esemplari non avessero raggiunto più o meno tutta la Germania e poi tutta Europa. Si è calcolato che principali trattati di Lutero vendettero oltre 300.000 copie, volantini, opuscoli… inoltre, la traduzione delle Bibbie determina un incremento dell’alfabetizzazione e un processo di omogeneizzazione della lingua. Nonostante i tentativi di riconciliazione, quando fu indetto il concilio di Trento (1545-1563) apparve chiaro a molti che esso avrebbe finito col sancire la divisione del mondo cristiano. La corte rimane sempre rimarrà ancora il principale centro promotore della produzione letteraria, il principale committente e quindi principale datore di lavoro per gli scrittori. Il mecenatismo continua, ma progressivamente la crisi politica distoglie in parte energie e denari da questa funzione, forse per una minore disponibilità delle corti, ma anche in relazione all’incremento del numero degli scrittori. Così si alternano celebrazioni della corte come luoghi raffinata vita culturale (corte di Urbino al tempo di Federico II e di Guidobaldo di Montefeltro tracciato da Baldassarre Castiglione nel Cortegiano (1528), Esso è una delle più alti e partecipi liberalizzazioni e celebrazioni della corte nel libro che a sua volta celebra e idealizza la figura del cortigiano), o come luoghi dissonanti (lagnanze e accuse nei confronti dell’insensibilità o della grettezza dei signori, sia laici che ecclesiastici (Ariosto, Pietro Aretino…)). Anche la Chiesa condivide ancora con la corte questa funzione di centro di attrazione, di luogo di produzione e di datrice di lavoro: infatti, la Chiesa per qualche tempo continua a protegger ingaggiare intellettuali concedendo incarichi, benefici (è il caso dell’Ariosto, del Guicciardini e del Bembo). Si assiste a un forte incremento della produzione libraria. La stampa tuttavia rimase un’occasione perduta per quanto riguarda l’emancipazione degli intellettuali dei consueti centri di potere economico e politico. L’aumento delle stamperie della loro attività determinò la formazione di nuove figure professionali, ma la commercializzazione delle opere letterarie non garantì agli scrittori indipendenza economica. Storia e politica a Firenze: nella convinzione che un principato moderno, retto secondo i criteri del realismo politico, sia l’unica o la migliore soluzione circostanze attuali per avviare la formazione dello stato ampio e politicamente accentato sul modello francese. L’opera si propone in primo luogo come manifesto politico e come un prontuario teorico utile per la risoluzione della drammatica crisi italiana. Struttura: Si compone di una dedica e di 26 capitoli con titoli latino che ne sunteggia un argomento. La struttura dell’opera può essere schematizzata in quattro nuclei: 1. Capitoli I-XI: diversi tipi di principato, come si acquistano e come si mantengono. Egli distingue fra principati ereditari, nuovi e misti esaminando i diversi casi e fornendo per ciascuno di essi dei precetti di comportamento. Per i principati nuovi distingue se vengano acquistati per virtù o per fortuna e con armi proprie o con armi altrui: quelli acquistati per virtù e con armi proprie sono i più duraturi. Esamina il caso di Valentino, quella del principato civile e quello atipico dello Stato della Chiesa. 2. Capitoli XII- XIV: milizie mercenarie e milizie proprie. Egli sostiene che le milizie mercenarie sono inaffidabili e che un principe deve assolutamente dotarsi di milizie proprie. 3. Capitoli XV- XXIII: virtù e comportamenti adatti al principe. Il principe se vuole sopravvivere e avere successo, Devi necessariamente imparare ad usare anche comportamenti che contravvengono la morale e la religione. Deve astenersi da questi comportamenti quando questi non siano effettivamente necessari e quando potrebbero causargli un’infamia tale da mettere in pericoloso stesso potere. Il fine da perseguire e il bene dello Stato su queste basi Macchiavelli procede riseminare dettagliatamente i seguenti comportamenti: la libertà e la parsimonia, la crudeltà e la pietà, essere amati o temuti, la lealtà e la slealtà, come si debba rifuggire gli stretti e l’odio 4. Capitoli XXIV- XXVI: riflessioni conclusive ed esortazione ai Medici. Macchiavelli denuncia l’ignavia dei principi italiani, chiamalo preso i propri stati non a causa della terza fortuna ma per responsabilità propria. Si chiude con l’esortazione ai Medici a liberare l’Italia dallo straniero. Temi: Gli strumenti che gli offre per la soluzione della crisi italiana primo cinquecentesca sono nientemeno che una radicale rifondazione della politica e lo schema di una teoria generale dello Stato. La sua riflessione ha l’ambizione di prospettare anche norme di comportamento è strategie d’azione di validità universale. Cosciente della novità rivoluzionare la propria impostazione metodologica, egli enuncia un basilare principio teorico e prende le distanze da tutte le riflessioni idealistiche moralistiche che lo avevano preceduto. Infatti, egli non vuole parlare dell’ideale, ma della verità effettuale ossia la realtà. La teoria di Machiavelli ha di conseguenza un fondamento empirico e sperimentale: per elaborare la sua dottrina egli si fonda sull’esperienza (la sua diretta esperienza in quanto osservatore della vita politica contemporanea e quella accumulata nel corso dei secoli). Egli si interessa in particolar modo agli storici antichi (Livio in particolare) che hanno tramandato le vicende dei grandi regni e delle grandi repubbliche dell’antichità come gli umanisti si volge al passato per trarne una lezione sul presente, storia come maestra di vita. Per far ciò è necessario credere che diverse situazioni storiche siano comparabili e che i comportamenti che hanno ottenuto successo in passato siano efficacemente riproducibili anche nel presente nel futuro. Bisogna quindi credere che esistano delle costanti che regolano il comportamento umano nelle vicende politiche, e che le costanti siano distinguibili e superiori alle variabili. Le costanti hanno un fondamento nella natura, in particolare quella umana, mentre le variabili nella contingenza storica. Machiavelli dimostra di fondare la sua teoria politica su un convincimento di questo tipo, in particolare egli elabora le sue tesi muovendo da quello che si potrebbe definire un assioma: la natura umana è immutabile ed è essenzialmente malvagia. Secondo lui l’uomo al fondo è malvagio per natura e non cambia col mutare dei luoghi, dei tempi e le forme di governo. Solo fondandosi sull’immutabilità della natura umana è possibile individuare delle regole di comportamento che abbiano la pretesa di avere una validità universale. Questa convinzione dell’immutabilità della natura umana e della possibilità di individuare su questa base delle regole universale di comportamento rivela quello che è stato definito il naturalismo di Machiavelli. Esso si contrappone da un lato al federalismo religioso e dall’altro uno storicismo radicale. Un altro aspetto rilevante e rivoluzionario del suo lavoro è quello riguardo l’autonomia della politica rispetto la morale convenzionale. Il principe che vuole avere successo non deve farsi scrupolo se necessario di violare le normali regole della morale. Secondo lui un’azione che talvolta violi i principi della morale può evitare a distanza di tempo conseguenze peggiori e mali più gravi e estesi. Sembra che Machiavelli voglia dire che la politica ha una sua moralità specifica, diversa da quella comune, perché il principe è necessitato, costretto dagli eventi a violare la morale corrente: sotto questo punto di vista la necessità impone le sue regole per un fine costruttivoil fine giustifica i mezzi. Ciononostante il principe deve essere buon simulatore e buon dissimulatore: egli deve infatti apparire buono, generoso, leale eccetera anche quando viola questi precetti (attenzione a quella che si può definire immagine pubblica). Nella parte finale del principe, Machiavelli affronta il problema del rapporto tra la virtù e la fortuna, trovandosi di fronte a una difficoltà intrinseca del proprio pensiero. Da un lato egli teorizza la necessità per il principe di adeguare il proprio comportamento alle necessità dei tempi, mentre dall’altro il suo convinto naturalismo ti suggerisce l’idea che gli uomini abbiano tratti di carattere che non posso agevolmente mutare. Secondo lui le condizioni storiche, le situazioni concrete dell’agire umano, che egli chiama fortuna, mutano rapidamente: cioè quando le condizioni storiche richiedere un comportamento che naturali in individuo, costui preservando in questo ottiene successo; quando è viceversa le condizioni richiedono il comportamento opposto, per salvare le proprie naturali inclinazioni porta all’insuccesso. Con la sua dottrina rivoluzionaria Macchiavelli capovolge l’immagine umanistica dell’uomo che era fondata essenzialmente sul modello del saggio che mira a contemperare etica e politica, azione e conoscenza, nella fiducia che l’uomo grazie alle sue virtù sia in grado di avvicinare il reale dell’ideale. Non rinuncia però ad affermare il valore della virtù individuale. A parere di molti con quest’opera inizia la storia della moderna scienza politica, fondata sulla verità effettuale (realismo), su conoscenze sperimentali (empirismo) e sul tentativo di individuare le costanti infelici per comportamento sottostanti la caotica fenomenologia storica (naturalismo). Un dato acquisito è che Machiavelli rigetta l’etica cristiana come metro di giudizio per la politica ripropone uniti che interamente laica, fondata essenzialmente sull’utile. Linguaggio: Il Principe è un’opera argomentativa, che mira a sostenere delle crisi con argomento logici esempi concreti attinti dalla realtà storica contemporanea. Anche la struttura rispetta questo ordine e questa razionalità, in modo quasi schematico: razionalità della sua costruzione intellettuale, nitidezza del ragionamento, nettezza dei sei convincimenti Fa ricorso ad enunciati apodittici (o assiomi). Accanto ciò la critica ha rivenuto tensioni e torsioni del linguaggio e dello stile, cortocircuiti sintattici, scarti metaforici e simbolici. Tutto ciò può essere spiegato in base due ragioni: 1) rientrano nelle strategie del discorso argomentativo in quanto costituiscono delle formule retoriche che mirano a rendere più efficace il discorso; 2) rivelano un tratto agonistico dello scrittore e la sua volontà di affermare delle verità che sente indiscutibili. In generale, l’opera si caratterizza per la sua commistione di razionalità the metaforicità, di rigore argomentativo e di agonismo espressivo. “I Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”: costituiscono un commento un’opera storiografica che via via presenta spunti particolari di riflessione. Il contenuto dell’opera è molto vario e articolato e non è sintetizzabile allo stesso modo di quelle del Principe. Se esso riguardava la forma monarchica di governo, i Discorsi sono dedicati all’esame di quella repubblicana, e può essere considerata un’opera complementare al Principe: infatti, il criterio per la valutazione della validità di questa o quella soluzione politica rimane la verità effettuale. Inoltre vengono ribadite alcune convinzioni fondamentali enunciate nell’opera precedente, come la malvagità della natura umana e l’esempio degli antichi. Il distanziamento tra le due opere sembra riguardare il giudizio sulle due forme istituzionali: qui si palesa una qualche forma di predizione per le repubbliche, là si asserviva la necessità di un principato. Tale distanziamento trova la sua spiegazione in due fattori: in quest’opera egli privilegia la prospettiva del mantenimento dello stato, e non della sua formazione, e si distanza dall’attualità per adottare una prospettiva storica più ampia e in qualche caso assoluta. Struttura: Nonostante i temi non siano sintetizzabili, si possono indicare alcuni argomenti cardine: 1. Libro I: Machiavelli affronta soprattutto problemi relativi alla fondazione dello Stato la politica interna 2. Libro II: si occupa prevalentemente di politica estera gestione delle milizie E si mostra interessato il problema dell’ampliamento dello Stato 3. Libro III: tratta sia di politica interna che di politica estera con particolare riguardo al ruolo che le singole personalità hanno avuto nella vita politica romana ai modi in cui gli Stati si trasformano. Se il Principe si caratterizza per la concentrazione dell’intensità della trattazione, i Discorsi affrontano le questioni politico istituzionali in una prospettiva più ampia e con una trattazione più diffusa e analitica. Esso è formato da 142 capitoli in totale. Temi: Secondo Machiavelli l’ordinamento repubblicano quella dell’antica Repubblica romana in particolare può apparire in linea di massima più adatto di un principato assoluto a conservare lo stato, mentre per crearlo risulta preferibile la virtù di un singolo individuo. Secondo lui quella dell’antica Repubblica romana è probabilmente la miglior forma che ci sia stata storicamente. In ogni caso il criterio della solidità e della stabilità dello stato in Machiavelli prevale sempre sulla scelta di una forma di governo piuttosto che un’altra: il realismo politico la vince sempre sull’ideologia. L’obiettivo per lui non è quindi tanti importanti della scelta di una forma o dell’altra, ma il suo obbiettivo è l’efficienza e la solidità dello Stato. Spostato il centro dell’interesse dall’attualità alla storia antica e dalla formazione al mantenimento dello stato, Machiavelli in quest’opera esamina il ruolo che nel garantire stabilità alla Repubblica romana hanno avuto tanto le singole individualità d’eccezione quanti buoni ordini, cioè il buon ordinamento dello Stato. Egli rivolge l’attenzione al concetto di buone leggi: esse sono essenziali in una Repubblica o in un amore chiamo liberata, che opti per una condivisione del potere. Le buone leggi devono ordinare la vita normale, ma anche prevedere soluzioni alle situazioni eccezionali. Considerando la funzione delle buone dice, Machiavelli collabora alcune le riviste innovative dei Discorsi: le leggi devono limitare le possibili intemperanze tanto del principe non è stato monarchico, quanto del proprio Stato repubblicano. Per il mantenimento dello stato il governo repubblicano appare superiore a quello LA TRATTATISTICA Per tutta la prima metà del 15º secolo è il genere, o l’insieme dei generi, dominante. Sono anni in cui al latino si sostituisce spesso inforcare, ma alcuni campi specifici (ad es quelli tecnico scientifici) rimangono in buona parte per lungo tempo in latino. • La “questione della lingua” e la trattatistica linguistica Con la rinascita della letteratura in volgare si chiude la disputa sulla superiorità del latino o dell’italiano che ha caratterizzato a lungo il 400. All’inizio del Cinquecento, invece, il problema dell’ordine del giorno è quale dei volgari in uso sia il migliore e quale norma linguistica adottare per la lingua italiana a cui tutti auspicano. Si apre così la questione della lingua: il dibattito è molto acceso in molti sono i contrasti, ma l’esigenza di unificazione normalizzazione linguistica è condivisa da tutti i gruppi. Questo è il momento più fecondo e libero della riflessione sulla letteratura, spirito dalla Poetica di Aristotele, in questi anni volgarizzata, commentata e analizzata. Il primo gruppo è costituito da Calmeta, Mario Equicola, Baldassarre Castiglione, Gian Giorgio Trissino, Girolamo Muzio. Essi aspirano a superare la tradizione toscana: questi teorici sostengono che la lingua da prendere a modello è quella cortigiana e che essa sia prodotto della commistione di diversi dialetti, sotto l’influsso nella lingua letteraria toscana e di quella latina. In poche parole essi vogliono integrare il magistero dei classici e la tradizione toscana letteraria con ciò che proveniva dalle tradizioni regionali. La contrapposizione tra fiorentino vivo e lingua cortigiana italiana si presenta sovente come contrapposizione tra una parlata plebea e una parlata eletta. Si oppongono questa tesi un gruppo di scrittori fiorentini che rivendicano alla città Fiorentina la paternità del volgare in cui ormai si scrive in ogni parte d’Italia. La lingua toscana è la lingua nazionale ed il fatto che in essa compaiono parole forestiere è un fenomeno naturale. Tra questi Niccolò Machiavelli e Claudio Tolomei. La tesi che risulta vincente fu quella arcaizzante di PIETRO BEMBO: essa fu la tesi che si dimostrò più idonea a rispondere alle esigenze dei ceti intellettuali. Egli non si può il problema della comunicazione quotidiana, ma il suo interesse preminente è letterario, artistico e retorico. La tesi che gli riuscì a imporre in campo linguistico si fonda sul principio di imitazione, già oggetto di una disputa alla fine del Quattrocento tra Poliziano e Cortese. Il principe di imitazione nella sua formulazione umanistico rinascimentale, può essere definito come la ricerca dell’originalità attraverso l’imitazione-emulazione degli antichi. Tale principio costituisce un’indiscutibile novità rispetto recente passato, In quanto nel medioevo il principio di autorità imponeva gli scrittori un rispetto molto rigido dei propri modelli. Giacomo Petrarca si venne a sostituire in principio imitativo che interpretava un nuovo senso del rapporto di secoli antichi e che poneva, sia pur accettando la filiazione degli antichi, il valore della libertà interiore. Questa idea di imitazione-emulazione andava implicare una rielaborazione nei testi antichi. Bembo, inoltre, ripropone la teoria dell’ottimo modello nel quale si trovano fusi tutti i pregi e tutte le eleganze presenti nei singoli scrittori: Cicerone e Virgilio (e Petrarca e Boccaccio per la tradizione italiana) costituiscono i vertici. Secondo lui il rapporto tra imitante e modello deve essere un rapporto di emulazione, come tra figlio e padre. “Prose della volgar lingua”: è un trattato in forma di dialogo composto nel 1512, rielaborato ed edito nel 1525, poi rielaborato ulteriormente nel 1538. Il dialogo si finge avvenuta a Venezia, in un periodo non precisato, tra Giuliano de’ Medici, Federico Fregoso, Ercole Strozzi e Carlo Bembo. Sono divise in tre libri: 1) nel primo si tratta delle origini del volgare nei suoi rapporti con latino e con il provenzale, e quindi della natura e delle caratteristiche del volgare italiano. Quanto tratta anche della necessità delimitazione dei migliori scrittori, secondo lui Petrarca Boccaccio. In particolare Petrarca appare un perfetto esempio di armonia stilistica, in quanto capace a tutti i livelli di conciliare diffondere in perfetto equilibrio gravità e piacevolezza. Secondo Bembo grave è un componimento in cui nessuno distanziate, diversi sono tutti endecasillabi, le strofe sono lunghe, le sillabe presentano più di una consonante; al contrario, piacevole è un componimento in cui le rime sono ravvicinate, diversi settenari, le strofe brevi e non sono frequenti i gruppi consonantici. La variatio, ossia la variazione di artifici e di registro stilistico, compiute sistematicamente e a vari livelli, contribuisce alla creazione della concinnitas, cioè bella temperata armonia. 2) nel secondo ci sono le considerazioni di carattere più e retorico stilistico, in particolare relative al concetto di gravità e piacevolezza 3) nel terzo è contenuto un avere propria grammatica della lingua italiana, con abbondanza di esempi. • La trattatistica morale La trattatistica del primo cinquecento non si limita agli ambiti politici, linguistici ecc, ma trova un posto di rilievo nella storia letteraria la trattatistica morale, in specie quella che guida il comportamento nella prospettiva del costume sociale e quella dedicata all’amore. I tre autori e testi fondamentali di questo genere sono: “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam, “Asolani” di Pietro Bembo e “Il libro del cortegiano” di Baldassarre Castiglione. “Elogio della follia”, Erasmo da Rotterdam È un elogio ideato nel 1509 e dedicato a Thomas More. Si tratta di un’opera di grande complessità ambiguità, intelligente arguta, capacità di utilizzare e fondere disparate tradizioni letterarie. Non è ancora chiaro quale sia il suo esatto significato e le interpretazioni oscillano tra: a) È uno scherzo letterario È paradossale che dice il contrario di tutto, confondendo e prendendosi gioco dello spettatore; b) È un’opera apparentemente paradossale, che invece ce l’ha un contenuto intellettuale e morale molto serio. Struttura e contenuto: è un lungo monologo suddiviso in 68 capitoli. Le ragioni della lode che la follia far sistemi e che si richiede l’origine e il sale della vita. Tutto nel mondo è finzione e la vita non è altro che una commedia, dove ognuno rappresenta una parte. Se quest’opera va intesa seriamente, è possibile ricondurre i suoi contenuti ad alcune tesi delle sue precedenti opere, come il Lamento della pace e Colloqui. Vi si può leggere una critica della degenerazione intellettuale e morale della Chiesa, ed un apparentemente più ampia riferita a tutto il mondo degli uomini. Erasmo sembra sostenere un pacato distacco dalle cose del mondo, di cui anche in altre sue opere dichiara se non l’inconsistenza, quanto meno l’inessenzialità. Nel 500 ci fu la diffusione di una cospicua trattatistica dedicata all’amore in particolare all’amore platonico. Nonostante il vertice di questa produzione siano però i Dialoghi dell’amore di Leone Ebreo, Pietro Bembo offese la cultura del proprio tempo un efficace modello teorico dell’amore platonico. Questo tipo di opere, come gli Asolani, hanno il merito storico di divulgare e decodificare la concezione dell’amore precedentemente trattata (da parte del neoplatonismo fiorentino con Marsilio Fiumicino), riportandola dalle astrettezze metafisiche alla concreta esperienza sociale morale dell’amore, fornendo uno schema interpretativo di più immediata assimilazione anche per la cultura letteraria. In questa versione meno speculativa, la concezione la totalizzante dell’amore si innesta nel tronco del neoplatonismo ficiniano: l’amore è definito desiderio di bellezza. L’unica bellezza che l’uomo può percepire con i sensi è la bellezza corporea, materiale che, specialmente nel viso, si manifesta come proporzione, simmetria e armonia. Tutto ciò è comunque null’altro che un riflesso imperfetto della bellezza bontà divina. Secondo Castiglione per appagare questo desiderio di bellezza non si deve possedere l’oggetto materiale del proprio amore: il piacere che ne consegue è imperfetto, illimitato, ingannevole e genera sazietà e fastidio o desiderio ed avidità, senza portare mai un vero appagamento. L’amore sensuale non si prova che tormenti, affanni, lacrime. Ingannato così degli appetiti sensibili, l’amante si allontana dal vero fine suo desiderio e si nega l’appagamento. Se invece si lascia guidare non dei sensi ma dalla ragione, egli comprende che solo la contemplazione pura e quanto più possibile astratta della bellezza può dare un appagamento duraturo, anche in assenza della persona amata. Secondo Castiglione il processo dell’amore platonico non si arresta a questa contemplazione idealizzata del singolo oggetto d’amore: comprendendo che la bellezza della donna amata è una delle tante forme corporee in cui la bontà divine si riflette, l’uomo si innalza a una contemplazione più pura e perfetta, quella della bellezza universale. La vera felicità secondo lui si raggiunge quando dalla bellezza corporea si riesce a passare a quella puramente spirituale. Volgendo se la contemplazione intellettuale della propria sostanza l’uomo potrà ulteriormente innalzarsi fino alla contemplazione di Dio, il fine supremo dell’amore. In poche parole, il sentimento deve essere liberato dal “sensuale desiderio”, che invece deve essere concepito come un profondo desiderio di attingere la bellezza ideale ed eterna. “Asolani”, Pietro Bembo, 1505 Sono un dialogo interamente dedicato al tema dell’amore. Si tratta della prima prosa toscana prodotta in Italia da qualcuno che toscano non fosse né per per nascita né per l’educazione. Ciononostante propone numerosi che mi problemi a cui lirici del secolo attingeranno. Come spesso accade nella forma del dialogo, non è esplicitamente fornita l’ideologia di Bembo, non c’è conclusione univoca. La conclusione dell’opera introduce un severo monito ad abbandonare i simulacri terreni dell’amore e a intendere in termini cristiani la vera bellezza e il vero bene a cui deve tendere l’uomo. Struttura e contenuti: sono la prima opera importante di Bembo, scritte trial 1497 e il 1502. Si tratta di un dialogo sull’amore, che si finge avvenuto ad Asolo presso la corte di Caterina Cornaro. I protagonisti dei diversi libri sono: - Perottino: espone la teoria della negatività d’amore (libro I) - Gismondo: confuta punto per punto le tesi del suo predecessore, esaltando le gioie dell’amore (libro II) - Lavinello: espone la teoria dell’amore platonico come contemplazione della bellezza ideale presente le cose terrene (libro III) Alla fine del libro III viene esposta una dottrina dell’amore ispirata all’ascetismo cristiano. “Il libro del cortegiano”, Baldassarre Castiglione, 1528 Il Cortegiano è un libro chi ha l’intento di investigare che cosa sia un perfetto cortigiano e quindi di offrire al lettore un modello ideale cui tendere. Il libro il dibattito sulla lingua poetica, ossia su come realizzare una lingua politica nazionale che accolga la sapienza tecnica dei modelli classici. A questo proposito venne scritto Difesa e illustrazione della lingua francese da Bellay. In questo contesto nasce il petrarchismo francese. LA NARRATIVA Analoga situazione è quella che accade nell’ambito della novellistica e una delle caratteristiche salienti del periodo è l’imitazione – emulazione del Decameron, che si propone ai relatori cinquecenteschi come modello di lingua, stile, temi di strutture. Tuttavia il Decameron non si impone in modo generalizzato è univoco, ma viene interpretato in diversi modi (la cornice viene poi eliminata o ampliata o modificata). Nel complesso quindi il boccacismo cinquecentesco risulta fenomeno più sfumato e articolato del coevo petrarchismo lirico e riguarda ora la lingua, ora lo stile, ora lo spirito i materiali narrativi, ora la struttura… Per quanto riguarda la tipologia dei temi, dominano sempre le beffe in tutte le loro variazioni, i morti, i casi patetici drammatici, le peripezie avventurose eccetera, nulla di profondamente nuovo alla novellistica. Ciononostante è possibile segnalare qualche novità: Straparola riattinge alla tradizione folklorica il meraviglioso fiabesco, Firenzuola, Grazzini, Bandello (sostenitore del realismo cronachistico, fedele ai fatti) mostrano una predilezione per il macabro e il grottesco. Nella prima metà del cinquecento è possibile distinguere tra i “novellieri comunali”, come Firenzuola e Grazzini, sono generalmente toscani E si lasciano sedurre dalla tradizione narrativa Toscana diversa dal Decameron, e “novellieri comunali”, come Bandello, che mostrano una concezione aristocratica del narrare, solitamente rivolta a una cerchia socialmente eletta. - Il caso di Agnola Firenzuola è particolarmente significativo che ha con il modello della cornice decameroniana: privata di un elemento chiave quali la peste E dilatata a trattare argomenti svariati, dall’amore alla lingua, dalla simbolicità dei numeri alle virtù del basilisco, la cornice dei Ragionamenti d’amore costituisce una formula di intrattenimento che si ispira ai dialoghi e alla varia tra statistica del tempo. La dilatazione Bella cornice indica l’influsso degeneri in voga, come il trattato e il dialogo. - Diverso è invece il caso di Anton Francesco Grazzini in Cene: l’utilizzo della cornice è certamente decameroniana, anche se assume un ruolo di sfondo ambientale, a documento della società del tempo. - Un caso particolare è costituito dalle Novelle di Bandello. Egli dichiara che il fine è il diletto e il giovamento del pubblico e proclama la propria imperizia linguistico stilistica a confronto dei modelli toscani. La sua esperienza narrativa si concentra sui fatti e sulle cose e pari inaugurare quello che viene chiamato realismo cronachistico, quasi giornalistico. Il linguaggio È fondato sul gusto di narrare per appagare il lettore, Cui si forniscono comicità, umorismo, Ma anche il patetico e il tragico. Il poema cavalleresco: in questi anni emerge l’esigenza di regolarizzare il poema cavalleresco: il poema di Ariosto, considerato come il capolavoro del genere, è privo di un eroe a cui ruoti la vicenda ed è fondato su azioni avvenimenti meravigliosi e non verosimili. Sorge l’esigenza, quindi, di un poema modellato sui capolavori dell’antichità, Incentrato sulle vicende di un protagonista unico, su un’azione unitaria e lineare, su eventi legittimati dalla storia. Il poema passa così da una fase di classicismo come imitazione- emulazione di modelli concreti ad un classicismo come obbedienza ad un certo numero di regole e norme dedotte dai modelli unità di protagonista e di azione, organicità di intreccio, vero somiglianza. Il primo poema regolare, Fondato su eventi storici, unitario nell’azione E fondato su limitazione di Omero fu l’Italia liberata da Goti di Trissino. Fu un fallimento. ANTICLASSICISMO: Il codice classicistico domina il sistema letterario del Rinascimento. L’ideale di equilibrio, armonia, regolarità e compostezza formale affonda le sue radici in un ideale di saggezza come dominio razionale delle passioni. Il classicismo rinascimentale si fonda sul criterio dell’imitazione ed emulazione di modelli classici. Ciò nonostante il Rinascimento non è si esaurisce nel classicismo, ma si articola in una serie di fenomeni letterari che si collocano all’infuori di questa ideologia. Da una parte ci saranno coloro che andranno a cercare i propri modelli nella marginale tradizione letteraria antica e romanza, mentre altri attingeranno alla cultura popolare. In altri casi emergeranno delle polemiche nei confronti dei modelli egemoni, arrivando a parlare di anti classicismo o anti rinascimento. La maggior parte dei poeti eccentrici sul piano dei modelli letterari, lo sono anche socialmente e scrivono direttamente per la stampa, saltando il circuito di legittimazione socioculturale che allora erano la corte e l’Accademia.
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