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Letteratura italiana moderna e contemporanea, Appunti di Letteratura Italiana

appunti e parafrasi (in parte) del corso 2022-23

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 25/02/2023

alice-tonelli
alice-tonelli 🇮🇹

4.2

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6 documenti

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Scarica Letteratura italiana moderna e contemporanea e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA (2022-23, AMERIO) 03.10.2022 La vicinanza che l’italiano ha con il latino, la rende una lingua prestigiosa. Moderna: la modernità inizia nel 1789, quindi dagli anni della rivoluzione francese e arriva attorno al 1950 dopo la bomba atomica su Hiroshima, così inizia l’era contemporanea. Le cose cambiano quando vi è un trauma, es: le cose cambiano nel 1492 con la scoperta dell’America, quindi la scoperta di nuove “specie”; si ponevano la domanda di come mai queste persone non conoscessero Cristo e di conseguenza se hanno un’anima. Da ciò si chiedevano se essi fossero uomini o bestie, quindi li utilizzavano come manodopera schiava; perciò si parla di una crisi dell’umanità e comincia una grande sproporzione tra chi rischia e chi guadagna. L’italiano è una lingua creata prestissimo con Petrarca, Boccaccio e Dante, ma l’Italia ad unificarsi ci mise molto di più rispetto agli altri paesi europei. Un altro trauma ci fu nel 1515 con la riforma di Lutero sul cristianesimo, cioè mandò in crisi il cristianesimo perché si parlava anche di inganni e corruzione; si pensava perché, se il papa non è il “messaggero” di Dio in terra noi uomini lo paghiamo, per esempio per far passare un nostro caro più in fretta dal purgatorio al paradiso, e ciò era un inganno. Questa riforma voleva tornare davvero alle prime radici evangeliche. Letteratura: la letteratura di oggi è diversa da quella antica, essa cambia nei tempi, anche cose che non lo sono, con il tempo possono diventare letteratura come capita con l’arte (es: Duchamp). Contemporanea: l’inizio della contemporaneità si associa al 1950, dopo la bomba atomica, ma per l’Europa un’altra data importante che può segnare questo inizio è il 1989 con la caduta del muro di Berlino e la conseguente caduta dell’Unione Sovietica. Il contemporaneo è un’epoca in cui le forme si trasformano ma non hanno ancora una forma definita. Dal 1850, la fotografia fa entrare l’uomo nel periodo del realismo poiché c’è un oggetto che fa vedere realmente quello che i nostri occhi vedono. Quindi, la funzione dell’arte di immortalare al 100% un momento non serve più; infatti in questo periodo, cambia la visione dell’arte, e, insieme alla fotografia nasce la rivoluzione industriale (processo di automazione - dipendenza dalla tecnologia), oltre all’unificazione italiana. La letteratura italiana assume una connotazione vicina alla letteratura militante, cioè che sposa una causa; si è militante quando si ha un'idea da seguire che è più importante dell’opera stessa, perciò è più importante far capire la propria idea che scrivere un romanzo. La rivoluzione industriale è una grande crisi di cui si parla in questi romanzi, perché l’aria iniziava ad essere irrespirabile, l’uomo è schiavo della macchina, e questo è il problema che emerge in questi anni; le macchine però hanno sottratto all’uomo la capacità di capire il mondo, è un'ignoranza assoluta perchè non si sa come funziona, ad esempio, una macchina o un’intelligenza artificiale. Noi quindi siamo ad un limite di specie. - Qual’è quindi la funzione della letteratura e per cosa milita? Per la politica. Un esempio di poesia militante è l’inno di Mameli; lo possiamo cantare perché è scritto in metrica, come tutte le poesie dell’800. La metrica è lo scheletro della poesia, cioè una serie di ritmi, accenti e sillabe che ci danno la misura di un verso. Il senario è il verso italiano parisillabo, uno dei versi più semplici poiché molto breve, ed ha l’accento tonico sulla 5° sillaba; l’endecasillabo invece, è il verso italiano che ha l’accento tonico sulla 10° sillaba. Sono importanti perché è con i metri che si fa la musica, si possono infatti intercambiare varie canzoni. 04.10.2022 - Continuo “Inno di Mameli” L'inno venne visto come un ideale di unificazione. Poco dopo, Baudelaire disse che non è il metro a fare la poesia ma che può esistere una poesia anche senza metro. Dall’Italia, la rivoluzione della modernità della letteratura francese, colpì per l’estrema diversità dei risultati conseguita dai poeti francesi dagli anni ‘60 agli anni ‘90 del 800; vengono definiti contemporanei al 900 i poeti di questo periodo, anche se vissuti pienamente nel 800 poiché la loro visione nascerà dall’800 (altri poeti iniziarono a scrivere come loro, solo nel 900). Vi è una sorta di “vittoria” da parte dei poeti maledetti (Baudelaire, Rimbaud…), ovvero che la storia la riconosce, perciò parliamo di rivoluzione moderna. Le forme metriche nella poesia tradizionale (patriottica e risorgimentale) erano come uno scheletro che veniva riempito in modi diversi, sempre per essere musicata (NB: la musica, con la sua forza, ci aiuta a ricordare di più). Il canto degli italiani (vedi testo su wikipedia) Il fascismo non amò questo canto perché troppo legato alle lotte risorgimentali, perché furono fatte convincendo gli italiani a ricordare la propria gloria passata ma soprattutto a ricordare un nemico comune, ossia la Chiesa (Patti Lateranensi, 1929). Il testo ha 6 quartine doppie di senari, ciascuna delle quali seguita da un'altra quartina di senari in ritornello. Lo schema è il seguente: asbcsbdseeft + gggft, dove acd sono sdruccioli sciolti, bb in rima piana alternata, ee in rima piana baciata, ggg in rima piana continuata e ff – cioè l'ultimo verso della strofa e del ritornello – in rima tronca costante. La prima strofa «Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la vittoria?! Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò.» Nel primo verso della prima strofa c’è un richiamo al fatto che gli italiani appartengono a un unico popolo e che sono, quindi, «Fratelli d'Italia». Dal primo verso derivò uno dei nomi con cui è conosciuto il Canto degli Italiani. L'esortazione agli italiani, intesi come "fratelli", a combattere per il proprio Paese si ritrova nel primo verso di molte poesie patriottiche risorgimentali: «Su, figli d'Italia! su, in armi! coraggio!» è l'inizio di All'armi! all'armi! di Giovanni Berchet, mentre «Fratelli, all'armi, all'armi!» è il primo verso di All'armi! di Gabriele La battaglia di Legnano pose fine al tentativo di egemonizzazione dell'Italia settentrionale da parte dell'imperatore tedesco. Legnano, grazie alla storica battaglia, è l'unica città, oltre a Roma, a essere citata nell'inno italiano. Nella stessa strofa è citato anche "Ferruccio" («ogn'uom di Ferruccio / ha il core, ha la mano») ossia Francesco Ferrucci (noto anche come "Francesco Ferruccio" eroico condottiero della Repubblica di Firenze sconfitto nella battaglia di Gavinana (3 agosto 1530) dall'imperatore Carlo V d'Asburgo durante l'assedio della città toscana. Ferrucci – prigioniero, ferito e inerme – venne poi giustiziato da Fabrizio Maramaldo, un soldato italiano che combatteva per l'imperatore. Prima di morire, Ferrucci rivolse con disprezzo a Maramaldo le celebri parole: «Vile, tu uccidi un uomo morto!». In seguito il sostantivo "maramaldo" verrà associato a termini come "vile", "traditore" e "fellone". «Uniamoci, amiamoci, l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore; giuriamo far libero il suolo natio: uniti per Dio, chi vincer ci può!?» «Dall'Alpi a Sicilia dovunque è Legnano, ogn'uom di Ferruccio ha il core, ha la mano, i bimbi d'Italia si chiaman Balilla, il suon d'ogni squilla i Vespri suonò.» Nella quarta strofa si fa anche cenno a Balilla («i bimbi d'Italia / si chiaman Balilla») il giovane da cui si originò, il 5 dicembre 1746, con il lancio di una pietra a un ufficiale, la rivolta popolare del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca. Questa rivolta portò alla liberazione di Genova. Furono questi versi di Mameli, forse, a ispirare il nome dell'Opera nazionale balilla, ossia l'ente istituito dal fascismo che inquadrava, tra i propri ranghi, i giovani italiani dai 6 ai 18 anni. Nella stessa strofa si accenna anche ai Vespri siciliani («il suon d'ogni squilla / i Vespri suonò») l'insurrezione avvenuta a Palermo nel 1282 che diede avvio a una serie di scontri chiamati "guerre del Vespro". Queste guerre portarono alla cacciata degli angioini dalla Sicilia. Per "ogni squilla" si intende "ogni campana", riferito agli squilli di campane avvenuti il 30 marzo 1282 a Palermo, con i quali il popolo fu chiamato alla rivolta contro gli angioini dando inizio ai Vespri siciliani. Le campane che chiamarono il popolo all'insurrezione furono quelle del vespro, ossia quelle della preghiera del tramonto, da cui deriva il nome della rivolta. La quinta strofa La quinta strofa è dedicata all'Impero austriaco in decadenza. Nel testo ci si riferisce alle truppe mercenarie asburgiche («le spade vendute»), di cui la monarchia asburgica faceva uso. Mameli le considera "deboli come giunchi" («Son giunchi che piegano») dato che, combattendo solo per soldi, non sono valorose come i soldati e i patrioti che si sacrificano per la propria nazione. Per Mameli, questi mercenari, hanno indebolito l'Impero austriaco. Nella strofa si accenna anche all'Impero russo (chiamato «il Cosacco»), che a fine 700, insieme all'Impero austriaco e al Regno di Prussia, partecipò alla spartizione della Polonia. È quindi presente un richiamo a un altro popolo oppresso dagli austriaci, quello polacco, che tra febbraio e marzo del 1846 fu oggetto di una violenta repressione ad opera dell'Austria e della Russia. Con i versi «ah l'aquila d'Austria / le penne ha perdute; / il sangue d'Italia / bevé, col Cosacco / il sangue polacco: / ma il cuor le bruciò» Mameli intende dire che il popolo italiano e quello polacco minano, dall'interno, l'Impero austriaco in decadenza, come conseguenza delle repressioni patite e per via delle truppe mercenarie che indebolivano l'esercito austriaco. Il testo fa riferimento all'aquila bicipite, stemma imperiale asburgico. La quinta strofa del Canto degli Italiani, dai forti connotati politici, fu all’inizio censurata dal governo sabaudo per evitare attriti con l'Impero austriaco. «Son giunchi che piegano le spade vendute: ah l'aquila d'Austria le penne ha perdute; il sangue d'Italia bevé, col Cosacco il sangue polacco: ma il cuor le bruciò.» La sesta strofa «Evviva l'Italia, dal sonno s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la vittoria?! Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò.» La sesta ed ultima strofa, che non viene quasi mai eseguita, manca nell'autografo di Mameli che testimonia la stesura originale del canto, mentre compare nel 2° autografo di Mameli e negli autografi della partitura di Novaro; è però omessa nelle prime edizioni a stampa del testo su foglio volante. La strofa preannuncia con gioia l'unità d'Italia («Evviva l'Italia, / dal sonno s'è desta») e prosegue chiudendo il canto con gli stessi 6 versi che concludono la strofa iniziale («dell'elmo di Scipio, / s'è cinta la testa. / Dov'è la Vittoria?! / Le porga la chioma, / ché schiava di Roma / Iddio la creò»), conferendo così al componimento (carme) una struttura circolare. Ultima strofa dell’inno: “le porga la chioma” la donna Italia che tiene per i capelli la donna “Vittoria”. Il giuramento di Pontida Giovanni Berchet Viene citato Pontida, cioè il momento in cui la lega lombarda si unisce per respingere il barbarossa; piaceva molto rievocare momenti storici, soprattutto battaglie, per riunificare la guerra presente (es: spada e scudo diventano simboli del partito Lega Nord, essi hanno una presa sul presente). Qui arriviamo ad un verso cantabile, parisillabo (=più cantilenante) e decasillabo, qui usato secondo una metrica settecentesca e legato alla tematica militante. Struttura: strofa di 4 versi, tutti decasillabi, ma il 4° è sempre diverso dagli altri, perché ha 9 sillabe, finisce col tronco e l’ultimo accento tonico va con la vocale accentata “A” sull’ultima parola; non mettiamo la “O” altrimenti finiremo fuori dalla metrica, perchè appunto sarebbe una sillaba in più. Se si aggiunge una lettera, quindi la metrica salta. NB: verbo “serrare”, usato in senso militare, es: serrare i ranghi. “Pennone”= punta della bandiera. Parafrasi: “lo straniero con il proprio sangue colorerà il pennone della bandiera che la Lega spiega”: il combattente della Lega arriva con la bandiera e lo straniero darà il colore rosso del suo sangue alla bandiera dei leghisti. Tema della donna: il soggetto è la “lombarda”, ossia, la donna popolare lombarda che non siede più triste sulla cenere della casa che gli è stata bruciata, ma insieme agli uomini, si è alzata e chiede una patria ai propri fratelli e al proprio marito. Gli uomini hanno giurato e le donne “frugali” (=modeste, non esagerate; virtù tipica italiana) rispetteranno il giuramento; contente di avere mariti che hanno fatto questa scelta, perchè sono state loro ad ispirare il volere nei forti (=“sarò con te quando combatterai”). “Voi che i figli non guardan dubbiosi”= voi che siete un esempio anche per i vostri figli che vi guardano senza avere dubbi sulla vostra volontà (madre coraggiosa). TESTO L’han giurato. Li ho visti in Pontida convenuti dal monte e dal piano. L’han giurato; e si strinser la mano cittadini di venti città. Oh spettacol di gioia! I Lombardi son concordi, serrati a una lega. Lo straniero, al pennon (2) che ella spiega, col suo sangue la tinta darà (3). Più sul cener dell’arso abituro la lombarda scorata non siede. Ella è sorta. Una patria ella chiede ai fratelli, al marito guerrier. L’han giurato. Voi donne frugali, rispettate, contente agli sposi, voi che i figli non guardan dubbiosi, voi ne’ forti spiraste il voler. Perchè ignoti che qui non han padri qui staran come in proprio retaggio? Una terra, un costume, un linguaggio Dio lor anco non diede a fruir? La sua patria a ciascun fu divisa. È tal dono che basta per lui. Maledetto chi usurpa l’altrui, chi il suo dono si lascia rapir. Su, Lombardi! Ogni vostro Comune «Evviva l'Italia, dal sonno s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la vittoria?! 05/10/2022 CONTINUO “GIURAMENTO DI PONTIDA” Il decasillabo, la forma nuda, lo scheletro della forma-verso si trova anche in poesie meno militanti come il Don Giovanni di Lorenzo da Ponte musicato da Mozart (vedi la celebre aria "il catalogo è questo". Da ascoltare e leggere). Sono strofe di 4 versi decasillabi come ne "Il giuramento di Pontida", solo le prime 2 strofe menzionate, poi il metro di da Ponte varia. Questo per dire che forme intercambiabili di versi sono funzionali a temi totalmente diversi tra loro: Berchet eroico, Lorenzo da Ponte comico. Il decasillabo manzoniano ha un'inedita e ancor maggiore gravità. Parlando, in virtù della sinalefe: Sof-fer-mà-ti sul-l’à-ri-da spón-da 111-222-33-44 555–l’6–77-88 -9999-1010. [Manzoni] e Ma-da-mì-na, il ca-tà-lo-go è quèsto 11-22-33 44, 44 55-66-77-88 88-9999-1010 [Da Ponte] essi si equivalgono COME SI SILLABANO LE PAROLE? La sillaba grammaticale non corrisponde a quella metrica. Quelle metriche sono più difficili da contare perché esistono figure metriche che riguardano solo il conteggio delle sillabe. Es: 2° verso del primo canto dell’Inferno di Dante: c’è un dodecasillabo (ci sono 13 sillabe). “Mi ritrovai in una selva oscura” (Dante, inferno I, 2). Sinalefe: figura metrica che fa sì che la vocale finale di un parola e la parola dopo che inizia per vocale, crei questo legame (es: selva oscura). Nel conteggio delle sillabe di un verso, sono unificate in una sola posizione la vocale finale d'una parola e quella iniziale della parola dopo. Il suo schema metrico, in cui si evidenzia la sinalefe, è il seguente: Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill 10 Sill 11 Mi Ri Tro Vai Per U na Sel Va O Scu Ra Mentre se si contassero solo le sillabe, quelle grammaticali sarebbero 12 mentre le sillabe metriche sono 11 come deve essere nell'endecasillabo piano (11 sillabe con accento sulla penultima). Quindi la sinalefe è data dall’incontro tra 2 vocali. ANALISI “DA 0 A 100” BABY K Le prime 2 strofe hanno una struttura metrica diversa: il primo verso è composto da 4 endecasillabi, con l’accento sull’ultima sillaba; 3 endecasillabi ritmati di forma A-A-A= cioè che indicano una rima uguale (NB: molte canzoni famose hanno un incipit in endecasillabo). Le rime si indicano sempre con una lettera. L’ultimo verso ha una strofa composta da 4 versi con 3 endecasillabi e un binario; nella seconda strofa ci sono settenari più un quinario (andale, andale). La struttura di questa canzone rispetta la metrica della poesia moderno-tradizionale. Noi studiamo la poesia moderna che non è più tradizionale, ma la canzone moderna è ancora poesia tradizionale. “Le tue calzette rosse” (Battisti): qui c’è un senario come in “Sapore di sale”; i poeti di fine 800 sentivano sempre una cantilena che si ripeteva, cioè un senario che comprimeva la libertà di un verso. Ma nella modernità troviamo finalmente un verso “liberato”. Non si vede più solo lo scheletro ma anche la carne. Abbiamo poi un endecasillabo che chiude con un monosillabo, non in forma piana. Cio’ che definisce un endecasillabo è l’ultimo accento tonico sulla decima sillaba (è l’accento che definisce il verso, e non il n° delle sillabe). Il primo verso di “Da 0 a 100” è una critica al digitale rivolta al ragazzo di Baby K che l’ha delusa, perchè è un po’ sballato e incapace di fare un vero viaggio; quindi lei se ne va quest’estate, prende e si butta nella vita in solitaria, andando in un luogo non ben definito che poi si scoprirà essere Maracaibo. “Andale” è un invito a lasciarsi andare, mentre “Portami” si riferisce a 2 opzioni: un ragazzo e al sentimento che la canzone stessa genera nel fruitore; quindi è un deittico: crea una difficoltà di comprensione, designa con evidenza e precisione; in particolare è riferito a un pronome o un aggettivo, sinonimo di dimostrativo. Con significato più ampio, in linguistica, elementi o fattori che servono a situare l’enunciato nello spazio e nel tempo e a precisare chi sia il soggetto parlante e quello ascoltante (es: portami giù). “Da 0 a 100” indica la velocità bruciante di un rapporto (es: colpo di fulmine). Nella 2° strofa si capisce che c’è un uomo nuovo con cui lei parte da 0 a 100. Nonostante lei sia in un posto straniero, si sente comunque a casa. Nel 3° ritornello si capisce che “sono un battito che ti prende” è un verso che ha una doppia visione: lei è andata ad un concerto col nuovo ragazzo che la tiene sulle spalle, oppure la canzone fa sì che la ragazza che è al concerto sia quella persona che sta sulle spalle. Canzoni come questa sono prodotti pensati moltissimo con tanto lavoro dietro. Esame: Qual è il verso che indica che il flirt estivo potrebbe essere qualcosa di serio? = “Sai che l’estate può durare anche per sempre”. “Sto a rota”= gergo romano, che qui indica andare al massimo. Pietro Paolo Parzanese C’era anche la poesia che pensava che le lotte risorgimentali fossero uno spreco di sangue. Parzanese era un autore che militava contro l’unità d’Italia e piaceva molto a Benedetto Croce, grande filosofo che riteneva, che nelle scuole fosse una schifezza che si studiassero poeti decadenti e malati come Pascoli; e che era molto meglio leggere Parzanese. Croce odiava Pascoli perché non sapeva stare al suo posto, la sua famiglia numerosa aveva la tenuta dei Torlonia; e un uomo che voleva la tenuta, uccise il padre di Pascoli. La poesia di Pascoli nasce legata alla nevrosi della perdita del padre e alla nevrosi della rimozione della sfera sessuale, ma non politica; infatti, Pascoli diventa un anarchico e un socialista (che non piace a Croce) e si ribella partecipando ai moti studenteschi. Lui perde tutti i suoi successi e si sente un escluso dalla società. Quindi, per Croce, Pascoli rimane un outsider che può minare le menti dei giovani. Questo è un suo componimento ottonario. Gli operai Fatichiam, fratelli. Quando noi nascemmo, Iddio ci disse: «Voi vivrete lavorando» e dal ciel ci benedisse. Pan bagnato di sudor 5 pure è dono del Signor. Quel ch’ei vuole, noi vogliamo; fatichiamo, fatichiamo. Nati poveri artigiani, fatichiamo; Iddio lo vuole. 10 Quando uscì dalle sue mani: =quando dio costruì il sole «Porta il giorno» ei disse al sole; ed il sole da quel dì la sua via ognor compì. =ogni giorno Quel ch’ei vuole, noi vogliamo; 15 fatichiamo, fatichiamo. Fatichiamo! Chi tradisce chi ci chiama alla rapina, =chi ci dice di impossessarsi dei nostri mezzi, alla rivolta chi c’infiamma e invelenisce al tumulto e alla rovina, 20 =ci spinge all’insurrezione e alla rovina promettendo un’altra età =si vuol cambiare i rapporti di produzione per un domani migliore senza stenti e povertà. ----> promessa del socialismo, cambiamento delle cose Dio ci fece quel che siamo; fatichiamo, fatichiamo. Fatichiam. Via gli archibusi, 25 =via i fucili via le daghe ed i coltelli; a trattare noi siam usi =noi siamo più capaci ad usare… pialle, mangani e martelli. Dio ci ha dato braccia e cor per la pace e pel lavor. 30 =perchè noi viviamo e lavoriamo in pace Quel ch’ei vuole, noi vogliamo; fatichiamo, fatichiamo. Fatichiam! Né sia chi dica =che nessuno dica che… che de’ ricchi siam gli schiavi; più di noi con la fatica 35 =i nostri padri e nonni furono grandi più di noi, grazie alla fatica furon grandi i padri e gli avi. ----> principio di non progresso Ozio reo, e nulla più, =il non far nulla è colpevole, sono schiavi quelli che stanno in ozio ci conduce a servitù. Dio ci fece quel che siamo; fatichiamo, fatichiamo. L’Italia nell’800 si vedeva ancora come nel Medioevo, le masse popolari erano ignoranti, non si parlava italiano ma ognuno parlava il proprio dialetto. Questa poesia parla del problema tra i nuovi mezzi di produzione e il proletariato; Parzanese quando si rivolge agli operai dice di non credere all’unità d’Italia, ma di rimanere ognuno nel suo. Enjambement: spezza il corso della cantilena perché pone una differenza tra una pausa metrica e una sintattica. Il lavoro è il primo segno della caduta dell’uomo e nasce sulla violazione del patto di fiducia tra il Creatore e il creato. La religione e l'ideologia conservatrice vanno a braccetto. Questa è una poesia ideologica, antisocialista e anti repubblicana, si esprime in nome di un conservatorismo sociale assoluto. 10.10.2022 - “Giuramento di Pontida” (continuo) La sua parte a ciascun fu divisa. Forza Italia! Tu, Germania, intanto pianta, pianta chiodi sul faccione; prima dieci, poi cinquanta, venti ancora, e poi un milione. Pianta pianta, pianta chiodi Sul testone e il pettoral; Godi e pianta, pianta – e godi – Su quel c...orpo kolossal. Su Germania pianta e inchioda La tua gloria brigantesca; =il tuo essere dei gloriosi briganti Le farem poi noi la coda, =faremo la coda alla statua (dell’aquila) Kolossal se non t’incresca.=se non ti dispiace Le farem, invece d’ale, Mastodontico un codon Che ci aiuti senza scale A montarle sul groppon Ed i chiodi pure noi Pianteremo su quel muso; Certi chiodi – non v’annoi =non vi dispiaccia – Di cui ben sappiamo l’uso. E li andremo a fabbricare Nel Trentino e ancor più su; =un po’ più a nord (confini non ancora conquistati) In faremo in riva al mare A Trieste e ben più giù. Forza Italia! I chiodi adopra =adopera A inchiodar l’imperator I ribaldi per cui opra = e i ribaldi (criminali) Da per tutto oggi si muore. =i criminali grazie a cui dappertutto oggi si muore Picchia e pianta. Per ognuno De’ tuoi morti un chiodo qua Sul faccion di sangue bruno =colore della statue Qua un chiodo e un altro là “Pianta un chiodo per ognuno dei santi che sono stati impiccati, e ognuno dei tanti che sono stati messi in galera perchè facevano propaganda irredentista e un chiodo ci sia per gli innocenti morti in fondo al mare nelle guerre per ognuna delle gocce piante dagli occhi delle mamme. per ognuno dei martiri nel Belgio devastato (primo stato vittima della 1°guerra mondiale) fino al suolo sacrato della cattedrale di Reims.” Nel 1915 i settenari satirici di Zacchetti persero gran parte dello smalto che avrebbero avuto in altre epoche, smarrendo la vigorosa indole di Heine, un poeta molto letto, tradotto e imitato in Italia nel corso del XIX sec., ma poco in linea con le passioni delle giovani generazioni del 1914. E infatti, negli anni della 1° guerra mondiale, dopo l’inquietante vampata di novità e rottura operata dalle avanguardie storiche, Heine, rispetto a Baudelaire, Mallarmé e Rimbaud, perde terreno. Attorno al 1880 i poeti più amati e letti dai giovani europei sono Heine e Baudelaire. Attorno al 1914 il francese avrà staccato il tedesco di diverse lunghezze. In ogni caso, negli anni 10 un certo tipo di poesia politica o celebrativa non può che apparire vuota e datata. Nel 1919 si continuava a fare poesia secondo stili tradizionali sempre più fiacchi. E sempre nel 1919 un mediocre poeta romano come Fausto Salvadori (1870-1929), coetaneo di Zacchetti, e destinato allo stesso oblio, canta; Nostra speranza e nostra forza, Italia, Che all’antenna confidi il tricolore E alla stiva la buona mercanzia Noi per te un sogno custodimmo in cuore... Si inizia a capire che la guerra non è più quella che scriveva Mameli. Il sogno in questa Italia di gonfaloni e magazzini pieni di merci di cui si legge nelle Canzoni Civili 1910 di Salvatori è poca cosa agli occhi dei giovani. Le forme del sogno della letteratura potranno anche luccicare come in una pagina di D’Annunzio, o roboare quanto la musica di Giacomo Puccini (1858-1924), ma nel primo dopoguerra quelle stesse forme, alle persone suonano vuote, proprio come vuoti sono i versi dell'inno a Roma. Fausto Salvadori nato nel 1870 è ancora un poeta tradizionalista a differenza di Marinetti (creatore del manifesto del futurismo, nato nel 1877). Guerra e modernità vanno di pari passo, dopo la guerra non si poteva più scrivere di cose futili, il tempo del Risorgimento era finito e gli argomenti dovevano essere diversi. Salvatori scrive una poesia per celebrare la vittoria della guerra 1915-1918, intitolata INNO A ROMA, in seguito musicata da Puccini. TESTO Roma divina, a te sul Campidoglio, dove eterno verdeggia il sacro alloro, a te, nostra fortezza e nostro orgoglio, ascende il coro. Salve Dea Roma! Ti sfavilla in fronte il Sol che nasce sulla nuova storia; fulgida in arme, all’ultimo orizzonte =splendente in arme sta la Vittoria. Sole che sorgi libero e giocondo sul colle nostro i tuoi cavalli doma; =cavallo e sole, riferiti ad Apollo tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma, maggior di Roma! Per tutto il cielo è un volo di bandiere =ovunque si svetta una grande festa e la pace del mondo oggi è latina: il tricolore svetta sul cantiere, su l’officina. =lavoro Madre che doni ai popoli la legge eterna e pura come il sol che nasce, benedici l’aratro antico e il gregge =la forza dell’agricoltura e della pastorizia, basi della civiltà folto che pasce! Sole che sorgi libero e giocondo sul colle nostro i tuoi cavalli doma; tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma, maggior di Roma! Benedici il riposo e la fatica =Sole, benedici che si rinnova per virtù d’amore, la giovinezza florida e l’antica età che muore. Madre di uomini e di lanosi armenti, =di animali con pelo che serve per fare la lana d’opere schiette e di pensose scuole, =di opere fatte col braccio e scuole di pensiero (mente tornano alle tue case i reggimenti e sorge il sole. Sole che sorgi libero e giocondo sul colle nostro i tuoi cavalli doma; tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di Roma, maggior di Roma! Puccini crea una melodia sinfonica ma lo scheletro rimane sempre vuoto, è solo una pura celebrazione di Roma. La vittoria nella 1° Guerra Mondiale fu una vittoria pagata a caro prezzo e, secondo alcuni, mutilata. Per questo stonano, inani, la pomposa retorica delle strofe di 4 versi di Salvadori. – 3 endecasillabi e un quinario – lo stesso metro de “Le vendette della luna” di Carducci e di tante altre; allo stesso modo stona una musica che, nel 1911 un musicista legato al Futurismo, Balilla Pratella (1880- 1955) denunciava commerciale e superata: “I grandi editori mercanti imperano; assegnano limiti commerciali alle forme melodrammatiche, proclamando, quali modelli da non doversi superare ed insuperabili, le opere basse, rachitiche e volgari di Puccini”. Possiamo dire che le forme rimangono immutate usando decasillabo, ottonario, senario o un parisillabo settenario o un endecasillabo che mischia il quinario. Questo sistema andò in crisi quando con Baudelaire nasce il poema in prosa. Negli anni della 1° guerra, in Francia, Baudelaire inizia a scrivere le prime poesie. BAUDELAIRE Nel frattempo Baudelaire aveva un nuovo amore di nome Madame Sabatier, una delle donne più intelligenti di Parigi, una delle poche donne in grado di capire la poesia di Baudelaire. Lui le dedicò una poesia d’amore intitolata “A colei che è troppo gaia” , nella quale descrive la sua bellezza sorridente; è come se l’io del poeta, dopo aver distrutto un fiore, notasse un nuovo passaggio tra la donna e il fiore, quindi lui vuole usare la stessa violenza fatta sul fiore, anche sulla sua amata. L’immagine più sconvolgente di questa poesia è che l’amore naturale non basta, qui viene mostrata la psicopatia, lui vuole creare una nuova ferita e dunque le labbra si riferiscono a quelle vaginali attraverso cui passa la poesia ma anche il “veleno” (riferito alla sifilide). La parola “sorella” si riferisce ad una vicinanza vera e amica. Con questa poesia vuol spiegare che la bellezza non ci esalta sempre, anzi, a volte ci umilia; in più, si tratta di una poesia “liberata” da ogni fine ideologico, nella quale andava compresa la moralità. Nel 1857 “I fiori del male” viene condannato per oscenità e Baudelaire viene messo in carcere; qui Baudelaire conoscerà Flaubert, incarcerato a causa di “Madame Bovary”. Tra il 1855 e il 1856 la vita di Baudelaire peggiora sempre di più e quando escono le prime poesie de “I fiori del male”, i giornalisti si scatenano parlando di sangue e violenza. Insieme all’uscita de “I fiori del male” coincide anche la morte del patrigno, infatti per lui quello fu un bel periodo. Il 25 giugno 1857 escono “I fiori del male” e già il 5 luglio inizia la campagna stampa contro di lui, infatti il libro era considerato troppo pornografico. 12.10.2022 La forza incredibile di Baudelaire a scuola, era la capacità di comporre i versi in latino, una grande capacità al tempo perché era la base di tutto, ossia la formazione classica. Cio’ ha portato Baudelaire ad avere un’incredibile sensibilità per il verso e ciò che colpiva era che i versi con contenuti forti, fossero scritti in versi classici (argomenti che la poesia non aveva mai visto, se non declinata in chiave comico-realistica). Dunque l’attacco a Baudelaire di aver portato oscenità nella lirica era un’accusa che non reggeva perché anche Dante in passato fece lo stesso. Infatti, nel processo a “I fiori del male”, viene tirato fuori il paragone dantesco, cioè viene mostrato un inferno contemporaneo dell’uomo moderno e senza valori. I giornali iniziano a prendersela con alcune poesie (soprattutto poesie a carattere sessuale e religioso, es: lesbos; rinnegamento di S.Pietro: tradimento di san Pietro, in cui Baudelaire dà ragione al santo=blasfemia); il processo arriva anche in Italia e ne parla il corriere franco- italiano che esprime un giudizio negativo e dispregiativo nei confronti di Baudelaire. Baudelaire inizia a scrivere delle memorie anche per il suo avvocato, il 20 agosto si tiene il processo e il procuratore riesce ad ottenere l’idea che vada punito per dare un avvertimento: accusa di pornografia e realismo grossolano (realismo visto come scuola immorale perchè si oppone all’idealismo romantico) quindi non è solo un capo di accusa ma anche nuovo tipo di arte che stava nascendo, offensivo del pudore; la nascita della fotografia coincise con la nascita dell’immagine porno, quindi il realismo della modernità immorale è quello della fotografia di nudo. Quindi si immaginava una poesia che elevasse gli animi. A 36 anni Baudelaire è un uomo finito, viene considerato uno che tenta di stupire ma che non ha nulla da dire, quindi un personaggio di serie B, in più si prostrava alle mezze tacche che lo consideravano una mezza tacca (es: Sainte Beuve, detto lo “zio boh”). Baudelaire si sforza di appartenere alla scuola parnassiana (appassionati del progresso e del mondo pagano), perché unici suoi alleati, non i romantici. Nel 1858 il libro viene ritirato, la sua carriera di poeta finisce, quindi spinge di più sul poema in prosa (prosa che passa dall’anima per l’anima): a dimostrazione che la poesia può passare attraverso anche forme non metriche (contenuti comunque disturbanti e a volte censurati, es: “la zuppa”). Baudelaire entra poi nella fase più amara della sua vita fino ai 45 anni. Dopo il processo si ricicla come critico, traduttore degli scritti teorici di Poe, spera di ricongiungersi con la madre e continua a cercare soldi da altri; staccatosi da Jeanne Duval, si stabilisce in un appartamento vicino alla madre, con la quale ha un rapporto profondo e si dispiace di averla delusa, tuttavia deve ritornare a Parigi, prende casa per curare Jeanne Duval, ma viene ingannato facendo credere che l’amante della creola, ospite in casa, sia il fratello. Gli vendono di nascosto i suoi averi, ha un’insonnia continua, è dipendente da alcol e farmaci, la sifilide non gli da più tregua, ma nel frattempo riesce a pubblicare alcuni saggi, tra cui uno su “Balzac”, considerato il primo scrittore realista della storia, è un visionario e ha la veggenza, capace di percepire l’analogia universale. Su Gautier, invece, parla dell’uso della lingua come una stregoneria evocatoria, usata in modo chirurgico, arrivando a dire ciò che bisogna dire. Poi, scopre Wagner, molto amato anche da Carducci (il poeta deve anche essere un critico ed un intellettuale). Il 15 Agosto 1860, conosce Giuseppe Ferrari, protagonista del Risorgimento e ministro del nostro primo parlamento, divenuto suo amico poi; Baudelaire volle scrivere un saggio su di lui. Nel 1861 si separa da Jeanne e a Febbraio riesce a ripubblicare i “fiori del male” levando le poesie censurate e aggiungendone altre (2° edizione); in Italia il primo a leggerle fu Emilio Praga (1839) e riporterà i temi nel panorama italiano (es: delusione) -> congeniale all’Italia, unita ma non ancora Repubblica. La sezione de i “fiori del male” chiamata “spleen et idéal", ha una tematica che interessa ai giovani (il contatto con il reale ci porta al tedio, all’accidia, ovvero lo spleen, perchè l’ideale è qualcosa di non realistico= senso di vuoto, di noia, di frustrazione, bisognerebbe non avere nè uno nè l’altro). Lo spleen di Baudelaire è il colpo di stato di Napoleone (quello dell’Italia è l’unità): il pessimismo di Baudelaire veniva visto dalla società come qualcosa di mirato a stravolgere l’equilibrio dello stato. Nel 1861 Baudelaire è disperato e ha un’idea folle: muore uno dell’accademia di Francia e propone la sua candidatura; ogni persona dell’accademia rifiuta Baudelaire, egli detesta tutti e scrive delle pagine feroci contro di loro. Pubblica i primi 20 poemi in prosa (1861-62): accolti meglio dei fiori del male, più moderni; invece ciò che disturbava era vedere temi così moderni trattati con versi antichi. Nel 1863 non c’è più spazio per lui in Francia, dopo molti traslochi per scappare dai creditori, si trasferisce in Belgio, per fare conferenze sull’arte moderna. A Bruxelles, alloggia al Grand Hotel ma poi dovrà andarsene perchè ha pochi soldi; la sua conferenza dedicata a Delacroix è vuota, quindi niente soldi, pubblico e ingaggio= fallimento totale. Anche altre conferenze restano vuote, vengono annullate e gli chiedono pure i danni. Scrive ancora una poesia “Il mostro”; e il suo editore, Pollè Malassy, gli pubblica ancora questi “Relitti” (raccolte di cui fa parte “il mostro”). Tuttavia, Baudelaire non è più capace di fare un libro intero. La sua ultima opera è satirica e contro il Belgio: “povero Belgio” /“ il Belgio spogliato” / “la capitale delle scimmie”. La salute in Belgio peggiora, riesce a tornare una volta a Parigi dove incontra un suo amico dove passa un’ultima notte terribile. Rientra in Belgio, ma prima compra un giornale e vede un articolo scritto da Jules Janin, uno dei più grandi critici dell’epoca, che andava nel suo stesso liceo. Egli è ricchissimo ed è il critico più pagato di Francia e non considera Baudelaire neanche un poeta; Baudelaire dice che le sue idee fanno schifo, non hanno senso ed esprime la sua vicinanza ai poeti pessimisti. (Solo gli stupidi possono continuare ad essere ottimisti). È insieme al suo editore e al suo disegnatore quando viene colpito da un ictus e fino al 31 agosto del 1867 rimane paralizzato, senza parlare; raramente riesce ad emettere delle parole, la madre gli è accanto, lui rimane sempre lucido e riesce a dire una parola: sacré nom de dieu-> visione tra il santo e il diavolo di Baudelaire (cristo santo!). Ma può essere vista anche come una bestemmia. 24.10.2022 “Album di poesie”= poesie scritte messe in fila uno all’altra (es: album di foto). “Libro di poesie” (Baudelaire)= poesie in sequenza che raccontano una storia, con un inizio e una fine, e di natura allegorica (allegoria della nascita del capitalismo e della rivoluzione industriale). Baudelaire però è scettico di fronte al progresso, ma era anche sfiduciato dalla politica. Quindi uno scetticismo che non porta mai ad un reale miglioramento. I FIORI DEL MALE - “AL LETTORE” (PAG. 72-73) La stoltezza, l’errore, il peccato, l’avarizia= 4 mostri allegorici occupano gli spiriti tormentando i corpi= (spiriti degli uomini) e noi alimentiamo gli amabili rimorsi,= “amabili” è ironico come i mendicanti nutrono i loro insetti. =inconsciamente li abbiamo addosso Caparbi i peccati, fiacchi i pentimenti;= cocciuti i peccati ci pagano lautamente le nostre confessioni,=”ci”: riferito a poeti e giornalisti e sul sentiero di fango ritorniamo lieti, credendo che vili lacrime lavino ogni colpa.= ogni “nostra” colpa Sul guanciale del male Satana Trismegisto-> 3 volte maestro culla a lungo lo spirito incantato, =Satana è come se ci cullasse come bambini e il ricco metallo della nostra volontà è svaporato da quel sapiente chimico.= alchimista che ci incanta Tiene il Diavolo i fili che ci muovono! Scopriamo un fascino nelle cose ripugnanti; ogni giorno d’un passo, nel fetore delle tenebre, scendiamo verso l’Inferno, senza orrore.= collasso di tutto, senza orrore Come un misero vizioso che bacia e morde= come il poveraccio… il martoriato seno d’una vecchia puttana,= seno stigmatizzato, segnato dagli allattamenti noi rubiamo in fretta un piacere furtivo spremendolo con forza come una vecchia arancia. Come un milione di elminti, stipato, brulicante,=vermi brulicanti un popolo di Demoni fa bagordi nei cervelli,=fa banchetti; demoni (avarizia, ecc.) e con il respiro scende nei polmoni, fiume invisibile, la Morte, con lamenti sordi. e, per saziare la mia bestia favorita, =lo butterò ai miei cani che se lo mangino lo getterò per terra con disprezzo!». Sereno il poeta alza le braccia al Cielo, =questa è la volontà dove il suo occhio vede un trono splendido e i vasti lampi del suo spirito lucido =i lampi della sua intelligenza gli celano la vista di popoli furiosi: =non gli fanno vedere che i popoli si stanno uccidendo «Benedetto Dio, che doni sofferenza =benedice Dio per la sofferenza che gli ha dato come divino rimedio alle nostre impurità =più grandi sono i dolori e come migliore e più pura essenza, =più sarà grande per disporre i forti alle sante voluttà! =il piacere della santità Lo so che al poeta tu conservi un posto tra le schiere beate delle legioni sante, e che lo inviti a quella festa eterna di Troni, Virtù e Dominazioni. Lo so che il dolore è la sola nobiltà che mai terra ο inferno morderanno, e che occorrono tutti i tempi e gli universi per intrecciare la mia mistica corona. =corona del poeta Ma non basteranno le perdute gioie =non basteranno tutti i gioielli della terra dell’antica Palmira, i metalli ignoti, le perle del mare dalla tua mano incastonati per quel bel diadema chiaro e sfolgorante; perché sarà fatto di sola luce pura, =perché sarà fatta della luce primigenia dell’universo attinta al fuoco santo dei raggi primitivi, e al confronto occhi mortali di massimo splendore =tutti gli altri poeti, saranno specchi non sono altro che piangenti e oscuri specchi!». =che risplendono di luce mistica - L’ALBATRO Spesso, per divertirsi, i marinai catturano albatri, grandi uccelli di mare, che seguono, indolenti compagni di viaggio, la nave che scivola sugli abissi amari. Appena deposti sulla tolda, =sul ponte della nave questi re dell’azzurro, vergognosi e timidi, se ne stanno tristi con le grandi ali bianche penzoloni come remi ai loro fianchi. Com’è buffo e docile l’alato viaggiatore! Poco prima così bello, com’è comico e brutto! Uno gli stuzzica il becco con la pipa, un altro, zoppicando, scimmiotta l’infermo che volava! Il poeta è come quel principe delle nuvole, che sfida la tempesta e ride dell’arciere; ma, in esilio sulla terra, tra gli scherni, con le sue ali di gigante non riesce a camminare. =ali, cioè le doti del poeta NB: anche qui l’umanità è crudele e la corona di luce è declinata nell’albatros. - CORRISPONDENZE La Natura è un tempio in cui pilastri vivi= i pilastri vivi (alberi emettono un suono come se la natura parlasse)/ o un uomo entra nel tempio e dai pilastri sente dei sussurri a volte emettono confuse parole; l’uomo, osservato da occhi familiari, tra foreste di simboli s’avanza. Come lunghi echi che di lontano si confondono in una unità profonda e tenebrosa, vasta come la notte e come la luce, i profumi, i colori ed i suoni si rispondono. =avvengono le corrispondenze Esistono profumi freschi come carni di bambino, dolci come oboi, verdi come prati, - ed altri corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno l’espansione delle infinite cose, come l’ambra, il muschio, l’incenso e il benzoino =benzoino: resina e cantano l’estasi dello spirito e dei sensi. Questa poesia è fondatrice del “simbolismo”. Ciò che colpì era “l’esistenza di profumi freschi”, cioè l’olfatto che va verso il tatto, poi il gusto, poi verso il suono, e addirittura “profumi che hanno un colore” quindi vanno verso l’occhio. Perciò i nostri sensi si corrispondono tra loro in una profonda e oscura unità (ciò che ci è ignoto), e possono darci un senso di infinito. L’infinito è l’immagine del sublime e della divinità matematica. - I FARI Rubens, che fiume d’oblio, giardino d’indolenza, =di pigrizia cuscino di carne fresca su cui non si può amare, ma dove fluisce la vita fremente senza posa, come l’aria nel cielo e il mare nel mare! Leonardo da Vinci, che profondo e cupo specchio dove angeli incantevoli, dal dolce sorriso denso di mistero, appaiono all’ombra di pini e ghiacciai che chiudono il paese! =che chiudono la loro dimora Rembrandt, che triste ospedale pieno di mormorii, e ornato solamente da un grande crocifisso, dove tra singulti e orrori s’eleva una preghiera nel raggio invernale che brusco l’attraversa; Michelangelo, che luogo indefinibile tra Ercoli mischiati a Cristi e fantasmi dritti e possenti con le dita tese che si stracciano il sudario nel tramonto! Puget, che fior fiore di canaglie hai messo insieme tra pugili dai nervi tesi e fauni sfacciati, tu, malinconico imperatore di forzati, debole e giallo, gran cuore orgoglioso! Watteau, che carnevale di tanti cuori illustri, in fiamme come farfalle volteggianti, scene fresche e frivole di lampadari accesi come fascio di follia sul vortice del ballo! Goya, che incubo pieno di mistero, tra feti bruciati nel bel mezzo dei sabba, vecchie che si specchiano e fanciulle tutte nude che si rassettano le calze per tentare il diavolo! Delacroix, che lago di sangue battuto da angeli perversi all’ombra d’un bosco d’abeti sempreverde, dove fanfare strane sotto un cielo triste passano come sospiro soffocato di Weber! Quante maledizioni, bestemmie e lamenti!, Quante grida, estasi, pianti e quanti Te Deum! Che eco ripetuta da mille labirinti! È oppio divino per il cuore mortale! Grido rilanciato da mille sentinelle! Ordine ritrasmesso da mille portavoci!; Faro acceso su mille cittadelle! Richiamo di cacciatori persi dentro un bosco! È certo, Dio, l’indice migliore che possiamo offrirti della nostra dignità, IL CATTIVO FRATE (o il cattivo cenobita) → mostra lo stesso tema de “la maschera” per cui la vita continua solo se si ha un motivo per farla continuare. Qui vediamo come noi fossimo l’esotismo di Baudelaire, cioè come lui che scappa dall’oriente e ritrova il suo vero esotismo. Questa poesia è Pisa: i muri affrescati degli antichi monasteri mostravano le sante verità del signore (i muri venivano affrescati con pitture che mostravano episodi della vita di Cristo). Lui si sente quindi, come un cattivo frate. Si era scelto come studio di artista, un cimitero → siamo nel Medioevo → un frate non sceglieva uno studio di artista ma affrescava i cimiteri con immagini che celebravano la morte in purità di cuore, ossia non c’è nessuna angoscia nelle pitture del 300 che rappresentano la morte e il suo trionfo. L’artista vive come un cenobita → colui che fa una vita comunitaria insieme agli altri → sogno di Baudelaire, cioè tornare a essere come i frati anonimi che dipingevano la vita e la morte sui muri dei cimiteri; Baudelaire dice che la sua anima è una tomba murata senza affreschi da cui cerca di trovare un’uscita anche se non c’è. “Io frate vivo, non riuscirò mai a fare un’opera”. Al posto di un frate ignavo c’era il nome di un artista pisano (deriva da una riflessione sul cimitero ebraico in Piazza dei Miracoli dove i cimiteri erano ornati di affreschi). L’iconografia per Baudelaire era molto importante, era ossessionato dall’immagine. LA BELLEZZA (XVII) → la bellezza prende voce e si comporta come fosse un personaggio (il massimo dell’evanescenza + il massimo della concretezza). Il poeta rimane ammutolito e pietrificato per l’eternità di fronte alla bellezza che cercherà di realizzare. La bellezza si identifica nella sfinge (essere sovrumano superiore) → la bellezza sta su un altro piano. La bellezza è eterna e odia il movimento perché crea forme scomposte mentre essa si identifica nella compostezza, non piange e non ride mai (figura maestosa e superiore rispetto al poeta). La bellezza ha occhi che fanno più belle le cose, cioè ipnotizza gli altri. GIOSUE’ CARDUCCI E’ del 1835 e sarà uno dei primi autori italiani a leggere Baudelaire. E’ figlio di un medico carbonaio e fin da giovane introietta le idee del Risorgimento (es: unità nazionale). Cresce in un ambiente anti-clericale, è vicino al libero pensiero, allo spirito carbonaro (cospiratore) e alla Massoneria. E’ portato per gli studi classici e crea una società con degli amici chiamata “amici pedanti”; pedantezza= essere puntigliosi, precisi e fare cose noiose. Gli amici pedanti amano il classico e criticano il romanzo. Carducci apprezzava il tema patriottico di Berchet ma meno le parti “cantate”. Carducci vede il Medioevo come un’epoca di oscurantismo causata dalla chiesa; mentre si appassiona alle epoche classiche e pagane. Carducci vedeva i benefici della modernità e iniziò a criticare i preti (es. quando dicevano che la donna è diabolica perché tenta l’uomo). Quindi, Carducci è nemico del romanticismo cristiano. Es: Chateaubriand, che interpreta il romanticismo francese, in Italia viene interpretato da Manzoni. Carducci, a 22 anni, diventa professore di letteratura italiana a San Miniato, pubblica il suo primo libro “Le rime di San Miniato”, inizia ad essere amato dagli studenti perché si libera dell’antico (non ama “I promessi sposi”), ma si fa nemico l’establishment perché non rispettava gli ideali della chiesa. Carducci rifiuta Manzoni e l’idealismo manzoniano perché è imbevuto di cattolicesimo; e dunque, mette in evidenza il laicismo, il mondo pagano e la classicità, per ragioni estetiche e politiche. 26.10.2022 Baudelaire è un rivoluzionario, che segue un movimento che porta alla nascita del Comunismo; rapporto di conoscenza con Marx a Parigi (capitale più libera dell’Europa). Carducci invece, rispetto a Baudelaire, vive in una situazione di continuità con i valori della propria famiglia; Giosuè è il primogenito ed ha un’infanzia tranquilla; il momento mitico di crescita è nella maremma pisana, quindi una gioventù lontana dalla città, in un posto pieno della forza della natura. Negli anni 50-60, dopo il fascismo, si vede la sproporzione dei giudizi nei confronti di Baudelaire e Carducci. La sua è una gioventù piena di letture, più che di esperienze, e questo porta il padre a lamentarsi riguardo i valori risorgimentali. Carducci non ebbe un’istruzione sistematica, fu guidato dal padre e da un prete che gli insegnò il latino, già a 10 anni tradusse le “Metamorfosi di Ovidio” e sapeva leggerne i versi in metrica. Legge “L’Inferno” di Dante ma non lo capisce; ama molto le poesie di Giuseppe Giusti, che tratta i temi del Risorgimento, e lega la nascita della poesia con la nascita del sentimento e del Risorgimento. Nel 1848, a 12 anni, finisce questa vita spensierata, interrotta nella notte tra il 22 e il 23 maggio, quando la casa dove viveva con i genitori viene presa di mira dalle fucilate, perché il padre influenzava i contadini con le idee rivoluzionarie. Costretti a lasciare la casa, da Bolgheri si trasferiscono a Castagneto e nel ‘49 entra in una scuola tenuta dai padri scolopi (diventerà però anticlericale ma ricorderà in modo positivo questa esperienza). A scuola, un suo professore manzoniano gli farà amare anche i classici, come Orazio. Un suo compagno di scuola fu Enrico Nencioni, futuro letterato di letteratura inglese; con lui e altri amici Carducci fonda l’accademia dei “Filomusi” (amici della musa). Nel ‘52, si cimenta in nuovi discorsi, ha una forte retorica civile (capacità di parlare al pubblico), incarna la funzione di poeta che poi viene messa in crisi da Baudelaire, ovvero il poeta come portavoce di istanze sociali e lottatore per delle cause. Baudelaire invece, mette in crisi le logiche della politica. Carducci fonda poi insieme a Giuseppe Chiarini un’altra associazione letteraria, gli “amici pedanti”. Lavora per Barbera e con tanti libri curati, poi chiede di poter avere una propria rivista per portare avanti le sue idee. Nel ‘59 le guerre risorgimentali, i tumulti e le insurrezioni sono sempre oggetto della sua poesia; infatti, scrive una lirica a Garibaldi, poesie dedicate agli austriaci in Piemonte, ecc… Questi sono anni di forte militanza sul piano poetico, ma non va a combattere. All’inizio dell’unificazione, quando la Toscana viene annessa al Piemonte, viene distribuita una sua canzone, dedicata a Vittorio Emanuele, tra la folla. Nel ‘59 sente l’ostilità verso la Francia e matura un forte odio per Napoleone III (altro tratto in comune con Baudelaire). Carducci, con l’arrivo della monarchia dei Savoia, la accetta e ciò viene visto come uno dei suoi più grandi tradimenti, perché molti si aspettavano una sua adesione al socialismo, visto le sue idee. L’unità d'Italia gli permette un grande passo avanti: Roma nasce su una speculazione enorme, quando diventa capitale, diventa un magnete di opportunità che porta via le persone da altre parti d’Italia. Viene chiamato ad insegnare all’Università di Bologna senza concorso e giovanissimo; Bologna lo impressiona e la ama, essendo seria e senza lusso, perciò vivibile. Carducci si crea la figura di poeta-professore; studia e conosce bene la letteratura francese, soprattutto Sainte-Beuve (amico di Baudelaire) e legge i filosofi francesi della rivoluzione, es: Voltaire, Michel (le streghe) e Filmen ecc… Negli anni 60 continua a studiare il Medioevo e il Rinascimento, viste da lui come epoche ancora vive. Il pensiero che la Chiesa ha portato solo male, unito alle letture de “le streghe” porta ad una riflessione che gli fa notare come la Chiesa abbia la mania di potere e che fosse sempre pronta a bollare tutto con il nome di Satana (ipocrisia). I piaceri della vita sono sempre messi sotto il nome di Satana. 1863: l’Italia è unita tranne Roma e l’attacco viene indirizzato verso la Chiesa, da qui nasce provocatoriamente l’inno a Satana, durante un brindisi (visto da lui come un lavoro istituzionale). INNO A SATANA Le prime 5 strofe sono una lunga invocazione a Satana, con un’apostrofe che si apre al v. 1 (A te) e viene arricchita da molti attributi per finire ai vv. 19-20, dove viene chiarito a chi si stia rivolgendo il poeta (Te invoco, o Satana,/Re del convito). Satana viene presentato come una figura positiva, accostato al banchetto, a un’atmosfera di allegria, di ebbrezza, di passione, e risulta l'origine di ogni cosa, ruolo tradizionalmente affidato a Dio: inizia il rovesciamento rivoluzionario proposto da Carducci. Dalla 6° strofa il poeta dipinge uno scenario apocalittico che segna la sconfitta della religione cristiana, con la caduta degli angeli e la ruggine che ricopre le spade degli arcangeli (la ruggine/Rode a Michele/Il brando mistico,/Ed il fedele/Spennato arcangelo/Cade nel vano). Dalla 10° strofa Carducci chiarisce cosa rappresenti Satana: è il mondo della natura, dei fenomeni e delle forme visibili. Perciò, Satana è in tutte le percezioni dei sensi, nelle donne e nel vino, che portano gioia. Da lui viene anche l’ispirazione artistica. Il poeta sottolinea come la violenza cristiana abbia provato a distruggere tutto ciò che Satana rappresenta, compresa la libertà di pensiero. Lo dimostrano dei pensatori che sono stati scomunicati e combattuti per aver pensato con la propria testa e usato la ragione (Wycliffe e Huss, Martin Lutero). Infine, il poeta celebra il fatto che nel presente Satana ha vinto la battaglia: Materia, inalzati:/Satana ha vinto./Un bello e orribile/Mostro si sferra […]. La locomotiva è Satana che riprende il controllo del mondo attraversando tutte le terre ed è un prodotto della ragione. La poesia è un inno e si svolge in 50 quartine di versi quinari. Lo schema delle rime è ABCB. Le strofe brevi rendono il ritmo rapido e incalzante. La stesura della poesia infatti fu ispirata dall’occasione di un brindisi al banchetto di un amico del poeta. Carducci stesso, afferma di averla composta in una notte, di getto. Inno a Satana è un’opera giovanile, come dimostrano i toni polemici e appassionati, l’anticlericalismo e il razionalismo estremi. Carducci vuole essere provocatorio nei confronti dei borghesi e della loro mentalità, guidata dalla Chiesa. All’ipocrisia, al moralismo, alla chiusura mentale, alla fede cieca e all’immobilismo egli contrappone l’onestà, il libero pensiero, la luce della ragione, il progresso e la gioia di vivere, simboleggiati da Satana. La scelta del simbolo deriva dalla celebre frase “Vade retro, Satana” della liturgia religiosa: con questa affermazione i preti respingono tutto ciò che Carducci vuole descrivere. Tutto ciò che i reazionari, a fianco della Chiesa, considerano opera di Satana e quindi negativo, Carducci lo rovescia in positivo. Satana è la materia, Dio è lo spirito. Satana è la modernità, Dio è il passato. Simbolo della modernità e della materia è la locomotiva, un prodotto del progresso scientifico, personificata nelle ultime strofe. è benevolo: ecco per te Eloisa [ossia la tentazione che coglie chi ha scelto una vita monastica, con riferimento alla tragica vicenda di Abelardo ed Eloisa]. Invano [anima dell'uomo di fede cristiana] vieni traviata indossando la tonaca ruvida [come quella di Abelardo]: egli, Satana, è come se mormorasse le poesie di Publio Virgilio Marone e Quinto Orazio Flacco mentre vengono recitati i salmi di David e i lamenti penitenziali [momenti della liturgia nei conventi]; e dà voce alle forme di una bellezza classica [delfiche, ovvero della bellezza rappresentata dal dio Apollo]. Tra le orride vesti nere dei monaci conduci le figure femminili di Licoride [celebrata Virgilio] e Glicera [celebrata da Orazio]. Ma di altre immagini, risalenti all'antica Roma, è come se si popolasse la cella dove il monaco passa le ore insonni. Satana, attraverso le pagine di Tito Livio, fa rivivere esempi di grandezza romana [tribuni, consoli] che lasciano una profonda impressione nell'anima; e animato di orgoglio per la storia dell'Italia spinge te, o monaco [Arnaldo da Brescia, riformatore politico-religioso, morto sul rogo nel 1155], sul campidoglio [a voler introdurre le libertà civili]. E voi, che non siete stati fermati dal rogo rabbioso, [voi] voci che rivelano il destino, [John] Wicleff [ossia Wycliffe, riformatore inglese del XIV sec. sostenitore di un ritorno della Chiesa alla purezza delle origini] e [Jan] Husse [riformatore boemo, seguace di Wycliffe, condannò la corruzione degli ecclesiastici], diffondete nell'aria il vostro messaggio profetico: l'età è matura, è prossimo l'avvento di un'era nuova. E già tremano mitre [simboli del potere ecclesiastico] e corone [simboli del potere monarchico]: dall'interno della chiesa brontola la ribellione, combatte e predica sotto l'abito monacale del frate Savonarola. Martin Lutero si è liberato dalla tonaca [ribellandosi ai vecchi dogmi]; similmente, pensiero degli uomini, liberati dei tuoi vincoli [ignoranza, superstizione] e splendi e luccica circondato dalle fiamme [dell'inferno, che viene minacciato per i peccatori]; coscienza della propria essenza materiale, elevati sopra ogni altra questione; Satana ha vinto. Simile ad un mostro bello e orribile si lancia con violenza, corre da un oceano all'altro e per la terra: fiammeggiante e fumoso come i vulcani, supera le asperità del terreno, attraversa veloce le pianure; scavalca i dirupi grazie ai ponti; poi scompare entrando in galleria, attraversando in profondità le montagne; e da lì fuoriesce; senza indugi il fischio del treno a vapore viaggia di costa in costa e ricorda i suoni di una tempesta, come un turbine il suono si riverbera nell'ambiente circostante: questo annuncia alle genti il passaggio del treno, simbolo della grandezza del progresso, impersonificata con Satana. ‘A Satana’ v.73—> ‘ciprie spume’=acque del Cipro Il nazareno=Gesù, il cristiano furore Agape= la messa Cosa importa se hanno distrutto i templi SATANA, profugo nelle terre antiche Plebe memore= religiosità pagana | Sacrificati per spargere sangue sulle terre per renderle più fertili= Dio Pan (sensi sfrenati) Strega= guaritrice e soccorritrice dell’egra (malata e triste) natura Tu (Satana)-visione della vita più libera, al di fuori del mondo (alchimista e mago) Il monaco triste si nascose nella Tebaide (dove si riunivano i cristiani) Eloisa, compagna di Abelardo: filosofo del Medioevo (già orientato alla libertà) Tramite gli organi genitali di lui= viene evirato Male= il loro amore—> Satana fa il bene= restituisce ad Abelardo la sua potenza sessuale Aspro sacco= abito monaco Marone e Flacco= poeti latini (ispirazione civile) attraverso i loro versi Satana mormora La cella (insonne) del monaco viene popolata da altre immagini (antichità) Monaco sale sul Campidoglio spinto da un orgoglio italiano= Anselmo (opposto alla Chiesa) Wycliffe e Tass= voci del fato (hanno previsto la caduta della Chiesa) NUOVA ERA= trema il potere temporale (le mitre erano i cappellini del papa) Girolamo Savonarola= contro la chiesa del lusso e degli sperperi Lutero= getta la tonaca—> uomo= getta i vincoli La fiamma della gloria= dissolvono l’oscurità (NON sono fiamme infernali) | Satana ha vinto Treno come un mostro che percorre gli oceani e la terra (vie profonde, monti) Non può essere domato= indomito Manda il suo grido di fuoco= il progresso—> carro del fuoco ———————————————————————————————————————— Salute (brindisi) o Satana= ribellione, forza della ragione (Principio ILLUMINISTA) Freren Belzebù= gruppo in Francia Carducci non ha più fiducia nella monarchia (inizialmente appoggiò all’unità sotto i Savoia) Victor Hugo= intellettuale laico ed arrabbiato—> simile a Carducci Roma nuova capitale= per tenersi buono il Papa Personaggio di Manzoni= tornati un po’ indietro sul rapporto tra la Chiesa e lo Stato e sulla laicità (in Francia anche Chateaubriand). Satanismo= portatore dell’illuminismo (non portatore di male come in Baudelaire) Connesso al paganesimo= rapporto incontaminato con la Natura (impossibilità di liberarsi dai vincoli di essa) PAN= portatore dell'ebbrezza (Nietzsche= dionisiaco) ‘Sporcaccione dal pelo lucido’ Morte di Pan= trionfo del Cristianesimo= vita non più vissuta pienamente Colui che ci porta nell’oscuro, nell’inconscio / Nietzsche (dionisiaco) e Freud (nevrosi) Satana= signore della Natura= vincitore del fanatismo (con cui i cristiani erano prevalsi sulle altre religioni). Umanità sulla via della ragione= non si può mettere un velo in testa a tutti Satana= uomo protestante Filopanti= mazziniano amico di Carducci LA DIVINITA’ E’ MALE= il mondo divinizza il male, facendo finta di non farlo (consapevole) ‘Come si potesse tenere tra le mani un giornale senza sentirsi parte del male, con conati di vomito, ecc…’ Assuefatti dal bene= divinizzazione del principio del male Carducci (anche Hugo)—> odio per Napoleone III= ha frenato il processo rivoluzionario francese= ideologia molto simile Satana come ‘ebreo errante’ | Re dell’insurrezione e della ribellione ‘A Satana’ 1863= differenze con il satanismo di Byron Rifiuto della rinuncia e della mortificazione Carducci non vuole divinizzare il male= differenza con Baudelaire Umiliare il bene= far vedere a tutti il progetto ideologico (Parigi nuova voluta dal barone Hussmann) per eliminare i rifugi alle persone. Fotografia di Nadar—> alimenterà il casellario giudiziale (che verrà molti anni dopo) Modernità di Baudelaire= molto avanti rispetto agli altri Carducci attaccato dalla politica= non considerato maledetto, moderno= Pascoli si Estate 1866= 3° guerra d’indipendenza, sconfitte di Custoza e di Lissa= lo spostano sempre più a sinistra. Espulso dalla Massoneria (a cui aveva aderito per uno spirito anticristiano) 1867= morte di Baudelaire= Garibaldi arrestato Secondo Carducci l’Italia ha tradito gli ideali del ’48 (continui arretramenti e avanzamenti). 07.11.2022 “LE LITANIE DI SATANA” BAUDELAIRE O tu, il più sapiente e il più bello degli Angeli, Dio tradito dalla sorte e privato di lodi,= privilegi o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! O Principe dell’esilio, a cui è stato fatto torto, e che, vinto, sempre ti raddrizzi più forte, =risorgi o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, che sai tutto, gran re delle cose sotterranee, guaritore familiare delle umane angosce, o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, che perfino ai lebbrosi, ai paria maledetti, =agli intoccabili maledetti insegni con l’amore il gusto del Paradiso,=anche a quelli che soffrono, fai sognare il paradiso o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, che da quella vecchia e forte tua amante ch’è la Morte generasti quella Speranza pazza e seducente, o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, che dai al proscritto quello sguardo calmo e altero =Tu, che dai al bandito (esiliato) che danna tutto un popolo intorno a un patibolo, =il popolo viene condannato o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, che sai in quali angoli di terre gelose =Satana spinge l’uomo a cercare i metalli preziosi il Dio geloso ha nascosto le pietre preziose, o Satana, abbi pietà della mia lunga miseria! Tu, con l’occhio chiaro che conosce i profondi arsenali Per lui curva la vasta mèsse d’oro =è grazie a lui che i campi d’oro si curvano Freme e la falce chiama. =e accettano di essere tagliati Egli alto ride al vomero che splende =all’attrezzo In tra le brune zolle =dentro le zolle scure (aratro dentro la terra) Umido, mentre il bue lento discende Il risolcato colle. Sotto il velo de’ pampini i gemmanti =il sole indora i grappoli, pampini: foglie di vite Grappoli infiamma e indora, E a gli ebri de l’autunno ultimi canti =sorride ai campi ubriachi dell’autunno Mesto sorride ancora. Egli de la città fra i neri tetti Un suo raggio disvia, =un suo raggio dai tetti neri E a la fanciulla va che i giovinetti =va ad illuminare la ragazzina che sta dimenticando Dí nel lavoro oblia, =i giorni della sua giovinezza perché ormai lavora E una canzon di primavera e amore =arriva un suono nuovo (di amore) Le consiglia; a lei balza =il sole a lei consiglia Il petto, e ne la luce il canto e il cuore, =innalza il proprio canto e il proprio cuore Come lodola, inalza. =come se fosse un’allodola Ma tu, luna, abbellir godi co ’l raggio =ma a te luna, con la tua luce, piace abbellire Le ruine ed i lutti; =le rovine e le tristezze Maturar nel fantastico viaggio =mentre viaggi Non sai né fior né frutti. =non fai maturare nessun fiore e frutto Dove la fame al buio s’addormenta, =quelli che vanno a dormire Tu per le impòste vane =tu li svegli e gli fai sentir la fame Entri e la svegli, a ciò che il freddo senta =in modo che senta il freddo E pensi a la dimane. = e pensi al domani Poi su le guglie gotiche ti adorni =ti fregi delle guglie gotiche Di lattëi languori, E civetti a’ poeti perdigiorni =sei la beniamina dei poeti perdigiorno E a’ disutili amori. Poi scendi in camposanto: ivi rinfreschi =e nelle acque rinfreschi Pomposa il lume stanco, =la tua luce un po’ stanca E vieni in gara con le tibie e i teschi Di baglior freddo e bianco. =a vedere chi ha il bagliore più fresco e bianco Odio la faccia tua stupida e tonda, L’inamidata cotta, =veste delle suore, dura e ferma Monacella lasciva ed infeconda, =una piccola monaca maliziosa e sterile Celeste päolotta. =dama di San vincenzo (suora ma come un corpo celeste) NB: il sole fa crescere le cose, la luna no. - LE VENDETTE DELLA LUNA (CARDUCCI) Te, certo, te, quando la veglia bruna Lenti adduceva i sogni a la tua culla, Te certo riguardò la bianca luna, Bianca fanciulla. A te scese la dea ne la sua stanca Serenitade, e con i freddi baci China al tuo viso — O fanciulletta bianca, — Disse — mi piaci. — E al fatal guardo, ove or s’annega e perde =sguardo fatale della donna e la luce della luna L’anima mia, piovea lene il gentile =è come se piovesse negli occhi della donna Tremolar del suo lume entro una verde =luce tremolante Notte d’aprile. Ti deponea tra i labbri la querela =tra le labbra le pone De l’usignuolo al frondeggiante maggio, =il suono dell’usignolo notturno che sta negli alberi Quando la selva odora e argentea vela =quando il bosco profuma e una vela d’argento Nube il suo raggio; =offusca il suo raggio (passa di fronte alla luna) * E del languor niveo fulgente, ond’ella =languore bianco e…, con cui la luna dà alla donna Ride a l’Aurora da le rosee braccia, =il colore che assume quando sta per sorgere il sole Ti diffondeva la persona bella, La bella faccia: Onde a’ cari occhi tuoi, dal cui profondo =per cui io chiesi pace ai tuoi cari, sul cui fondo Tutto lampeggia quel che ama e piace,=vedo lampeggiare tutto ciò che è degno d'essere amato e di piacere Nel roseo tempo che sorride il mondo Io chiesi pace: =chiede pace Pace al tuo riso, ove fiorisce pura =al suo sorriso dove fiorisce La voluttà che nel mio spirto dorme, =la forma purificata del proprio desiderio impuro E che promesso m’ha l’alma natura =la natura ha promesso questo piacere puro Per mille forme. =in mille forme (costruire un progetto di vita e gioia) Ahi, ma la tua marmorea bellezza =bellezza di marmo (statuaria) Mi sugge l’alma, e il senso de la vita =una bellezza che succhia l’anima, distruttiva M’annebbia; e pur ne libo una dolcezza =e ne bevo una dolcezza Strana, infinita; Com’uom che va sotto la luna estiva =che cammina sotto la luna Tra verdi sussurranti alberi al piano; Che in fantastica luce arde la riva =la riva del lago ardere della luce della luna Presso e lontano, =e vorrebbe dileguarsi come l’oscurità Ed ei sente un desio d’ignoti amori =qualcosa di trascendentale Una lenta dolcezza al cuor gravare, E perdersi vorria tra i muti albori E dileguare. NB: il colore verde era predominante nella poesia di Baudelaire e la bellezza della “sua” donna è inquietante. C’è un’idea di bellezza che nutre ma succhia, annebbia, eppure dolce, perchè Carducci non crede che l’infinito sia meglio del finito (idea romantica), il sublime ci sovrasta perchè ciò che è bellissimo può anche essere mortale e farci paura. Carducci quindi ricorda la sua donna ma sta male quando è separato da lei. Carducci era il poeta dei fatti e questo momento è giustificato da una lettura che l’ha ispirato e la ragione di scrivere proprio a Lidia (una lettura alla Baudelaire che le potesse piacere). 08.11.2022 - Continuo “Le vendette della luna” “Il profumo ignoto e strano” unito al “senso dell’infinito”, tipico della poetica di Baudelaire, Carducci lo trova limitato; un altro tratto è quello delle “donne che gemono come gatti in calore…”, per Baudelaire è qualcosa di piacevole come “il dileguarsi dell’oscurità” (volontà di dissolversi). *riferimento al film “Un chien andalou” (scena del taglio della luna e dell’occhio). Per Baudelaire è lecito che si ami anche l’orribile (es: poesia “La carogna”), il bello è ingiusto e la bellezza della donna è crudele, getta il nostro cuore ai cani quando è stufa di noi; una donna consapevole della propria forza, si vendica con armi come la bellezza, il sesso e il fatto di tenere l’uomo legato alla sua volontà. E Baudelaire si sottomette a questa donna. - Continuo vita di Carducci Nel 1875 l’autore Bernardino Zendrini accusa Carducci di aver copiato Baudelaire. Nel periodo del Carducci giacobino (1862) egli non crede più nel progetto monarchico e si allea alla corrente repubblicana, democratica e anche alla nascente corrente socialista; il suo anticlericalismo lo lega di più al socialismo e tra i suoi alunni a Bologna c’era anche Andrea Costa (politico più legato alla nascita del socialismo). non cerco un regno, io solo chieggo al mondo l’oblío. =illusioni, chiedo di esser dimenticato Oblío? no, vendetta. Cadaveri antichi, pensieri =io voglio vendetta. che tutti una ferita mostrate aperta e tutti =”come se chiamasse a levarsi i morti” a tradimento, su! su da ’l cimitero del petto*, =su un ideale che non è stato compiuto su date a’ venti i vostri veli funebri. =*levatevi dal cimitero del cuore Qui raduniam consiglio, qui ne l’orribile spazzo, =e allora raduniamoci qui nello spiazzo a l’ombre ignave, su le mortifere acque. =al riparo delle ombre ignare* e sulle acque morte Qui gonfia di serpi tra ’l fior bianco e giallo la terra, =dobbiamo riunirci in questa terra gonfia di pregna di veleni qui primavera ride.* Rida ubriaco il verso di gioia maligna; *com’angue,=che rida il verso di gioia maligna; e come strisci, si attorca, snodisi tra i sibili. =*il serpente… Volate, volate, canzoni vampire, cercando =come pipistrelli, e vada a cercare i cuori i cuor’ che amammo*: sangue per sangue sia. =e poi a cercare i traditori dell’Italia Ma che? Disvelasi lunge superbo a veder l’Argentaro =si comincia a vedere l’Argentario lento scendendo ne ’l Tirreno cerulo. =che scende nel Tirreno azzurro Il sole illustra le cime. Là in fondo sono i miei colli, =il sole “illumina” con la serena vista, con le memorie pie. =che portano le memorie caste (familiari) Ivi m’arrise fanciullo la diva sembianza d’Omero.* Via, tu, Marlowe, a l’acque! tu, selva infame, addio. NB: “Chiarone” è un torrente (Carducci viaggiava molto in treno); qui c’è una gran quantità di parole sdrucciole. Il sottotitolo della poesia è “leggendo Marlowe” un drammaturgo contemporaneo di Shakespeare, omosessuale morto a 27 anni forse durante una rissa; è una poesia che accetta il torbido, l’erotico e il violento. Il decoro è un concetto artistico e fa sì che una cosa risponda a ciò che si aspetta da qualcuno. Il teatro di Shakespeare e Marlowe è indecoroso perché nel decoro i ruoli sono stabiliti (il buffone deve far ridere mentre il re deve essere alto, in questo teatro succede il contrario, cioè il re è un buffone). Baudelaire capisce che ciò che è indecoroso può diventare materiale per fare poesia. Marlowe quindi è il portatore di questa poesia cupa e indecorosa, ma anche metapoetica e realistica. C’è una contrapposizione tra Marlowe che viene rifiutato, la poesia moderna che viene rifiutata, ma anche il rifiuto del radicalismo politico, tutto concentrato in questa ode barbara. La struttura della poesia si compone di 2 soli versi, ogni volta c’è un punto e poi una descrizione. Nel terzo verso c’è un’allitterazione con molte “L”. Velocità= “guizzo come frecce”, Lentezza: “pigre” (le ruote vanno piano) *crocida in fondo a’ fossi, ferrugigno ghigna ne’ bronchi, filtra con la pioggia per l’ossa stanche. Io tremo. = soggetto “aria attorno”, questo vapore lo si sente crocidare in fondo ai fossi con la voce delle rane; il paesaggio sembra costruito dal crocidare dei rospi e questa stessa aria malsana e umida fa tossire e provoca un ghigno dentro i bronchi (come il ferro), filtra e intride le ossa. 09.11.2022 - Continuo poesia “P’el chiarone da Civitavecchia” *Odo pauroso carme che voi bisbigliate co’ venti, di rospi, di serpi, di sanguinanti cuori. =sembra di sentire che il vento che stormisce tra le foglie sia una poesia paurosa, una sorta di incantesimo che voi bisbigliate assieme al vento, che pare parlare di rospi, serpi, di cuori che sanguinano. *ombre ignave: che non hanno scelto da che parte stare. *pregna di veleni, qui primavera ride: in questo luogo dove tutto è oscuro e si complotta (dentro questo spirito di vendetta), è qui che ride la primavera dei popoli. *cuor che amammo= coloro che continuavano la guerra contro il potere E’ come se tutto il discorso politico di Carducci, si sgonfiasse, e la visione preludesse al Carducci pacifico con la monarchia; quindi si pacifica tramite la memoria letteraria di Dante. *Ivi m’arrise fanciullo la diva sembianza d’ Omero . Via, tu, Marlowe, a l’acque! tu, selva infame, addio.= lassù su quel colle, fu come se ri desse a me la divina sembianza di Omero (io imparai a conoscere la classicità). La luce della classicità è come se venisse a scalzare Marlowe e tutto ciò che egli si porta dietro (es: poetica straniera della violenza); come se buttasse via il libro di Marlowe nelle acque del fiume (come se Carducci buttasse via la cupezza delle idee precedenti ma anche il desiderio di rivalsa)= da una parte lo spleen, dall’altra l’uomo che lotta contro la società. Con questa poesia Carducci rifiuta Marlowe e sposa la conciliazione nazionale. POESIA “IL BOVE” (CARDUCCI, 1872), vedi Wiki Anche qui, Carducci gioca con le corrispondenze, cioè fa lavorare la sinestesia (es: “profumi verdi”); perciò fa una cosa non rappresentabile. Ipallage: spostamento che sposta l’attributo (es: è la pianura che è verde e silenziosa). Dunque un ipallage classica vestita da sinestesia moderna. POESIA “ALLA STAZIONE IN UNA MATTINA D’AUTUNNO” (CARDUCCI, 1875), Wiki E’ dedicata a Lidia ed è presente un verso moderno con riferimento a Baudelaire; il primo sono “i fanali che si inseguono”, il movimento è immaginario, i fanali sono elementi moderni (scoperta dell’elettricità), i verbi danno origine ad un linguaggio figurato/poetico. Versi come questi erano visti come stranezze moderne dai critici del tempo. “Fanali accidiosi”= pigri, c’è l’idea che la luce sbadigli sul fango (poesia moderna). Il fango di Parigi è uno degli elementi presenti più spesso nelle opere di Baudelaire. Qui Carducci paragona la locomotiva al mostro (empio: schifoso), è cattivo perché gli porta via Lidia; mentre in “Inno a Satana”, la locomotiva è un mostro buono che porta al progresso. “Occhi di pace”: trova la pace nei suoi occhi. “E ad esse vorrei confondermi”: come “Nelle vendette della luna”, è la voglia di dileguarsi, sparire per non soffrire più. La partenza dell’amata, come in Baudelaire, alimenta il desiderio di non essere, perché è come avere una volontà, un’esistenza e sobbarcarsi i problemi; oppure scegliere di non essere rimanendo confusi o addormentati dentro il rumore della vita (NB: “essere o non essere”, Amleto). EMILIO PRAGA Egli incrociò Carducci, ma non si conobbero mai. Nacque nel 1839 ed è un pittore; viene da una famiglia benestante. La madre frequenta i circoli artistici di Milano e lo porta spesso con sé; entra all’accademia di Brera a studiare pittura, nel 1859 va in Liguria e infine va a Parigi. Lì riesce a leggere “I fiori del male” nella nuova edizione. E’ il primo poeta a leggerlo e nel 1862, è anche il primo a scrivere una raccolta di poesie intitolata “Tavolozza”, in cui c’è una poesia chiamata “Libreria” che riprende una poesia di Baudelaire chiamata anch’essa così. Nel 1864 scrive il suo secondo libro intitolato “Penombre”, dove i calchi baudelairiani sono più evidenti, ad esempio qui, la prefazione al lettore, lo descrive come “nemico lettore”; si tratta di rielaborazioni delle opere di Baudelaire. Praga appartiene alla corrente degli "Scapigliati", che si focalizza soprattutto in Lombardia, e prende il nome da un romanzo; essi, chiamati così per via dei capelli lunghi e arruffati, rappresentano i primi interpreti del sentimento di Baudelaire in Italia, cioè un sentimento di rivolta misto a noia e grande insoddisfazione. Essi provavano lo sconforto che provava anche Carducci nei confronti di un’Italia che aveva tradito i propri ideali. Praga dichiarerà che “I fiori del male" gli cambierà la vita definendolo “una bestemmia scolpita nel diamante”. 14.11.2022 - Continuo EMILIO PRAGA Da Parigi comunica le novità su Gauthier (dedicatario dei “fiori del male”) e Baudelaire. Praga va agli stessi salons dove va Baudelaire e nel 1865 scrive per “Il Sole” di Milano pubblicando cronache d’arte che somigliano a quelle di Baudelaire, ma viene citato Gauthier perché era più famoso in quel periodo. Quando Praga legge i “fiori del male” in Italia, Baudelaire viene citato come traduttore di Edgar Allan Poe, come tossicologo e autore processato. “PRELUDIO” DA PENOMBRE (EMILIO PRAGA) Noi siamo i figli dei padri ammalati; Acquile al tempo di mutar le piume, Svolazziam muti, attoniti, affamati, Sull’agonia di un nume. =persona esaltata/dotata di virtù Nebbia remota è lo splendor dell’arca, = vecchia arca dell’alleanza E già all’idolo d’or torna l’umano, =il vero peccato dell’uomo è l’idolatria E dal vertice sacro il patriarca S’attende invano; S’attende invano dalla musa bianca =si attende invano dalla poesia che QUADRO “L’ALTALENA” FRAGONARD E’ un quadro realista del periodo rococò. L’aspetto riprovevole di questo quadro è che ci troviamo in un clima di festa galante a praticare l’amore cicisbeo. Il volo della scarpetta è l’emblema della leggerezza della società che pensa solo al divertimento, però la donna la lancia apposta mentre lui guarda sotto la sua gonna, mentre l’altro la tiene dietro con dei fili. E’ un gioco di società in cui però niente è sbattuto in faccia, cioè i 2 uomini non si confronteranno mai e l’amore romantico e sfuggente è una sorta di ballo in maschera. La forma è “galante” (pornografica), cioè un’arte fatta per stimolare i sensi. QUADRO “L’ORIGINE DEL MONDO” COURBET Il quadro è di tipo filosofico. E’ l’atto di nascita del realismo e dello stesso come immediato non idealismo e pornografia; la realtà viene sbattuta in faccia nel suo massimo grado di referenzialità. E’ un quadro realista ma allegorico, brutale e pornografico (il titolo indica che noi tutti proveniamo da lì). Nel 1864 esce un famoso testo intitolato “Genio e follia” dello studioso-medico Cesare Lombroso, che studia le menti criminali. Egli fa una psicanalisi di tutta la storia, era ebreo seferdita e il suo libro sarà la base del concetto nazista di arte degenerata. L’intellettuale o l’artista, inteso come malato, porta alla teoria della decadenza che porterà all’etichetta critica del decadentismo; e Baudelaire critica questa corrente prima ancora che nasca. Torquato Tasso è l’emblema del poeta maledetto e Lombroso ne fa l’emblema del pazzo assoluto. In questo periodo bisognava creare un’arte politicamente corretta, ma il risultato è stato un male peggiore del male che si vorrebbe curare. L’uscita del libro fece sì che la poesia cominciasse a militare contro questa visione ed ecco che Giovanni Camerana inizia ad attaccare Lombroso e coloro che vogliono vedere solo la malattia nell’arte senza voler vedere la bellezza che possiede, al di là della moralità o meno. Gli ultimi anni di Praga sono segnati dal suo decadimento fisico, ma la morte del padre è ciò che davvero lo distrugge. Nel 1862 si era sposato e aveva avuto un figlio, nel 1864 inizia il suo declino. Nel 1867 pubblica una nuova raccolta di poesie molto più vicina ad Heine; nel 1868 un critico lo definisce un genio incompreso, Praga si arrabbia e lo sfida a duello ma con sua vergogna il critico rifiuta il duello perchè dice che è come lottare con un mezzo morto; Praga sempre più bisognoso di soldi è costretto a scrivere libretti per musica (poesie in metrica). Tra il 1872-73 si separa dalla moglie che gli porta via il figlio e la sua vita va alla deriva, va a vivere dal fratello, e morirà nel 1875. Poco dopo la morte verrà pubblicata la sua 3° raccolta di poesie chiamata “Trasparenze”, e tra esse c’è la poesia “la strada ferrata”. “LA STRADA FERRATA” EMILIO PRAGA, (vedi wiki) E’ una poesia importante perché riprende il tema dell'Inno di Satana, soprattutto il tema del treno. Praga scopre attraverso Baudelaire il dualismo, cioè il fatto che ciò che è visto come bene ha una parte di male e viceversa, quindi c’è un dualismo nell’uomo e un principio di reversibilità. Praga vede che il progresso non è la cura per tutti i mali, al contrario di Carducci. L’uomo civile approva mentre il poeta-artista biasima. La poesia è in decasillabo. *“campagne seminate di biade”: cioè di erbe. *Se non sono avvinghiati all’inferno e lo vedranno dal paradiso chissà come saranno stupiti. *laddove in quel convento il canto inutile delle preghiere andava a sperdersi nella navata della chiesa, ora l’età scettica (l’umanità) che non crede più, passerà via fischiando il fischio del treno. *dal suo genio portata= mente creatrice, portata dal genio del progresso. *Quel giorno che passò la nuova ferrovia, la natura venne travolta (paura degli uccelli nel nido), cioè l’uomo che schiaccia la natura. *dalle case più brutte a quelle più umili= umanità nelle case unite agli uccellini, che provano stupore di fronte a questa nuova modernità. *La povera gente dirà “guarda che sta passando il treno”. *gli infelici (poveri) penseranno solo a sfamarsi. *aratro= prima invenzione, simbolo della sapienza dell’uomo. *l’uragano del nostro vapor= l’uragano della nuova umanità che va in treno. *quando lo vedranno, smetteranno di cantare e sogneranno questa strana visione della macchina che sbuffa ed è enigmatica (il progresso è bene?) *ma allo stesso tempo cosa succederà quando arriverà il treno? chi sarà preso dalla meraviglia del progresso? (le giovani ragazze che non sanno la vita che dovranno fare, ossia madri povere) -> la loro innocenza non gli fa comprendere la loro condizione futura; i ragazzini che ancora si stupiscono a guardare i lampi nel cielo, le donne arcigne; arriva il nuovo Messia, il progresso, è un angelo che la guida, ossia Satana. *questo convoglio solenne del progresso e dal fumo che si perde nell’aria, diranno che non è solo fumo ma qualcosa di vero che cambierà il mondo; ma i più furbi diranno che è fumo e iniziano a preoccuparsi perché il progresso è incompatibile con la natura (inquinamento); l’asino è migliore perchè è stato fatto da Dio; razza triste dei contadini da sempre costretta a servire ed essere bersaglio degli scherzi della plebe, ma che sei superiore a loro perché vive a contatto con la natura, il giorno che dirai che non salirai sul treno e salirai sull’asino, io ti rispetterò, mi metterò l’abito da poeta impegnato. *deposto il mio caro bagaglio: arrivato dalla città al paese, venuto non a caccia di ragazze, ma come vero poeta a parlare con gli uomini in modo sensato, cioè spiega la parte positiva della ferrovia (poeta civile che unirà le classi). *non più schiavi di avaro lavor= non più la condizione disumana del contadino (mentre l’operaio è un lavoratore nuovo e tutelato); quindi il treno è la nuova “arca dell'alleanza" tra uomo e uomo. *voleranno, i treni, da villaggio a città e si faranno nuovi patti sociali tra contadino e artigiano che stenderanno ai ricchi la loro nobile mano e insieme alzeranno l’edificio di questa nuova società che viene da una nuova compenetrazione delle classi. *e come uno scrigno che tiene una nuova bellezza, arriverà un funzionario del nuovo stato italiano che dirà che l’umile scienza sarà concessa anche ai poveri; in veste dimessa= cioè con vestiti usuali, non sacri, le sante cose della verità che i preti non sanno. Quindi c’è una celebrazione della scienza ma ci si chiede se il progresso sarà un bene. 16.11.2022 Dom: Qual è lo “scapigliato” più amato da Carducci? Risp: Carlo Dossi - Continuo “La strada ferrata” *Vi dirà che per Italia unita il vostro sudore è sacro, come è sacro il coraggio dei soldati e le decisioni del re (potere politico, legislativo, esecutivo e assolutismo); e vi dirà che non siete più una mandria indifesa; famiglie contadine che vi amo tanto, dopo che abbiamo steso ai ricchi queste 3 forze (contadino, artigiano e nobile) insieme sapranno innalzare l’edificio della nuova società. Ma siete protette dal vostro tricolore che è portatrice di una legge che cerca di trovare una giustizia sociale migliore per tutti. NB: il poeta si rifiuta di fare poesia ideologica, ma crede nell’arte disinteressata e inutile che si fa bella della propria inutilità. Quindi un cambio dato da un verso diverso (alterna il settenario, all’endecasillabo, al settenario e al quinario) -> seconda parte poesia. Seconda parte *O musa mia, perdonami se ti ho costretta in questo ruolo da moralista, ma tu sai quanto sia straziante vedere i poveri; c’è bisogno che io porti qualche parola di comprensione che sia più intelligente e fondata di quella del parroco del paese, perché essendo intellettualmente morto, non spiega niente a loro; e allora musa, avremo svolto il nostro dovere civile di poeti, allorché arriva il primo treno, noi saremo bravi se andremo con la massa dei poveri che si spargono lungo la via, a dire le cose come stanno. *una volta che ho pagato ciò che ho dovuto alla poesia sociale (obolo), chi potrà negare di togliermi i panni del poeta civile e chi negherà il pittore di sciogliere l’inno del suo dolore (il pittore subisce di più il mutamento del paesaggio); è scomparso il convento gotico sulla collina e ha lasciato il posto al muricciolo che accompagna la ferrovia (indica anche la massicciata che alza la ferrovia) e divenne il nostro ultimo orizzonte. *dimmi Musa, dove troveremo i paesaggi per studiare la natura? il mondo è stato ricoperto di pali della ferrovia (tecnologia che modifica il paesaggio) e pare un cimitero, si abbattono cose e il cielo è tutto un intreccio di fili. *si perdono i costumi tradizionali e i tipi di paese e presto le dame nobili che seguono la moda viaggeranno grazie al treno a vapore, quindi, il contadino e il pescatore potranno vedere i ciondoli di cui esse si ornano; Musa, al pittore rimarrà di disegnare francobolli occupandosi di qualcosa di burocratico e il poeta canterà la fisica applicata, cioè quella degli ingegneri (senso di cultura umanistica schiacciata dalla scienza). Alcuni “scapigliati” sposano in parte la scienza, ad esempio Dossi (come Carducci vede il treno come un mostro) che sposa addirittura le teorie di Lombroso. Un altro tema della Scapigliatura è la violenza della scienza che distrugge la poeticità (es. autopsia). POESIA “LEZIONE D’ANATOMIA” ARRIGO BOITO E’ in quinario come l’Inno a Satana (verso corto). *In una sala di sezione anatomica, dal tetto oscuro pare filtrare la prima luce dell’alba che picchia sul metallo dove “dorme” una malata di tisi morta all’ospedale ed è stata tolta al cimitero e al funerale perché non ci sono i soldi, alle gocce che irrorano e che danno pace… *E’ stato un delitto aver fatto queste incisioni sul petto per guardare dentro, tu scienza insana vuoi celebrare uno sterile connubio tra la scienza e il cadavere, più sai, più conosci e più ci si fanno domande. *mentre il professore cita i nomi dei medici, io penso a cosa ha passato quella ragazza nella sua vita; e penso a come la nostra speranza sia capace di creare mille universi, che sono in realtà una funzione più fuggevole di quanto può essere scritta una strofa (stanza) in 4 versi. - REVERSIBILITA’, BAUDELAIRE All’angelo si chiede se conosce la miseria della condizione umana (es: angoscia - cuore come una carta spiegazzata). Ma c’è anche la rabbia dell’uomo deluso, la ricerca di vendetta (rivalsa per far risalire gli ideali del ‘48), convocazione degli spiriti, l’odio che diventa condottiero delle nostre facoltà. “labbra a guisa d’ebbri”= labbra a forma di felicità. Si chiede all’angelo se conosce la condizione umana della malattia (ospedale, febbri, malattie mentali); gli si chiede se conosce cosa significa invecchiare. Il segreto-orrore è vedere la donna che prima vedevamo con gli occhi della passione, ma che ora sono diventati occhi devoti (coppia vecchia devota ma senza più il fuoco dell’amore); rughe dell’anima. Baudelaire è come se creasse queste reversibilità e contrasti perché ha già dentro di sé l'epoca dell’hegelismo (importanza della dialettica materialista). 22.11.2022 - ARMONIA DELLA SERA, BAUDELAIRE In questa poesia tutto è dissolto come se fosse un'armonia di suoni, colori, sensazioni ecc. Un’altra caratteristica è quella della forma malese (rif. al suo viaggio). Anche Emilio Praga scrive delle armonie della sera. “Ostensorio”= arredo sacro per esporre l’ostia benedetta. NB: Le “Odi barbare” non sono più popolari perché non sono più in musica né cantabili. - DUALISMO, ARRIGO BOITO (1863) E’ una poesia costruita. C’è un'innovazione metrica (Odi barbare) e un'innovazione tematica (gotico, violenza, brutta). Vittorio Betteloni e Antonio Ghislanzoni seguono il cosiddetto realismo medio. *C’è mix di bene e male, sono un angelo caduto (chèrubo) condannato ad errare sempre nel mondo (Lucifero), il demone sale verso il paradiso. *ecco perché nelle mie intime cognizioni, grazie a questo dualismo (farfalla e verme) riesco a sentire la bestemmia che irride del mio tormento; “riede”=ritorna (il poeta che perde l’aureola non è più una creatura superiore, e perde il vertice della società letteraria e sociale). *ecco perché io sono affascinato da 2 diversi canti, la mia anima è lacerata da 2 diversi pianti (pianto del demone che non sale al cielo e pianto dell’angelo che resta a terra); ecco perchè ho un sorriso che pare avere una doppia natura (sembra una smorfia o mi allarga il cuore). *ecco perché ho dei pensieri che si esprimono come uno agglomerato confuso (ridda) di pensieri in testa (che ogni tanto vogliono la pace e ogni tanto la violenza); e con triste noia (tedio) io porto avanti il metro che ravviva (animator) i carmi (=componimenti poetici). *idea di un Dio che ha fatto come un esperimento, un Dio buio (dentro Baudelaire c’è la gnosi, cioè l’eresia gnostica (gnosticismo), Dio non è onnipotente, ha perso il controllo della situazione perciò dalla sua unità è uscita fuori la sua dualità che è il male; noi siamo visti come un esperimento di Dio e la gnosi cerca di nascondere il male che però prospera; ma per vincere il male, secondo Baudelaire, va rappresentato fino in fondo). - oh noi umani siamo creature fragili ma con un genio onnipossente; fango (il brutto) e il sacro fuoco (principio di Prometeo); ci buttò sull’umida terra come i servi della gleba incatenati ad essa, poi guardandoci ride delle nostre sventure, come un bambino che smette di giocare con qualcosa e lo scansa via col piede per scacciare la noia. *e noi così viviamo, in balia di questa divinità ingiusta e crudele, eppure come la bellezza che ci rende famelici, noi lo siamo anche di fede e altri inganni, cioè un’altra fede (si può eliminare Dio ma non la sua mancanza), i nostri anni si sgranano come i grani del rosario quando ce lo rigiriamo tra le mani; ogni grano assomiglia ad una gemma, questa vita è brillante di pianto e cade, questa dura goccia fatta di duro dolore. *quando sono il demone che cerca di risalire in Dio (indiare= andare verso Dio, morire) sento nell’anima (alma) diffondersi una buona speranza, e sul mio buio viso il sole sembra illuminarmi un felice paradiso. *ecco che ho un’illusione potente (ciò che ci concede di andare avanti ogni giorno, tuttavia senza le illusioni non riusciremo a fare niente - il mito/illusione è riuscito a tenere insieme grandi comunità di individui) l’illusione che come una fanciulla che sta facendo la maglia e sta trastullando con le fibre del cuore (cioè pensa all’amore); viene ancora a sorridermi nei giorni più soli e mi spinge l’anima ai canti (canti leopardiani), ai carmi (forma di poesia latina alta) e ai voli (voli pindarici); e mi attira a turbinare con lei in questa spirale dell’ispirazione che riesce ad ideare (l’illusione che crea il genio). * questa illusione si trasforma in una poesia di un’arte eterea, fatta di sola aria, cioè astratta, che trova le sue regole, che si libera (affranca) dai vincoli rudi del métro e della forma; si vuole quindi un’arte ideale che si oppone a ciò che è materiale; l’ideale può essere quello del bene superiore, ma può anche essere un’arte che lui sogna ma non sa però come farla. *“e seguir non so” indica il fatto che Boito continua a far poesia tradizionale però sentendo di essere visto come strano. *ma quando avviene che l’angelo, fiaccato dalla presenza dell’altro, fa fuggire impauriti, i sogni santi, allora quando arriva l’altro, io sto come rapito davanti alla visione di un mutato raggio di luce che ha cambiato (la luce angelica porta ad una visione pagana); e allora sogna di essere col corteo della magica Circe, coi suoi animali, stupiti del loro destino; e il cielo mi sembra troppo lontano da raggiungere, quindi derido chi cerca l’alto, l’ideale, e l’arte eterea, allora sono sicuro di aver ragione (protervia: in modo cinico) e mi nutro di questo cinismo, un veleno che sa che non esiste niente, non esiste l’illusione, io so il vero. *e sogno un’arte criminale capace di togliere le illusioni al mio pensiero andando dietro alle basse immagini (tetro, putrido…) di un vero che mente al Vero, cioè il vero dice di non seguire l’illusione, mentre il Vero considera l'illusione una base di costruzione (senza di essa non potremo fare nulla); immerso in un sogno spiacevole da digerire, arriva il verso come una bestemmia. *Questa è la vita, la stupida vita che ci fa innamorare di lei, lenta che pare un secolo, un agitarsi alterno fra paradiso e inferno. *Istrione indica una persona che tende ad attirare su di sé l'attenzione con atteggiamenti istrionici, tende all’attoriale; (cupida: desiderosa, fa pompa: mostrarsi, pomposo; ”tale l’uman”, così è l’umanità: essa è come l’istrione, cioè l'equilibrista che si vuol far vedere, e che sta sopra la plebe ingorda e desiderosa) -> l’umanità è come l’uomo sulla corda che cammina in bilico tra l’abisso del paradiso e dell’inferno, pomposamente vuole farsi vedere perché è capace di stare in equilibrio mentre la massa è ingorda di rischio, cioè siamo emozionati per il probabile rischio di caduta; “librata”: l’umanità si trova in alto su questo gioco rischioso e da una parte si può cadere nel peccato, dall’altra si può cadere nel sogno della virtù. Ciò che sciocca i contemporanei è una poesia che vuole sfidare il pensiero e non si accontenta più di essere solo musica, ma anche il fatto che ci sia una troppa tensione dell'ideale, inoltre c’è il fatto che non sia una poesia di mezzo, cioè o è troppo vicina alla teologia, oppure è troppo vicina alla pornografia. IL LIBRO PROIBITO, GHISLANZONI: per essere un buon scrittore serve l’ingegno e il cuore, non seguire una scuola di pensiero, non pensare come segue la moda. Tutto si compra tutto si vende e la carta sudicia viene spacciata per ora, ossia le poesie di terza categoria vengono spacciate per oro, e la carta moneta ha sostituito l’oro. 23.11.2022 Poesia satirica - Ghislanzoni Nasce come poesia satirica contro la nuova scuola. La ricerca dell’effetto che una poesia poteva avere sul lettore era in parte scioccante; il termine “orizzonte di attesa” indica ciò che il lettore si aspetta da un’opera, la letteratura non deve più studiare l’autore in sé, ma bisogna vedere come il lettore interpreta la sua opera. L’orizzonte d’attesa si rifà all’idea di Wilde che diceva che l’opera non la fa solo l’autore, e se nessuno la conosce, vuol dire che non esiste. Quando il nostro orizzonte d’attesa viene spostato, vediamo emergere un valore estetico nuovo. Un orizzonte d'attesa che si incontra o differisce fa sì che le nostre aspettative rispetto all’arte cambino. Baudelaire è il primo che mischia la sacralità e la pornografia, ossia ciò che non si voleva fosse mischiato. - SCUOLA MODERNA - LIBRO PROIBITO (ANTONIO GHISLANZONI) *Ghislanzoni se la prende con chi butta via il valore estetico del bello. La logica viene distrutta dall’infinito perché l’infinito distrugge ogni numero, il buon senso non è più quello del poeta. *ideal melenso: scuola idealista *vecchi impacci: del senso, della logica e della metrica *il verno: inverno *Resegone: monte sopra il lago di Como; ai piedi del monte il lago fuma per la nebbia del mattino immobile. Visto che non ha schiuma sembra la bacinella di un barbiere a cui manca la schiuma. *dalle nuvole rotte: aperte a squarci; il sole compare e mette fuori la sua faccia stralunata sbadigliando di noi; la neve che scende è paragonata ad uno scolaretto a cui cola il naso. NB: satira di tutto ciò che era macabro; il pettirosso sembra un becchino che legge sulla tomba di una vergine le sue sventure, oppure che suoni sull’ottavino un motivo di Berlioz. *Se scendo dentro l’orto che è irriso dal sole (rif. “A colei che è troppo gaia”), alberi descritti come malati, come se questo incappucciamento fosse la fascia del dentista. *la rosa d’inverno che sfida il gelo, su uno stelo gracile, e sembra tanto bella e gentile che per i suoi colori così languidi e i tratti mesti, può ricordare l’amore creolo di Balzac, o una figura sottile di Dorè… o una piccola marchesina; se non temessi di offenderti… ti offrirei un sigaro ( NB: provocazione perché le donne al tempo non fumavano). *là sulla riva opposta e grande del lago si vede correre la ferrovia, anelante: che sospira forte, sbuffa una locomotiva che si vede allontanarsi tra i passaggi della costa e del lago; *Attratta dalla fulgida tinta rossa di questi fiori, la donna inconsapevole lo raccoglie ma il fiore è tossico e forse anche carnivoro perchè è come se le richiudesse la mano mordendola e avvelenandola (rif. I fiori del male / A colei che è troppo gaia). 29.11.2022 D’Annunzio a 20 anni ha già pubblicato la raccolta di poesie chiamata “Primo Vere” (all’inizio della primavera) la 1° edizione è di 50 copie, la 2° presso la casa editrice "Carabba" in 500 copie. Subito dopo pubblica un’altra raccolta di poesie chiamata “Canto novo” dedicate alla nonna. D’Annunzio come Baudelaire sperpera molti soldi. Il fascino di D’Annunzio è l’impossibilità di una nudità, cioè non parla mai veramente con se stesso; nel suo orizzonte c’è tutto un tentativo di conquista, è tutto sulla scena e tutto dentro l’opera. Man mano che la sua fama cresce, prende il titolo di poeta guerriero e amante romantico, oltre che ingannatore. Pubblicherà una 2° edizione di “Canto Novo” aggiungendo alcune poesie e togliendone circa 12, una di queste è “Ora satanica”. - ORA SATANICA (D’ANNUNZIO) Anche questa poesia era una prova tecnica e di seduzione perché voleva dimostrare a Carducci che anziché in quinari, “L’inno a satana" poteva essere scritto anche in “Odi barbare”. Quando D’Annunzio torna a Pescare nel 1883 a Luglio, si sposa, esce il libro e scoppiano le polemiche; con la moglie si trasferirà per 6 mesi nella “Villa del Fuoco” di proprietà del padre. D’Annunzio si mette a scrivere racconti naturalistici, andando a prendere la via del verismo. E’ una poesia barbara, senza rima che però sembra una poesia in verso libero e diretta. Qui D’Annunzio inserisce molti termini colloquiali (es: son tutto tuo) e un’esaltazione nel copiare, cioè ci sono somiglianze col Satana di Carducci. *lui rifiuta gli amori ideali per quelli terreni, vuole una poesia carnale e sanguigna, non più canti sacri e nenie da donne; vuole le ubriacature che abbattono anima e sensi, vuole gli inni ribelli che fanno tremare i benpensanti, vuole turbe masse infernali che si muovono con grida senza senso, vuole seni di prostitute su cui passare le notti, vuole orgie lunghe accompagnate da canti d’amore bizzarri, vuole impazzire tra baci e bicchieri di vino. *Che il vigliacco possa aver paura del futuro steso sul gelido lino del suo letto di morte e il prete gli dica pure un requiem come un raglio; e la donna che va sempre in chiesa sparga 2 lacrime per quest’uomo che muore in modo poco erotico e un abatino (rif. abate Giacomo Zanella, parola usata da Carducci così come “ponzi, è una “strategia” di seduzione nei confronti di Carducci), componga per lui un sonetto morale…; ma io e i miei vati compagni tra gli strilli dei nemici che fuggono (abatini, nemici di Carducci, non satanici) e fanno schifo come cani che fuggono, e la mia ultima parola sarà che morirò minacciando il mondo e su questo corpo morto gli amici porranno corone oppure sopra la tomba che mi contiene ci appoggeranno le loro poesie che inneggiano alle libertà e sembrano fremere di vita. *Satana, stammi a fianco (essendo un poeta carducciano). La 2° poesia dell’Intermezzo è come se ricordasse il suo passato, le strofe barbare sono quelle sopra, qui vediamo una poesia più parnassiana. *quando ero alle prime armi come poeta, mandavo all’avventura (“scagliavo in alto”) le mie barbariche strofe e queste continuavano a salire (rif. freccia d’oro di Carducci); ora faccio i sonetti e nello stridulo gioco delle rime sottili che sono in grado di tagliare i nervi sempre tesi nella misura perfetta. Qui D’Annunzio sposa la poetica parnassiana in Francia che prevedeva le forme chiuse del sonetto ma soprattutto cantava la preziosità minerale della poesia, cioè una poesia impassibile e bella come una pietra preziosa. Parnaso= monte dove vivono i poeti della nuova modernità. *Io non ho più un lampo di giovinezza che guizza nei miei occhi grigi e smorti, perché essa si è esaurita in braccio alle femmine. *anch’io come Messalina sono insaziato del sesso. *o bei corpi che si aggrovigliano uno con l’altro come un serpente… (bianche=candide), pure io non sarò mai sazio da queste spire. *o bei seni dalla punta rigogliosa e fiorente sui cui faccio cadere il capo, allorché dopo notti di amore, io sono preso da un supremo abbattimento del piacere, io irrigidisco e svengo; celebrazione dei reni (fianchi) che sono elastici come quelli dei felini che scattano, sale con le dita tra l’incavo dei reni con fare erotico, va verso il centro della spina dorsale che suona vertebra a vertebra come se fosse una lira falcata (celebrazione del corpo della donna). *i denti della donna lasciano i morsi della passione e lui si arrende, bocche rosse più di una ferita e vale la pena provare questo malessere erotico (bulimia del sesso). Maurizio Serra (vedi schede teams), cita alcuni versi della poesia “Invocazione”. *il bacio è dove più urge il desiderio (rif. fellatio). *quando io ho perso tutte le mie illusioni (post-coitum) e mi sento marcire come un sughero cadente, allora una forma di donna appare come un fiore che si schiude e sorge all'altro, ed è come un fiore vivente che irraggia su di me la luce delle sue membra nude, allora sollevo la fronte e nel fastidio, un impeto d’odio immane e insensato mi soffoca e mi viene da infrangere/rompere quella muta forma, quel pietoso rifugio d’amore che resta a contemplare la mia vita selvaggia, abbattuta e prostrata in questa monogamia. Un po’ di ritmo per scaldare la scena (a la "Prèmiere soirée " o alla “Rêvé pour l’hiver”). *Su questo divano rosso con i grappoli d’argento c’è una donna reclinata con il capo assonnata, si fissa con un tono particolare (dorata e strana). *le accarezzo la gola e lei spira con un fievole lamento. - Preliminari e scaramucce Un solo periodo, di nuovo l’idea del serpentino che si attorciglia. *quando succede questo non c’è nulla di più bello, cioè quando una donna si lega lentamente a colui che ormai è avvinto dal suo amore e come lei si butta a terra, e quando l’occhio rimane bianco (pupilla in sù) è come se annegasse come un fiore azzurro che cade nel latte; e nel desiderio la faccia va all’indietro illuminandosi e le labbra scarlatte e feroci mostrano una sega di denti aguzzi a lui; quando avviene ciò niente è più bello di quel serpentino allungamento con quel riso di chi ha stretto a sé l'uomo, che è un fantoccio in cerca di soddisfazione (donna Medusa). *quando l’uomo ormai congestionato dalla ricerca del piacere, con la testa all’indietro, ubriaco di rabbia cerca di schiacciargli sul collo dei baci aridi (cioè incapace di far eccitare la propria donna). D’Annunzio vuole una donna come lui, che sia sua complice, quindi una super donna. - Venere a 90° sulla spiaggia che attende il cavallone *Venere di Callipige (di Clio) in una posa oscena… e dal piacere le vibrano le terga; con la faccia guarda la spiaggia, rimane godendo in quell’atto finchè il mare non la sommerge (terga rivolte verso il mare). Prima di trasmutare, di nuovo immobile, in un Parnasse appena più erotizzato. *quando esce dal bagno grondante… preme i contorni delle sue membra sulla sabbia asciutta… tiene le mani sui propri seni, si sdraia a pancia in su e assomiglia ad una statua di rame corrosa dall'acredine marina quando immobile si distende sullo strato di alghe sulla riva (la sabbia sul corpo bagnato fa le chiazze rendendola maculata e sembra la ruggine della statua, riemersa dal passato); lei supina si fa abbracciare dalla luna e si stende sulle alghe, e quando sta così non sembra lei spiccare come una grande statua di rame corrosa dal mare? D’Annunzio verrà accusato da molti autori di eccessiva pornografia; e tutte queste polemiche portano alla nascita de “la ricerca della vergogna” un libro che parla di lui e polemico sempre verso di lui. 30.11.2022 Nel 1883 c’è il primo segno di vita letterario di Pascoli perché scrive all’amico Severino Ferrari che vorrebbe non essere confuso con i dannunziani perché sono poeti che fanno delle litografie colorate, illustrazioni. Tuttavia D’Annunzio si accorge delle poesie di Pascoli e vede in lui un possibile fratello e da questo momento diventano fratelli-nemici (vicinanza + estraneità); tra di loro c’era anche una differenza di status: la via di D’Annunzio porta all’esteta e alla celebrazione del piacere e dei sensi, mentre quella di Pascoli è fatta di rinuncia e mortificazione (D’Annunzio aggiunge e Pascoli sottrae). D’Annunzio non si laureerà mai, nel 1910 vive in Francia (fuggito a causa dei debiti) e quando nel 1912 gli viene offerta la cattedra di Pascoli, lui rifiuta, ma gli studenti insistono perché lui insegni; lui rifiuta di nuovo e augura agli studenti di liberarsi dalle aule universitarie (in quegli anni c’è una volontà di distruzione della cultura - anni del futurismo e dell’avanguardia). Viene anche scoperto il mito di Rimbaud, ossia il poeta che ha distrutto la poesia e D’Annunzio fa suo questo mito (predominio della vita sulla cultura e distruzione della cultura). I futuristi imparano tutto da D’Annunzio. ● PASCOLI Dal 1883 insegnerà in varie università, tra cui Pisa. La sua vita è piena di traumi, umiliazioni e sconfitte, tuttavia fu D’Annunzio ad essere il più generoso verso di lui; nel 1885 viene chiamato a dirigere la rivista “Cronaca bizantina” e chiama Pascoli come collaboratore, ma rifiuterà e la rivista chiuderà dopo poco. Poi D’Annunzio inizia a corteggiare Eleonora Duse (diva del momento) mentre Pascoli la ama da lontano. Pascoli collaborerà al "Convivio", un’altra rivista che D’Annunzio crea insieme al suo finanziatore nel 1904. D’Annunzio mentre fa il servizio militare nel 1890, va a trovare Pascoli e si conoscono, nel 1892 D’Annunzio scrive un lungo articolo su Pascoli e, nella prefazione di “poemi conviviali” del 1904, ricorderà il 1895 quando incontrò D’Annunzio e vide Roma per la prima volta. *golfi d’ombra= seni *il verde ci richiama (pascolo “seminato” di animali), ci porta alla pace e alla vera conoscenza. NB: la O è ultima perché si segue l’alfabeto greco. Rimbaud scrive la “lettera del veggente” dove dice che se noi iniziamo ad interrogarci sulla natura dello strumento, cioè da dove vengono le parole, ci troviamo di fronte al paradosso di Babele. Il linguaggio è un diaframma verso l’essere, ossia il nostro linguaggio, dopo Babele, non è più puro e la volontà è quella di conferire alle parole una qualità essenziale, dunque tirare fuori l’essenza della parola con tutto ciò che essa ci suscita. Rimbaud e Mallarmé si buttano, da una parte, all’astrazione assoluta, dall’altra al tentativo di creare una nuova lingua poetica. La lingua della comunicazione non vale per fare poesia. Quadro “La nuit” Il figurativo inizia ad essere affascinato dall’oscurità del non figurativo, ma la faccia terrorizzata dell’uomo guarda la forma nera di fronte; l’oscuro ci spaventa perché non lo usiamo. Mallarmé e Rimbaud invece decidono di lavorare con l’oscurità. “Vocali” e “Il battello ubriaco” chiudono l’infanzia di Rimbaud. Le sue fasi sono: la poesia in latino, poi passa alle poesie scritte per piacere al pubblico. “Venere anadiomene” Rimbaud Ossia Venere che esce dalle acque, con una nuova bellezza che va però verso l’orrore. Questa vecchia carcassa, impomatata nella testa, ha tatuato “Bella Venere” quindi una Venere che nasce dalle acque della modernità, cioè dell’orrore. “Il male” Rimbaud Il male è Dio ed è riferito alla guerra del 1870; Dio ride delle distruzioni della guerra, è ricco e si ingozza di tutto, ma allo stesso tempo è un poveraccio. Quindi Dio è il male perché segue gli eserciti. “Gli attoniti” Rimbaud Ci sono 5 bambini di fronte al male rappresentato dal pane che gli viene sottratto, loro restano stupefatti ma anche bianchi perché illuminati da una luce calda, mentre sono al freddo. Il pane per alcuni è un sogno doloroso, quindi i bambini si accucciano e, dalla tensione, stanno piegati, fino a strapparsi i calzoni. “I seduti” Rimbaud Poesia che va contro i bibliotecari, vengono immaginati come un ibrido disumano che si è accoppiata con le sedie creando una fusione tra umano e sedia; le sedie impagliate si sono abituate ai sederi dell’uomo, quindi anche loro hanno contribuito a questa unione. Le spighe che formano le sedie è come se si riaccendessero ricordando l’anima del grano. “Preghiera della sera” Rimbaud Un bambino “angelo”, seduto dal barbiere, con forti scanalature in evidenza (beve un bicchiere di birra) il pomo d’adamo curvo, una pipa tra i denti e sotto il cielo con nuvole trasparenti (velature). Il cuore è triste come una resina che macchia le dita, poi quando ha dimenticato tutte le idealità e ha bevuto molti bicchieri (sente il morso di un idealità tradita, ingoia i sogni) si alza e si concentra per pisciare. La natura, in questo arco dorato (pisciata) vede il passaggio del sole e dell’astro. “Sognato per l’inverno” Rimbaud Un vagone letto rosa per 2 amanti che fuggono dall’orrore del mondo in un sogno romantico, con questa graffiatura che sembra un bacio ma anche come un ragno che scappa. Rimbaud cerca di diventare poeta scrivendo dalla provincia, poi scrive a Verlaine per farsi conoscere, ed egli lo invita a Parigi, lo porta nei circoli a leggere le poesie, ma dopo poco inizia a chiudersi e non leggerà più; nel frattempo scoppia la guerra e dopo di essa Verlaine viene perseguitato dalla Comune di Parigi e la moglie scappa con Rimbaud, all’epoca 16enne. Durante una forte lite a Londra, Verlaine spara a Rimbaud e poi viene incarcerato e condannato per tentato omicidio (periodo della poesia “Il battello ebbro”). Dopo questo periodo, Rimbaud scrive la sua unica opera completa chiamata “Una stagione all’inferno”, Verlaine fu l’unico ad apprezzarlo e capirlo, ma tutti lo odiano per averlo fatto finire in galera. In quest’opera immagina il tentativo di riscrivere la storia sua e di Verlaine come un corpo e un’anima, e un’anima strappata dal corpo e che parla con questo corpo (dualità); Verlaine cerca di tornare indietro nel tempo immaginando di essere un pagano che si fa massacrare dalla sapienza occidentale. Frase “Io è altro”. La nostra identità sembra nostra ma in realtà è determinata dagli altri. Scrive anche “Le illuminazioni” in prosa (non c’è più la versificazione). Rimbaud viene accomunato a Baudelaire per il suo bisogno di primeggiare su tutti, a causa dell’abbandono del padre e della madre che si chiude nel dolore. In Italia le poesie di Rimbaud arrivano nel 1884, tra queste c’è “Le strenne degli orfani” che piaceva molto a Pascoli, “strenne” ossia regali. 2 bambini scoprono di essere rimasti orfani a Natale e l’amarezza è data dai regali. “Le strenne degli orfanelli” Rimbaud I bambini sono nella camera che sussurrano… e il nuovo anno che arriva. Si ricordano i regali dei natali precedenti. Il tema dei bambini impauriti e soli nella camera, tornerà nella poesia “I 2 fanciulli” di Pascoli. “I due fanciulli” Pascoli Garruli= chiassosi. Ci sono terzine in rima A-B-A. I 2 fanciulli erano intenti a giocare nei loro chiassosi giochi e si dissero l’un l’altro parole più grandi di loro, cioè si insultano; si riconobbero rabbiosi. Entrambi, si picchiano e si fanno sanguinare il volto, la madre li vede, impallidisce e li stacca perché sembrano 2 leoncini che si stanno picchiando. *Ma tu madre spaventata che vedi quei bei capelli ora strappati e pestati, li staccavi e intimavi loro di andare a letto. Le vaghe ombre dentro la casa sembrano zittire i bambini che stanno piangendo, dopo inizia la paura del buio. Il cuore dell’uno sentiva il battito dell’altro, passa la paura (fanno pace), poi viene la madre ed esplora col lume velato, guarda e vede che dormono stretti come angioletti. Morale: uomini, nell’ora in cui diventate violenti come lupi, pensate, come quei bambini, a tutto il buio dell’ignoto che ci circonda; pensate a quante cose ci sono al di fuori, molto più potenti dell’uomo, fate la pace perché sono troppe le cose ignote e che la morte vi trovi buoni e abbracciati l’uno all’altro. NB: Pascoli fonda il bene sul paradosso della paura. 07.12.2022 ● “L’onda” Gabriele D’annunzio *Nella cala protetta, il mare scintilla come intessuto di scaglie luminose e riflette la luce come l’antica cotta di maglia del catafratto; e sembra essere cangiante, la forza del vento intacca l’onda come un colpo di spada che rende più larghe le maglie della cotta del catafratto (ossia le disfa); quindi subito l’onda cade, ma il vento ne crea un’altra e si perde “come un agnello che pascola”. NB: gioco di rima baciata con i suoni *Nel suo nascere questa nuova onda è più delicata e dolce del ventre di una vergine che respira; l’onda palpita e sale, si gonfia, si illumina, va verso il basso, il dorso ampio splende come cristallo e la spuma dell’onda sembra la criniera di cavallo. NB: è un’onda sonora che ci travolge / il vento è avverso e fa cadere l’onda “da cavallo” quindi si spezza e precipita nel cavo del solco, sonora (allitterazione). *un’alga morbida e fresca che viene portata via dall’onda, cuora e ulva= alga ; va avanti fino a quando c’è la risacca dell’altra, i movimenti si perdono l’uno nell’altro, l’onda avversaria con diversa inclinazione gli va contro (una va avanti e una indietro), la sormonta, la rende più grande… nella risacca è come se spumeggiassero delle iridi che continuano a fervere e spumeggiare (l’onda è effervescente nella risacca della spuma che ricorda il bianco di tanti occhi); sembra che l’onda scintilli di crisopazzi e di birilli (tipo smeraldi). *oh la sua voce (dell’onda), è una voce che sciacqua, scroscia… fa l’accordo oppure è discordante, ed è capace di accogliere dentro di sé tutte le dissonanze anche più acute e impresentabili, nelle sue evoluzioni profonde; è come una creatura che vive il suo mistero fugace (ossia, ogni onda è diversa). *Sulla riva c’è una donna scalza dalle gambe lisce (il vestito è tenuto su per il lembo) che sente un’onda, Aretusa (personaggio della mitologia greca, fonte Aretusa) che sta rubando la frutta, lascia il lembo e la frutta cade, e subito sentendo l’onda, il viso è come illuminato dalla luce del giorno, va verso l’onda e in questa musica seducente si dimentica il furto di frutta e anch'essa si gode all’asciutta il suono delle onde che si infrangono, quasi che tutta la freschezza del mare le fosse giunta dentro come una nube (si gode la nube che la accoglie in un rapporto voluto). Finale: non parla di nessuna onda, ma della poesia stessa, cioè una poesia dedicata alla “mia” strofa lunga (onda sonora e luminosa dei versi). Le repliche di Nina” Rimbaud / “Quel che Nina non dice” *Il vino del giorno= il giorno che ha lo stesso colore del vino. Qui si gioca molto con il lettore con il finale sorprendente. “Il miracolo” Pascoli Qui Pascoli gioca su come la lingua poetica può aprire un nuovo senso agli occhi e di come si possa giocare con suoni e colori, legando appunto i colori alle vocali. Il “miracolo” è Gesù che ridà la vista al cieco (miracolo della poesia che ci tocca e ci fa vedere la metafora translinguistica che mostra “A nero”). *il bianco (vocale patronimica A), dove non ci sono le piastrelle vediamo l’azzurro tra le macchie bianche, ossia il cielo, il mandorlo si sfogliava di foglie che sembravano bianche ali di farfalle. *il verde (E) e lo smeraldo del muschio, le canne col ciuffo verde, sbocciava la ninfea tra le rane e i rospi. tutto questo, tempo sarà che avverrà tutto questo, o sarà tempo; ma se alla fine dei tempi; verrà che (crescendo di catastrofi). *Tempo sarà e io morirò, però spero, che anche se la mia pupilla sarà chiusa, la mia visione non sarà finita, o che io sia come il cieco che sa che c’è qualcun altro intorno che vede, noi siamo vivi e stiamo vedendo qualcosa, ma tempo sarà che anche tu Terra, verrai distrutta, sarai colpita dall’urto di una grossa mole e diventerai un altro sole, e con te scomparirà la morte e la vita. *forse ci sarà qualche altra forma senziente di vita che potrà vedere la traccia bruciata del pensiero umano. *sole contro sole e scende le sue fiamme verso di noi (immagine apocalittica); titanismo pascoliano: anche se tutto questo dovesse succedere, spera che rimanga la memoria della scena descritta (del fanciullo che non vuole morire) e che ci sia qualche presenza confortante, e se dopo arriva questa eternità che cancella tutto? Se dopo il collasso dell’universo, la neve dell’eternità cade lentamente e cancella tutti i soli dell’universo? NB: Pascoli parla a tutto l’universo e gli dice di non far scomparire il suo sogno regressivo, ossia di dormire e sapere che di là c’è la mamma, o qualcuno in giro (pretesa di Pascoli, dove la sua anima fanciullesca ha vissuto un’ora); lui pretende di essere conservato anche con la nascita di una nuova era. *lo zio Meo mentre guarda le costellazioni prova lo stesso tentativo di sopravvivenza delle formiche, ossia un urlo cosmico e domestico; ed è contento che piova perché il suo pensiero va ai solchi che ha tracciato e seminato, e San Martino (estate) aveva fatto piovere di più. Così lo zio Meo andava a dormire parlando di Chioccetta e Mercanti (costellazioni), trovando un ordine simbolico dove in realtà non c’è. NB: l'obiettivo di Pascoli era mantenere intatta la sua nevrosi anche dal disastro cosmico della fine del mondo. La sua nevrosi deriva dal conoscere sempre meglio la scienza e dal tenere di più la fede del fanciullino. Pascoli, inoltre, ha un’etica del sacrificio, della rinuncia e il vedere sempre sotto il piacere, la morte; soprattutto tenta di trovare la fratellanza tra le classi (capirsi a vicenda). 13.12.2022 “Italy”, Giovanni Pascoli Fa parte dei primi poemetti. In essa c’è un versante della montagna in cui parlano i vegliatori intorno al fuoco; e dall’altra parte, in un’altra stagione (febbraio), una famiglia ritorna in Italia dagli USA per vedere se la loro figlia può guarire dalla malattia che la sta consumando, quindi tornano nella loro vecchia casa a Caprona (Pi); parla del problema dell’immigrazione italiana. Qui, Pascoli scrive degli endecasillabi “limite” che sono nascosti, inoltre, la cantabilità dei versi viene compromessa perché gli endecasillabi sono scritti in inglese. Canto primo: *Maria= nipote, talla= talea, ossia la parte tolta da una pianta e ripiantata da un’altra parte. *...con quel tempo, in una sera di Febbraio, visto che pioveva, la strada era deserta…e le gocce tamburellavano sull’ombrello…l’ombrello gli era stato prestato da Taddeo (nonno)... “era una talea del ceppo vecchio”= un’appendice di questa famiglia; “suonare l’Ave Maria”= campane per festeggiare il loro ritorno. *immagine del cane fedele (rif. Argo) *la vecchia madre curva e sfatta e accostando agli occhi la punta del pennello, con un fil di voce gli chiede notizie; tutto nella casa era vecchio e scuro, le vacche vivevano insieme a loro e la parte abitata da loro era in parte ben riempita; la bambina bionda parlava e la sua nonna stava a sentire (la bimba parla solo inglese e la nonna non capisce), la nonna risponde “ma che carina, non sembra un usignolo che parla tra le fronde?” la bimba dice in inglese “questo è un pollaio” e dice allo zio Joe, sempre in inglese, “che brutta nazione la tua Italia”; si immagina l’Italia che se la prende a male e allora gli manda un tempo peggiore, ossia le notti della candelora (più freddi dell’anno) infatti nevica e si sentono dei tonfi che non si sa cosa sono; la bambina vede la neve che splende sotto l’aurora e la montagna è ricoperta (montagna dell’uomo morto), Maria “Molly” guardava fuori dalla finestra, aveva le guance rosse e gli occhi lucidi perchè ogni tanto dava un colpo di tosse, la nonna affettava il pane e diceva alla bambina di stare vicina al fuoco perché “nevica” (“Nieva”, rif. “never more” del corvo di Poe) e Beppe dice a Molly che qui non trova né torta nè farina, allora lei pianse, perchè aveva capito “mai” (nieva/never) e Beppe le spiega che sarebbero rimasti lì fino alla sua guarigione. “Scianto”= vacanza, distacco. *sapendo che sono arrivati, allora arriva gente alla loro casa e Joe parla con tutti, “baschetto”= basket, scatola dove prima vendeva i santini, ha un “saloon”= ristorante con tanti coperti “boards”; la gente capiva altro; “l’ho visto quando ho ripreso il vaporetto” (steam). *ognuno, mentre il vento soffiava fuori dalla finestra, si godeva i cari ricordi, “quando siamo arrivati dall’altra parte dell’oceano e vagavamo per queste terre ignote, essendo incapaci di non dire nulla, a cercare di rifarsi un nido per riposare, un campo da vangare ed essere capaci di cacciare nel passato quel grido di quando era lì con la scatola piena di immagini di città americane; con una voce che accora “cheap” (rif. usignolo). *adesso la canzone è solo quella del gallo che canta sopra il tuo concime (sterco di casa); uno guardò la piccola straniera (prima non vista= muta) che tossì e gli chiese “ti piace questo paese?” e lei negò severa dicendo “bad Italy”; l’Italia si vendica col maltempo, “si fosse stretta”= cioè quando si stringe un telone e scende più acqua; “ferraietto”= modo di dire febbraio corto e maledetto; la mamma sta filando e la figlia le chiede perchè, dal momento che nessuno fila più, e lei risponde che sono usi di una volta (rif. “tempo delle fate”). NB: telaio meccanico come emblema del progresso del tempo per Pascoli. *"prosciugare la bocca”= riferito al filo di lana che si succhia; e allora ad ascoltare ciò, la mamma con le dita magre prendeva pizzichi di lana da tenere insieme, lentamente, per fare un lavoro più preciso; la madre dice alla figlia che questo lavoro lo faceva “al tempo delle fate” (in passato); la notte uscivano le stelle a poco a poco e le gocce venivano giù dentro le grotte…; Molly, in cantuccio, tossisce solo quando non la sentono più tossire, quindi per non farsi sentire (lei voleva andare via da lì); la nonna al telaio, Molly tossisce e quando lo fa vicino alla nonna, non vuole che lo faccia vicino a lei per non contagiarsi; le piace vedere la nonna che lavorava e godeva a guardare la danza dei fili del telaio e di tenere in mano la navicella lucida d’oliva che si passa sulla base. *un giorno che veniva giù la pioggia torrenziale disse alla nonna “Die?” (morire), la bimba si mise sulle ginocchia della nonna, chiuse gli occhi, le mani al petto, ripetendo “die”. Canto secondo: *Italy allora ebbe pena di Molly e fece arrivare un vento buono che fece tornare l’aria serena, facendo andar via le nubi, una pace regna sovrana in questa poesia, e allo stesso modo in cui cade una goccia dai fiocchi del nocciolo in fiore (avellane, rif. goccia che cade dall’occhio del bambino che sta giocando); Molly andiamo a giocare, non c’è più brutto tempo, ma solo qualche goccia di pioggia; arrivano altre persone che vengono dagli USA, che vengono a parlare con Molly (“sweet”= dolce, ma riferito a uccelli che tornano al nido, quindi famiglia che torna al nido); e anche loro sono felici di essere tornati alle loro case che tu chiamavi “brutte” ma che per loro sono dolci, perché sono il loro nido. *Rivolto alla nonna: durante questo inverno, ha lavorato così tanto che non riesce più a riprendere fiato, quindi Molly, porta alla nonna stremata, la sua bambola Dolly nel lettino piccolo. Finale: *la nonna si è tessuta con fatica il suo lenzuolo, ma da morta, tu (Molly) hai imparato qualche parola che balbetti, mentre lei ha imparato da te solo “die”, lascia lì il lettino con la bambola, lascia vicini i 2 letti, la bambola non dorme, ha gli occhi aperti e pare che aspetti che li apra la nonna che ora dorme in pace (rif. resurrezione mischiata con horror, la bambola sembra attendere in silenzio che la nonna si svegli); prima di andartene, Molly, vieni a vedere come teniamo i nostri morti, il cimitero è tenuto bene con fiori freschi e qui riposa la nonna che ti volle tanto bene. *Prima di andare, portati via un fiore…*momento dei saluti*... il tempo pare far bello, si sono fermati da febbraio a maggio (tempo che diventa bello), ritorna l’immagine del nonno solo, perchè la nonna è morta, Molly è pronta a ritornare col bel tempo. 14.12.2022 Capitoli da studiare sul manuale: Filippo Tommaso Marinetti, Sibilla Aleramo, Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Dino Campana. MARINETTI Nasce nel 1876 ad Alessandria d’Egitto, viene poi cacciato dalla sua città natale perché porta in collegio un romanzo di Emile Zola, perciò frequenta l’ultimo anno di liceo a Parigi (1894). Marinetti si accorge della discrepanza tra la poesia francese e il panorama italiano; quindi in questi anni Marinetti si vanterà di essere stato a contatto con nomi celebri di pittori e letterati (es. Mallarmé). A Parigi pubblica il Manifesto del Futurismo (espressione italiana del modernismo, ossia tutte quelle correnti che, rifacendosi a Mallarmé e Rimbaud, distruggono l’ordine logico della poesia, ma anche le premesse e i fini). Il poema “un colpo di dadi, non abolirà mai l’azzardo” di Mallarmè è importante perché ha nuova forma grafica, ad esempio i caratteri non hanno tutti la stessa dimensione, quindi la pagina diventa uno spartito musicale e ciò permette una lettura più stratificata (caratteri diversi sono tipici del futurismo); il poeta diventa un operatore che organizza tali frammenti. Il punto era l’idea di un testo creato dalla sorte, con tanti frammenti incastrati in modo casuale ma che mantengono una linearità; Mallarmé con questo poema ci vuol dire che un problema non può essere risolto con ciò che l’ha creato, cioè non si può battere l’azzardo con l’azzardo. Marinetti era affascinato da tutto ciò, inizia come scrittore francese, ma è in Italia che riceve prestigio; lui disse che la Francia era migliore dell’Italia. Quando fonda il futurismo diventa un nazionalista convinto; sorpassa Rimbaud e Mallarmè, e idolatra la macchina (soggiogare l’uomo alla macchina). Il culto della macchina poi si unisce a quello della guerra. Allo scoppio della guerra, i conflitti nelle letteratura, spariscono di fronte alle ragioni di stato. ARDENGO SOFFICI e SIBILLA ALERAMO più famose intitolata “La signorina Felicita, ovvero la felicità” (viene spezzata la trama logica dell’endecasillabo e tutto è in prosa). La profondità di Gozzano viene dal suo male (tisi). 10 Luglio: Santa Felicita (un anno dopo) *...e rivedo anche il bluastro fiume della Dora che lambisce quel paese (che ancora non dice); cosa farai a quest’ora?... penserai a me, all’avvocato che non fa ritorno (che morirò); ascesa= salita; il tuo avvocato pensa ai giorni dell’autunno scorso…”marchesa maledetta” (proprietaria della casa), “busso”= arbusti; i cocci di vetro sulla cinta (muraria) vetusta alla difesa (cocci aguzzi che fanno male). *Paragona la Villa Marena, cinta da una cortina di granoturco fino al tetto, ad una dama contadina; che bell’edificio, ma triste e inabitato, con le grate panciute (che sporgono in fuori), intrecciate, c’è un gran silenzio e le stanze morte (fuga delle stanze vuote), odore d’ombra, cioè odore di chiuso e passato; fiabe defunte= disegni sulle porte; arredo che mescola l’antico e il nuovo, e che malinconia, perchè lo adoravo; il modo con cui sono decorati i divani in stile impero e la cartolina della bella Otero (ballerina e prostituta famosa), infilata dentro la cornice; mi piacevano quegli oggetti “forbiti” (linguaggio che usa più termini), quindi suppellettili che sanno parlare bene; armadi immensi pieni di lenzuola che tu, Felicita, rammendi dai buchi. *racconta il loro periodo insieme, parlando del padre di lei… un contadino maleducato ma che mi accoglieva e non si curava di lui; il padre era inquieto e lo portava nel salone, leggeva un atto notarile: e io distratto da…, non sento quello che dice; paratie= separè; e lei che appare e dice “ecco il nostro malato immaginario”; lei ha le lentiggini, la bocca larga e rossa. *ogni giorno salivo a trovarti… la stoviglia semplice ma con i fiori e i discorsi che si facevano a tavola; per la partita a carte giungeva tutto il collegio politico locale, quei signori lo disprezzavano perché era sempre trasognato, cioè pensa ad altro (lui è innamorato di questo anti esotismo), quindi lui va in cucina e questo silenzio mentre lei rigoverna le stoviglie è estasiante (lontano dal suo io). *una poesia che ha come ritmo, il suono delle stoviglie che vengono riposte dopo essere state lavate. *Gozzani cita Pinocchio: sente il suono di un grillo canterino, lui si sente come Pinocchio e vede il suo destino (=di Pinocchio, ossia bruciarsi i piedi), il suo perché è bugiardo, perchè c’è la voce della coscienza e della sua fine; vedevo questa vita che mi “avanza” e finge di aggrapparsi alla vita semplice; chiudeva gli occhi come se vedesse il terrore della propria morte, ma si vede lei davanti e ri fiorisce la speranza; e giungevano le risa e le parole “motti” brevi. *Lei lo porta a vedere il solaio, soprattutto il ritratto della marchesa: bellezza dei solai dove c’è un rifiuto, ma noi non lo consideriamo un rifiuto; in quella tomba (solaio) dove tutto è morto (inutilizzato) apparve la tela della marchesa, che lasciò la casa al nonno di Felicita, ma piena di ipoteche; si sente solo il nostro passo che diffonde il proprio eco tra quei rottami di un passato vano; la marchesa aveva una veste con la cintura alta e una gamba che esce dalla veste con il piede nudo in mano; si riposa all'ombra di una località arcade (arcadia), sotto un cielo pagàno. *intorno al quadro della marchesa che rideva illusa nella cornice, e che invece morì di fame, vi erano una serie di cose logore buttate alla rinfusa (in modo confuso), “ciarpame reietto così caro alla mia musa”: musa di Gozzano; c’erano anche delle stampe di personaggi famosi, e così incoronato dalla corona d’alloro, vede Torquato Tasso, e lei crede che l’alloro sia un ramo di ciliegie. *Io risi mentre camminavamo nel corridoio e pensai che cos’è la gloria? Che cos’è diventare un grande poeta prima che la morte mi porti via?= A rimanere nel corridoio basso, in mezzo al ciarpame, in una cornice. *quasi sentendo un richiamo, guardo fuori dalla finestra (abbaìno del 600), a telai fitti (molti telai) e il vetro dietro forma delle increspature che rendono innaturale ciò che c’è fuori. *Il paesaggio, reso bello perché deformato e reso non vero, sembra riquadrato a piccoli pezzi e il mio sogno di pace si protese (cerca la pace nel tramonto). *sono al sicuro dentro questa villa, ma oltre quei colli c’è una cosa che si chiama mondo ed è meno bella, perchè piena di lotte e commerci (modernità); “cosi con 2 gambe”: uomini che fanno tanta pena. *la grande falce della morte, conta le fosse, ma l’umanità è incapace di vivere in pace ed è sempre presa dall’odio e dalla violenza, divisa in nazioni tra loro opposte come formiche rosse e nere; che si dichiarino pagani o che siano all’ombra della croce, in realtà tutti adorano un solo Dio e tutti travolge il turbine dell’oro; ecco perché la mia musa sono le cose vecchie, perché anch’io sono una cosa vecchia; meglio fuggire dal mondo, dalla guerra atroce del piacere, dell’oro, e della gloria poetica (alloro). *Oh, la gloria poetica. Che bambino semplice che fui quando avevo il cuore in mano e la fronte non corrugata dai tanti pensieri. Oggi la gloria poetica, sancita dall’alloro, è il premio riservato a colui che cantando le sue lodi, tra squilli di trombe, esalta se stesso che sale come un ciarlatano alla ribalta della fama, per far sì che gli altri parlino di lui. *Scorgevo una falena notturna, con la testa di morto sulla schiena, si ferma alla parete, con le ali chiuse, solletico con le dita sulla dorsale delle ali, allora si librò per la stanza con ronzo lamentoso, “che ronzo triste”: ricorda la morte; nulla si udiva se non la falena (sfinge) che stava in gran pena; e dalle vigne si sentiva il canto dei vignaioli che lavorano… e si sente chiamare “venite giù!”, era Maddalena, inquieta che si faccia tardi; lui insiste per guardare il tramonto fuori, vedono comparire le prime stelle, ma lei si alzò per scendere, perchè potevano pensare che facessero cose poco belle. *Tutto ciò che prima mi piaceva, ora non mi piace più (è stanco delle donne dannunziane); vennero donne con il cuore in mano verso di me, ma ognuna si dileguò senza lasciare traccia; la signorina Felicita potrebbe cambiare la natura del freddo sognatore ed esso verrebbe educato al tenero prodigio dell’amore. *Lei la fissavi con gli occhi fissi mentre cuciva, lui le prende le mani e le chiese: “se non morissi, mi prenderebbe per marito?”, e lei si ripiega sulla panchetta, mette le mani a coppa a viso, simulando singhiozzi acuti e strani come fa la scolaretta. *ma poi piange davvero, lui si accorge e tentò di sollevarle il viso inutilmente, allora per farla ridere gli fa un gesto sull’orecchio e sul collo, e lei rise. *Oggi mi vergogno di essere poeta! “La terra è tonda ma tu non credi, tu ignori questo male che si apprende in noi (letteratura)”; mi piaci, perchè non hai cultura e perchè non mi comprendi; e io non voglio più esser io (rif. Rimbaud); andrai via dall’odore che c’è dentro le farmacie (ipecacuana); e se ne va. 20.12.2022 - I colloqui: liriche (Gozzano) da pag. 57 a pag. 80 Sez. n° 6: desiderio di Gozzano di smarrire il proprio io. «Ma dunque?» - «C’è il notaio furibondo con Lei, con me che volli presentarla a Lei; non mi saluta, non mi parla....» «È geloso?» - «Geloso! Un finimondo!...» «Pettegolezzi!...» - «Ma non Le nascondo che temo, temo qualche brutta ciarla....» «Non tema! Parto.» - «Parte? E va lontana?» «Molto lontano.... Vede, cade a mezzo ogni motivo di pettegolezzo....» «Davvero parte? Quando?» - «In settimana....» Ed uscii dall’odor d’ipecacuana (=radice per dormire) Domanda sez. 7 da poesia “Felicita”: Perché il notaio è geloso?= perché il farmacista ha fatto da mediatore e ha fatto sì che si incontrassero. Perchè si sono incontrati?= forse perchè c’era il discorso dell’ipoteca e allora il farmacista ha suggerito un avvocato di città. Cosa dice Gozzano?= “ma dunque… è geloso”; e non c’è da aver paura di far pettegolezzi. *”lei va lontano” dice il farmacista. *I (grande): modo di destrutturare la poesia, immaginando la luna piena che pare un punto sopra una “i” gigante; quest’io si guarda con ironia e pietà, come guarda il resto del mondo Sez. 8: giorno degli addii. Pag. 84, 2° strofa: lei, come se fosse una ragazzina, incide sul banco il nome intorno ad una ghirlanda, lui è contento, “ha inciso per me”; e deve mantenere la promessa; giunse il lungo distacco, quando le donne amate che vestivano abiti senza balze, ma in bande lisce e crinoline, uscendo fuori sul balcone e protendendosi, singhiozzando, salutano le diligenze che vanno al confine, e anche tu Felicita, mi apparisti, come in una poesia di Giovanni Prati. Gozzano è il primo ad interrogarsi sul “colore” del tempo come elemento poetico, dunque da lì nasce la sua ossessione per gli oggetti (vedi “L’amica di Nonna Speranza”). “Ah! Difettivi sillogismi” (Gozzano) Cit. dantesca, il sillogismo è un ragionamento logico, il difettivo sillogismo è un ragionamento logico sbagliato perchè una delle parti di esso sono fallaci o non consequenziali. La poetica di Gozzano era del “rampino”, cioè leggeva altri autori, segnava delle parti e tirava fuori la sua poesia (es: rif. Pascoli, nel finale del “Ciocco”, viene affermata la persistenza singola dell’io, speranza che l’io venga mantenuto; ma forse ci sono anche altre prospettive). *l’io muore ad ogni istante, perché noi cambiamo; ci trasformiamo, dormendo, da svegli… ma ci tranquillizza il pensiero, che al risveglio, ritroveremo intatto e vigilante il buon fanciullo interiore, che ci ripete di essere sempre noi. *noi vediamo che l’io se ne va, e chi è malato di alzheimer vediamo che quella persona è già sparita, e cosa vogliamo credere di vedere? che ci sia quell’io che già vediamo morire, “L’Allegria” (Ungaretti): prima si chiamava “Allegria di naufragi” del 1919 (=naufrago felice perché sopravvissuto al “naufragio” della guerra). La prima parte si chiama “Ultime” e l’ultima si chiama “Prime”, cioè le ultime poesie della giovinezza e le altre sono le prime poesie di un’altra epoca; le sezioni centrali sono “Il porto sepolto”, altre sono “Girovago” e “Guerra”. Scompare il ritmo, l’ironia crepuscolare, del verso italiano e referente intelligibile. La comprensione arriva per altre vie e si sottrae alla parafrasi. NB: il suo rapporto con la femminilità è caratterizzato da un affetto stabile e familiare. Ungaretti affida molta della sua costruzione poetica al deittico (es: Mi, Si, inizio di “Soldati” e “Mattina”; il m’i di “m’illumino d’immenso”, indica un ingresso di un gradiente poetico nuovo, è qualcosa che non si può fare nel mondo reale, ossia m'illumino dalla luce e non perchè sono una lampadina; quindi c’è una trasformazione del proprio corpo e del proprio io. Un’altra cosa è il lavoro con il nulla, rif. a Mallarmé , cioè lavorare con la pagina bianca dove le parole sono in disordine; quindi l’importanza del nulla come elemento costitutivo della poesia e suo ultimo fine, il nulla come garanzia di uno spazio interiore, testimonianza intesa come traccia e mancanza). Eterno: fiore assente da ogni bouquet (rif. Mallarmé) perchè è ideale, cogliere un fiore e donarlo è un tentativo di trasmissione del sapere, dell'eternità e dell’inesprimibile nulla; e proprio la poesia è quell’inesprimibile nulla che sta tra il gesto di raccogliere (isolare da un contesto e dare un’altra funzione) e una grammatica chimica per parlare solo con un’altra specie (insetti); quindi ciò che non si può dire (fondamento della poesia). Il porto sepolto: ha delle date importanti, perché in trincea non sai mai quando puoi morire; perciò, in guerra, Ungaretti ripensa al suo amico suicida e inizia ad interrogarsi sul problema dell’identità e la scoprirà alla fine quando vedrà sull’uniforme del soldato italiano la culla del proprio padre (lui che è uno sradicato). * Il porto sepolto è un’idea, di un porto sepolto dall’acqua ad Alessandria d’Egitto, l’immagine di questo porto perduto si fonde con l’idea della poesia come qualcosa di sepolto e profondo. Questa è una poesia al quale si giunge andando in fondo, una volta raggiunto, il poeta ritorna alla luce e disperde i suoi canti (=poesia), e di questa poesia resta il nulla inesauribile e inesprimibile (finchè ci sarà il nulla, ci sarà il segreto). Deittici: “questo” e “quella”. In memoria: Mohamed diventa Marcel, ma non era francese, ed era incapace di vivere come vivevano i suoi antenati emiri (identità sospesa: non è una cosa e non è più un’altra; e non può tornare indietro perché ha letto Nietzsche). *Non sapeva più lasciarsi andare e abbandonarsi, perchè non credeva più nella poesia ma nella filosofia e nel nichilismo di Nietzsche; *ho accompagnato la sua spoglia…allora riposa nel camposanto di Ivry, un sobborgo che pare sempre in una giornata in cui si è sbaraccata una fiera; *e forse io solo so ancora che visse (in una giornata di guerra, pensa ad una morte precedente, in questo caso a Mohamed). Lindoro di deserto: qui c’è qualcosa di molto chiaro ma anche di molto oscuro. “Il silenzio degli occhi” è una sinestesia che indica gli occhi che non vedono, cioè chiusi; mozzare il silenzio degli occhi vuol dire iniziare a vedere perché si aprono le palpebre; apro gli occhi perchè mi sveglia il “dondolare/frullare” di un volatile che si sposta nella nebbia, il fumo del mattino oppure delle esplosioni, come se il vento portasse su di me la sete di un desiderio di amore (Ungaretti si sveglia in guerra ma spera di essere nel suo letto con una donna); si spippola= si sgrana; la mia sete di baci sembra portata dal vento, la mia sete assomiglia ad una barriera corallina; si illumina, cioè diventa chiaro, all’alba. NB: in guerra venivano censurate molte poesie. Svegliandomi in guerra, la mia vecchia vita sembra travasare dentro di me, cerco di vedere e mi specchio nei punti di mondo che avevo compagni, la mia vita dipende da loro, fino alla morte in balia del viaggio; il sole spegne il pianto= rinasce il sole e spegne l’orrore della notte, mi copro con la luce del sole, come se facesse da trapunto, è un manto tiepido e fatto di oro pulito, l’oro della poesia e della natura. Lindoro è una maschera veneziana del ‘700 e Ungaretti si immedesima in un giovane innamorato nel deserto; Lindoro ha solo sete di baci. E da questo deserto, mi affido alla speranza di un tempo migliore. Annientamento: indica il modo di annientare il proprio io, cioè perderlo ed essere una docile fibra dell’universo. Il cuore ha prodigato le lucciole: è giunta la notte e sono arrivate le lucciole, ma vengono come da dentro il cuore, cioè le ha disseminate, si è acceso in un posto e spento in un altro; ho scritto solo quando c’era la luce verde, cioè quando il cuore pulsa (Ungaretti ha compitato, perciò è un poeta); con le mie mani, plasmo la terra piena di grilli, cioè è primavera e modulo me stesso come se fossi io la mia creazione. La poesia è modulata dal mio cuore. Mi sono disteso come lo smalto e le margherite mi hanno smaltato, cioè sono diventato loro; è come se fossi cresciuto in questa erba brutta, mi sono colto e ho capito chi ero nel fiore della Spinalba; oggi come mi specchio e fisso il mio volto dentro questo fiume e mi trasmuto in un volo di nubi perché non guarda il suo sguardo come Narciso, ma guarda dietro la propria immagine e l’io si fonde nel paesaggio. Dopo che il mio essere sgomento, è sfrenato, il mio cuore non batte più, non ho più tempo, non ho più luogo, sono felice perchè mi sono trasfigurato in qualcosa che non è il mio io e tutta la natura è stata trasformata in arte (“io sono la statua vivente di questa natura e di questa arte).
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