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"Letteratura spagnola contemporanea" Danilo Manera - parte 1 (8 capitoli), Sintesi del corso di Letteratura Spagnola

Sintesi della prima parte del libro (parte storica + alcuni autori)

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 24/06/2022

Dulcet-Dina
Dulcet-Dina 🇮🇹

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Scarica "Letteratura spagnola contemporanea" Danilo Manera - parte 1 (8 capitoli) e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! LETTERATURA SPAGNOLA CONTEMPORANEA CAPITOLO 1 – LA GUERRA CIVILE: TRAGEDIA E MITO DELLA SPAGNA CONTEMPORANEA L’evento traumatico che nel Novecento segna in maniera netta il futuro della nazione è la guerra civile (1936-1939), tragedia determinata dall’esplodere di molteplici tensioni latenti nella società dell’epoca e, in seguito, il mito fondante di un’epica e di un’etica identitarie che tuttora proiettano la loro ombra sul presente. Gli anni Venti si chiudono all’insegna di un’illusoria ripresa economica e con il rapido logorarsi del regime autoritario del generale Miguel Primo de Rivera. Nel 1930 il dittatore è costretto a intraprendere la via dell’esilio. Grazie al vuoto di potere creatosi, il 14 aprile 1931 viene proclamata la Repubblica. Le forze progressiste al governo attuano una politica riformista in chiave modernizzatrice: si abrogano vari privilegi riservati ai militari e al clero; si separano i poteri dello Stato da quelli della Chiesa; si rivendica la parità politica e sociale delle donne; viene introdotto il divorzio; si garantisce la libertà di stampa ed espressione e, inoltre, nel 1932, si concede alla Catalogna uno Statuto di autonomia. Queste misure provocano una dura reazione da parte dei settori conservatori (cattolici, monarchici, carlisti, ecc…) che, uniti in una coalizione, vincono le elezioni generali del 19 novembre 1933. Si inaugura, così, un biennio contraddistinto dal proposito di abolire le innovazioni introdotte in precedenza. Sintomatici della crescente radicalizzazione ideologica e dall’intensificare della violenza sono l’atto di fondazione della Falange (29 ottobre 1933) e la rivolta dei minatori asturiani di matrice socialista e anarchica (ottobre 1934), soffocata con estrema brutalità dalle truppe coordinate dal generale Francisco Franco. Il clima è sempre più incandescente e l’instabilità politica obbliga nel febbraio 1936 a una nuova tornata elettorale, in cui prevale il Frente Popular, formato da vari partiti di sinistra. L’uccisione del tenente della Guardia de Asalto José Castillo il 12 luglio ad opera di gruppi di estrema destra genera una risposta nella fazione opposta che, il giorno successivo, assassina il deputato monarchico José Calvo Sotelo. Per un manipolo di generali, critici nei confronti del sistema repubblicano, e che da tempo stavano cercando un pretesto per affossarlo, quello è il segnale tanto atteso e il 17 luglio insorgono contro il governo legittimo. La sommossa riscuote un rapido successo nelle regioni tradizionalmente conservatrici: Galizia, Castilla y Leon, Navarra, La Rioja, nord dell’Estremadura, Maiorca, Ibiza, Canarie… I repubblicani riescono invece a mantenere il controllo di Madrid, Castiilla-La Mancha, Catalogna, Asturie, Cantabria, Comunidad Valenciana… La Spagna, spaccata in due, scivola verso il conflitto armato e proprio lo stretto di Gibilterra diviene il luogo strategico, perché è da lì che devono passare le truppe marocchine, meglio equipaggiate e abituate ai combattimenti, per giungere nella penisola e integrarsi alle milizie insorte. A capo dell’armata coloniale c’è il generale Francisco Franco che dalle Canarie, con un aereo e in segreto, si era fatto trasportare in Africa per assumere il comando dei reparti con cui già aveva combattuto in passato e, quindi, disposti a seguirlo fedelmente. Franco si trova però ad affrontare un problema: la Marina militare non ha aderito al colpo di stato e le navi da guerra che presidiano il braccio di mare tra la costa africana e quella spagnola gli chiudono il passo. A sbloccare questo stallo interverranno Italia e Germania (Mussolini e Hitler) che forniranno velivoli per il trasporto dei soldati. Una volta disposti gli eserciti sulla scacchiera, inizia una guerra che durerà molto più del previsto. La tattica iniziale dei ribelli è quella di unire le aree in loro possesso aprendo un corridoio lungo l’Estremadura per poi stringere in una morsa la capitale e obbligarla alla resa. I successori dei golpisti si susseguono rapidamente e il 6 novembre 1936 il governo legittimo è costretto a fuggire a Valencia. Madrid, infatti, è sottoposta a un durissimo assedio, ma offre una strenua resistenza e quello che in teoria doveva essere un conflitto lampo, si trasforma in una snervante lotta di posizione. I repubblicani sono comunque in svantaggio rispetto ai ribelli, che hanno a loro disposizione un maggior numero di ufficiali meglio preparati e possono contare sui cacciabombardieri della Legione Condor tedesca, sulla fanteria e sull’aviazione italiana. Anche all’interno di quest’ultimi non mancano le divisioni, soprattutto dopo la morte accidentale del generale José Sanjurjo (20 luglio 1936). Tra i nuovi possibili candidati spiccano Francisco Franco e Emilio Mola. Il destino favorirà il primo, perché Mola sarà vittima di un incidente aereo il 3 giugno 1937. Viste le difficoltà incontrate nel far capitolare Madrid, i golpisti decidono di intensificare i propri sforzi sui restanti fronti e, seppur con alterne vicende e qualche inattesa sconfitta, avanzano sia a sud che a nord. La zona della Spagna settentrionale ancora in mano ai repubblicani viene sottoposta a durissimi bombardamenti (celebri quelli di Guernica e Durango) e, nell’ottobre 1937 se ne completa la conquista. Proprio alla fine di questo stesso mese, il governo legittimo si rifugia a Barcellona e nel marzo 1938 anche lo scenario delle operazioni militari si sposta verso levante. L’obiettivo delle truppe di Franco è quello di spaccare in due il territorio nemico. Si è ormai alle battaglie conclusive e l’esercito della Repubblica prova a difendersi con un attacco a sorpresa oltre il fiume Ebro nel luglio 1938. La vittoria ottenuta è però solo un fuoco di paglia e si arriva a uno scontro di trincea estenuante che durerà fino alla metà di novembre 1938, quando i golpisti in poco più di tre mesi occuperanno la Catalogna. Il 24 febbraio 1939 la Gran Bretagna riconosce diplomaticamente il regime di Franco e il presidente della Spagna repubblicana, Manuel Azaña, si dimette. Con lo sfaldarsi del governo legittimo, tra il 28 e il 29 marzo, crollano anche gli ultimi baluardi: Valencia e Madrid. Il 1° aprile 1939 Franco annuncia pubblicamente la fine della guerra civile che si conclude con un terribile bilancio di oltre mezzo milione di morti. Inizierà così una dittatura di oltre 40 anni. CAPITOLO 2 – IL FRANCHISMO: L’ALTERNATIVA SPAGNOLA AL CAPITALISMO OCCIDENTALE E ALLA MINACCIA SOVIETICA Francisco Franco, una volta ristabilita con la violenza la pace, si trova ad affrontare una situazione delicata sia all’interno del territorio spagnolo sia nell’ambito della politica estera. Per prima cosa deve consolidare il proprio potere e rafforzare le precarie strutture di governo sorte nel corso della guerra civile. In questo complesso gioco di equilibri rivestirà un ruolo fondamentale il cognato di Franco, Ramon Serrano Suñer, un brillante avvocato vicino alla Falange che, fuggito dalla zona repubblicana, giunge presso il quartier generale del Cau Serrano erdillo, a Salamanca, il 20 Febbraio 1937. A partire da quel momento sarà lui a tracciare le principali linee politiche seguite da Franco. Franco sarà poi abile a sfruttare come collante ideologico il concetto di nazionalcattolicesimo, un amalgama in grado di conciliare un patriottismo di stampo nazifascista con una rigida aderenza alle dottrine cattoliche, assicurandosi così il supporto della Chiesa e delle correnti tradizionaliste. Questa strategia all'insegna di un ambiguo barcamenarsi tra due fronti contrapposti, verrà applicata anche in campo internazionale. La Spagna, uscita stremata dalla lotta fratricida terminata nel 1939, e, nonostante le ambizioni del Generalisimo, non ha le forze né le risorse sufficienti per poter partecipare alla Seconda Guerra Mondiale. L’ambizione personale e le affinità dottrinali avvicinano Franco alle potenze dell'Asse mentre, con una corda politica di silenzi e reticenze, attende soltanto il momento opportuno per entrare nel conflitto una volta che la bilancia si sia inclinata a favore del progetto nazi-fascista. Nonostante le reciproche incomprensioni, l'ammirazione di Francisco Franco per il regime tedesco non diminuisce. Esaltato dalle rapide vittorie dell'esercito teutonico e, il 22 giugno 1941, dall'inizio dell'operazione Barbarossa che prevede l'invasione della Russia, decide con Serrano Suñer di autorizzare la formazione di un corpo di volontari disposti a lottare in terra e sovietiche. Nasce così, sotto il comando del generale Agustin Muñoz Grandes, la Division Azul, un'unità di combattimento costituita da 18.000 falangisti che realmente avrebbero dovuto proseguire la crociata contro il comunismo iniziata nel 1936 nella penisola iberica. Eppure, l'esito della contesa si fa più incerti Franco ridimensiona le proprie mire espansionistiche, tornando a un atteggiamento prudente nei confronti di entrambi gli schieramenti, tornando dalla risoluzione, presa in segreto il 26 settembre 1943, di ritirare la Division Azul. Man mano che le esercito alleato conquista terreno, prende forma, nei rapporti diplomatici con gli Stati occidentali che si opponevano a nazismo e fascismo, la stravagante teoria delle due guerre: - Da un lato, la Spagna si sarebbe astenuta completamente da qualsiasi intervento volto a favorire una qualunque potenza al centro del conflitto - Dall'altro, invece, avrebbe preso parte una spedizione in chiave antisovietica con l'unico obiettivo di sconfiggere lo stalinismo e di arginare l'ideologia comunista Franco, il 17 luglio 1942, annuncia la creazione delle Cortes, un Parlamento non rappresentativo come membri nominati direttamente da lui. Grazie a questa mossa, riesce a guadagnare tempo e rafforzare la propria posizione al cospetto di eventuali elementi critici nei confronti del suo operato, poiché ne approfitta per collocare nei posti cruciali personalmente prima di provata fedeltà o facilmente manovrabili. Pone così le basi di un franchismo che si propone come un unico movimento dove la ragnatela di interessi individuali e il culto della sua personalità vengono garanzie di una grigia sottomissione, assicurandosi così la sopravvivenza politica. Di fronte all'insistenza di alcuni generali riguardo l'opportunità di restaurare la monarchia borbonica, Francisco Franco darà inizio a una serie di snervanti trattative con il figlio di Alfonso XIII, Juan de Borbón, destinata a protrarsi per decenni e che per il momento porteranno alla Ley Sucesion, approvata tramite un referendum farsa il 6 luglio 1947. Con questa legge il Generalisimo dichiarava la Spagna un Regno cattolico, dove a lui, in qualità di capo dello Stato a vita, spettava il compito di proclamare il suo successore ed erede al trono. La giocata gli consente di assicurarsi le redini del potere fino alla sua morte. Il franchismo, con il suo ordinamento governativo imposto dall'alto, definito per mezzo dell’ossimoro “democrazia organica”, si propone dunque come terza via possibile tra un'economia di mercato liberale, diffusa nella maggior parte dei paesi occidentali, e la frustrata Rivoluzione russa, ridotta dallo stalinismo a una dittatura al riparo di un utopico comunismo egualitario. A sostegno della peculiarità del proprio sistema di governo e con l'obiettivo di mostrarsi non troppo autoritario di fronte alle potenze straniere, il Caudillo dà inoltre grande risalto al “Fuero de los españoles” (17 luglio 1945), una pseudo-costituzione restrittiva che sancisce i diritti e i doveri dei cittadini. Il funambolismo politico di Franco produrrà i suoi frutti perché, al termine della Seconda Guerra Mondiale, non subirà la stessa sorte di Hitler e Mussolini, sebbene il prezzo da pagare sarà l'esclusione dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e un pressoché totale isolamento diplomatico ed economico, che però non durerà a lungo. CAPITOLO 3 – LE VOCI SPEZZATE DEL DOPOGUERRA: AUTARCHIA E CENSURA Il decennio degli anni Quaranta è senz’ombra di dubbio uno dei periodi più cupi della storia recente della Spagna perché le ferite aperte dalla guerra civile si sommano al clima di incertezza imposto dal conflitto mondiale e alla determinazione del regime franchista di resistere alle ingerenze esterne. La meticolosa e spietata repressione dei vinti continua implacabile e si moltiplicano le incarcerazioni e le esecuzioni, ordinate da tribunali militari che, ansiosi di neutralizzare o annientare qualsiasi elemento giudicato refrattario al modello di Stato incarnato da Francisco Franco, calpestano ogni diritto degli accusati. A stritolare e a zittire le esistenze di una vasta fascia della popolazione sono però, oltre al terrore, anche la miseria, le malattie e la fame. Il Generalisimo, infatti, rifiuta di chiedere crediti agli Stati Uniti, all’Inghilterra o alla Francia e dichiara che la Spagna è in grado di sostenersi da sola perché ricca di risorse. Si tratta di una lettura distorta della realtà che conduce a un lungo periodo di autarchia in cui, nonostante gli aiuti provenienti dall’Argentina di Juan Domingo Perron, si assiste a un evidente regresso della qualità della vita. Le attività agricole e industriali crollano, con il conseguente abbassamento dei salari e la frequente mancanza di beni di prima necessità, soggetti a razionamento o rivenduti a prezzi astronomici nel mercato nero. sopravvivenza che schiaccia gli esseri umani come insetti di un alveare, dove gli unici bagliori provengono da una materna pietà femminile incline al sacrificio e all’anacronistica fedeltà dalla poesia di Martin Marco, destinato però a caricarsi simbolicamente sulle spalle le colpe di un’intera città. Premio Nobel 1989 e Premio Cervantes 1995, Cela è stato un personaggio controverso che ha contribuito a ravvivare nel 1956 con la creazione della rivista “Papeles de son Armadans”, importantissimo strumento di apertura rispetto alle correnti straniere e alle creazioni degli artisti esiliati. La sua opera, tanto copiosa quanto diseguale, è discussa con valutazioni contrastanti. Si va da “La catira”, romanzo d’azione tra la natura lussureggiante del Venezuela, con ampio uso della colorita parlata locale, al monologo interiore frantumato di “San Camilo”, contributo alla stagione della ricerca formale, che segnala, sia pure in modo soggettivo, la responsabilità collettiva di fronte allo scontro fratricida e l’ignoranza della sua portata e del suo orrore. La sua vena migliore è quella umorale e riottosa che gli deriva dal magistero velleinclaniano coniugato con il tremendismo della prosa popolare d’inizio secolo, quella che genera il mondo fi barbarie, sensualità e trivialità ritratto nel tragicomico e torco grottesco dei quadretti di “El gallego y su cuadrilla y otros apuntes carpetovetonicos”. La sua dimensione narrativa ideale è quella dello sciame di episodi, più o meno collegati tra loro e prolungabile all’infinito, alternando fughe poetiche e frattaglie scabrose, un mulino che rimacina all’infinito le stesse ossessioni, con i territori del sesso e della morte sempre in primissimo piano in tutte le loro varianti, spesso con il trauma collettivo della guerra civile a fare da sfondo. CARMEN LAFORET (1921-2004) Nel 1944, la prima edizione di un premio che diventerà prestigioso, il Nadal, viene vinto da una giovanissima Carmen Laforet con “Nada”, romanzo narrato in prima persona da Andrea, una diciottenne orfana che arriva a Barcellona per studiare Lettere. Sarà ospitata dalla nonna in un appartamento in Calle de Aribau, dove vivono anche la zia Angustias, lo zio Roman e lo zio Juan, un mezzo demente sposato con la rossa Gloria. Andrea, taciturna e solitaria, ma pronta ad assorbire città e persone, vive la spaccatura tra il miserevole e sordo contesto familiare da un lato e l’ambiente universitario dall’altro, dove spicca la figura dell’amica borghese Ena. Le sue speranze di libertà naufragano a casa del controllo della bigotta Angustias, che odia la bella Gloria, la quale subisce inoltre le percosse del marito, che le rimprovera il vizio del gioco. Di Andrea, si innamora un giovane ricco, ma la loro relazione non supera le barriere sociali: l’illusione di Cenerentola non funziona e persino il paesaggio barcellonese oscilla tra il fascino della fiaba e la delusione di una realtà troppo distante dai sogni adolescenziali. Dopo il suicidio di Roman, Andrea, stanca delle tensioni familiari, accetta la proposta di Ena di raggiungerla a Madrid e continuare gli studi là. Parte con la stessa ansia di un anno prima e con dentro un vuoto. La grande novità rappresentata da questo romanzo è costituita soprattutto dalla voce narrante che, seppur con alcune incertezze dovute alla giovanissima età dell’autrice, riesce a ritrarre con una prosa incisiva e moderna, lievemente impressionista e in netto contrasto con la retorica affettata in voga allora, le speranze e le mortificazioni di una generazione che cercava di trovare la propria collocazione in un contesto storico segnato dagli strascichi della guerra civile. Andrea si erge poi come possibile alternativa al modello di donna franchista auspicaato sia dalla religione che dalla Seccion Femenina della Falange. Non va, infine, dimenticato l’inatteso barlume di speranza racchiuso nel finale aperto dell’opera. Nel romanzo successivo, “La isla y los demonios” torna una protagonista adolescente orfana e sognatrice, alla ricerca di indipendenza da parenti retrogradi, rancorosi o deludenti, mentre scopre l’amore e la scrittura. Questa volta l’esperienza di formazione e fuga si colloca tra la natura sgargiante di Gran Canaria, con le ultime fasi del conflitto spagnolo come sfondo lontano. MIGUEL DELIBES (1920-2010) L’edizione del 1947 del Nadal, invece, segna l’esordio di uno scrittore dalla lunga e feconda traiettoria, culminata nel Premio Cervantes 1993: Miguel Delibes. “La sombra del cipres es alargada” si svolge in una gelida Avila e ha per protagonista un orfano, Pedro, affidato a un tutore che lo educa alla rinuncia e al pessimismo, all’ombra ossessiva della morte, che infatti compare nella sua vita falciando prima il coetaneo compagno d’infanzia Alfredo, e poi la giovane moglie. Delibes, insegnante di classe media, si andrà definendo, parallelamente all’attività giornalistica presso “El Norte de Castilla”, come cronista e cantore della civiltà contadina castigliana e delle semplici vicende di provincia, con una lingua insolita e minuziosa purezza e plasticità e un distacco che evita sia il sentimentalismo sia gli eccessi deformanti. “El camino” è la rievocazione fresca e teneramente lirica dell’amicizia avventurosa di tre ragazzini cresciuti all’aria aperta nella Cantabria agreste. I ricordi sgorgano dall’agitato dormiveglia di Daniel, la notte prima di trasferirsi in città per studiare, obbendendo controvoglia al padre formaggiaio che desidera per lui un futuro diverso. L’abbandono della spensieratezza, di un ambiente amato e conosciuto, coincide con l’inizio di un’adolescenza marcata dall’esperienza della morte e dalla rottura con una saggezza popolare, per addentrarsi nella falsità e nel mercantilismo propri di un’atmosfera cittadina che sporca lo sguardo e l’anima. Va sottolineato che negli anni Sessanta Delibes partecipa anche ai fermenti sperimentali con due libri notevoli. “Cinco horas con Mario” riflette, a venticinque anni di distanza dalla guerra civile, il confronto tra le due Spagne attraverso il lungo e disordinato soliloquio di Carmen Sotillo, vedova di un onesto e critico intellettuale liberale che rivolge al feretro del marito un’interminabile serie di rimproveri su tutto quanto in vita li ha separati, dalla sua ottica di gretta casalinga frustrata e conservatrice, con effetti a tratti caricaturali. L’enorme abilità di Delibes consiste nel riuscire a creare un discorso di estremo verismo che gli permette sia di evitare qualsiasi problema con la censura sia di cesellare un ritratto a tutto tondo del defunto, vero personaggio principale del libro e simbolo di una nobile e chisciottesca resistenza morale alla mediocrità e al conformismo imposti dal franchismo. “Parabola del naufrago” è una favola dall’incubo sull’annichilimento dell’individuo ridotto a ingranaggio dai sistemi totalitari: il protagonista, bonario calligrafo perseguitato perché ha osato fare domande sul senso del suo lavoro, si trasforma in agnello, intrappolato dalla siepe che lui stesso ha piantato. “La hoja roja”, testo fortemente colloquiale, penetra nel sentimento di totale solitudine di pensionato. Il motivo dell’incomunicabilità torna anni dopo, con una spolveratura comico-parodica, in “Cartas de amor de un sexagenario voluptuoso”. In “Las guerras de nuestros antepasados” Delibes mette in scena lo scontro fratricida e la brutalità latente nella società spagnola tramite le conversazioni di un povero squilibrato, vittima innocente, col medico del penitenziario. In “Los santos inocentes” ritroviamo la schiavizzazione semifeudale dei contadini durante il franchismo in una vicenda che ruota di nuovo attorno alla figura di un mentecatto, che uccide il più efferato degli oppressori. In “Señora de rojo sobre fondo gris” un noto pittore, alter ego dello scrittore, rievoca tra elegia e desolazione gli ultimi tempi trascorsi con l’amata moglie prematuramente scomparsa, sul finire del franchismo. “El hereje” è un romanzo storico contro il fanatismo, che ha per protagonista un altro perdente: un mercante della Valladolid cinquecentesca, ricostruita con maestria, che abbraccia la riforma protestante e finisce sul rogo. Membro della Real Academia Española, nel 1991 gli è stato conferito il Premio Nacional de las Letras. ANA MARIA MATUTE (1925-2014) Nata a Barcellona da una famiglia della borghesia catalana, esponente della RAE e Premio Cervantes 2010. La sua infanzia è stata segnata dalla guerra civile e lo sguardo dei bambini attoniti per quella tragedia a loro incomprensibile compare ripetutamente nelle sue opere, intrise di pessimismo e fatalismo, ma di ispirazione che non è affatto realista, bensì incline a soluzioni simboliche e metaforiche che illuminano attingendo dall’inconscio, finendo poi per sfocare in mondi apertamente fantastici. Una costante tematica dell’autrice è il “cainismo” e il rimando al mito biblico è evidente già in “Los Abel” dove la rovina di una facoltosa stirpe patriarcale viene descritta da Valba, un’adolescente che deve farsi carico della famiglia alla morte della madre e non riesce a sfuggire al vortice fratricida per il possesso della roba e le gelosie personali. Prima ancora Matute aveva scritto “Pequeño teatro” dove la falsa quotidianità franchista è resa con le atmosfere fiabesche e atemporali dell’immaginaria e brumosa cittadina costiera basca di Oiquixa. I principali punti di vista rappresentati sono quelli di Ilé, il ragazzino folle, Marco, l’enigmatico forestiero, e Zazu, la figlia ribelle del magnate locale. Ma tutti i personaggi esprimono solo interiormente le loro reali intenzioni, mentre all’esterno indossano una maschera di un ruolo. Ilé è l’unico che non recita. E la chiave di lettura di questo sulle apparenze è l’oscillazione tra la finzione inscenata in pubblico e lo spazio fantastico, paradossalmente più autentico, che Ilé condivide con le marionette del vecchio saggio Anderea, l’unico che si rende conto del garbuglio di velleità e inganni che conduce al suicidio di Zazu e al dissiparsi dei sogni di felicità. Gestazione difficile ha avuto anche il romanzo “Luciernagas”. Narra l’accelerata e dolorosissima maturità di Soledad, un’adolescente di classe alta travolta, appena uscita dal collegio, dalla bufera devastante della guerra che le porta via il padre, il fratello e l’amato. Nel 1956 aveva pubblicato una raccolta di racconti brevissimi, “Los niños tontos” che con un lirismo macabro e pessimista scandagliavano il male, arrecato da bambini idioti o da essi subito, in una ventina di testi a metà strada tra il guizzo della prosa poetica dei primi decenni del Novecento e la calcolata ellissi del microrrelato. In seguito, Matute si dedica per un decennio alla trilogia, il cui romanzo più riuscito è “Primera memoria”, dove ancora una volta la crescita è vista come corruzione e perdita dell’innocenza. È la storia, raccontata in prima persona, dalla protagonista Matia ormai adulta, di quando si trovò a vivere sotto la tirannia della matriarca nonna Praxedes su un’isola che ricorda Maiorca. L’unico spiraglio per Matia, educata a un ruolo di donna sottomessa, sembra il rapporto speciale con un equilibrato ragazzo del popolo, Manuel, che però non è capace di difendere quando il cugino invidioso gli tende una trappola che lo porterà in riformatorio. La sconfitta di Manuel sarà narrata in “Los soldatos lloran de noche” e quella di Matia in “La trampa”. Il percorso personalissimo della Matute ha a questo punto uno sviluppo particolare: - Dà alle stampe un romanzo d’apprendistato alla cavalleria nell’alto medioevo tra nordiche lande steppose, “La torre vigia” - Poi tace per un ventennio - Tornando a sorpresa nel 1996, con la corposa saga medievaleggiante “Olvidado rey Gudù”, intrigante carosello magico di draghi e folletti, eroi innamorati e guerrieri, che narra le vicende di un’infelice casa reale con una densità stilistica inusuale epr i fantasy e una filigrana simbolica di riflessione sul senso dell’esister e del sentire. - A essa segue “Aranmanoth”, epopea dell’omonimo ragazzino metà umano e metà fatato, che intraprende in compagnia di una bambina sposa del padre, un viaggio verso il Sud, una calda e utopica terra promessa dell’infanzia che scopriranno essere non un luogo, ma una condizione interiore. C’è infine tempo per un ritorno alle origini e in “Paraiso inhabitado” ci si concentra di nuovo sul periodo della II Repubblica e l’avvento della guerra civile, anche se in quest’occasione prevale l’attenzione all’universo interiore coltivato dalla giovane protagonista grazie alla lettura. L’ultimo suo romanzo, “Demonios familiares”, avrebbe dovuto essere un ulteriore tassello del libro precedente, ma a causa della morte della scrittrice rimarrà incompiuto e verrà pubblicato postumo nel 2014. Si presenta quasi come una summa di quanto scritto fino ad allora perché simboli ed elementi fiabeschi si mescolano con la dura realtà dell’anno 1939, vissuta da un’adolescente che abbandona il convento per tornare nella casa paterna, dove silenzi e rancori coprono un oscuro episodio familiare. CAPITOLO 4 – GLI ANNI CINQUANTA: DALLA CHIUSURA AUTARCHICA ALL’APERTURA ECONOMICA Superato il periodo del dopoguerra, gli anni Cinquanta segnano un cambio di rotta in grado di favorire l’accettazione del regime franchista da parte di un buon numero di paesi occidentali e il suo consolidamento all'interno della Spagna. L'evento che rompe gli equilibri internazionali è, il 24 giugno 1950, l'invasione della Corea del Sud, sotto il controllo statunitense dal 1945, a opera della Corea del Nord, area soggetta invece all'influenza sovietica. La reazione nordamericana sarà immediata e si assisterà a una tensione crescente tra USA e Russia che porterà alla cosiddetta guerra fredda, un'estenuante sfida di nervi tra le due potenze, destinata a concludersi con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nel 1991. Uno scenario di questo tipo è congeniale agli interessi di Francisco Franco. Il dittatore spagnolo smette, così, di essere un rappresentante del nazifascismo, per trasformarsi in una pedina fondamentale all'interno dello scacchiere europeo. Il 4 novembre 1950, l'assemblea generale dell'ONU pone fine all'isolamento diplomatico decretato nel 1946 e autorizza il ritorno degli ambasciatori a Madrid. È il passo a una serie di negoziati con gli USA, che culminano nel settembre 1953 con la firma del Pacto de Madrid: in cambio di cospicui aiuti economici, Franco cede al governo statunitense porzioni di territorio spagnolo per costruire le basi militari di Torrejon de Ardoz, Saragozza, Moron de la Frontera e Rota. Nel solco di questa riconciliazione dettata da mere ragioni di opportunismo, si inserisce anche l'ingresso della Spagna nell'Organizzazione delle Nazioni Unite qualche anno più tardi, nel 1955, sebbene continui a rimanere esclusa dalla NATO. All’agosto del 1953 risale, inoltre, il concordato con il Vaticano con cui lo stato spagnolo riafferma esplicitamente che il Cattolicesimo è la religione ufficiale. A Franco viene, invece, attribuita la facoltà di nominare i vescovi scegliendoli da una terna proposta dal nunzio apostolico. La situazione economica, nel frattempo, è sempre critica e all'inizio degli anni 50 si assiste a una consistente migrazione dalle campagne verso le città, con la conseguente crescita del proletariato, che ben presto darà segni di insofferenza. Nel Marzo 1951, a Barcellona, ci sarà uno sciopero contro il rincaro dei biglietti dei tranvia. Nel luglio di quello stesso anno si registra, poi, un cambio di governo che coincide con la creazione del Ministerio de Informacion y Turismo, organo preposto al controllo dei mezzi di comunicazione e alla promozione della Spagna dentro e fuori dai propri confini. Tra le nomine più controverse vi è quella di Joaquin Ruiz-Gimenez a capo del Ministerio de Educacion, perché si farà portavoce di una posizione aperturista nei confronti dei professori esiliati, suscitando il netto rifiuto della vecchia guardia franchista e dei settori più reazionari dell'Opus Dei. Eppure, la sua visione timidamente progressista è in sintonia con il malcontento che serpeggia tra alcuni falangisti e con le inquietudini intellettuali di vari membri del SEU. A partire da questo amalgama eterogeneo, si gettano le basi di una futura opposizione che, nel febbraio del 1956, si farà notare durante gli scontri all’Universidad Complutense di Madrid troncati dal Caudillo, mediante la destituzione fulminante di Ruiz-Gimenez, e del rettore dell'ateneo Pedro Lain Entralgo. Il regime, però, al contempo, è alle prese con la fallimentare politica autarchica che sta conducendo alla bancarotta il paese. Sono necessarie una riforma dello Stato e una virata economica verso modelli meno arretrati. L’impulso decisivo verrà dato da Luis Carrero Blanco, braccio destro di Franco, che si circonderà di giovani collaboratori esperti in economia e provenienti dalle fila dell'Opus Dei, un'istituzione religiosa fondata nel 1928 da José Maria Escriva de Balaguer, e destinata ad avere una presenza sempre più accentuata nei futuri governi. A loro spetta il compito, seguendo le direttrici concordate con il Fondo Monetario Internazionale, di elaborare i piani di sviluppo che, il 21 luglio 1959, porteranno all'approvazione del Decreto Ley de Nueva Organizacion Economica, meglio conosciuto come Plan di Estrabilizacion. Tra le misure auspicate nel segno di una crescita economica aggressiva vi è una liberalizzazione che incentiva le esportazioni e gli investimenti stranieri in terra spagnola, oltre a una razionalizzazione della spesa pubblica. Le ricadute sono positive, sebbene il prezzo da pagare in termini di benessere sociale non sia da poco, poiché si assiste a un abbassamento dei salari e all'aumento del numero dei disoccupati. Alle innovazioni apportate dai tecnocratas, guardano con sospetto sia la Falange, perché timorosa di venire estromessa dai giochi di potere, sia una parte della Chiesa, dal momento che i controlli stabiliti dall'amministrazione sulle competenze del corpo docente vanno a intaccarne il monopolio nel campo dell'istruzione. Gli anni 50 si chiudono per la Spagna con un bilancio di luce e ombre. La prima impressione pare confermata dall'inaugurazione, il 1° aprile 1959, del Valle de los Caidos, allegoria di pietra e silenzio, rappresentativa della volontà del Caudillo di non alleviare l'oppressione a cui erano sottoposti, e dalla visita a Madrid, il 21 dicembre 1959, del presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower, che spenderà parole di elogio nei confronti di Franco, consolidando così le relazioni tra i due paesi. Le fondamenta dello Stato nazional cattolico vengono minate, a poco a poco, da una serie di eventi: - Il 9 ottobre 1958 muore Pio XII e a lui succede sul soglio pontificio Giovanni XXIII, fautore di una chiesa meno oscurantista, più prossima ai bisogni delle classi umili. - Inizia a emergere un sindacalismo clandestino, di segno prevalentemente comunista, che darà vita alla Comisiones Obreras. - Alle rivendicazioni relative ai diritti sul lavoro vanno, infine, sommate le aspirazioni di un nazionalismo basco e catalano che provano a ricomporre il filo spezzato della identità. 4.1. Resistenza e testimonianza: la generazione di metà secolo Un romanzo emblematico che, nel 1951 si propone come punto di snodo tra le tendenze letterarie precedenti e quelle future, è La colmena di Camilo José Cela. Alcune coppie arrivano in Spagna e la risposta della critica, non è solo immediata, ma anche molto positiva: sulle pagine di alcune riviste, gli autori colgono un cambio di ottiche e di stile, che giudicano particolarmente efficaci nell'affrontare le circostanze dell'epoca. Cela, infatti, adotta uno sguardo aperto a una collettività e depura lo stile dagli eccessi tremendisti e dal lirismo feroce che lo contraddistinguono, restituendo un paesaggio urbano e umano con un taglio quasi cinematografico. Durante il decennio dei Sessanta si accentuano ulteriormente le tensioni e le contraddizioni di un sistema vincolato in maniera indissolubile a un dittatore anziano che è, al contempo, punto di riferimento per le vecchie generazioni e ostacolo al rinnovamento auspicato sia dai partiti clandestini sia da esponenti conservatori di tendenze politiche o ideologie ormai inclini a distanziarsi dall’autoritarismo franchista. Il 1962 è un anno denso di avvenimenti emblematici del doppio atteggiamento assunto dal regime, in cui si combinano aperture imposte da un crescente benessere economico e dure repressioni per arginare un dissenso sempre più diffuso e che si esprime con maggiore coscienza e decisione. In primavera, i minatori asturiani indicono una serie di scioperi ben presto supportati da manifestazioni in altre città della Spagna. Il governo reagisce sospendendo nelle Asturie e nei Paesi Baschi le leggi civili del Fuero de los Espanoles che garantiscono i diritti minimi. Dal 5 all’8 giugno, a Monaco di Baviera, si riuniscono inoltre i rappresentanti dell’opposizione clandestina e alcuni settori monarchici, cattolici e falangisti che, seppur provenienti dalle file del franchismo, cominciano a criticarne l’operato. Al termine dell’incontro verrà trasmesso un comunicato congiunto un cui si chiedono cambi moderati e graduali all’interno del territorio spagnolo. La risposta del regime sarà di netto rifiuti e condanna nei confronti di quella che ritiene una specie di congiura per sovvertire l’ordine costituito. Eppure, il 10 luglio, Franco sostituisce alcuni ministri: - Lopez Bravo (Ministerio de Industria) appartiene all’Opus Dei e la scelta è ricaduta su di lui perché può garantire una piena sinergia nell’applicare le riforme economiche messe a punto dagli altri tecnocratas. - Fraga Iribarne (Ministerio de Turismo e Informacion) è un nuovo volto, relativamente giovane a cui viene affidato il compito di rimodellare l’immagine della Spagna in chiave democratica, senza però mutare la sostanza di fondo. Un severo colpo all’apparato repressivo di Francisco Franco verrà dato dal Concilio Vaticano II. Si propone come uno spazio di riflessione sul ruolo della Chiesa nella società dell’epoca, invitando a un impegno civile consapevole in favore dei più umili e alla lotta per un mondo più giusto. Tali principi sono in evidente contrasto con l’oscurantismo diffuso dalla propaganda nazionalcattolica e non tarderanno a fondersi con ideali socialisti e comunisti in un fronte unitario contrapposto alla dittatura. Quasi come se si trattasse della spasmodica reazione di un sistema moribondo, la brutalità franchista in certe occasioni rispolvera la ferocia delle origini e le condanne a morte vengono eseguite con macabra brutalità. Verso la fine del 1963, proprio per affrontare questi reati, viene promulgata una legge che prevede la creazione del Juzgado y Tribunal de Orden Publico (TOP), un organismo incaricato di giudicare i delitti contro la “sicurezza interna”. Nonostante le violenze, gli arresti e gli abusi, Fraga Iribarne, nel 1964, allestisce un’imponente campagna propagandistica che esalta, tramite eventi culturali, mostre e filmati, i 25 anni di pace della Spagna franchista. Fraga Iribarne è, inoltre, l’artefice nel 1966 di una Ley de Prensa e Imprenta che prova a adeguare alle condizioni storiche del momento la censura, ancora regolata da procedimenti fissati nel 1938. Non c’è più l’obbligo di sottoporre i libri a un controllo previo alla pubblicazione e le responsabilità ricadono direttamente sulle case editrici che possono decidere di stampare e distribuire i volumi senza consultare i censori. Sempre all’interno di una strategia che mira ad attuare un riformismo di facciata si inserisce il referendum del 14 dicembre 1966 per l’approvazione della Ley Organica del Estado che entrerà in vigore il 10 gennaio 1967. Si elimina il lessico franchista e si stabiliscono le competenze dei vari organismi di governo e i rapporti tra di essi, inoltre la Spagna non viene più definita “monarchia cattolica”, bensì una “suprema istituzione di comunità nazionale”. Particolarmente rilevante è poi la separazione tra le funzioni del Jefe de Estado e il Jefe de Gobierno, fino ad allora esercitate esclusivamente da Franco. Le difficoltà nel gestire la nazione sono aggravate anche da un netto sfasamento tra una politica che avanza a velocità molto ridotta e un’economia che brucia le tappe con un tasso di crescita che tra il 1960 e il 1974 si colloca al 7% del PIL, una percentuale superata soltanto dal Giappone. Questo periodo di rapido sviluppo in cui si registra un forte incremento demografico, prende il nome di desarrollismo, e pone le basi perché in una dittatura ormai anacronistica cominciano ad affiorare le esigenze di una moderna società dei consumi. In generale, le condizioni materiali di vita delle famiglie spagnole migliorano e in un contesto di ambia mobilità sociale si consolida una classe media che sarà protagonista di un profondo ripensamento della morale e die costumi. Le minacce alo status quo però non derivano solo da rivendicazioni di carattere etico. Il gruppo terrorista basco dell’ETA passa all’azione il 2 agosto 1968, assassinando a colpi di pistola il Jefe de la Brigada Politico-Social di San Sebastian Meliton Manzanas. La rabbia di fronte ai soprusi e la frustrazione saranno anche gli elementi scatenanti dei disordini del gennaio 1969 a Madrid, in seguito alla morte dello studente Enrique Ruano, arrestato e ucciso dalla polizia. Come nel 1962, si sospendono alcune leggi civili e per tre mesi si dichiara lo stato di eccezione sull’intero territorio spagnolo perché si teme una rivolta a grande scala. In un panorama così convulso, Franco prova ad assicurare la sopravvivenza della Spagna nazionalcattolica da lui plasmata con una mossa che spera gli consenta di lasciare tutto inalterato alla sua morte: il 21 luglio 1969 propone come suo successore Juan Carlos de Borbon. In questo modo non rispetta l’ordine dinastico e impone una monarchia che contrae un debito simbolico con il franchismo, ai cui principi è costretta a giurare fedeltà. 5.1. La protesta è anche una questione di stile: lo sperimentalismo come strumento di creazione e di denuncia Nella Spagna degli anni Sessanta la letteratura, per molti autori, continua ad essere un rebus difficile da risolvere per far quadrare le ambizioni personali, le aspirazioni collettive e le circostanze storiche di un regime con l’andatura pesante. La speranza di una fine rapida del franchismo inizia ad apparire remota e si teme che possa coincidere solo con la morte del dittatore o con la designazione di un successore meno autoritario. Riguardo alla scrittura, si prendono le distanze da un realismo obiettivo o sociale che, nonostante le buone intenzioni, non ha dato risultati sperati né da un punto di vista politico né, salvo poche eccezioni, da quello artistico. Un libro che traccia un netto confine tra quanto fatto in precedenza e quanto si sarebbe scritto in seguito è “Tiempo de silencio” di Luis Martin- Santos, un atto di accusa contro la passività e l’autocommiserazione che hanno contraddistinto gli intellettuali e, più in generale, gli spagnoli fino a quel momento. È un grido che rivendica la dignità del soggetto attivo, padrone del proprio destino e della propria arte: la denuncia della Spagna concreta e quotidiana atrofizzata nel suo immobilismo, è lì sulla pagina, ma il tipo di prosa scelta invita l’estetica realista a uno scarto verso un’altra dimensione, in cui si rispolvera un bagaglio tecnico e stilistico che pareva dimenticato. Un autore in sintonia con Martin-Santos è Juan Benet, che nel 1961 aveva dato alle stampe, a sue spese, la raccolta di racconti “Nunca llegaras a nada”, dove compare per la prima volta la tormentata ortografia di Region, un microcosmo claustrofobico da lui inventato come riflesso del territorio spagnolo che diventerà un luogo mitico in molte sue opere. Benet delineava una scrittura alternativa, riducendo la trama a mero aneddoto per concentrarsi sul tessuto verbale, sulle psicologie spigolose e sui gesti frustrati dei personaggi. Le sue riflessioni sono poi raccolte nel saggio dal significativo titolo “La inspiracion y el estilo”, in cui insiste sull’importanza di recuperare il nesso con la narrativa moderna troncato dallo scoppio del conflitto fratricida. Il cammino indicato da Benet ben presto diviene una lezione da seguire per un buon numero di giovani narratori che più tardi faranno parlare di sé e, in un certo senso, costituisce una sfida per gli esponenti della vecchia guardia che, grazie alla loro versatilità, riescono a tenere il passo e a dominare tecniche e impostazioni molto diverse tra loro. Il cambio di prospettiva è però possibile perché favorito da una vivacità culturale stimolata anche dall’aggiornamento delle linee editoriali e dalla comparsa di editori interessati a svecchiare il panorama delle lettere autoctone che fomentano e soddisfano le richieste di un pubblico desideroso di novità. Nel 1961 a Parigi Jose Martinez fonda Ruedo Iberico, con l’idea di pubblicare all’estero libri, in particolare di tema sociopolitico, che fotografassero la situazione della Spagna franchista e potessero essere letti in patria Una casa editrice che continua a costruire un catalogo dal respiro cosmopolita è Seix Barral, sebbene a partire dal 1967, dopo la morte di Victor Seix (uno dei due soci), attraverserà una tappa convulsa che si concluderà con l’abbandono di Carlos Barral. Nella prima metà del decennio però, la collana Biblioteca Breve stimola la circolazione di autori stranieri più o meno innovativi. Nel 1965 per offrire maggiore visibilità agli esperimenti narrativi in lingua spagnola, ne inaugurerà un’altra che, n un’esplicita dichiarazione di intenti, si chiamerà Nueva Narrativa Hispanica. La capitale castellana non è solo la fucina di un’industria editoriale all’avanguardia. La musica dei Beatles, le mode e i divertimenti in voga a Londra e Parigi si amalgamano con il grido di protesta della nova cançò, un movimento musicale formato da cantautori che si esprimono in catalano e inneggiano a un futuro migliore, senza dittature. Emblematica di quell’atmosfera meno plumbea è la gauche divine, un gruppo appartenente all’élite economica e culturale di Barcellona composto da architetti, fotografi, scrittori, cantanti, modelle, editori, convinti che persino l’edonismo di una vita notturna di balli, alcol e discussioni interminabili sia un modo per lottare contro il franchismo. Nel loro locale di riferimento, la discoteca Bocaccio, si aggira tra i tavoli anche un giocane Manuel Vazquez Montalban, che osserva tutto con attenzione e proprio sul finire del decennio, scrive una serie di articoli sulla rivista “Triunfo” sotto la rubrica “Cronica sentimental de Espana”. La diffusione dei mass media, l’imperialismo culturale statunitense, il consumismo e il lentissimo declino del Generalisimo scardinano progressivamente l’arretratezza iberica e l’antologia “Nueve novisimos poetas espanoles” di José Maria Castellet è quasi il manifesto e l’auspicio di una tappa di rinnovamento, culmine di un’ostinata ricerca della modernità condotta attraverso uno sperimentalismo che nel romanzo ha portato a mettere in discussione l’attendibilità del narratore onnisciente, a minare la linearità delle trame e a tracciare sulla pagina personaggi contraddittori, scissi o con la psiche segnata da cicatrici indelebili. JUAN BENET (Madrid, 1927-1993) Benet esercita dal 1954 la professione di ingegnere civile, progettando ed eseguendo opere pubbliche, specie canali, tunnel e dighe. Esordisce nel 1961 con la raccolta di narrazioni dal titolo programmaticamente nichilista “Nunca llegaras a nada”, seguito da un saggio sulla letteratura del tutto controcorrente rispetto al realismo e al razionalismo dominanti. “La inspiracion y el estilo” che p al contempo bussola e compendio di un romanzo a cui stava lavorando da 15 anni “Volveras a Region”, quintessenza dell’estetica e dell’etica benestante. Region, territorio imaginario riflette tutto l’orrore della Spagna franchista, riproducendo una geografia tormentata di valli, paludi e zone impervie che delimitano un perimetro pressoché inviolabile sia per chi vi abita sia per i viaggiatori provenienti da fuori, anche perché non si tratta di un semplice passaggio, bensì della raffigurazione di un destino individuale e collettivo. Il conflitto fratricida è la cicatrice profonda che marca a fuoco il corpo e la mente di ogni uomo o donna di Region, un trauma in grado di inasprire sempre i caratteri e piegare le volontà a un tetro fatalismo. Dalle profonde radici di questo albero del Male sbocciano come fiori già avvizziti i personaggi di “Volveras a Region”, inevitabilmente intrappolati in una ragnatela di odi, sofferenze e incomprensioni che li condanna a un vagabondare senza meta, alla solitudine, alla follia o a una fine crudele. “Una meditación” è invece un monologo lento, senza interruzioni grafiche, in cui un individuo ricorda la sua vita in un tour de force di autoinganni che nell’andirivieni della memoria diviene un girare a vuoto frutto di una impasse storica ed esistenziale. L’inquietudine di un dettaglio mancante, lo spegnersi di una speranza, l’immagine di una Spagna capovolta allo specchio, distorta e ridotta a scarno emblema di sentimenti ereditari, si ritrovano in altre opere come “Un viaje de invierno”, riscrittura del mito di Demetra e Core con l’enigmatica attesa di una madre che a primavera prepara l’impossibile ritorno della figlia, o “Saul ante Samuel”, poema tessuto intorno alla contrapposizione di due fratelli che combattono la guerra civile su fronti opposti, con il minore che uccide il maggiore per motivi passionali, e un cugino contemplativo che non interviene. Il progetto più ambizioso di Benet è però quello di “Herrumbrosas lanzas”, in cui la generazione dalle ali tarpate che aveva vissuto da bambina la guerra civile riconosce i punti dolenti della propria memoria collettiva attraverso le vicende periferiche innescate dal conflitto nel rugginoso paese decimato e chimerico di cui l’autore allegava una dettagliata carta topografica, con le due vallate contigue delle cittadine di Region, repubblicana, e Macerta, nazionalista. Qui la guerra civile è ricondotta a faccende private, a crepe interiori. Nata dal desiderio del romanziere di descrivere una battaglia da un punto di vista tecnico e strategico, la saga sfilacciata si trasforma in un’avventura del discorso. Benet raggiunge la persuasione attraverso lo sconcerto e il turbamento. La lingua è sempre marcatamente letteraria, immune da calchi fonografici o plurilinguismo. Una delle caratteristiche peculiari dei suoi scritti è poi la loro natura di stralci, con un prima e un dopo insondabili, in sintonia con la concezione di Benet che la letteratura sia una mitografia dell’ignoto. JUAN GARCIA HORTELANO (Madrid, 1928-1992) Personalità poliedrica che si occupa di teatro, scrive per il cinema e si dedica anche alla poesia. È un narratore dotato di un’incredibile abilità nel riprodurre la parlata colloquiale e nel dare ai suoi scritti un tono di ludica critica all’establishment, eredità di un realismo sociale praticato con convinzione nel suo testo d’esordio, “Nuevas amistades”, in cui ritrae con tagliente ironia la fatua borghesia madrilena. L’impietoso affresco di un’intellighenzia frivola, pervasa dalla noia dei rapporti umani nel clima pesante del regime è al centro anche dei racconti “Gente de Madrid” e del romanzo “Tormenta de verano”, dove il ritrovamento del cadavere di una prostituta su una spiaggia della costa catalana sembra scuotere la coscienza di un architetto ben integrato negli ingranaggi di una classe benestante perfettamente a suo agio all’interno del sistema franchista. Uno dei libri più conosciuti e riusciti di Garcia Hortelano è il corposo “El gran momento de Mary Tribune” in cui, con l’intento di accrescere la causticità di quanto narrato, accentua l’utilizzo di tecniche narrative vicine allo sperimentalismo. La Madrid borghese, viziosa e pigra questa volta viene scombussolata dall’arrivo della scoppiettante, pragmatica e spontanea giovane vedova statunitense citata nel titolo che innesca nel narratore, un processo autodistruttivo che si traduce in valanghe di dialoghi, sfoghi autocommiserativi, quadretti satirici e inventiva linguistica. Questo affresco dalle tinte vivaci e illuminato come uno scenario di Broadway, svela i desideri repressi della società spagnola dell’epoca, ansiosa di vivere esperienze cosmopolite e sempre più influenzata da una cultura popolare statunitense diffusa attraverso il consumismo e i media. Un’ulteriore svolta giocosa e parodica la si ha, complice anche il clima di euforia postmoderna degli anni Ottanta, in “Gramatica parda”, ambiziosa opera metaletteraria che si propone come una grammatica suddivisa in lezione attraversate da una trama strampalata e colma di rimani intertestuali (soprattutto a Madame Bovary), portando così alla luce riflessioni sull’arte di scrivere e sul linguaggio. L’ultimo testo di Garcia Hortelano è stato “Muneca y macho”, farsa dalle tinte pornografiche pubblicata con lo pseudonimo di Luciana de Lais poco tempo prima di morire in seguito a una grave malattia. CAPITOLO 6 – CRISI DELLA DITTATURA E CONSOLIDAMENTO DEMOCRATICO: 1970-1982 Nella prima metà degli anni Settanta la Spagna si trasforma in una polveriera perché le ansie di libertà di alcuni settori della società divengono sempre più difficili da tenere a freno e l'ETA sfida apertamente la dittatura con omicidi, attentati, rapine in banca e ricatti a imprenditori per finanziare la propria causa e procurarsi armi. Gli scioperi dei lavoratori spesso degenerano in scontri con le forze dell'ordine che causano morti e feriti, oltre a concludersi costantemente con un numero elevato di arresti tra i manifestanti. Nelle università la situazione è altrettanto critica: gli studenti protestano e la Guardia Civil interviene in maniera brutale, facendo ampio uso della violenza e dell'intimidazione. D'altronde il movimento franchista si sente minacciato e ricorre alla repressione feroce come ultimo appiglio in un mondo che, ormai, lo condanna a essere un sistema obsoleto, indebolito dai conflitti sociali, dai dissidi interni, dalla progressiva perdita delle ultime colonie (la Guinea Equatoriale ha ottenuto l'indipendenza il 12 ottobre 1968) e dalla decadenza fisica e mentale di Francisco Franco. Il Caudillo, infatti, è ridotto all'ombra di sé stesso dall'aggravarsi del morbo di Parkinson che gli impedisce di dettare le linee politiche ai ministri e lo getta in uno stato di confusione permanente, combattuto tra il dare ascolto alla cerchia familiare e ai fedelissimi, che lo incitano a recuperare la fermezza di un tempo, oppure ai tecnócratas, propensi a adottare un atteggiamento più moderato. Dimostrazione concreta e tragica di questo dibattersi tra la ferrea disciplina militare e una timida apertura pseudodemocratica è il processo di Burgos del dicembre 1970, che vede sul banco degli imputati sedici militanti dell'ETA (tra cui due sacerdoti) e si conclude con la condanna a morte di sei di loro. La decisione presa dal tribunale militare è aspramente criticata sia in patria, dall'opposizione antifranchista, sia all'estero, dove si levano parecchie voci, tra cui anche quella del Vaticano, per chiedere clemenza a Franco che è obbligato a cedere e a commutare la pena in carcere a vita. Il 1973 è un anno particolarmente duro per il regime perché da un lato, per via della crisi mondiale del petrolio, si assiste a una notevole battuta di arresto nell'economia di un Paese alle prese con un capitalismo, mentre dall'altro l'ETA, il 20 dicembre, mette a segno uno dei suoi colpi più ambiziosi assassinando L'ammiraglio Luis Carrero Blanco, nominato capo del governo dal Generalissimo solo sei mesi prima. L'attentato è stato pianificato nei minimi dettagli: il commando terroristico aveva scavato un tunnel in via Claudio Coello a Madrid, la strada attraverso la quale ogni mattina il convoglio portava a casa il Carrero Blanco dalla messa, e quando l'auto del presidente è stata trovata in mezzo alla strada brillava la carica esplosiva nascosta sotto il manto stradale. L'esplosione è così potente che lancia il veicolo sul tetto di un convento di cinque piani e apre un enorme cratere nell'asfalto. Quello stesso giorno, a riprova delle tensioni tra Stato e parte della cittadinanza, era previsto nella capitale spagnola un processo collettivo contro mille dirigenti sindacali caratterizzata da una contromisura reazionaria e da Francisco Franco, affetto da una grave forma di demenza senile e in balia dei propri famigliari, si lascerà convincere ad affidare il Consiglio dei ministri a Carlos Arias Navarro, ex ministro del governo con tendenze conservatrici. Il 23 gennaio 1974, nel dare vita al nuovo governo, Arias Navarro si circondò di collaboratori della Falange, espellendo dalla scena politica López Rodó ei tecnocrati (tecnocratas) legati all'Opus Dei. In un simile clima di radici ideologiche, il 2 marzo 1974 fu eseguita la condanna a morte (l'ultima eseguita da Garrote) nei confronti di Salvador Puig Antich, un anarchico di 25 anni trattenuto in circostanze poco chiare e ritenuto colpevole di aver ucciso un agente di polizia in una sparatoria. Questo atteggiamento di scontro frontale, in un assurdo tentativo di rispondere colpo su colpo, non serve però a placare il clima di protesta e di violenza: il 13 settembre 1974 a Madrid, L’ETA fa esplodere una bomba nel bar Rolando, un locale frequentato da funzionari della vicina Direzione Generale della Sicurezza, provocando dodici vittime e settanta feriti. Nella modernità prevalevano le preoccupazioni di ordine epistemologico, mentre la postmodernità è maggiormente condizionata da problematiche di tipo ontologico. Se prima si cercavano ordine e verità assolute, utopie confortanti che portassero a una conoscenza certa, attraverso la religione, la filosofia e la scienza, a partire dall'inizio del XX secolo, con il diffondersi delle avanguardie storiche e con l'evoluzione scientifica, si pone in discussione l'idea di una percezione univoca e solida, atteggiamento che nell'ambito dell'arte e della letteratura favorisce l'adozione di una visione frammentaria del mondo, determinata dalla prospettiva forzosamente parziale di qualsiasi osservatore, e l'emulazione dell'estetica cinematografica per la sua abilità nel captare la velocità di un istante o per la discontinuità del montaggio che sembra in grado di imitare gli scarti della mente. L'ulteriore passo che conduce alla postmodernità è la disgregazione dell'identità di un "io" che si sa molteplice e disperso, definitiva mente sprovvisto di grandi discorsi o dogmi capaci di aiutarlo nel decifrare la realtà. L'atmosfera che si respira in Spagna è fortemente segnata dai mutamenti in corso a livello mondiale e si nota, in termini generali, l'affievolirsi degli slanci utopici rivoluzionari, covati tra le file degli antifranchisti più ortodossi, che sognavano di sovvertire l'ordine borghese. Il confronto politico e intellettuale scende a compromessi con una via democratica che si inserisce nel solco di un capitalismo controllato e l'adeguamento ai tempi implica una nuova Taratura degli strumenti di promozione culturale e dei mezzi di informazione. Particolarmente rilevante è la nascita del quotidiano "El País", fondato il 4 maggio 1976 da José Ortega Spottorno, figlio del filosofo José Ortega y Gasset, perché fin da subito si propone, accanto a "Diario 16", come punto di riferimento informativo in sintonia con le inquietudini del momento, appoggiando l'ascesa del PSOE, e annovera tra le sue firme abituali scrittori già affermati e giovani promettenti. La televisione poi, oltre a riassumere in sé le peculiarità dell'estetica postmoderna, è un ulteriore veicolo di idee e modelli di comportamento in grado sia di influenzare che di riflettere la società. A partire dalla fine della dittatura e con l’abolizione della censura nel 1977, in effetti, si moltiplicano esponenzialmente le traduzioni dalle letterature straniere nel tentativo di recuperare il tempo perduto e di ampliare gli orizzonti. Senza più nessun tipo di restrizione si pubblicano testi in precedenza vietati, mutilati o usciti all'estero, mentre parecchi intellettuali tornano dall'esilio e con il loro bagaglio di esperienze arricchiscono l'effervescente vita letteraria di quegli anni. Il quadro complessivo è dunque di un'estrema eterogeneità, dovuta al convergere in un breve arco temporale di numerosi e contrastanti fattori di carattere socioeconomico e culturale che in narrativa portano a un’iniziale contrapposizione tra il romanzo classico, incentrato sullo sviluppo fantasioso di una trama avvincente, e l'antiromanzo, un congegno dove lo sperimento creativo e il gioco di specchi metalettalismo la finzionale hanno la meglio sul ritmo incalzante. Un esempio perfetto di quanto esposto è La verdad sobre el caso Savolta (1975) di Eduardo Mendoza, libro apparso un paio di mesi prima della morte di Francisco Franco e che concentra al suo interno varie tecniche e filoni narrativi destinati ad avere fortuna. Le vicende riportate, infatti, assecondano uno sviluppo avventuroso, scandito da colpi di scena e avvenimenti, però non si dipanano lungo un asse cronologico convenzionale poiché ci sono continui salti temporali, imposti dalla compresenza di narratori diversi e dall'accumulo di materiali di varia provenienza. FRANCISCO UMBRAL (Madrid, 1932-2007) Francisco Umbral (Madrid, 1932-2007, Premio Cervantes 2000), pseudonimo di Francisco Pérez Martínez, è un poligrafo irresistibilmente attratto dalla fabulazione e un raffinato prosatore in grado di combinare la sonorità poetica di Juan Ramón Jiménez con l'aggettivazione debordante e rocambolesca di Ramón Gómez de la Serna e con un acrimonia propensa alla distorsione grottesca o all'accesso scontro verbale pervaso di acida ironia che ricorda la caustica virulenza di Camilo José Cela, sebbene i modelli a cui si ispira Umbral sono soprattutto Ramón María del Valle-Inclán e Francisco de Quevedo. L'eccesso di preziosismo stilistico è testimone di una vocazione letteraria come costante tensione creativa e perseveranza di artigiano che però finisce quasi sempre per inceppare il meccanismo delle trame, regalando brillanti descrizioni di scene di ritratti espressionisti di personaggi immersi in storie esili, a volte semplice pretesto per dare il sugo al piacere della scrittura o alla carambola linguistica. L’esperienza estatica della creazione verbale, inoltre, si fonde spesso con la rielaborazione più o meno romanzata, di esperienze personali, oppure con la proiezione sulla pagina di Alter Ego che se non presentano tratti dell'autore. Ne riflettono comunque gli atteggiamenti o l’ideologia snob. L’oscillazione tra la prospettiva autobiografica, ricostruzione cronachista e invenzione è una costante presente fin dai romanzi “Balada de gamberros” dove ripercorre la propria infanzia e giovinezza a Valladolid e Traversia de Madrid, testo a metà strada tra la picaresca e l'affresco urbano affine a “La colmena di Cela”. In El Giocondo si accentua l'interesse dell'autore per l'ambiguo mondo notturno madrileno che anni dopo continuerà a essere coltivato con assiduità durante il periodo della movida. Il continuo esercizio di equilibrismo tra esistenza reale e universi fittizi, di tanto in tanto lascia spazio a una voce più spiccatamente diaristica e memorialistica, ambiti in cui si trovano alcune delle sue opere migliori, tra cui “Memorias de un nino”. La vena autoreferenziale riemerge anche nei suoi saggi, tutti dedicati ad autori che ammira e in cui frequentemente si rispecchia in un doppio movimento teso a svelare la poetica del soggetto trattato (Larra anatomia de un dandy). Il nome di Francisco Umbral diviene noto al grande pubblico grazie alla sua prolifica attività di giornalista. Scrive infatti per svariate riviste, tra cui “Triunfo” e “Por favor” e già dopo pochi mesi dalla sua Fondazione collabora stabilmente con “El Pais”, avendo a disposizione la sezione fissa di “Diario de uno snob”. Si afferma così come uno dei principali cronisti dei mutamenti in corso in spagna negli Anni 70 e 80. I suoi articoli sono stati raccolti in numerosi volumi e ognuno offre uno spaccato della società dell'epoca. La dimestichezza con determinati fenomeni sociali, culturali, oltre a un'istintiva curiosità, lo spingono anche ad accettare la stesura dei libri su commissione. EDUARDO MENDOZA (Barcellona, 1943) Eduardo Mendoza (Barcellona, 1943), avvocato, si deve un romanzo di enorme impatto, “La verdad sobre el caso Savolta” che ha fatto riscoprire il gusto per la narrazione fluente scaltrita dalle raffinatezze tecniche e l'intrigo accattivante con ammicchi al feuilleton e generi minori. Il libro attinge infatti al noir spionistico e al rosa sentimentale. Inchioda il lettore col bisogno di ricostruire il rompicapo e lo incanta con una serie di giravolte tra comparse indimenticabili e continui giochi d'ombra. Siamo a Barcellona, tra il 1917 e il 1919. Un avventuriero francese, Lepprince, è giunto al vertice di una fabbrica d'armi, la Savolta, che prospera rifornendo gli Imperi Centrali. Vengono assassinati prima un giornalista che sta conducendo un'indagine su di lui e poi i principali azionisti dell'impresa. Nemesio, un mendicante con allucinazioni a sfondo teologico, che è anche informatore della polizia, ha in mano una lettera chiarificatrice, ma nessuno gli crede e finisce in manicomio. Il commissario Vázquez, che ha intuito troppo, viene trasferito in Africa. Sul patibolo sale un gruppo di anarchici. Intanto Lepprince fa sposare la propria amante, l'acrobata gitana María Coral, a Javier Miranda, uomo sensibile e ingenuo che diventa suo segretario e prestanome. Vedendo però prossima la rovina con il crollo del mercato dovuto alla fine del conflitto, la donna fugge con una spia tedesca, guardaspalle di Lepprince. Questi invia Miranda in automobile al loro inseguimento, sperando di provocarne la morte, e invece perisce lui nel misterioso incendio della fabbrica. Il complesso mosaico, dallo scioglimento a sorpresa, è ricostruito con tessere eterogenee magistralmente incastrate: gli atti di un processo per l'assicurazione sulla vita di Lepprince, tenutosi dieci anni dopo a New York, missive, dichiarazioni, articoli di giornale, schede segnaletiche, parti rette da un narratore esterno e soprattutto le allibite memorie di Miranda, per il quale lo sforzo testimoniale si traduce nel bilancio di una vita pateticamente sgangherata, mossa dall'ambiguo fascino del raffinato finanziere gangster e della sensuale cabarettista gitana. Un'altra linea narrativa portante di Mendoza è quella della picaresca umoristica, con parodia dei film polizieschi e risvolti di critica sociale, avviata in “El misterio de la cripta embrujada” (1978) ed “El laberinto de las aceitunas” (1982), che presentano arzigogolate tra con raffiche di battute. Il commissario Flores, di fronte a un caso arduo, ricorre ai servigi di un delinquente da strame a perdifiato, pazzo rinchiuso in un manicomio, dove lo riporta dopo che ha più o meno dipanato la matassa grazie a una serie di imprevisti, al suo modo illogico di indagare e a un'innata scaltrezza. Gioca con il senno di poi anche “Riña de gatos” (Madrid 1936 Planeta), perché il lettore sa quale catastrofe si è privata di Spagna poco dopo il marzo 1936, quando Anthony, critico d'arte inglese, accetta di valutare la collezione nobile spagnolo, dove scopre un possibile Velázquez non catalogato. Il romanzo, altra rievocazione storica speziata d'u tragicommedia degli equivoci, una parodia spionistica e un'avventura dell'arte nell'ambiente torbido ed elettrico che precede lo scoppio della guerra civile. È un meccanismo a precisione e una sorniona miscela di generi minori incline alla farsa e al grottesco, senza sentimentalismi o indottrinamenti, impreziosita da un linguaggio variegato e premuroso. E si nutre di un grande amore per Velázquez e per Madrid, tra scontri ideologici, palazzi e bassifondi, individui esaltati e inermi, ingiustizie e idiozie, programmi ideali e scoppiettanti scenette di costume. Mendoza pone al centro un suo tipico antieroe: Anthony Whitelands è maldestro e perplesso, sempre travolto dagli eventi, immaturo nonostante la sua erudizione, pronto ad alzare il gomito o cadere addormentato e incapace di mettere a fuoco le cose. Tradizionalista e apolitico, mandato in tilt dalla possibilità di una scoperta che potrebbe dargli fama accademica, si sforza di esercitare un fair play britannico in mezzo al pandemonio dei fanatismi e a restare neutrale dove non lo è nessuno. Ma forse proprio per questo l'immedesimazione del lettore è immediata. Nel 2016, a coronamento di una così intensa carriera, a Mendoza è stato concesso il Premio Cervantes. MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN (Barcellona, 1939 – Bangkok, 2003) Manuel Vázquez Montalbán (Barcellona, 1939-Bangkok, 2003; Premio Nacional de las Letras 1995), è un intellettuale poliedrico e prolifico, che spazia dalla poesia al giornalismo, dalle ricette alla saggistica, dallo sport alla canzone, fino a un particolarissimo ritratto della sua città, Barcelonas (1987), eccellendo in ogni campo. Antifranchista militante condannato alla prigione dal regime e commentatore politico e di costume dotato di sagacia e di spirito combattivo, ha firmato possenti pamphlet reportage sui governi di Gonzales e Aznar, sul Chiapas e Cuba. Parte da una posizione iconoclasta esposta nel “Manifesto subnormal” (1970) e coltiva soprattutto due linee narrative: - il noir come cronaca inesorabile e ironica della società contemporanea - la ricostruzione critica Sul primo versante, è il creatore della popolare saga del viscerale investigatore privato Pepe Carvalho, che compariva già nello sperimentale “Yo maté a Kennedy” (1972) come ex membro del Partito comunista spagnolo e agente della CIA. Ma è solo da “Tatuaje” (1974) che si disegna la sua figura di detective scettico e agnostico dalla battuta fulminante, con un ufficio sulla gioventù, sceglie Rambla barcellonese e il carcere alle spalle, figlio di sconfitti della guerra civile ed ex studente universitario di sinistra, buongustaio esigente, fumatore di sigari pregiati e degustatore di vini nobili, lettore colto ma deluso che, per mettere a tacere le illusioni e le menzogne alimentate dalla letteratura durante la sua con cura i libri da bruciare nel caminetto. Anche se ogni tanto si sposta fuori Barcellona (da Madrid all'Argentina), il suo ambiente naturale è nei quartieri della metropoli catalana, dipinta con aspra precisione nei suoi strati sociali e nelle sue vicende, dalla fine del franchismo alla globalizzazione, passando per la Transizione e le Olimpiadi, con uno sguardo che segue il progressivo invecchiare di Carvalho, parallelo all'età dell'autore. Nella rovina generale e nel marasma della falsa cultura sembra salvarsi solo l'antidoto della cucina: la fiamma che consuma i libri è la stessa che accende i fornelli, sebbene resti anch'essa una finzione, un «mascherare cadaveri per mangiarseli con etica ed estetica salve». La gastronomia è impiegata come mercante di classe o con funzione di rallentamento per accrescere la suspense, ma indica anche una rivolta dal basso, la nostalgia per i sapori dell'infanzia proletaria e segna le coordinate identitarie di una cultura autoctona da contrapporre all'uniformazione imposta dal mercato globale. Il racconto più emblematico della saga, che non a caso propiziò il successo anche internazionale della saga, è “Los mares del Sur” (1979), in cui Carvalho viene incaricato di far luce sulla morte di un industriale barcellonese inquieto e con smanie da mecenate, Stuart Pedrell, sparito dalla circolazione da un anno e ritrovato morto in un cantiere edile, tragica fine destinata ad aprire una serie di interrogativi su cosa avesse fatto in quel periodo poiché la moglie e i soci lo credevano nei mari del Sud, intento a seguire un suo vecchio sogno. In realtà si era inventato un'umile identità fittizia in un quartiere di periferia da lui stesso costruito e aveva avviato una relazione con una ragazza proletaria impegnata politicamente, Ana Briongos, che rimane incinta. La verità è, come sempre, frutto di una carambola del caso e di debolezza umana: Stuart Pedrell è stato accoltellato dal fratello di Ana, un marginale vendicativo, ed è spirato tra le braccia di un'ex amante della buona società, passata nel frattempo al suo avvocato. Carvalho si barcamena tra i rioni dei poveri e i saloni dei ricchi, trovando ovunque materia per il suo cinico umorismo. Ondeggia tra Charo e Yes, la figlia adolescente dell'industriale in cerca di fuga e protezione. Ad aiutarlo, un amico esperto di letteratura, giacché l'unico indizio trovato addosso al defunto è un verso di Quasimodo e la bussola del caso è la poesia di Pavese che dà il titolo al romanzo. Il delitto rimane impunito, perché nessuno ha interesse ad andare a fondo e, anzi, si fa presto a trovare un accordo conveniente per tutti. È un atteggiamento tipico di Carvalho, che non consegna mai i delinquenti alla polizia: Vázquez Montalbán fin dalle tesi "subnormali" rifiuta come menzogna ideologica l'happy end in grado di ricostruire l'ordine razionale momentaneamente infranto dal crimine e, inoltre, memore della collusione tra franchismo e forze dell'ordine, ritiene quest'ultime schiave di un potere che le utilizza per conservare la propria posizione dominante. Autobiografia del general Franco (1992) è un'autobiografia apocrifa del dittatore commissionata, per supplire alla mancanza di memorie, a uno scrittore antifranchista squattrinato, Marcial Pombo, che però ben presto si ribella allo schizofrenico compito, stravolge le autentiche, santino in caricatura e commenta di continuo, sarcastico o indignato, confrontando la versione del tiranno con le ricerche degli storici, a polifonico rispondersi di fonti. Con le sue interpolazioni svela retroscena, ma inserisce anche frammenti della propria esistenza sfortunata, in tono minore di fronte a quella pomposa del Caudillo, con la sola coincidenza di un disastroso declino familiare per entrambi. La figura di Franco che emerge dalle pagine è quasi patetica: ignorante, vanitoso, ipocrita, inabile come militare, affetto da manie di grandezza e sordi rancori, ossessionato dal comunismo e dalla massoneria, cattolico feticista e bacchettone. La corte del regime non è da meno e compare con tutte le sue disgustose magagne e il suo atteggiamento succube e meschino. CAPITOLO 7 – L’UTOPIA DEMOCRATICA DI UNA SOCIETÀ BENESTANTE ED EUROPEISTA: 1982-1996 Il PSOE (Partito Socialista Obrero Español), dopo le elezioni del 1982 riesce ad attuare delle riforme cruciali nel contesto politico, consolidando la giovane democrazia spagnola. Felipe González (presidente del governo e segretario del PSOE) può contare su una maggioranza assoluta e su un programma che si articola in tre punti chiave: - Sviluppo di un modello basate sulle comunità autonome - Benessere e progresso accessibili a tutti i cittadini - Integrazione della Spagna all’interno delle istituzioni europee Le altre formazioni politiche sono in difficoltà: Alianza Popular conta solo 106 deputato da contrapporre ai 202 dei socialisti, mentre il PCE (Partito Comunista Español) ha raccolto pochissimi voti portando alle dimissioni Santiago Carrilo; l’estrema destra è addirittura sparita dal Parlamento. Questa situazione garantisce una stabilità duratura, come dimostrano le successive elezioni che riconfermano il PSOE al governo, che riesce a durare ben quattordici anni. Le condizioni socioeconomiche della Spagna nel 1982 non sono molto buone: c'è un'inflazione del 14%, una disoccupazione del 15%, il deficit del 5%, la crescita del prodotto interno lordo annuo è appena dell'1%. Felipe Gonzalez si concentra quindi sull’aspetto economico della nazione. Visto il tentativo di colpo di stato del 1981, nasce la necessità di attuare una serie di misure che trasformino l’esercito in un apparato difensivo più moderno e affidabile  nasce la Ley Orgánica de la Defensa Nacional, si restringe la giurisdizione militare, si ridimensiona il numero dei generali, si riduce il periodo di leva, viene riconosciuta l'obiezione di coscienza. Per quanto riguarda l’adesione alla NATO, la Spagna viene sottoposta a un referendum nel 1986, con una scarsa partecipazione e molte proteste da parte dei partiti di sinistra antimilitaristi. Le forze armate spagnole, per offrire un’immagine meno conservatrice e violenta, si impegnano in missioni internazionali di pace e aiuto ed estendono anche alle donne la possibilità di arruolarsi. Dal punto di vista economico, vengono attuate riforme al fine di garantire un equilibrio: si svaluta la peseta e si contengono i salari per ridurre l’inflazione e il deficit, incrementano le entrate tributarie, si irrigidisce la norma sull’evasione fiscale, si rivede il Plan Energético Nacional cedendo alcune imprese pubbliche ai privati, si promuovo la flessibilizzazione del lavoro, si assiste a una riconversione industriale che coinvolge migliaia di aziende con perdita notevole di posti di lavoro ma che si rivela efficace perché dopo l’ingresso della Spagna nella Comunità Economica Europea (1 gennaio 86) il pil cresce del 4% all'anno. Il PSOE fa anche molti investimenti sulla modernizzazione del paese, concentrandosi su infrastrutture, sanità e istruzione. Il Plan General de Carreteras prevede che la rete viaria venga sistemata e ampliata con la costruzione di nuove autostrade e superstrade che rendano più veloci i collegamenti tra centri urbani. Lo stesso principio viene applicato a porti, aeroporti, trasporto ferroviario, con la creazione della line ad alta velocità (AVE) che unisce Madrid e Siviglia. Inoltre, vengono edificati spazi culturali, come il museo Reina Sofia di Madrid, il Museo d'arte contemporanea di Barcellona, i musei di Valencia, il Guggenheim di Bilbao. Nel 1992 si organizzano a Barcellona le Olimpiadi e l'esposizione universale a Siviglia; infine, Madrid viene nominata capitale europea della cultura. Il governo cerca di applicare la sua visione progressista anche nel campo dei servizi sociali, garantendo migliori sussidi di disoccupazione, aumentando l’importo delle pensioni ed estendendo all’intera popolazione l’assistenza medica e ospedaliera gratuita. Anche nel campo dell’educazione si assiste a dei cambi: vengono introdotte la Ley de Riforma Universitaria, la Ley Orgánica del Derecho a la Educación, la Ley Orgánica de Ordenación General del Sistema Educativo  l’offerta universitaria e le borse di studio si moltiplicano, così come il numero di studenti che possono accedere a una formazione di alto livello. Inoltre, si innalza 16 anni l’età della scuola dell’obbligo. Non si toccano invece i privilegi e le esenzioni della Chiesa cattolica, stabiliti dagli accordi col Vaticano firmati nel 1979. Vengono riconosciuti alla chiesa c’entra l’insegnamento privati. Le trasformazioni sono sostanziali e nell’arco di poco tempo cambiano a fondo il Paese, avvicinandolo ai modelli europei. Il ritratto della Spagna è quello di una nazione giovane, dinamica, in cui la tradizione si amalgama con l'avanguardia e con uno stile di vita piacevole e mondano. Questa immagine viene veicolata nel mondo anche all'estero attraverso la creazione nel 1991 dell'Instituto Cervantes. Tuttavia, le conseguenze dell’attuazione di questo modello europeo si fanno sentire: irrigidimento nella politica di modernizzazione e nella maggiore liberalizzazione dello stato  conseguenze negative nell’aumento del precariato giovanile e nell'aumento del settore terziario rispetto a quello industriale. Inoltre, arrivano in Spagna ingenti capitali multinazionali, attratti dal bacino di utenti che si sta sviluppando e i benefici economici poi tornano nelle casse delle aziende investitrici, non tanto nel paese spagnolo. Nel 1988 i sindacati UGT e CCOO chiedono a Felipe González una serie di provvedimenti sociali che compensino le ricadute delle sue scelte economiche. Si registra un progressivo calo della produzione con un PIL negativo e un tasso di disoccupazione che raggiuge il 24%, a causa di un mercato del lavoro incapace di assorbire la generazione dei baby-boom degli anni Sessanta. L’ottimismo europeista comincia a vacillare e viene sostituito da numerose critiche nei confronti delle istituzioni e sfiducia nel futuro. “Luna de lobos” (1985)  Narra di un gruppo di partigiani repubblicani rimasti nascosti per anni nei boschi del nord dopo la guerra civile, che vengono accerchiati e inseguiti, finché ne resta vivo solo uno che riesce a fuggire in treno verso un futuro molto incerto, di morte o di oblio. “La lluvia amarilla” (1988)  Lungo soliloquio dell’ultimo abitante di un paesino abbandonato dei Pirenei aragonesi. Il protagonista rievoca l’inesorabile scomparsa del villaggio montano, squassato dal vento, dai fulmini, dalla neve, dall’assenza di vita. Il suo primo figlio non è mai tornato dalla guerra, la figlia è morta per malattia, l’ultimo figlio è emigrato in Germania senza più dare notizie, la moglie si è impiccata non reggendo alla desolazione. Llamazares ha riversato un proprio delirio di rinuncia e disintegrazione: sentimento di spirito autodistruttivo. “Escenas de cine mudo” (1994)  Racconta un’infanzia che ricalca in parte quella dell’autore, viene fatta una ricostruzione del passato mediante le fotografie di un album sfogliato dal protagonista. “Trás-os-montes” (1998)  Libro di viaggio in cui rappresenta una mappa di voci, ritratti e ricordi dell’antica provincia del Portogallo (titolo dell’opera), i quali abitanti rimangono ancorati alle tradizioni nel tentativo di non cedere a un progresso che svuota la memoria. “El cielo de Madrid” (2005)  Romanzo che si propone di ricreare il caos e il carattere effimero della movida madrilena e che denuncia l’edonismo. “Las lágrimas de San Lorenzo” (2013)  Ritorno alla prosa lirica e all’inesorabile scorrere del tempo. Padre e figlio, uno con lo sguardo rivolto al passato e l’altro al futuro, si godono lo spettacolo della pioggia di stelle cadenti durante la notte di San Lorenzo a Ibiza. “Distintas formas de mirar el agua” (2015)  Omaggio a tutti i paesi della provincia di Leon che negli anni 60 furono sacrificati perché venisse eretta la diga di Porma (la vallata si è trasformata in lago). LUIS LANDERO (Alburquerque, 1948) Professore e chitarrista, viene da una famiglia contadina di Extremadura. “Juegos de la edad tardía”  riscuote un notevole successo, riceve il Premio de la Crítica e Nacional de Narrativa. Narra la vita di Gregorio Olías che si crea un alter ego per riuscire a condurre la vita che si era negato. È presente un po’ di realismo magico che crea una connessione tra la realtà e l'ambiente onirico. “El guitarrista”  racconta in modo ironico la storia di Emilio, un ragazzo che tramite la musica, cova l’illusione di abbandonare la triste vita di provincia per andare a Parigi alla ricerca di un’esistenza bohémienne. “Hoy, Júpiter” tre protagonisti che si trovano davanti a scomode verità e l’unico scampo a questa spirale di sogni infranti è la scrittura, a cui uno di loro si afferra. “Retrato de un hombre inmaduro”  monologo frammentato di un uomo in punto di morte, narrare è l’unica cosa che gli rimane. “Absolución”  le inquietudini e le contraddizioni del protagonista lo portano a imbattersi in una serie di personaggi strampalati. “El balcón en invierno”  racconta la propria infanzia e adolescenza da una prospettiva autobiografica, intaccata dall’oblio di alcuni avvenimenti. “La vida negociable”  esce la curiosità dell’autore per l’enigma della vita nel suo accadere senza ragioni apparenti. È la storia di un picaro colto da dubbi esistenziali che non lo condurranno a nulla, se non a vedere crollare tutti i suoi castelli di carta in un’esistenza per niente negoziabile perché sono gli esseri umani a trovarsi in balia delle circostanze, non viceversa. ANTONIO MUÑOZ MOLINA (Úbeda, 1956) Giornalista e storico dell’arte che vive tra Granada e Madrid, membro della RAE, si è conquistato una solida fama come romanziere capace di gestire trame complesse, piene di personaggi e colpi di scena. Assolve il compito proprio del narratore: salvare e inventare la memoria. Beatus ille  Minaya, il giovane protagonista, dopo aver partecipato alle lotte studentesche, si reca dallo zio, in una città immaginaria andalusa che cela quella natale dell’autore, per preparare una tesi sulla vita e l’opera di Jacinto Solana, scrittore dimenticato dalla II Repubblica. Solana era stato amico dello zio ed entrambi avevano amato la stessa donna, che poi venne misteriosamente assassinata. Il protagonista, cercando il libro Beatus ille, ritrova un diario di Solana e scopre che è vivo. Così come Solana si era reinventato un’identità con la morte fittizia, anche Minaya riformula la propria con quell’indagine, che lo porta alla memoria familiare e storica. El invierno en Lisboa  riceve il Premio de la Crítica e Nacional de Narrativa. Il protagonista è un personaggio marginale che racconta il delirante amore tra il pianista Biralbo e Lucrecia, moglie di un trafficante di opere d’arte rubate. La bravura dell’autore si nota nella scenografia con zuffe concitate, scene al rallentatore da postumi di sbornia, l’ossessione di un amore tanto insostenibile quanto irrinunciabile. Beltenebros  si narra il rientro in Spagna, durante gli anni 60, di Darman, un esiliato membro di un’organizzazione segreta antifranchista, per eliminare un traditore. Darman si imbatte continuamente con la polizia politica che poi scopre che è stata mandata a ucciderlo ingiustamente. Della letteratura poliziesca, Molina si interessa della metafora narativa della conoscenza e della morte. El Jinete polaco  ambientato a Mágina, ritrae i cambiamenti avvenuti in Spagna durante quattro generazioni. Manuel, figlio di contadini vive un intenso amore con Nadia, figlia di un comandante repubblicano che aveva abbandonato la Spagna dopo la guerra civile. Il racconto è un flashback narrato dai due che in una stanza di hotel newyorkese ricompongono il presente tramite le voci del passato, aiutati da una Bibbia, un baule di foto e una riproduzione del quadro di Rembrandt che dà il titolo al romanzo. Ardor guerrero  ripercorre la corrente del passato prossimo, quello del servizio militare nell’esercito della Transizione. Plenilunio  thriller psicologico. Un ispettore di polizia, a causa delle minacce dei terroristi baschi, lascia Bilbao, torna nella città meridionale dove è cresciuto e si trova a dare la caccia a un maniaco che in una notte ha violentato e ucciso una bambina. Conta sull’appoggio della maestra della bambina, con la quale inizia una storia d’amore, e di un sacerdote rivoluzionario che gli consiglia di riconoscere il criminale dagli occhi. Il colpevole viene fermato prima che possa compiere un nuovo delitto, ma va a finire che spara all’ispettore. L’autore medita sulla banalità del male: i tragici fatti compaiono normalmente sul giornale e gli occhi dell’assassino sono in fondo come quelli di tutti gli altri. Sefarad  romanzo corale (cioè formato da più personaggi) sul XX secolo che racconta vicende di esiliati, emigranti, sradicati, perseguitati, deportati. El viento de la luna  nel 1969 Neil Armstrong fu il primo uomo a mettere piede sulla luna. Il protagonista è un adolescente che assiste affascinato alla nascita di una nuova epoca. La noche de los tiempos  l’autore recupera l’idea di sradicamento della patria per dipingere una Spagna alle soglie della guerra civile, in un turbinio di personaggi sia inventati che storici. Como la sombra que se va  l’autore ricorre all’autofinzione: trasforma Lisbona in un una specie di crocicchio di destini in cui il tempo viene annullato. Un andar solitario entre la gente  testo frammentario che rimanda al collage modernista, con immagini, citazioni letterarie, frasi captate al volo, annunci pubblicitari combinati per comporre un esteso poema in sintonia con la società attuale, dove la comunicazione sembra scomporsi fino a diventare un balbettio di residui dotati a stento di un significato. ROSA MONTERO (Madrid, 1951) Notissima autrice in Spagna per gli articoli, le interviste, le microbiografie e i racconti che pubblica su giornali e riviste  ritratti di donne straordinarie riuniti in Historias de mujeres, le gioie e le pene delle coppie narrate in Amantes y enemigos, schizzi di grandi amori della storia di Pasiones. Inizialmente si è cimentata con una narrativa a orientamento testimoniale e di critica sociale. Cronica del desamor  affronta i problemi dell’emancipazione femminile nella società patriarcale. La funcion Delta  mette a fuoco dall’intimo l’esistenza di una donna in due momenti decisivi differenti della vita. Te trataré como a una reina  è un melodramma espressionista ambientato in un cadente locale notturno di Madrid dove la protagonista canta boleri dai versi in netto contrasto con la realtà degradata che la circonda. L’autrice insiste sull’incomunicabilità e sulla solitudine degli individui. Amado amo  è un monologo ossessivo sull’ambiguo rapporto tra servo e padrone, ambientato in una multinazionale, dove il restare a galla si paga con la rinuncia alla dignità dei sentimenti. Temblor  ha un impianto fantastico e avventuroso e narra il passaggio alla maturità di una ragazzina attraverso la sua fuga dal centro dell’impero, governato da una casta di sacerdotesse, verso lontani confini allo scopo di trovar rimedio alla distruzione del pianeta. Bella y oscura  è ambientato tra l’incantesimo dei sogni covati da bambini e lo spazio circoscritto di un isolato quartiere periferico. L’autrice tratta temi come la paternità mancata e l’impossibilità di conciliare età, desideri, luoghi. La hija del canibal  è una specie di thriller che ha come centro della storia l’estenuante ricerca dell’esistere della protagonista mentre è alla ricerca del suo marito scomparso. El corazon del Tartaro  a protagonista sfida i fantasmi del proprio tormentoso passato decostruendo i traumi infantili fino alla rivelazione finale. Historia del Rey Transparente  romanzo con elementi fantasy a sfondo medievale. Ogni volta che viene raccontata la favola Re Trasparente si scatenano disgrazie, fino allo scioglimento dell’enigma che coinvolge anche il lettore. La loca de la casa  così Santa Teresa definiva l’immaginazione. Riferimenti autobiografici, amalgamati con l’invenzione. Instrucciones para salvar el mundo  un eroe riesce a contrapporre la sua bontà alla violenza degli uomini in una realtà assai crudele. Alla fine, domina l’ottimismo ma da cui trapela la consapevolezza dell’impossibilità di eliminare il male. Lagrimas en la lluvia, El peso del corazon, Los tiempos del odio  formano una trilogia fantascientifica Dove l'autrice racconta crimini e abusi che sono un riflesso della situazione presente, usati per denunciare ingiustizie sociali, manipolazioni della memoria e delle informazioni, distruzione dell’ecosistema, ecc. La ridicula idea de no volver a verte  viene raccontato il lutto per la persona amata, si è di fronte alla sofferenza di due donne che grazie alla magia delle parole trovano nella scrittura uno strumento per riempire il vuoto lasciato da chi non c’è più. La carne  racconta di una sessantenne che prova a trovare scampo dalla solitudine con la complicità di un gigolò trentenne, contattato per far ingelosire un amante ormai stanco di lei. ALMUDENA GRANDES (Madrid, 1960) Las edades de Lulú  romanzo che ha avuto successo ma che ha anche fatto scandalo a causa dei tratti morbosi ed erotici che presenta. Si divide in tre fasi della vita della protagonista che, in ognuna di queste, fa diversa esperienza con la carnalità. Te llamaré Viernes  si svolge tra antieroi brutti e pusillanimi, senza soldi ne glamour, redenti soltanto all’arte del narrare storie. Malena es un nombre de tango  si costruisce sulla contrapposizione di figure conformiste all’interno di una famiglia. Modelos de mujer  esplora lo stridente rapporto madre-figlia, l’ossessione alla dieta, i turbamenti adolescenziali di una ragazza desiderosa di liberarsi dall’oppressione di un collegio di suore, i confini della pazzia nell’amore tra una donna down e un fantasma. Atlas de geografia humana  romanzo corale di quattro colleghe che hanno instaurato tra loro un rapporto di intimità e confidenza. Oltre alla stessa età, hanno caratteristiche che le accumuna: la praticità, l’autoironia, il coraggio. Los aires dificiles  ambientato in un paesino della costa andalusa battuto da impetuosi venti che influiscono sul temperamento e sulle azioni delle persone. Castillos de carton  ambientato negli anni Ottanta quando i protagonisti avevano vent’anni, studiavano Belle Arti e gestivano un trio amoroso. Si basa su un flashback carico di nostalgia e di pessimismo. El corazon gelado  tratta la guerra civile e le sue conseguenze. Recupero di un’epoca che l’autrice ricostruisce ricorrendo alla sua formazione di storiografa e a una presa di posizione ideologica netta, in difesa dei valori rappresentati dalla sinistra politica. Episodios de una guerra interminable  una serie di sei romanzi in cui molteplici vicissitudini individuali si proiettano su uno sfondo documentale per dissotterrare dall’oblio le sofferenze inflitte ai vinti da chi, il 18 luglio 1936, aveva scatenato quel brutale conflitto. Los besos en el pan  la scrittrice si allontana dalla storia per concentrarsi sul presente. È un romanzo corale sulla crisi economica in un quartiere di Madrid, dove i personaggi sentono sulla propria pelle gli effetti dello smantellamento della sanità pubblica, dello scoppio della bolla immobiliare, della spietata concorrenza cinese nel piccolo commercio, del terrorismo come affermazione di un io frustrato di fronte a una società che non offre prospettive ed emargina. 7.1.2. Una postmodernità senza frontiere: ripensare l’io, la letteratura, il presente e il passato tra realtà e finzione Acquistano particolare rilievo l’introspezione psicologica, in prima o terza persona, con risvolti filosofici dettati da una morale basata sulla bontà, ma aventi sempre un certo umorismo. Si inizia a esplorare l’abisso della finzione e le sue surrealiste connessioni con la realtà. Tutti questi elementi si combinano a seconda delle intenzioni di chi scrive. ÁLVARO POMBO (Santander, 1939) Filosofo e poeta con una lunga permanenza a Londra e membro della RAE. El héroe de las mansardas de Mansard  romanzo di formazione alla malizia El parecido  tema del doppio incarnato nel rapporto padrone-servo, tema dell’omosessualità latente, più sognata che praticata El metro de platino iridiado (Premio de la Critica)  il titolo allude alla protagonista, misura di bontà e rassegnazione Donde las mujeres (Premio Nacional de Narrativa)  l’universo femminile è protagonista, racconta le vicende di una famiglia composta prevalentemente da donne Telepena de Celia Cecilia Villalobo  la segretaria di uno scrittore morto da poco da il libero sfogo ai suoi sogni frustrati di assidua telespettatrice di telenovelas e programmi di gossip Una ventana al norte  una borghese è il centro di una rete di relazioni personali sullo sfondo di una guerra cristera La fortuna de Matilda Turpin  epicentro di una vicenda familiare che ha ramificazioni filosofiche ed etiche El cielo raso  il protagonista accetta la propria omosessualità Contra natura  tema dell’omosessualità come bivio sentimentale El temblor del héroe  omosessualità incarnata da un anziato professore di filosofia e un giornalisa che scrive su di lui La previa muerte del lugarteniente Aloof  invita a ragionare sulla scrittura e la sua interpretazione Quédate con nosotros, Señor, porque atardece  viene messa in dubbio l’utilità di una vita contemplativa concepita come allontanamento da una realtà violenta e segnata dalla sofferenza Un gran mundo e La casa del reloj  propongono un’incursione nel perbenismo dell’alta borghesia franchista e un triangolo amoroso che si rivela un’eredità ingombrante per chi si trova a rievocarlo Álvaro Pombo mostra una grande originalità nell’impiego di narratori spigliati, inclini a oscillare da una prospettiva omodiegetica a un’onniscienza ironica e umoristica, dotati di una fluidità e un’esuberanza tipica del parlato che gli consentono di alternare svariati registri, alleggerendo così l’intelaiatura filosofica caratteristica del suo scrivere. JAVIER MARÍAS (Madrid, 1951) Abilissimo nel tessere trame minime attorno narratori su cui riversa manie intellettuali e dettagli autobiografici. Membro della RAE. Uno degli scrittori spagnoli più famosi in patria e fuori, vincitore di numerosi premi internazionali, tradotto in moltissime lingue con alte tirature. Conosciuto anche come giornalista e traduttore dall’inglese e apprezzatissimo dalla critica. Principali caratteristiche della sua ispirazione: - l’attività mentale che si fa azione narrativa - gli intrecci quasi assenti e finali aperti - un ordine arbitrario delle sequenze in contrasto con i perfetti meccanismi cronologici presta attenzione ad aspetti sociali di pressante attualità, aumenta le pensioni e i salari minimi, riconosce il diritto degli omosessuali e dei transessuali a contrarre matrimonio civile e all'adozione. il culmine di questo percorso è la Ley de Memoria Historica del 26 Dicembre 2007 che si prefigge l'obiettivo di dare vita a un dibattito pubblico in cui vengano ammesse le persecuzioni e le efferatezze commesse durante il conflitto e la dittatura, restituendo dignità morale che aveva sofferto sulla propria pelle tali soprusi. Non tutti però vedono di buon occhio, forse iniziativa perché vi è il timore che possa riportare alla luce un passato scomodo in grado di ravvivare rancori assopiti. Le critiche nei confronti dell'operato del governo inoltre provengono spesso dalla Chiesa, preoccupata da un approccio laico che minaccia vari principi ecclesiastici. Un altro punto controverso è costituito dal terrorismo basco: nel maggio 2005 Zapatero ottiene il sostegno della maggioranza dei deputati per avviare un processo di pace nei paesi baschi e l’ETA, nel Marzo 2006, dichiara una tregua permanente che però viene interrotta il 30 dicembre 2006, allorché fa esplodere una bomba all'aeroporto madrileno di Barajas, uccidendo accidentalmente due giovani ecuadoriani. A breve termine è soprattutto la crisi dell'economia mondiale ad avere una ricaduta negativa sul secondo mandato di José Luis Rodríguez Zapatero, rieletto nel 2008 con una percentuale che sfiora il 44% delle preferenze. Tutte le misure adottate per palliarne gli effetti, senza che vi siano conseguenze sociali, si rivelano inefficaci e nel 2010 il contesto internazionale obbliga a tagli e a politiche in controtendenza rispetto a quanto ha fatto anteriormente, con una crescente malcontento tra la popolazione, che si sente ingannata da un governo ostinato fino all'ultimo, per ingenuità o convenienza, a non ammettere la reale gravità della congiuntura finanziaria. Nel 2010 viene resa nota alla sentenza del Tribunal Constitucional riguardo allo Statuto Catalano: alcuni passaggi di determinati articoli sono dichiarati incostituzionali e devono essere stralciati. La risposta catalana non si fa attendere: il 10 giugno 2010 sfila Barcellona un imponente corteo che nell'esprimere rabbia e frustrazione per l'ingerenza dei poteri centrale lascia intravedere le prime sofferenze di chiara matrice indipendentista. Si arriva così, a convocare le elezioni anticipate del 20 novembre 2011. Se nelle strade si respira una volontà di rinnovamento, alle urne prevale invece la prudenza e il PP di Mariano Rajoy si impone con un ampio margine rispetto al PSOE del nuovo segretario generale Alfredo Perez Rubalcaba. Cosciente di poter contare su una maggioranza assoluta, Rajoy adotta misure impopolari: alza le tasse, flessibilizza ulteriormente il mondo del lavoro, applica un'amnistia fiscale, aumenta l'IVA, vara una controversa legge educativa, diminuisce i finanziamenti destinati alla sanità e all'insegnamento, e usa il denaro delle casse pubbliche per salvare dalla bancarotta varie banche spagnole. Emergono sempre più dettagli su trame di malversazione e corruzione che riguardano da vicino soprattutto la monarchia spagnola (caso Noos) e il Partido Popular (caso Gurtel), ma si estendono anche ad altre formazioni. L’immagine del re Juan Carlos è intaccata da ulteriori indiscrezioni e il 19 luglio 2014 abdica in favore del figlio, Felipe VI. La posizione di Rajoy è delicata e lo diventa ancora di più allorché in Catalogna la corrente indipendentista si consolida. Artur Mas il 9 novembre 2014 convoca una consultazione popolare sull’indipendenza catalana che però il governo centrale spoglia di qualsiasi validità giuridica: l’affluenza è di poco superiore al 33% e l’81% dei voti è per il “si”. Da questo momento in poi si assiste a una crescente tensione tra la Generalitat e Rajoy che, dopo un giro di elezioni a vuoto il 20 dicembre 2015 riesce a formare un governo con un precario sostegno di Cuidadanos, una nuova realtà politica di centro-destra, nata con l’intenzione di rinnovare lo stantio scenario politico. La strategia adottata però è un’arma a doppio taglio perché se da un lato la coalizione vince le elezioni regionali del 27 settembre 2015, dall’altro non ottiene la maggioranza assoluta e, se vuole governare, deve scendere a patti con la Candidatura d’Unitat Popular (CUP), un’organizzazione di sinistra, ecologista, femminista e sostenitrice della necessità di proclamare in tempi brevi una Repubblica dei territori catalani. L’appoggio della CUP è vincolato a due condizioni fondamentali: - La rinuncia di Artur Mas alla presidenza della Generalitat - Un’accelerazione del processo di indipendenza Viene quindi eletto presidente Carles Puigdemont. Rajoy continua a ignorare il problema dal punto di vista politico e prova a risolverlo trasferendolo sul piano giuridico, ma così facendo risveglia i fantasmi dello Statuto del 2006 e inasprisce ulteriormente il clima, rievocando in entrambi gli schieramenti, i peggiori istinti patriottici. Puigdemont, messo alle strette dagli alleati, indice un referendum perché i catalani si esprimano a riguardo. L’atto darà luogo a una lunga serie di errori e provocazioni da parte della Generalitat e della Moncloa. Madrid considera la consultazione illegale e all’ultimo momento tenta di impedirla inviando in Catalogna un cospicuo numero di agenti di polizia. Il 1° ottobre 2017 le urne vengono introdotte clandestinamente nei seggi e, nonostante il veto del governo centrale, i cittadini si recano a votare in un’atmosfera di grande nervosismo. Arroccati ognuno nelle proprie convinzioni, Piugdemont e Rajay leggono a loro modo gli avvenimenti: per il primo il referendum è stata una chiara vittoria della democrazia catalana che ha saputo affrontare la brutale repressione spagnola, per l’altro si è trattato solo di una farsa. Gli animi si scaldano ulteriormente in seguito al discorso del re Felipe VI che in diretta televisiva, il 3 ottobre, condanna duramente l’operato della Generalitat, rendendo di fatto impossibile qualsiasi mediazione. Obbligato dalle circostanze e facendo leva sul risultato, il 27 ottobre proclama, per mezzo di una dichiarazione unilaterale di indipendenza, la nascita della Repubblica catalana. Per l’esecutivo di Rajoy ciò equivale a un tentativo di colpo di Stato e, con sostegno di Ciudadanos e del PSOE, si arriva all’applicazione dell’articolo 155, che prevede il commissariamento dei vertici istituzionali di una comunità autonoma, qualora quest’ultima infranga i principi sanciti dalla Costituzione. La situazione precipita: otto membri del governo catalano e i presidenti di due associazioni civili vengono arrestati con la accusa di ribellione, sedizione e malversazione; altri fuggono all’estero per evitare la prigione. La confusione è assoluta: in Catalogna l’incertezza politica ha ricadute sull’economia e sulla società; dall’estero Puigdemont si definisce un esiliato e accusa Madrid di avere arrestato i suoi ex collaboratori solo per motivi politici. La titubante e discutibile gestione della vicenda catalana spinge la maggioranza dei deputati del Congresso a votare, il 1° giugno 2018, una mozione di sfiducia contro Rajoy, sostituto da Pedro Sanchez, segretario generale del PSOE. La legislatura di Sanchez pare fin da subito effimera perché vincolata a equilibri parlamentari fragilissimi che non consentono grandi margini di manovra. Cadono così nel vuoto gli appelli alla riconciliazione e a recuperare lo spirito di solidarietà della Costituzione, di cui si sono celebrati i 40 anni il 6 dicembre 2018. La Spagna sta affrontando una fase estremamente delicata della sua storia: ancora in difficoltà per gli effetti della crisi mondiale, con un alto tasso di disoccupazione e varie generazioni di giovani immerse in un limbo senza futuro, è chiamata a promuovere profonde riforme per trovare al più presto una quadratura del cerchio politico perché le richieste catalane e basche esigono risposte immediate e convincenti. 8.1. Una letteratura liquida per una società liquida: dalla dimensione spettacolare alla multimedialità Una delle caratteristiche fondamentali dell’arte attuale, derivata dal post-modernismo, è l’eteroglossia, ovvero la sua predisposizione ad accogliere ed amalgamare voci e tecniche di linguaggi diversi, senza regole specifiche né un’interpretazione univoca. Eppure, la produzione e la vendita di massa impongono alcune linee guida che concedono ampia visibilità soltanto a uno sperimentalismo ormai addomesticato e comprensibile oppure a soluzioni tradizionali e, in genere, prive di asperità. L’obiettivo è quello di offrire prodotti adatti ad una vasta platea di potenziali consumatori che sono indotti a una ricezione limitata e uniforme. Sintomatici di questa massificazione sono i premi letterari che hanno rinunciato alla loro vocazione di scovare talenti per aderire invece alla formula più redditizia dell’evento mediatico. L’omogeneizzazione forzata di percorsi divergenti è, inoltre, evidente nell’impiego di definizioni generaliste ma di facile presa sui mass media, come è avvenuto alla cosiddetta generacion X, frutto dell’intrecciarsi di interessi commerciali e di risvolti sociologici. In direzione opposta, si muove il best seller, tendenzialmente incline a impregnarsi degli stereotipi propri di ogni genere e a combinarli tra loro, in base alle abilità di ogni singolo autore, per servire al lettore un piatto dal sapore tradizionale in cui gli ingredienti sono riconoscibili e, soprattutto, in grado di suscitare reazioni emotive immediate al ritmo di peripezie rocambolesche. Refrattario alla prolissità e a un’interpretazione unica è il genere del microrrelato, una soluzione narrativa iperbreve e poco convenzionale che è stato oggetto di una progressiva scoperta e sistematizzazione nel decennio successivo, registrando un esponenziale moltiplicarsi di monografie, articoli accademici, congressi internazionali, riviste specializzate, siti web e case editrici. Di fatto, le caratteristiche fondamentali del microrrelato sono la brevità e la narratività, ovvero il progredire di un’azione che implica un cambio rispetto al punto di partenza. Tali premesse hanno una grande ripercussione sul testo che dovrà insinuare molto più di quanto non dica esplicitamente. Per ottenere un simile risultato sarà necessario: - ridurre la trama all’osso - dotare i personaggi di una minima connotazione psicologica - impiegare i dialoghi solo laddove ritenuti imprescindibili - tratteggiare spazi essenziali - inserire ellissi temporali - avvincere chi legge sin dalla frase iniziale e spiazzarlo ricorrendo a un finale sorprendente ed enigmatico, spesso in un gioco di sponda con il titolo che, a posteriori, può apparire particolarmente significativo. Vengono utilizzati con frequenza intertestualità, la metafinzione, l’ironia, la parodia, l’umorismo, oltre ai tratti distintivi del filone fantastico, tutti strumenti che richiedono una partecipazione attiva durante la lettura. A partire dall’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, è emerso un cambio di atteggiamento artistico nei confronti della realtà e nella sua rappresentazione che potrebbe segnare una svolta. Alcuni teorici culturali olandesi sostengono si stia verificando un mutamento nella sensibilità collettiva. Per sottolineare tale peculiarità propongono l’utilizzo del termine “metamodernismo”, con cui indicano un modo di sentire contradditorio e paradossale: di fatto, il prefisso “meta-” più che a un superamento rimanda a uno “stare nel mezzo”, a un oscillare inteso come partecipazione tra il mondo delle idee e le cose sensibili. Il desiderio di un nesso più stretto con la realtà pare trovare conferma nel progressivo affermarsi della graphic novel (evoluzione del fumetto con trame complesse e pensate per un pubblico adulto) che, combinando scrittura ed immagini, si concentra spesso su temi sociali di attualità, come gli sfratti e la situazione lavorativa dei giovani in seguito alla crisi economica, le sofferenze patite da migliaia di bambini negli orfanotrofi gestiti dalla Falange durante il dopoguerra spagnolo, i bassifondi della città catalana e la documentazione di un giro di affari sorto attorno al traffico di ferraglia raccolta da indigenti lungo le strade… 8.1.1. I premi letterari in Spagna In Spagna, contrariamente a quanto accade nella maggior parte degli altri Paesi europei, sono in genere le case editrici, e non istituzioni pubbliche o indipendenti, a organizzare i concorsi letterari più celebri a livello mediatico e, inoltre, le giurie non valutano testi pubblicati, bensì opere inedite. I premi non indetti da privati e che prendono in considerazione libri editi durante l’anno trascorso, come il Premio de la Critica o il Premio Nacional, non riescono a far ombra ai loro rivali e, oltretutto, non sembrano sempre in grado di garantire un risultato imparziale: il Premio de la Critica infatti può essere soggetto a idiosincrasie o antipatie, mentre nel caso del Nacional pesa il sospetto che la scelta dello scrittore da premiare possa dipendere dal clima politico del momento. Tra i più di 1500 concorsi letterari convocati ogni anno in terre spagnole ve ne sono alcuni che muovono ingenti somme perché trasformano una semplice cerimonia in uno spettacolo mediatico. Tra questi spicca il Premio Planeta, consegnato nel corso di una serata di gala ogni 15 ottobre. Tutto nasce da un’idea di José Manuel Lara Hernandez che, nel 1952, decide di imitare il Nadal affinandone però le potenzialità commerciali. Di fatto, stabilisce una dotazione economica molto elevata e si propone di favorire la vittoria di opere spendibili sul mercato. La lungimiranza di Hernandez ha sortito gli effetti desiderati perché i dati registrati dai volumi insigniti del Planeta sono sempre ottimi, con una media di mezzo milione di esemplari venduti. Tali risultati sono possibili solo grazie a una gestione che cura ogni dettaglio, senza nemmeno trascurare il nome del vincitore, sebbene il regolamento preceda che i testi vengano inviati con un titolo diverso dall’originale e utilizzando uno pseudonimo. Si devono, infatti, generare profitti ingenti che entrano nelle casse del grguppo alla porta di servizio del ritorno d’immagine. La creazione di un marchio, però, aumenta il rischio di un’eccessiva uniformità per andare incontro al consolidamento di una tradizione restia allo sperimentalismo narrativo. Oltre al Planeta, il Premio Nadal (fondato nel 1944 da Josep Vergés) è uno dei più conosciuti in Spagna. Il suo obiettivo era scoprire nuovi talenti, in un tentativo encomiabile di introdurre il germe di una letteratura nuova in grado di stimolare la rinascita culturale in un Paese messo a dura prova dalla guerra civile. Al vincitore vengono garantite la pubblicazione del libro e una discreta somma di denaro. Durante i primi tempi, hanno contribuito a rafforzare il suo prestigio i nomi di alcuni autori (Carmen Laforet, Miguel Delibes, Ana Maria Matute, Rafael Sanchez Ferlosio) che ben presto si sarebbero dimostrati eccellenti narratori. Eppure, proprio a causa di una linea improntata all’onestà intellettuale, negli anni Ottanta si arriva a premiare opere che si rivelano mediocri. Questo sfasamento qualitativo ha avuto un costo piuttosto elevato in termini di immagine tanto che si assisterà a uno strappo con il passato e si sceglierà di premiare scrittori piuttosto noti, in grado di favorire le vendite. Altri premi supportati da una certa risonanza mediatica, dovuta al prestigio degli editori o delle case editrici che li hanno patrocinati sono il Biblioteca Breve, l’Herralde e La Sonrisa Vertical. Il Biblioteca Breve nasce nel 1958 dall’entusiasmo di Carlos Barral, con l’intenzione di scovare giovani autori dotati di una prosa colta e innovativa, finché non lo si abolì nel 1972. Nel 1999 Seix Barral decide di rilanciare il Biblioteca Breve con una dotazione di 30.000€ e il vincitore è il messicano Jorge Volpi. L’Herralde risale al 1983, quando anche il proprietario di Angrama si adegua al sistema di premi, sempre però con un occhio di riguardo per la qualità e l’originalità della ricerca letteraria. Attualmente il concorso prevede una dotazione di 18.000€ e riserva un particolare interesse ai romanzi percorsi da una vena sperimentale, spesso di matrice ispano-americana, o comunque capaci di stabilire connessioni tra l’attualità e uno stile poco convenzionale. Il premio La Sonrisa Vertical, concesso dalla casa editrice Tusquets e limitato alla narrativa erotica, nasce nel 1977 e svolge un ruolo importante di emancipazione culturale e sessuale negli anni della Transizione, riuscendo a unire tra i suoi requisiti capacità di affabulazione e scioltezza nel maneggiare situazioni piccanti. Oltre ai concorsi legati a case editrici “minori” ma provviste di una solida tradizione, ve ne sono altri indetti da gruppi editoriali importanti che hanno provato a competere con il Planeta, imitandone alcuni meccanismi. L’Internacional de Novela Plaza & Janes è stato il primo a sfidare l’oliato congegno della famiglia Lara. Istituito nel 1984 e rivolto apertamente a tutti gli autori di lingua castigliana, offriva al vincitore 5 milioni di pesetas. Non solo si partì con una cifra piuttosto alta, ma si tentò di eguagliare lo sfarzo del Planeta con cerimonie pensate per attirare l’attenzione dei media. Per rilanciarne le potenzialità nel 1989 si raddoppia la somma spettante all’autore del miglior libro presentato. Questo premio, però, non spiccherà mai il volo e, nonostante il susseguirsi di autori di un certo spessore, le vendite saranno inferiori alle aspettative. Nel 1993 non si riuscirà a scovare tra le opere inviate una che svetti sulle altre e l’assegno milionario non verrà consegnato. L’agonia del Plaza & Janes è ormai irreversibile e i responsabili editoriali decidono di sopprimerlo. Un premio, invece, che continua a sopravvivere è quello bandito da Alfaguara, aperto a qualsiasi romanzo inedito scritto in lingua castigliana e con una dotazione di 175.000 dollari. La casa editrice punta soprattutto a conquistare il mercato dell’America Latina. Va, infine, citato il Premio Primavera, della casa editrice Espasa-Calpe. La prima edizione si è celebrata nel 1997 e la dotazione di 25 milioni di pesetas è andata a Rosa Montero per il romanzo “La hija del canibal”. Negli anni seguenti il successo ottenuto con questo romanzo non si ripeterà e le spese supereranno di gran lunga i benefici derivanti dalle vendite. Nel 2007 il denaro riservato al vincitore viene dimezzato 8.1.2. La “cultura X”: marketing, pop e tradizione Sul finire del XX secolo, l’interesse di alcune case editrici e dei media si concentra su vari autori che, con testi frequentemente ispirati a modelli anglosassoni contemporanei, ritraggono la cruda realtà di una gioventù abulica e rassegnata a un futuro senza sbocchi. Proprio a partire dalla narrativa statunitense vengono create etichette critiche che hanno la vana pretesa di definire e uniformare sensibilità molto eterogenee  temi: generazione attirata dalla vita frenetica delle megalopoli, dove si consumano droghe e si aggirano individui alienati e violenti. Nei romanzi di esordio di Mañas, Loriga ed Extebarria emergono caratteristiche che invitano a stabilire parallelismi con entrambe le tendenze: i personaggi, infatti, sono ragazzi disorientati, introversi o aggressivi, dediti all’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, immersi in ambienti urbani attraversati da raffiche di dialoghi in apparenza insulsi che, con un linguaggio diretto in cui abbondano lo slang e le frasi idiomatiche, sono il riflesso di esistenze condannate a girare a vuoto. Le possibili analogie in soggetti ancora in fase di formazione e alle prese con un mondo globalizzato sono dovute principalmente a un immaginario condiviso, influenzato a fondo dalla televisione, dalla musica e dal cinema, ambiti in cui l’egemonia dell’industria culturale statunitense è palese. Si è di fronte a giovani che in molti casi hanno avuto un’educazione internazionale, o comunque contraddistinta da una certa dimestichezza con la lingua inglese, potendo accedere a una notevole quantità di traduzioni non più regolate dalla censura o, addirittura, a opere in lingua originale. Con il passare degli anni e il lento sedimentarsi di ogni traiettoria, si registra inoltre un riavvicinamento al canone iberico o, ad ogni modo, una maggiore consapevolezza letteraria, accompagnata di solito da un vivo interesse per le vicende storiche e per l’attualità. Proprio per sottolineare la diversità dei percorsi e dei risultati, si preferisce usare il termine “cultura X”, rispetto a “generacion X”, troppo restrittivo e fuorviante perché rimanderebbe a una comunione di intenti e a relazioni personali che i diretti interessati hanno smentito più volte. All’interno della detective fiction, di origine anglosassone, si sono individuati infiniti sottogeneri: può essere a sfondo forense o spionistico, incentrato sull’orrore o sulle perversioni e la pazzia, sul rapimento di ostaggi, sulla corruzione della polizia, sull’alta tecnologia, su presenza soprannaturali e così via… La divisione fondamentale si può comunque ricondurre ai termini: - Giallo: si fonda su un’intricata architettura logica tesa a sciogliere un mistero, condotta da un detective di straordinarie capacità deduttive e psicologiche - Noir: o novela negra, è invece una tonalità narrativa che esplora, tramite un investigatore imperfetto e messo a dura prova dalla vita, le zone torbide dell’animo umano e di una società spietata e ipocrita, la disperazione e la solitudine di contesti marginali, la violenza estrema e l’ambiguità della distinzione tra il bene e il male. La storia del genere in Spagna viene suddivisa in tre periodi: - Un’epoca delle origini o di timida introduzione, che va dall’inizio del XX secolo alla fine degli anni Venti o alla guerra civile - Una seconda fase, dagli anni Trenta fino alla metà degli anni Settanta, di lenta e sotterranea maturazione e di radicamento grazie a collezioni tascabili di mediocre qualità, con storie ambientate all’estero e firmate da pseudonimi stranieri - Una terza tappa, dalla fine del franchismo all’attualità, di consacrazione e consolidamento tramite le opere di un nutritissimo gruppo di autori di valore, e un grande successo di pubblico a livello nazionale e internazionale, confermato dalla nascita dei festival letterari della Semana Negra di Gijon e della Barcelona Negra. Gli scrittori autoctoni si sono rivelati particolarmente ricettivi nei confronti della novela negra, di cui vengono sfruttati a fondo il valore paradigmatico, l’interazione dinamica tra la storia assente del delitto e quella presente dell’indagine, oltre al potente effetto mimetico della realtà, con un ampio uso di materiali concreti che consentono di restituire criticamente i tratti identitari di una società in perenne e rapida evoluzione. Dalla Transizione in poi, le condizioni diventano favorevoli, sicché da un lato la grande maggioranza degli autori utilizza singoli elementi del genero negro all’interno di opere che si prefiggono altri obiettivi, dall’altro nascono le saghe dichiaratamente poliziesche. Gli ingredienti tipici sono: - Detective umanizzati dai loro sbagli e tentennamenti - Un tocco erotico a volte audace - Una connotazione di critica sociale, più incline al disordine dei perdenti che all’ordine dei vincenti - Il lavoro sulla lingua e sull’espressione, più elaborata rispetto a quanto richiesto dal semplice meccanismo della trama - Il gusto per la parodia delle convenzioni canoniche del genere, anche tramite rimandi intertestuali 8.1.5. La finzione è qualche cosa che avviene nel passato: l’auge del romanzo storico Il romanzo storico è un genere che poggia su convenzioni ormai piuttosto sedimentate nel corso del tempo, facilmente riconoscibili da parte di un vasto pubblico che, anche senza possedere una formazione accademica, sa cosa aspettarsi da una simile lettura. I requisiti minimi perché un testo possa essere ricondotto a questa tipologia narrativa sono ancora più elementari rispetto a quelli del giallo o del noir: è sufficiente che alcune vicende inventate, con personaggi fittizi, si svolgano su uno sfondo d’epoca ricostruito con una certa fedeltà, intrecciandosi con avvenimenti tramandati dalla storiografia e chiamando in causa persone realmente vissute in quel determinato periodo. Di solito è il protagonista ad essere frutto della fantasia dell’autore e a occupare il centro di una trama che gioca di sponda con una realtà storica spesso remota, in cerca di un esotismo ereditato dalla tradizione romantica. Un’alternativa è quella di sondare le psicologie di figure reali in maniera più o meno approfondita e verosimile. Entrambe le strategie possono racchiudere in sé due obiettivi fondamentali che comprendono infinite sfumature. Il romanzo storico, nella sua forma più blanda, si propone come un semplice intrattenimento che svaga e al contempo offre nozioni culturali; mentre all’altro estremo si pone l’accento su un’interpretazione critica dell’attualità alla luce di un passato allegorico. Lo schema di base del romanzo storico, però, nel corso del tempo si è arricchito di ulteriori variazioni, a cui hanno contribuito il venir meno del concetto di assoluta obiettività della storiografia. Il cambio di paradigma è, inoltre, favorito da una postmodernità che non traccia più una netta distinzione tra eventi remoti e presente, ma mescola i piani temporali in un flusso continuo e gioca con essi. La storia, una volta persa la sua sacralità, viene sottoposta dagli autori postmoderni a una rilettura personale, filtrata da uno sguardo che, attraverso il narratore e facendo leva sulla scrittura intenta a mostrare il proprio divenire, svela la progressiva costruzione del testo. Linda Hutcheon, a fine anni ’80, ha coniato per questo tipo di romanzi il termine metanarrativa storiografica. Un’ulteriore evoluzione si ha nel momento in cui gli avvenimenti non sono più riportati come qualcosa di assodato o da smitizzare, ma vengono inseriti in un’indagine che, tra documenti e supposizioni, avanza a fatica e in un susseguirsi di dubbi, piste false e lacune per mostrare le reali difficoltà affrontate dal personaggio incaricato della diegesi. Emblematico di quest’ultima tendenza, in cui si sommano le caratteristiche esposte finora, è il libro “Soldatos de Salamina” di Javier Cercas che nel 2001 non solo riesce a ideare una struttura romanzesca piuttosto innovativa, ma addirittura coglie un sentire diffuso nella società spagnola che, alle soglie del nuovo millennio, diventa sempre più pressante: la necessità di ritornare a squadrare la guerra civile da prospettive non limitate al semplice ricordo o alla rievocazione dei suoi orrori, bensì da punti di vista capaci di interrogarne i silenzi, di porre in discussione il suo significato e, soprattutto, di domandarsi quale sia l’eredità lasciata da essa alla Spagna di oggi e come vada gestita. DULCE CHACON (Zafra,1954 - Madrid, 2003) Oltre ai testi che si inseriscono in questo filone già trattati, ce ne sono altri che si sono contraddistinti per la loro originalità o per il dibattito suscitato. “La voz dormida” di Dulce Chacon si nutre di relazioni orali o scritte, chiacchierate con sopravvissuti, letture di saggi e ricerche di archivio. Hortensia, miliziana prigioniera con altre compagne nel carcere femminile di Ventas, a Madrid, è incinta. Prima di fucilarla, gli aguzzini aspettano che dia alla luce la figlia. L’adotterà la sorella Pepita, che partecipa senza entusiasmo alla lotta clandestina, fin quando vi conosce il suo grande amore, Paulino, obbligato a rifugiarsi in Francia, da dove le scrive per anni. Una di queste lettere porta Pepita in prigione. La fa uscire un ex dottore che l’ha assunta come domestica, Fernando, costretto poi a riprendere la professione e a finire proprio nel carcere di Ventas, contribuendo a mitigarne le orribili condizioni sanitarie. Paulino, arrestato mentre tenta di rimpatriare, è mandato in gattabuia a Burgos. Lui e Pepita riescono a sposarsi anni dopo, durante il trasferimento in Andalusia in libertà condizionata. Pepita è ormai quarantenne, ha vissuto in una sorta di tempo sospeso, ma non cede alla rassegnazione. Questa linea portante si dirama in tanti episodi di solidarietà, resistenza, paura, dignità, ma anche in gesta romanzesche, tra cui spicca il tentativo di fuga di due comunisti che si presentano in carcere con uniformi falangiste cucite dalle stesse detenute e un falso ordine per portarsi via due recluse. Quelle donne indomite non potevano permettersi nemmeno la consolazione del pianto. Chacon però riesce a piangere finalmente quei morti a occhi asciutti, con umile epicità, scacciando la follia e riempiendo sottovoce il silenzio con la loro storia collettiva, rimasta a lungo assopita. 8.1.6. Il tempo è denaro: il best-seller in Spagna Cos’è un best-seller? La risposta appare ovvia: un libro che vende molto. In effetti, il concetto nasce negli Stati Uniti nel 1895, quando Harry Thurston Peck, critico e editore della rivista “The Book-man”, a partire da un sondaggio settimanale presso alcune librerie, inizia a stilare la lista dei titoli che hanno fatto registrare il maggior numero di vendite. Si consoliderà poi negli anni Trenta e Quaranta fino a divenire durante il decennio successivo un fenomeno su scala mondiale. Oltre al totale delle copie acquistate dai lettori, è necessario prendere in considerazione il periodo di tempo in cui suscita la reazione entusiasta del pubblico: il best-seller, dunque, è un’opera che raggiunge un ottimo risultato commerciale in un breve periodo di tempo; altrimenti, si dovrà ricorrere al termine di “Long-seller” o più semplicemente di “classico”. Una delle questioni che più spesso si sono dibattute è se il best-seller costituisca o meno un genere specifico. Una proposta è quella di David Vinas Piquer. Secondo lui, infatti, se da un lato è impossibile trovare tratti ben definiti in grado di riassumere in un unico archetipo testi così diversi; dall’altro lato è innegabile che i lettori siano capaci di ricavarne un modello ideale in cui convergono varie costanti, frequentemente associate a generi tradizionali e codificati, congeniali a soddisfare l’orizzonte di attesa di chi legge. Si tratterebbe quindi di un prodotto ibrido, composto da ingredienti, piuttosto fissi e riconoscibili, utilizzati in dosi maggiori o minori a seconda dei casi. Sono categorie pressoché universali, ma in generale si fondano su tre fattori che si intrecciano fra loro: - l’azione - l’emotività - informazioni somministrate con oculatezza e semplicità per oliare tali ingranaggi è necessario adottare una scrittura che sia funzionale ai tempi dettati da una trama trepidante e studiata con l’obiettivo di invogliare a non interrompere la lettura per sapere cosa accade nella pagina successiva al protagonista di turno, di solito un eroe che, costretto ad affrontare situazioni estreme, si mostra sempre all’altezza delle circostanze. Eppure, nonostante sia abbastanza facile delineare le coordinate di testi potenzialmente commerciali, non esiste una formula fissa per produrre best-seller in serie e anche per le case editrici continua a essere un rebus complesso da risolvere. Con ogni probabilità, alla base del passaparola che moltiplica l’eco suscitata dai media c’è una capacità da parte della storia narrata di andare incontro a curiosità o inquietudini, più o meno elevate culturalmente, molto presenti nel tessuto sociale e derivanti da una serie imponderabile di influenze e congiunture. ARTURO PEREZ-REVERTE (CARTAGENA, 1951) All’interno della letteratura spagnola contemporanea il best-seller in quanto fenomeno internazionale, inizia a prendere mossa negli anni ’80 con Tuareg di Alberto Vazquez-Figueroa e si afferma nel decennio seguente grazie alla vena creativa di Arturo Perez-Reverte. Reverte, ex reporter di guerra, giornalista dalla penna acuminata e membro della RAE, si dichiara fedele seguace di Alexandre Dumas e fermo sostenitore della necessità di raccontare avventure coinvolgenti, senza però scadere nella banalità del thriller anglosassone, a cui contrappone una variante europea più raffinata. Il romanzo storico e il poliziesco sorgono pressoché tutti i suoi libri, tranne “Territorio comanche” ed “El pintor de batallas” che, con gradi diversi di rielaborazione, rimandano alle sue esperienze di inviato in vari conflitti dal 1973 al 1994. Sarà “El maestro de esgrima”, la storia di un abile spadaccino che in un vortice di omicidi intraprende una schermaglia amorosa con un’affascinante dama, a dargli notevole proiezione pubblica. Dalla scherma passerà agli scacchi in “La tabla de Flandes”, dove sullo scacchiere rappresentato in un dipinto fiammingo è racchiusa la soluzione di un assassinio avvenuto nel XV secolo ma che avrà ripercussioni sul presente, coinvolgendo una giovane restauratrice in una spirale di violenza e affari sporchi nel mondo dell’arte. Lontana dal presente, ma non priva di riferimenti critici all’attualità e di giochi metanarrativi, è “Hombres buenos”, odissea di un bibliotecario e un militare che, durante il regno di Carlos III, vengono incaricati dalla Real Academia Espanola di recarsi a Parigi per acquistare i volumi dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert. Il viaggio sarà un’avvincente avventura in cui oscurantismo e illuminismo si affronteranno lungo il cammino che separa la capitale spagnola da quella francese. Perez Reverte, inoltre, si è divertito a combinare romanzo storico, novela negra e spy-story in due saghe. Nella prima, giunta ormani al settimo episodio, il protagonista è Diego Alatriste, ex veterano del Tercio de Flandes e amico di Francisco de Quevedo, che nella Madrid del XVII secolo sopravvive mettendo la sua spada a disposizione del miglior offerente. Accanto a lui c’è il giovane Inigo Balboa che lo seguirà nelle rischiose peripezie narrate in vari romanzi. Al centro della seconda serie c’è Lorenzo Falcò, una spia, con movenze alla James Bond e un codice (a)morale al servizio del proprio ego, che agisce per conto dello schieramento franchista e a cui vengono affidate missioni delicatissime, in bilico tra finzione e realtà. 8.1.7. Memoria storica, crisi economica ed ETA: le vie del successo sono infinite A riprova di quanto sia impossibile prevedere la fortuna di un’opera letteraria si riportano i casi di Javier Cercas, Rafael Chirbes e Fernando Aramburu. Sono autori che, all’improvviso, per merito di uno o più titoli, non solo si impongono all’attenzione della critica, ma stimolano una risposta del pubblico in grado di avvicinarli a cifre di vendita degne dei best-seller. Il segreto alla base del loro successo è stato l’aver saputo individuare argomenti che, perché particolarmente attuali o controversi, suscitassero l’empatia dei lettori, per poi trattarli in maniera efficace attraverso una costruzione narrativa congeniale alla trama ordita. Un elemento fondamentale sarebbe dunque la tempestività nell’irrompere al momento giusto, quando determinate problematiche stanno per diffondersi nel tessuto sociale e si avverte il bisogno di vederle cristallizzare in un testo capace di sondarne le criticità. JAVIER CERCAS (Ibahernando, 1962) Scrittore, giornalista e docente di letteratura presso l’Università di Girona, esordisce nel 1987 con la raccolta di racconti “El movil”, di cui nel 2003 riproporrà solo quello che dà il titolo al volume. Già in queste nouvelle sono evidenti alcune caratteristiche che pongono le fondamenta del sistema narrativo dell’autore poiché si combinano il genere noir e il gusto per i giochi metaletterari, assecondando una tradizione modernista internazionale, confluita in un filone postmoderno consapevole dei propri debiti con il passato. Nel 1998 pubblica “Una buena temporada”, raccolta di saggi in cui iniziano a prendere forma le sue teorie letterarie, di cui sono ulteriore riflesso gli articoli riuniti in “Relatos reales” e i testi eterogenei di “La verdad de Agamenon”. Particolarmente significativo è il secondo volume citato, poiché nel prologo si espone il concetto di relato real, fondamentale per capire l’evoluzione del suo progetto narrativo: se si riportano fatti reali, lo si dovrà fare ricorrendo a un linguaggio condiviso e disponendoli in un ordine che dipende da uno sguardo soggettivo, ci si allontanerà dunque da una mimesi assolutamente obiettiva della realtà; se, invece, si vuole dare vita a un racconto fantastico, è comunque imprescindibile mantenere elementi riconoscibili da tutti i lettori e che rimandino al mondo concreto, perché altrimenti si giungerebbe a una fantasia astratta e inintelligente. Ecco, dunque, che la dimensione fittizia e quella reale convivono in un’osmosi costante, rendendo vana ogni pretesa di purezza. Con il tempo, l’autore metterà a fuoco altri capisaldi teorici che è possibile individuare nella maggior parte dei suoi romanzi. Uno di questi è la tercera verdad: partendo dalla distinzione tracciata da Aristotele nella Poetica tra la verità dello storico e quella del poeta, Cercas arriva a proporre una terza verità che non è da intendersi come somma delle precedenti, bensì in termini di ricerca etica tesa incessantemente tra le due. In sostanza, chi scrive pone in relazione storia e finzione per interrogarsi sull’agire umano, prendendo in considerazione sia i meccanismi interni della coscienza individuale sia le conseguenze fattuali sulla società passata e presente. Molto spesso lo stimolo ad avviare tale indagine viene da un’immagine brevissima, balenata nella mente con la rapidità di un fotogramma cinematografico che però lascia il segno indelebile di un enigma da decifrare; è la cosiddetta “poetica del instante”. Il rompicapo da sciogliere è irrisolvibile e rappresenta l’oscuro motivo per cui un romanzo è stato scritto e mantiene vivo il proprio fascino, richiedendo la collaborazione del lettore nel formulare ipotesi interpretative. Questa zona d’ombra imperscrutabile è stata chiamata da Javier Cercas punto ciego. Tutte le riflessioni menzionate in precedenza si armonizzano in “Soldatos de Salamina”. I due terzi del testo sono occupati da una novella su Rafael Sanchez Mazas, prosatore del ’27 e ideologo della Falange, propiziata da un ricordo del figlio Rafael Sanchez Ferlosio, inserita all’interno di una cornice narrativa che riporta le circostanze in cui prende avvio e le ricerche e gli incontri necessari per scriverla (relato real). Durante la ritirata definitiva delle truppe repubblicane, agli inizi del 1939, Sanchez Mazas, prigioniero con altri franchisti, sfugge a una fucilazione di massa e viene risparmiato dal miliziano anonimo mandato a inseguirlo, che lo scorge rannicchiato in una fossa tra boschi catalani, punta l’arma, lo fissa, poi grida che non c’è nessuno (poetica dell’istante) e passa oltre. Da gerarca, Sanchez Mazas aiuta in seguito alcuni abitanti dei luoghi che lo hanno protetto in tale frangente, ritirandosi presto dalla politica e ripromettendosi di scrivere un libro intitolato Soldatos de Salamina. Per trovare il pezzo mancante della storia, il miliziano che non sbagliò nel momento cruciale, e per sapere il motivo della sua scelta, Cercas arriva al veterano di molte guerre Miralles, dimenticato in un ospizio in Francia e senza alcun riconoscimento, il quale però nega la sua condizione d’eroe. Cercas parte dalla verità storica e insegue la verità letteraria, dotata di valore etico e vuol rendere omaggio ai vinti che lottarono per tutti (tercera verdad). Il romanzo si conclude in un crescendo emotivo di grande efficacia retorica. In “La velocidad de la luz” la voce narrante condivide di nuovo varie circostanze biografiche con l’autore reale e intreccia la ricostruzione del passato di un veterano del Vietnam al resoconto delle dure ripercussioni del proprio successo letterario. Nel 2009 “Anatomia de un instante” presuppone un’ulteriore evoluzione perché dal relato real si passa alla novela sin ficcion, ovvero un artefatto narrativo in cui il materiale storico prende il sopravvento e il romanziere si limita a confrontare documenti e fonti per vagliare ipotesi e suggerire interpretazioni, tracciando parallelismi tra la storia della nazione e la propria intrahistoria. Qui l’immagine che innesca l’indagine di Cercas è quella del tenente colonnello Antonio Tejero, il 23 febbraio 1981, con la pistola puntata verso il soffitto del Congreso, mentre ordina ai deputati di gettarsi a terra perché è in atto un colpo di Stato. Tre uomini disobbediscono e restano seduti al loro posto: il presidente del Governo Adolfo Suarez, il segretario del PCE Santiago Carrillo e il generale Gutierrez Mellado. Ecco l’istante che racchiude in sé una serie di domande di estremo interesse, il controproducente e porta a uno stallo in cui i carnefici e i simpatizzanti occupano una posizione di potere mentre le vittime o i dissidenti sono obbligati al silenzio, i ruolo però corrono il rischio di invertirsi nel momento in cui il clima di minaccia cessa: rimane comunque una frattura difficilissima da sanare perché il pentimento e il perdono non cancellano il dolore per chi è morto o è in carcere né la disillusione per ideali e metodi che iniziano ad apparire meno convincenti o giusti. Tutto ciò viene narrato in “Patria” attraverso il calvario di due famiglie residenti nello stesso paese che, per ragioni opposte, vedranno logorarsi il loro vincolo di amicizia e saranno travolte dal fanatismo dell’ETA. Nell’ottobre del 2011 Bittori decide di ritornare nel villaggio doveva aveva sempre vissuto, finché un pomeriggio piovoso di molti anni prima un comandante dell’ETA le aveva assassinato il marito, detto il “Txato”, proprietario di una piccola impresa di trasporti, perché si rifiutava di pagare la tassa rivoluzionaria imposta dai terroristi per finanziare la lotta armata. L’esecuzione dell’uomo era stato l’episodio culminante di una serie di avvenimenti e insulti che avevano condannato lui e i suoi familiari all’ostracismo. La figlia del Txato, Nerea, era stata inviata a Saragozza a completare i suoi studi universitari proprio per allontanarla da qualsiasi pericolo; lì riceverà la notizia della morte del padre e da quel momento in poi serberà un ricordo profondo del genitore, rifiutandosi però di ostentare la sua condizione di vittima. Nel tentativo di superare il trauma si lascerà trasportare da una vitalità forzata, conducendo un’esistenza piuttosto materialista ma insufficiente a colmare il vuoto e le insicurezze che la consumano. Xabier, il fratello maggiore di Nerea, in una sorta di assurda espiazione per quanto accaduto al Txato, rinuncerà a essere felice e si dedicherà anima e corpo al lavoro di medico e a prendersi cura della madre. Il comportamento di Bittori non passa inosservato e ravvia le braci di vecchi rancori. Miren, ex migliore amica della donna, crede si tratti di una provocazione: lei è la madre di Joxe Mari, uno dei membri della cellula che ha ucciso il Txato. Suo figlio è in carcere ormai da tantissimo tempo e, da quando era entrato nell’ETA, lo aveva appoggiato con tutta sé stessa, convinta dalla propaganda abertzale che fosse davvero un eroe impegnato nella liberazione di Euskadi e ora lo considera alla stregua di un martire. Il marito, Joxian, è un uomo buono che fin da ragazzo era stato unito al Txato da una grande amicizia. Gli altri figli della coppia sono Arantxa e Gorka: - La prima è sempre stata una ragazza sveglia e ribelle, molto critica nei confronti del fanatismo del fratello, che però paradossalmente sembra pagare per i suoi crimini - Gorka è l’esatto opposto di Joxe Mari e rappresenta l’alternativa migliore alla forza bruta dell’ETA: si appassiona all’euskara e alla letteratura e per mezzo di queste armi cariche di futuro promuove e arricchisce la cultura basca. Aramburu ricorre sia al narratore onnisciente sia al discorso indiretto libero, frazionando la storia in brevi sequenze narrative montate in un ordine che non coincide con uno sviluppo cronologico lineare. Quest’ultimo accorgimento, oltre a rendere più coinvolgente la trama perché invita il lettore a ricostruire gli avvenimenti, rispecchia la tensione latente in ogni personaggio, dato che tutti aspirano a rimettere insieme i cocci delle loro esistenze per sentirsi in pace con sé stessi. In seguito, visto il clamore suscitato da Patria, non sorprende che Aramburu abbia dato alle stampe un libro intitolato “Autobiografia sin mi”, dove, ispirandosi a sentimenti o stati d’animo comuni, abbozza un proprio autoritratto in controluce con rapide pennellate di prosa poetica che sfumano i contorni dell’“io” per aprirsi a una dimensione più universale. 8.1.8. Sentieri che si biforcano nel XXI secolo Nella narrativa spagnola del XXI secolo confluiscono dunque la tradizione di un passato più o meno recente e tutte le tendenze esposte fino ad ora, in cui convivono la frammentarietà ereditata dal modernismo, l’eclettismo ironico del postmodernismo, l’autoriflessività di un post- postmodernismo consapevole, la rivendicazione della storia e della realtà del metamodernismo ecc… Tra il proliferare di questi discorsi, è apparso nei primi anni del nuovo millennio un gruppo di autori intenzionati a rivendicare un paradigma alternativo di rappresentazione dell’universo globale e multimediale in cui si sono formati. Spesso tali premesse si sono sviluppate in ambito poetico per poi estendersi al romanzo e, soprattutto, al saggio, impiegato come strumento a metà strada tra la riflessione sul proprio operato e la dichiarazione di intenti all’origine di un canone da contrapporre a quello fissato anteriormente. Le proposte di questi autori, inoltre, acquistano visibilità grazie a due case editrici (Berenice e DVD Ediciones) che favoriscono il circolare delle loro idee, al crescente spazio di cui dispongono sulle pagine della rivista “Quimera”, a un paio di antologie utili a mostrare l’esistenza di un fenomeno ormai consolidato, e alla pubblicazione del romanzo “Nocilla Dream” di Fernandez Mallo, finendo così per includerli in un’ipotetica e ingannevole generacion de Nocilla che, se da un lato offre il vantaggio di risultare un buon richiamo mediatico, dall’altro diluisce le peculiarità di ognuno in un amalgama fuorviante e riduttivo. L’impressione di un cambio di ottica legato a fattori generazionali è derivata senza dubbio dall’età degli autori in questione e dall’interesse mostrato per la società di massa, per le scienze e le tecnologie, per l’utilizzo di tecniche narrative ibride che, rielaborando il discorso televisivo o la struttura rizomatica della Rete, aspirano a fornire una rappresentazione più efficace e in sintonia con il contesto attuale. Eppure, ognuno ricorre a strumenti diversi. Vincente Luis Mora, in “La luz nueva. Singularidades en la narrativa española actual”, riassume in sei punti le caratteristiche salienti di questo tipo di opere: - Utilizzo di un tempo fluido che elimina le distinzioni tra passato e futuro, dissolti in un presente assoluto e circolare - Raffigurazione del soggetto per mezzo di avatar, nick names o identità virtuali e fantomatiche - L’idea di totalità è sostituita da quella di una globalità molteplice e istantanea, contraddistinta da scetticismo e da un paradossale consumismo fiducioso - Le vicende sono ambientate in non-luoghi, in Internet o in spazi virtuali - Viene meno il concetto di verità e, conseguentemente, qualunque modo per determinarla - Si impiegano le risorse visive dei mezzi elettronici di comunicazione e di massa e l’immagine è un ulteriore elemento integrato nel discorso narrativo, a cui si incorporano, mantenendole inalterate, forme testuali cibernetiche. MARTA SANZ (Madrid, 1967) Le tendenze recenti analizzate finora, molto prossime alle nuove tecnologie e alle comunicazioni di massa, rappresentano solo una delle numerosissime possibilità di confronto con le sfaccettature di un presente che si presta a venire squadrato da angolature originali in grado di dissezionare uno o più risvolti del soggetto contemporaneo o delle circostanze sociali e ideologiche in cui agisce o è, a sua insaputa, manipolato. Esempio lampante di una visione peculiare dei condizionamenti indotti dal pensiero dominante e dalle convenzioni è l’intera opera di Marta Sanz, narratrice e poetessa che, con uno spirito combattivo, usa la scrittura per scardinare i luoghi comuni e le eredità culturali assimilati acriticamente e riprodotte in maniera più o meno inconscia nell’esistenza quotidiana. Nel suo proposito di destabilizzare gli stereotipi e l’ordine costituito da un sistema che mira a conservare lo status di chi occupa una posizione privilegiata, non esita a infrangere le barriere tra i generi e a rincorrere un lessico brutale e spesso scatologico o riconducibile a una corporeità descritta in tutta la sua crudezza. Uno dei primi bersagli della sua mordacità è l’amore, o meglio, il desamor. “El frio” è, infatti, una disamina di cosa si prova dopo una rottura sentimentale, affrontata soprattutto dalla prospettiva di una donna che, mentre ritorna a casa dal centro psichiatrico in cui è andata a trovare il fidanzato, scava nella propria sofferenza e acquisisce la consapevolezza della sterilità del dolore. Sempre alle relazioni interpersonali è dedicato “Lenguas muertas”, dove si narra lo strano rapporto che in seguito alla morte di Juan si instaura tra la moglie, la figlia e l’ex amante dell’uomo, in una triangolazione capace di illuminare le dinamiche alla base della (in)comunicazione familiare, un microcosmo su cui lo sguardo della scrittrice tornerà più volte perché riproduce in scala ridotta la società e, inoltre, è proprio quello uno dei contesti di socializzazione in cui si cristallizzano o si impongono tendenze ataviche e modelli comportamentali. In “Los mejores tiempos”, Sanz lascia che la storia recente della Spagna si insinui tra le pagine poiché l’atteggiamento di Mario, un 35enne deluso dalla sua vita di coppia che si rifugia tra i ricordi di un’infanzia e un’adolescenza idealizzate, diviene specchio di un Paese immaturo intento a crogiolare nel mito di una Transizione felice ed entusiasta, covando l’illusione di poter continuare a eludere traumi irrisolti o interrogativi ancora attualissimi e in attesa di risposta. La visione della famiglia come catalizzatore di tensioni, frustrazioni, obblighi viene approfondita nel romanzo dal significativo e caustico titolo di “Animales domesticos”. Sempre all’interno della sfera domestica si svolge la vicenda di “Susana y los viejos”, ma qui sarà l’elemento esterno di Susana Renan a gettare scompiglio nella famiglia Amaro, un ricettacolo di rancori, invidie e personalità al limite dell’assurdo. Proprio la ricerca di sé e del proprio passato, di nuovo con un evidente rimando alle arti figurative per mezzo del celebre quadro di Rembrandt, è il filo conduttore di “La leccion de anatomia”, narrazione dai marcati toni autobiografici che ripercorre la formazione morale e sentimentale della protagonista, Marta Sanz Pastor, durante un arco di 40 anni, rievocando il clima della dittatura franchista per giungere poi fino al 2007. Nel 2013 verrà pubblicata una versione ampliata del testo, con un prologo di Rafael Chirbes. I due volumi successivi “Black, black, black” e “Un buen detective no se casa jamas” costituiscono una parentesi dedicata al genere poliziesco che però viene rivisto e stravolto per spiazzare il lettore. La disattivazione dei meccanismi tipici del romanzo giallo viene consumata fino in fondo in “Un buen detective no se casa jamas”, perché non c’è nemmeno un crimine che possa dare adito alla ricerca di un assassino: Zarco è a Benidorm, ospite di due gemelle, Marina e Ilse Frankel, per riprendersi dalla cocente delusione d’amore con Olmo e, umiliato e malinconico, non farà altro se non osservare la folle famiglia delle sue anfitrione, senza riuscire a togliersi dalla testa la voce dell’ex-moglie che lo perseguita persino a chilometri di distanza. Dopo questo intermezzo dalle sfumature noir, Sanz riprende le fila di tutte le sue ossessioni di “Daniela Astor y la caja negra”, dove convergono temi trattati altrove, assemblati sfruttando una complessa struttura che simula un documentario televisivo, in cui si alternano ricordi di infanzia, le interviste, vari fotogrammi di opere cinematografiche appartenenti al genere del fantaterror, le descrizioni di copertine e riviste dell’epoca che riproducevano immagini di modelle e attrici in pose sensuali e senza veli. Erano gli anni del destape, vissuti all’insegna della disinibizione sessuale e di una sovraesposizione del corpo femminile. Quella che avrebbe dovuto essere una moda emancipatrice aveva però contribuito a imbrigliare la donna in un ruolo passivo, riducendola a semplice oggetto di contemplazione. In “Farandula” è il mondo dello spettacolo a finire sotto il bisturi di una lucida amarezza: la penna seziona i comportamenti e i pensieri di diverse tipologie di attori coinvolti nell’adattamento teatrale del film “Eva contro Eva”, rivelando i nervi scoperti di un’arte ormai sottoposta a continue pressioni economiche e svilita da talent shows che rimpiazzano i professionisti di un tempo con giovani cresciuti nel culto delle apparenze e del successo facile. Dai toni sicuramente più intimi, sebbene venati di umorismo, è “Clavicula”, un’opera difficilmente classificabile in cui un improvviso dolore diviene il centro gravitazionale dell’esistenza di una scrittrice famosa, obbligandola a interrogarsi su come comunicarlo e condividerlo, alla ricerca di un’empatia che aiuti a creare un senso di comunità da opporre all’indicibilità della malattia e della sofferenza in un contesto sociale dove la salute e la prestanza fisica sono divenuti imperativi categorici. Il volume successivo “Amor fou” è solo in apparenza l’ultimo libro pubblicato da Marta Sanz, perché la sua stesura risale a più di 15 anni addietro e una prima versione era apparsa nel 2004, stampata da una piccola casa editrice di Miami. Di fatto, il libro era stato rifiutato da altri marchi più prestigiosi perché giudicato troppo spietato nel raccontare l’insano rancore/amore provato da Raymond per l’ex fidanzata, ora sposata con Adrian. ISAAC ROSA (Siviglia, 1974) Non a caso il prologo di “Amor fou” è stato redatto da Isaac Rosa, autore contraddistinto da uno spiccato impegno civile che si è concentrato sulla situazione presente della Spagna. La produzione di Rosa si distingue per lo sperimentalismo del romanziere che inventa soluzioni formali fuori dagli schemi e per lo stile esatto del giornalista abbinato alla riflessività del saggista, il tutto amalgamato dall’indignazione dell’attivista politico. In “El pais del miedo”, per esempio, utilizza un banale episodio di bullismo scolastico per scandagliare i meccanismi della paura che, in un riflesso del terrore globale successivo agli attentati dell’11 settembre 2001, gettano il padre del ragazzino maltrattato in una crescente spirale di timore, spingendolo a limitare di sua iniziativa le proprie libertà, per poi impiegare a sua volta la violenza. Si denunciano le incoerenze di un sistema capace di indurre l’individuo a sottoporsi volontariamente a una vigilanza continua pur di sentirsi al sicuro. In questo modo, però si resta imprigionati nel circolo vizioso delle proprie paranoie, disposti a mettere in discussione questioni etiche fino a qualche decennio fa considerate intoccabili. Altrettanto al passo con i tempi è “La mano invisible”, titolo che rimanda a un’espressione coniata dall’economista Adam Smith per spiegare l’autoregolazione del mercato liberista, in cui l’egoismo di chi vuole accrescere il proprio capitale ha un’involontaria ricaduta positiva anche sul resto della popolazione. Rosa cita questo principio con un’ovvia sfumatura ironica perché costruisce il suo testo attorno all’invisibilità del lavoro, un’azione meccanica e ripetitiva che si configura come un’insensata condanna kafkiana, una coazione a ripetere gli stessi atti fino all’alienazione dell’individuo. Per sostenere la sua tesi allestisce una sorta di rappresentazione teatrale: in un capannone industriale vengono mostrati a un fantomatico pubblico diversi lavoratori intenti a svolgere le loro monotone mansioni, giungendo alla sconsolata conclusione che l’unico motivo per cui l’individuo accetta questa variante contemporanea della schiavitù sia il desiderio di denaro. “La habitacion oscura” è un ulteriore pannello all’interno del polittico sulla crisi economica e gli effetti di quest’ultima su una generazione che di colpo si è trovata a fare i conti con una precarietà diffusa sia nell’ambito lavorativo sia in quello sentimentale, costretta a sacrificare i propri sogni e la propria dignità per ottenere uno stipendio minimo con cui sopravvivere. Altrettanto amaro è il retrogusto lasciato da “Feliz final”, una riflessione sull’amore che parte dalla rottura di una coppia, formata da uno scrittore e una professoressa, e va a ritroso fino alla felicità inziale dei due amanti, intessendo le loro voci in un continuo dialogo, scandito dall’alternarsi e dal confondersi dei punti di vista. L’idea di partenza è quella di analizzare quanto sia difficile amarsi con costanza e dedizione all’interno di una società consumista che genera attriti e disillusioni proprio perché non garantisce nessun appiglio e costringe un elevato numero di trentenni e quarantenni a vivere in un perenne stato adolescenziale. SARA MESA (Madrid, 1976) In un punto intermedio tra l’esplicita preoccupazione sociale di Isaac Rosa e l’indagine filosofico-allegorica di Menendez Salmon, si può collocare Sara Mesa, autrice di un libro di poesie, di tre raccolte di racconti, e di cinque narrazioni di più ampio respiro. La sua scrittura è scarna e meditata, attenta e precisa nel creare microcosmi claustrofobici, in cui personaggi fuori dagli schemi invitano a una lettura simbolica del testo, ma senza perdere il contatto con i problemi della realtà che appaiono riflessi con profondità e con un lucido sguardo critico. Una simile impostazione già si intuisce in “El trepanador de cerebros”, un esperpento incentrato sull’improbabile rappresentazione di un’opera teatrale, “La nalga”, organizzata da due strampalati individui destinati a riunione attorno a loro, in un fatiscente capannone, un’assortita collezione di freaks: due gemelli esperti in piccoli furti, un nano che ha venduto la propria anima su eBay, un’immigrata polacca chiusa in un mutismo ostinato, ecc… Tra i membri di questa piccola corte dei miracoli spicca Silvia, una giovane alle prese con dubbi amorosi e una precarietà lavorativa che la spinge ad accettare mansioni assurde ma altamente rappresentative dello sconfortante panorama odierno. Avrà modo di venire a contatto con l’inquietante logica di Prehistoric Park, un parco divertimenti che si erge a emblema di una società materialista e frivola. Proprio lì incontrerà Seisdedos, un ragazzo che si innamorerà di lei, evento che costituisce l’intelaiatura principale di una trama sfilacciata, dove a brillare sono soprattutto le stranezze degli esseri inventati da Mesa. Molto più coesa e articolata è la distopia di “Un incendio invisible”, ambientata in un paesaggio desolato che trova la sua sineddoche in Vado, una città con grandi strade e immensi centri commerciali erosa dall’abbandono e dall’incuria, elementi distintivi anche della clinica geriatrica New Life, struttura di cui dovrà occuparsi il dottor Tejada, uomo alla deriva in un mondo segnato dalla rovina. Nel successivo romanzo “Cuatro por cuatro” emerge in maniera esplicita uno dei temi più ricorrenti nell’opera della scrittrice: i rapporti di potere tra le persone, che trovano un’ulteriore declinazione nelle relazioni tra gli adulti e gli adolescenti o i bambini. La storia è di nuovo connotata da sfumature distopiche di Cardenas, le cui logiche vengono riprodotte fedelmente nel Wybrany College, un istituto esclusivo a cui però, per mezzo di una borsa di studio, possono accedere alunni meno abbienti. La scuola, secondo il modello delle college novels, si configura come un luogo di ipocrisia, costrizione, soprusi e misteri. Dominio e sottomissione ritornano in “Cicatriz”, perturbante dissezione delle frustrazioni e debolezze del soggetto contemporaneo sospeso tra una grigia esistenza reale, minacciata soprattutto da difficoltà economiche che impediscono di essere all’altezza di determinati standard sociali indotti da un consumismo spettacolare, e il sogno virtuale prodotto dallo schermo. Una coppia di solitari e disadattati è presente anche in “Cara de pan”, narrazione di media lunghezza che trae origine da “A contrapelo”, racconto precedentemente pubblicato da Mesa in un’antologia. Qui però sono una ragazzina tredicenne, derisa dalle compagne di scuola perché grassa e sgraziata, e un cinquantenne sconfitto dalla vita a sottrarsi ai rispettivi tormenti nella pace di una radura all’interno di un parco, arrivando a coltivare un’amicizia che può apparire ambigua solo agli occhi di chi tende a vedere il male laddove, in fin dei conti, vi è solo la necessità di non sentirsi respinti.
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