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letteratura spagnola dalle origini al lazarillo de tormes, Appunti di Letteratura Spagnola

il documento contiene gli appunti presi a lezione, completi di testi, immagini e alcune slides, e la sintesi fatta del manuale "letteratura spagnola dal cid ai re cattolici" di Alberto Varvaro. i capitoli relativi a questo manuale sono contrassegnati. tramite questi appunti ho preso 30 e lode all'esonero e all'orale, alla fine troverete anche alcune delle domande fatte al terzo appello.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 22/02/2022

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Scarica letteratura spagnola dalle origini al lazarillo de tormes e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! 1 LETTERATURA SPAGNOLA DALLE ORIGINI AL LAZARILLO DE TORMES UNIVERSITA’ DI ROMA LA SAPIENZA PROF. ELISABETTA SARMATI LE ORIGINI DELLA LETTERATURA SPAGNOLA ORIGINI – CAPITOLO 1 VARVARO La storia della letteratura spagnola dovrebbe iniziare nel momento in cui appare formato quel particolare contesto culturale in cui nascono e si inquadrano le prime opere letterarie spagnole. È invece tradizione della storiografia letteraria spagnola l’inclusione della LETTERATURA HISPANORROMANA, che include gli scrittori latini di origine ispanica: Seneca, Lucano, Quintiliano, Marziale. Gli studiosi iberici tentano di affermare una specifica ispanicità culturale di questi autori. Esemplare risulta la posizione del filologo Pidal che riconosce una linea che unisce Seneca e Lucano con Alvaro di Cordova, Juan de Mena e Gongora, tutti cordovesi e caratterizzati da modalità stilistiche che rinviano ad una relazione etnica, che comporta una trasmissione continua di atti espressivi. Infatti il realismo della poesia epica di Lucano non sarebbe senza rapporto con quello del Cid. Da questa ricerca di caratteri primordiali della letteratura peninsulare si ricavano risultati troppo incoerenti e contraddittori, del tutto inadeguati a fornire una verifica a posteriori dell’ipotesi di costanti, anche durevoli. Non c’è alcun dubbio che la let. Spagnola sia nel suo insieme fortemente caratterizzata rispetto alle altre europee, per via di cause storiche e geografiche, da un certo schivo appartarsi rispetto alle culture sorelle, ma questo in nessun modo esclude l’assimilazione di movimenti innovatori provenienti dall’esterno, i quali vengono ovviamente filtrati. Usando il termine stesso di ISPANICITÀ ricorriamo ad un concetto viziato che va relativizzato ogni volta in cui ci si riferisce all’ambiente culturale specifico dell’opera e delle opere di cui parliamo. La storia politica, sociale e culturale medievale fanno dubitare assai di quella trasmissione ininterrotta di atti espressivi presunta da Pidal. Fra Seneca e Gongora non c’è solo il passaggio dal latino al romanzo, che già di per sé comporta un profondissimo mutamento di attitudini e di possibilità espressive, ma anche una totale estinzione della lingua a Cordova negli ultimi tempi del dominio arabo sulla ragione e successivamente, a partire dalla reconquista, una romanizzazione ex novo, che poco avrà potuto restaurare di atti espressivi tradizionali e tipici dell’antico cordovese. Può ben darsi che alcuni scrittori spagnoli abbiano particolarmente risentito di Lucano o Seneca, ma ciò non basta ad autorizzare un legame diverso da quello degli altri scrittori latini nati fuori dalla penisola, ed ancora meno ciò basta a separare Lucano e Seneca dal contesto dell’unitaria cultura latina per chiuderli nell’ambito ingannevole di una letteratura hispanorromana, priva di altre ragioni che non siano più convincenti del sangue. Questa impostazione storiografica trova riscontro trova riscontro in una più generale attitudine spagnola a ritenere antichissimo e costante il carattere nazionale. 2 o Mudejar/es (arabi che vivono in territorio cristiano) La popolazione spagnola medievale è tripartita dalla componente cristiana, ebraica ed araba > per qualche secolo le tre religioni vissero in un clima di convivenza piuttosto pacifica e di relativa tolleranza, clima che permise la nascita di una letteratura > romanza, ma scritta in caratteri ebraici / arabici LE KHARGAS Le KHARGAS (farcias), sono delle canzoni a tema amoroso e prima del loro ritrovamento, nel 1948, si sostenette che le letterature romanze iniziassero con la letteratura trobadorica (francia 12 secolo). Tuttavia c’era il sospetto che prima della francese fosse esistito qualcos’altro perché la poesia trobadorica nasce già in modo maturo e raffinato. In area iberica la situazione non era differente le prime attestazioni liriche vennero datate alla metà del 15 secolo. Esse erano raccolte nel CANCIONERO DE JUAN ALFONSO DE BAENA (1445). Non è possibile tradurlo esattamente con “canzoniere”, poiché in italiano indica una raccolta di liriche di uno stesso autore, con un taglio fortemente autobiografico; nella letteratura spagnola, invece, indica una silloge di liriche di autori vari. Il sospetto che prima del 400 fosse esistita una lirica non tramandataci da testimoni scritti trovava le sue ragioni nel fatto che in alcune opere si trovavano citate delle liriche popolari che vennero recuperate da questi autori, esse testimoniano una pre-esistenza di qualche altra manifestazione lirica smarrita. Ciò che frenava dall’affermare una cosa simile, era la teoria, esposta da Marcelino Mendez Pelayo in “storia ed antologia dei poeti castigliani” (19-20 secolo), a sostegno del fatto che la lirica per nascere aveva bisogno di condizioni storico sociologiche pacifiche, mentre l’epica appartiene ai tempi eroici e bellici e nasce come prima manifestazione letteraria con la prima manifestazione di stati e regni, perché cantano il formarsi di popolazioni. La sensazione però rimaneva, e questa portò alla formulazione di tre ipotesi sull’origine della lirica, due delle quali si sono dimostrate abbastanza attendibili (si basavano però solo su congetture) 1. Teoria romantica > 800 > trova tra i principali sostenitori Goethe e i fratelli Grimm > ritenevano che le prime manifestazioni liriche fossero nate spontaneamente tra il popolo, portato a creare una propria lirica. Circola in diverse comunità in maniera spontanea ed orale. la lirica nasce in ambiente folklorico 2. Teoria mediolatina > poesie scritte in latino che circolavano durante il medioevo. Si continuò a produrre, anche con le lingue romanze, una poesia in lingua latina. nasce scritta e dunque è una lirica colta. I prodomi andavano cercati in questa poesia mediolatina 5 essa viene detta “letteratura aljamiada” (alchamiada) = scritta Esistenza di PRODOMI > manifestazioni liriche precedenti Contiene varie canzoni e i villancicos 3. Teoria araba > 1910 > la poesia aveva avuto origine nel territorio conquistato dagli arabi e dunque dal popolo conquistatore. Convinti della filiazione araba erano: Julián Ribera, Emilio García Gómez e Ramón Menéndez Pidal. IL RAPPORTO CON LE MOAXAJA MOAXAJA > componimento di 6 strofe in lingua araba, ma anche in ebraico nati in al-Andalus> appartengono alla letteratura araba. Il rinvenimento delle khargas avviene nel 1948 ad opera dell’ebraista Samuel Stern studiando le moaxaja, si accorge che i versi finali sono scritti in carattere ebraico, ma la lingua che nascondono è romanza. Riesce a rinvenire 20 canzoni ebraiche collocate alla fine delle moaxaja. Gomez ne rinvenne unaaltre 24 pochi anni dopo. La scoperta ha grandi ripercussioni: o retrodata la nascita delle letterature romanze o retrodata la let. Spagnola (1140 ipotizzata per il cantar de mio cid) La prima khargas datata nel 1042, ma probabilmente nascono prima. In ogni caso si ha la conferma che la letteratura non inizia più con il canto epico (canto guerriero), ma con la lirica (espressione pacifica, che necessita di società più evolute e pacifiche), dunque si fa strada l’ipotesi che in al-alandalus avesse avuto origine una lirica precedente alle khargas. IL RINVENIMENTO DELLE JARCHAS RIVOLUZIONÒ OGNI IDEA RIGUARDO ALLE ORIGINI DELLE LETTERATURE ROMANZE e confermò le intuizioni dei filologi spagnoli, che ipotizzavano la preesistenza di una lirica romanza ispanica da cui fossero derivate le altre manifestazioni liriche insulari (cantigas, villancicos). datate tra XI e XII sono LA PIÙ ANTICA TESTIMONIANZA DI POESIA LIRICA IN LINGUA ROMANZA MOAXAJA e JARCHAS sono espressioni liriche che vivono in un sistema ibrido > l’intero componimento è costituito da una serie di strofe in arabo classico + da una strofa finale in caratteri arabi (ma lingua romanza). Le jarchas non si sarebbero preservate se la cultura araba non le avesse apprezzate > Le moaxaja si comportavano nei confronti delle jarchas come vere bottigle d’alcool > operarono una preservazione di questa poesia altrimenti perduta > cosa successa in molte culture in cui la poesia popolare delle origini non ha testimonianze scritte perché non ci fu nessuno la cui sensibilità rimase colpita ed interessata ad una produzione popolare DIFFERENZE MOAXAJA > componimento di 4-5-6 strofe in arabo classico che nasce tra 9 e 10 secolo > diversa dalla poesia araba d’oriente. Primo scrittore Muqaddam Ibn 6 khargas > uscita = versi che chiudono le moaxaja moaxaja > è l’intero componimento cintura a doppio giro / collana con doppio filo = significato metaforico tipico dell’arabo > indica la struttura metrica > alternarsi di due rime diverse Poesia araba orientale > ha un andamento più Muafa’ > elabora lirica differente dalla QUASIDA > patrimonio lirico arabo classico. Questo nuovo genere poetico nacque perché sollecitato dai canti folklorici che i conquistatori ascoltavano in al-andalus. Stile alto-retoricista > elaborato dal punto di vista retorico sulla poesia araba occidentale > si presenta come componimento di versi brevi, può coltivare qualsiasi tema dello SHIR (patrimonio letterario classico arabo), ha una scelta metrico-ritmica che alterna una sequenza di distici monorimi con tre versi monorimi che cambiano rima di strofa in strofa JARCHAS > scritta in caratteri arabi, ma in varietà romanza. l’io lirico è percentualmente sempre una donna (non vuol dire che lo abbia scritto una donna), è sempre una fanciulla di 13-15 anni che si lamenta per una pena d’amore, in particolare l’assenza dell’amato che spesso si chiama “JABIB” = amico (da qui cancioncilla de amigo). Poetica molto semplice, quasi elementare. La fanciulla con accenti dolorosi si rivolge alla mamma-sorelline con un lamento d’amore. Le sue caratteristiche avranno molta fortuna nel corso dei secoli > poeti barocchi, nel 900 nasce il filone neotraditional > recuperano questa poetica e la riscrivono nella modernità. Essa è preceduta sempre da versi di transizione in cui il poeta elabora il passaggio dal testo in arabo al testo romanzo > sempre riguardante il sentimento espresso, di solito è una formula “come il poeta lamenta il suo amore per la dama, così la fanciulla si lamenta del suo amato”, “il dolore provato dal poeta è lo stesso provato dalla fanciullina che ha perso il suo amore” > permettono di cogliere il nesso lirico tra le due parti. È composta da 2-3-4 versi Due delle caratteristiche principali sono: inizio in medias res, e chiusa ex abrupto LA LINGUA MOZARABICA È la lingua dei MOZARABES > cristiani non convertiti e convertiti. Possiamo delineare alcune caratteristiche e differenze, ma sempre tenendo conto che si tratta di traslitterazioni, che dunque creano difficoltà nella ricostruzione del testo:  A livello fonologico > conserva tendenzialmente alcuni nessi consonantici latini iniziali o interni > FL, CL, PL > che normalmente platalizzano (gl)  Consonanti sorde intervocaliche non si sonorizzano (mancata lenizione) T, P, C  Mancata trasformazione del nesso CT > nocte > nohte (si limita ad una aspirazione) invece che noche Sidi > arabismo > da cui deriva anche Cid = signore Ya, oh, gari-me > presenza araba influenzante Nohte / noctu – tib / tibi – ob / ubi > caratterizzazione del mozarabes > molto più vicino al latino che al castigliano LUNAS NUEVAS 7  Descrizione della bellezza attraverso dei figuranti (metafore) desunti dal mondo naturale > colori, fiori, animali.  Dinamica del censore / sentinella / guardia > molto spesso è ostile all’amore tra i due amanti, spesso è l’ostacolo da superare > elemento narrativo che impedisce e allo stesso fomenta il sentimento amoroso; sul piano sociale rappresenta la morale collettiva > il censore viene vissuto con timore. L’irregolarità dell’amore nella nostra lirica è un elemento fondamentale dell’amore cortese, ed essendo gli amanti adulterini spesso hanno paura e si nascondo per non compromettere l’onore di lei.  malattia d’amore e medicina ELEMENTI ESOTICI  filone omoerotico > sconosciuto all’occidente, nella letteratura spagnola si arriverà a questi temi solo con Federico Garcia Lorca. Esso potrebbe anche nascondere una poesia di matrice femminile ispano-araba scoperta negli anni 90 e risalenti al 10-9 secolo.  celebrazione della bellezza maschile > poco nota  esaltazione di un amore sensuale > nella nostra lirica la donna è solo oggetto della lirica, non soggetto, è silente, mentre qui potrebbe esserci un io lirico femminile anche molto attivo > nelle jarchas la voce femminile con grande estemporaneità dichiara il suo amore ai suoi familiari, si dimostra molto attiva e disinibita, rivelando anche i propri gusti e propensioni > figura inedita. PAG. 16 > È UNA TRADUZIONE DALL’ARABO PRELUDIO chi mi darà la gazzella schiava che i leoni cacciano via dai canneti, è mia debitrice quando io attendevo da lei e pago la restituzione di quello che mi deve contesto suggestivo > geografia esotica > nelle mille e una notte la donna viene rappresentata spesso come una gazzella = metafora della bellezza femminile e l’amante rappresentato come un leone. Malattia d’amore si accosta all’elemento arabo della caccia d’amore. Il preludio ci colloca in un’atmosfera in cui c’è un innamorato sofferente che lamenta l’assenza di lei 1 STROFA per quello che la riguarda mi trovo tra la speranza e il desiderio, non ho mai manifestato il desideri quando prolungava l'ingiustizia, ma mi sono detto “cuore mio proteggila, proteggila da ogni cattivo pensiero, e tu anima mia rilassati… fai ciò che vuoi per quello che è in mio potere, perché certamente qualunque sia la decisione io sarò contento… il mio ultimo sospiro di vita è in te… descrive la sua condizione d’amante > soggiogato, arreso, prostrato, sicuramente infelice > condizione tipica della lirica amorosa. Tuttavia è disposto a perseguirlo fino alla morte > tema che verrà sviluppato successivamente. Questa sua abnegazione deriva dal fatto che la dama è comunque collocata in una posizione superiore rispetto all’amante che la venera come una dea. ci sono moltissime perifrasi relative all’amore > si riferisce sia al dio, sia all’amata 10 metafora della malattia d’amore ed una serie di trasposizioni presenti nella lirica araba (es. colui che dorme) 2 STROFA Oh colui che si allontana ingiustamente dal quale non può essere paziente! Non c'è niente di male in me soffrire la malattia (dell'amore). Se non scappi da me. Il mio ultimo respiro di vita è in te, dopo chi dorme, la calma degli occhi, il che scaglia frecce precise verso i sani e i malati mi guarda mandandomi una freccia, e il mio cuore è nel suo il percorso 3 STROFA topos già visto in lunas nuevas > rappresentazione dell’amore come sentimento parossistico > nell’amore c’è tutto e il contrario di tutto (è un paradosso). serie di ossimori > lei antidoto e veleno, malattia ma allo stesso tempo cura > secondo quel luogo comune della malattia d’amore. 4 STROFA anche qui il poeta tenta una descrizione minima della bellezza di lei, ma anche qui si limita al volto come nella lunas nuevas, dicendo però che anche la sua avvenenza è talmente grande che gli è impossibile descriverla > stigmatizzata in impossibilità di rendere la sua bellezza. L’ineffabilità è molto contigua all’esaltazione della donna come essere superiore, quasi divino. Successivamente la donna divinizzata arriverà ai limiti dell’ammissibilità (celestina) > l’amore si avvale anche di iperboli sacro-profane, qui molto velata, ma il porre la donna in una posizione di adorazione sconfinerà in iperboli di questo genere. descrive i fianchi, le gote (giardini i cui fiori non si possono cogliere perché protette da delle sciabole pungenti > sono sempre le ciglia dell’amata), gli occhi 5 STROFA versi di transizione dio mio la fanciulla timorosa ha paura della lontananza, è una ragazza di 13 anni che piange ed esprime a sua madre che ascolta con compassione l’io lirico scompare e parla un narratore diverso da quello del canto. Essa ci permette di comprendere il parallelismo tra i due sentimenti espressi nei due componimenti. Il nesso risiede nella distanza dell’amato/a > quasi un’assenza, nella prima parte della donna, nella seconda di un amico (habib) che se n’è andato. Spesso viene dichiarata l’età della fanciulla. A partire da questa strofa di transizione compare la karghas nota 6 di pagina 16 > sappiamo chi è l’autore della muassascha > Al Jabbaz Al Mursi > sappiamo che era un commerciante, era un maestro sufi (corrente mistica orientale) JARCHAS conosciamo anche autore della jarchas > “giuseppe lo scriba” QUESTA È QUELLA CHE CONOSCIAMO COME PRIMA DATABILE > 1042 > alla fine della traslitterazione questo è quello che troviamo > è una serie di 11 il primo autore costruisce sulle rime della jarchas il preludio e poi ci costruisce i ritornelli della mwassasha consonanti della grafia araba La jarchas non è mai narrativa, non racconta e non descrive, è un semplice accento lirico, poi inizia e finisce ex abrupto il contrasto viene espresso molto bene anche in petrarca JARCHAS PIÙ DIFFUSE pag. 20-21 le jarchas pur nel caratterizzarsi tutte per l’espressione lirica della pena d’amore in bocca di donna, si presentano diverse per struttura e modalità espressive. Anche l’emozione resa dalla voce dell’innamorata non si modula solo in un registro: passiamo di un’urgente passione a stento trattenuta (n 4) all’ingenuità e allo stupore di un incontro inaspettato (n2 e 6). Le donne non sono amanti timide o ritrose, Sono indubbiamente attive nell’unione amorosa e non esitano a rifiutare un’amante giudicato frettoloso o ingrato. L’immediatezza delle emozioni è resa stilisticamente dalle frequenti domande, dalle esclamazioni insistenti, dalla sinteticità dell’espressione. L’evento che si patisce, o di cui si gioisce, è annunciato con estrema essenzialità. A livello linguistico notiamo molteplici tratti distintivi del MOZARABE, di tendenza arcaizzante sia nei diversi esiti dell’evoluzione fonetica, che nel lessico. Tra loro hanno una veste formale diversificata, con la prevalenza della QUARTINA, ma abbiamo anche strofe di due sillabe e di sei. 12 QUARTETA > 4 versi di arte menor > versi minori di 8 sillabe QUARTETO > 4 versi di arte major > superiori alle 8 sillabe ALTRE ESPRESSIONI LIRICHE Nella spagna alto-medievale, oltre al nucleo lirico dei mozarabes (sviluppata in al- andalus), erano presenti altri tre nuclei poetici:  poesia galiziana-portoghese (Zona nord occidentale)  Poesia in lingua castigliana > CANTIGAS + VILLANCICOS  poesia in lingua catalana (Estremo nord orientale) > zéjeles Questi nuclei lirici corrispondono alle 4 lingue peninsulari del periodo (non del tutto vero) e a 4 regioni geografiche. Ramon menendez Pidal sosteneva che la letteratura Mozarabica quella galego-portoghese nelle loro origini furono “tre rami di uno stesso albero” quella castigliana, nelle loro origini probabilmente c’era una matrice comune > perché tanto le cantigas de amigo, tanto (espressione lirica castigliana), tanto le jarchas > sono produzioni tanto diverse quanto simili:  Sono tutte canzoni  L’io lirico è una fanciulla giovane  Argomento > tema d’amore Con modalità diverse, ma con elementi comuni LIRICA CASTIGLIANA (in galego-portoghese) è molto vincolata alla produzione in lingua d’oc (trovatori provenzali), il motivo risiede nella comunicazione che avveniva nel cammino dei pellegrini lungo il nord della spagna fino a SANTIAGO DE COMPOSTELA > attraversa pirenei, catalogna, il nord della spagna. I trovatori provenzali percorrevano questa strada alla ricerca di un nuovo pubblico. Tradizione trobatorica si diffuse soprattutto nella zona galego- portoghese, ma marcò molto anche la catalana. 15 IL MITO DI SANTIAGO alle origini del mito ci sono circostanze storiche che ci sfuggono, il primo a parlarne è Isidoro Di Siviglia > fu uno dei più importanti evangelizzatori dell’iberia. Santiago si ritrova in oriente come apostolo perseguitato e alla fine decapitato come martire. Leggenda vuole che le spoglie di Santiago furono prese da degli angeli, caricati su una nave e portate in galizia, dove furono sepolte. Proprio lì un eremita dal nome Pelayo, una notte alzando gli occhi al cielo vede una nuvola di stelle, la segue e dove si ferma trova un’arca dove rinviene le spoglie del santo. Da questo mito (utilizzato anche per la reconquista), nasce il primo nucleo della chiesa originaria, paleocristiana sulla base della quale nascerà la cattedrale di santiago. Venne usato per la reconquista perché i discendenti dei visigoti nel nord della spagna organizzarono una resistenza, che aveva bisogno di basi ideologiche, che spesso trova fondo nella religione > contro i musulmani i la ricerca di un nuovo pubblico fu spinta dalla violenza che si creò dalla crociata degli albigesi, questa fuga è nota come diaspora occitanica. La letteratura non coincide con l’area geografica > in galego portoghese scrissero anche dei poeti delle corti castigliane, che adottavano questa lingua per la lirica colta, tanto che quando si parla di galego portoghese non si parla di regione geografica quanto di COENÈ LINGUISTICA (comunità linguistica) > asociò poeti di diverse origini e aree geografiche che però utilizzavano tutti quella lingua per la lirica. Alfonso 10 El Sabio > autore di una importantissima raccolta > CANTIGAS DE SANTA MARIA > 1221-1284 > intorno ai 400 componimenti > sono una delle prime espressioni peninsulari della lirica. della lirica galego portogheder ci sono tramandati intorno ai 1000 componimenti, divisi in tre generi:  Cantigas de AMOR > legate alla lezione provenzale, nonostante non manchino tratti innovativi: assenza dell’incipit descrizione dell’amata pena di un amore irraggiungibile e destinato all’infelicità  Cantigas de ESCARNHO (scherno) / de MALDIZER (parlare male qualcuno > burlesca) > nella prima il destinatario della satira è occulto, nella seconda è palese. Si mette alla berlina la donna lussuriosa o poco avvenente  Cantigas de AMIGO > luogo privilegiato dell’espressione lirica galego- portoghese, anch’esse sono canti posti in bocca di donna > composizioni tipicamente iberiche Le cantigas de amigo si contrappongono alle cantigas de amor per via dell’io narrante e dell’oggetto del desiderio > nelle prime l’io lirico è una donna e l’oggetto è l’amico, nelle seconde l’io lirico è un’uomo e l’oggetto è la donna LE CANTIGAS DE AMIGO Sono una produzione autoctona, si trovano solo in spagna. Sono delle canzoni poste in bocca di donna. Riprende la lirica mozarabica > variante importante: se quella mozarabica è una poesia folklorica e popolare (non è d’autore, non sappiamo quasi mai gli autori, è una poesia che appartiene al popolo e si tramanda), le cantigas de amigo è invece POPOLAREGGIANTE > poesia che imita le caratteristiche della poesia popolare, è una poesia d’autore. conosciamo il nome degli autori galego-portoghesi. il numero dei trobatori sono c.a. 58 > per alcuni versi è una scuola poetica. Databile METÀ 13 E METÀ 14 SECOLO > l’ultima cantigas 1353. Il corpus delle cantigas è composto da circa 500 testi, tramandati attraverso dei canzonieri di due tipi:  Canzoneirus collettanei > di più autori, antologia, silloge. 16 LE CANTIGAS NASCONO PER ESSERE CANTATE, NASCONO IN UN CONTESTO BELLICO, E QUESTO CONDIZIONA MOLTO IL TESTO.  Canzoneirus individuali Collettanei: CANCIONERO DE AJUDA > cittadina spagnola, in provincia di Lisbona. Conservato nella biblioteca del palazzo reale. È il canzoniere più antico tra i tre. Fu allestito verso il 1280. Sono presenti solo le cantigas de amor CANCIONERO DA VATICANA > biblioteca vaticana, rinvenuto da fernando woolf nel 19 secolo (secolo in cui poesia popolare e popolareggiante assume più prestigio). Il canzoniere è del 16 secolo, copia di un codice precedente. La cosa particolare è che vi sono presenti tutti e 3 i generi di cantiga. COLOCCI-BRANCUTI > si trovava presso la biblioteca dell’umanista Angelo Colocci, nel 500 diventa proprietà del conte Brancuti. 1878 viene rinvenuto nella sua biblioteca. Successe che questo canzoniere si trova ad un certo punto nelle mani di un filologo che decise che alla sua morte doveva rimanere in italia. Le cose non andarono così perché il governo portoghese richiese il canzoniere che si trova oggi alla biblioteca nazionale di lisbona. Le cantigas de amigo, trovano in questo cancionero la loro teorizzazione Individuali: PERGAMENA VINDEL > da chi lo ha rinvenuto 1914 > ebraico che si accorge che la foderina di un libro di cicerone è in realtà un codice antico che contiene 7 cantigas di un trovatore provenzale che si chiamava Martìn Codax. Unico canzoniere che raccoglie tutta la sua produzione con la notazione musicale > la cosa più difficile a posteriori è ricostruire le notazioni musicali, rende la pergamena di un valore enorme PERGAMENA SHARRER > rinvenuta recentemente > 1990 > ritrova la pergamena come copertina di un codice notarile > 7cantigas del re don dinis. È in pessime condizioni, avrebbe bisogno di un restauro Questa espressione lirica ha dei caratteri molto specifici: □ Sono costruite su una struttura precipuamente parallelistica o incrociata, che riduce il lessico all’essenziale e che punta ad un’altissima sonorità. □ È composta da 4 o 5 strofe di 2 versi, spesso seguite da un verso di ritornello.  Sono caratterizzate dalla tecnica del LEIXA-PREN (lascia e prendi) per cui i secondi versi delle strofe 1 e 2 diventano i primi delle strofe 3 e 4 e così via.  La fanciulla lamenta la lontananza dell’amico, la difficoltà di incontrarlo, il suo abbandono con una sensualità che è assente nelle cantigas de amor  Tra i protagonisti vi sono: fanciulla, madre, sorelle e l’amico-amato, ma notiamo anche la presenza di animali dai risvolti metaforici (pappagalli e cervi)  Non è rara una struttura dialogica  È presente il paesaggio e a volte la descrizione della donna, sempre in caratteri essenziali. Diversamente da quanto avviene nelle jarchas e nei villancicos  Sono testi brevi che non raccontano una storia intera, ma alludono a questa  Espressione del sentimento imitando un linguaggio semplice anche retoricamente 17 PERO MEOGO(U) Tra 13 e 14 secolo, fu successivo a codax, fu un poeta di corte in portogallo. Nelle sue composizioni ricorre spesso la figura di un cervo, passiamo dal contesto marinaro di Codax, ad un contesto bucolico. I testi di pero meogo sono meno simmetriche di quelle di codax 3 CANTIGAS La traduzione italiana introduce meno variazioni rispetto all’originale. Contesto molto simbolico > si narra l’attesa e la preparazione ad un incontro tra una fanciulla e il suo amico. i capelli lunghi sciolti e/o raccolti simboleggiano la verginità Distici in rima baciata > strofe tematicamente organizzate a coppie in cui prima si cita l’elemento maschile, dopo quello femminile > 1 cerve, 2 cerve / 3 le trecce, 4 i capelli/5 ho lavato i capelli, 6 ho lavato le trecce / 7 li ho intrecciati, 8 le ho intrecciate. LEIXA-PREN > non è presente dalla prima alla quarta strofa, ma lega le strofe 5 e 7, la 6 e 8:  2 verso 5 strofa torna come 1 verso della 7 strofa  2 verso della 6 strofa torna come 1 verso nella 8 strofa POLIPTOTO > stesso verbo coniugato in modo e tempo diverso > passato remoto e congiuntivo (lavey / lavara – asperey / asperara – liey / liara), che nella lingua antica a volte avevano lo stesso significato > consente di introdurre una variante e costruire rime diverse. 20 differenza con i provenzali > i portoghesi erano trovatori di corte, erano fedeli ad un sovrano castigliano, mentre i stessa parola è presente nei versi successivi con funzioni sintattiche IV CANTIGAS Interlocutore risponde alla fanciulla una delle poche cantigas a struttura dialogica 5 quartine a rima alternata, la struttura appare meno simmetrica > parla di più la fanciulla che la madre contrapposizione tra inesperienza della fanciulla ed esperienza della madre I VILLANCICOS Nucleo fondativo più tardivo per via dei testimoni conservati > si ritiene che questa lirica nasca in un’epoca coeva alle altre due manifestazioni liriche > ad affermare questo ci autorizza l’enorme somiglianza tematica e formale di queste strofette con le jarchas con la differenza che queste ci sono giunte in lingua mozarabes e caratteri arabi, i villancicos ci sono giunte in lingua castigliana. Nella forma di base i due testi appaiono molto simili formalmente e contenutisticamente (sono entrambi posti in lingua di donna), in quanto è una poetica che nascendo in ambito popolare ha:  Forte densità concettuale  Sintesi linguistica  Prevalenza dell’enunciato breve, espresso in forma diretta Le PRIME TESTIMONIANZE SCRITTE sono di epoca molto tarda > 15 E 16 SECOLO > se la civiltà araba aveva dimostrato fin dai primi secoli una grande sensibilità per la lirica di taglio popolare, in castiglia perché i poeti colti recuperino il patrimonio popolare ci vuole un po' più di tempo > Alle soglie del rinascimento 21 villancico > tecnicamente indica solo l’estribillo, successivamente è passato ad indicare anche le altre strofe. Oggi sono i canti di nasce una moda di corte > apprezzamento di queste brevi strofe di origine popolare > vengono trascritte in antologie / sillogi (cancioneros).  Cancionero de baena  Cancionero musical de palacio > contiene le note musicali VIVIR EN VARIANTES > questi testi siccome sono stati affidati dalla loro nascita (1000) fino al 1450 ad una trasmissione orale, sono state modificate più o meno consapevolmente. Menendez Pidal indicò che queste variazioni lessicali furono introdotte dapprima dagli interpreti e poi dai compilatori > quando i testi vengono trascritti i copisti li modificavano per renderli più regolari > funzione ricreatrice > il testo viene rielaborato da una nuova sensibilità artistica > testo nuovo e testo antico lavorano all’interno della stessa poetica. Infatti, dello stesso villancico abbiamo varie versioni VILLANCICO > etimologia nel termine villano (chi vive nella villa e quindi nei campi), indica quei canti popolari che nascono per accompagnare la vita quotidiana del mondo contadino > semina, mietitura ecc. celebrano il ciclo stagionale, accompagnano la vita anche durante le feste = i canti che accompagnano sia la vita lavorativa che quella ricreativa, che nascono nella cultura agricola e popolare. Il termine indica la prima strofetta, ma è possibile che a questa ne succedano altre tematicamente omogenee, chiamate strofe di glossa, in quanto rielaborano il tema dell’estribillo. Si dividono in sottogeneri in base alle tematiche  Le mallias > canti del mese di maggio  Canto di san giovanni > equinozio d’estate  Canti della mar maritata  Canti della morica > della fanciulla mora Nonostante questa varietà, la tematica principe è quella amorosa, spesso dalla prospettiva femminile VILLANCICO DI BASE è costituito da una strofa denominata cabeza la quale rappresenta la manifestazione più semplice della lirica TRADIZIONALE castigliana. VILLANCICO STROFICO aggiunge all’estribillo iniziale alcune strofe che lo glossano e che lo amplificano, chiamate PIES > di 6 o 7 versi Presentano una veste formale molto diversa, e la sua struttura sembra capovolta rispetto a quella delle jarchas e delle moaxaja > le moaxaja amplificano la jarchas 22 Lirica che in principio ammette sempre un unico autore, am che nella modalità di trasmissione orale è assimilata dalla tradizione popolare e punto di vista formale > quarteta > 4 versi di arte menor. Schema rimico abba > rima abbracciata (incatenata) quando la quartina è a rima abbracciata si chiama REDONDILLA > apre e chiude il componimento nello steso modo N 6 ha una strofa di glossa tradizionale, carica di erotismo, molto simile alla jarchas, perché vengono tutte da lì, poi ogni espressione le rielabora differentemente > quartina assonanzata nei versi pari N 7 Non è un componimento anonimo, ma di un autore di fine 400, Cristobal De Castillejo È evidente che sia un testo d’autore > complessità sia formale che retorica il testo 6 e 7 hanno in comune l’estribillio > che è il villancicos di base “Non possono dormire i miei occhi, non posso dormire” nel 6 lo abbiamo una sola mudanza > indica che è di espressione popolare > tema d’insonnia d’amore > sollecita Cristoval che scrive altre strofe di closa più elaborate 25 N 5 > è una maya che celebra l’inizio della primavera (già fatta “entra maggio ed esce aprile”) complessità strutturale della mudanza > è composta da:  una prima strofa di REDONDILLA (4 versi abba),  da un verso DE LLAZE (collega quello che viene dopo e la mudanza)  da 2 versi che si collegano la MUDANZA ALL’ ESTRIBILLO 2 strofa > cddccyy > y = ultimo verso dell’estribillio 3 strofa > effeeyy ↓ (verso de llaze) I strofa > I combattenti sono metafora delle ciglia, non consentono agli occhi di chiudersi > ammore strasposto nella metafora della guerra d’amore II strofa > metafora dell’insonnia d’amore III strofa > metafora della follia d’amore L’EPICA Poesia epica / epopea > stessa origine etimologica > epos = popolo ORIGINI DELL’EPICA  Tesi FRANCESE > Gaston de Paris > afferma che poiché l’epica francese precede quella spagnola questa viene influenzata dalla prima. Pidal > non nega l’influenza dell’epica francese, ma la postdata, dunque i poemi castigliani erano già stati composti. Osserva che se così non fosse stato l’epica spagnola sarebbe stata fin dalle sue prime apparizioni sarebbe stata già particolarmente elaborata, mentre ha un periodo di elaborazione. Inoltre asserisce che esistono 26 Prima dell’unificazione dei regni spagnoli (matrimonio tra Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia) dovremmo utilizzare l’espressione “letteratura castigliana”, a partire dall’unificazione possiamo parlare di letteratura spagnola. delle differenze tra le due narrazioni epiche: - l’epica francese ha una precisa forma metrica, mentre quella castigliana è ametrica - nell’epica francese si ricorre al fantastico e al meraviglioso molto di più rispetto a quella castigliana. Non è assolutamente impossibile che ci sia stato un contatto, ma questo risalirebbe al 12 secolo, si veda alla regolarità del Roncisvalles rispetto all’irregolarità del Cid  Tesi GOTA > Pidal > origine germanica dell’epopea castigliana, i popoli germanici avevano dei canti che celebravano la nascita del loro popolo. Essi diffusero i loro canti prima della conquista degli arabi, cosa confermata anche dagli storici contemporanei. Dunque questi avrebbero influenzato i canti spagnoli: - il motivo del duello tra campioni per dirimere un oltraggio - la consultazione del re con i suoi vassalli prima di prendere una decisione importante - il Cid che va in esilio con i suoi vassalli che ne condividono la sorte è un’usanza tipicamente gota - Il Cid che si umilia davanti al suo re mordendo l’erba del campo: a Toledo III cantare  Tesi ARABA > Julian Ribera > sostiene l’esistenza di un’epopea andalusa in dialetto romanzo. Ritiene che nella spagna musulmana si irradiarono molti saperi ed usanze, dunque perché si sarebbe diffusa anche l’epica? Inoltre fa riferimento anche ad alcuni elementi della cultura araba nell’epica spagnola > il fatto di dare al signore 1/5 del bottino come prevedeva il corano, la toponomastica, lo stesso appellativo del Cid che viene da sayyddi = signore In realtà le tre tesi si completano a vicenda PRIMA I ROMANCES O PRIMA I POEMI EPICI? Oltre alla discussione sulle origini ci sono altre due teorie > i poemi sono nati dall’unione di brevi componimenti epici che sarebbero precedenti e che fanno parte della tradizione spagnola, oppure dai poemi epici nascono i romances da una sorta di frammentazione. Il romance è un poema caratteristico della tradizione orale, e diventa popolare nel secolo 15, dove si raccolgono per la prima volta per iscritto in antologie chiamate Romanceros. 27 ROMANCES > da tradurre con ballata Componimento poetico astrofico, costituito da una sequenza di ottonari, assonanzati nei versi pari. Carvajal è il primo a comporre romances IL CANTAR DE MIO CID L’ETÀ EROICA Il testo del Roland è dell’11 secolo, ma quale età ci racconta? Quella di Carlo Magno dell’ 8 secolo. L’età eroica per la francia coincide con l’8 secolo IN SPAGNA QUAL È L’ETÀ EROICA? In spagna possiamo contare su un solo cantar di gesta quasi completo > IL CID VIVE INTORNO AL 1040 > il vero nome sarebbe Ramòn Diaz de Vivar età eroica della Castiglia è anche dell’11 secolo, mentre il testimone è del 1140 > il fatto storico è dell’11 secolo e ci viene narrato nel 12 secolo elaborazione della materia eroica:  Fatto storico importante per un popolo poiché vengono riconosciuti dei valori  Affidato a dei canti che creano una leggenda  Elaborazione in un cantare scritto Quanti più saranno i secoli che separano l’oralità dalla scrittura tanto più saranno forti elementi di fantasia e di mitologia > il fatto che ad un certo punto alcuni poemi arrivarono ad essere trascritti è del tutto casuale. IMPORTANZA DELLE CRONACHE STORICHE E IL CICLO DEDICATO AL CID La conservazione di alcune parti dei cantares de gesta nelle cronache è un fatto di straordinaria importanza. I compilatori delle cronache considerarono i Cantares dei juglares dei veri e propri testi storici, delle fonti attendibili. Ogni cronaca, ovviamente, recepisce uno stadio del cantar, per questo a volte ci si trova con versioni contradittorie > ad un certo punto Pidal leggendo la cronaca najerense > si accorge che assume un andamento ritmico = lo storico invece di rielaborare dei fatti utilizza un cantar di cui riporta interi versi > ha permesso di ricostruire dei frammenti di alcuni poemi epici > come sappiamo che esistettero vari cicli epici di cui non è rimasto nulla? Dal fatto che nelle cronache è possibile isolare intere parti in versi. L’unico poema trasmessoci praticamente intero è il cantar de mio Cid, tuttavia abbiamo altri altri esemplari dell’epopea castigliana, i quali in alcuni casi costituiscono antecedenti e fonti del poema de mio Cid:  cantar de sancho 2 > re di castiglia si ribella contro il fratello re di Galizia e muore nell’assedio di Zamora. Costituisce una sorta di premessa al cantar de mio Cid  las mocedades de Rodrigo > “la gioventù di Rodrigo” poema tardo e anonimo del 1360 ca. che narra la gioventù del grande conquistatore della castiglia, mentre il cid nel cantar ha 40 anni. Ci è trasmesso da un manoscritto del 1400 conservato nella biblioteca nazionale di parigi 30  cantar de Roncisvalles > rinvenuto da Pidal, rimasto incompleto > morte di Orlando e sconfitta dei mori  cantar del Bernardo del Carpio > battaglia vista dal punto di vista degli spagnoli, che vede la vittoria di questo eroe contro l’esercito francese  los siete infantes de Lara o Salas > che pidal ricavò dal testo narrativo della cronaca najerense L’ANTEFATTO STORICO AL CANTAR Le caratteristiche del genere epico castigliano sono strettamente collegate al complesso contesto storico-culturale in cui si colloca la sua nascita. Dopo la conquista musulmana del 711 la reconquista cristiana si basò sul concetto di un territorio che era stato della monarchia visigota. Secondo Pidal i canti eroici germanici dovettero servire come spinta ideale per muovere le popolazioni cristiane in un’impresa come questa. Quando si formano le prime comunità cristiane che si organizzano per respingere gli arabi ad un certo punto una serie di territori al nord vengono a coincidere sotto il regno di un re > ferdinando 1 il santo che possedeva galizia, castiglia, aragona e alcuni altri piccoli possedimenti, alla sua morte si divide il regno tra i figli > sancho 2 ha la castiglia. Il cid è un cavaliere di sancho 2. Tra lui e i suoi fratelli iniziano delle guerre di espansione, sancho annette la galizia, si scontra contro alfonso 6 che lo vince, dunque il Cid passa da essere un cavaliere di sancho ad un cavaliere di alfonso. RODRIGO DIAZ DE VIVAR, CHI ERA EL CID CAMPEADOR Il cantar di gesta si basa sulla parte finale della vita di Rodrigo. Nel poema ha circa 40 anni, non ci perviene la sua gioventù, ma solo la sua maturità. I fatti narrati si riferiscono all’esilio del Cid, cacciato dal re alfonso 6 nel 1081. Il Cid era un membro della bassa nobiltà castigliana > infanzòn > struttura feudale castigliana prevedeva nel vertice più alto i nobili, i cavalieri, e poi gli infanzòn > legati da legami di vassallaggio all’aristocrazia, ma essendo comunque nobile godeva di alcuni privilegi, offriva i suoi servigi al re o ai nobili. Il cantar ha un impianto molto oggettivo, seppur non costituisca un racconto fedele, ma ne dà una visione letteraria, comunque è marcato da una forte realisticità da molte caratteristiche che rispettano il vero simile LA SCOPERTA DEL MANOSCRITTO 1779 > Tomas Antonio Sancez scopre in un codice (copia di un altro codice) della prima metà del 1300*che viene pubblicato con il titolo di “POEMA DE MIO CID”. È un codice molto deteriorato > le macchie del testo non sono dovute solo all’umidità, ma da agenti chimici utilizzati da studiosi precedenti per leggere meglio. Il codice ha 74 pagine, è mutilo di 3 folii che 31 complessivamente avrebbero racchiuso ca. 200 versi > 1 pagine iniziali e 2 all’interno: tra i fogli 47-48 / 69-70. il codice è una sequenza ininterrotta di versi, non ha divisori. EXPLICIT > ultima parte del testo in cui si appongono le informazioni relative a chi ha compilato il codice e in quale anno. Nel caso del Cid sono ultimi versi che riguardano la storia e sono 2: PRIMO EXPLICIT > Dai versi 3731 – 3733 “dio premi con il paradiso chi scrisse questo libro. Per Abbat lo scrisse nel mese di Maggio nell’era del 1245”  sappiamo il nome del copista, non chi lo compose, ma da chi e quando fu copiato >Per versione medievale di Pedro = Pietro abbate  escribir > significato medievale non era comporre (fazer), ma indicava copiare. Dunque sappiamo che Per Abbat lo ha copiato da un altro codice.  era > indicava in spagna la datazione a partire da augusto che la pacificò nel 38 a.C. = copiato nel 1207 > questa data non sarebbe del codice che conserviamo, ma sarebbe da attribuire al codice che è servito a copiare quello che ci è stato trasmesso  tra il CC e il XLV c’è uno spazio > o qualcosa è stato cancellato o il tempo ha corrotto la pergamena, dunque c’è chi sposta la data avanti > probabilmente c’era un’altra C > dunque poteva esserci scritto 1345, dunque la data diventerebbe 1307* SECONDO EXPLICIT / COLOFONE / colofon > è una rubrica finale che riporta informazioni editoriali dell’opera > metadati di un testo. In questo caso è stato aggiunto > calligrafia differente, probabilmente di un interprete “il romanzo è letto, dateci del vino se non avete denaro, altrimenti potete darci anche dell’abbigliamento che potremo scambiare sicuramente con del vino” Richiesta di pagamento da parte dei giullari a fine recitativo è tipica DATAZIONE E PATERNITÀ PROBLEMATICA datazione paternità pida l tende a spostare la scrittura del manoscritto quanto più possibile Postula la presenza di più autori: 32 SUBSCRIPTIO > utilizzata per i manoscritti > corrispettivo del colofone di versi variabile. La più breve presente nel poema ha 3 versi, la più lunga 187 versi. Si è capito attraverso le rime > a cambio rima cambia lassa > assonanti o consonanti. Il cambiamento coincide anche con il cambiamento di tema 1 lassa: llorando, catando, canados, mantos, mudados, cuidados, mesurado, alto, malos 2 lassa: riendas, diestra, siniestra, tiesta, tierra, castiella 3 lassa: entrove, pendones, varones, sone, dolore, razone, senore ANALISI CONTENUTISTICA CARATTERIZZAZIONE > La prima qualità che ci viene presentata di questo eroe è la misura > qualità che lo caratterizzerà sempre, anche con i nemici. Essa è la più alta tra le virtù cardinali e di queste quattro in particolare il Cid è caratterizzato da prudenza e temperanza. La ripetizione dell’avverbio SIN caratterizza il Cid come l’eroe nullatenente, a cui è stato tolto tutto, che è stato privato di tutto. 1 LASSA: il Cid sta lasciando Vivar e ci viene descritta la sua condizione psicologica - la contrapposizione tra il Cid e i suoi nemici riflette il contrasto tra alta e piccola nobiltà che li starebbe scalzando grazie alle guerre di conquista. - v. 3-4 > esprimono il senso di privazione avvertito dall’eroe, grazie ad una descrizione di un ambiente desolato - v.4-5 > descrizione che fa riferimento alla vita legata alla caccia della piccola nobiltà - v. 6 > per la prima volta viene utilizzato l’epiteto mio Cid che nell’uso possessivo sottolinea la simpatia dell’autore verso il protagonista - v. 7 > fablò > parlò > si crea un climax per cui dalla disperazione iniziale il Cid reagisce subito parlando 2 LASSA: Il Cid uscendo da Vivar vede una cornacchia a destra, che indica buon auspicio, ma entrando a Burgos la sente a sinistra, che indica cattivo presagio, come si fosse un’anticipazione di ciò che gli accadrà - v. 11 / 12 > hanno una costruzione parallelistica - Alvar Fanez > presente in tutto il poema come luogotenente. storicamente era il nipote che lo ha accompagnato nell’esilio, nasce nella penna con la necessità di un co-protagonista / aiutante > compagno di viaggio e di sventura 35 3 LASSA: il Cid è arrivato a Burgos, e viene accolto compassionevolmente dagli abitanti - Roy Diaz > altro appellativo del Cid > IPOGORISMO > abbreviazione del nome (Rodrigo) > evidenzia una narrazione di parte, il narratore appoggia il Cid ed è dalla sua parte* - v. 20 > ripetizione dell’atto di piangere dagli occhi e poi di parlare dalla bocca > è tautologia frequente nei testi medievali, si tratta di sintagmi che accompagnavano le parole del giullare con la gestualità - v. 22 *questo è confermato anche dal verso che più volte si ripete nel poema “che vassallo sarebbe se avesse un buon re” > risulta una critica al comportamento regio, rappresenta un sentimento antimonarchico. Inoltre è constatazione di un generale senso di approvazione nei confronti del Cid da parte della cittadinanza 4 LASSA: a burgos arriva l’editto emanato dal re, la cittadinanza risponde impaurita non ospitando il Cid, al quale viene mandata una bambina a spiegare la situazione, sperando non incorra nell’ira del re. Si insiste sulla pena dell’eroe e sulle caratteristiche dell’esilio per evidenziare la severità di alfonso 6. - v. 24 > capiamo perché si sostiene che il giullare fosse colto > si fa riferimento ad un’istituzione giudiziaria precisa > ira regis > che si configura quasi come una maledizione nei confronti del Cid, e che trova riscontro anche ai versi 29 / 30 > accecamento, execratio (sepoltura in terreno non consacrato) -v. 33 > per la prima volta viene appellato con l’epiteto “campeador” > campi doctor > il più grande dei campi di battaglia - v. 40 > prima espressione di rabbia del Cid 36 Le lacrime non sono un segno di debolezza, al contrario, nell’epica connotano virilità, il cid piange ripetutamente - v. 43 > en buena ora = ora propizia > formula ricorrente, è un’epiteto astrologico “colui che è nato sotto una buona stella” > viene ripetuto anche al verso 60 - v. 42/45 > contrapposizione tra l’ira del Cid e la bambina di 9 anni DA QUESTO MOMENTO IN POI IL CID è UN ESULE -v. 46/48 > ripetizione letterale dei versi 27/28 > ribadisce la violenza e l’ingiustizia della condanna - v. 54 > “giunto a santa maria” > indicazione cronologica > alfonso VI ha iniziato la costruzione nel 1067 ANALISI STILISTICA MISURA VERSALE > nell’epica abbiamo versi di arte maior (maggiori di 8 sillabe). l’epica si basa su un sistema di 16 sillabe, che tuttavia hanno delle fortissime oscillazioni (da 16 a 20), problema derivante dall’origine orale della narrazione. La mancata esplicazione del protagonista all’inizio crea suspance v. 3 vio puertas abiertas e uços sin canados RIPETIZIONE SINONIMICA > al 1 e al 2 emistichio viene ripetuto v. 10 Alli pienssan de aguijar, lo stesso concetto > formula giullaresca che aiutava a alli sueltan la riendas completare il verso v. 17 > pendones > pennoni > è una metonimia per indicare gli stendardi v. 18 / 19 > ripetizione sinonimica PROBLEMI, INTERPRETAZIONI E PARTICOLARITÀ LINGUISTICHE v. 2 > tornava / catando il primo termine deriva dal lavorare al tornio, che gira (gira il capo). Il secondo termine deriva da catar, oggi è diventato mirando (guardare) “estavalos catando” > soggetti indefiniti, conferma la presenza dell’antefatto v. 7-8 > fatti oggetto di varie interpretazioni: - Essendo un cristiano il Cid accetta il suo destino - Lettura ironica, il Cid sarebbe sprezzante v. 9 > enemigos malos compaiono nell’opera e troviamo la loro spiegazione nell’antefatto (calunnia che ha subìto). Altrimenti potrebbe avere un significato diverso e strategico > il Cid non può incolpare il re per l’esilio, dunque lo libererebbe da un atto di accusa. v.13-14 > passaggio ambiguo > come nel v. 8 > cid descritto > scrolla le spalle e scuote la testa di fronte alla cornacchia ed esclama albricia “evviva!” > deriva dall’arabo > al-bisara = buone notizie > si interpreta come una forma di scongiuro, una formula per liberarsi delle cattive premonizioni, oppure di nuovo con atteggiamento sprezzante vuole contrastare il destino nefasto v. 15 > ricostruzione di Pidal - v. 16/ 19/ 22 > presenza di E PARAGOGICA > aggiunta nella recitazione di una E finale al fine di far assonanzare sone, dolore, razone, senore con pendones, varones,. Inoltre quando il rimante terminava con vocale tonica il poeta vi aggiungeva il suffisso 37 - al fatto che si basa su tematiche religiose e morali - ad una chiave formale > applicazione di regole formali molto rigide che non prevedono irregolarità metriche - si riferisce anche alla forte tensione didattica educativa e moralizzante volta a narrare storie esemplari 2. per cuaderna via si intende non solo porre in enfasi il fatto che sono intellettuali che hanno avuto un’istruzione superiore, nello specifico ci si riferisce ad una strofa di 4 versi che ha una specifica forma > TETRASTROFO MONORIMO > strofa di 4 versi monorimi e di 14 sillabe > ha una rima perfetta 3. “grande abilità” > si riferisce alla tecnica molto complessa utilizzata da questi autori > ha innanzitutto un sistema sillabico-metrico molto complesso: in un verso che termina con una rima acuta e tronca bisogna contare una sillaba in più. Se il verso è piano bisogna contare le canoniche 14 sillabe. Se il verso è sdrucciolo bisogna togliere una sillaba. Si aggiunge l’obbligo della DIALEFE (contrario della SINALEFE) Inoltre questi autori compongono delle rime perfette > coincidono tutte le vocali e le consonanti a partire dall’ultima vocale tonica I MILAGROS DE NUESTRA SENORA – GONZALO DE BERCEO Gonzalo firma le sue opere con L’AUTONOMINATIO, grazie al quale inserisce il proprio nome all’interno dei componimenti. I primi a firmare le opere in questa manoera furono i trovatori provenzali di berceo si conoscono solo quelle notizie che egli affida alle sue opere: nacque a Berceo nella Rioja, fu educato nel monastero di San Millan de la Cogolla. le sue opere, tutte a carattere religioso se si esclude il libro de alexandre che alcuni gli attribuiscono seppure con enormi margini di dubbio. probabilmente morì verso la metà del 1200. autonominatio di “vida de san millan de la cogolla” Per i Milagros > si ispira al manoscritto latino Miracula Beatae Mariae Virginis, il quale appartiene al genere della miracolistica relativa al culto mariano. Berceo seleziona 24 DEI 49 MIRACOLI della fonte. i milagros sono 25 racconti perfettamente autonomi per completezza dell’apologo e per il senso anagogico 40 Licenza poetica che prevede di contare in un’unica sillaba due parole che hanno due vocali alla fine e all’inizio, a contatto. dell’ultimo non è accertata la provenienza. è uno dei pochi miracoli ambientati in spagna (avvolora la tesi). o la fonte non è nota, oppure sul modello dei 24 miracoli ne scrive uno di che esso veicola (che sotto figurazioni allegoriche, contiene ed esprime valori e verità trascendenti.) Non traduce semplicemente, opera un VOLGARIZZAMENTO, in questo caso in castigliano. Nonostante Berceo sia l’autore che più ha percorso la cuaderna via, si avvale anche di tecniche proprie della letteratura giullaresca come:  i frequenti appelli all’uditorio  la richiesta di ricompensa a fine racconto  strategie utili per conferire una dimensione meno trascendente e calare la religione alla prosaicità quotidiana  ricorso ad un lessico famigliare ed a metafore tratte dalle occupazioni quotidiane OPERA IN UN MODO MOLTO FILOLOGICO, più volte dichiara la sua fonte > denuncia senza remore che la propria è una funzione di mediatore e non di autore del testo proposto. Inoltre lascia incompiute delle parti perché mancano alcune pagine del codice, oppure perché queste sono eccessivamente corrotte. L’intera sua opera (scrive agiografie) è improntata al PROSELITISMO > si propone di divulgare presso i fedeli storie e vicende a carattere devoto. intento didascalico + avvicinare quanto più possibile il popolo al cristianesimo, in quanto exemplum, ha finalità esemplificativa e didascalica, dunque, c’è una possibile correlazione alla parabola. o Sul versante formale > assistiamo ad una depurazione del racconto > si avvale di uno stile spoglio, secondo le norme del sermo humilis o Sul versante tematico > si approfondiscono i tratti psicologici dei personaggi, che nell’opera latina sono totalmente assenti, inoltre amplifica il testo latino che è molto più essenziale, trasformandolo in un vero e proprio racconto Del tutto assente in questi racconti è la descrizione del male, si assiste a un rapido cenno alla condizione di peccatore in cui alcuni personaggi versano, ma la problematica del peccato e le sue implicazioni sono del tutto assenti, o almeno non approfondite. L’umanità che popola queste storie sembra liberata dalla responsabilità delle proprie azioni e tutti sono aiutati se vivono con fede* Hanno un’ambientazione varia, alcuni si svolgono in spagna o in italia, o in francia, ma di molti non vi è neppure un riferimento al luogo geografico. Questo sottolinea il carattere universale del messaggio dell’opera > non si sta narrando di quell’uomo in particolare, ma di tutti gli uomini in quanto peccatori e pellegrini del mondo. ORIGINE DEL GENERE DEI MILAGROS 41 nella letteratura medievale si intendono le traduzioni nel volgare di opere in latino È un genere antico che era presente anche nell’oriente cristiano che passa in occidente già nella letteratura latina > erano una raccolta di miracoli che facevano parte di collezioni generali che viaggiavano per l’europa e che avevano come scopo quello della cristianizzazione. Il culto mariano nasce nel mondo medievale ed è molto caratteristico della religiosità iberica. Fino al 12 secolo la devozione mariana era stata molto marginale nella cultura religiosa dei predicatori. La figura di maria diventa centrale nel culto dei mozarabi, il motivo è difficile da decifrare, ma assurge ad una nuova eva, nel senso che ad essa si contrappone > se lei ha indotto l’uomo al peccato, la nuova eva in quanto madre di cristo ricondurrà l’uomo alla salvazione. *Nella liturgia mozarabe maria assurge ad un modello di figura femminile che prende le distanze da eva e diventa una figura mediatrice fra l’uomo e la sua salvezza. Si parla di salvazione e non di redenzione perché il culto mariano prevede che il peccatore si salvi per fede e non per pentimento, sia salvato e non redento. Anche nella liturgia visigotica appare la figura della vergine come colei che insieme al cristo salva il genere umano dal peccato attraverso il sacrificio di suo figlio. Sermoni di Bernardo Di Chiaravalle > ebbero grande importanza nella liturgia medievale, in particolare quello sull’acquedotto > maria paragonata a colei che disseta con la sua acqua il fedele > se cristo è fonte di vita maria è canale di trasmissione della grazia divina. Berceo li ha conosciuti > da essi derivano alcune metafore legate alla figura della vergine > in vari momenti farà riferimento a maria come un fiume pieno d’acqua dal quale il fedele si può dissetare > sembrerebbe che nella sua formazione abbia conosciuto anche questi sermoni che appartengono ad un secolo prima. PERCHÉ IL CULTO MARIANO VIENE IMPIEGATO DA BERCEO E DAI PREDICATORI IN TUTTA EUROPA? La figura di maria permette un accesso alla religione di tipo affettivo, maria è madre > ricalcando la figura rispetto al dio del vecchio testamento, maria diventa una via di accesso affettiva e non intellettuale al quale il fedele può avvicinarsi con semplicità perché il messaggio dei miracoli è legato al puro amore e devozione. Altro elemento che contribuì alla rinascita del culto mariano è estraneo al mondo religioso > importanza che acquisì la figura femminile nella lirica cortese > recupero di una figura femminile anche nella sfera religiosa > a volte i suoi fedeli si rivolgono a lei come un’innamorata, anche in modo profano INTRODUZIONE – PAG 93 42 strofa 342 > gli annuncia la vendetta > “ti ripagherò con la stessa moneta” dalla strofa 343 berceo sospende la narrazione in un clima di indeterminatezza, nonostante l’apparente pentimento non si sottrae alle nozze che tuttavia vengono celebrate con fasto. C’è però un avvertimento di un voltafaccia imminente da parte dello sposo e che viene svelato con scioglimento della suspance alla strofa 347, quando il marito sparisce dalle braccia della sposa rapito dalla vergine strofa 347 > SCIOGLIMENTO > la vergine toglie dalle braccia della sposa il peccatore portandolo con sé > alla minaccia non segue la vendetta > si salva contro il suo volere > la vergine comunque lo salva La costruzione del racconto poggia tutta sull’ambiguità della relazione tra l’uomo e le due donne, giocata tra sacro e profano e sull’ingenua sprovvedutezza del canonico. Ad assimilare la relazione vergine-devoto a quella profana di due amanti è soprattutto la terminologia derivata dal codice cortese dell’amore che li qualifica Questo stesso schema si ripete per 25 volte in contesti diversi > uno dei miracoli “la badessa incinta” “il ladron devoto” a volte il peccato contraddice la figura, sono personaggi di diverse categorie sociali e tutti irrimediabilmente salvati > religione che appare estremamente consolatoria, che non comporta nessun tipo di impegno e sforzo. L’umanità dei milagros appartiene per lo più a questa tipologia di fedeli che si muovono tra devozione e debolezza, dello spirito come della carne, ma tutti indistintamente soccorsi da chi può e sa più di loro IL LIBRO DE BUEN AMOR – JUAN RUIZ PROBLEMI DI TRASMISSIONE Titolo non presente nei codici, assegnatogli da Pidal, a volte ci viene trasmesso come LIBRO DE LOS CANTARES che sottolinea la tendenza miscellanea di questo libro 45 Fa parte del mester de clerecia, che subisce delle variazioni nel 14 secolo:  La quartina di alessandrini = cuaterna via > non è più l’unico metro impiegato, all’uso della quartina si alternano versi di ARTE MINOR > inferiori alle 8 sillabe (il verso lungo ha un taglio più narrativo, quello breve è più lirico).  Assistiamo ad una maggiore irregolarità nell’impiego degli alessandrini > a volte le 14 sillabe non sono rispettate  si contravviene all’obbligatorietà della dialefe DATI BIOGRAFICI: li fornisce lui stesso nel libro: nato ad Alcalà (copla 1510a). È un arciprete (prete posto in una posizione di preminenza, può essere semplicemente il parroco o quello più anziano > funzione di vicario del vescovo) > nella copla 19b/ c > fu parroco nella provincia di Guadalajara > ci troviamo sempre nella castiglia. Difficile credere all’autenticità del nome che si propone come autore e protagonista dell’opera, stando anche ai fatti che documentano molti ecclesiastici con il nome di Juan Ruiz. Più plausibile immaginare una finzione autobiografica, che per essere credibile deve far coincidere chi scrive con la prima persona. Chiunque sia l’autore possiede una sicura formazione culturale, che gli consente di elaborare nella sua opera la maggior parte dei generi letterari conosciuti presso i letterati dell’epoca. STRUTTURA  L’opera inizia con una PREGHIERA nella quale l’arciprete chiede al signore e alla vergine di essere liberato da qualcosa di terribile, ma non esplicita la pena che lo affligge > dice di trovarsi in prigione e invoca il signore affinché lo liberi > è un termine che viene utilizzato spesso dagli autori medievali-rinascimentali > oltre a supporre uno stato di reclusione, l’ipotesi maggiore è che questa prigione sia metaforica > copla 1d  Si prosegue con DUE PROLOGHI, uno in prosa ed uno in versi  DUE CANTIGAS dedicate alla vergine  UNA FAVOLA in cuaderna via nella quale si narra la disputa tra greci e romani La narrazione vera e propria ha come tema le avventure amorose di un arciprete: che dopo alcune delusioni amorose riceve la visita del dio amore (ars amandi di ovidio) dal quale accetta una serie di ammaestramenti e la raccomandazione di ricorrere ad una mezzana. Da questo momento l’arciprete è affiancato dalla ruffiana Urraca, nota anche come 46 i versi vengono indicati con il termine COPLA e il loro numero indicato con le lettere dell’alfabeto es. primo verso > a (copla=strofa > Trottaconventi. La prima avventura a lieto fine trasforma la prima persona in una terza che vede l’arciprete trasformarsi in don Melòn e riuscire nel far sua la dama Endrina (4). La vicenda si conclude anche grazie ad Urraca in un lieto fine con le nozze. Dopo poco tempo la giovane sposa muore e si ritrova di nuovo gettato nelle avventure amorose. Dopo quattro avventure con rudi montanare (6-9), la serie di fallimenti amorosi ricomincia ad eccezione dell’incontro con la monaca Garoza, anche lei destinata a morire. Tutta la storia è intarsiata di descrizioni allegoriche, celebrazioni rituali stagionali (battaglia tra carnevale e quaresima), inni religiosi che sembrano andare a bilanciare la tensione erotica. CARATTERISTICHE  mescolanza di forme in cui la prosa si alterna ai versi di arte maior e di arte minor  varietà di temi  finzione autobiografica  narrazioni di tipo differente > apologhi esemplificativi, una narrazione in 3 persona, battaglia tra carnevale e quaresima, parodia delle ore canoniche  Prevalenza di un registro leggero, accattivante, che si rivolge anche al lettore > “dirti di più non posso”. FONTI È possibile trovare delle analogie con:  Letteratura araba > el collar de la paloma  Letteratura ispano-ebrea > libro delle delizie Ha una fitta rete di relazioni intertestuali che l’autore assemblò e rielaborò con indubbia autonomia:  Bibbia  Libro de alexandre  Ovidio  Filone pseudo ovidiano > opere a sfondo erotico attribuite al poeta  Commedia latina del 1100 > pamphilus de amore  Collezione di favole attribuite ad esopo  Pseudo-biografie amorose 47 Il ribaltamento dell’insegnamento biblico espresso nella prima lettera ai tessalonicesi si unisce qui alla parodia di un genere piuttosto noto e di prestigio letterario > “pastorella” provenzale e galego-portoghese. Effetto parodico viene ottenuto attraverso il ribaltamento dei topici del genere. Serrana > donne che abitano la Sierra > territorio montuoso. Sono donne che non possiedono la leggiadria delle pastorelle cortesi. Infatti al contrario sono le serrane che cercano di conquistare l’uomo > ribaltamento. NARRAZIONE BUCOLICA RIADATTAMENTO DEL LIBRO DE BUEN AMOR l’incontro avviene in primavera dove rose e fiori circondano la pastorella occupata a badare ai greggi. infuria il freddo invernale, la figura della montanara domina incontrastata a difesa di un passo tra le montagne > locus horribilis che contrasta con il locus amoenus come spazio deputato all’amore Di essa manca un ritratto fisico esplicito, al poeta basta evocarne la bellezza ritenuta senza pari per richiamare alla mente del lettore una tipologia femminile di leggiadria che contrasta con i suoi umili natali. volto sgraziato, gesti e parole sgarbate. Nulla evoca la dama di corte. Anche il registro linguistico non rimanda al mondo bucolico, ma alla tradizione del pastore zotico Il suo intervento è molto breve: si limita esclusivamente a declinare le offerte amorose del cavaliere il finale aggiunge l’incontro sessuale voluto espressamente dalla montanara come pagamento per i servizi offerti all’arciprete. In un quadro di elementare soddisfazione dei bisogni primari (mangiare bere e riscaldarsi) anche l’unione sessuale assume le proporzioni di una necessità naturale. Non sembra poi dispiacersi di un epilogo simile e confessa con un ammiccamento al lettore il proprio soddisfacimento sulla cui natura poco si può dubitare 50 51 ORIGINI DELLA PROSA Come nelle altre lingue romanze le prime attestazioni di prosa in lingua volgare sono documenti assai importanti dal punto di vista linguistico, ma privi di rilevanza letteraria. SCUOLA DEI TRADUTTORI DI TOLEDO La prosa letteraria nasce nella cosiddetta SCUOLA DEI TRADUTTORI TOLEDANI. La città di Toledo è un grande polo culturale che, grazie alle buone biblioteche, attira studiosi occidentali che attingono alla dottrina teologica, filosofica e scientifica sia araba che ebrea. Si deve al loro lavoro il recupero della filosofia aristotelica in Europa. La tecnica con cui venivano fatte le traduzioni è singolare, in un caso specifico del DE ANIMA, Si traduceva oralmente, dall’arabo in volgare romanzo e successivamente dal volgare al latino. Si va formando così una coscienza linguistica nuova. A questa scuola potrebbe ricollegarsi anche il più antico testo iberico in prosa che non sia una pura e semplice traduzione, vale a dire la FAZIENDA DE ULTRA MAR. Opera del XII, contiene una descrizione della Terrasanta. Essa apre la tradizione delle versioni in volgare della Bibbia, ed è rilevante che si serva sia del testo ebraico che di quello latino (fattore che ci induce a pensare alla provenienza toledana). Intorno al 1250 veniva completata la prima traduzione castigliana del VECCHIO E DEL NUOVO TESTAMENTO, basata sulla vulgata latina. Alla fine del secolo successivo si hanno infine versioni integrali del testo ebraico. Contemporaneamente la vita sociale castigliana portava all’uso sempre più sicuro del volgare come lingua giuridica, fino all’importazione del FORUM JUDICUM, in una lingua vicina al leonese e che prelude all’elaborazione di un codice nuovo, compiuto sotto Alfonso X. Non si tratta di prosa letteraria, ma la lingua del diritto necessita di una esemplare chiarezza e di una inequivoca normatività che tornano a vantaggio dello sviluppo della prosa letteraria. Acquista ben presto un grande sviluppo, la prosa di intento didattico. Anche in questo campo si comincia con un’opera in latino che mette a frutto la tradizione della narrativa orientale, la DISCIPLINA CLERICALIS. Entro la cornice di un dialogo tra padre e figlio si inseriscono sentenze, favole ed exempla. L’opera rivelava al mondo europeo i tesori della Novellistica orientale ed ebbe un grande successo. ALFONSO EL SABIO Il Regno di Alfonso X, segna una svolta assai importante della storia castigliana. Sale al trono nel 1252. Egli tentò di inserire la Castiglia fra le potenze europee, l’intento oscilla fra mira e troppo ambiziose ed un impegno discontinuo, che si chiude in un completo insuccesso. Le energie che finora si erano rivolte contro i musulmani si consumano in violenti scontri interni. Queste rivolte erano motivate dal peso dell’azione unificatrice ed assolutistica del monarca. Essa non era stata necessaria in un Regno in espansione e relativamente compatto, ma diveniva improrogabile ora che la Castiglia si era molto ampliata e presentava una fisionomia composita, sia per forti minoranze musulmane ed ebree, sia per il contrasto fra la vita agricola del nord e 52 Alfonso X, realizza così una sintesi libera da pregiudizi nazionalistici, ma allo stesso tempo pienamente castigliana, che traduce sul piano culturale quei progetti che erano falliti su quello politico. Per questo la storia lo ricorda con il soprannome di “re sapiente”. IL 300 – Varvaro CONTESTO STORICO La crisi interna della Castiglia sotto Alfonso X, acquista gravità sempre maggiore nel 300. La nobiltà prende coscienza della sua forza e approfitta di ogni occasione favorevole sotto i suoi due successori. Morto Sancho IV, si alternano i periodi di fedeltà e quelli di rivolta a Fernando IV, morto anche costui Juan Manuel è co-reggente durante la minore età di Alfonso XI, quando egli rompe il fidanzamento con la figlia di Manuel, egli scende in guerra aperta contro di lui e si allea con il re di Granada. Alla fine tornerà al fianco del sovrano castigliano. Alla morte di Alfonso XI, succede Pedro I di Catsiglia, al quale i nobili si ribellano, guidati dal fratellastro Enrique di Trastàmara che lo uccide nel 1369, diventando re Enrique II. 1390 diviene re Enrique III e scoppia la discordia tra i reali e i nobili che i Trastàmara hanno reso molto potenti. Il paese si inserisce nella grande politica europea al fianco della Francia e contro l’Inghilterra alleata del Portogallo. PRIMI ESEMPI DI ROMANZO Due grosse opere che, iniziando la narrativa in prosa, avviano in qualche modo la grande tradizione del romanzo cavalleresco. GRAN CONQUISTA DE ULTRAMAR Della fine del 1200/ inizio 1300. E una vastissima compilazione di materiale di provenienza francese. Ma poiché non si conosce l’originale, non è sicuro se esso sia stato composto in Spagna o in Francia. Il nucleo principale è costituito dalla storia delle crociate, farcita con prosificazioni delle chanson de geste. Lo stile è prolisso e la struttura narrativa amplissima ed assai scarsamente organica. È evidente la tendenza a mettere insieme tutto il materiale attingibile che fosse 55 attinente al tema. È la prima volta che nella letteratura castigliana si registra un interesse per la descrizione della situazione psicologica. LIBRO DEL CAVALLERO ZIFAR Dei primi del 300. È il primo romanzo originale. Una prima parte racconta le peripezie del Cavaliere fino alla sua salita al trono di Menton. Il figlio cadetto Roboàn, desidera andare all’avventura per procacciarsi onore. Una seconda parte ne descrive gli ammaestramenti che gli dà il padre. Nella terza parte Roboàn parte dopo varie avventure cavalleresche diviene imperatore di Trigida. - La prima parte segue la falsariga dei romanzi bizantini, le avventure sono governate dal caso e non dalla perizia cavalleresca. - La seconda rientra nella tradizione didattica con la fusione di esempi e sentenze. - La terza ha uno spiccato carattere cavalleresco e sfrutta abbondantemente la tematica meravigliosa del romanzo bretone e i motivi folcloristici. Queste tre tendenze sembrano cristallizzarsi ognuna in una singola parte, ma sono compresenti in tutta l’opera. Viene operata una sintesi di materiale narrativo, orientale e occidentale aneddotico e romanzesco. JUAN MANUEL La vita dell’autore è pienamente inserita in questo contesto storico e ne subisce le inevitabili conseguenze: nipote di Alfonso X, nato nel 1282, crebbe a capo di un dominio vastissimo ed ereditò la carica di governatore del regno di Murcia, dove combatté i mori di Granada. Legato a questa fitta trama di rapporti familiari, si forma in questo ambiente uno dei maggiori scrittori del medioevo castigliano. La sua formazione letteraria è guidata dall’ideale di cultura laica di cui è esempio Alfonso X. Anche lui trasferisce nella sua opera gli echi delle turbolenze nel rapporto tra nobili e sovrani, ma in lui il sapere acquista una funzione ancor più pratica. Mentre le opere alfonsine rimangono per lo più incomplete e sono soggette a successive revisioni, quelle di Manuel raggiungono una forma definitiva in cui è possibile riconoscerlo facilmente. Egli è di conseguenza il primo autore castigliano che dimostri una sicura e preoccupata coscienza dell’inevitabile corruzione di una tradizione testuale e vi cerca rimedio nella confezione di esemplari depositati in un luogo sicuro ed accessibile. La sua opera è caratterizzata da un integralismo narrativo che non accoglie più, come Berceo, umano e divino, 56 ma ogni forma di umano, anche quelle finora escluse dal panorama letterario LIBRO DEL CAVALLERO E DEL ESCUDERO 1326. narra come un giovane scudiero, chiamato a corte dal re, si fermi in un eremitaggio abitato da un anziano cavaliere, da cui riceve insegnamenti morali. Dopo essere stato fatto cavaliere, il giovane torna presso il vecchio ad interrogarlo sulla vita e sulla natura, alla fine l’eremita muore. Il libro è incentrato sull’insegnamento della prudenza ed è un’assidua meditazione sui problemi della vita cavalleresca anche quando le domande del giovane riguardano il mondo naturale, non ci dà una concisa enciclopedia bensì ha preso a pretesto di una problematica di classe rapportata ad una misura di mutevole opportunità piuttosto che alla costanza della norma etica. LIBRO DE LOS ESTADOS Il quadro narrativo ha maggiore sviluppo. Il re pagano Morovàn fa educare il figlio dal saggio Turìn in modo che gli si nascondano il dolore della morte, ma quando egli vede per caso un cadavere e gli rivela il dramma della vita, il giovane non può soddisfarsi con le risposte del saggio, che ricorre al saggio cristiano julio, il quale alla fine converte Morovan, il figlio e Turin. La trama è direttamente ricavata dall’adattamento cristiano della storia di Buddha, che si risolve però nell’esame dei due principali stati del mondo, quello laicale e quello religioso. I problemi religiosi sono messi in ombra da quelli pratici. Infatti la parte, che tratta dello stato religioso risulta assai più superficiale e della parte in cui si svolge la consueta problematica della vita nobiliare. LIBRO DE LOS EXEMPLOS DEL CONDE LUCANOR E DE PATRONIO 1335. Una raccolta di esempi ai quali vennero aggiunte tre parti proverbiali, ed un’ultima sul problema della salvezza. Il pretesto dialogico e didattico fa da cornice all’opera. Ogni volta che il Conte sottopone al suo consigliere un proprio concreto problema, egli suggerisce il comportamento più adatto mediante un racconto, da cui egli stesso poi ricaverà la morale. La provenienza dei racconti è assai varia: raccolte orientali, fonti europee, Esopo, Fedro, aneddoti storici ed epici. Tutti i racconti offrono il pretesto per un’illustrazione morale. Tuttavia, l’interesse dell’autore non è teorico, ma pratico. Infatti, i problemi posti dal Conte sono sempre di comportamento quotidiano, ricavati da probabili casi della vita e le risposte insegnano virtù assai mediocri, come la prudenza. FILOSOFIA La convalida delle massime morali risiede nella loro efficacia pratica, questo non perché l’autore non abbia interesse per il problema etico vero e proprio, ma piuttosto perché per lui la salvezza dell’anima è interamente affidata alla fede e dalla sua esatta osservanza, perciò è aproblematica. Mentre lo è la vita di ogni 57 UMANESIMO E TRADIZIONE MEDIEVALE In questo secolo acquistano peso, fattori nuovi rispetto alle materie e agli spiriti occidentali ed orientali che hanno caratterizzato la produzione letteraria castigliana del 300. L’influenza dall’esterno delle due grandi culture semitiche va indebolendosi negli ambienti cristiani meno permeabili a suggestioni orientali. Ma grazie al livello intellettuale di numerosi conversos, tra cui Fernando de Rojas, La spiritualità ebraica opera all’interno della cultura spagnola con intensità ed effetti assai rilevanti. Un elemento del tutto nuovo è l’eco del rinnovamento umanistico italiano, che in Spagna acquista caratteri assai specifici. Essa non aveva conosciuto nulla di simile all’attività dei traduttori, che fin dal 200 hanno permesso in Italia la diffusione dei classici. Non si era nemmeno diffuso un gusto per la retorica volgare, che invece ebbe fortuna in Italia. Le traduzioni fatte eseguire da Alfonso X avevano incluso anche opere classiche, ma senza alcuna interesse formale. Soltanto alla fine del 300 e sulle tracce dell’attività di Boccaccio vediamo Ayala volgere in castigliano opere antiche. Gli elementi di provenienza straniera tendono ad innestarsi in Castiglia su tradizioni locali. Questa sintesi è fortemente condizionata da circostanze politico sociali assai tipiche. La Castiglia non era favorevole ad un umanesimo di tipo italiano, e a livello sociale, l’interesse più alto per la nuova cultura rimane circoscritto ad un limitato numero di individui nobili e colti. Si continuano ancora nel 400 tradizioni culturali di ascendenza specificatamente medievale.  Juan Fernandez De Heredia > Gran maestro dell’ordine dei cavalieri di Rodi. È una personalità di primo piano nella politica mediterranea del suo tempo. Risiede perlopiù ad Avignone, dove maturano assai proficuamente i germi di rinnovamento culturale gettati da Petrarca. Viaggia spesso in Oriente e dall’occasione di porre le mani su manoscritti greci. Il suo programma culturale calca le orme di Alfonso decimo. La GRANT CRONICA DE ESPANYA > Divisa in tre partidas, narra tutto quel che il compilatore ha potuto trovare di attinente alla Spagna nelle fonti classiche e medievali. la GRANT CRONICA DE LOS CONQUIRIDORES > composta contemporaneamente alla prima ed è divisa in due parti che raccolgono le biografie di alcuni re spagnoli. Per preparare queste compilazioni ha fatto tradurre Paolo Diacono. Ancora una volta la traduzione e mezzo e non fine. 60  Enrico Di Aragona > discendente delle famiglie reali di Aragona e Castiglia. Prova un forte disinteresse per la vita politica e militare ed una passione esclusiva per la cultura. Per via della sua fama di astrologo e mago, Le sue opere astrologiche furono condannate alle fiamme dopo la sua morte. La reale importanza di Enrico e invece nell’apertura alle più diverse correnti letterarie. Compie negli anni 30 la versione in prosa castigliana della DIVINA COMMEDIA e traduce in prosa L’ENEIDE. Rispetto a quest’ultima, Enrico non tenta di trasferire l’alto stile virgiliano nella pagina volgare, ma si sforza di surrogarlo ad un’artificiosa tensione ottenuta col ricorso al preziosismo della retorica medievale. Gli stanno più a cuore le glosse più vicine all’ accumulazione erudita di tipo medievale che alla critica grammaticale del primo umanesimo. Rilevanti sono i DOZE TRABAJOS DE HERCULES, Libro che si basa su fonti quasi tutte classiche e che narra leggende mitologiche. Gli autori messi a frutto sono soprattutto delle fonti di informazione da cui può ricavarsi un profondo insegnamento morale, che gli esplica secondo gli schemi dell’allegorismo medievale.  Alfonso De Cartagena > Famoso per le numerose traduzioni dal latino del De officiis, della Rethorica e del De casibus boccaccesco. Su richiesta di Juan II, egli volse in castigliano alcune opere di Seneca, apportando un contributo notevolissimo al pensiero etico del 400 spagnolo. POESIA DEI PRIMI DECENNI I poeti dei primi decenni vivono nell’ambiente di Corte, altri sono religiosi o professionisti. Ciò presuppone un pubblico particolare: In effetti, i temi di questa produzione sono in gran parte nuovi, diventano frequenti le poesie d’occasione. Vengono di moda i DECIRES Che trattano temi religiosi, della morte, del libero arbitrio e della sede dell’empireo. Nonostante la povertà dei risultati, essi si sforzano di realizzare un diverso ideale di poesia, sostituendo all’evasione ed al gioco erotico dei lirici precedenti un preciso impegno culturale. Anche dal punto di vista formale le novità sono parecchie: si prediligono i versi di ARTE MAYOR, già apparsi in Ayala, che diventano la forma formale sia dei decires sia della narrativa in versi. Il verso carico di allusioni erudite e di vocaboli tecnici e fortemente rizzati, ha un timbro diverso, più difficile e contorto. Questa durezza è ricercata proprio per contrapporsi alle grazie della tradizione trobatorica.  Assai rilevante l’influsso dantesco, di cui Francisco Imperial si fa tramite. il DEZIR DE LAS SIETE VIRTUDES è la composizione più ambiziosa del poeta, ed è costruita, come la Commedia sullo schema della visione. Molti dei suoi versi sono calcati su quelli danteschi. La poesia Dantesca è un modello di poesia dottrinale assunto dai castigliani come esempio di costruzioni allegoriche assai più complesse e meno esclusivamente amorose di quelle francesi. L’influsso è anche stilistico, lessicale, sintattico e metrico. Il 61 verso de arte mayor ammette fin dall’inizio una varietà endecasillabica, ma nel DEZIR essa diventa normale, sia pur con schemi ritmici a volte del tutto estranei all’uso italiano.  La poesia ha trovato nutrimento anche in forme di religiosità. Gonzalo Martinez de Medina, raccoglie spunti della devotio moderna che fioriva nei Paesi Bassi ed elabora una religiosità più intima e ombrosa.  Uno spunto che deriva dall’interno è la polemica molto accesa con gli ebrei. Continuano e si sviluppano considerazioni sui difetti dell’umanità, sul destino effimero dell’uomo che si affanna per dei beni che sono sfuggevoli. Tuttavia, nel 400 questa riflessione, andava sviluppando una sensibilità nuova: l’antica esortazione morale a vivere nella coscienza dell’approssimarsi della morte si muta in una satira dell’illusione umana, e si rivela come orrenda corruzione. E da questa sensibilità che nascono le strofe di arte major della DANZA DE LA MUERTE. Anonima e di data difficilmente precisabile, si colloca in ogni caso a cavallo tra i due secoli ed è di provenienza aragonese. Costruisce un dialogo fra la morte ed esemplari individuali e generici delle principali condizioni sociali che ella invita alla sua danza. Quest’opera rivela una prevaricante volontà di satira sociale ed una propensione al macabro. Tutti gli uomini vengono chiamati uno dopo l’altro alla danza terribile e tutti tentano di fuggirne. Ognuno rivela la sua grettezza, il vizio palese o dissimulato, l’attaccamento cieco, tutto ciò che più di effimero c’è nella vita. Tutti vengono infine travolti nel gelido abbraccio della squallida danzatrice. È proprio l’assenza di un orizzonte cristiano a dare al componimento la tragicità più desolata. IL MARCHESE DE SANTILLANA – LOPEZ DE MENDOZA Sul piano letterario, la seconda parte del regno di Juan II, è il momento della maturazione. La figura dominante è Lopez de Mendoza. Egli discendeva da una delle più potenti famiglie della nobiltà castigliano ed era nipote di Ayala. Passo in gioventù alcuni anni alla Corte di Ferdinando I d’Aragona. E vi conobbe i maggiori poeti e prosatori catalani del tempo. La sua casa di Guadalajara, ricca di una notevolissima biblioteca è nota per essere indicata come uno dei poli ideali della cultura castigliana di quel tempo. Il Marchese conosceva poco, il latino è per nulla il greco, ma la sua curiosità culturale non fu limitata da questo. Ad egli si devono le versioni DELL’ILIADE, del FEDONE di Platone, DELL’ENEIDE, delle METAMORFOSI ovidiane e delle TRAGEDIE di Seneca. Non minore fu il suo interesse per i testi cristiani ed assai rilevante quello per gli autori italiani. 62 l’alba ed il poeta chiede a Provvidenza, quale sarà il destino del re Juan II. Esso viene detto felicissimo e si coglie lo spunto per ripercorrere la storia gloriosa dei re spagnoli. Subito dopo la visione si dissolve senza che si precisi quando tali profezie si le realizzeranno, sicché il poeta conclude con l’esortazione al Re, affinché le renda vere. Mena stesso ha enunciato all’inizio del poema i principali motivi della sua opera.  Il poeta adotta la concezione di Boezio, che considera la fortuna come usurpatrice di un ruolo che in realtà tocca alla provvidenza. Ma accade spesso che Mena riconosca poi alla fortuna un ruolo più ampio di quanto tali premesse giustificherebbero. Ad ogni modo, la meditazione sulla instabilità delle umane sorti ha nel poema meno originalità sia concettuale che poetica, e meno peso di quanto ci attenderemmo. Più rilevante appare invece il tema morale. Che appare in una prospettiva esclusivamente nobiliare > la misura etica dell’uomo non è qui, il suo destino immortale, ma la consacrazione della fama, cui può ambire solo il nobile. La sostituzione di una tavola di valori laica a quella religiosa rende legittimo il passaggio ad una morale di classe. I valori che Mena non rientrano soltanto in un’etica laica, ma in un’etica civile. Il fatto che alla fine di ogni cerchio il poeta si rivolga al Re affinché castighi il vizio e promuova la virtù che in esso sono stati cantati, fa scoprire il contesto preciso della struttura ideologica del poema, che vuole incidere sulla specifica situazione castigliana della metà del 400. È ben vero che buona parte degli esempi e tratta dal mondo classico e che, ad eccezione dei sovrani, nessuno dei castigliani è propriamente un contemporaneo.  Il suo canone di valori appare forse troppo sbilanciato verso premesse moralistiche. E sembra mancare di una percezione realistica del travaglio dello Stato castigliano fra le tendenze oligarchiche dei magnati e quelle assolutistiche della Corte. Mena recupera dai classici la coscienza e l’ambizione di una funzione civile della poesia. Si inserisce qui la tensione verso uno stile sublime intarsiato di latinismi sintattici e lessicali. Che si giustifica per la restituzione all’eloquenza poetica della funzione civile che le assegnava l’antichità. Si intende, così come nel LABIRINTO Mena abbia tentato il più ambizioso esperimento poetico del 400. Contraddistinta dal rifiuto della prospettiva religiosa e la durezza linguistica e stilistica, non riscuote a lungo un vasto successo, per via del profondo mutamento della situazione storico politica con i Re Cattolici e del panorama letterario della penisola con il diverso equilibrio fra Rinascimento e tradizione nazionale che si stabilirà nel 500. PEREZ DE GUZMAN Nato da una famiglia dell’alta nobiltà molto vicina ai Trastàmara e nipote di Ayala. Disponeva di una folta biblioteca contenente opere storiche, antiche e moderne. È sia 65 un poeta che un prosatore, ma mentre la poesia si distribuisce lungo tutto l’arco della sua vita, la prosa è un frutto della maturità. LIRICA > fonde insieme la tendenza del secolo (all’italiana > costruzione della lirica amorosa su spunti eruditi), e i toni vivaci della tradizione francese. Questa gli riesce con una grande eleganza di forme e sottile ironia, sia pur trattando tematiche convenzionali. Ha una preferenza per la poesia didattica e morale. Scrive coplas, inni religiosi, insieme di proverbi e versi di arte menor. Il tono rimane discorsivo e povero. La sua poesia non matura però in una natura letteraria. GENERACIONES Y SEMBLANZAS > volumetto di 34 profili biografici dei più importanti cortigiani del suo tempo, il primo nel suo genere a comparire in Castiglia. L’autore dichiara di avere un debito con Guido delle Colonne. È caratterizzata da un’aristocratica coscienza del sangue e della fama, unica ricompensa umana per chi agisce virtuosamente. Sotto il suo occhio severo le azioni dell’uomo si ordinano in un quadro assai netto, fondato su un codice definito di valori e misure dell’etica cristiana e cavalleresca. Tuttavia la cavalleria non è quella dei romanzi, ma una tradizione di doveri sociali. La conoscenza della vita e la penetrazione psicologica fanno sì che ogni individuo non sia ridotto a schematico simbolo di una virtù o di un vizio, come voleva la tradizione, ma come complesso singolare di qualità diverse. Lo stile molto asciutto, rinuncia al preziosismo e produce una sintassi scarna. CRISI DELLA STORIOGRAFIA La vecchia e gloriosa tradizione delle Cronicas Generales dà il suo ultimo frutto nella seconda metà del 400, con il quarto volume degli annali ufficiali del regno di Juan II, mai stesi in forma definitiva. La crisi della storiografia risulta anche dalla fortuna di un’opera come CRÒNICA SARRACINA che Pedro de Corral scrisse negli anni ’30. Qui la storia del re goto Rodrigo e dell’invasione mussulmana si trasforma in un ampio romanzo cavalleresco, con una vicenda amorosa, di morte, di vendetta, inquadrata dentro splendide scene di corte, di battaglia e caccia. Il fatto è che il mito cavalleresco determinava così profondamente la vita contemporanea che questo romanzo poteva sembrare realtà. Alla metà del 400 compare un’opera, meglio nota come VICTORIAL, composta da Gutierre Dièz de Games. Per la prima volta un semplice cavaliere diviene protagonista di un racconto storico, solo perché le sue imprese ed il suo valore ne fanno un modello di cavalleria. Vita e letteratura, realtà ed idealizzazione si fondono inscindibilmente. La cronaca risulta, perciò, insieme narrativa, celebrativa e didattica, perché le gesta diventano modello di vita cavalleresca. CRONICA DE DON ALVARO DE LUNA, di attribuzione incerta. Nella prospettiva della vita rientrano di scorcio buona parte delle vicende della Castiglia. Il proposito dello storico è dichiaratamente celebrativo e riporta l’azione politica di don Alvaro che obbediva ad intenti positivi, agli schemi della cavalleria, sfumando abilmente i tratti biografici e meno congruenti con questo tipo di narrazione. Il risultato è però ben diverso dal VICTORIAL. Il cronista è meno un cavaliere letterato 66 che uno scrittore esperto di vicende militari, in quanto la sua valutazione del fatto letterario è più accorta. Assai calcolato è lo stile e la pagina testimonia la frequentazione diretta dei classici e la ricercatezza della scuola. Appare però il frutto più equilibrato dell’ambizione di fondere in un unico ideale armi e lettere. Il contesto storico diventa spunto per una meditazione storica ricca di drammatismo. Il turbinoso succedersi delle vicende della seconda metà del secolo (enrico IV), sembrano avere costituito una remora al lavoro storiografico: hanno maggior successo le satire rispetto alle cronache. RELAZIONI DI VIAGGI A cavallo tra i due secoli si diffusero traduzioni di opere europee che trattavano viaggi, anche del tutto immaginari. Più tardi ebbe una straordinaria fortuna la HISTORIA DEL INFANTE DON PEDRO DE PORTUGAL, che romanzava il viaggio che nei primi decenni il figlio del re di Portogallo fece nelle “4 parti del mondo”. Viaggiò fino a Samarcanda e quando tornò redasse un resoconto dell’esperienza. Appare subito evidente lo sforzo di inquadrare in schemi noti dei panorami e dei costumi ignoti per renderli accettabili per la coscienza castigliana. Mira all’oggettività pur presupponendo nei lettori un’improbabile capacità di accettare come reale la sua esperienza. Assai diversi sono gli ANDANÇAS E VIAJES POR DIVERSAS PARTES DEL MUNDO HABIDOS del sivigliano Pero Tafur che ha errato per il mediterraneo e per tuta l’Europa negli anni 30. La realtà viene nuovamente romanzata ed il Cairo appare una città remota ed esotica, ma non inventa paesi, popoli o costumanze improbabili. Così queste relazioni di viaggi preparano il pubblico alla lettura dei racconti degli esploratori dell’America. POESIA DELLA SECONDA METÀ DEL 400 A NAPOLI Dopo la conquista aragonese del 1443, Napoli diventa uno dei centri più vivi della cultura umanistica ed il re si circondava non solo di intellettuali italiani, ma anche castigliani. Tuttavia i due gruppi non si fusero mai, e Napoli venne frequentata solo da coloro che erano fedeli alla lirica amorosa che in un circolo così ristretto diviene anche più convenzionale e manierata. L’abbandono della poesia politica nelle vicende napoletane non andava a genio al sovrano. La poesia d’occasione è invece limitata alle più convenzionali situazioni di corte.  LOPE ESTUNIGA > La sua presenza a Napoli non è documentata, ma dovette valere da caposcuola. La sua fama rimane legata ad un’ispirazione del tutto 67 L’ETÀ’ DEI RE CATTOLICI – Varvaro CONTESTO STORICO RE CATTOLICI con questi termini si indica il regno di Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia che va dal 1469 al 1516 > secondo Pidal è opportuno solo da questo momento parlare di letteratura spagnola. Isabella è sorella di Enrico 4 > al quale avrebbe dovuto succedere la figlia giovanna, reputata illegittima del re (chiamato impotente). Il destino della spagna sarebbe stato, in questo caso tutto mediterraneo. Sotto queste due corone ci troviamo di fronte ad un’unità > la letteratura diventa di tutta la spagna. Il regno di Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia è una cesura tra il 400 e il 500. La cultura da questo momento in poi è profondamente segnata da caratteri nuovi. Danno anche una svolta decisiva alla politica interna: - fine della lunga crisi fra monarchia e nobiltà - l’instaurazione di un regime autoritario - la tendenza all’omogeneità religiosa raggiunta anche a prezzo dell’espulsione degli israeliti (1492) e di parte dei moriscos - unione delle corone di castiglia ed aragona ed esterna: - fine della riconquista con la caduta di granada (1492) - inserimento nella grande politica europea - grande ascesa della spagna ad una posizione di primo piano che ne determina il contrasto con la francia - scoperta dell’America (colonizzazione intesa come una crociata, sotto il vessillo della diffusione della religione cattolica nel nuovo mondo) CONTESTO CULTURALE  LIRICA CORTESE > pur vivendo di un’estenuazione manieristica delle sue forme ormai tradizionali, presenta almeno due novità: affermarsi negli ambienti colti del gusto per temi e toni popolari, il fiorire di una poesia religiosa  TEATRO > pressoché inesistente nel medioevo, inizia con Juan de Enzina, mentre al margine della produzione destinata alla scena, si colloca 70 castiglia = tutta la spagna tranne aragona = aragona + catalogna + possedimenti Tra letteratura castigliana e spagnola c’è differenza > espressione di alcuni regni, ma non della totalità l’opera più alta di questo periodo: la CELESTINA, che certo eredita molto dalla cultura medievale, ma è creazione originalissima e di vitalità tipicamente rinascimentale.  ROMANZI SENTIMENTALI E CAVALLERESCHI > nemmeno questi possono considerarsi completamente medievali poiché in essi i temi della civiltà cortese sono proiettati in un gusto per il meraviglioso ed il fantastico che corrisponde alla richiesta di un nuovo pubblico cortigiano AMADÌS DE GAULA 1508 a saragozza viene stampato L’AMADÌS DE GAULA, composto da Garci Rodriguez de Montalvo. Ammette subito di non aver fatto se non modernizzare e correggere i tre libri precedenti, ad essi vi ha aggiunto un quarto libro, l’originale è senza dubbio un’opera medievale, un Amadìs esisteva già prima della metà del 300. A conferma di questi indizi, qualche anno fa sono venuti alla luce alcuni brevi frammenti di una redazione castigliana che per caratteri paleografici sembra appartenere ai primi del 400. Non si raccolgono più dati per ciò che riguarda l’impianto narrativo dell’opera medievale: l’unica certezza è che doveva chiudersi, secondo uno schema assai antico, con un duello tra Amadìs e suo figlio, ognuno ignaro dell’identità dell’altro e con la morte del padre per mano del figlio. Si erano avute in spagna numerose traduzioni di romanzi arturiani dal francese, è assai probabile che questi abbiano avuto un’influenza decisiva sul primo Amadìs, che risente anche della tematica, dell’onomastica e della contemporanea fortuna delle storie troiane. L’esemplare medievale sembra abbia avuto una fortuna modesta poiché tra 300 e 400 gli intellettuali mostrano una concezione della cavalleria aliena ai valori cortesi e preferiscono il didatticismo al meraviglioso e al fantastico. Solo quando il mutare dell’etica signorile, dei valori e degli stili letterari scava un solco abbastanza profondo fra società cortigiana e l’originaria idea di cavalleria, allora il genere può rifiorire e trionfare in versioni ammodernate secondo le nuove esigenze. In questo senso, Amadìs, riveduto e corretto durante l’età dei re cattolici finisce per essere una conferma del distacco consumato dalla situazione culturale del medioevo. STORIOGRAFIA Il settore culturale che continua più di altri l’indirizzo dell’epoca precedente è la prosa storica e didattica. I cambiamenti riguardano per lo più i poli culturali > la corte diventa centrale per l’attività culturale degli intellettuali e si delinea una crescente importanza degli ambienti accademici. DIEGO DE VALERA 71 La figura di maggior rilievo è quella di Diego de Valera. Nato all’inizio del secolo da una famiglia giudaica, passa l’infanzia a corte. La gamma dei signori cui sono dedicate queste opere è indice dell’ampiezza delle relazioni dell’autore. Ma non sembra corrispondere ad una precisa posizione politica, vi si riflette piuttosto una costante ed apertissima attività cortigiana che cerca di darsi una funzione specifica attraverso la selezione dei temi ed il loro svolgimento. Si avverte in prima istanza la volontà di porsi come opinione pubblica a cui il re deve dare ascolto. Questo tentativo di attribuire alle persone colte dell’ambiente di corte una reale voce in capitolo non ottenne nessuna eco nel caso di Valera, il cui spazio d’azione si trovò al ridotto alla didattica moraleggiante o al formalismo cavalleresco. Tutta la sua produzione si indirizza la coppia reale e cessano le dediche ai magnati.  Lo scrittore riprende la sua problematica moralistico-cavalleresca e ne dà la sistemazione più ampia e meglio riuscita nel DOCTRINAL DE PRINCIPES, in cui il re viene indicato in una secolare profezia come colui che avrà la sovranità su tutte le Spagne e ristabilirà il trono imperiale dei goti. Sicuramente una visione celebrativa piuttosto che razionalmente politica, ma è importante che si trasformi in programmi storiografici, ai quali sembra non abbia manifestato prima il suo interesse.  È per la regina che compone la CRONICA DE ESPANA > Compilazione sommaria degli avvenimenti dall’antichità al Regno di Juan II e preceduta da un’introduzione geografica. Finita negli anni 80, la cronica ebbe altre numerose edizioni, che sono prova di una forte richiesta di un’esposizione della storia antica nazionale che rinunciasse all’ampiezza delle cronache generali di genitura Alfonsina.  Ritorna alle ambizioni giovanili e le realizza con una serie di lettere, che raccoglie nel TRATADO DE LAS EPISTOLAS. Qui non si attiene più a quel generico moralismo. È invece sorprendente la concretezza della problematica: svolge un’analisi assai particolareggiata e ragionevole della politica monetaria da seguire ed avanza proposte ponderate per la conquista di Granada. È vero che il re non segue i consigli militari, tuttavia, un dialogo si stabilisce ed il re risponde apprezzando i suggerimenti di politica economica e affermando che la strategia contro granada proposta suscitò discussioni. Alla fine il letterato riesce a trasformarsi in un consigliere politico. Le epistole che sono state riunite nel Trattato conservano l’impostazione tipica dell’esortazione medievale, con le premesse esposte per mezzo di sentenze, con deduzioni, exempla classici, biblici e medievali. Né rinuncia, affatto a riportare il caso particolare ad una prospettiva più generale. L’opera nasce dalla fusione di tradizione medievale e cura formale umanistica FERNANDO DE PULGAR Non sappiamo né dove, né quando sia nato. La sua attività deve essere stata meno cavalleresca e più politica di quella di Valera. L’arco della sua attività letteraria è limitato agli anni dei re Cattolici. 72 di variare la formazione: mentre Salamanca sfornava giuristi Alcalà nasce secondo un progetto che si propone come fine l’addestramento di teologi che abbiano esperienza di lingue antiche. Così l’umanesimo trova la sua sede non a Corte, ma in una università, ed in essa gli studi umanistici e la cultura religiosa si saldano, come dimostra la sua seconda opera più importante, la BIBLIA POLIGLOTA COMPLUTENSE, una grandiosa impresa filologica, mirante a garantire un testo critico della sacra scrittura nelle versioni ebraica Latina e greca. TARDI CANZONIERI E POESIA RELIGIOSA La poesia continua senza troppe modifiche in modi e le forme dei decenni precedenti. In realtà potremmo rintracciare una nuova stagione poetica, caratterizzata dai tratti del recupero di atteggiamenti popolari e l’accentuazione della tematica religiosa. Il CANCIONERO GENERAL di hernando del castillo, risulta ancora legato eccessivamente alla tematica cortese. Fra gli autori aumenta proporzionalmente il numero degli appartenenti alla nobiltà, il che comporta un’estrema formalizzazione ed all’accentuarsi del concettismo. Anche gli autori più notevoli non si qualificano che per il virtuosismo del loro gioco tematico e la finezza del senso ritmico. CANCIONERO MUSICAL DE PALACIO > viene messo insieme tra 400 e 500, ci conserva reliquie della produzione più antica, ma soprattutto è conservato il repertorio della cappella di corte dei re cattolici.  Juan Alverz Gato > In lui è chiaro il passaggio dalle poesie d’amore della giovinezza ad una produzione di tipo satirico che investe una problematica morale e politica, ma il momento terminale della sua produzione sono le liriche religiose composte sotto i re cattolici. Avviene così un doppio recupero: della religiosità al punto di incontro tra i conversos e i reali e di forme toni di popolare semplicità, che insieme corrispondono al coltissimo mito della rustica schiettezza e favoriscono la diffusione di questa poesia ispirata dalla Corte.  Fray Inigo De Mendoza > La sua opera principale sono le COPLAS DE VITA CHRISTI. Il racconto rimane incompleto ed arriva solo alla strage degli innocenti. Egli si pone esplicitamente sulla carriera di Juan de Mena, ma sostituendo nei contenuti, con temi cari agli ambienti francescani come l’infanzia di cristo e il suo rapporto con la madre. Ma il tema non allontana il poeta dalla realtà, sfruttando anche temi come l’elogio della povertà ed il senso dell’uguaglianza tra gli uomini. Ha inserito nel poema anche delle digressioni riguardanti la condanna morale di vizi dei personaggi più potenti della corte di enrico IV, tanto che parve opportuna una redazione censurata. Nel poema sono posti in bocca alla vergine ed agli angeli dei canti di taglio popolaresco, un romance e si fa ricorso ad esemplificazioni, proverbi ed espressioni colloquiali popolari.  Ambrosio Montesino > In lui non c’è impegno sociale e politico, piuttosto riprende ancor più a fondo, la tradizione esegetica evangelica dei secoli precedenti. Le sue opere nascono per lo più da precise commissioni di personaggi di alto rango. In lui si ritrova la stessa concentrazione sui temi 75 Mariani dell’infanzia e della passione di Cristo. Il popolarismo evitato a livello tematico e pienamente accolto su quello stilistico. Infatti, è caratterizzato da una semplicità formale e dall’utilizzo della musica di ben note composizioni profane.  Juan De Padilla > ultimo ad usare il metro di arte mayor e che continua a considerare esemplare la lezione di Mena, del quale accetta gli schemi allegorici, riportandosi anche a Dante. Nel RETABLO DE LA VIDA DE CRISTO, si narra tutta la sua vita, presentandosi come imitazione di un retablo (pala d’altare) con 4 pannelli, corrispondenti ai vangeli ed ai fiumi del paradiso terrestre. Si adegua ad un’esposizione semplice, intarsiata di comparazioni e chiarimenti esegetici. Ben più ampio è LOS DOCE TRIUNFOS DE LOS DOCE APOSTOLES, terminati nel primo ventennio del 500. Costruito anch’esso su una trama di corrispondenze tra apostoli, profeti, mesi e segni dello zodiaco, ed obbediente ad un’allegoria dantesca, ma con lo stile elevato e complesso di Mena. Sembra presupporre un pubblico ed un gusto che erano ormai del passato e non pare abbia trovato eco, a differenza del più moderno retablo. LIRICA TRADIZIONALE Alla fine del 400 la lirica popolare apparentemente tace del tutto e fino alla metà si tratta di documenti isolati e differenti tra loro. Tuttavia, è stata proprio una serie di riscontri fra la lirica galego-portoghese e quella del 400 a far supporre a Pidal l’esistenza di una tradizione lirica comune e precedente. Nel CANCIONERO MUSICAL DE PALACIO ci è pervenuto un testo che continua un antico tema lirico arabo ambientato nell’harem del califfo di Bagdad del 9 secolo. È chiaro che il testo castigliano risponde al gusto per l’esotismo moresco, che rileviamo nei ROMANCES, ma ciò non esclude una lontana genitura orientale, sia pure attraverso radicali trasformazioni formali. Un altro testo appare nella forma più ampia, in un canzoniere catalano, e poiché fra i due manoscritti non ci sono rapporti, la poesia dovete aver diffusione sia in Catalogna che in Castiglia, ma in questa regione subì un troncamento che valse ad occultare la genitura cortese e determinò un perfetto adeguamento alle esigenze e dai gusti della lirica tradizionale. Queste poesie, sempre destinate al canto, sono perlopiù VILLANCICOS. Tutti questi testi sono opera di singoli poeti, rimasti spesso anonimi, proprio perché i loro versi divennero patrimonio comune grazie alla diffusione orale. I ROMANCEROS Contemporaneamente alla lirica tradizionale affiora nella penisola iberica un altro tipo di poesia popolare.  In una specie di zibaldone dell’inizio del 400. Un giovane maiorchino che studiava legge in Italia, mise per scritto una versione catalana del ROMANCE DELLA DAMA E DEL PASTORE* cantato dagli ebrei del Marocco.  In un canzoniere si trascrivono tre romances, così esplicitamente chiamati  Negli anni 40 Juan de Mena accenna ad una versione della morte di Fernando IV, tema che ritroviamo in un romancero. 76  A Napoli Carvajal compone ad imitazione di quelli tradizionali due romances Inizia così la moda del genere in Castiglia e che durerà fino alla metà del 600 tra le persone colte, ma il popolo li ripeteva ovunque fossero giunte genti ispaniche, anche in America, e dopo che il romanticismo ne ebbe restaurato il gusto a livello sociale e culturale più alto, sono riaffiorati numerosi. Tra il 1200 e il 1300, la parola ROMANCE indicava una composizione narrativa in versi sia didattica che epica, ma nel 400 il termine si specializza per un genere particolare. Il primo testo* è in doppi ottonari con il primo emistichio piano ed il secondo tronco e con assonanza in E dei secondi emistichi. I tre romances hanno la stessa struttura, tuttavia il testo è irregolare. In origine i romances sembra che fossero in versi anisosillabici, anche se a base di emistichi ottonari. Nel 500 gli emistichi divennero veri e propri versi, ma l’assonanza rimase limitata ai versi pari e perdurò la preferenza per terminazioni piane in sede dispari. Il romance però è verosimilmente più antico dei testi che ci sono pervenuti, resta da stabilire di quanto e quali siano le origini.  I romantici, che vedevano nella poesia popolare l’espressione spontanea della collettività, ritennero antichissima l’origine dei romances di cui l’epica sarebbe stata un posteriore sviluppo.  Più tardi la revisione del concetto di poesia popolare ha portato a sottolineare l’origine individuale e non collettiva dei singoli testi e contemporaneamente il rapporto fra epica e romancero è stato capovolto. Pidal ha chiarito che esso è popolare non per la sua origine, che fa capo sempre ad un individuo, ma per il suo vivere nella tradizione orale. QUAL È LA DATA DI NASCITA DEL GENERE? Giova a questo fine l’esame dei romances storici e di quelli epici. I primi sono legati alla data dell’avvenimento che cantano, il più antico sarebbe quello che narra di Fernando IV del 1312. Ma non è possibile stabilire con sicurezza quando questa leggenda, che è raccolta anche da una cronaca già verso la metà del 300, abbia dato luogo ad un romance. I romances storici si fanno numerosi quando riprende la guerra contro Granada, molti dei quali paiono però di origine giullaresca e di intento sia celebrativo dei capi cristiani sia informativo del popolo che poco sapeva delle lontane vicende. Pare anche che questi più antichi testi giullareschi fossero ampi ed abbiano acquisito il tipico taglio che ci è noto grazie all’elaborazione della tradizione orale. Poiché non ricaviamo molta luce sul problema delle origini del genere, esaminiamo i testi di tema epico-nazionale. I poemi epici erano recitati da giullari che a volte si limitavano a qualche episodio isolato; s’è pensato perciò che i romances epici siano in origine semplici brani enucleati da un più ampio poema. CONFRONTO DI “CAVALGA DIEGO LAINEZ” ED IL CORRISPONDENTE CANTAR DE RODRIGO 77 coniugale. Per via del fatto che i contenuti si prestavano parecchio a questo tipo di intreccio, il problema si taglia alla radice e nel modo più semplice: le eroine spagnole non hanno un marito, sono tutte nubili e libere di sposare anche l’ardente cavaliere della favola. Tuttavia le troviamo tese a rifiutarlo ed a sfuggirlo, mantenendo, dunque, un preciso motivo cavalleresco. MA SE QUINDI NON CI SONO ISTITUTI CONIUGALI DA DIFENDERE, IN CHE CONSISTE L’IMPEDIMENTO? OVVERO LA CONDIZIONE STESSA DI ESISTENZA DI UN ROMANZO CORTESE? La cultura spagnola lo recupera su un terreno a lei familiare, ovvero il codice d’onore, cui è costretta a conferire un’accentuata funzione di divieto. Anche l’onore è un luogo comune della letteratura cortese, ma nei romanzi spagnoli c’è questo di particolare: se ne esalta il potere istituzionale e repressivo al di fuori di ogni motivazione esterna di racconto, come valore in sé. Della cortesia questi romanzi hanno poco più che qualche residuo di ideale etico: - il linguaggio dei sentimenti ambisce ad una perfezione ossessiva - l’inaccessibilità dell’amata non è un’ideale, ma un’istituzione che la società ufficiale fa rispettare con fierezza puritana. Questi cavalieri, non a caso, subiscono sempre l’opposizione di un monarca o di una superiore giustizia come l’avvento di una dura autorità paterna. Il successo del genere è assicurato anche per un’epoca che si appresta a conoscere mutamenti profondi: le corti rinascimentali sature di galatei cortigiani e di teorie amorose, non sdegnarono di confrontarsi con i languori estremi del romanzo quattrocentesco. Con i libri di cavalleria il genere sentimentale non ha più che un tenue legame di parentela. Esso non è che una modulazione deviata della narrativa cavalleresca. Il protagonista è un cavaliere invincibile che per qualche momento depone le armi e si concentra su una morbosa e complicata passione. 80 IL ROMANZO CAVALLERESCO Se lo stesso Cavaliere riprende di nuovo le armi e corre a violare castelli, sconfiggere draghi e giganti e raggirare potenti maghi, torna ad essere il protagonista di un romanzo cavalleresco. Tuttavia, ci sono divergenze più profonde: nei libri di cavalleria la materia sentimentale è dominante ed è il perno della vita del Cavaliere, è il registro diverso con cui la vicenda viene narrata che fa la differenza. Il rapporto con la tradizione cortese e dunque più diretto. - Scompare il mixtum compositum di cornici allegoriche - non c’è la materia di Bretagna, con la sua miniera di suggestioni, favole, geografia fantastica e mirabolanti itinerari. L’ AMADIS DE GAULA Rielaborato nel 1492 da Garci Rodriguez de Montalvo. I legami di questo romanzo con gli antichi modelli castigliani, portoghese e francese non sono dubbi, tuttavia è altrettanto evidente la volontà di ammodernamento del nuovo autore. Il primo fattore a dare prova di una sensibilità più moderna è la lingua. Dei poemi bretoni resta l’idea dell’avventura senza tempo dal tracciato misteriosamente tortuoso ed imprevedibile. L’opera oscilla fra due poli d’attrazione, i cui momenti ideali formali si confondono: - La cavalleria come viaggio nell’arbitrio fantastico, come peripezia illimitata che si proietta nelle forme di un vasto poema in prosa, percorso da lusinghe irrazionali. - L’etica del Cavaliere che tende a dare alle azioni un ordinamento rigido e solenne e si rispecchia in un’adeguata disciplina Fin dalla nascita, Amadis si presenta come l’eletto. Ma la sua esistenza è già immersa nel rischio e nel mistero: nasce da un amore segreto tra il re di Gaula ed Elise d’Inghilterra e come figlio della colpa è nascosto in una cesta ed abbandonata alla corrente di un fiume. Viene ritrovato dal re di Scozia che lo alleva e che lo fa diventare un cavaliere perfetto, il cui servizio è suggellato dall’idillio con Oriana, figlia del re di Gran Bretagna, e da una promessa di amore eterno. Nel nome di lei, l’eroe comincia a correre le prime avventure vittoriose, mentre riconosciuto dai genitori e reintegrato nel suo nome e nei diritti al trono di Guala. RIELABORAZIONE A metà del primo libro possiamo notare come l’autore ha già tolto dai codici della favola gli ingredienti di più sicuro effetto: L’origine segreta, la reiezione dal nucleo familiare, il miracoloso salvataggio l’agnizione. Da questo momento in poi il racconto non fa altro che avanzare in progressione, moltiplicando numericamente gli spunti iniziali, dilatandone gli effetti, nello spazio e nel tempo. È una gigantesca variazione su tema che sembra poter procedere all’infinito e che si ricompone di volta in volta nella cornice del sistema ideologico di partenza. Montalvo può aver levigato, lo stile e introdotto modifiche marginali in tutta questa selva di personaggi e di eventi, ma è certo che si è mosso su materiali 81 collaudati da una lunga tradizione fiabesca e con meccanismi non meno scoperti e ricorrenti di quelli del GRISEL o della CARCEL DE AMOR. Il più importante di questi, è il meccanismo dell’impedimento, quasi tutte le azioni di Amadis sono legate ad una condizione di divieto o di ostacolo, nel cui superamento si celebra la virtù dell’eroe, dopo che si è rimesso in gioco ogni volta il mito della sua invincibilità. IL NARRATORE Nel romanzo è già in qualche modo in atto la figura del narratore onnisciente che ha nel pubblico il suo diretto e naturale interlocutore. È lui che interviene ad arbitrare gli scontri incerti che riassume a inizio di libro o capitolo, il già narrato, che crea l’espediente del passo indietro. E mentre riapre il discorso e riaccende il mistero su nuove apparizioni, offre delucidazioni e avvertenze rassicuranti su quelle disegnate più indietro. Non sta dentro il racconto in qualità di personaggio come nel romanzo sentimentale, ma ha l’autorità mediatrice che gli viene dal distacco con cui guarda l’opera. Egli non nasconde di manipolarla dall’alto, di una consapevolezza globale, creando una finzione di oggettività sono a materia volutamente fantastica. COMMISTIONE Per il drago l’artista ha avuto in mente la creatura alata, canina ed angosciosa del demonismo figurativo del tardo Medioevo. E per il giardino accanto, allegorie bibliche e cortesi, un cromatismo di pietre preziose e una curiosità di acque correnti che risente forse un po’ di architetture arabe, oltre che di castelli e di torri cristiane. Da una parte l’Amadis ha il valore di ritorno all’irrazionale della favola, all’incontro primordiale col mito, mentre dall’altro mette in evidenza proprio i limiti di questa secolare attrazione. Lascia trasparire i segni di una cultura ordinatrice orientata verso un concetto più umanistico e platonico del bene e del male. Concetto che vede fusi il bene e il bello, i quali disegnano un amore idealizzato univoco e soggetto a un codice inflessibile; un male che è l’opposto della bellezza e dell’amore ed è il disordine del peccato, qualcosa che finisce per imbrigliare il mito rendendolo obbediente ad un pedagogismo esemplare. Si parte dalla favola e si arriva a codici di comportamento reali. TRATTAZIONE DELL’AMORE Un moralismo mondano, talvolta ironicamente bigotto è l’arma con cui l’autore gestisce questo meccanismo abbastanza elementare. D’altronde l’autore scrive per lo stesso ambiente puritano e rigido. Non che sia insensibile ai conflitti amorosi che gli propone nella materia bretone. Ma li lascia in uno stato latente, nascosti dietro l’artificio dell’edificazione morale. Il romanzo è tutto percorso da una sensualità trattenuta che un velo di ipocrita reticenza, rende appunto più provocante. Il velo però scopre lembi di desiderio negli eroi, fugace ammicchi e compiacimenti nei personaggi secondari. Infatti, la scena d’amore lungamente annunciata, verrà riassunta dall’autore con queste sole parole “Perdette la 82 Questa complessità è la causa dell’enorme forza di un testo che rimane chiave della letteratura europea STORIA EDITORIALE La prima edizione della COMEDIA di calisto y melibea è del 1499 e si presenta senza il primo fascicolo, ci appare anonima e senza PARATESTI prima scena > calisto per rincorrere il suo falco entra nel giardino di melibea e se ne innamora, dichiarandole il suo amore > l’opera non doveva iniziare così perché abbiamo altre due redazioni o Toledo 1500 o Siviglia 1501 dall’edizione di Roma 1506 viene chiamata TRAGICOMMEDIA con il titolo di Celestina > in quanto il personaggio si rivela così centrale e motore della tragedia che oscurerà gli altri personaggi 85 Parates ti CONDIZIONE DEGLI EBREI DURANTE IL REGNO DEI RE CATTOLICI fino al 13 secolo gli ebrei, si allearono con l’uno e con l’altro schieramento > si andarono distinguendo poiché svolgevano un ruolo di intermediari, erano colti. La loro vita inizia a diventare difficile a partire dal 1348 quando si diffonde la peste, alla quale segue la carestia > determina crescenti ondate di antisemitismo > fomentato dal basso clero, il popolino considera gli ebrei la causa di ogni male, si accusavano di far scarseggiare i viveri, essendo anche impegnati nel commercio. La crescente ondata portò ai primi pogrom, rivolte anti ebraiche, alla creazione di ghetti che vengono presi d’assalto > determinò una diaspora ebraica > si dirigono in portogallo e marocco. Altri si convertono al cristianesimo > al termine di conversos si associò un’altra discriminazione > cristiani da sempre / cristiani convertiti, solo i primi erano riconosciuti come puri di sangue > statuto della purezza del sangue = aver avuto un’ascendenza esclusivamente cristiana, solo loro potevano avere dei privilegi es. ricoprire cariche ecclesiastiche. Si iniziano ad imporre dei segni distintivi agli ebrei. I re cattolici capirono che questo sentimento poteva essere sfruttato > chiedono alla chiesa di poter istituire il tribunale della santa inquisizione che era fino ad ora alle dirette prerogative del papa > 1498 viene stabilito il tribunale dell’inquisizione che vigilava sulle eresie e sulla sincerità della loro fede. Solo i conversi potevano rimanere in spagna, dove venivano perseguitati dal tribunale > venivano accusati di CRIPTOGIUDAISMO > mantenimento della religione ebraica in ambito privato > scatena un clima sociale persecutorio, le denunce di criptogiudaismo erano anonime, chiunque poteva denunciare e le pene dopo aver subito un processo che li avrebbe giudicati, partivano dal sottrarre PATERNITÀ La paternità della celestina non è una questione del tutto chiusa. L’edizione di “critica” (casa editrice) preferisce esplicare una COAUTORIA >“l’antico autore e fernando de rojas” > doppia paternità. Nelle edizioni antiche il nome di Fernando de Rojas non compare mai come autore, la sua paternità viene dedotta da una serie di acronimi che ne nascondo e ne svelano allo stesso tempo il nome. Se il suo nome non compare nell’opera come facciamo a dedurlo? OTTAVE ACROSTICHE FINALI > scritte da ALONSO DE PROASA > Umanista che si presenta come correttore / redattore / editore dell’opera e che ci fornisce delle informazioni in merito all’autore: studente di legge a Salamanca a partire dal 1469, nacque alla Puerta de Montalban > affermazione confermata dalla documentazione, sappiamo che fu un ebreo converso che sposò la figlia di un converso. Secondo Gillman l’acrostico va spiegato in una direzione storica > fernando de rojas ha un’atteggiamento prudente che vive come nemico della propria patria e che per tutelarsi affida il suo nome a questa strategia che ha consentito il recupero dell’identità ma che allo stesso tempo l’ha celata LETTERA ALL’AMICO > primo paratesto > scritta da FERNANDO DE ROJAS > fa parte del fascicolo inziale > regala opera ad un suo amico, utile come arma da difendersi dall’amore, serve a mettere in avviso tutti gli innamorati sugli inconvenienti di chi soffre per amore. Ci si presenta come autore anonimo per paura dei detrattori e delle malelingue, ma soprattutto perché è uno studente di giurisprudenza non vuole essere accusato di aver tralasciato i suoi studi. dichiara di aver ritrovato l’opera > è un topos che risale fino alle prime storie troiane, che nel caso di una storia antica conferisce maggiore veridicità, mentre nel caso della letteratura spagnola, viene abbastanza abusato, lo stesso Chervantes lo utilizzerà. In questo caso però i motivi sono legati alla problematicità della sua bibliografia > la celestina avrebbe potuto compromettere ancora di più la sua situazione di ebreo converso poiché è presente un’esplicita critica ai costumi dell’epoca, rivolta anche al mondo della chiesa Chiedi di enrico cola. A livello stilometrico possiamo attribuire il 1 atto ad un autore diverso da Rojas > Se così fosse il secondo si è appropriato profondamente dello stile dell’autore, quello che è stato notato è che c’è un diverso uso delle fonti  nel primo più antiche  nel secondo più contemporanee come Petrarca, differenza legata anche alle dimensioni del testo 86  il primo atto è molto lungo  gli altri sono molto brevi. Non abbiamo certezze, non possiamo stabilire definitivamente cosa sia successo. La figura di Rojas è diventata sempre più concreta, ma la questione rimane completamente aperta. Retorica prologale > Stereotipi presenti:  FALSA MODESTIA > non si dichiara autore dell’opera, palesa di non averne le capacità > si presenta come rinvenitore > in tutti i libri di cavalleria castigliani è possibile notare questo stereotipo del ritrovamento e della traduzione. Serve per ottenere la benevolenza del lettore, renderlo benevolo, attento e docile > predisporlo benevolmente alla lettura del testo  DEFINISCE L’OPERA DI GRANDE VALORE > stereotipo dell’ATTENTUM PARARE > molto antico > usata da Orazio, Ariosto “dirò qualcosa di nuovo”, nella celestina diventa “mai visto né udito nella nostra lingua” > ne evidenzia la sostanziale novità  UTILE DULCI > oraziano > un autore raggiunge l’apice e fa centro se intrattiene e allo stesso tempo istruisce > utile e dolce > impiegato da orazio in poi in tutte le letterature roimanze continuamente > gli autori dichiareranno sempre che hanno due intenzioni > tanto più lo faranno se le opere hanno un carattere trasgressivo > come per il buen amor come per la celestina sta nel presentare una storia che il lettore non deve avere a modello se non vuole incorrere nelle stesse conseguenze > exemplum at contrarii > mostra la condotta dell’amore mondano > il fatto che tutti coloro che hanno contribuito alla vicenda vengono puniti ha una dimensione morale > questa giustificazione moralistica abbia una ragione anche all’interno della stessa storia > nichilista e pessimista IL GENERE DOPO IL 1506 viene pubblicata una TRAGICOMEDIA DI CALISTO E MELIBEA > variante relativa al genere > non più commedia, ma tragicommedia > presenta delle novità:  Numero degli atti > presenta 21 atti, invece che 16 > 5 atti in più > collocati in itinere, non alla fine, apre delle parentesi > collocati da metà del 14 atto vecchio a metà del 19 atto > atti INTERPOLATI  Interviene sul testo amplificandolo e cassando alcune parti 1526 > celestina ha 22 atti > atto in più considerato come spurio Il fatto che la celestina cresca in questa maniera testimonia che l’opera aveva una elevata vitalità e diffusione Tra i preliminari è presente un prologo che spiega perché il suo autore decide di cambiargli titolo e di aggiungere 5 atti > secondo paratesto importante 87 le opere teatrali si componevano classicamente di 3 o 5 atti L’OPERA La celestina non ha una localizzazione precisa, ma attraverso le descrizioni si vede la città di Salamanca dove Rojas era studente. INTRECCIO Nel 1 ATTO sono presenti tutti i personaggi presenti nell’opera > avvalorerebbe quello che afferma Rojas, il fatto che lui l’abbia ritrovata alla FINE DEL 3 ATTO > celestina raccoglie le matasse di fili e chiede al diavolo di far capitolare la giovane donna, cosparge le matasse di una sostanza che al tocco di Melibea avrebbe dovuto farle cambiare idea ATTO 10 > Melibea nel giro di poco tempo si scopre irrimediabilmente posseduta dall’amore per Calisto che nel primo atto aveva violentemente allontanato 14 ATTO > inseriti atti interpolati (5) > digressione che allunga storia d’amore > si introduce motivo narrativo > Alicia e Areùsa > figlie di celestina > convinte che la responsabilità della morte dei loro amanti sia da attribuire a Calisto e Melibea si rivolgono a Centurio > figura tipica del soldato fanfarone > annunciano a lui l’incontro notturno per fare loro giustizia e di uccidere Calisto > le cose non vanno così, si organizza con due manigoldi I PERSONAGGI CELESTINA nell’atto 1 descrizione minuziosa dettagliata della vecchia elencandone i mestieri, descrivendone la casa e le abitudini. Si nota una certa ambiguità > perché l’abbondanza di dettagli che Parmeno utilizza, indirettamente esaltano questa donna nonostante lui voglia denigrarla. in effetti quasi tutti i personaggi o la elogiano o la disprezzano: POSITIVO NEGATIVO atto 5, Calisto > “fai entrare quell’onorata donna che ha la mia vita sulla lingua” atto 3, Sempronio > “quanto ci mette questa barbuta! All’andata mica muoveva i piedi con tanta calma. Denaro pagato, braccio svogliato” notiamo che lui si allea a Celestina solo per guadagna, in realtà la disprezza. atto 10, Calisto > “oh gioiello di questo mondo soccorso alle mie passioni, specchio della mia vista! Mi rallegra il cuore nel vedere questa onorata figura, questa nobile vecchia!” atto 4, Lucrezia > “soltanto per questo (vendere filo) sei uscita di casa? Mi meraviglio di te perché non son queste le tue abitudini, né ti muovi da casa se non c’è da cavarne profitto” 90 atto 10, Melibea > “colei che è mediatrice della mia salute” / “lodo ed elogio la tua grande pazienza, la tua sapiente audacia, il tuo generoso lavoro, i tuoi passi solleciti e fedeli, le tue gradevoli parole, il vasto tuo sapere, la tua opportuna insistenza” atto 4, Melibea > “se non conoscessi Calisto con quali astute parole m’avresti raggirato! Non per nulla si dice che la parte più nociva dell’uomo cattivo è la lingua. Ti possano mandare al rogo ruffiana ingannatrice, fattucchiera, nemica dell’onestà, artefice di segrete colpe!” atto 15, Elicia > “oh saggia celestina, onorata e rispettabile ” atto 5, sempronio > “oh vecchia imbrogliona, oh vecchia piena di malizia, oh gola avida ed avara! Vuole ingannare anche me come il mio padrone per arricchirsi […] vecchia malvagia e falsa […] vipera velenosa!” atto 9, Sempronio > “quel che va sgranando sul suo rosario è il numero delle vergini su cui può contare, di quanti innamorati ci sono in città, di quante ragazze le si sono affidate. […] Quando muove le labbra è per inventare menzogne ed escogitare trucchi […] così vive costei che noi tanto riveriamo” atto 11, Parmeno > “non vede l’ora di portare la catena fuori da questa casa, non riesce a credere di averla in mano, né che gliela abbiano regalata davvero. Non si sente degna di un simile dono” Celestina è un personaggio fondamentale e centrale non solo perché forza motrice della storia, ma anche perché dalla relazione con lei si definiscono anche gli altri personaggi: - CALISTO > folle d’amore dal principio alla fine, non ha la lucidità tale né di prendere seriamente gli avvertimenti che gli giungono da Parmeno, né di riconoscere in prima persona la mezzana per quello che è - MELIBEA > nella prima parte è perfettamente inserita nel contesto sociale della cittadina, tanto da aver ben presente la donna che le viene a vendere del filo e a chiederle una preghiera per il mal di denti di Calisto. Nella seconda parte, una volta avuto effetto l’incantesimo, anche lei diventa folle d’amore, perdendo lucidità e rendendo Celestina indispensabile per la sua salute 91 - SEMPRONIO > perfetto servus pallax che raggira il padrone per poterne ricavare un guadagno, infedele a chiunque, anche alla Celestina che gli ha “proposto un lavoro” - PARMENO > si potrebbe definire un servus fidus dalla doppia faccia, anche lui alla fine tradisce il padrone in vista di un guadagno, nonostante sia quello a conoscere meglio la figura della mezzana IL GRAFFIO SUL NASO > due interpretazioni: - fa pensare al segno che il diavolo lascia sul viso delle sue adepte > questo farebbe dedurre che Rojas avesse avuto conoscenza delle pratiche esoteriche - altri lo interpretano come una marca infamante fatta sul viso delle prostitute per far sì che venissero riconosciute MORTI VERTICALITà DELLE MORTI 4 delle 5 morti avvengono per una caduta dall’alto verso il basso > parmeno, sempronio, calisto, melibea > sottolinea simbologia della morte per caduta. questo rappresenterebbe i desideri dei protagonisti che una volta soddisfatti cadono e muoiono RUOTA DELLA FORTUNA La dea fortuna è bendata e gira una ruota, sopra la quale si arrampicano gli uomini, spinti dalle passioni, per rincorrere gli obbiettivi, quando hanno raggiunto gli obbiettivi cadono e precipitano Abbiamo anche un’anticipazione di questo nel 1 atto > quando celestina propone a sempronio l’affare > “chi maldestramente va in alto, più velocemente cade di quanto sia salito” MORTE DI CALISTO > muore senza confessione > cosa che accomuna Calisto e Melibea > che si getta dalla torre senza nessun pentimento e senza invocare una confessione > aspetto ricondotto dalla critica alla dimensione giudeo conversa di Rojas > si colloca fuori dalla morale cristiana. tragedia sta in questa ecatombe finale > tuttavia la morte di calisto è molto permeata da elementi comici > mettere piede in fallo > elemento di derisione da parte di Sosia, inoltre è una morte del tutto inutile > non sta succedendo nulla in realtà > gli scagnozzi di centurio se ne sono già andati via IL TEATRO DOPO LA CELESTINA 92 L’opera è avvertimento contro chi invece di perseguire l’ottemperanza si - Una sorta di livellamento linguistico tra le diverse categorie cui il poeta si ispira - Un interesse che privilegia la vita del particolare, dei suoi oggetti, come punti di osservazione del mondo. ECLOGHE A cavallo tra 400 e 500, compone alcune delle sue ecloghe più famose. La produzione matura è visibilmente mutata rispetto alla precedente: - Ricerca più attenta di uno stile - Ricerca di un impianto più ambizioso rispetto agli schemi elementari del pastoril Del quale, però, ritroviamo: - Unità dell’azione - Presenza di pastori - Conclusione musicale Ma notiamo subito - una maggiore lunghezza - complessità dello svolgimento - impegno della tecnica del verso infine viene mutata la materia: alle burle dei pastori e alle rappresentazioni religiose, subentra in forme diverse il tema dell’amore. L’equilibrio si sposta dai dialoghi ai monologhi ed ai sermoni. Non sembra che questo poeta incoraggi l’attributo di fondatore del teatro spagnolo moderno, né quell’idea di una maturità artistica all’insegna del Rinascimento, ma la sua arte inciderà nella letteratura del 500, quando fiorirà una poesia colta d’ispirazione bucolica e petrarcheggiante LUCAS FERNANDEZ Ha una produzione di impianto più religioso, in cui le attitudini comiche del pastoril calano davanti alla passione e alla morte di Cristo, e dove la scena risuona di grida di dolore e di pene incontenibili. È questo che accade nel L’AUTO DE LA PASION, prodotto dell’ultimo 400. Altrove l’autore aveva ripetuto gli schemi enciniani come semplici esercizi, ma nell’affrontare temi religiosi e dolorosi tutto cambia in stupore doloroso e pietà aspra. Il poeta è commosso e sulla falsariga dei vangeli 95 inventa un Cristo corporeo, lacerato, crudelmente vitale alla vigilia della morte. Tuttavia l’autore rinuncia a farlo entrare in scena come personaggio per potersi abbandonare ad una serie di particolari. Riprende il vangelo di Matteo, in cui la via crucis diventa un inventario minuzioso di torture, in cui il Cristo appare estremamente corporeo “Con la faccia insanguinata, con la voce arrochita, tutte le vene rotte, la lingua ammutolita, la pelle annerita, gli occhi gonfi ecc…”. La pietà nasce dall’asprezza di queste descrizioni. Al realismo del testo poetico si affianca in questo caso la generosità dello spettacolo. Tuttavia l’autore riscontra delle difficoltà nell’allestire una rappresentazione in piena regola, con musiche e canti, poiché gli scritti di Matteo sono caratterizzati da parole scelte per risuonare in una chiesa e non a Corte. Nonostante la difficoltà, grazie alle notazioni del poeta, siamo in grado di intuire che i meccanismi della partecipazione popolare raggiungevano una sincronia perfetta fino ad assumere le apparenze di un meta-teatro. TORRES NAHARRO Anche lui poeta e drammaturgo a Roma, appare però un caso assai diverso. La scelta di questo autore a chiusura di questo percorso, pone un problema di cronologia storica. I manuali tendono a collocarlo sotto il regno di Carlo V, nonostante contrasti con le date di attività, ma proiettarlo nel rinascimento sarebbe sbagliato, come arretrarlo al medioevo di cui il suo teatro conserva solo alcuni elementi. Non possiede una cultura raffinata, ma è di stampo umanistico e non gli viene dall’ambiente studentesco, ma da quello clericale. Nella sua vocazione, l’equilibrio fra teatro e poesia, si inverte rispetto ad Encina, in lui, infatti, il teatro diventa una stabile attività professionale. Attua un sistematico adattamento di materie e di personaggi diversi, spesso presi dalla vita reale, alla forma della commedia. È già rilevante il fatto che per la prima volta un autore spagnolo assuma un genere drammatico con tanta perseveranza da mettere insieme una decina di esemplari, contrassegnati almeno nelle intenzioni da un’etichetta unitaria. Non inventa nulla di nuovo dal punto di vista del genere. La novità sta nel fatto di: - scrivere queste commedie in castigliano e nel tradizionale ottosillabo rimato. - Nel far muovere in questa lingua una galleria di personaggi ben più complicata e varia di quella dei pastori e dei loro sfondi rusticani. La commedia più famosa è l’IMENEA. In essa il suo pensiero corre alla lirica d’amore quattrocentesca. Ma non c’è dubbio che questa contiene alcuni degli elementi che daranno vita alla commedia di “cappa e spada” del teatro Secentesco. Inoltre, il grande rilievo che è dato ai personaggi dei servi, il loro 96 disporsi a coppie formando una quadriglia amorosa su un piano inferiore a quello dei signori, e con spunti di intreccio secondario è già un primo esempio di quella dinamica del doppio livello che caratterizzerà la commedia barocca. Disegnando la trama, Torres è andato con la mente al romanzo sentimentale, da cui riprende incontri segreti e alle opposizioni paterne, e forse anche alla Celestina. Allo scadere dell’età dei re Cattolici, questa si propone come l’opera che dà l’avvio a un gioco d’amore dai toni urbani e potenzialmente borghesi, che vuole imporsi laddove si profila nei lettori una stanchezza per gli esiti funesti e per gli eccessi di azzardo della vecchia tradizione cortese. In questa prospettiva, anche la Celestina può essere chiamata in causa. Non solo per il suo finale tragico, ma perché in essa l’impedimento ha un esito coniugale del rapporto amoroso che dovette sembrare già allora privo di sufficienti motivazioni sociali o di intreccio. Perché Calisto e Melibea, nobili entrambi, non si sposano? Poiché muoiono prima, Torres, invece, risolve il contrasto ella morte facendo sposare i personaggi. Il plurilinguismo dei personaggi, infatti, è la naturale e realistica conseguenza degli ambienti eterogenei che Torres non esita a visitare in questa Roma papale. Il castigliano è solo un filo conduttore che ci guida in un policromo labirinto di voci. Neppure con Torres Naharro bisogna correr dietro al miraggio dell’uomo del rinascimento. Si tratta solo di un poeta versatile, ben integrato nell’ambiente straniero in cui si è trasferito e dunque pronto ad assimilare i modi e le note caratteristiche. SATIRA CLERICALE Da questo naturale adattamento ambientale nasce anche, in parte, la terribile, intermittente satira contro il clero. Nella Roma di quegli anni certe cesure non occorreva apprenderle nei libri o dalle grida dei predicatori. La città formicolava, anche a livello popolare di voci sulla simonia, sulla vendita di benefici, sui peccati di incontinenza del clero. Il poeta si limita a raccoglierle e a dar loro nuova diffusione per bocca dei suoi personaggi. E lo fa, collocando sulla scena, per lo più, nelle retrovie del potere, non al vertice. Per censurare la corruzione dell’alta curia, alza il sipario sulla cucina della casa cardinalizia. Non è un caso che la JACINTA aggiunga alla solita rassegna delle immoralità della curia un piglio di commedia ideologica e quasi di allegoria universale, disponendo i suoi personaggi secondo un preciso schema simbolico (provengono sintomaticamente dalla Germania, dalla Spagna e da Roma) mettendo sulle loro labbra le espressioni di un’ansia riformatrice che sta divampando in Europa, di anno in anno più forte, prospettando in ultimo il lieto fine di un ritorno e di un atto di devozione alla madre chiesa. Senza rinunciare ai soliti ingredienti della commedia realistica. Siamo nel 1516 alla vigilia delle tesi luterane e della diffusione del pensiero di Erasmo in tutta europa. La letteratura dell’età dei re cattolici si chiude con questo documento di crisi religiosa. 97
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