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La Tragica Oscillazione di Saul da Alfieri: La Tormentata Ricerca di Se Stesso, Appunti di Letteratura

La tragedia di saul, re d'israele, come descritta in 'saul - alfieri'. Saul è tormentato dalla condanna di dio e dalla sua instabilità emotiva, oscillando tra amore e odio per david. La tragedia segue saul nella sua lotta per mantenere il suo regno e il suo amore per micol, finendo con la sua morte. Anche un'analisi psicologica di saul e la sua ricerca di unità.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/10/2019

nuraaa99
nuraaa99 🇮🇹

4.5

(11)

43 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La Tragica Oscillazione di Saul da Alfieri: La Tormentata Ricerca di Se Stesso e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! SAUL - ALFIERI Atto I David compare nel campo degli Israeliti a Gelboè; egli non vuole più vivere fuggendo da Saul e desidera combattere i Filistei. Giunge Gionata, felice di rivedere l'amico. Gionata racconta a David che Saul, preda di uno spirito malvagio («un rio demon, che fero gl'invasa il cor»), è pericolosamente avvinto dalle lusinghe del perfido Abner e che Micol vive tristemente per la sua assenza. David chiede a Gionata quando potrà rivederla ma lei appare annunciando al marito che si vuole mettere in cerca del padre; David, che si era fatto da parte, si unisce a lei e i due si ritrovano uniti. Decidono che si dovrà cercare il momento propizio per presentarsi a Saul e cercare una buona riconciliazione Atto II Saul sta conversando con Abner, rimpiangendo la propria passata grandezza e dispiacendosi per l'attuale disgrazia, che Abner attribuisce a David. Saul racconta un recente sogno, nel quale l'ombra di Samuele gli ha tolto la corona dal capo per posarla su quello di David, ma David non l'ha accettata, dicendo a Samuele di restituirla a Saul. Giungono Gionata e Micol; essi con tono persuasivo preparano Saul all'arrivo di David, che in seguito giunge e umilmente chiede a Saul di permettergli di combattere ancora contro i loro nemici. Saul sembra accettare le suppliche di David, ma interviene Abner, accusando David di tramare, con l'aiuto dei profeti, contro Saul. David dimostra la propria innocenza mostrando un lembo del mantello di Saul che gli ha tagliato mentre dormiva nella grotta di Engaddi: avrebbe potuto facilmente ucciderlo ma non lo ha voluto fare. Saul alfine si convince e si rallegra per il ritorno di David, affidandogli il comando dell'esercito, e chiede a Gionata di combattere con lui: «Saul: Il giorno, sì, di letizia, e di vittoria, è questo. Te duce io voglio oggi alla pugna: il soffra Abner; ch’io ’l vo’. Gara fra voi non altra, che in più nemici esterminare, insorga. Gionata, al fianco al tuo fratel d’amore combatterai: mallevador mi è David della tua vita; e della sua tu il sei.» Atto III Abner espone a David il proprio piano di battaglia, che viene lodato; Abner avrà il comando della parte principale dell'esercito, mentre David e Gionata combatteranno nei pressi della tenda di Saul. David rimane solo, poi lo raggiunge Micol, dicendogli che Abner ha ancora cercato di destare la rabbia di Saul contro di lui e mostrandosi preoccupata per la sua sicurezza. Giungono anche Gionata e Saul, e quest'ultimo è visibilmente in preda a uno degli attacchi di follia che negli ultimi tempi lo hanno colpito. Ma alla fine Saul scoppia in lacrime, e Gionata chiede a David di aiutarlo a ritrovare la calma cantando uno dei carmi celesti in cui eccelle e con cui spesso in passato ha allietato il re. David accetta il consiglio, ricorrendo a poemi lirici di metro vario, secondo il tema che intende celebrare. I versi finali di tono guerresco, però, in cui David vanta le proprie doti («due spade ha nel campo il popol nostro») risvegliano ancora la follia di Saul, che cerca di afferrare la spada per abbattere David; Gionata e Micol glielo impediscono e David fugge. Atto IV Gionata e Micol si lamentano dello stato di Saul. Quest'ultimo giunge, chiedendo a Micol di condurgli David. Rimasto solo con Gionata, Saul gli racconta i suoi contrastanti sentimenti di odio e amore per David, che Gionata attribuisce alla volontà celeste. Giunge Abner, dicendo che nel momento della battaglia imminente David è scomparso, e che il sacerdote Achimelech, che conduce con sé, è stato scoperto nel campo. Achimelech ammette la propria identità, e Saul lo accusa di avere aiutato David consegnandoli la spada di Golia: «Saul: All’espulso Davidde asilo davi, e securtade, e nutrimento, e scampo, ed armi? E ancor, qual arme! il sacro brando del Filisteo, che appeso in voto a Dio stava allo stesso tabernacol, donde tu lo spiccavi con profana destra.» Achimelech difende David, predice a Saul la prossima sventura e indica in Abner un malvagio consigliere («Ve' chi a morir ti spinge: costui; quest'Abner, di Satàn fratello»). Saul comanda che Achimelech venga messo a morte, nonostante le suppliche di Gionata, e ordina ad Abner di cambiare i piani di battaglia decisi da David: egli vuole che si combatta al mattino e non al pomeriggio, come invece David e Abner avevano stabilito, per avere il sole alle spalle e in faccia al nemico. Rientra Micol senza David, e monta ancora la furia di Saul, il quale ordina che le armi siano rivolte contro David se questo si presenterà in battaglia, poi si trova a pensare di potersi fidare solo di se stesso: «Saul: Sol, con me stesso, io sto. — Di me soltanto, (misero re!) di me solo io non tremo.» Atto V David e Micol si separano teneramente: Micol ha riferito al marito le intenzioni di Saul, e questo a malincuore decide di fuggire, ma non vuole che la moglie l'accompagni, perché prevede di andare incontro a dure avversità. Micol resta sola e sente inattesi suoni di battaglia in lontananza, e presso di lei Saul che si lamenta gemendo. Saul entra in preda al delirio: vede la morte incombere su sé e i suoi figli, si rimprovera per l'assassinio di Achimelec e vorrebbe richiamare David per donargli il trono. Accorre Abner accompagnato da alcuni soldati in fuga, dicendo che c'è stato un improvviso attacco dei Filistei, che hanno sconfitto le forze di Saul e ora sono sul punto di minacciare Saul stesso. Saul non ascolta le suppliche di Abner di fuggire, ma gli chiede di portare in salvo Micol, l'unica figlia che gli resta poiché anche Gionata è stato ucciso. I Filistei entrano mentre Saul, ritrovati dignità e lucidità, dopo avere riconosciuto che l'ira divina lo ha portato alla disfatta, è nell'atto di trafiggersi con la propria spada: «Saul: Oh figli miei!... — Fui padre. — Eccoti solo, o re; non un ti resta dei tanti amici, o servi tuoi. — Sei paga, d’inesorabil Dio terribil ira? — Ma, tu mi resti, o brando: all’ultim’uopo, fido ministro, or vieni. — Ecco già gli urli dell’insolente vincitor: sul ciglio già lor fiaccole ardenti balenarmi veggo, e le spade a mille... — Empia Filiste, me troverai, ma almen da re, qui... morto. —» Commento L'azione della tragedia gravita attorno alla figura del re Saul, in costante oscillazione tra passioni opposte. Su di lui pende la condanna di Dio, e di questo Saul è convinto in quanto consapevole delle proprie azioni, da cui il suo tormento. Un tormento che si manifesta sotto forma di incubi e di follia ad opera di uno spirito maligno. Come si evidenzia nella terza scena del quarto atto in cui Saul rivolgendosi al re Filisteo Arcamazeh si dice pronto ad affrontare la morte solo per porre fine alla sofferenza sua e della sua stirpe annullando la maledizione che grava su di lui. Nel II atto Saul narra un incubo nel quale il sacerdote Samuele chiamava lui e la sua discendenza alla morte, poi questi gli “strappa la corona dal crine” per metterla sulla testa del nuovo re di Israele: David. Saul odia David, colui che ai suoi occhi vuole portargli via la dignità reale e l'amore della figlia. David è un valoroso guerriero noto in tutto il mondo, mentre Saul ormai è un vecchio re in decadenza, prossimo alla morte. Se da un lato Saul è conscio del fatto che solo David può ottenere la vittoria sicura sui Filistei e dare l'amore alla figlia, dall'altra il vertiginoso aumento del potere di David, già incoronato re dai sacerdoti, crea in lui un odio senza limiti. È così che Saul si trova a combattere, in perenne fluttuazione tra due passioni opposte. Egli non riesce più ad essere contemporaneamente padre e re vincente. Il suo è un io disgregato, incapace di ritrovare
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