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Lusso e Concorrenza in Francia e Italia: L'Industria di Lusso tra XVI e XVII Secolo - Prof, Dispense di Storia Economica

Storia dell'IndustriaStoria Economica ModernaStoria del Commercio InternazionaleStoria della produzione industriale

La crescente concorrenza commerciale tra italia e francia nel settore dell'industria di lusso durante il xvi e xvii secolo. Il testo illustra come la francia, in risposta all'influenza italiana, promuove l'economia nazionale e importa nuove tecnologie e prodotti dall'italia. Vengono menzionate le industrie di porcellana (faience), merletti, vetro, orficeria e tappezzeria, oltre alla seta, che rappresentava la voce più redditizia del commercio italiano. Il documento illustra come la francia si poneva in diretta concorrenzialità con l'italia, che era a lungo la principale fornitrice di beni di lusso in europa.

Cosa imparerai

  • Come la Francia ha risposto alla superiorità italiana nel settore dell'industria di lusso?
  • Come le industrie di lusso hanno contribuito allo sviluppo economico di Francia e Italia?
  • Quali settori dell'industria francese hanno subito maggiormente l'influenza italiana?

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 16/01/2020

francesca-gilardi
francesca-gilardi 🇮🇹

4.9

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Scarica Lusso e Concorrenza in Francia e Italia: L'Industria di Lusso tra XVI e XVII Secolo - Prof e più Dispense in PDF di Storia Economica solo su Docsity! PER UNA STORIA DELL’INDUSTRIA DI LUSSO IN FRANCIA LA CONCORRENZA ITALIANA NEI SEC. XVI E XVII Le industrie di lusso hanno rappresentato un settore importante, se non fondamentale delle economie nazionali nell’epoca Preindustriale. Il pericolo più grave è stato sempre quello di mescolare morale ed economia, come ha dimostrato Joan Robinson. Definendosi il lusso come la spesa in eccesso del necessario, è evidente che il necessario muti a seconda del momento storico e di altre considerazioni legate al gusto, all’ambizione, al desiderio di ostentazione e di “sciupo vistoso”. Appaiono comprensibili la condanna popolare del lusso più sfrenato o i freni imposti dai governi al suo dilagare, se solo si pone mente alla circostanza che l’oggetto di lusso in sé e per sé contiene un valore di scambio elevato contro un valore d’uso comparativamente debole. Tale produzione ad alto valore aggiunto è quella che registra i maggiori margini di profitto, specie sotto il profilo delle esportazioni. Si è arrivati a concludere che l’industria di lusso fosse quella che dette vita alle prime forme di organizzazione capitalistica. La sartoria, la gioielleria, la fabbricazione del vetro ecc. tesero a superare il piccolo atelier per conoscere una notevole concentrazione di lavoro; tali settori impressero degli impulsi decisivi al rinnovamento tecnico e all’organizzazione del lavoro. Le prime avvisaglie di tale processo si coglievano già ad Anversa durante il ‘500. Anversa vantava una produzione di lusso non indifferente, oltre che rappresentare il centro di diffusione essenziale di ricche stoffe italiane, di specchi veneziani e di altri prodotti di lusso in genere. A parimenti l’economia francese nel corso del XVI sec. incrementava le proprie produzioni pregiate, a scapito delle tradizionali esportazioni di derrate alimentari e di pastello. La Francia percorreva il cammino opposto rispetto a quello intrapreso dagli inglesi. La Francia si poneva su un piano di diretta concorrenzialità nei confronti dell’Italia, da lunga data fornitrice di beni di lusso in Europa. A partite dalla fine del XV secolo si andava sviluppando in Francia quella sorta di nazionalismo che vedeva nelle importazioni artigianali italiane un dissipatore della ricchezza nazionale. Di fronte a questo pericolo incombente la monarchia promuove un’economia nazionale specie nel settore dell’industria dell’arte. Lo Stato in Francia si configurava come “la première entreprise capitaliste” (= la prima impresa capitalista ). Tutto il XVI secolo fu punteggiato da facilitazioni e favori accordati agli artigiani e artisti che avessero introdotto in Francia nuove tecniche di lavorazione. La faience (=porcellana ) fu uno di quei settori in cui maggiormente l’esportazione di tecnologia italiana risultò notevole. Grazie alle tecniche di lavorazione praticate a Faenza e Urbino la maiolica francese conobbe un sensibile sviluppo. I merletti genovesi e veneziani rappresentarono un altro prodotto di lusso di larga vendita sul mercato francese; una produzione artigianale locale esisteva ad esempio Valenciennes ma essa si rivelava incapace di eguagliare la qualità dei merletti veneziani. I maggiori sforzi per lanciare una manifattura nazionale derivano da Colbert: il “point de France” che si proponeva di eliminare dal mercato francese il merletto veneziano, in realtà ne copia le forme. Questa pedissequa imitazione di un prodotto straniero, piuttosto che il potenziamento di un’originale tradizione autoctona, si è rivelata come una delle causa del relativo fallimento della compagnia. Almeno dal 1680 il sistema monopolistico impiantato da Colbert nel 1665 appariva devitalizzato e in crisi. Il cristallo veneziano si imponeva per la sua eccezionale trasparenza e limpidezza, raggiunta per mezzo di materiali purificati e di una sabbia silicea ricavata dal Ticino. Città di maggiore impatto risultano Altare e Murano. Numerose vetrerie esistevano anche in Francia, concentrate soprattutto in Normandia e Lorena. La produzione di tali vetrerie si limitava a soddisfare le 1 esigenze più elementari: vetri da finestra, bottiglie ecc. I vetrai lorenesi erano riusciti ad inserirsi nel mercato internazionale, tuttavia non riuscirono a rompere il monopolio italiano. Le loro specialità furono vetri da tavola di buona qualità e specchi. A partire dal 1540 tutto il settore entrò in una grave crisi di sovrapproduzione e sottoconsumo allo stesso tempo, tale da interrompere in beve volgere di tempo questo sprint regionale. Nel XVII secolo i prodotti veneziani continuavano ad inondare il mercato francese. Nel quadro della politica di Colbert a nulla sarebbe servito creare nuove manifatture senza introdurre delle innovazioni tali da superare le tradizionali tecniche di lavorazione veneziane. Fu impostato il sistema del “coulage”, il “faconnage mécanique” o l’ “étamage”. La supremazia della tecnica vetraia italiana appariva minacciata in campo europeo da fondamentali invenzioni inglesi come il flint glass o dai vetri boemi e tedeschi. Meno indiscussa appariva l’influenza italiana in altri settori dell’industria francese, come l’oreficeria o la tappezzeria. L’oreficeria francese vantava di una lunga tradizione, capace di irradiarsi in altri paesi come Spagna e Inghilterra. Un analogo giudizio si può formulare per la tappezzeria, attività nella quale la Francia fin dal medioevo divise con le Fiandre una netta supremazia. La seta rappresentò a lungo la voce più redditizia del commercio italiano. Varie sono le cause che alimentavano prepotentemente la domanda di beni pregiati: - Insufficiente produzione interna francese - Necessità dell’abbigliamento estivo e di lusso - La moda, l’esplosione del lusso Il lusso si imponeva come rito, come simbolo, come prerogativa sociale poiché <<Il consumo di questi beni più eccellenti è un segno di ricchezza (…); al contrario, l’incapacità di consumare nella dovuta quantità e qualità diviene un segno di inferiorità e di demerito>> Veblen. Lo sciupo vistoso si diffondeva fra i funzionari, fra la media e alta borghesia ansiosa di riconoscimenti sociali. La gerarchia sociale rischiava di alterarsi e nel 1485 Carlo VIII proibiva di portare drappi di seta, di damasco, di satin figuré a chi non vantasse di una rendita annuale di 2000 livres. A fine secolo Enrico IV riteneva ancora di poter regolamentare l’uso delle seterie: satins e taffetas riservati alla borghesia, i velluti alla nobiltà. Ma era veramente arduo restringere fra rigide pareti il dinamismo di una società. Neppure le lotte di religione interruppero lo sfarzo nell’abbigliamento e il godimento di beni per pura ostentazione, fenomeni che immancabilmente si ripetono nelle epoche dominate da grandi incertezze. La domanda di nuovi modelli, di nuovi disegni, di seterie sempre più preziose aumentava a ritmo sostenuto, specie a Parigi. Parigi si impose come un centro di grandi consumi, come capitale della moda, aprì grandi possibilità di sviluppo alla produzione serica italiana; essa monopolizzava il gusto della clientela francese ed europea. Non vi era città della penisola che partecipasse in qualche misura a questa felice espansione: in posizione di supremazia tecnica e artistica si trovava Firenze, che dalla fine del XV secolo si era imposta a Venezia e Lucca. E’ il periodo d’oro della mercatura fiorentina che domina il mercato serico a Lione. Le produzioni tipiche fiorentine erano gli ermesini, i velluti, i rasi, i damaschi e i ricchi broccati. La qualità cromatica e il decoro rinascimentale raggiungevano vette difficilmente superabili. Il Rinascimento apportò migliorie in gusto artistico, iconografico. L’exploit rinascimentale fiorentino risultava favorito dalla relativa decadenza della arteria lucchese, che si era affermata nei secoli precedenti per la fantasia dei suoi decori; si tratta tuttavia di una decadenza relativa perché a Lione i tessuti lucchesi continuavano ad essere considerati fra gli articoli de grand luxe. I tessuti di sete, oro e argento milanesi, migliori di tutta Italia registravano un incremento notevole dopo il 1540 fino al 1580. L’oreficeria e la lavorazione dei fili preziosi erano divenute delle specializzazioni ambrosiane, nelle quali la città godeva di un dubbio prestigio in tutta Europa. La città costituiva in tal modo la principale fornitrice di stoffe d’oro e d’argento in Francia. 2
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