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Leviatano - Thomas Hobbes, Schemi e mappe concettuali di Storia Della Filosofia

Riassunto della prima e seconda parte del Leviatano

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

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Scarica Leviatano - Thomas Hobbes e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! THOMAS HOBBES LEVIATANO INTRODUZIONE La natura, cioè l’arte per mezzo della quale Dio ha fatto e governa il mondo, viene imitata dall’arte dell’uomo. L’opera più eccellente creata dalla natura è l’uomo e l’uomo prolunga la sua arte imitativa: Dall’arte viene creato il LEVIATANO chiamato REPUBBLICA O STATO (CIVITAS) che non è altro che un uomo artificiale - > ma statura e forza maggiori rispetto all’uomo naturale. - Sovranità = anima artificiale -> dà movimento all’intero corpo - Magistrati e persone con compiti giudiziari/esecutivi = articolazioni artificiali - Ricompensa e punizione = nervi - Prosperità e ricchezza = forza La “salus populi” (sicurezza del popolo) è il suo compito. Per descrivere la natura di quest’uomo artificiale Hobbes considererà: - La sua materia e il suo artefice (si tratta dell’uomo in entrambi i casi); - Come e attraverso quali contratti viene costituito; quali sono i diritti e il giusto potere ovvero l’autorità di un sovrano, che cosa lo conserva e cosa lo annienta; - Che cos’è uno Stato cristiano; - Cos’è il regno delle tenebre. - Prima parte. L’UOMO. Capitolo primo – IL SENSO Ciascun pensiero = rappresentazione o manifestazione di qualche qualità o di qualche altro accidente di un corpo esterno a noi, cioè un oggetto. Questo oggetto agisce sugli occhi, orecchi e sulle altre parti del corpo umano. L’origine di tutti i nostri pensieri = SENSO -> non si dà nessuna concezione della mente umana senza gli organi di senso. Causa della sensazione è il corpo esterno/oggetto che agisce sull’organo proprio a ciascun senso -> azione, attraverso i nervi, viene trasmessa al cervello e al cuore -> causa una resistenza/reazione/sforzo del cuore per liberarsene -> sforzo si dirige verso l’esterno -> immagine = sensazione. Tutte le qualità sensibili non sono nell’oggetto che le causa ma derivano dall’interazione (o movimento) tra la materia e i nostri organi. Questi movimenti producono in noi immagini (sia nello stato di veglia sia di sonno). Sensazione = immagine originaria causata dall’azione (dal movimento) di cose esterne sugli occhi, orecchi ecc. Filosofia scolastica -> è l’oggetto che emana una manifestazione, un aspetto. Capitolo secondo – L’IMMAGINAZIONE Parallelismo di Hobbes: vediamo che nell’acqua, anche se il vento cessa, le onde continuano ad accavallarsi ancora per molto tempo, così accade anche in quel movimento che si compie nelle parti interne di un uomo quando vede, sogna ecc. Infatti, dopo che l’oggetto è stato rimosso, o che l’occhio si è chiuso -> noi tratteniamo ancora un’immagine della cosa vista, anche se più oscura del momento in cui la vediamo. Questo i Latini lo chiamano “immaginazione”, mentre i Greci “fantasia” (=apparenza). IMMAGINAZIONE = sensazione che si indebolisce, esiste negli uomini e in molte altre creature viventi tanto durante il sonno quanto nello stato di veglia. Essa è tanto più debole quanto più è lungo il tempo trascorso dopo la visione o la sensazione dell’oggetto. A grande distanza di tempo si indebolisce la nostra immaginazione del passato. Immaginazione = sensazione che si indebolisce quando vogliamo esprimere la cosa stessa, la fantasia stessa. Memoria = quando esprimiamo l’indebolirsi e intendiamo che la sensazione si sta attenuando, è vecchia e passata. Immaginazione e memoria sono una cosa sola che assume nomi diversi se la si considera in modi differenti. Molti ricordi/memoria di molte cose = esperienza. Immaginazione semplice = l’immaginare l’oggetto intero, come si era presentato alla sensazione (es. uomo, cavallo, ecc.). Immaginazione composta = finzione della mente (es. centauro = uomo + cavallo). Immaginazioni di coloro che dormono = sogni -> in questo caso però l’immaginazione deriva dall’agitazione delle parti interne del corpo umano. Se i sogni sono causati dallo squilibrio di alcune parti interne del corpo -> squilibri diversi devono produrre sogni differenti. I nostri sogni sono l’inverso delle immagini che abbiamo durante la veglia. Quando siamo svegli il movimento comincia da un’estremità; quando sogniamo da un’altra. Caso in cui è più difficile distinguere il sogno dai pensieri della veglia: quando non ci accorgiamo di aver dormito (es. Marco Bruto -> poiché non era sicuro di aver dormito, non aveva ragione di credere che si trattasse di un sogno o di qualcosa di diverso da una visione). No raro che anche coloro che sono perfettamente svegli, ma timorosi e superstiziosi -> credono di vedere spiriti e spettri di persone morte. Da questa incapacità di distinguere i sogni ecc. dalla visione e della sensazione -> sorta in passato la maggior parte della religione dei Gentili (adorazione di fauni, ninfe, ecc.) e attualmente l’opinione che le persone incolte hanno delle fate, spettri, gnomi streghe. No dubbio che Dio possa produrre delle apparizioni soprannaturali -> ma non è articolo di fede cristiana che egli lo faccia con tanta frequenza. Opinioni errate secondo Hobbes: - Le immaginazioni nascono spontaneamente e non hanno alcuna causa - Nascono dalla volontà ed i buoni pensieri sono ispirati nell’uomo da Dio e i cattivi dal diavolo. L’immaginazione, che si produce nell’uomo per mezzo delle parole o di altri segni volontari, è chiamato “intelletto” ed è “comune” agli uomini e alle bestie. L’intelletto peculiare all’uomo non consiste solo nella comprensione della sua volontà ma anche dei suoi concetti e dei suoi pensieri. Capitolo terzo – LA SUCCESSIONE O LA “SERIE” DELLE IMMAGINAZIONI Quando Hobbes parla di “successione” o SERIE di pensieri si riferisce ad un “discorso mentale”. La concatenazione dei pensieri non è casuale, un pensiero immediatamente successivo ad un altro non è affatto casuale. Non può esserci transizione da un’immagine ad un’altra senza aver avuto prima delle sensazioni ad esse corrispondenti. Questa serie di pensieri è di due tipi: 1. È “non guidato, senza disegno” -> i pensieri vagano e sembrano incongruenti l’uno rispetto all’altro come in un sogno; sono privi di armonia. Eppure in questo percorso disordinato della mente è frequentemente possibile coglierne il modo di procedere e la dipendenza di un pensiero dall’altro. 2. È più costante perché. È “regolato” da qualche desiderio e da qualche disegno. L’impressione prodotta da cose che si desiderano/temono = più forte e permanente, riappare rapidamente. Per la forza dell’impressione -> lo scopo ci ritorna spesso in mente, i pensieri vengono rimessi in ordine nel caso in cui comincino a disperdersi. La serie di pensieri “regolati” è di due specie: 1. Una si ha quando cerchiamo le cause o i mezzi che producono un effetto immaginato e questa specie è comune agli uomini e alle bestie. 2. L’altra quando, immaginando una cosa qualunque, ne ricerchiamo tutti i possibili effetti che è in grado di produrre. Questa specie appartiene unicamente agli uomini. Dunque il discorso della mente, quando è governato da un disegno, non è altro che la “ricerca”: i Latini la chiamano “sagacitas” e “solertia”. Oggetto perso: i pensieri ripercorrono gli stessi luoghi e gli stessi momenti per trovare quale azione o quale altra occasione ha potuto provocare la perdita dell’oggetto in questione -> = processo “rimembranza” o richiamo alla mente; i Latini lo chiamano “reminiscentia”, come se fosse una ricognizione” delle nostre azioni precedenti. Caso in cui si desidera conoscere il risultato di un’azione e si pensa allora a qualche azione simile compiuta in passato e alla successione dei suoi risultati, nell’ipotesi che ad azioni simili seguiranno risultati simili -> specie di pensieri chiamata “previsione”, “prudenza” o “previdenza, e a volte “saggezza”. Chi ha maggiore esperienza di un altro nelle cose passate, sarà anche più prudente e s’ingannerà più raramente nelle sue aspettative. In natura esiste solo il presente: cose passate esistono solo nella memoria, il futuro deve ancora Quando però ragioniamo con termini di significato generale e arriviamo ad una deduzione generale falsa -> è un errore ma si tratta più che altro di un’ASSURDITÀ o di un discorso privo di senso. Errare = ingannarsi nel presumere che qualcosa sia accaduto in passato o debba avvenire, qualcosa di cui non era tuttavia possibile scoprire l’impossibilità, anche se non è accaduto in passato e non si verificherà in futuro. Ulteriore superiorità dell’uomo rispetto agli animali: per mezzo delle parole l’uomo è capace di ridurre le conseguenze che trova a regole generali, chiamate “teoremi” o “aforismi”, è dunque capace di ragionare o di calcolare non solo sui numeri ma in tutti gli altri generi di cose che possono essere addizionate o sottratte l’una dall’altra. La ragione non è nata con noi come la sensazione e la memoria e non si acquisisce soltanto per esperienza come la prudenza, ma la si consegue con l’industria, cominciando con la corretta attribuzione dei nomi e impadronendosi successivamente di un metodo buono e ordinato nel procedere dai nomi alle asserzioni (che risultano dalla connessione dei nomi), e ai sillogismi, fino a raggiungere la conoscenza di tutte le conseguenze dei nomi che appartengono all’argomento in questione -> = SCIENZA. Mentre la sensazione e la memoria sono solo conoscenza del fatto, la scienza è la conoscenza delle conseguenze, della dipendenza di un fatto da un altro. Per Hobbes coloro che non possiedono la scienza sono in una posizione migliore e più dignitosa, con la loro prudenza naturale, rispetto a chi, ragionando male e prestando fede a chi ragiona in modo errato, formula regole false o assurde. - “Ragione” = “cammino” - Crescita della “scienza” = “strada” - Vantaggio dell’umanità = il “fine” - Al contrario: le metafore e le parole ambigue e senza senso sono come “ignes fatui” Così come la prudenza è costituita da molta esperienza, così dal possesso di molta scienza deriva la sapienza. Segni della scienza -> alcuni certi e infallibili altri incerti: - Certi -> quando si è in grado di insegnare una scienza, cioè dimostrarne con chiarezza la verità ad un’altra persona; - Incerti -> quando qualche evento particolare risponde alla sua pretesa. Segno di stoltezza: rinunciare alla propria capacità naturale di giudizio per lasciarsi guidare da affermazioni generali lette negli autori. Capitolo sesto – LE ORIGINI INTERNE DEI MOVIMENTI VOLONTARI, COMUNEMENTE CHIAMATI PASSIONI, E LE FORME DEL DISCORSO IN CUI SI ESPRIMONO Due tipi di movimenti negli animali: - Vitale: comincia nella generazione e continua per tutta la loro vita (es. corso del sangue, respirazione, escrezione, ecc.). Non hanno bisogno dell’immaginazione; - Animale: detto anche “movimento volontario” (es. camminare, parlare ecc.). Sensazione = movimento che avviene negli organi e nelle parti interne del corpo umano. La fantasia non contiene altro che i residui dello stesso movimento che permangono dopo la sensazione. Camminare, parlare e altri movimenti volontari -> dipendono dall’aver prima pensato -> evidente che l’immaginazione è la prima origine interna di ogni movimento volontario I piccoli inizi di movimento all’interno del corpo umano, prima che si manifestino in determinate azioni visibili = CONATO. Conato -> quando si rivolge a qualcosa che ne è la causa = APPETITO o DESIDERIO. Quando il conato tende a evitare qualcosa = AVVERSIONE. Le Scuole -> no movimento reale nell’appetito di camminare/muoversi -> ma poiché devono pur riconoscervi un movimento, lo chiamano movimento metaforico -> espressione assurda. Uomini AMANO ciò che desiderano e ODIANO le cose per le quali provano avversione. Desiderio e amore sono la stessa cosa -> eccezione: con desiderio ci si riferisce sempre all’assenza dell’oggetto; con amore si indica la presenza di questo. Alcuni appetiti e avversioni nascono con gli uomini (es. appetito del cibo, escrezione). Gli altri, che sono appetiti di oggetti particolari, procedendo dall’esperienza e dall’averne sperimentati gli effetti su se stessi o sugli altri. DISPREZZO = immobilità o resistenza del cuore nel respingere l’azione di certi oggetti e deriva dal fatto che il cuore è già altrimenti mosso da altri oggetti più potenti o dal fatto che non se ne ha esperienza. I termini buono, cattivo e disprezzabile -> usati con riferimento alla persona che se ne serve, dato che non esiste nulla di simile in senso singolare ed assoluto, e nessuna regola generale rispetto a ciò che è buono e cattivo che sia ricavata dalla natura degli oggetti stessi. Il bene è di tre specie: - Ciò che è buono a livello di aspettativa (pulchrum); - Ciò che è buono effettivamente (jucundum); - Ciò che è buono come mezzo che viene detto utile, vantaggioso; tre specie di male: - “turpe” = ciò che è male in termini di aspettativa”; - “molestum” = ciò che è effettivamente cattivo, fastidioso; - Ciò che è cattivo come mezzo, inutile, svantaggioso; Quando l’azione dello stesso oggetto prosegue fino al cuore -> c’è movimento consistente in appetito o avversione rispetto all’oggetto che provoca il movimento. La sensazione di quel movimento = DILETTO o DISTURBO DELLA MENTE. Piacere, o diletto = manifestazione o sensazione di ciò che è buono; molestia o dispiacere = manifestazione o sensazione di ciò che è cattivo; Fra i piaceri, o diletti, alcuni sorgono dalla sensazione di un oggetto presente = “piaceri sensibili”. Altri nascono dall’aspettativa indotta dalla prefigurazione del fine o della conseguenza delle cose = “piaceri mentali” -> GIOIA. Fra i dispiaceri, alcuni si trovano nella sensazione (chiamati PENA), altri nell’aspettativa delle conseguenze (SCORAMENTO). Queste passioni semplici (appetito, desiderio, amore, avversione, odio, gioia e scoramento) -> devono la diversificazione dei loro nomi a diverse considerazioni: ricevono nomi diversi in relazione al giudizio che gli uomini danno sulla probabilità di ottenere ciò che desiderano; in relazione all’oggetto amato o odiato; in relazione alla loro alterazione o successione. Appetito + convinzione del conseguimento dell’oggetto = SPERANZA. Appetito – tale convinzione = DISPERAZIONE. Avversione + convinzione di un danno arrecato dall’oggetto = TIMORE. Avversione + speranza di evitare quel danno resistendo = CORAGGIO. Coraggio repentino = IRA. Speranza costante = FIDUCIA in noi stessi. Disperazione costante = SFIDUCIA in noi stessi. Ira per un grave danno provocato ad un’altra persone + riteniamo che danno sia stato fatto ingiustamente = INDIGNAZIONE. Desiderio di ciò che è bene per un altro = BENEVOLENZA, BUONA VOLOTNÀ, CARITÀ. Se riguarda l’uomo in generale = NATURA BUONA. Desiderio di ricchezze = CUPIDIGIA. Desiderio di incarichi o di preminenza = AMBIZIONE. Disprezzo dei piccoli aiuti e dei piccoli impedimenti = MAGNANIMITÀ. Magnanimità in una situa di pericolo = VALORE, FORTEZZA. Magnanimità nell’uso di ricchezze = LIBERALITÀ. Amore per le persone a fini di amicizia = AFFABILITÀ. Amore per le persone in vista del puro piacere sensuale = CONCUPISCENZA NATURALE. Amore per le persone derivato dall’immaginazione del piacere passato = LUSSURIA. Amore per una singola persone + desiderio ricambio amore = PASSIONE D’AMORE. Passione d’amore + timore amore non ricambiato = GELOSIA. Desiderio di costringere una persona a condannare una sua azione = SPIRITO DI VENDETTA. Desiderio di conoscere il perché e il come = CURIOSITÀ -> non si trova in nessun’altra creatura vivente, se non nell’uomo. Timore di una potenza invisibile, frutto di una funzione della mente = RELIGIONE. Se manca l’ammissione ufficiale = SUPERSTIZIONE. Se la potenza immaginata è veramente come la si immagina = VERA RELIGIONE. Timore di cui non si conosce la ragione o l’oggetto = TIMOR PANICO. Gioia derivante dall’apprendimento di una novità = MERAVIGLIA -> propria dell’uomo perché eccita l’appetito di conoscere la causa. Gioia che deriva dall’immaginare il proprio potere e la propria abilità = GLORIFICAZIONE = fiducia in sé stessi. Se si fonda sull’adulazione altrui = VANAGLORIA -> consiste nel fingere di supporre in noi stessi delle abilità che sappiamo non possedere. Gloria improvvisa = passione che produce le smorfie chiamate RISO e nasce sia quando si compie all’improvviso qualche azione che ci fa piacere. Depressione improvvisa = passione che causa il PIANTO -> provocata da accidenti come la caduta improvvisa di qualche grande speranza (i più soggetti sono donne e bambini). Scoramento per scoperta di una mancanza di abilità = VERGOGNA -> passione che si manifesta nell’ARROSSIRE. Disprezzo per la buona reputazione = IMPUDENZA. Scoramento per la disgrazia di un’altra persona = PIETÀ -> chiamata anche COMPASSIONE e SIMPATIA. Disprezzo o scarsa sensibilità alle disgrazie altrui = CRUDELTÀ. Quando nella mente umana si produce un’alternanza di appetiti e di avversioni, di speranze e di timori che hanno ad oggetto una stessa cosa e si presentano in successione nei nostri pensieri conseguenze diverse, buone e cattive, derivanti dal compiere o dall’omettere l’azione proposta -> a volte proviamo appetito, altre volte avversione nei suoi confronti, a volte speriamo di essere in grado di compierla, altre volte no -> intera somma di questi desideri/avversioni/speranze/timori protratti fino a quando l’azione viene compiuta = DELIBERAZIONE. Essa consiste nel mettere fine alla libertà che avevamo di fare o di non fare, secondo il nostro appetito o la nostra avversione. La deliberazione appartiene agli uomini ma anche alle bestie. Nella deliberazione, l’ultimo appetito o l’ultima avversione che precede immediatamente l’azione o l’omissione di essa, è ciò che chiamiamo VOLONTÀ: l’atto di volere. Le bestie, quindi, possiedono anch’esse la volontà. Secondo le Scuole -> volontà = appetito razionale -> per Hobbes non è buona perché, se lo fosse, non potrebbe darsi alcun atto volontario contro la ragione! Forme del linguaggio che esprimono le passioni sono in parte le stesse e in parte differenti da quelle con cui esprimiamo i nostri pensieri: - Deliberazione è espressa “in forma congiuntiva” = modo verbale idoneo a significare delle supposizioni con le loro conseguenze (es. se si fa questo, allora seguirà quest’altro). Non differisce dal linguaggio del ragionamento, se non per il fatto che il ragionamento si esprime in termini generali, mentre la deliberazione riguarda per lo più dei particolari; - Linguaggio del desiderio e dell’avversione è “imperativo”; - Per il desiderio del conoscere esiste l’espressione interrogativa; I segni migliori della presenza delle passioni stanno nell’espressione del volto, nei movimenti del corpo, nelle azioni, nei fini o negli scopi che veniamo a conoscere per via diversa come presenti negli individui in questione. Continuo successo nell’ottenere quelle cose che di volta in volta si desiderano, cioè la continua riuscita = FELICITÀ. La vita stessa non è altro che movimento e non può mai essere senza desiderio o senza timore, non più di quanto possa essere senza sensazione. La forma di linguaggio con cui viene significata la convinzione della bontà di qualcosa è la LODE. Quella con cui si significa la potenza e la grandezza di qualcosa = MAGNIFICAZIONE. Capitolo settimo – LE “CONCLUSIONI” O “RISOLUZIONI” DEL “DISCORSO” Per ogni “discorso” (guidato dal desiderio di conoscere) esiste da ultimo una “conclusione”, sia che lo scopo venga raggiunto o che lo si abbandoni. Se il discorso è puramente mentale, in qualunque punto si interrompa la catena del discorso, la si lascia nella presunzione che sarà o non sarà oppure che è stato o non è stato = OPINIONE. L’ultima opinione nella ricerca della verità sul passato e sul futuro = GIUDIZIO. La catena completa delle alterne opinioni relative al vero o al falso = DUBBIO. Nessun discorso, di qualunque genere sia, può concludere ad una conoscenza assoluta di un fatto, passato o futuro, perché la conoscenza di un fatto è originariamente sensazione e da quel momento in poi memoria. La conoscenza delle conseguenze (=scienza) non è assoluta ma condizionale. Quando al discorso viene data forma verbale e comincia con le definizioni delle parole -> procede attraverso la connessione di queste in affermazioni generali -> connessione di queste ultime in sillogismi -> il termine finale o ultima somma = conclusione. Il pensiero della mente espresso da quest’ultima è quella conoscenza condizionale, comunemente detta SCIENZA. Ma se il primo fondamento di questo discorso non sono le definizioni o se queste non vengono connesse correttamente in sillogismi -> OPINIONE. - Ascoltare il consiglio di una persona o una sua affermazione -> segno che noi la reputiamo saggia, intelligente. - Essere d’accordo con l’opinione di una persona -> segno che si approvano il suo giudizio e la sua saggezza. - L’imitazione -> deriva da una forte approvazione. Tutte queste forme di onore sono naturali, tanto all’interno quanto al di fuori degli Stati. Ma negli Stati esistono altre forme di onore: - Sovrano fa onore ad un suddito con un titolo, una carica, un impiego, un’azione. La fonte dell’onore civile sta nella persona dello Stato e dipende dalla volontà del sovrano. Perciò ha carattere temporaneo e viene chiamato “onore civile”. - Essere onorati, amati o temuti da molti è onorevole in quanto dimostrazione di potere; - Dominio e la vittoria sono onorevoli perché si ottengono per mezzo del potere; - La buona fortuna è onorevole come segno della benevolenza divina; - Magnanimità, liberalità, speranza e coraggio sono onorevoli; - Risolvere o determinare al momento opportuno ciò che si deve fare è onorevole perché significa disprezzo delle piccole difficoltà e dei pericoli; - Tutte le azioni e discorsi che procedono da una grande ricchezza di esperienza, scienza, discernimento o intelligenza sono onorevoli perché tutte queste cose costituiscono dei poteri. Azioni o parole che procedono dall’errore = disonorevoli. - Discendere da genitori illustri è onorevole. Sotto il profilo dell’onore le cose non cambiano per il fatto che un’azione sia giusta o ingiusta. L’onore sta soltanto nell’opinione del potere: gli antichi pagani, infatti, onoravano grandemente gli dèi anche se questi ultimi, si raccontava, compivano ratti, furti, e altre azioni ingiuste. Anche fra gli uomini, fino a quando non si furono costituiti i grandi Stati, non era ritenuto un disonore essere un pirata o un predone, lo si riteneva anzi una forma di commercio legittima (fra i Greci ma anche fra tutte le altre nazioni). - Scudi e le cotte d’armi ereditarie, nel caso in cui comportino qualche privilegio eminente, sono onorevoli -> genere di onore è derivato dagli antichi Germani. - Titoli onorifici come duca, conte, marchese e barone -> onorevoli perché significano il valore che ad essi viene attribuito dal potere sovrano dello Stato. Questi titoli, derivanti alcuni dai Romani, altri dai Germani, altri dai Francesi, designavano cariche e comandi. La CAPACITÀ è qualcosa di diverso dal pregio o dal valore di una persona e anche dal suo merito o dalla sua ricompensa, e consiste in una particolare forma di potere o di abilità rispetto a ciò di cui si dice che è capace. Questa particolare forma di abilità = IDONEITÀ o “attitudine”. Il più capace è colui che risulta più idoneo per il possesso delle qualità richieste al buon espletamento di quelle funzioni. Capitolo undicesimo – LA DIFFERENZA DEI “COSTUMI” COSTUMI = non il comportamento educato/buona educazione, ma sono quelle qualità umane che interessano la vita associata in pace e in unità. Felicitò di questa vita -> non consiste nel riposo di una mente soddisfatta. Infatti, non si dà in questa vita un “finis ultimus” e il “summum bonum”. Per Hobbes la felicità è un continuo progresso del desiderio di un oggetto ad un altro, dove il raggiungimento del primo non è altro che la via per il conseguimento del secondo. Le azioni volontarie + inclinazioni di tutti gli uomini -> tendono ad assicurarsi una vita ricca di soddisfazioni. Hobbes considera come inclinazione generale di tutta l’umanità il desiderio ininterrotto di acquistare un potere dopo l’altro che cessa solo con la morte. Causa di questo: non è possibile assicurarsi il potere e i mezzi per vivere bene che si hanno nel momento presente, senza acquisirne di maggiori (es. i re, raggiungono i loro fini, ma poi desiderio di nuove conquiste e così aumentare agi e piaceri). La competizione per acquisire ricchezze, potere ecc. -> inclina alla rivalità, all’inimicizia e alla guerra. Desiderio di agi e piaceri sensuali disponi gli uomini all’obbedienza nei confronti di un potere comune. Uomini in condizioni di bisogno e arditi, insoddisfatti della loro condizione sono inclini a mantenere vive le cause della guerra e a suscitare disordini. Il desiderio di conoscenza e delle arti pacifiche inclina gli uomini all’obbedienza nei confronti di un potere comune -> implica desiderio di ozio, protezione da parte di un potere diverso dal proprio. Desiderio di elogi -> dispone ad azioni lodevoli, tali da piacere a coloro di cui si stima il giudizio. Importanza del desiderio di una fama postuma: gli uomini ricavano una soddisfazione presente nella previsione di questa fama e del beneficio che può ricadere sulla loro posterità. Ricevere da una persona, che riteniamo al pari di noi, dei benefici maggiori di quelli che speriamo di ricambiare -> fingere di amarla, in realtà la si odia -> condizioni di debitore: i benefici obbligano. L’obbligazione è una forma di schiavitù e l’obbligazione di cui non si può sdebitarsi è una schiavitù perpetua (odiosa se nei confronti di un proprio pari). Invece l’aver ricevuto benefici da una persona che riconosciamo superiore -> si è inclinati ad amarla, perché l’obbligazione non provoca abbattimento. Ricevere benefici da un uguale o da un inferiore dispone all’amore nel caso in cui c’è speranza di ricambiarli -> in questo caso l’obbligazione è di aiuto e servizio reciproci e genera emulazione. Procurare a qualcuno un danno più grave di quel che si possa o si voglia riparare => odiare chi lo ha patito. Timore dell’oppressione dispone a prevenirla o a cercare aiuto attraverso l’associazione. Persone vanagloriose, che amano credersi dei valorosi -> inclini solo all’ostentazione ma non al rischio. Sono inclini ad impegnarsi avventatamente e a ritirarsi all’avvicinarsi del pericolo. Preferiscono rischiare l’onore (che può essere salvato con una scusa) piuttosto che la vita. Frugalità: rende inadatti a compiere quelle azioni che richiedono la forza di molti uomini riuniti, perché indebolisce la capacità d’azione. Eloquenza + adulazione -> dispone gli uomini ad avere fiducia in coloro che la possiedono perché la prima è apparenza di saggezza e la seconda di affabilità. Se si aggiunge la rinomanza militare -> uomini disposti ad associarsi e ad assoggettarsi a coloro che le possiedono. Ignoranza delle cause -> costringe ad affidarsi al consiglio o all’autorità. Ignoranza del significato delle parole -> dispone ad accogliere con fiducia non solo le verità che non si conosce ma anche gli errori, le assurdità di coloro ai quali si presta fiducia. Ignoranza delle cose remote dispone gli uomini ad attribuire tutti gli eventi a cause immediate e strumentali. L’ignoranza delle cause naturali dispone alla credulità, tanto da fare credere molte volte a cose impossibili, perché non si conosce nulla di contrario al fatto che possano essere vere e non si è in grado di scoprirne l’impossibilità. L’ansia per il futuro dispone a ricercare le cause delle cose -> si ordina il presente in vista del massimo vantaggio. Curiosità o amore per la conoscenza delle cause conduce dalla considerazione dell’effetto alla ricerca della causa, e poi della causa di quella causa fino a quando si deve necessariamente arrivare da ultimo a pensare che esista una causa per la quale non si dà una causa che la preceda, ma che è eterna, la causa che gli uomini chiamano Dio. È impossibile condurre un’indagine approfondita sulle cause naturali senza essere inclinati a credere che esista un Dio eterno. Anche coloro che conducono poche o nessuna indagine sulle cause naturali delle cose sono inclini a supporre e a fingere dentro di sé diversi tipi di poteri invisibili e ad aver timore delle loro stesse immaginazioni e ad invocarle nei momenti di difficoltà, a ringraziarle. È accaduto che per la grande varietà della fantasia gli uomini hanno creato molte specie di dèi. Capitolo dodicesimo – LA RELIGIONE Il germe della “religione” si trova nell’uomo. 1. Natura dell’uomo: indagare le cause degli eventi cui assistono, tutti quel tanto sufficiente per nutrire curiosità nella ricerca delle cause della propria buona e cattiva fortuna. 2. Alla vista di una cosa che ha un inizio -> uomo nota che ha avuto una causa e che qualcosa ne ha determinato l’inizio in quel determinato momento. 3. Animali -> felicità = godere del cibo, loro benessere. Uomo -> osserva come un evento sia stato prodotto da un altro e ne ricorda l’antecedente e il conseguente; quando non può accertarsi delle vere cause delle cose, le congettura (attraverso l’immaginazione o affidandosi ad autorità che considera più sagge di lui). Prime due inclinazioni: creano ansietà -> siccome le cose che accadono/accadranno hanno una causa, è impossibile per un uomo (che cerca di evitare il male e di procurarsi il bene) non essere in apprensione continua riguardo al tempo a venire. Questo perpetuo timore che accompagna sempre l’umanità deve necessariamente avere qualcosa per oggetto. La buona/cattiva sorte non può essere imputata a nessuno se non ad un qualche “potere” o agente “invisibile”. Forse gli antichi -> creato gli dèi in seguito a questa paura. Ma il fatto di riconoscere un unico Dio, terno, infinito, onnipotente può più facilmente essersi originato dal desiderio degli uomini di conoscere le cause dei corpi naturali, piuttosto che dal timore di quello che sarebbe accaduto in loro avvenire. Inoltre ci deve essere un primo e unico motore -> una causa prima ed eterna di tutte le cose, che è Dio. Materia o sostanza degli agenti invisibili: gli uomini ritenevano che la materia fosse la stessa di quella dell’anima umana. I Latini li chiamavano “imagines” e “umbrae” e li credevano spiriti, sottili corpi eterei. Ma l’idea che tali spiriti fossero incorporei o immateriali non ha mai potuto entrare naturalmente nella mente di alcuno. Gli uomini attribuivano la propria sorte a un luogo che porta fortuna o sfortuna, a parole pronunciate, come incantesimi e scongiuri. Del culto facevano parte anche: doni, petizioni, ringraziamenti, atteggiamento sottomesso, contegno, giuramenti ecc. Riguardo al modo in cui le potenze invisibili rivelano agli uomini le cose che accadranno in futuro, gli uomini si trovano a un punto morto. In queste quattro cose, il credere negli spiriti, l’ignoranza delle cause seconde, la devozione nei confronti di ciò che gli uomini temono, l’attribuzione del valore pronostico alle coincidenze casuali, consiste il germe naturale della “religione”. Questi germi -> coltivati da due tipi di religioni: - La religione che è parte della politica umana insegna parte dei doveri che i re terreni impongono ai loro sudditi (appartengono tutti i fondatori di Stati e i legislatori dei Gentili); - La religione che è politica divina e contiene i precetti per coloro che si sono resi sudditi del regno di Dio (appartengono Abramo, Mosè e Gesù Cristo); Religione che crede nelle potenze invisibili: l’informe materia del mondo era un dio: Chaos. Il cielo, la terra, i pianeti, il fuoco, i venti ecc. erano dèi. Coloro che praticavano questa religione riempirono di spiriti (demoni) quasi tutti i luoghi. Attribuirono carattere divino a meri accidenti e qualità (Tempo, Pace, Concordia, Amore, Rivalità ecc.). invocavano anche il loro proprio ingegno sotto il nome di Muse. Gli stessi autori della religione dei Gentili, individuando il secondo fondamento della religione (l’ignoranza) -> ne approfittarono per introdurre nella loro ignoranza un genere di dèi secondi e strumentali: la causa della fecondità a Venere, delle Arti ad Apollo, dell’acutezza e astuzia a Mercurio ecc. Gli stessi legislatori dei Gentili hanno aggiunto le loro immagini, sia dipinte sia scolpite, affinché gli uomini più ignoranti li elogiassero e servissero (dotare di terre, case ecc.). a questi dèi vennero attribuiti la collera, la vendetta e le altre passioni degli esseri viventi, tutti i vizi. Scopo dei fondatori della religione dei Gentili: - Convincere gli altri credenti che i precetti della loro religione -> no invenzione ma da dettami di qualche dio; - Far credere che quelle stesse cose che erano vietate dalle leggi dispiacevano agli dèi; - Prescrivere cerimonie, supplicazioni, sacrifici capaci di placare la collera degli dèi; Da tutto ciò si vede in che modo la religione dei Gentili era una parte del loro ordinamento politico. Tutte le religioni costituite si fondano da principio sulla fede che una moltitudine di uomini ripone in un singolo uomo. Crisi di una religione: quando avviene lo smascheramento dei fini personali -> come quando la credenza che alcuni esigono da altri porta ad una loro acquisizione di dominio, ricchezza e dignità o ad assicurare piacere, ad essi solo o ad essi soprattutto. Religione cristiana: mentre essa si radicava, il numero dei cristiani si accresceva per effetto degli Apostoli e degli Evangelisti + disprezzo per i sacerdoti dei Gentili. Religione della Chiesa di Roma abolita in Inghilterra e in altri posti -> perché gli scolastici introdussero nella religione la filosofia di Aristotele da cui sorsero così tante contraddizioni e assurdità da far si che il clero fosse reputato ignorante. Causa principale dei cambiamenti di religione di questo mondo: il discredito in cui cadono i sacerdoti, non solo tra i cattolici ma anche in quella Chiesa che più di tutte ha la pretesa di aver attuato una riforma. Capitolo tredicesimo – LA “CONDIZIONE NATURALE” DELL’UMANITÀ RIGUARDO ALLA SUA FELICITÀ E ALLA SUA MEDESIMA Natura ha fatto gli uomini così uguali nelle facoltà del corpo e della mente che la differenza tra uomo e uomo non è così tanto profonda: es. quanto alla forza corporea, il più debole ne ha a sufficienza per uccidere il più forte, sia ricorrendo ad una macchinazione segreta, sia alleandosi con altri che corrono il suo stesso pericolo. Facoltà della mente -> tra gli uomini c’è un’eguaglianza ancora più grande di quella della forza fisica. Terza legge di natura: “gli uomini debbono mantenere i patti che hanno fatto” -> senza di essa i patti si fanno invano e non sono che parole vuote -> si è ancora nella condizione di guerra. Da questa legge ha origine la GIUSTIZIA. No patto -> ognuno ha diritto a ogni cosa -> no azione ingiusta. Patto -> “ingiusto” è l’infrangerlo. INGIUSTIZIA = non adempimento del patto. Ci deve essere un qualche potere coercitivo che costringa all’adempimento dei patti e che renda valida la “proprietà” rinunciando al diritto universale -> questo potere non esiste prima dell’istituzione dello Stato. Questo lo si può capire anche dalla definizione di giustizia data nelle Scuole: “la giustizia è la volontà costante di dare a ciascuno il suo” -> non esiste “suo”, ossia dove non esiste proprietà, non esiste ingiustizia; proprietà non esiste dove non esiste Stato siccome tutti gli uomini hanno diritto a tutte le cose: quindi dove non esiste Stato nulla è ingiusto! Chi infrange il proprio patto, dichiarando di ritenere di poterlo fare con ragione -> non può essere ammesso in nessuna società che si unisca per la pace e la difesa, se non per errore di coloro che lo ammettono; né può esservi mantenuto senza che questi ultimi si avvedano del pericolo derivante dal loro errore. Se egli è lasciato fuori o espulso dalla società, perisce. Se vive in società, è per errore degli altri uomini. La felicità la si può guadagnare in un solo modo: non infrangendo i patti, ma mantenendoli. Tentativo di ottenere la sovranità con la ribellione -> è contro ragione perché da questo modo di acquistare la sovranità altri apprendono ad acquistarla nella stessa maniera. “giusto” e “ingiusto” -> un significato quando sono attribuiti agli uomini, un altro quando sono attribuiti alle azioni. - Uomini: significano la conformità, o la non conformità, dei costumi alla ragione. - Azioni: significano la conformità, o la non conformità, alla ragione non dei costumi ma di azioni singole. Un uomo giusto è quello che pone tutto l’impegno che può nel far sì che le sue azioni possano essere tutte giuste; mentre un uomo ingiusto è quello che trascura di far ciò (onesto vs disonesto). Un uomo onesto non perde questo titolo per una o più azioni ingiuste causate da una passione improvvisa o da un errore (stessa cosa vale al contrario per il disonesto). Ciò che dà alle azioni umane il sapore di giustizia: nobiltà, eccellenza di coraggio. Il nome che spetta agli uomini per la giustizia delle azioni non è quello di giusti ma di “innocenti” e, per l’ingiustizia delle medesime, è quello di “colpevoli”. L’ingiustizia dei costumi è la predisposizione o l’attitudine a far torto agli altri. L’ingiustizia dell’azione presuppone uno specifico individuo oggetto del torto, precisamente colui con il quale era stato fatto il patto. Giustizia delle azioni è divisa in: - Commutativa: consiste in una proporzione aritmetica -> è la giustizia dei contraenti; - Distributiva consiste in una proporzione geometrica -> è la giustizia dell’arbitro (cioè l’atto del definire ciò che è giusto) La ricompensa del merito rappresenta non qualcosa di dovuto per giustizia, ma di elargito per grazia. GRATITUDINE: dipende da una grazia antecedente, cioè da una libera donazione antecedente. Da qui deriva la quarta legge di natura: “un uomo che riceva un beneficio da un altro per pura grazia, si deve sforzare affinché il donatore non abbia alcun ragionevole motivo di pentirsi della propria benevolenza”. Quinta legge di natura è la COMPIACENZA: “ognuno deve sforzarsi di adattarsi agli altri”. Per Hobbes deve essere lasciato fuori o espulso dalla città un uomo che vuole con ogni sforzo mantenere il possesso di cose che sono, per lui, superflue ma necessarie per altri, e che non è correggibile”. Coloro che osservano questa legge sono chiamati SOCIEVOLI. Sesta legge di natura: “previa garanzia per il futuro, un uomo deve perdonare le offese passate di coloro che, pentendosi, lo richiedono”. Il PERDONO = l’accordare la pace e, sebbene l’accordarla a coloro che perseverano nella loro ostilità sia non pace ma timore, il non accordarla a coloro che danno garanzia per il tempo futuro, è nondimeno segno di avversione alla pace e, quindi, contrario alla legge di natura. Settima legge di natura: “nelle vendette gli uomini devono guardare non alla grandezza del male passato, ma alla grandezza del bene che ne deve nascere” -> è proibito infliggere punizioni con altro disegno che non sia la correzione di chi ha recato offesa o l’ammonimento degli altri. Ottava legge di natura: “nessuno deve con atti, parole, contegno, o gesti manifestare odio o disprezzo per qualcun altro”. L’infrazione di questa legge = “oltraggio”. Per Hobbes, l’attuale disuguaglianza è stata introdotta dalle leggi civili. Aristotele sosteneva che padrone e servo erano stati introdotti non dal consenso degli uomini ma dalla differenza dell’ingegno (per Hobbes questo è contro ragione e contro l’esperienza). Se la natura ha fatto gli uomini uguali, questa uguaglianza dev’essere riconosciuta. Quindi come nona legge di natura: “ognuno deve riconoscere l’altro come uguale a sé per natura”. Da questa legge dipende quella seguente: “nell’entrata nello stato di pace, nessuno deve richiedere di riservare a sé alcun diritto che non sia favorevole che venga riservato a ciascuno degli altri”. Altro precetto della legge di natura: “colui al quale viene affidato di far da giudice fra uomo e uomo faccia eguali ripartizioni fra loro”. Senza di ciò le controversie fra gli uomini non possono essere risolte che con la guerra. Osservanza di questa legge = EQUITÀ. Da questa legge ne segue un’altra: “le cose che non possono essere divise devono essere godute in comune e, se la quantità della cosa lo permette, senza restrizione; altrimenti proporzionalmente al numero di coloro che ne hanno diritto”. Ci sono alcune cose che non possono essere né divise né godute in comune. Allora la legge di natura richiede che “l’intero diritto, o il primo possesso, sia determinato, mediante un ricorso alla sorte”. Due tipi di sorte: - Convenzionale -> quella concordata dalle parti in lizza. - Naturale -> è la primogenitura. Le cose che non possono essere né godute in comune né divise devono essere aggiudicate al primo possessore (o al primogenito). Altra legge di natura: “coloro i quali abbiano una controversia sottomettano il loro diritto al giudizio di un ARBITRO”. In nessun caso dovrebbe essere accettato come arbitro qualcuno al quale oggettivamente derivi maggior profitto/piacere dalla vittoria di una parte che dall’altra -> sarebbe corrotto. Queste sono le leggi di natura che dettano la pace come mezzo per la conservazione degli uomini che sono radunati in società. Per non lasciare agli uomini alcuna scusante, Hobbes scrive una formula generale che comprende tutte le leggi presentate: “non fare a un altro ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso”. Leggi di natura -> immutabili ed eterne, sono facili da osservare. La scienza di queste leggi è la vera e unica filosofia morale. La filosofia morale non è altro che la scienza di ciò che è bene e male nei rapporti e nella società degli uomini. Capitolo sedicesimo – “PERSONE, AUTORI” E COSE IMPERSONATE PERSONA = colui le cui parole o azioni sono considerate o come sue proprie, o come rappresentanti le parole o azioni di un altro o di qualunque altra cosa cui vengono attribuite. - Azioni sue proprie -> persona naturale - Azioni rappresentanti parole e azioni di un altro -> persona fittizia o artificiale La parola “persona” è latina e significa travestimento o uomo camuffato sul palcoscenico. Dal palcoscenico il termine è stato trasferito a chiunque parli o agisca in rappresentanza di altri (es. teatri e tribunali). Così una “persona” è la stessa cosa di un “attore”, sia sul palcoscenico sia nella vita quotidiana. Persone artificiali -> alcune hanno il riconoscimento delle loro parole e azioni da parte di coloro che essi rappresentano. Allora la persona è l’attore, colui che ne riconosce le parole e le azioni è l’AUTORE. AUTORITÀ = diritto di fare un atto. Quando l’attore fa un patto con autorità, vincola con esso l’autore non meno che se quest’ultimo l’avesse fatto egli stesso. Quando l’attore fa qualcosa contro la legge di natura per comando dell’autore, se egli è obbligato a obbedirgli in forza di un precedente patto, allora, non lui, ma l’autore infrange la legge di natura -> l’azione infatti non è dell’attore. Un idolo (una pura invenzione del cervello) può essere impersonato, come lo furono gli dèi pagani. Ma gli idoli non possono essere autori, poiché un idolo non è nulla. Il vero Dio può essere impersonato. E lo è stato: da Mosè, Gesù Cristo, Spirito Santo. Una moltitudine diviene “una sola” persona, quando gli uomini che la costituiscono vengono rappresentati da un solo uomo/persona e ciò avviene col consenso di ogni singolo appartenente alla moltitudine. È l’unità di colui che rappresenta, non quella di chi è rappresentato, che rende “una” la persona. La moltitudine, di natura, è non “una” ma “molti” -> non può essere intesa come un solo autore ma come molti autori. - Rappresentante è costituito da molti uomini -> bisogna considerare come voce di tutti quella del maggior numero. - Rappresentante costituito di un numero pari di membri -> è muto e incapace di azione Ci sono due generi di autori: 1. Il primo riconosce l’azione di un altro; 2. Il secondo riconosce un’azione o patto di un altro e si impegna a fare l’azione o ad adempiere al patto, se quest’altro non vi adempie al tempo stabilito o prima. Questi autori condizionali sono chiamati MALLEVADORI. Seconda parte. LO STATO. Capitolo diciassettesimo – CAUSE, GENERAZIONE E DEFINIZIONE DI “STATO” Causa finale degli uomini della costituzione degli Stati: preoccupazione della propria conservazione e di una vita più soddisfatta -> necessità di tarsi fuori dalla condizione di guerra. Leggi di natura, in sé stesse, senza il terrore di qualche potere a far sì che siano osservate -> sono contrarie alle passioni naturali. Se non c’è il potere della spada -> i patti non sono che parole. Città e regni espandono i propri domini con ogni pretesto di pericolo. La grandezza della moltitudine sufficiente a rassicurarci sulla nostra sicurezza non è determinata da un numero fisso, ma attraverso un paragone col nemico che temiamo. Ma anche se la moltitudine fosse quanto mai grande -> se le azioni fossero dirette secondo i giudizi/inclinazioni dei singoli -> non si può essere sicuri della protezione. Infatti, divergendo nelle varie opinioni -> non si aiutano ma si ostacolano a vicenda => vengono facilmente sottomessi da pochissimi che sono fra di loro d’accordo; ma anche quando non c’è un nemico comune si fanno reciprocamente guerra per i loro interessi particolari. Confronto uomini vs api/formiche (che vivono socievolmente pur perseguendo i propri interessi particolari): - Gli uomini sono in continua competizione tra loro per l’onore e la dignità -> nasce invidia e odio -> guerra; - Nelle altre creature il bene comune non differisce dal privato; - Esse, non avendo l’uso della ragione, non vedono pecche nell’amministrazione degli affari comuni -> gli uomini invece ne vedono molte; - Le creature irrazionali non possono distinguere fra “torto” e “danno” quindi non si sentono offese dalle loro compagne (contrario gli uomini); - L’accordo tra le altre creature è naturale, quello fra gli uomini deriva solo dal patto ed è artificiale; Unico modo di erigere un potere comune che possa essere in grado di difenderli dall’aggressione di stranieri e dai torti reciproci è quello di trasferire tutto il loro potere e tutta la loro forza a un solo uomo o ad una sola assemblea di uomini. Si tratta di una reale unità di tutti gli uomini in una sola e stessa persona, realizzata mediante il patto di ciascuno con tutti gli altri. La moltitudine così unita in una sola persona si chiama STATO, in latino CIVITAS. È questa la generazione del LEVIATANO, di quel “dio mortale” al quale si deve la pace e la difesa. Possiede di tanta potenza e di tanta forza a lui conferite, che col terrore da esse suscitato è in grado di modellare le volontà di tutti i singoli in funzione della pace, in patria, e dell’aiuto reciproco contro i nemici di fuori. In lui risiede l’essenza dello Stato. Chi incarna questa persona si chiama SOVRANO e si dice che abbia il “potere sovrano”; ogni altro si chiama SUO SUDDITO. Raggiungimento di questo potere sovrano avviene in due modi: - Attraverso la forza naturale: un uomo costringe i propri figli a sottomettere sé stessi e i loro figli al proprio governo, in quanto è in grado di distruggerli se rifiutano -> STATO PER ACQUISIZIONE. In un’aristocrazia, se muove uno dei membri dell’assemblea, l’elezione di un altro al suo posto appartiene all’assemblea medesima. Difficoltà più grande per quanto riguarda il diritto di successione per la monarchia: a prima vista non è evidente né chi debba designare il successore, né chi sia colui che è stato designato. Chi deve designare il successore: o colui che è in possesso del potere sovrano ha il diritto di disporre della successione, oppure questo diritto risiede di nuovo nella disunita moltitudine (la quale è però incapace di eleggere un nuovo monarca => condizione di guerra). Chi è il prossimo monarca: o attraverso il testamento del sovrano o attraverso altri taciti segni che siano sufficienti a manifestare la sua volontà. Dove mancano testamento/parole esplicite -> bisogna seguire altri segni naturali della volontà, come la consuetudine: il parente più prossimo. Ma se non ci si può basare né su una consuetudine né si un testamento: volontà di un monarca che il governo resti monarchico; uno suo figlio/a viene preferito a chiunque altro; se manca la discendenza allora si sceglie un parente prossimo o remoto. Altrimenti si può vendere o cedere il proprio diritto di governare a uno straniero. Capitolo ventesimo – DOMINIO “PATERNO” E DOMINIO “DISPOTICO” “Stato per acquisizione” = potere sovrano è acquisito con la forza, cioè quando molti uomini autorizzano, per paura della morte, tutte le azioni di quell’uomo/assemblea che ha in potere le loro vite e la loro libertà. È una sovranità che differisce dalla sovranità per istituzione solo in ciò -> cioè che gli uomini scelgono il loro sovrano lo fanno per paura l’uno dell’altro e non di colui che istituiscono; mentre in questo caso si sottomettono a colui di cui hanno timore. IN AMBEDUE I CASI LO FANNO PER PAURA. Ma i diritti della sovranità e le proprietà che ne derivano sono gli stessi in entrambi i tipi di Stato. Anche il potere del sovrano di uno Stato per acquisizione non può, senza il suo consenso, essere trasferito a un altro. Il sovrano è il solo legislatore, il giudice supremo delle liti e dei tempi opportuni per fare la pace/guerra. A lui spetta scegliere i magistrati, consiglieri, comandanti ecc. Il dominio si acquisisce in due modi: per generazione e per conquista. Il diritto di dominio per generazione è quello che il genitore ha sui propri figli = DIRITTO PATERNO. Il “dominio” del figlio, secondo Hobbes, non è per forza del padre. Negli Stati, questa controversia è risolta dalla legge civile e nella massima parte dei casi la sentenza è favorevole al padre, poiché perlopiù gli Stati sono fondati dai padri e non dalle madri delle famiglie. Per il dominio del figlio si stipula un contratto tra moglie e marito. Se non c’è contratto, il dominio appartiene alla madre perché il figlio deve la propria vita alla madre (è lei che gli assicura la sopravvivenza). Se la madre è soggetta al padre, il figlio è in potere del padre; se il padre è soggetto alla madre, il figlio è soggetto alla madre. Se un uomo e una donna, monarchi di due diversi regni, hanno un erede -> si accordano attraverso un contratto, altrimenti il dominio coincide col dominio sul luogo di residenza. Chi ha il dominio sul figlio, ha anche il dominio sui figli del figlio e sui figli dei loro figli. Il dominio acquisito mediante conquista o vittoria in guerra = DISPOTICO -> è il dominio del padrone sul suo servo. Il servo però non è prigioniero, ma un uomo al quale è stato concesso di disporre liberamente del proprio corpo e al quale è stata data fiducia dal suo padrone. Non è pertanto la vittoria che dà il diritto di dominio sul vinto, ma il patto che egli fa. Il padrone del servo è padrone anche di tutto ciò che questi possiede, e può esigerne l’uso. Caso in cui un uomo è monarca di diverse nazioni e detiene, in una, la sovranità per istituzione e, in un’altra, per conquista: il sovrano è parimenti assoluto. Hobbes mette in relazione tutto questo discorso con le Scritture. Infine Hobbes ricorda che, sebbene di un potere così illimitato si possano immaginare molte conseguenze dannose, tuttavia le conseguenze della mancanza di esse (guerra perpetua) sono peggiori. La condizione dell’uomo in questa vita non sarà mai esente da inconvenienti, ma gli unici grandi inconvenienti che si verificano sono quelli che derivano dalla disobbedienza dei sudditi e dall’infrazione di quei patti, dai quali lo Stato trae la propria esistenza. Nazioni i cui Stati hanno avuto lunga durata e sono stati abbattuti solo da guerre esterne = quelle in cui i sudditi non hanno mai messo in discussione il potere sovrano. L’arte di costruire e conservare gli Stati consiste in certe regole (es. aritmetica e geometria) e non solo nella pratica. Capitolo ventunesimo – LA LIBERTÀ DEI SUDDITI LIBERTÀ = assenza di opposizione e può essere riferita non meno a creature irrazionali e inanimate che a creature razionali. UOMO LIBERO = colui che, nelle cose che è capace di fare con la propria forza e il proprio ingegno, non è impedito di fare ciò che ha la volontà di fare. Timore e libertà sono compatibili: tutte le azioni che gli uomini fanno, negli Stati, per timore della legge, sono azioni che coloro che le compiono avevano la libertà di non fare. Libertà e necessità sono compatibili: le azioni che gli uomini compiono volontariamente procedono, da una parte, dalla libertà, dall’altro, anche dalla necessità -> ogni desiderio/inclinazione procede da qualche causa, questa da un’altra ecc. -> fino ad arrivare alla causa prima che è Dio. Dio, che vede e dispone tutte le cose, vede anche che la libertà dell’uomo nel fare quello che vuole, è accompagnata dalla necessità di fare, ne più né meno, quello che Dio vuole. Gli uomini possono fare molte cosa che Dio non comanda, tuttavia essi non possono avere passione/appetito che non siano causati dalla volontà di Dio. Gli uomini, per raggiungere la pace e, con ciò, la propria conservazione, hanno fatto un uomo artificiale, che chiamiamo Stato; hanno fatto anche catene artificiali, le “leggi civili”. In tutti i generi di azioni trascurate dalle leggi -> uomini hanno la libertà di comportarsi nel modo che la loro ragione suggerirà come il più vantaggioso per loro stessi. Libertà di un suddito -> risiede solo in quelle cose che il sovrano ha trascurato nel disciplinare le azioni dei sudditi: libertà di comprare, di vendere e fare fra loro altri contratti, di scegliere la loro dimora, la loro dieta, la loro occupazione, di educare i figli come loro stessi ritengono opportuno ecc. Ciononostante, non dobbiamo intendere che il potere sovrano di vita e di morte sia abolito o limitato da tale libertà. La libertà di cui si parla nei libri di storia e di filosofia degli antichi Greci e Romani -> no libertà dei singoli individui, ma libertà dello Stato. Fra gli Stati che non dipendono l’una dall’altro, ogni Stato ha l’assoluta libertà di fare quello che giudica più confacente al suo interesse. Nello stesso tempo essi vivono in una condizione di perpetua guerra, sull’orlo del conflitto, con le frontiere fortificate. Molto facile essere ingannati dal nome “Libertà” e scambiare per eredità privata e diritto di nascita quello che è esclusivamente un diritto dello Stato. Vera libertà di un suddito (cioè quali sono le cose che può rifiutare di fare senza ingiustizia) -> bisogna innanzitutto considerare quali diritti trasferiamo quando facciamo lo Stato, di quale libertà ci priviamo quando riconosciamo come nostre tutte le azioni dell’uomo/assemblea che facciamo nostro sovrano. Ogni suddito ha la libertà in tutte quelle cose che non possono essere cedute per patto. I patti che implicano la promessa di non difendere il proprio corpo sono nulli. Se il sovrano comanda a un uomo di uccidersi/ferirsi -> quest’uomo ha la libertà di disubbidire. Se un uomo viene interrogato dal sovrano -> no vincolato a confessare poiché nessuno può essere obbligato per patto ad accusare sé stesso. Quando invece il nostro rifiuto di obbedire vanifica il fine per il quale è stata istituita la sovranità, allora non c’è alcuna libertà di rifiutare l’obbedienza. Concessioni sono da fare non solo alle donne ma anche a uomini dal coraggio femmineo -> no guerra -> evitare la battaglia no ingiustizia ma codardia. Chi si arruola come soldato -> perde la scusa di una natura timorosa = obbligato ad andare in battaglia e a non ritirarsi. Le altre libertà dipendono dal silenzio della legge! Nei casi in cui il sovrano non ha prescritto alcuna norma, il suddito ha la libertà di fare o non fare, a sua discrezione. Se il sovrano pretende o prende qualcosa facendo appello al proprio potere -> no possibile opposizione -> tutto ciò che da lui è fatto in virtù del suo potere è fatto con l’autorizzazione di ogni suddito e, di conseguenza, chi tenta un’azione contro il sovrano, la intenta contro sé stesso. Obbligazione dei sudditi verso il sovrano dura fino a che dura il potere con cui egli è in grado di proteggerli. Per nessun patto si può abbandonare il diritto che gli uomini hanno, per natura, di proteggere se stessi quando nessun altro può proteggerli. Il fine dell’obbedienza è la protezione. Sebbene la sovranità sia immortale, tuttavia, per sua natura non è solo soggetta a morte violenta a causa di guerra contro nemici esterni, ma anche reca in sé, fin dalla sua stessa istituzione, a causa dell’ignoranza e delle passioni, i molti semi della mortalità naturale generati dalla discordia intestina. Se un monarca rinuncia alla sovranità sia per sé sia per i suoi eredi -> sudditi tornano nell’assoluta libertà di natura, poiché, per quanto la natura possa indicare chi siano i suoi figli e parenti più prossimi, dipende dalla sua volontà chi debba essere suo erede -> no sovranità = no soggezione. Se sovrano condanna all’esilio un suo suddito -> quest’ultimo non è più suo suddito, mentre rimane tale chi viene inviato in missione. Se un sovrano sottomesso in guerra si assoggetta al vincitore, i suoi sudditi sono sciolti dalla loro precedente obbligazione -> obbligati verso il vincitore. Se sovrano viene tenuto prigioniero e non ha libertà del proprio corpo -> i suoi sudditi sono obbligati a prestare obbedienza ai magistrati esercitanti il governo non in nome proprio, ma in nome del sovrano. Capitolo ventiduesimo – “SISTEMI” SOGGETTI, POLITICI E PRIVATI Le parti dello Stato (es. i sistemi): SISTEMA = ogni insieme di uomini uniti per il perseguimento di un unico interesse, o di un unico obiettivo. I sistemi sono: - Regolari -> nei quali si costituisce un solo uomo, o un’assemblea, a rappresentante di tutto l’insieme. 1. Assoluti e indipendenti = non soggetti ad altri che al loro rappresentante; 2. Dipendenti = subordinati a qualche potere sovrano, a cui tutti (compreso il rappresentante) sono soggetti; - Irregolari -> non hanno rappresentante, consistono solo in adunanze di persone. Se non proibite dallo Stato sono legali. Sistemi subordinati (dipendenti): - Politici -> istituiti per autorità del potere sovrano dello Stato; - Privati -> costituiti dai sudditi fra loro stessi o per autorità di uno straniero: 1. Legali -> permessi dallo Stato 2. Illegali Nei corpi politici il potere del rappresentante è sempre limitato -> il potere sovrano ne definisce i limiti. Il potere illimitato, infatti, è la sovranità assoluta. Consentire a un Corpo politico di sudditi di avere un rappresentante assoluto in tutti i loro intenti e scopi sarebbe come rinunciare al governo di altrettanta parte dello Stato = divide il dominio. Limiti del potere che viene dato al rappresentante di un Corpo politico avviene attraverso: - Concessione scritta o le lettere del sovrano; - Legge dello stato; infatti, nei Corpi subordinati, le limitazioni necessarie sono talmente varie da non potersi ricordare senza lettere. Altro problema: siccome la limitazione non è sempre facile, non è possibile da delineare dettagliatamente per iscritto, sono le leggi ordinarie, comuni a tutti i sudditi, che devono determinare ciò che il rappresentante può fare legittimamente in tutti i casi nei quali le lettere stesse sono silenti. - Se in un Corpo politico il rappresentante è un uomo solo -> qualsiasi cosa egli faccia che non sia autorizzata né nelle lettere né dalle leggi, è un suo proprio atto e non un atto del Corpo. - Quando il rappresentante è un’assemblea -> tutto ciò che essa decreterà al di fuori dell’autorizzazione delle proprie lettere/leggi -> è atto sia d’assemblea, o Corpo politico, sia di ciascuno di coloro col cui voto il decreto fu fatto. Se un atto è un crimine = assemblea può essere punita (suo scioglimento, privazione delle sue lettere, multa pecuniaria). Coloro che non hanno dato il loro voto sono innocenti poiché l’assemblea non può rappresentare nessuno in cose non autorizzate dalle proprie lettere. Se in un solo uomo risiede la persona del Corpo politico e questo prende denaro in prestito -> nessun membro è obbligato a pagare il debito contratto se non il rappresentante stesso, poiché l’ha concesso. Rappresentante = assemblea + debito con un estraneo = del debito sono responsabili tutti quelli che diedero il voto favorevole alla richiesta del prestito. Rappresentante = assemblea + debito con un appartenente all’assemblea = assemblea obbligata al pagamento soltanto col fondo comune -> responsabilità di chi ha prestato. Evidenza di tutto ciò: nei Corpi politici soggetti al sovrano -> a volte è vantaggioso che un individuo si opponga ai decreti dell’assemblea rappresentante e che si preoccupi che il proprio dissenso venga registrato -> altrimenti può essere obbligato a pagare i debiti contratti da altri e divenire corresponsabile di crimini commessi da altri. ! In un’assemblea sovrana questa libertà non c’è perché chi si oppone in questo caso contesta la sovranità ! Varietà dei corpi è quasi infinita: si distinguono in base ai diversi affari, ai tempi, ai luoghi, ai numeri. Quindi il comando mira al beneficio di chi lo impartisce, mentre il consiglio al beneficio di colui che lo riceve -> un uomo può essere obbligato a fare ciò che gli viene comandato, ma non può essere obbligato a fare quello che gli viene consigliato. Nessuno può pretendere di avere diritto di dare consigli a un altro -> il consigliare è incompatibile con la ricerca di benefici personali, mentre richiedere il diritto di dar consigli a un altro denota la volontà di venire a conoscerne i disegni, o di guadagnare per sé qualche altro bene. Consiglio: chi lo richiede non può, senza violare l’equità, accusare o punire per esso. Chi dà consiglio al proprio sovrano quando questi glielo chiede, non può essere punito per un consiglio che, a prescindere dalla conformità o no rispetto all’opinione della maggioranza, sia comunque appropriato alla questione in discussione. Se un suddito consiglia a un altro di fare qualcosa di contrario alle leggi -> può essere punito dallo Stato. Consiglio + segni di pressante desiderio che venga seguito = ESORTAZIONE e DISSUASIONE. Colui che esorta non mostra deduttivamente le conseguenze di ciò che consiglia di fare -> spinge all’azione la persona cui dà consiglio, mentre colui che dissuade la distoglie da essa. Coloro che dissuadono o persuadono fanno uso di similitudini, metafore e altri strumenti dell’oratoria per persuadere gli ascoltatori a seguire il proprio consiglio. 1. Esortazione e dissuasione = diretti al bene di colui che dà il consiglio, non di colui che lo chiede -> contrario al dovere del consigliere. 2. Si ricorre all’esortazione e alla dissuasione soltanto quando si deve parlare a una moltitudine. 3. Coloro che, richiesti di consigliare, esortano e dissuadono, sono consiglieri corrotti, sedotti dal proprio interesse. Esempi della differenza fra comando e consiglio, Hobbes li ricava dalle forme di discorso che li esprimono nella Sacra Scrittura: es. “non avere altri dèi all’infuori di me” è un comando, “vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e seguimi” è un consiglio. Ci sono consiglieri “idonei” e “inidonei”: l’esperienza è la memoria delle conseguenze di azioni simili osservate nel passato, e il consiglio è il discorso con cui quell’esperienza si fa conoscere a un altro => le virtù e i difetti del consiglio sono gli stessi delle virtù e dei difetti intellettuali. Condizioni di un buon consigliere: 1. I suoi fini e il suo interesse non siano in contrasto coi fini e l’interesse di colui che egli consiglia; 2. Poiché la funzione di consigliere è di rendere manifeste le conseguenze in modo che colui che riceve il consiglio ne venga a conoscenza in maniera precisa e chiara, il consigliere deve fare un discorso in cui emerga la verità il più chiaramente possibile -> incompatibili con la funzione del consigliere: inferenze azzardate, espressioni oscure, confuse e ambigue, discorsi metaforici ecc. 3. Abilità nel consigliare deriva dall’esperienza e dal lungo studio -> quindi non si può presumere che qualcuna sia un buon consigliere se non in quegli affari nei quali non solo è molto versato ma sui cui ha anche molto meditato e riflettuto. 4. Grande conoscenza delle tendenze del genere umano, dei diritti del governo, della natura dell’equità, della legge, della giustizia e dell’onore; 5. Età matura e osservazione di anni da parte di un uomo dotato di studi più che ordinari; 6. Dote intellettuale necessaria: giudizio; 7. Necessario essere al corrente delle informazioni e delle lettere diplomatiche e di tutte le registrazioni dei trattati e delle altre transazioni intercorse fra gli Stati; È meglio ascoltare i consiglieri singolarmente piuttosto che in assemblea: ascoltandoli separatamente, si ha il consiglio di ciascuno; in assemblea molti di essi prenderanno posizione con un Sì o un No, spinti non dal proprio giudizio ma dall’eloquenza di un altro. Nell’assemblea che è composta da molti non si può evitare che ce ne siano alcuni i cui interessi siano contrari a quelli pubblici. Ascoltando ognuno separatamente, si può esaminare con frequenti interruzioni e obiezioni la verità o la probabilità delle sue ragioni e la fondatezza delle raccomandazioni che egli dà. In deliberazioni che dovrebbero restare segrete -> i consigli di molti (es. assemblee) sono pericolosi -> le grandi assemblee sono costrette ad affidare tali incombenze a commissioni più ridotte e composte di persone che siano più competenti e nella cui realtà si abbia la massima fiducia. Capitolo ventiseiesimo – LE LEGGI CIVILI LEGGI CIVILI = leggi che gli uomini sono tenuti a osservare in quanto sono membri non di questo o di quello Stato in particolare ma di uno Stato. Obiettivo di Hobbes è di mostrare quale sia la legge di questo o quel Paese, ma che cosa sia la legge. La legge in generale non è consiglio ma comando -> solo di chi lo rivolge a un altro precedentemente obbligato ad obbedirgli. “civile” -> nome della persona che comanda, che è la “Persona Civitatis”, la persona dello Stato. LEGGE CIVILE è per ogni suddito l’insieme delle norme che, oralmente o per iscritto, lo Stato gli ha ordinato di applicare per distinguere il diritto dal torto; cioè ciò che è contrario alla norma da ciò che non lo è. Le leggi sono anche criteri del giusto e dell’ingiusto. Nessuno può fare le leggi se non lo Stato, poiché la nostra soggezione è solo verso lo Stato. 1. In tutti gli Stati il legislatore è unicamente il sovrano. Legislatore = colui che fa la legge e soltanto lo Stato prescrive e comanda l’osservanza di quelle norme che chiamiamo legge; perciò legislatore = Stato. Lo Stato non è una persona, né ha la capacità di fare alcunché se non per mezzo del rappresentante => il sovrano è l’unico legislatore. 2. Il sovrano di uno Stato -> no soggetto alle leggi civili. 3. Quando una consuetudine che duri nel tempo da molto acquista l’autorità di legge -> la autorità conferita dalla volontà del sovrano manifestata dal silenzio, ed è legge solo finché dura il silenzio del sovrano su di essa. 4. Legge civile e legge di natura si contengono reciprocamente e sono di pari estensione. Leggi di natura (equità, giustizia, gratitudine ecc.) nello Stato di natura non sono propriamente leggi, ma qualità che rendono gli uomini inclini alla pace e all’obbedienza. Realmente leggi esse divengono solo quando viene istituito lo Stato. In tutti gli Stati del mondo la legge di natura è parte della legge civile e reciprocamente la legge civile è parte dei dettami della natura. Legge naturale e civile non sono differenti specie di legge, ma differenti parti della legge -> parte scritta è quella civile, quella non scritta, naturale. Diritto naturale (=libertà naturale dell’uomo) può essere ridotto e limitato. La legge è stata introdotta nel mondo per limitare la libertà naturale dei singoli uomini così da non recarsi reciprocamente offese e si aiutassero invece contro un nemico comune. 5. Se il sovrano di uno Stato sottomette un popolo che ha vissuto sotto altre leggi scritte, e lo governa dopo la conquista con le stesse leggi da cui era governato prima -> queste leggi sono le leggi civili del vincitore e non dello Stato vinto. 6. Tutte le leggi, scritte e non scritte, ricevono la loro autorità e forza dalla volontà dello Stato -> domanda: da dove derivano le opinioni che si incontrano nei libri dei giuristi di diversi Stati, i quali fanno dipendere il potere legislativo da privati cittadini o da giudici subordinati. 7. I giuristi convengono che la legge non può mai essere contro la ragione, e che la legge è non la lettera (l’interpretazione letterale di essa) ma quella che è conforme alla intenzione del legislatore. Dubbio: di chi sia quella ragione che andrà accettata come legge. A far legge non è la “Juris prudentia”, o saggezza dei giudici subordinati, ma la ragione e il comando dell’uomo artificiale, lo Stato. Inoltre, in tutte le Corti di giustizia è il sovrano che giudica e il giudice subordinato deve prestare attenzione alla ragione che muove dal suo sovrano. 8. La legge è un comando => quindi si può comprendere che il comando dello Stato è legge solamente per coloro che hanno i mezzi per prenderne cognizione. Per i mentecatti di natura, infanti e pazzi non c’è legge, né essi sono passibili del titolo di giusti o ingiusti. Ogni uomo, a cui un incidente non derivante dalla sua volontà abbia tolto i mezzi per prendere cognizione di una legge particolare, è scusato se non la osserva. Legge di natura e legge civile: Una legge che obblighi tutti i sudditi senza eccezione, che non sia scritta né in alcun altro modo resa pubblica nei luoghi in cui essi possano prenderne conoscenza, è una LEGGE DI NATURA. Le leggi di natura sono contenute in quest’unica proposizione accettata da tutti: “Non fare agli altri ciò che riterresti irragionevole che dagli altri ti fosse fatto”. Se una legge obbliga soltanto una categoria di persone o un individuo particolare e non è scritta né resa pubblica attraverso la parola -> anch’essa è legge di natura. A eccezione della legge di natura, tutte le altre leggi sono portate a conoscenza di ognuno che sarà obbligato a obbedire a esse, rendendole note attraverso la parola o la scrittura o qualche altro atto che si sappia che derivi dall’autorità sovrana. Infatti la volontà di un altro può essere intesa solo per mezzo delle sue parole o atti. Ma non basta che la legge sia scritta e resa pubblica: occorre anche che ci siano chiari segni che essa deriva dalla volontà del sovrano. Su chi sia il sovrano, nessuno può avere alcun dubbio. La difficoltà sta nell’accertamento che l’autorità derivi effettivamente dal sovrano. La legge e l’informazione: quando si tratta di accertare l’esistenza di un torto o di un crimine sulla base della legge scritta, ognuno, prima di fare il torto o di commettere il crimine -> può, ricorrendo a registri, informarsi se è un torto o no. Ognuno in realtà è obbligato a fare il massimo sforzo per informarsi delle leggi scritte che possano riguardare le sue azioni future. Altra condizione per rendere obbliganti le leggi: è nell’interpretazione e nel senso, non nella lettera, che consiste la natura della legge. Interpretazione di tutte le leggi dipende dall’autorità sovrana, e intrepreti possono essere solo coloro che sono incaricati dal sovrano. Infatti basta un interprete astuto per fare assumere alla legge un significato opposto a quello datole dal sovrano. Tutte le leggi hanno bisogno di interpretazione: - Legge di natura -> perfettamente chiara per coloro che fanno buon uso della ragione naturale. Ma diventa la più oscura delle leggi se si è accecati dall’amor di sé e da altre passioni. - Leggi scritte -> se sono brevi = facilmente fraintese; se sono lunghe = più oscure per i significati diversi di molte parole. - Nessuna legge scritta può essere ben intesa senza una perfetta comprensione delle cause finali per le quali fu fatta. L’interpretazione della legge di natura è la sentenza del giudice deputato dall’autorità sovrana ad ascoltare e risolvere le controversie che da lui dipendono; e consiste nell’applicazione della legge al caso specifico. La sentenza, che il giudice dà, è l’interpretazione della legge di natura -> è quella autentica, non in quanto sua sentenza personale, ma poiché è data in forza dell’autorità del sovrano. CONTINUARE!! Il giudice deve giudicare del diritto e del torto, non di ciò che è conveniente o scomodo per lo Stato. Le cose che fanno un buon giudice, o un buon interprete delle leggi sono: - Una corretta comprensione di quella fondamentale legge di natura chiamata “equità”; - Il disprezzo delle ricchezze non necessarie e delle promozioni; - La capacità, nel giudicare, di deporre ogni timore, rabbia, odio, amore, compassione; - Pazienza e attenzione nell’ascoltare, memoria per trattenere, assimilare e utilizzare quello che si è ascoltato; Divisione fra leggi “naturali” e leggi “positive”: - Naturali = leggi dall’eternità e si dicono non solo naturali ma anche “morali” poiché consistono nelle virtù morali; - Positive = leggi non dell’eternità ma sono fatte dalla volontà di coloro che hanno avuto il potere sovrano sugli altri; a. “umane” 1. Distributive -> fissano i diritti dei sudditi 2. Penali -> stabiliscono la pena che dovrà essere inflitta a coloro che violano la legge b. “divine” -> consistendo nei Comandamenti di Dio, vengono rivelate per tali da coloro che Dio ha autorizzato di comunicare. Ma come può un uomo essere assicurato di una rivelazione proveniente da un altro che ne è l’esclusivo destinatario? La richiesta è evidentemente impossibile. Infatti, che un altro abbia avuto una rivelazione soprannaturale della volontà di Dio, nessuno può sapere in modo infallibile attraverso la ragione naturale, ma soltanto credere. E come può uno essere obbligato a obbedire? Hobbes ritiene che si debba obbedire ma non per forza credere in essa in quanto la credenza umana e i pensieri intimi non sono soggetti ai comandi ma soltanto all’intervento ordinario o straordinario di Dio. diritti e con ciò rafforzarono il sovrano nell’esercitare i suoi nel modo che egli ritenesse più adatto ad assicurare la conservazione di tutti Vendette private + ingiurie inferte da privati -> NO definite punizioni. Essere trascurati dallo Stato e non riceverne il favore -> NO punizione perché non si subisce alcun nuovo male. Male inflitto dalla pubblica autorità senza una precedente condanna pubblica -> NO punizione, ma atto ostile. ATTI DI OSTILITÀ: - Male inflitto da un potere usurpato e da giudici privi dell’autorizzazione del sovrano; - Male inflitto senza la preoccupazione o senza la possibilità di indurre il delinquente a obbedire alle leggi; - Male inflitto per un’azione compiuta prima che ci fosse una legge che la proibisse; Dove il danno inflitto è inferiore al beneficio o alla soddisfazione che deriva dal crimine commesso -> non si può parlare di punizione e non porta gli uomini ad obbedire alla legge. Se invece una punizione prescritta dalla legge viene inflitta in maniera maggiore -> NO punizione ma atto di ostilità. Chi sta per commettere una violazione della legge, per la quale non è predeterminata una pena precisa, si attende una punizione indeterminata cioè a dire discrezionale. Male inflitto a uno che è apertamente un nemico -> non è una punizione poiché egli non fu mai soggetto alla legge o se ne era in passato svincolato. LE PUNIZIONI STABILITE PER LEGGE RIGUARDANO I SUDDITI NON GIÀ NEMICI. Le punizioni possono essere: 1. Divine 2. Umane -> pene corporali, pecuniarie, ignominia, incarceramento, esilio ecc. a. Punizioni corporali -> inferte direttamente al corpo. Alcune di queste sono “capitali” (inflizioni della morte) altre sono “meno che capitali” (sferzate, ferite). b. Punizioni pecuniarie -> consistono nella privazione di una somma di denaro, terre e altri beni comprati o venduto con il denaro. c. Ignominia = inflizione di qualcosa che è male in quanto reso disonorevole dallo Stato. Cose onorevoli per natura: coraggio, magnanimità, forza, saggezza ecc. -> non possono essere confiscate per legge quindi la loro perdita non è una punizione. Cose onorevoli rese tali dallo Stato: insegne, titoli, cariche ecc. -> possono essere tolte dall’autorità pubblica che le ha rese onorevoli, e le loro perdite sono punizioni. Incarceramento = quando un uomo viene privato della libertà dalla pubblica autorità -> può avere 2 scopi diversi: 1. Custodia sicura di un uomo sotto accusa = no punizione 2. infliggere una pena ad un uomo condannato = punizione incarceramento = ogni restrizione di movimento causata da un ostacolo esterno (es. prigione, isola, catena). ESILIO: quando un uomo, in seguito ad un crimine, viene condannato ad allontanarsi dal territorio dello Stato o da una certa parte di questo, e a non farvi ritorno o per un certo tempo prefissato o per sempre. Tutte le punizioni di sudditi innocenti sono contro la legge di natura. Invece, qualsiasi inflizione di qualsiasi male a un uomo innocente che non sia un suddito, se è per il bene dello Stato e senza violazione di alcun patto precedente non rappresenta infrazione della legge di natura. Tutti gli uomini che non sono sudditi, o sono nemici, oppure hanno cessato di esserlo in seguito a qualche patto precedente. RICOMPENSA = data o come “dono” o per “contratto”. - data per contratto = “retribuzione” o “stipendio” - data come dono = compenso dato dalla “grazia” di coloro che lo concedono, per invogliare o mettere in grado gli uomini di rendere loro servizi. Quando il sovrano di uno Stato destina uno stipendio per qualche mansione pubblica -> colui che lo percepisce è tenuto per giustizia a compiere il proprio ufficio. Solo l’onore vincola alla riconoscenza e a sforzarsi di contraccambiare. Benefici che il sovrano concede ad un suddito per timore del potere o della capacità che questi ha di nuocere allo Stato non sono propriamente ricompense -> no stipendi, no grazie ma sacrifici che il sovrano fa per placare lo scontento di uno che egli reputa più potente di sé. Capitolo ventinovesimo – LE COSE CHE INDEBOLISCONO LO STATO, O CHE NE FAVORISCONO LA “DISSOLUZIONE” Quando gli Stati si vengono a dissolvere a causa non di una violenza esterna ma del disordine interno -> colpa è degli uomini in quanto ne sono gli “artefici” e gli ordinatori. Fra le “infermità” dello Stato Hobbes conta al primo posto quelle che derivano da una istituzione imperfetta. Esse sono assimilabili alle malattie del corpo naturale causate da una procreazione difettosa: - un uomo per ottenere il regno si accontenta a volte di un potere minore di quello richiesto per conservazione della pace e per la difesa dello Stato. - Quando i re si privano di qualche potere necessario, non è sempre a causa dell’ignoranza di ciò che è necessario al compito che si sono addossati, ma spesso pensando di recuperarlo quando sembrerà loro opportuno -> ragionamento sbagliato! Hobbes parla anche delle “malattie” dello Stato che derivano da alcune dottrine: 1. Una che afferma: “ogni privato giudica delle azioni buone e cattive” -> vale nello Stato di natura ma negli altri casi il giudizio deve essere affidato al legislatore. Da questo, gli uomini sono portati a mettere in discussione i comandi dello Stato. 2. “è peccato ogni cosa che un uomo faccia contro la propria coscienza” -> dottrina in contrasto con la società civile -> presunzione di farsi giudici del bene e del male. In uno Stato, invece, la legge è la coscienza pubblica dalla quale egli ha assunto l’obbligo di farsi giudicare. 3. “la fede e la santità non sono frutto di studio e ragione ma ispirazione e infusione mentale” -> in tal modo cadiamo di nuovo nel colpevole errore di assumerci il compito di giudicare del bene e del male, o di renderne giudici i privati. 4. “chi detiene il potere sovrano è soggetto alle leggi civili”. Hobbes conferma che ogni sovrano è soggetto alle leggi di natura, ma non è soggetto alle leggi fatte da lui stesso, cioè dallo Stato. Essere soggetto alle leggi = essere soggetto allo Stato, cioè a sé stesso. E ponendo le leggi al sovrano = giudice al di sopra di lui che lo punisca = nuovo sovrano e, per la stessa ragione, un terzo per punire il secondo così via senza fine, verso la confusione e dissoluzione dello Stato. 5. “ogni privato ha una proprietà assoluta sui suoi beni, tale da escludere il diritto del sovrano”. Hobbes ribatte dicendo che è vero che ognuno ha una proprietà che esclude il diritto di ogni altro suddito, ma ce l’ha soltanto grazie al potere sovrano, senza la cui protezione chiunque altro avrebbe un ugual diritto sulla stessa. Se accade questo, il sovrano non riesce ad adempiere al suo compito e lo Stato così si dissolve. 6. “il potere sovrano può essere diviso”. Oltre alle false dottrine, anche l’esempio di un regime diverso in una nazione vicina rende gli uomini inclini a mutare la forma di governo già costituita. Dai libri di scrittori greci e latini nasce la convinzione: - Poter uccidere i loro re e l’azione viene vista lodevole e lecita purché prima di compierla si chiami tiranno il proprio sovrano; - Opinione che mentre i sudditi di uno Stato popolare godano della libertà, quelli della monarchia siano tutti schiavi (pensiero solo di chi è sotto la monarchia). C’è chi sostiene che ci sono nello Stato più anime (cioè più sovrani) e che contrappone Supremazia a sovranità, canoni a leggi, autorità civile ad autorità spirituale. Quando si fa una distinzione fra temporale e spirituale sussistono due regni e ogni suddito è soggetto a due padroni: ogni suddito deve obbedire a due padroni, i quali vogliono che i loro comandi siano osservati come legge, cosa che è impossibile. Oppure il regno potrebbe essere unico ma o il potere civile è subordinato a quello spirituale o quello spirituale a quello civile. Quando questi due poteri si contrappongono l’un l’altro, lo Stato non può non essere in pericolo di guerra civile o dissoluzione. A volte nei governi puramente civili c’è più di un’anima sola: c’è un’assemblea generale che raccoglie il denaro, un uomo che dirige e comanda, e un terzo che ha il potere di fare leggi => pericolo per lo Stato per mancanza di accordo sulle leggi. Regno di Dio -> ci possono essere tre persone indipendenti senza rottura dell’unità di Dio che regna. Ma così non può essere dove regnano uomini che sono soggetti alla diversità di opinioni. Altra malattia pericolosa = popolarità di un suddito potente -> popolo è distolto dall’obbedienza alle leggi dalle lusinghe e dalla fama di un ambizioso e segue un uomo le cui virtù e disegni sono sconosciuti. Altra infermità = esistenza di un numero elevato di corporazioni che sono come molti Stati minori nelle viscere di uno più grande Poi c’è anche l’appetito insaziabile di estendere il dominio. Capitolo trentesimo – “FUNZIONE” DEL RAPPRESENTANTE SOVRANO FUNZIONE del sovrano = procurare “la sicurezza del popolo”. Per sicurezza si intende non una mera sopravvivenza, ma anche tutte le altre soddisfazioni della vita che ognuno possa procacciarsi senza pericolo o danno per lo Stato. Poiché privare la sovranità dei suoi diritti essenziali causa la dissoluzione dello Stato e il ritorno di ognuno nella condizione di guerra con ciascun altro -> funzione sovrano = conservare integralmente quei diritti. Infatti chi rinuncia ai mezzi, rinuncia anche hai fini. Contro i doveri del sovrano permettere che il popolo resti ignorante o male informato sui fondamenti e le ragioni di questi suoi diritti essenziali -> altrimenti popolo indotto a resistere al sovrano. Grande necessità che i fondamenti di questi diritti siano insegnati in maniera accurata e corretta. C’è chi afferma che non ci sono né fondamenti né principi razionali a sostegno di quei diritti essenziali che rendono assoluta la sovranità -> Hobbes ribatte che invece ci sono e con il tempo essi si sono potuti scoprire. Altra obiezione: sebbene i principi siano giusti, tuttavia il popolo comune non è dotato di capacità sufficienti perché glieli si possa far capire. Risposta di Hobbes: nella istruzione del popolo sui diritti essenziali delle sovranità, finché il sovrano conserva intero il suo potere, non vi sono altre difficoltà che quelle derivanti da colpe del sovrano medesimo o di coloro si cui egli fa affidamento per l’amministrazione dello Stato. Quindi, dovere del sovrano è di far si che i sudditi siano istruiti -> rappresenta un vantaggio e una sicurezza contro i pericoli che possono derivare a lui dalla ribellione. Popolo: - Non deve innamorarsi di nessuna forma di governo, che veda in vigore presso nazioni vicine, più che della propria, né desiderare cambiamenti. Prosperità di un popolo non dipende dalla forma di governo ma dall’obbedienza e dalla concordia dei sudditi. Togliendo in uno Stato l’obbedienza = in poco tempo si dissolve. - Al popolo va insegnato che l’ammirazione per le virtù di qualcuno dei sudditi o di un’assemblea, non deve trascinarlo fino a prestare loro un’obbedienza o un onore appropriatamente tributabili al sovrano, di cui essi sono semplici rappresentanti. Il popolo deve imparare a resistere ad ogni loro influenza, a meno che non provenga dall’autorità sovrana. - Far comprendere ai sudditi la grave colpa che viene commessa quando si parla male del rappresentante sovrano, o quando si contesta il suo potere. - Per far comprendere quello detto prima -> ci devono essere periodi determinati in cui i sudditi possono riunirsi insieme e ascoltare l’esposizione dei loro doveri, la lettura e spiegazione delle leggi positive, e sentirsi rammentare l’autorità che le rende leggi. - Va istruito ad astenersi dalle reciproche violenze per vendette private -> per questo bisogna mostrare le conseguenze delle sentenze false ottenute con la corruzione dei giudici o dei testimoni. - Va insegnato che non solo gli atti ingiusti, ma anche i progetti e le intenzioni di compierli costituiscono ingiustizia. La sicurezza del popolo richiede anche a colui o coloro che detengono il potere sovrano che la giustizia sia amministrata egualmente per ogni grado sociale. Alla imparzialità della giustizia appartiene anche un uguale tassazione; uguaglianza che dipende non dalla parità delle ricchezze, ma dall’uguaglianza del debito che ognuno ha nei confronti dello Stato per la propria difesa. Tasse imposte al popolo = salari dovuti a coloro che portano la spada pubblica per difendere i privati impegnati nelle loro svariate attività e professioni. Il debito che il povero deve a coloro che proteggono la sua vita è identico a quello dovuto dal ricco per la difesa della propria. Mentre, quando le imposte gravano sui consumi, ognuno paga ugualmente rispetto a quello che usa. Molti uomini, per eventi inevitabili, diventano incapaci di sostentarsi col loro lavoro -> devono essere assistiti con provvidenze stabilite dalle leggi dello Stato. Sovrano deve fare buone leggi -> ma qual è una buona legge? Per buona legge Hobbes intende non una legge giusta (poiché nessuna legge può essere ingiusta). Buona legge = quella che è “necessaria” per il “bene del popolo” e al tempo stesso “perspicua”. Funzione leggi: non impedire alla gente ogni azionale volontaria, bensì dirigerla e consentirne il movimento nei limiti in cui non leda sé stessa a causa dei suoi desideri impetuosi. Una legge che non è necessaria non è buona, ma è una trappola per carpire denaro ed è del tutto inutile dove il diritto del potere sovrano è riconosciuto, mentre, dove non lo è, è insufficiente a difendere il popolo.
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