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La Celestina: Una commedia spagnola del XV secolo - Prof. Castaldo, Sbobinature di Letteratura Spagnola

La celestina è una commedia spagnola del xv secolo scritta da fernando de rojas. La versione definitiva dell'opera viene pubblicata a sevilla nel 1502. La trama ruota intorno all'amore di calisto per melibea e i tentativi di calisto di conquistarla attraverso la media, celestina. I temi principali dell'opera sono l'amore, il denaro e la morte. Le differenze tra le due versioni originali sono descritte, con particolare attenzione alla morte di calisto, che nella versione definitiva è causata da due domestiche invece che da un incidente. Una descrizione dettagliata della natura e delle sue creature come sfondo alla battaglia costante tra i protagonisti. Una vasta gamma di temi, tra cui l'amore, la religione, la morale e la morte.

Tipologia: Sbobinature

2023/2024

Caricato il 20/01/2024

silviabonsanti
silviabonsanti 🇮🇹

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Scarica La Celestina: Una commedia spagnola del XV secolo - Prof. Castaldo e più Sbobinature in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! “La Celestina”, Fernando de Rojas Contesto storico-politico del XV-XVI sec. Facciamo il nostro ingresso nella prima età moderna. L’epoca medievale termina nel 1492 con la scoperta dell’America. Questa è un’opera che si colloca a cavallo fra il XV e il XVI sec. La versione definitiva dell’opera vede la luce nel 1502. L’opera conserva i tratti della cultura medievale ma allo stesso tempo anticipa l’incipiente cultura umanistico-rinascimentale. Il regno di Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona, i re cattolici prende avvio quando termina la guerra di successione, e opera una profonda trasformazione culturale e politica. Saranno loro a sancire un’organizzazione centralistica caratteristica dello stato moderno. Processo di trasformazione politica investirà anche il contesto culturale. I re cattolici consolidano il potere reale indebolendo il potere dell'alta nobiltà. Il potere economico è quello fondiario. Fondano la propria forza su altri ceti, ovvero la piccola e media nobiltà (classe media, cavalieri caduti senza eredità…) ma anche il clero riformato. Nel 1492 cade il regno di Granada, l’ultimo regno Moro: porta alla conversione forzata dei musulmani e all’espulsione degli ebrei. Le corone di Aragona e di Castiglia si legano in un'unità linguistica e religiosa. Il rinnovamento culturale punta ad una riorganizzazione del sistema educativo e dell’insegnamento del latino, che permette di accedere a tutti i saperi e a tutte le scienze. Occorreva consolidare il castigliano, la lingua ufficiale dell’impero, e plasmare una tradizione autoctona. La lingua è compagna dell’impero, nel senso che la forza linguistica è compagna e funzionale anche al rafforzamento del potere imperiale. I re cattolici costituiscono in questi 40 anni di regno una solida base su cui si fonderà l’impero asburgico di Carlo V. L’opera Calisto si innamora di Melibea e per conquistarla dopo aver ricevuto un netto rifiuto ricorre ai servigi di una mezzana, ovvero Celestina. È un amante degradato che si circonda di figure abiette. Ci sono nella letteratura spagnola di questo periodo ancora amanti rinchiusi nel proprio amore, ecco che compare Calisto, parodia dell’amante cortese che appare degradato da un contesto suburbano abietto e vile. I tre temi principali dell’opera sono l’amore, il denaro e la morte. Le differenze tra le due versioni Ci rivolgiamo alla sezione prologale e al paratesto per acquisire le chiavi di lettura dell’opera. L’apparato prologale è ricco e mostra delle differenze significative nella prima e nella seconda versione dell’opera. La prima versione del 1499, quella di Burgos, si intitola “Commedia di Calisto e Melibea”, ed è composta di 16 atti. Il primo atto non appartiene all’autore dell’opera, che confessa di averlo ritrovato e apprezzato, motivo per cui ha deciso di svilupparlo e di aggiungere 15 atti. Nel 1500 e 1501 vi sono due nuove edizioni che non recano ancora la versione definitiva, ma presentano già significative differenze rispetto alla princeps nel prologo. Viene inserita dall’autore in apertura una lettera per un suo amico, che narra delle circostanze in cui nacque l’opera. È un componimento in ottave, tramite il cui acrostico possiamo capire l’identità dell’autore che non viene esplicitata nell’epistola, Fernando de Rojas. In chiusura dell’opera c’è un altro componimento in ottave, composto dal correttore dell’opera, Alonso de Proaza. Nel 1502 a Sevilla viene pubblicata la versione definitiva dell’opera. Le variazioni apportate in questa versione sono: - un secondo prologo (che affronta temi di carattere generale e segue l’epistola d’apertura); - la variante più significativa un’interpolazione di 5 atti: da 16 si passa a 21 atti, viene inserito un intreccio supplementare con nuovi personaggi. Nella prima versione nel 14 atto si verificava l’incontro carnale tra Calisto e Melibea, che veniva seguito dalla morte accidentale di Calisto, che aveva utilizzato una scala per raggiungere le stanze di Melibea per consumare il loro amore- Nell’abbandonare la casa di Melibea cade dalla scala e muore. La sua morte è accidentale ma è fortemente simbolica: Calisto ha violato il codice dell’amore cortese, che non contempla il soddisfacimento del desiderio sessuale, quindi viene punito. La morte dall’alto verso il basso è ancora più significativa. Nella versione definitiva Calisto non muore, e al primo incontro seguiranno numerosi altri incontri per Ci dice che per meglio chiarire e dissolvere qualsiasi dubbio a riguardo, aggiunge quel componimento in ottave iniziale. Si conclude questo primo prologo. La volontà di ricostruire le circostanze, specificando le finalità della propria opera e la difesa circa eventuali detrattori che avrebbero potuto accusarlo di aver abbandonato i suoi studi, l’autore redige questo prologo. Ma si tratta di topoi, propri della commedia umanistica italiana. Il riferirsi all’ambiente universitario e al profilo di studente occupato in studi di diritti, è un topos presente nella commedia umanistica. Denuncia il richiamarsi ad una tradizione specifica. Le due tradizioni della commedia classica latina e della commedia umanistico italiana si componevano di opere in latino, quindi torniamo non all’ambito della formazione universitaria, ma anche ai frutti di quel processo rinnovatore sviluppato da Antonio de Nebrija, e incontrare gli interessi della corona (per quanto riguarda la riorganizzazione del sistema educativo). È un’opera immersa nel suo tempo, e sullo sfondo di quest’opera si intravedono le profonde trasformazioni che i re cattolici avevano operato, sia sul piano politico che sul piano culturale. Secondo prologo Ci avvicina alla commedia latina perché l’affrontare temi generali era caratteristico di quella tradizione, insieme ad un incipit con la dichiarazione del fine didattico-moralistico. Presenta caratteristiche completamente differenti: affronta temi generali e risponde a delle domande significative riguardo le aggiunte e le variazioni che la seconda versione presenta.. É scritto in corsivo perché il corsivo segnala tutte le aggiunte della versione definitiva: i frammenti in corsivo quindi sono brani non presenti nella prima versione. L’autore svela il motivo per cui ha modificato la struttura della propria opera, però prima di arrivare alla questione muove, dà delle citazioni illustri. Chiama all’appello Eraclito e Petrarca per dire che la natura è attraversata da conflitti e che tutte le creature che la animano sono coinvolte in questi conflitti che non escludono nessuno. Inoltre per dire che la contrapposizione è un aspetto centrale di quest’opera perché i protagonisti si fronteggiano gli uni con gli altri costantemente nell’arco della narrazione, e lo fanno perché ognuno è propenso al raggiungimento del proprio obiettivo e profitto, e spesso questi interessi confliggono tra loro. Quindi descrivere la natura e le sue creature come contrapposte in una battaglia costante prefigura gli scontri e le contrapposizioni che interesseranno i protagonisti dell’opera. Questa ampia premessa delinea un contesto generale in cui si inseriscono anche i discordanti pareri e le divergenti opinioni che accolsero la prima versione dell’opera e che generarono un ampio dibattito. L’autore interviene e risponde con queste modifiche strutturali. Per legittimare il proprio operato si muove lontano da Eraclito e Petrarca. Osserviamo un’apertura alla tradizione classica e umanistica italiana. La cultura umanistica e rinascimentale fu caratterizzata dal recupero dei classici. Citazione di Eraclito “Tutte le cose create son create a guisa di battaglia, è quanto afferma il saggio Eraclito. Sentenza a mio parere degna di perpetua e durevole memoria.” Citazione di Petrarca “Che vuol dire: «In verità è così, e così tutte le cose sono testimonianza di questo [tutta la natura è testimonianza di conflitti e contese]: le stelle si scontrano nel veloce firmamento del cielo, gli avversi elementi entrano tra loro in conflitto, tremano le terre, ondeggiano i mari, l’aria si scuote, suonano le fiamme, i venti conducono tra loro perpetua guerra, i tempi con i tempi contendono e sono costantemente in lite tra loro, tutti uniti gli elementi della natura si contrappongono a noi.»” In seguito a questa citazione petrarchesca si passa a una più dettagliata descrizione delle singole creature terrestri che sono coinvolte da conflitti e liti: si passano in rassegna gli animali, i pesci, le stagioni. “E che diremo infine di ciò che accade tra gli uomini, cui tutto quello che s’è detto è sottoposto? Chi darà conto delle guerre, delle inimicizie, delle invidie, delle furie e movimenti e scontentezze?” Come tutti gli esseri della natura anche gli uomini (soprattutto) sono costantemente coinvolti in scontentezze, guerre, furie, etc. “Il cambiar costume, il costruire e distruggere edifici, e altre molte passioni e mutevolezze che discendono da questa nostra fragile natura? E poiché questa disputa è antica e risuona da così tanto tempo, non mi stupisco se questa opera presente sia stata motivo di lite o contesa per i suoi lettori, mettendoli in contrasto l’uno con l’altro, a causa del diverso giudizio che ciascuno ne ha dato a seconda della sua volontà.” Se tutti gli elementi della natura e gli uomini sono in conflitto fra loro, non ci si deve sorprendere che l’opera abbia generato lite tra i lettori a causa dei pareri discordanti. “Alcuni hanno detto che era prolissa, altri breve, altri gradevole, altri oscura; di modo che solo Dio potrebbe tagliarla a misura di tante e così diverse opinioni.” C’è una serie di pareri discordanti per cui tagliarla a misura su tanti discordanti pareri era possibile solo a Dio. “Ancora più dunque, questa come ogni altra cosa al mondo, è soggetta all’insegna della nobile sentenza che segue: «La vita stessa degli uomini, se ben guardiamo, dalla prima età fino a quando le loro chiome diventano bianche, è battaglia.» Si sofferma su tutte le età degli uomini e sottolinea come per i bambini così come per gli anziani ci sono attività occupazioni che implicano una lotta costante. “Alcuni rosicchiano gli ossi che sono privi di nutrimento [leggono la storia tutta d’un fiato, non si soffermano sugli avvertimenti utili che vanno desunti], non soffermandosi sulle loro peculiarità, la considerano una lettura di viaggio [è una lettura superficiale]; altri spiluccano le arguzie e i detti comuni lodandoli con grande attenzione, non cogliendo ciò che sarebbe più di utilità e al caso loro [si soffermando su detti e sentenze tralasciando gli utili avvertimenti]. L’autore presenta come i diversi lettori di questa opera la percepiscono e che tipo di atteggiamento assumono nei suoi confronti, e questo ci restituisce la polisemia dell’opera e la molteplicità di letture a cui si apre. “Coloro invece per cui ciò che conta è il vero piacere, trascurano la trama [la storia principale] ma trattengono ciò che serve al loro profitto. Ridono di ciò che è piacevole, conservano le sentenze e i detti dei filosofi, serbano nella memoria per poterli applicare laddove maggiormente convenga ai loro atti e propositi.” Questo è il modo in cui dovrebbe essere letta l’opera. L’abbiamo già incontrato nel prologo del Conte Lucanor: la parola chiave, con una declinazione differente, è provecho, profitto, vantaggio. In questo caso il vantaggio riguarda la salvaguardia dalle passioni umane che corrompono e offuscano coloro che sono in grado di leggere correttamente l’opera. Un altro concetto che torna è plazer, il diletto che si sposa con il vantaggio, con l’ammonimento funzionale ad una retta condotta. Torna il precetto oraziano di fondere l’utile col dilettevole. Per quanto riguarda la commedia umanistica abbiamo visto dei topoi presenti nel primo prologo, mentre il secondo era più vicino alla commedia classica. La commedia umanistica accoglieva gli intrecci amorosi propri della novella, e in questo caso l'intreccio drammatico rappresenta un altro elemento di consonanza, così come il legame con la contemporaneità, lo scenario urbano, la satira anticlericale, il legame con l’ambiente universitario, il dialogo: sono tutti elementi di modernità. La difficoltà ad individuare una difficoltà di azione e luogo proviene dalla commedia umanistica. I personaggi si muovono di continuo, per questo è stata definita una commedia itinerante. Gli spostamenti sono i momenti dettati ad accogliere le riflessioni dei personaggi. C’è uno spostamento continuo tra le case dei protagonisti, sono i poli dell’azione. Un altro aspetto importante della commedia classica è che era caratterizzata dal dialogo, però in questa erano funzionali alla progressione narrativa della storia, cosa che non accade nella Celestina, in quanto accolgono riflessioni e meditazioni. ATTO 1 - Scena 1 Calisto commette una serie di infrazioni da subito, dal suo primo incontro con Melibea. Calisto capita per caso nel giardino di Melibea perché il suo falco scappa e lo ritrova lì, quindi viola (prima infrazione) la proprietà privata di Melibea, che appartiene a una nobile famiglia. Gli amanti appartengono al ceto aristocratico. In questo giardino si imbatte in Melibea e da subito le dichiara il suo amore, infrangendo il codice perché la segretezza d’amore era una norma inviolabile del codice dell’amore cortese. Calisto acquisisce nell’espressione dei toni iperbolici. Calisto: In questo [nel tuo aspetto] vedo, Melibea, la grandezza di Dio. Melibea: In che, Calisto? Calisto: Nell'aver dato potere alla natura di dotarti d'una bellezza tanto perfetta, e nel consentire a me, indegno, la grazia ineguagliabile di giungere a vederti, e in luogo tanto propizio per poterti manifestare la mia pena segreta. Senza dubbio, tale ricompensa è infinitamente più grande delle penitenze, delle offerte, delle orazioni, delle opere di pietà che consacrai a Dio perché mi concedesse di raggiungere questo luogo [il solo che possa soddisfare il mio desiderio]. Vi fu mai uomo mortale che in vita abbia conosciuto una letizia pari alla mia in quest'ora felice? I santi del Paradiso, rapiti nella visione beatifica di Dio, non provano timore maggiore di me che ora ti contemplo. Ma, me sventurato, proprio in ciò noi differiamo: che essi si beano in piena letizia, senza tema d'esser privati della sublime visione, mentre in me la letizia è temperata dal presentimento del supplizio terribile della tua assenza. I toni sono da subito solenni e si richiamano al lessico del codice dell’amore cortese; ma viene messa in atto la chiave parodica da parte dell’autore perché le parole di Calisto sono inappropriate per un primo incontro: denuncia subito un grave malessere dato dall’amore ma questo è il loro primo incontro. Mira a conquistare Melibea, non sta esprimendo un sentimento reale e autentico. Calisto attinge da subito dal lessico della religio amoris e dell’amore cortese, si rivolge a Melibea come ad una vera divinità. Il galardón è la ricompensa che l’amante anela ma che la dama non può mai offrire. Calisto ha rivelato a Melinea che, seppur Dio gli avesse concesso un posto tra i Santi, non avrebbe ritenuto quella ricompensa dello stesso valore della ricompensa di Melibea e di essere al suo cospetto come in quel momento. Segnala una differenza importante tra quella condizione di perenne beatitudine dei Beati e la sua costante angoscia e timore di perdere quel bene che la fortuna gli aveva concesso, ovvero la presenza di Melibea. Melibea: E ti par questo grande conforto, Calisto? Calisto: Così grande, in verità, che se Dio mi desse nel firmamento lo scanno più alto fra i suoi Santi, lo terrei da meno di questa felicità. Melibe: E più alta ricompensa ti darò io, se continui. Calisto: Oh, orecchie mie beate che, indegne, avete udito tante sublimi parole. Calisto qui non comprende ciò che Melibea intende. Melibea: Infelici ti parranno, piuttosto, dopo che avrai finito di ascoltarmi. Ché la tua ricompensa sarà tanto crudele quanto merita la tua follia temeraria. L’insidia che si cela sotto le tue parole, Calisto, è degna d’un uomo della tua risma, che hai osato esibire la tua audacia per perderti insieme con la virtù d’una donna mia pari. Vattene. Via di qui, infame! Troppo hai sfidato la mia pazienza concependo, nel tuo animo, l’idea di spartire con me il piacere d’un amore illecito. Dalle parole di Melibea comprendiamo la ragione della trasgressione: quella dichiarazione è stata avvertita come una minaccia alla sua virtù più preziosa, ovvero l’onore. Nella risposta di Melibea percepiamo il suo sdegno e la sua contrarietà; e una sorta di velata minaccia nei confronti di Calisto che ha osato compiere un atto eccessivamente sfrontato. Calisto: Andrò via come colui sul quale l’avversa fortuna infierisce con odio crudele. Termine così il primo incontro di Calisto e Melibea. Nel primo incontro si combinano il lessico del servitium amoris e della religios amoris: il codice dell’amore cortese prevede che l’amata fosse considerata una creatura celeste, venuta da cielo in terra a miracol mostrare (versi danteschi, “Tanto gentile e tanto onesta pare”).
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